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Scuola Italiana Counseling Relazionale · 1 SItCoR Scuola Italiana Counseling Relazionale...

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1 SItCoR Scuola Italiana Counseling Relazionale Castelfranco Veneto - TV Tesi di diploma COUNSELING ADOLESCENTI e WEB 2.0 Diplomando: Paola Zocca Relatore: Prof. Pierfranco Murru Anno Accademico 2012/13
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SItCoR Scuola Italiana Counseling Relazionale

Castelfranco Veneto - TV

Tesi di diploma

COUNSELING ADOLESCENTI e WEB 2.0

Diplomando: Paola Zocca

Relatore: Prof. Pierfranco Murru

Anno Accademico 2012/13

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Sommario INTRODUZIONE ......................................................................................................................... 3

Cap. 1 – LA COMUNICAZIONE DEGLI ADOLESCENTI AL TEMPO DEL WEB 2.0 .......................... 7

1.1 - La rete come luogo di incontro ma anche di solitudine .............................................11

1.2 – L’analfabetismo emotivo ...........................................................................................13

Cap. 2 –IL WEB 2.0 FUNZIONAMENTO E TIPI DI SOCIAL NETWORK ......................................16

2.1 - Dati generali sull’uso delle tecnologie - modi d’uso della rete ...................................18

Cap. 3 – LA DIPENDENZA DA FACEBOOK ................................................................................20

3.1 - Dipendenza dal Web – progetti in Italia .....................................................................26

3.2 - Ambiti di intervento del Counselor .............................................................................29

3.3 - Qual è l’approccio del Counselor in caso di dipendenza ............................................32

3.4 - Counseling informativo per genitori e operatori sanitari ...........................................34

CONCLUSIONI ..........................................................................................................................37

BIBLIOGRAFIA ..........................................................................................................................42

Altre fonti citate ..................................................................................................................42

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INTRODUZIONE

La frequentazione e l’utilizzo dei Social Network in questi ultimi

anni sono diventati un fenomeno globale. Giovani e meno giovani

trascorrono molte ore della loro giornata su questi siti. L’interesse

crescente per i Social Network, oltre ai suoi grandi vantaggi, sta

creando preoccupazioni per le potenziali conseguenze sulla vita

reale dei ragazzi. Ma chi sono questi nativi digitali? Il termine

nativi digitali, indica i giovani nati a partire dalla metà degli anni

Novanta che hanno sempre vissuto usando Internet e i nuovi

media ed hanno le seguenti caratteristiche:

un'identità fluida1, che in alcuni casi si accompagna

all'analfabetismo emotivo2;

nuove modalità di relazione, anche affettive, che hanno nei

social media il loro centro;

la perdita del concetto di privacy, con tutti i vantaggi e gli

svantaggi del caso;

la capacità di utilizzare i nuovi media per potenziare la

1 Citato da Z. BAUMAN “Modernità liquida” - è la metafora della liquidità coniata da Bauman per

descrivere la modernità nella quale viviamo, individualizzata, privatizzata, incerta, flessibile,

vulnerabile. Internet è lo strumento elettronico, comodo e utile, che ci consente di modellare le nostre

identità senza rimanere legati a una di esse. 2 Vedi par. 1.2

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propria identità sociale e la creatività di gruppo.

Nell’ambito della ricerca sulle piazze reali e virtuali, ho cercato di

mettere a fuoco l’aspetto virtuale della comunicazione fra gli

adolescenti attraverso un’attività di indagine basata su interviste

ad un campione di studenti dell’I.T.C. Fusinieri di Vicenza.

L’attività principale di intervista è stata accompagnata da momenti

nei quali il confronto diretto con gli adolescenti ha offerto

opportunità di colloquio che hanno permesso di approfondire temi

significativi ed iniziare con loro un dialogo che prima non c’era mai

stato. Alla fine del lavoro di raccolta dati ho ritenuto opportuno non

rielaborare i questionari trascrivendo numeri e percentuali ma

continuare l’attività iniziata con i ragazzi attraverso l’ascolto

attivo3. Le nuove tecnologie ed i Social Network non sono soltanto

una “questione tecnologica.” Ma si inseriscono nella vita

quotidiana degli adolescenti, che sono molto più abili di noi

nell’utilizzo, ma quali effetti possono avere sui processi di

comunicazione, relazione e creazione dell’identità4? L’utilizzo

delle nuove tecnologie induce molti cambiamenti, cambia, per

esempio, il rapporto con se stessi e soprattutto con gli altri, più

diretto ma molto più mediato. Le nuove tecnologie ci promettono

di incontrare molte persone ma tendono a togliere il sapore, la

genuinità, l’originalità e la freschezza alla relazione interpersonale

3 Vedi “Genitori efficaci” di Thomas Gordon, edizioni La Meridiana, 1997

4 Tratto da I social network – pag. 9 - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.

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vera e propria. Cambia il modo di concepire la quotidianità. È

difficile pensare alle nostre giornate senza aprire il computer o

usare il cellulare; in questo senso, la nostra esperienza quotidiana

subisce dei pesanti condizionamenti, può cambiare il modo di

partecipare alla vita di società. Le nuove tecnologie ci danno

molte più possibilità di partecipare alla vita sociale condividendo

anche luoghi virtuali, ma non è detto che questa partecipazione

sia effettiva. Anche il famoso sociologo Zygmunt Bauman è

intervenuto a Sarzana al Festival della Mente “Sul concetto di

comunità e rete, sui Social Network e Facebook”. Il sociologo

parte con la spiegazione del significato di ambivalenza; tra

l’impossibilità di decidere e la scelta tra quello che ci attrae e che

ci respinge. I guai sono sempre dietro l’angolo e ciò che ci seduce

allo stesso tempo è sempre troppo vicino. Racconta della libertà e

della sicurezza, un binomio troppo difficile da equilibrare, prima

nella vita offline, poi, da un po’ di tempo, anche nella vita online.

Bauman ci aiuta a ricordare, elementi che forse possono

sembrare basilari, ma che forse qualcuno – tra gli utilizzatori dei

social media – potrebbe aver perso di vista. La ricerca di

condivisione contro la solitudine, la ricerca verso quel qualcosa a

cui appartenere. Ma come riuscire a mantenere la nostra unicità,

ed essere riconosciuti in qualche modo dagli altri, senza perdere

la nostra libertà? Il Social media, e in particolare Facebook, dice

Bauman, possiamo identificarlo con uno slogan, usato per il lancio

del walkman, anni e anni fa “La promessa di non essere mai soli”.

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I social media ci rendono liberi e poco impegnati verso gli altri

“naviganti”, a differenza delle comunità vere e proprie che ci fanno

appartenere a un gruppo, in modo spesso irrazionale. Le reti

sociali consentono di essere off line quando vogliamo – push the

button – e non abbiamo, impegni, relazioni, doveri. Tutto rimane al

di fuori dello schermo; dove i Digital Natives hanno più difficoltà a

capire la differenza tra un amico vero e un amico solo “social”.

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Cap. 1 – LA COMUNICAZIONE

DEGLI ADOLESCENTI AL TEMPO

DEL WEB 2.0

I nuovi media sono luoghi virtuali di incontro, dove i ragazzi

tendono a sostituire la comunicazione e le relazioni dirette a cui

noi adulti siamo abituati. La distanza fra il mondo degli adulti e

quello degli adolescenti oggi è molto più netta di quanto non fosse

fino a pochi decenni fa, l’attuale situazione pare suggerire una

incomunicabilità fra generazioni divise dall’uso di tecnologie

comunicative che portano gli uni a escludere gli altri dalla propria

esperienza. Gli adolescenti, nel comunicare tra di loro, ricorrono

spesso ad una specie di codice personale, comprensibile solo a

chi conosce il loro mondo interiore e il loro universo. La necessità

di comunicare è, per loro, una esigenza vitale. È, nello stesso

tempo, un bisogno e una apertura, che i giovani avvertono in

modo inconscio, con naturalezza e spontaneità. Il loro linguaggio,

però, non sempre appare comprensibile agli adulti, i quali, il più

delle volte, stentano nell’attribuire un significato ai loro messaggi,

ai loro atteggiamenti, ai loro silenzi. È un linguaggio

particolarmente articolato tanto è vero che talune volte appare

non solo tortuoso ma anche espressione di più significati.

Potrebbe essere definito una sorta di codice personale,

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accessibile solo a chi condivide e conosce il loro mondo interiore.

Anche il modo di scrivere di molti teenager ha subito una

rivoluzione, essi usano un tipo di linguaggio che appartiene solo al

loro mondo di adolescenti e passano sempre più tempo

comunicando con gli sms o con la chat, attraverso frasi brevi e

dirette, con parole spesso abbreviate per semplice comodità o per

esigenza di spazio. Le tecnologie allontanano più che avvicinare,

principalmente perché chi ne fa uso tende a isolarsi ed inoltre

anche per le differenti competenze fra genitori e figli nell’uso di

strumenti informatici. L’indagine è stata dunque pensata come

uno strumento per indagare il mondo degli studenti delle scuole

superiori a livello di comportamenti e atteggiamenti dei singoli. I

Social Network danno la possibilità a tutti di esprimersi, e, come

dice Riva, sono un’opportunità in quanto ci permettono di

relazionarci con i nostri amici reali superando il principale vincolo

del faccia a faccia5 ma non sempre abbiamo degli interlocutori

interessati ad ascoltare. La comunicazione mediata da computer

manca degli elementi metalinguistici propri della conversazione

faccia a faccia, è priva di segnali di feedback che consentano agli

attori interagenti di identificare con precisione gli aspetti relazionali

e sociali (Sproull e Kiesler 1986)6. Cambia la gestione delle

relazioni: persone che sono timidissime o hanno problemi a

socializzare, tramite i Social Network fanno dialoghi fiume con

5 Tratto da I social network – pag. 43 - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.

6 Guida alla Net Economy – pag. 173 - a cura di Bruno Lamborghini, Franco Angeli

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gente che non conoscono. C’è una “protezione” che ci permette di

nasconderci dietro un’identità che non è la nostra nel contatto con

gli altri. Il fatto che una serie di valori specifici del nostro essere

persona siano delegati ai mezzi di comunicazione può essere

preoccupante. Il rischio della dipendenza è alto, sta a noi tutti

avere la capacità di discernimento per un utilizzo adeguato e non

eccessivo. Questi strumenti permettono di condividere valori e

comportamenti non soltanto delle mode o degli atteggiamenti;

quanto si è liberi di scegliere un proprio percorso dentro la realtà

virtuale? I nuovi media ci danno l’impressione di un’estrema

libertà di movimento e di espressione; possiamo comunicare a

beneficio di un pubblico vastissimo e possiamo trovare tutto quello

che vogliamo. Il rischio di questa grande quantità di informazioni

lo troviamo nell’impossibilità di trovare realmente, in quella mole di

dati ciò che cerchiamo ; una sfida caratteristica dell’adolescenza è

quella di trovare un’identità propria. Noi siamo stati abituati a

vivere in contesti particolari, come la famiglia, la scuola, l’oratorio,

ma non sappiamo fino a che punto i contesti in cui si incontrano

oggi le nuove generazioni sono spazi di grande libertà oppure

luoghi di alienazione. I media hanno un potere di suggestione che

è molto efficace, finiscono per appropriarsi di spazi di educazione

e di formazione che dovrebbero essere della famiglia, della scuola

e delle altre agenzie educative. C’è bisogno di avere nuove

competenze per affrontare questa sfida, da declinare nel senso di

un'attitudine a cercare insieme: serve una consapevolezza di uso

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prima in noi e poi nei nostri ragazzi, serve una specifica

competenza anche di tipo valoriale: mi serve o non mi serve

quello che sto facendo? Dobbiamo provare a mettere in evidenza

il sistema di valori a cui fanno riferimento questi media, anche a

partire dalla rivalutazione di alcuni termini importanti come

amicizia, amore, comunità, che vengono usati in modo spesso

superficiale. La “community”, per esempio, non ha niente a che

fare con l’idea di “comunità” che abbiamo in mente noi ma indica

un insieme di contatti e di identità che possono anche essere

fittizie, quindi possono generare un po’ di confusione in una fase

di crescita in cui proprio la ricerca di identità è un nodo

problematico. La sfida che ci riguarda è quella di aiutare i nostri

ragazzi a distinguere ciò che è utile da quello che non lo è, a

sviluppare una capacità critica utile per discernere. Siamo

chiamati a ritrovare il senso della comunicazione attraverso i

media, sia cercando il significato del loro uso, sia imponendo noi

la direzione in cui vogliamo andare, usando i mezzi di

comunicazione. Bisogna passare dalla semplice ricezione alla

fruizione: dobbiamo saper trarre frutto da quello che usiamo e

dobbiamo riscoprire i valori fondamentali della vita per capire cosa

ci si può davvero aspettare da questi nuovi media. I ragazzi hanno

desiderio di capire chi sono, di trovare un’ identità solida7, hanno

bisogno di essere ascoltati e di potersi esprimere, hanno anche il

7 La concezione dell’identità secondo ZYGMUNT BAUMAN - testo di riferimento: Intervista

sull’identità, Z. Bauman, Editori Laterza, Roma-Bari, 2003.

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desiderio di scoprire se stessi, perché ancora non sanno bene chi

sono, hanno un forte desiderio di incontro e di relazione. Non

dobbiamo lasciare che questi desideri evolutivi siano solo nelle

mani dei media, altrimenti siamo spiazzati; consapevolezza,

capacità critica e gusto non si devono spegnere, è necessaria una

base etica di valori saldi, che rimangano sempre. La

comunicazione deve rimanere sempre un’attività fatta da persona

a persona, dobbiamo mantenere la capacità di raccontarci e dirci

le parole vere, quelle che ci salvano e che ci aiutano, su cui ha

senso costruire il nostro percorso di vita.

1.1 - La rete come luogo di incontro ma anche di solitudine

Un dato interessante sui comportamenti tra virtuale e reale è che

il 47% degli intervistati asserisce di essersi incontrato almeno una

volta con persone conosciute online. Non è detto che, in quelle

percentuali, debbano necessariamente nascondersi

comportamenti non corretti, dato che per la maggior parte dei casi

potrebbe semplicemente trattarsi dell'incontro nella vita reale con

l'amico dell'amico conosciuto in chat o su Facebook; tuttavia

l'entità del fenomeno fa riflettere, in realtà, come l’esperienza del

mondo reale ci insegna, non tutte le relazioni sono amicizie8. Il

discorso delle amicizie con sconosciuti tocca un tema delicato e

inquietante che presenta cifre molto alte, ma possiamo vedere la

cosa anche da un altro punto di vista come è apparso sull’articolo

8 Tratto da I social network – pag. 93 - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.

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del Giornale di Vicenza del 27 maggio 2012 nella pagina Giovani

e Social Network dove la questione di fondo è affrontare la sfida

dell’uso della rete in funzione educativa in modo realistico, non

prevenuto e con la fiducia che la sfida valga la pena; bisogna

pensare alla rete come qualcosa di fisiologico, non patologico.

L’altra domanda che dobbiamo porci è se è vero che i Social

Network ci rendono asociali; qualche giorno fa, in autobus,

osservando gli adolescenti notavo che quasi tutti erano intenti ad

armeggiare con il loro cellulare, con un Ipad o altro ritrovato della

tecnologia. Ho intravisto qualcuno alle prese con Facebook e non

ho potuto fare a meno di sorridere notando il contrasto tra la

solitudine in cui ciascuno era immerso, l’estraniamento rispetto

alla realtà circostante e il significato del termine “social network”

(letteralmente rete sociale). Mi sono chiesta se davvero questo

portale, e il mondo web in generale ci consentano di instaurare

relazioni autentiche o se in realtà rendano ognuno di noi un po’

più asociale. Ho anche pensato al modo in cui si stringono

relazioni di amicizia: prima su Facebook poi, in seconda battuta,

nella realtà. Cosa dire poi della frase ormai consueta: “Ma come

mai non ti ho tra i miei amici su Facebook?”, come se dichiararsi

amici lì, fosse il solo viatico per un rapporto autentico. Per non

parlare di quando qualcuno ci arreca un’offesa: anziché cercare

un confronto, lo eliminiamo immediatamente dai nostri “amici” del

network. Ho l’impressione che la realtà venga sempre più filtrata

dal Web; non a caso in questi ultimi anni abbiamo assistito

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all’insorgere di una nuova patologia: la dipendenza dalla rete9,

che in alcuni casi è molto simile alla dipendenza da alcool o da

sostanze stupefacenti. Internet riserva sicuramente moltissimi

vantaggi ed offre la possibilità di accorciare le distanze,

risparmiare tempo e reperire immediatamente una mole di

informazioni sino a qualche anno fa inimmaginabile ma, come per

tutte le cose, può avere delle controindicazioni legate ad un uso

eccessivo. Ma perché ci si appassiona tanto al web? Perché la

rete permette di vivere moltissime esperienze rimanendo

comodamente a casa, quindi in un ambiente protetto e con

un’esposizione minima; è possibile creare un’identità alternativa,

magari completamente opposta a quella reale, aumentare così la

propria autostima proponendosi agli altri in un modo del tutto

nuovo, mantenendo però una “distanza di sicurezza”. Non ci si

guarda negli occhi, non ci si tocca, non si ascolta la voce del

nostro interlocutore, però la rete ci consente di essere ciò che

vogliamo, dove e quando lo desideriamo, pur rimanendo nei pochi

metri quadrati della stanza in cui è presente il nostro computer.

1.2 – L’analfabetismo emotivo

A rendere precarie e leggere le relazioni sociali nei social network

è anche un altro possibile effetto dell’uso massiccio dei social

media: l’analfabetismo emotivo10. Nell’interazione mediata, la

9 Vedi cap. 3

10 Tratto da I social network – pag. 159 - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.

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fisicità del corpo è sostituita da quella del medium; ciò priva il

soggetto di un importante punto di riferimento nel processo di

apprendimento e comprensione delle emozioni proprie e altrui con

effetti che vanno dal disinteresse emotivo alla psicopatia. Con

l’espressione analfabetismo emotivo “emozional litteracy”

Goleman11 intende:

la mancanza di consapevolezza e quindi di controllo delle

proprie emozioni e dei comportamenti ad esse associati;

la mancanza di consapevolezza delle ragioni per le quali si

prova una certa emozione;

l’incapacità a relazionarsi con le emozioni altrui - non

riconosciute e comprese - e con i comportamenti che da

esse scaturiscono.

Un fattore di incremento dell’analfabetismo emotivo è l’utilizzo

massiccio dei media che favoriscono un modello di relazioni

mediate, privando il soggetto di quegli script utili alla lettura e

l’applicazione dei comportamenti sociali. A venir meno è

soprattutto la capacità di riconoscere le emozioni dell’altro e, di

riflesso, di comprendere le proprie; ciò in prima istanza porta al

disinteresse emotivo. Sto parlando di ragazzi che comunicando

spesso tramite la tecnologia hanno disimparato a riconoscere la

ricchezza della comunicazione diretta (le sfumature importanti

della comunicazione non verbale). Certo è che il social network 11

Intelligenza Emotiva - Daniel Goleman, Rizzoli, Milano 1996.

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spesso facilita l’espressione di sé, abbattendo il timore del

giudizio immediato. Svelare se stessi ad un social network in ogni

caso non offre la giusta ricompensa relazionale: l’uomo è fatto di

emozioni e pensieri fluidi. I pensieri e le emozioni di un

adolescente sono ancor più fluidi, alla ricerca di risposte e

conferme che sono frustrate dalla comunicazione mediata.

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Cap. 2 –IL WEB 2.0

FUNZIONAMENTO E TIPI DI

SOCIAL NETWORK

Quando parlo di Web 2.012, intendo quell’insieme piuttosto

variegato di servizi forniti attraverso Internet che rappresenta un

passo avanti nell’evoluzione dei siti web, verso la condivisione di

informazioni fra utenti e l’interazione tra utenti e siti visitati. Si

tratta dunque di siti dove gli utenti non hanno la sola funzione di

fruitori e destinatari di un messaggio, ma prendono parte in prima

persona alla generazione dei contenuti. Come scrive Antonio

Spadaro, nel web 2.0 il senso della pubblicazione è la

partecipazione. Pubblicare significa partecipare, cioè condividere.

Il centro di questa rete sono i contenuti scambiati all’interno del

Social Network13. Nella cornice impostata da questa vaga

definizione possono essere inquadrate molte applicazioni diverse,

dai tradizionali forum e chat, alle piattaforme di condivisione di

documenti, come Google Docs, ai sistemi wiki, come Wikipedia, ai

servizi di social bookmarking14, come per esempio del.icio.us15,

12

Il Web 2.0 è l'insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono un elevato livello

di interazione tra il sito web e l'utente 13

Tratto da WEB 2.0 – pag. 13 – Antonio Spadaro, (2010), Ed. Paoline 14

Il Social bookmarking è un servizio basato sul web, dove vengono resi disponibili elenchi di

segnalibri (bookmark) creati dagli utenti 15

del.icio.us è un sito web di social bookmarking per l'archiviazione, ricerca e condivisione di

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fino ad arrivare ai siti più popolari in questi ultimi anni, ossia i

social network, come LinkedIn, Netlog, Facebook e Twitter.

Giuseppe Riva definisce il social network come una piattaforma

basata sui nuovi media che consenta all’utente di gestire sia la

propria rete sociale, sia la propria identità sociale16. Con questa

etichetta si indicano quindi tutti quei servizi che permettono a

gruppi di persone di connettersi fra di loro per mantenere vivi

rapporti professionali, sociali o di amicizia. Generalmente entrare

in una rete sociale prevede che l’utente si costruisca un profilo

personale, che descriva sia la persona fisica con i suoi interessi,

la sua storia professionale e il suo curriculum studiorum, sia il suo

ambiente virtuale (indirizzi di siti personali, indirizzi di posta

elettronica); il passo successivo è quello di creare la propria rete

di contatti, stabilendo relazioni con altri utenti della rete, che

generalmente sono simmetriche (come nel caso degli amici in

Facebook o dei contatti in LinkedIn), ma talora sono unidirezionali

(come nel caso del rapporto di sequela che si instaura in Twitter,

dove si può avere un follower rispetto al quale non si crea un

rapporto simmetrico di following17), infine, si possono sfruttare le

funzioni proprie della rete in questione per dialogare con i propri

contatti, semplicemente leggere che cosa fanno, condividere

informazioni, collegamenti o materiali multimediali. Il cyberspazio,

bookmark, creato nel 2003 da Joshua Schachter ed acquisito nel dicembre 2005 da Yahoo 16

Tratto da I social network – pag. 17 – Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino. 17

Il following è quando permettiamo che qualcuno segua le nostre discussioni senza che noi

seguiamo le sue.

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così viene definito dai ricercatori il luogo digitale dei social

network, unisce alcune caratteristiche delle reti sociali tradizionali

(interazione, supporto e controllo sociale) con le caratteristiche del

Web (multimedialità, creazione e condivisione di contenuti)18.

2.1 - Dati generali sull’uso delle tecnologie - modi d’uso della rete

Quanto emerge dall’indagine condotta a Bergamo da Lazzari e

Jacono Quarantino, l’80,4% possiede un cellulare proprio, il

19,1% più d’uno e soltanto 6 ragazzi, pari allo 0,4%, non ne

hanno neppure uno; l’80,6% dichiara di possedere e usare un

lettore mp3, il 13,4% di usare in sua vece il cellulare per ascoltare

musica e solo il 6% si dichiara sprovvisto di un simile strumento di

riproduzione audio. Il 4% non dispone di una connessione Internet

a casa, il 12,1% ha una connessione a consumo e l’83,9% una

connessione a tariffa fissa e uso illimitato. Per quanto riguarda la

televisione, il 26,3% dichiara di vederla per meno di un’ora al

giorno, il 32,8% per un tempo compreso fra una e due ore, il

restante 40,9% per più di due ore; rispetto all’uso di Internet le

percentuali passano rispettivamente al 30,3%, 40,4% e 29,3%.

Prevale dunque l’uso del mezzo televisivo rispetto a quello

interattivo di Internet. Ma i social Network non sono utilizzati

esclusivamente dai giovani; Facebook piace anche alla polizia; si

è visto che le tradizionali piattaforme di comunicazione come

18

Tratto da I social network – pag. 123 - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.

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giornali, TV e radio non sono canali di comunicazione efficaci con

le parti più giovani della popolazione, i social media si sono

dimostrati molto utili in situazioni eccezionali come gli attacchi

terroristici o le calamità. In una grave crisi, i social media

rappresentano un mezzo di comunicazione collaudato per tenere

la gente informata senza dipendere dall'infrastruttura informatica

della polizia. Il nuovo rapporto di Composite, che sta per

Comparative police studies in the EU (questo il nome del progetto

finanziato), Best Practice in Police Social Media Adaptation, tratta

infatti, in maniera dettagliata, in che modo i social media possono

essere usati per supportare il lavoro della polizia, dalla

comunicazione con il grande pubblico alla redazione di profili

criminali in base alle loro preferenze. I social media sono i nuovi

spazi pubblici, dove la polizia deve essere presente e visibile. Una

importante questione legale e procedurale per le forze di polizia è

inoltre la cooperazione con provider come Facebook o Twitter,

aziende private con sede all'estero sotto giurisdizione estera;

tuttavia, questi sforzi sono visti come proficui in rapporto ai

possibili benefici dell’uso dei social media da parte della polizia

soprattutto per quanto riguarda la fascia adolescenziale perché

sono proprio gli adolescenti che li usano quotidianamente.

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Cap. 3 – LA DIPENDENZA DA

FACEBOOK

L’uso eccessivo della rete può portare gradualmente alcuni

individui a una restrizione delle relazioni con gli altri, in quanto

l’esperienza virtuale viene percepita e vissuta come più “agevole”

rispetto alla realtà.19 L’individuo scopre con piacere una facilità di

comunicazione interpersonale mai sperimentata e, in una prima

fase, tende a idealizzare gli altri e se stesso, sovrastimando

l’importanza dei messaggi e il valore della frequenza con cui li

invia e li riceve. Questa prima fase entusiastica, una vera e

propria luna di miele nel social-network, tende a stemperarsi nella

routine e si conclude definitivamente con le prime delusioni. Le

relazioni faccia a faccia si rivelano fonte di frustrazione o la

semplice conoscenza con un contatto riserva inspiegabili e

inaspettate battute d’arresto. Così l’utente a rischio intensifica la

propria presenza sul social-network alla ricerca di nuovi e più

gratificanti contatti per rinnovare il piacere sperimentato all’inizio.

Il rischio è di perdere la dimensione del tempo e di trascorrere ore

e ore al terminale, riducendo drasticamente il numero delle

esperienze reali; ci si può isolare completamente dagli affetti più

19

Tratto da Nuovi adolescenti nuovi disagi - Ulisse Mariani e Rosanna Schiralli, Oscar Mondadori,

2011

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cari, smettere pian piano di uscire di casa, mettere a repentaglio

gli impegni più importanti della propria vita, lavoro compreso.

Individui con diagnosi da dipendenza da internet hanno

raccontato di aver preso giorni di malattia in modo da non

allontanarsi dal proprio computer ed essere continuamente

connessi. Oltre alla dipendenza da social network sono state

identificate anche dipendenze da gioco d’azzardo, da siti

pornografici, da videogames e dalla ricerca compulsiva di

informazioni (information overload). Quando la dipendenza è

instaurata determina una relazione inversa tra numerosità degli

amici in lista e il senso di alienazione e solitudine percepiti nella

vita reale. Più è intensa l’attività online, meno è concreta e

partecipata l’esperienza emotiva nelle relazioni faccia a faccia. Il

dipendente da Facebook può trasporre lo stile di comunicazione

efficace sul social-network, fatta di frasi brevi e di commenti

estemporanei nell’interazione reale, rendendosi per questo

inconsapevolmente inadeguato. Un esempio di questa

trasposizione è l’utilizzo deliberato del telefono cellulare per

aggiornare in diretta il profilo Facebook in situazioni sociali. Il

dipendente da Facebook sembra non distinguere l’identità

pubblica in rete dall’identità privata, sente il bisogno di alimentare

costantemente la prima a detrimento della seconda. “Se non

esisto su Facebook, non esisto”. La paura che la propria identità

si dissolva, se non impressa nella Rete, spinge ad intensificare

l’attività online in una spirale di dipendenza e di progressiva

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alienazione dall’esperienza concreta della realtà. L’utilizzo

compulsivo del social-network può interferire sullo studio o sul

lavoro e può complicare notevolmente il raggiungimento di

obiettivi. I sentimenti di inadeguatezza e il vissuto depressivo che

risulta dalla vita reale induce il dipendente da Facebook a

rifugiarsi sempre di più nell’avatar (immagine scelta per

rappresentare la propria utenza in community). In breve tempo

la friendship addiction (amico dipendenza) motivata dal bisogno

di accrescere l’autostima e le relazioni sociali, produce l’effetto

contrario: la persona è confinata in un cimitero virtuale di volti

indifferenti e in una solitudine sospesa ai fili degli esili rapporti

virtuali. Nell’ansietà dell’isolamento sociale sostanziale, anche se

non apparente, il dipendente da Facebook spesso è vittima di

pensieri persecutori (gli altri mi vogliono ridicolizzare, mi vogliono

danneggiare) o di riferimento (gli altri parlano di me, scrivono frasi

riferite a me) che possono raggiungere le dimensioni schiaccianti

della rimuginazione ininterrotta e della paranoia. Con l'utilizzo dei

Social Network già molte persone mostrano segni sempre più

seri ed invalidanti di dipendenza, con sintomi di tolleranza

(assuefazione), ovvero la necessità di stare collegati e/o

aggiornare i contenuti personali della propria pagina sempre di più

ad ogni nuova connessione per raggiungere la medesima

sensazione di appagamento; sintomi di astinenza, cioè la

sperimentazione di intensi disagi psico-fisici nel caso non ci si

colleghi per un certo periodo; ed infine sintomi di Craving,

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ovvero la presenza sempre maggiore di pensieri fissi e di forti

impulsi verso come e quando connettersi. I sintomi della

dipendenza da Facebook si possono riassumere in:

sintomi psichici; tristezza, preoccupazione, indifferenza,

apatia, indecisione, inibizione nelle relazioni sociali reali,

diminuita capacità attentiva e mnemonica, pessimismo, idee

di rovina o di catastrofe imminente, auto-svalutazione, senso

di colpa, sospettosità nei confronti degli altri

sintomi psicosomatici; insonnia con risvegli notturni

immotivati caratterizzati dal pensiero delle relazioni o delle

attività online, affaticamento cronico, annebbiamento della

vista o sensazioni di visione anomala, emicranie, senso di

oppressione al petto, nausea e disturbi dell’alimentazione.

Sul piano dei comportamenti, alcune modalità sono spie da

dipendenza da social-network:

connettersi più volte al giorno e più volte nelle stesse ore;

pensiero rivolto costantemente alle attività sul profilo;

interrompere il lavoro o lo studio per aprire la schermata del

social-network;

possedere e aggiornare più di un profilo;

continuare l’attività su Facebook anche durante i pasti;

sentirsi tesi e nervosi se non si può accedere al social-

network perché senza connessione;

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utilizzare Facebook come principale applicazione internet;

aprire sempre il social-network prima di andare a dormire;

stare connessi su Facebook sino a notte inoltrata.

Quanto più questi comportamenti tendono a ripetersi sino a

sostituire altre attività quotidiane, (studio, lavoro, attività sportive o

ricreative) tanto più si è di fronte a una dipendenza da Facebook.

La dipendenza dai Social Network sembra essere dovuta al forte

senso di sicurezza, di personalità e di socialità che tale forma di

siti sono in grado di fornire. In realtà tutte queste dinamiche psico-

emotive personali ed interpersonali si basano su qualcosa di

virtuale, dando in tal modo sicurezze ed autostima fittizie, ben

presto raggiunte da pericolosi sintomi di dipendenza, isolamento

sociale e conseguente menomazione delle principali sfere vitali

come quella lavorativa, familiare, sociale e affettiva. A tutto questo

si aggiunge la competizione che si instaura tra gli utenti dei Social

Network ad avere più amici che si associano alla propria pagina

personale; ciò provoca una distorsione del senso dei veri rapporti

amicali e a sua volta una vera e propria dipendenza da amicizia o

amico-dipendenza, laddove non si riesce più a staccarsi dal web

alla compulsiva ricerca di nuove condivisioni e al controllo di

possibili richieste o messaggi da nuovi possibili amici. Ulteriori

conseguenze deleterie derivanti da questa dipendenza da

amicizia, sono la formazione di giudizi personali ed interpersonali

sulla base del numero di amici aggregati alla propria pagina,

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spingendo ancor di più verso l'iper utilizzo dei Social Network e la

dipendenza da essi stessi. Per quanto fin qui detto Facebook e gli

altri Social Network "funzionano" mascherando le personali ansie,

preoccupazioni, sbalzi d'umore e il proprio senso di disistima e di

solitudine. In tal modo le richieste di nuove amicizie risultano

quasi un riempimento, una conferma e/o un rafforzamento del

proprio ego. Si parla di amicizia data e di amicizia richiesta, ma le

amicizie che si creano sui Social Network non sono reali e spesso

le due persone non si sono mai conosciute veramente e magari

non si conosceranno mai nel futuro. Gli atteggiamenti di uso ed

abuso di questi siti web ed il loro perpetrarsi, fino addirittura alla

dipendenza, sono innescati e portati avanti da meccanismi

psicologici e neurologici di piacere, soddisfazione, affettività ed

autostima. A livello celebrale vengono rilasciate maggiori quantità

di sostanze psico-attivanti e a livello mentale si creano

meccanismi e schemi ricompensatori che portano al riutilizzo

continuo e sempre maggiore. Ad essi si aggiungono problemi

sociali, familiari, affettivi e lavorativi quali ritardi o assenze a

scuola o al lavoro, graduale isolamento, distorsione dei rapporti

affettivi e sociali, disgregazione dal gruppo familiare ed amicale.

Anche a livello fisico possono subentrare molteplici problemi

come ad esempio emicrania, stress oculare, iper sudorazione,

tachicardia, tensioni, crampi e/o dolori muscolari, forte

stanchezza. Infine la dipendenza da Social Network può facilitare

o associarsi ad altre tipologie di dipendenza connotate dall'utilizzo

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disfunzionale del web come la dipendenza da internet o la

dipendenza da contenuti pornografici online.

3.1 - Dipendenza dal Web – progetti in Italia

Se ci si rende conto che internet sta prendendo il sopravvento

sulla propria vita, che la lontananza dal Web genera rabbia,

aggressività o insonnia, allora è importante rivolgersi ad uno

specialista. In Italia sono già presenti diversi Centri per la

Dipendenza da Internet all’interno dei quali lavorano valide equipe

di terapeuti ed anche un intervento di Counseling si rivela

appropriato. Il confronto con un professionista permette di

individuare eventuali problematiche antecedenti la dipendenza

dalla rete e di intraprendere un vero e proprio percorso di

disintossicazione che consenta anche un recupero della

comunicazione interpersonale autentica, non mediata dal

computer. Ovviamente, come per l’abuso di alcool o di droga, è

fondamentale la motivazione dell’individuo per il buon esito

dell’intervento. A tal proposito a Torino è stato aperto

recentemente un Centro per le Nuove Dipendenze. Anche a

Firenze si sta facendo qualcosa utilizzando i Social Network ed

ecco YOUNGLE, il primo servizio pubblico gratuito di sostegno

psicologico basato su un social network rivolto ad adolescenti e

gestito da adolescenti. Il Comune di Firenze, proprio per

“reclutare” questi ragazzi, ha lanciato una campagna nelle scuole

medie superiori, nelle università, nei centri giovanili e ovviamente

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online. Il titolo della campagna è YOU IN THE YOUNGLE - Zona

di sopravvivenza under 20. Si tratta di un progetto davvero

innovativo che porta in Italia l’esperienza del counseling online

gestito da pari e sperimentata, da tempo, con successo anche

all’estero. Il progetto rientra nel programma interregionale Social

Net Skills, di cui la Toscana è capofila, finanziato dal Ministero

della Salute. Per la Toscana il Comune di Firenze gestirà il profilo

facebook “YOUNGLE”, di aiuto e counseling online, oltre ad avere

il coordinamento scientifico dell’intero progetto. Le altre regioni

che partecipano al progetto sono Lombardia, Liguria, Puglia,

Lazio, Umbria, Emilia-Romagna e Campania. YOUNGLE è un

servizio gratuito ed anonimo di auto-aiuto e counseling online su

Facebook. A chattare e comunicare online con i coetanei saranno

15 ragazzi tra i 17 e i 22 anni con il supporto di psicologi, medici

ed esperti di comunicazione. Opportunamente selezionati e

formati, con un apposito corso, presso il Centro Java, i ragazzi

potranno comunicare con i coetanei attraverso una chat line, un

servizio email, un telefono amico via Skype, oltre ad una pagina

continuamente aggiornata su spazi, eventi, feste, promozioni. II

progetto è altamente innovativo e prevede l’attivazione di percorsi

di auto-aiuto e counseling online sui social network. Le

problematiche trattate saranno le più svariate e copriranno tutte le

tematiche adolescenziali, sessualità, alimentazione, uso di

droghe e molto altro ancora. Daniela Scaramuccia, assessore al

diritto alla salute ha così commentato: abbiamo già sperimentato

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più volte l’educazione “peer to peer”, da pari a pari e abbiamo

verificato che quando si tratta di adolescenti è la più efficace. Un

ragazzo ascolta molto più volentieri un coetaneo, che magari ha

fatto le sue stesse esperienze, piuttosto che un adulto. A

Castelfranco, invece, ci si sta attivando per assistere il numero

sempre più crescente di persone che utilizzano in modo

problematico internet e le nuove tecnologie. Alcune segnalazioni

circa l'uso problematico di tali strumenti stanno pervenendo, negli

ultimi tempi, al Serat dell'Ulss 8; si tratta di circa una decina di

segnalazioni, arrivate attraverso le famiglie o la scuola, relative a

minori che utilizzano in maniera massiccia e sconsiderata internet

o trascorrono le giornate giocando con i videogames. L'Ulss 8 si

sta pertanto attrezzando sia per prevenire che per assistere

queste persone attraverso due azioni. Un primo intervento è già

stato avviato attraverso un progetto che ha lo scopo di indagare la

diffusione e le modalità di utilizzo di internet e delle nuove

tecnologie da parte dei ragazzi. Nel progetto sono coinvolti quattro

istituti superiori (il liceo Giorgione, l'Itis Barsanti, l'Ipsia Rosselli di

Castelfranco veneto e l'istituto Cavanis di Possagno): circa 800

adolescenti a cui è stato distribuito un questionario di

approfondimento. Una volta ottenuti i dati, il Serat conta di attivare

delle azioni e dei progetti di prevenzione e di intervento per le

situazioni ritenute problematiche. Contestualmente è stato attivato

un percorso formativo sulle nuove dipendenze patologiche, tenuto

dal professor Tonino Cantelmi, psichiatra, presidente dell'Istituto

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di Terapia Cognitivo-Interpersonale di Roma e massimo esperto

in Italia sul fenomeno delle dipendenze tecnologiche. I segnali che

indicano una possibile dipendenza sono da ricercare nella sfera

relazionale ed i metodi di cura possono consistere nella terapia di

gruppo affiancata dal trattamento psicoterapico. Ecco che, in

questa terapia di gruppo, può entrare il Counselor con specifiche

competenze di sostegno e di aiuto.

3.2 - Ambiti di intervento del Counselor

Nella dipendenza da internet il counseling può fornire supporto

solo nella prevenzione e la letteratura riguardo l’efficacia nella

prevenzione è piuttosto scarsa. Questo probabilmente per varie

ragioni tra le quali credo la velocità, la trasformabilità, e la

difficoltà nel porre dei confini a tali strumenti. Ecco quindi che il

mondo digitale rischia di essere più veloce dei nostri modelli di

lettura, di analisi, di ricerca, di conoscenza dei risultati. Queste

osservazioni ci devono far riflettere e ci spingono, non solo a

conoscere e a confrontare i dati, ma anche a dotarci di piani di

valutazione e a riferirci ai risultati e alle metodologie che hanno

dimostrato un'efficacia. Spesso tuttavia, e questo è

particolarmente evidente nell’accelerazione dei processi legati alle

nuove tecnologie, i criteri metodologici che si adottano rischiano di

fornire dati tardivi, non relativizzati ai diversi contesti, e così via.

Prova ne è che stiamo parlando dell’evoluzione e della rivoluzione

2.0, dove gli studi le ricerche, le ipotesi, sono ricche ed

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appassionanti in diversi settori, ma abbiamo una carenza di dati

relativi alla efficacia in ambito sanitario. Credo sia importante

adottare una visione ed un metodo che faccia riferimento anche

alle teorie ed ai metodi della ricerca antropologica ed etnologica,

che rivaluti i modelli qualitativi, che riveda il rapporto tra

conoscenza ed azione, tra ricercatore/operatore/oggetto di studio.

Ad esempio la conoscenza deve precedere l'azione come nel

modello positivista20, oppure conoscenza ed azione sono tra loro

interagenti? L'attenzione sembra muoversi prevalentemente

intorno a due principali questioni. Una legata ai potenziali rischi di

dipendenza, di disimpegno da relazioni sociali-familiari-

scolastiche, di chiusura autistica, di pericolo di irretimento, o

ancora, per dirla con la psicoanalisi, di relazioni senza corpo. Una

seconda lettura, di fatto non alternativa ma semmai

complementare, vede invece tale mondo quale strumento-

possibilità per utilizzare canali comunicativi nuovi, maggiormente

appetibili, maggiormente friendly e vicini al mondo giovanile.

Secondo questa prospettiva i nuovi media possono

diventare soggetto di prevenzione, ovvero luogo e possibilità di

propagazione di informazioni sane, di incontro virtuale, di

coinvolgimento di soggetti altrimenti difficilmente raggiungibili o

coinvolgibili. Lo scenario che si presenta costituisce una nuova

formidabile occasione per intercettare i giovani, incontrarli,

lanciare messaggi, ascoltarli. In tal caso si può parlare di

20

Vedi Manuale di Psicologia Sociale, Giuseppe Mantovani, Giunti – pag. 18 cap. primo.

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prevenzione grazie ed attraverso le nuove possibilità offerte.

Stiamo infatti parlando di un mondo che offre potenzialità sino ad

ora inedite ed impensabili, nell’ usufruire ed utilizzare canali

comunicativi nuovi, friendly, economici e veloci, offrendo la

possibilità di diventare consum-attori della comunicazione. Non

più quindi ricettori passivi ma costruttori di processi di

comunicazione di straordinaria diffusione. Come può il mondo

della prevenzione interagire con questo universo? Come questa

nuova dimensione potrà, come è avvenuto e sta avvenendo in

altre discipline, contribuire a trasformare e rimettere in gioco

radicalmente i postulati teorici ed operativi della prevenzione?

Come può il cambio di scenario prodotto dalla rivoluzione 2.0

diventare strumento di cittadinanza attiva, anziché luogo nuovo

ove adattare vecchie logiche? Come questo nuovo ambito potrà

favorire espressioni, partecipazione e condivisione di progettualità

anziché un’overdose di informazioni? Come si modifica la natura

stessa delle relazioni dove la dimensione digitale amplifica i

contatti temporali, spaziali ed il significato stesso di amicizia?

Come si modificano le reti sociali dove gruppi di amici reali, o solo

“di schermo”, possono essere ora gruppo di riferimento, ora di

appartenenza, ora di controllo, ora di esibizione? Ma cosa

significa fare prevenzione dei comportamenti a rischio in età

giovanile, ai tempi dei media digitali e delle nuove forme di

comunicazione? Il Counselor, per definizione anagrafica, non è un

nativo digitale, è un soggetto che si avventura in un mondo a lui

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non del tutto familiare, dovrà costruire modelli di intervento

coerenti con il cambio di scenario, sarà una persona che conosce

il mondo tecnologico ma non sarà questa una condizione

sufficiente nel comprendere ed agire nel nuovo scenario. Si sta

infatti parlando di una situazione che ci obbliga a rimettere in

gioco molti dei postulati sui quali siamo vissuti per anni. Questo, in

un certo senso, non costituisce una novità, almeno per un certo

mondo della prevenzione. Bisogna riadattare i modelli e le prassi

ai vari cambiamenti che si sono presentati soprattutto

nell’universo giovanile. In sintesi, le aree entro le quali muoversi

sembrano collocabili in tre grossi filoni. Un filone legato alla

informazione: compito della prevenzione è informare

correttamente intorno ai rischi, ai rimedi e a quelli che sono gli stili

di vita corretti. Un secondo filone, legato prevalentemente

all’aiutare le persone concretamente ad evitare le situazioni di

rischio/pericolo, che può consistere, da una parte nell’attrezzare

l’individuo a riconoscere le proprie emozioni, acquisire maggiore

assertività, pensiero critico, e dall’altra nell’evitare luoghi, incontri,

situazioni, suscettibili di rischi e pericoli. Un terzo filone è legato,

invece, alla presa di coscienza delle contraddizioni esistenti, al

promuovere una partecipazione degli individui e dei gruppi

nell’assunzione di ruoli attivi e partecipi.

3.3 - Qual è l’approccio del Counselor in caso di dipendenza

L’intervento del Counselor può essere suddiviso in tre fasi: un

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colloquio iniziale per confermare o meno la dipendenza; incontri

successivi per individuarne la causa ed aiutare l’adolescente a

prendere consapevolezza della dipendenza di cui soffre; un

contatto dal vivo con altri ragazzi e di conseguenza esperienze

autentiche di condivisione, senso del limite, capacità di attesa e

comunicazione non verbale. Nella prima fase utilizzo lo strumento

dell’ascolto, successivamente aiuto l’adolescente a sviluppare la

capacità di riconoscere i condizionamenti sociali e culturali e le

modalità attraverso cui si esplicitano. Importante inoltre è che il

ragazzo acquisisca le competenze per elaborare la propria

percezione di determinati fenomeni o temi, conseguendo ulteriori

strumenti per comunicarla nel gruppo di appartenenza e nei

contesti di vita quotidiani; lavoro sulla sua capacità di

comunicazione al fine di diffondere un punto di vista non scontato

su temi di grande impatto sociale. Per ultimo lo stimolo a prendere

parte al dibattito e al confronto su temi in esame, creando un

atteggiamento propositivo che depotenzi atteggiamenti conflittuali

o di scarso coinvolgimento e passività.

Regole da trasmettere al ragazzo circa l’uso di Internet:

limitare la quantità di tempo trascorso quotidianamente on

line (non più di una o due ore), possibilmente non

instaurando un'abitudine quotidiana da rispettare a tutti i

costi;

integrare le attività on line con simili attività reali (es.

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acquisti, svaghi o relazioni sociali), per non trasformare la

Rete nello strumento privilegiato di relax, di evasione e di

contatto con se stessi;

la socializzazione reale non deve mai essere totalmente

sostituita da quella virtuale;

nel caso in cui l’adolescente avverta una necessità coatta e

incontrollabile di collegarsi ad Internet, suggerisco di

chiedere un aiuto competente.

3.4 - Counseling informativo per genitori e operatori sanitari

Quando si tratta di pazienti giovani, si tende sempre a coinvolgere

la famiglia nel processo educativo, al fine di ristabilire dinamiche e

ruoli più chiari e autorevoli; all’inizio si tratta di fare emergere la

consapevolezza di avere un problema. E’ dunque decisivo

l’incontro tra operatori, utenti e genitori: si tratta di costruire un

dialogo, con coraggio e pazienza, per trovare insieme gli itinerari

più utili al ragazzo. Non esistono medicine miracolose né formule

magiche che possono ridurre il rischio per gli adolescenti di

cadere vittime di patologie caratterizzate da dipendenza. Per

prevenire varie forme di disagio occorre stabilire con i figli una

relazione educativa precoce e costante, caratterizzata da una

buona sintonia emotiva, tempo significativo da dedicare loro,

autorevolezza e contenimento: in altre parole occorre avvalersi dei

principi della teoria dell’Educazione Emotiva. Questo è quanto

sostengono Mariani e Schiralli nel libro “Nuovi adolescenti, nuovi

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disagi”21. La relazione con i genitori rimane la matrice evolutiva

dell’affettività per eccellenza. E’ nella scarsa, o del tutto

inesistente, validità dei rapporti primari che hanno radici profonde

le manifestazioni del disagio giovanile: devianze e comportamenti

antisociali, sindromi depressive e difficoltà relazionali; per non

parlare delle diverse patologie da dipendenza, che pure si nutrono

di stimoli di emulazione e suggestione, e pertanto sono

considerevolmente influenzate dai modelli socioculturali22.

Anche negli USA è stato scritto un prontuario di consigli 23che si

riassume nei seguenti punti:

essere a conoscenza di cosa gli adolescenti fanno su

internet;

fare loro domande e porre loro dei limiti;

discutere con loro sulle modalità di diffusione e di possibile

utilizzo da parte di terzi delle informazioni da loro messe in

rete;

dare supporto, non criticare;

cercare la comunicazione aperta e trasparente con gli

adolescenti;

tenere sempre presente l’intento non invasivo della loro

21

Nuovi adolescenti - nuovi disagi, Marioni U., Schiralli R. (2011), Arnoldo Mondatori. 22

Tratto da Figli per sempre, Ivana Castoldi, Feltrinelli, (2005) 23

Tratto dal prontuario di consigli per genitori e operatori sanitari (SCRI, Tips for Parents and

Healthcare Providers: Teens and MySpace, USA 2009) Seattle Children’s Research Institute (SCRI).

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privacy;

crearsi un proprio account e un profilo sui social network

frequentati dagli adolescenti, per capirne di più e interagire

con loro nelle modalità comunicative da questi preferite;

invitare il proprio medico di base a utilizzare i social network

per conoscere meglio gli adolescenti e relazionarsi a loro nel

modo a essi più consono.

In Italia invece è stata realizzata una pubblicazione dal Ministero

dello Sviluppo Economico e da Unioncamere dal titolo “Naviga

senza rischi” per sensibilizzare i ragazzi, i loro insegnanti e le

famiglie sui rischi in cui possono incorrere quando scambiano

informazioni attraverso Internet e quando acquistano on line beni

e servizi.

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CONCLUSIONI

Durante la stesura di questa tesi ho avuto modo di rafforzare le

intuizioni che mi avevano spinto ad intraprendere il lavoro. La

convinzione di partenza si basava sul fatto che Internet stesse

cambiando il nostro modo di concepire la realtà, l’economia, le

relazioni sociali, la psicologia delle persone e soprattutto le

modalità comunicative dei nativi digitali. La comprensione degli

effetti dei Social network sull’identità sociale e sui processi di

interazione è uno dei temi trattati dalla ciberpsicologia il cui

oggetto principale di questa nuova disciplina è l’analisi nei

processi di cambiamento attivati dai nuovi media.24 La rivoluzione

digitale governa ormai la nostra vita. Ci chiediamo, tra speranze e

nevrosi, se il web ci renda liberi o ci opprima, ci arricchisca o

renda miserabili. Con la fine del Novecento si è chiuso il secolo

delle Masse e si è inaugurato il XXI, quello delle Persone, gli

Individui. Ma a decidere le sorti della rivoluzione saranno i nuovi

contenuti che sapremo creare, senza lasciarci ipnotizzare dalla

potenza della tecnologia25.

24

Tratto da I social network – pag. 9 - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino. 25

Tratto da Il web ci rende liberi? Gianni Riotta, Einaudi.

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Oggi l’utente medio è abituato a caricare ogni tipo di contenuto,

fatto in casa o meno, su media come MySpace, Facebook o

Qoob, partecipa direttamente alla costituzione di una enciclopedia

globale, Wikipedia, che non ha nulla da invidiare alla Britannica,

pratica l’esperienza del citizen journalism 26mettendo in crisi un

giornalismo tradizionale che aveva già grossi problemi. Il

cybernauta tradizionale è abituato a dire la sua e ad informarsi in

maniera approfondita su tutto ciò che può essere di suo interesse.

Chiunque può ottenere fama grazie ad un blog particolare o ad

una trasmissione in podcasting di grande successo. Il giovane

ragazzo norvegese Lasse Gjertsen, con il suo video musicale

Amateur, in quattro mesi ha ottenuto quasi 4 milioni di

visualizzazioni. Questo esempio serve a dare l’idea di come

persone capaci di produrre contenuti di qualità siano ovunque a

prescindere dal fatto che possano apparire su Mtv o giornali. Per

caso o grazie al passaparola si può venire a conoscenza di blog,

podcast, pagine personali di MySpace fatte da persone che hanno

grandi capacità ma che non hanno avuto la fortuna di essere

notati dai media tradizionali. I giovani d’oggi sono, allo stesso

tempo, consumatori e produttori di contenuti. L’attuale

generazione o networked generation ha ridefinito il proprio sé

grazie alla rete e ai suoi strumenti. Invero, in un’epoca di forte

precarietà e di grandi incertezze, Internet è riuscito a creare una

26

citizen journalism è il termine con cui si indica la nuova forma di giornalismo che vede la "partecipazione attiva" dei lettori, grazie alla natura interattiva dei nuovi media.

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vera e propria seconda vita dove l’espressione del sé trova le

porte spalancate ed è soggetta a continue rielaborazioni di

significato. Non esistono più le distinzioni nette di un tempo per

quanto riguarda i ruoli, sia nel lavoro che nella vita privata. Il

successo non può più avere una caratterizzazione canonica

perché un normale studente e un giovane lavoratore,

apparentemente senza pretese, possono essere un podcaster o

un blogger di successo, seguiti e stimati da milioni di persone. E’

così che, da normali consumatori, si diventa prosumer, produttori

di ciò che si consuma. Le nuove tecnologie oggi hanno un impatto

immediato e decisivo sui rapporti umani; un fatto questo con il

quale bisogna confrontarsi. “Facebook non è nato originariamente

per essere un’azienda. È stato costruito per compiere una

missione sociale: rendere il mondo più aperto e interconnesso”,

così disse Mark Zuckerberg.27 Il web 2.0 è un villaggio globale,

un ambiente comunicativo, formativo e informativo, un ambiente

culturale che determina uno stile di pensiero, crea nuovi territori,

nuove forme di comunicazione, una realtà da non configurarsi

come sostituta alienante delle relazioni “face to face”, ma capace

invece di arricchire le nostre potenzialità nella vita ordinaria.

Dobbiamo essere consapevoli, però, che l’uso della rete può

portare gradualmente alcuni individui a una restrizione delle

relazioni con gli altri, in quanto l’esperienza virtuale viene 27

Mark Zuckerberg autore di “Un miliardo di amici (e qualche nemico)” e fondatore di Facebook.

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percepita e vissuta come più agevole rispetto alla realtà.

L’atteggiamento da tenere credo sia quello di una sana apertura

mentale verso i nuovi mezzi, che non devono essere visti come

una minaccia, ma possono rivelarsi una risorsa se utilizzati in

maniera corretta. Avvicinarsi al loro mondo, non assumere

l’atteggiamento di chi guarda gli adolescenti come extraterrestri

quando parlano di Facebook e del loro mondo virtuale, non

pensare che tra genitori e figli ci sia una distanza incolmabile,

evitare l’atteggiamento da scoraggiati, di chi, non capendo i figli, li

lascia soli nell’esplorazione dei nuovi mezzi. Imporre regole

educative non porta a nulla, il divieto avrebbe solo l’effetto di

accrescere il desiderio di fare parte di queste nuove

comunicazioni. Senza contare che il “no” finirebbe per far

diventare i social network qualcosa da consultare di nascosto, con

un sovraccarico di attese e tensioni inopportune. Piuttosto, i

genitori possono stabilire delle regole precise, costruire un dialogo

intorno a questi temi. Come per tutte le cose, è utile parlarne; ben

vengano quindi le domande sui social network, le discussioni con i

figli, evitando lo spirito inquisitorio, ma dimostrando reale

interesse. Si può spiegare loro che non è utile stare troppo

connessi, come raccontare tutto di sé, ma coltivare spazi segreti.

E poi invitare i ragazzi ad uscire, fare sport, stare all’aria aperta e

incontrare altri coetanei. Ai nostri ragazzi non possiamo vietare

del tutto l’uso di questi mezzi, ma noi dobbiamo indirizzarli

affinché anche il loro essere in relazione con gli altri tramite i

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media sia proficuo e possa aiutarli a crescere. In conclusione i

social network, come tante altre cose nella nostra vita quotidiana,

hanno due facce: una buona e una cattiva. Se usati da persone

mature in modo responsabile sono un’importante opportunità per

raccontarsi, per migliorare le proprie relazioni interpersonali e

perfino per fare business. Al contrario, se usati in maniera non

responsabile da persone troppo giovani, possono creare problemi

e difficoltà che in alcuni casi nemmeno il tempo riesce a

cancellare.28

28

Tratto da I social network – pag. 170 – Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.

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BIBLIOGRAFIA

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Nuovi adolescenti - nuovi disagi, Marioni U., Schiralli R. (2011), A.Mondatori.

Web 2.0 - Spadaro A. (2009), ed. Speciale per Periodici San Paolo, Milano.

Il Web ci rende liberi? - Gianni Riotta, Einaudi.

Un miliardo di amici (e qualche nemico) - Mark Zuckerberg, Rizzoli.

I social network - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.

Perché non possiamo non essere eclettici - Costantino Cipolla, Franco Angeli.

Manuale di Psicologia Sociale - Giuseppe Mantovani, Giunti.

Guida alla Net Economy - a cura di Bruno Lamborghini, Franco Angeli.

Genitori efficaci - Thomas Gordon - edizioni La Meridiana, 1997

Figli per sempre, Ivana Castoldi, Feltrinelli, (2005)

Altre fonti citate

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anno III, ed. Riza, Milano

Veladiano M. (2011), inserto” Le ragazze dello specchio”, in la Repubblica, anno

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Sitografia http://www.psicolab.net/2011/adolescenti-comunicazione-web/

http://www.lionsquest-italia.it

www.brainfactor.it

https://www.ulssasolo.ven.it/Area-informativa/News/2013/Febbraio

Allegati Il nativo Digitale racconta se stesso in PPT

Articolo da “Il Giornale di Vicenza” martedì 22 maggio 2012

Articolo tratto da “La Repubblica” giovedì 12 gennaio 2012

Pubblicazione realizzata dal Ministero dello Sviluppo Economico e di Unioncamere

“Naviga senza rischi “

Video http://www.youtube.com/watch?v=R2nCPZvDP68 (Nativi Digitali)

http://www.youtube.com/watch?v=hwuu-pXwaWk (Generazione Facebook)

http://www.youtube.com/watch?v=NfQMA76kTFs (Cervello mutato per nativi

digitali)

http://www.youtube.com/watch?v=uzNaBGurLgA (Il codice dei nativi digitali)

http://www.youtube.com/watch?v=vBlltfqhLbM (Dipendenza da Social Network)

http://www.youtube.com/watch?v=SnPBaYnyjUM (I giovani e le dipendenze)

http://www.youtube.com/watch?v=8kTkKxSTK0c (Come combattere la

dipendenza)


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