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Se avrete fede - padresilvestrelli · ni, gioia di trovarsi insieme… anche se già si erano visti...

Date post: 13-Feb-2021
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p. Stefano Igino Silvestrelli "Se avrete fede" (Mt 17, 20)
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  • p. Stefano Igino Silvestrelli

    "Se avrete fede"(Mt 17, 20)

  • (pagina bianca)

  • p. Stefano Igino Silvestrelli

    "Se avrete fede"(Mt 17, 20)

    MEDITAZIONI

  • Edizioni Casa di Nazarethviale Vaticano, 50 – 00165 Roma

    ccp 42867002

  • 11..Dal buio alla luce

    «Non di tutti è la Fede» (2 Ts 3, 2).Dunque, coloro che la possiedono sonopersone davvero speciali.Ma che cos’è la Fede?

    «Farò camminare i ciechi per vie che non conoscono, li guiderò per sentieri sconosciuti; trasformerò davanti a loro le tenebre in luce»(Is 42, 16).

    Ecco cosa significa la Fede: le tenebreche si trasformano in luce!È un nuovo modo di guardare la vita.Non è forse una sorpresa che il cielo, tut-to coperto di nubi nere, diventi all’im-provviso limpido?Non è una sorpresa che la notte si tra-sformi in giorno luminoso?

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  • Avere il dono della Fede è vivere dentroquesto continuo miracolo…Si tratta di una situazione di singolare be-nevolenza da parte di Dio.Bisogna goderne, sentirsi responsabiliz-zati, e obbligati verso coloro che la Fedenon l’hanno.

    Meditando sulla Fede vivremo immersinella luce.Le riflessioni che faremo insieme saran-no tutte nella Fede, sgorganti dalla Fede.Come il fiume attinge dalla sorgente lasua vita, attingeremo dalla Fede la nostraricchezza interiore, le motivazioni, i pro-grammi, la nostra gioia.Così pure la nostra debolezza, la nostrainsicurezza, la nostra povertà fisica-psi-chica-spirituale, sarà considerata alla lu-ce della Fede.Passato, presente, futuro: l’intera esi-stenza nella sua concretezza, nella realtàquotidiana, la vogliamo spiegare alla lu-ce della Fede.Tutto dalla Fede!Come chi ci vede bene. E non come chi ha la vista corta, e scam-bia una cosa per l’altra, e giudica erro-neamente.

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  • Con la luce della Fede, diventata nuovacapacità visiva soprannaturale, vogliamofiltrare il mondo nella sua totalità: nessunelemento della vita concreta sfugga alcontrollo della Fede.Vogliamo rileggere ogni vicenda nella Fe-de, convinti che possedere questa luce èun fatto che fa scoppiare di gioia e tre-pidare di responsabilità.Io mi trovo qui, questo sono, questo fac-cio, e voglio che tutto sia esaminato,controllato, spiegato, giustificato, resoamabile, desiderabile, piacevole alla lu-ce della Fede.

    Forse – e senza forse – fino ad ora sei sta-to come un cieco... Hai interpretato se-condo la Fede proprio tutto?Ne avevi la possibilità, perché la Fede tiè stata data nel Battesimo, ravvivata nelgiorno della Cresima.Se volevi, potevi accrescerla ogni voltache ti sei nutrito di Eucaristia.Avresti potuto sentirla lievitare dentro dite tutte le volte che hai fatto la medita-zione... se ti fossi messo veramente incomunione con lo Spirito Santo.Ne avevi la possibilità, perché non lo haifatto?

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  • Così hai passato qualche tempo, qualchevicenda della tua vita, senza Fede, albuio.Non è questa una ipotesi, una finzionementale, ma la tua realtà vissuta.Davvero hai affrontato certe situazionicome un cieco.Ma chi non ci vede, se è intelligente, do-vrebbe almeno desiderare la guarigione...Lasciamoci prendere dal profondo desi-derio di vederci bene, come gente cheha sofferto le vertigini, che non ha vistose non in modo incerto, annebbiato; co-me chi ha rischiato talvolta di perdereaddirittura la vista per sempre.Perché si possono commettere anchesbagli definitivi per la Fede: certe ribel-lioni, certi scandali – nella concretezzadel vissuto – hanno fatto perdere la Fedeper sempre.

    Come persone che in certi momenti han-no avuto il buio negli occhi, vogliamod’ora in poi che la capacità visiva cheviene dallo Spirito Santo non subisca innoi alcun impoverimento, ma cresca, pertutto vedere attraverso questa luce, conquesti occhi che sono gli occhi di Cristo.La Fede è Lui.

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  • Vedere con la Fede significa vedere tut-to con gli occhi di Cristo.Giudicare secondo la Fede vuol dire giu-dicare secondo la mente di Cristo.Volere secondo la Fede significa sceglie-re secondo la volontà di Cristo, imme-desimati in Lui: comportarci come si ècomportato Gesù, come Gesù intende vi-vere dentro di noi. Che bello questo!

    Il desiderio di vivere di Fede, di non per-dere mai la luce della Fede, di riparare sequalche volta nel passato abbiamo scel-to come gente che vive nell’ombra dimorte, accompagni ogni momento.Vogliamo vivere un’esistenza tutta im-mersa nella Fede: giudicare e compor-tarci in linea, in coerenza – la più perfettapossibile – con la Fede.

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  • 22..La novita della chiamata

    Riscoprire la propria vocazione alla lucedella Fede.Non può essere diversamente.Cominciamo con il metterci in guardiada un pericolo: l’abitudine alla chia-mata.Potrebbe sembrare irrilevante: si è inve-ce dimostrato molto grave.L’abituarsi, fino quasi a dimenticare, diessere dei “chiamati”.Chiamati alla vita.Chiamati alla grazia.Chiamati alla missione.La chiamata rimane per sempre un inizio,e gli inizi sono immancabilmente pieni distupore, di meraviglia, di bellezza, di sor-presa, di gioia, di avventura.Quando la chiamata non fosse più un av-venimento nuovo, diventerebbe una del-

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    ))

  • le tante vicende dell’esistenza, uno deitanti fatti che non meritano quasi più diessere avvertiti.Ma la chiamata non può invecchiare: ènuova per se stessa!Così avviene tutti i giorni per il pane.Tu mangi pane ogni giorno, però il panedi oggi è nuovo, è alimento per la vita dioggi, per una vita nuova.E se domani sarai ancora al mondo, sedomani sarà un giorno nuovo, avrai bi-sogno di un pane nuovo. Non ci si abitua a mangiare il pane!Se appena manca, subito lo si avverte, siresta male, si girano gli occhi in cerca, sichiede a che ora arriva il panettiere...Com’è invece che ci si abitua ad essereuomini, ad essere battezzati, ad essere...sacerdoti, religiosi?Perché ci si abitua ai Sacramenti, che so-no incontri personali con il Cristo?

    Si dimentica presto che la vita è una cor-sa, e che l’istante – per quanto veloce –ce lo portiamo dietro e rimane fissatonell’eternità: speso bene o male, ne do-vremo rendere conto.Ci si abitua. Perché?

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  • Il motivo profondo sta nella complessapsicologia umana e nel suo forte riferi-mento all’inerzia e alla passività.Tremenda tendenza che portiamo dentrofin dalla nascita: si infiltra in tutte le at-tività della persona. Poiché il rinnovarsi di continuo impegna(è infatti un lavoro che prende l’uomonelle sue facoltà interiori: intelligenza evolontà) si fa di tutto pur di non scomo-darsi.Per riscoprire il valore della personaumana, di quella persona che porta il tuonome, ci vuole fatica.Per riscoprire la grandezza del Battesi-mo, dei Sacramenti, dell’austerità, dellapurezza, dell’integrità affettiva, della vo-cazione sacerdotale-religiosa, della pre-ziosità del vivere insieme per santificar-si vicendevolmente... ci vuole impegno.Piuttosto ci si abitua.Non si pensa oggi; si rimanda a domani;si resta alla superficie...E si è subito vecchi.Perché quando uno si è abituato è giàvecchio.Ogni abitudine, presa nel suo aspetto ne-gativo, fa diventare vecchi, toglie la gioiadella scoperta, della novità.

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  • Di una cosa vecchia non si ha più inte-resse e cura.

    Al contrario, come ci si tiene alle cosequando sono nuove!Si tratti pure soltanto di un paio di scar-pe, di un vestito, di un quaderno, di unlibro...È così per ogni cosa e avvenimento: èlegge psicologica.Ogni istante va vissuto come un istantenuovo, perché lo è realmente.È nuovo questo giorno.Nuova la Comunione, la meditazione.Nuova la Confessione che, appellandotialla misericordia di Dio, fai dei tuoi pec-cati.Nuovo questo incontro con la tua fami-glia, con la tua comunità.È sempre nuova la chiamata.E perciò è obbligante.Ogni vocazione esige risposta.Ed ecco lo scansafatiche avanzare scuseper non sentire la chiamata.Turandosi gli orecchi, quasi insensibil-mente tutto diventa antipatico.Tutto invecchia.Non avverti più quel senso di novità cheti mette in movimento.

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  • 33..E tu ci farai l’abitudine?

    L’invito alla Fede come ad una vita ognigiorno nuova, non vale soltanto per lavocazione al sacerdozio o alla vita con-sacrata.Anche due sposi, quando sfuma la “no-vità” del loro affetto consacrato dal Sa-cramento, si stancano reciprocamente ediventano fastidiosi l’uno all’altro, diffi-cili e intolleranti.Troveranno ad ogni angolo qualche pre-testo per attaccare lite, per stuzzicare ge-losie e nervosismi. Non ricordano più il momento in cui perla prima volta si sono “chiamati”?Quand’ero giovane, mio fratello andava“a filò” poco distante da casa mia: ba-stava un piccolo segnale, e lei si sentiva“chiamata”.

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  • Era ogni volta una chiamata nuova, cherisvegliava sentimenti belli, desideri buo-ni, gioia di trovarsi insieme… anche se giàsi erano visti ieri e chissà quante altrevolte in seguito.Può essere questa una immagine dell’a-more di Dio nel chiamarci.Non ha bisogno di te, Lui che è infinito.Lo attira il tuo nulla.Egli è la “pienezza”, tu-creatura il vuoto,il mendicante che tutto ha ricevuto eniente possiede di suo.Dio ti chiama per riempirti di sé, si degnadi fare l’amore al nulla.E tu ci farai l’abitudine?

    Quando un uomo si abitua ad essere uo-mo, è finita.Quando un sacerdote si abitua ad esse-re sacerdote, è finita.Quando un religioso si abitua ad esserereligioso, è finita.Se una donna si abituasse a vedere il ma-rito come un essere qualsiasi, povero uo-mo!Da quel momento inizia l’angoscia...Ma altrettanto si deve dire di lei: poveradonna!E povera famiglia, non più nido di tene-

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  • ro affetto che poteva integrare, far senti-re la presenza della carità di Dio!Quella casa diventa un’osteria dove sigrida, si batte il pugno, si mangiano quat-tro forchettate di spaghetti come se la fa-miglia non avesse altro da offrire.E quando un Prete non trovasse più nelSacerdozio la “pienezza” perché ormaisi è abituato?Andrà purtroppo a cercarla fuori...

    Il senso di novità, invece, ti spinge dicontinuo in avanti.Rimbòccati le maniche, rifletti e lasciatiguidare dalla Fede.Riscopri la tua vocazione nella Fede.Guàrdati attorno e vedi quanta genteaspetta il tuo dinamismo consacrato.Non ti appartieni, perché tu sei la Re-denzione, il tuo mestiere è salvare ilmondo.Tu sei la bocca dell’Altissimo, e ogni uo-mo vive non tanto di pane ma di quantoesce dalla bocca di Dio.Che tu stia in chiesa a pregare o abbiain mano la racchetta da ping-pong, lazappa o un libro, tu sei profeta dell’Al-tissimo sempre e dappertutto.Anche se sei solo, forse al buio, e non

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  • vedi niente e nessuno, tu non smetti di es-sere te stesso, tu sei quella persona con-sacrata su cui Dio fa conto, chiamando-ti ad essere quello che è il Figlio suo fat-to uomo: il Redentore.Identica la chiamata.Verità bellissima.Quale privilegio!Pènsaci e sentirai che per nessuna ragio-ne ti è lecito fare l’addormentato… chenon ti è consentito vivere un solo giornouguale all’altro.Ogni giorno è un giorno nuovo, sul qua-le Dio fa conto.

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  • 44..Il risveglio

    In tante pagine la Bibbia invita a... sve-gliarsi.

    «Vegliate e pregate» (Lc 21, 36).«È ormai tempo di svegliarvi dal sonno... La notte è avanzata, il giorno è vicino»(Rm 13, 11-12).

    Impegno di tutte le stagioni.Anche quando si arriva a qualche tra-guardo spirituale molto stanchi, e vienela tentazione di pensare: Ho lavorato so-do, mi sono affaticato; adesso mi arren-do alla stanchezza.

    La stanchezza fisica è un tipo di soffe-renza che, valorizzata, esprime un altopregio: ci permette infatti di dire di averimitato il Figlio di Dio, pellegrino di que-

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  • sto mondo, che ha sgobbato in tutte lemaniere ed è arrivato alla sera stancomorto, spesso senza neanche un luogodi rifugio.Ma qui parliamo di stanchezza spiritua-le: ed è difficile capire come possa deri-vare dalla stanchezza fisica o psichica.Com’è possibile che da un bene deriviun male?Se la stanchezza fisica di chi ha svolto ilproprio compito è un merito, perché do-vrebbe derivarne una conseguenza ne-gativa come la stanchezza spirituale?Domanda assai opportuna, perché diquando in quando si trova qualcuno che,in seguito alla stanchezza fisica, si con-cede delle rivalse.Subentra la stanchezza spirituale.Ieri lavorava con entusiasmo, adesso in-vece è pesante come un cadavere da tra-scinare.Chi o che cosa lo ha paralizzato?Soltanto qualche ora fa era lui a trascinarecon il suo entusiasmo, con la precisio-ne, con la fedeltà al lavoro, allo studio, al-la preghiera, al dovere di condividere lasorte della comunità.Ora invece è diventato un peso morto.Perché la bancarotta?

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  • Osservando attentamente il libro dellastoria che più ci interessa – quello scrit-to da noi stessi, con le sue righe dritte,con le sue righe storte – affrettiamoci adimparare, tra le altre, la lezione di esse-re più prudenti, più temperanti, più for-ti, più giusti.Impariamo ad essere meno presuntuosie più buoni con gli altri, anche quando ciaccorgessimo che hanno sbagliato ostanno sbagliando.Siamo tutti capaci di bruciare con le no-stre stesse mani, tirando fuori dalle nostretasche l’accendino, quello che abbiamoraccolto con anni di fatica.Quanti lavorano come asini per giorni egiorni, e poi in poche ore consumano ilfrutto del loro sudore… in un gioco d’az-zardo che si conclude con il fallimento!C’è chi accumula energie soprannatura-li – le migliori, perché permettono al-l’uomo di gustare il divino – e poi unatentazione, una passione in qualche mo-do stimolata, fa saltare all’aria dalle fon-damenta.Se la morte cogliesse in quella tragica si-tuazione di rifiuto di Dio non resterebbeche la dannazione eterna.Non dimenticare che qualche volta anche

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  • tu hai commesso questo sbaglio, con letue mani, con la tua intelligenza, con lastessa volontà con la quale in preceden-za avevi lavorato per il bene...

    Attenzione, dunque, alla stanchezza spi-rituale: toglie capacità di vigilanza, ren-de stupidini e sciocchi.Si maschera da benefattrice, si trucca perbene, si copre il volto di cipria.Ma quale stupidità scambiarla per sim-patica, crederla amica, farle complimentie smorfie...Che rischio essere nati uomini!Comunque lo siamo e non ci è lecito fa-re le marmotte, anche se sonnecchiare oandare in letargo può sembrare piacevo-le.Per l’uomo sarebbe un consegnarsi allamorte.Ricordiamo le parole forti del Signorecontro questo tipo di “inerzia” che im-pedisce di vivere secondo la Fede.

    Attenzione dunque alla “stanchezza spi-rituale” che può far saltare in aria anchebeni acquistati con fatica.Quando uno riceve la busta-paga non lamette alla mercé di tutti o, peggio, nelcestino dei rifiuti.

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  • Se vai a comperare un orologio, te lo le-ghi bene al polso per non perderlo.Altrettanto dovresti fare dopo aver com-piuto del bene: vedrai di metterlo di cer-to nel posto più sicuro.E invece no, quella “strana stanchezza”lascia che i ladri vengano a rubare; anzilei stessa li invita: Venite, perché ho pre-so lo stipendio, ho comperato l’orolo-gio...Che pazzia! Dopo ore e ore di cammi-no, arrivati sulla cima, di là buttarsi giùe ammazzarsi.Stupidità assassina, all’ordine del giornose non si sta attenti.Non ti è mai capitato di commettere unpeccato dopo tanti propositi e sforzi?

    Per capire questo discorso, non bastanoi libri: bisogna far tesoro della propriaesperienza e trarre il bene, come Dio fa,anche dai propri sbagli, osservando i tra-nelli che gioca e le miserie che fa operarequella “passività” e “stanchezza” cheporta un nome, che possiede una preci-sa fisionomia fisica, morale e spirituale,la nostra.Se non si matura attraverso i propri in-successi, non si maturerà mai.

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  • Quante vite umane inconcludenti, insi-gnificanti; quanti non hanno neppure vo-luto scomodarsi per sapere a che servivala vita!Ancora non ti sei domandato perché vi-vi?Domanda così elementare, così collega-ta allo scorrere del tempo, al soprag-giungere della fine!Tu invece cammini secondo gli istinti,mentre sei il padrone del tempo, il si-gnore del creato: così ti ha costituito Dio.Amministra bene i talenti che Egli mettea tua disposizione.

    Torniamo al principio che non vale lascusa di aver lavorato per lasciarsi anda-re alla stanchezza spirituale.Non c’è motivo per cui la stanchezza fi-sica, giusta e meritoria, debba degenera-re in stanchezza spirituale.Dalla fatica fisica deriverà caso mai lastanchezza fisica, e un aumento di Gra-zia, di pace, di profonda soddisfazione.Un benessere e non un malessere spiri-tuale.Il bene spirituale non va mai subordina-to a nessun altro bene.Tutti li sovrasta.

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  • 55..“Granellino di senape”

    La Fede sarà forse una ipotesi sul crea-to, una concezione della storia, un si-stema per affrontare la vita, per supe-rarne gli ostacoli, per goderne le sod-disfazioni?Non sarà un particolare tipo di gusto perl’ordine, il gusto di dare un perché alleproprie azioni? Che non sia uno stile di comportarsi, unatteggiamento mentale prima, poi un at-teggiamento vissuto nelle scelte? Che sia un aiuto prezioso offerto allamente, al cuore, perché queste facoltà ri-cevano soccorso e sostegno?Che la Fede non sia un qualcosa di ap-piccicato, un’aggiunta alla persona co-me si aggiungono gli occhiali, la sciar-pa, un cappello?Cose utili, ma sovrapposte…

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  • Qualcuno prende la Fede come una so-vrastruttura, mentre invece è realtà chepenetra nel più intimo della persona, rag-giunge e trasforma i pensieri.E tuttavia non si tratta neppure di una so-vrapposizione interiore, come un paio diocchiali sull’intelligenza o sulla volontà.Alcuni danno l’impressione di “subire”la Fede come una sovrapposizione.Ci si accorge dal fatto che in certe situa-zioni ragionano come se non avesseroFede, in altre come uomini di Fede.A volte si vede che scelgono alla manie-ra dei santi; altre volte pervengono ascelte distorte, da persone che si direb-bero nemiche della Fede.Ciò significa che dentro di loro la Fedenon ha preso tutto; si aggiunge solo indeterminate circostanze, come un om-brello che non sempre tieni aperto: a vol-te ti serve per difenderti dalla pioggia, al-tre volte non ti occorre oppure non tivuoi scomodare per aprirlo.Certuni danno l’impressione di adopera-re la Fede come un attrezzo, come unospazzolino da denti, una penna, un faz-zoletto.Cose tue – nessuno te le tocca! – ma chenon fanno parte della tua persona, e non

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  • è che le adoperi in continuità per il fattoche sono tue.Tu resti persona anche senza di loro.

    Chiariamo bene le idee: è importante vi-vere la Fede come va vissuta, altrimentila si inutilizza.Non è un accessorio utile, da portaresempre con sé. La Fede è realtà che trascende.È talmente superiore alla nostra personache con estrema difficoltà riusciamo adaverne una idea.Impossibile dire quanto sia grande un at-to di Fede, il più piccolo atto di Fede.Pensiamo alla sfida di Gesù:

    «Se avrete Fede pari a un granellino di senape, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile»(Mt 17, 20; cf. Lc 17, 6; Mt 21, 21).

    Basterebbe avere un minimo di Fede, chequel minimo già ci supererebbe.Quel “granellino di senape” è tremenda-mente grande, tanto che con i concettidella nostra mente non possiamo valu-tarne la grandezza.

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  • Il Maestro usando quel paragone inten-deva dirci che la Fede resta immensa-mente grande anche se sta nelle nostremani piccole piccole.La Fede non si restringe dentro le misu-re delle nostre capacità: le oltrepassa.Quando ci accorgiamo di questo restia-mo stupefatti, come davanti ad uno spet-tacolo che non trova spiegazione (da unpunto di vista umano) perché non è mi-surabile con le ordinarie categorie dellanostra indagine. Davanti al miracolo si comprende che laFede ci supera.Come è possibile?

    Ma tu sai cos’è la Fede?È una realtà ‘dentro’ la quale tu ti muo-vi, perché è più grande di te. Se fosse più piccola si muoverebbe den-tro di te. Ma è più grande, perciò sei tu a muovertidentro di lei. Cogliamo la differenza? Se la Fede fosse a misura di uomo po-tremmo chiedere all’individuo che ci stadavanti:– Quanto sei alto?– Un metro e settantacinque.

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  • Dunque la Fede tua avrebbe uno spaziofisico delimitato da quei centimetri; e setu superassi in memoria Pico della Mi-randola, o avessi la mente molto piùaperta di quella di Aristotele, la tua Fedesarebbe ugualmente costretta a muover-si dentro queste misurazioni.Se così fosse, piano piano non ci bade-remmo più, finiremmo per disprezzare laFede come si disprezzano i limiti dellenostre facoltà, e ci si arrabbia contro sestessi. Certe dimenticanze, certi “lapsus” licommettono anche le menti elette. Poveri noi e povera la nostra Fede sedovesse stare dentro, adattarsi a questoimpoverimento, alla ristrettezza dellanostra povertà psichica, intellettiva evolitiva.

    Ed invece la Fede ci supera: dentro di es-sa ci muoviamo come il meno sta dentroil più.La Fede non è misurabile, non è conse-gnata alle dimensioni dell’uomo, non èinvenzione umana. La Fede è il Verbo del Padre che ci supe-ra infinitamente.La Fede è Gesù Cristo, l’uomo-Dio.

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  • Chi può misurarlo?Interessante a proposito la domanda diPonzio Pilato, persona di governo e diautorità, che fattosi piccolo davanti a Ge-sù gli chiede: «Che cos’è la verità?» (Gv18, 38).Si era accorto di avere davanti un essereche lo superava?

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  • 66..Al largo

    «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre»(Gv 6, 44).

    La Fede è Lui, Gesù di Nazareth, Logos,Scienza, Sapienza del Padre.Ma che sapienza ha il Padre? Che sapienza è?Infinita sapienza. Il Verbo è Dio da Dio, Luce da Luce. Noi davanti alla Fede siamo come larve,come moscerini davanti al sole.La Fede ci supera!Per questo chi vive nella Fede, quasi nonse ne accorge, tanto largo è lo spazio incui si muove.Chi invece non ha Fede sbatte da tutte leparti: muri a destra, muri a sinistra, pro-blemi su problemi, incertezze, malinco-

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  • nie, disperazioni, pianti, scoraggiamenti,sconfitte, persecuzioni, tentazioni. Urta da ogni lato perché si muove allostretto.La Fede è il largo che non si può misurare.Chi vive di Fede vive fuori dalle strettoie:caschi il mondo, non se ne accorge. Chi ha Fede sembra quasi che viva inun’altra dimensione della vita.

    Ecco, ci siamo: Guarda, è qui che man-gia seduto alla mia tavola, lavora al miofianco nello stabilimento o in ufficio, èqui che studia davanti a me... eppuresembra che viva, non nella stratosfera(che ancora si può misurare), ma in unavita trascendente, che supera i confron-ti, le misure, il calendario, lo spazio...Questa è la vita nella Fede, questo in-tendeva Gesù assicurando che con ungranino di Fede noi avremmo superato lemontagne e ci sarebbero parse più pic-cole... di quel granino di senape.In un altro luogo del Vangelo Gesù diceche «tutto è possibile per chi crede» (Mc9, 23).Ciò significa che la Fede è onnipotente:dunque, se onnipotente, è infinita, è Dio. Certo, è la Scienza di Dio, il Logos che di-

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  • ventato figlio dell’uomo resta ancora esempre, a nostra gioia, il Figlio di Dio. Vivere di Fede vuol dire vivere al largo:la nostra piccola realtà immersa dentro lagrande realtà del Logos, del Figlio di Dioper il quale tutto sussiste, dentro il qua-le ha il suo fondamento la nostra vita, ilnostro essere, il nostro agire.

    Si fatica un po’ a seguire il filo del di-scorso perché nel concreto troviamo gen-te che la Fede sembra se la metta in tascacome un qualcosa che impedisce.Siamo indotti in un errore mentale, e senon ce ne liberiamo non potremo maicapire cos’è la Fede.I nostri resteranno discorsi buttati al ven-to: fraintenderemmo e ci priveremmo diun’esperienza meravigliosa.Non esistono esperienze superiori a quel-la della Fede: tutte infatti, anche le piùbelle, partono dalla Fede e da essa sonocondizionate.Un esempio?Ho detto un Rosario con Fede!Perché gli altri come li dicevi, senza Fe-de? Allora non li hai nemmeno detti; ave-vi raccontato delle storielle.Ho vissuto una giornata con Fede!

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  • Sarebbe come dire che tu pesciolino og-gi hai vissuto una giornata nell’oceano.E gli altri giorni dove li vivevi? Se non stavi dentro l’acqua, gli altri gior-ni morivi: erano giorni di morte lenta.

    Molta gente non fa neanche in tempo adomandarsi a che serve la vita che è giàalla fine. Noi siamo chiamati ad essere i trasmet-titori della Fede, coloro che straripano diFede sugli altri. Ma se tu della Fede hai idee distorte, co-sa vuoi dare? Se il cristiano non trasmette la Fede, èdavvero una persona inutile, ingom-brante e fastidiosa.Fede ci vuole, vera Fede, dentro la qua-le vivere.Solo a questa condizione sarai veramen-te uomo di Fede: ragionerai secondo laFede, vorrai e non vorrai secondo le in-dicazioni della Fede.Ricordati che la Fede ti supera.Dio ti conduce al largo quando ti con-cede di vivere nella Fede.

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  • 77..Desiderio di “trascendenza”

    Intimamente persuasi dell’insondabilegrandezza della Fede, e convinti che laFede ci conduce al largo della libertàdi Dio che è onnipotenza, cosa resta dafare?Buttarci dentro tanta grandezza!Non arriveremo mai in fondo: ne avre-mo sempre una riserva infinita.

    Sembrerebbe una risoluzione tanto logi-ca; sarebbe invece precipitata e rischie-rebbe di rimanere utopia. Per quale ragione? Ci viene incontro il Vangelo che propo-nendo la dilatazione della Fede richiedeuna condizione che sembra davvero agliantipodi: domanda di essere piccoli e, senon lo siamo, di diventarlo, se necessa-rio anche mediante una radicale conver-sione.

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  • Diventare piccoli non tanto nella staturafisica, ma nel modo di giudicare, di sce-gliere, di comportarci con noi stessi, conil Creatore, con i fratelli. Piccoli di fronte alle vicende della vita. Piccoli nell’intimo, là dove la Fede lavo-ra portandoci al largo.È mai possibile? Spinti al largo, dal Vangelo siamo invita-ti a farci piccoli!Come si fa? Sembra un gioco di parole, un testo didifficile lettura...Ma Gesù non fa mai scarabocchi: neisuoi inviti è contenuta una sapienza checi supera.Come la Fede ci supera, così ci trascen-de l’invito a farci piccoli. E allora andiamo bene, perché noi sia-mo fatti per la trascendenza.

    Facciamoci, dunque, piccoli se non cibastiamo!Come? Se non ci bastiamo, dovremmofarci grandi! Sì, ma di una grandezza che non trovidentro di te: se ti metti in testa di trovar-la in te non la raggiungerai mai, e reste-rai per sempre, a tua condanna, misera-

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  • mente piccolo, perché vai a cercare lagrandezza nella piccolezza.Assurdo voler trovare la ricchezza, la va-stità, la profondità del mare in una poz-zanghera!Stupidità dell’uomo che presta fiducia al-le proprie passioni; castigo per l’auto-suf-ficiente che ambisce “grandeur” e la cer-ca dentro di sé.Quanti sogni fa l’uomo sulla terra, poi liscrive, li fa leggere ad altri che si diver-tono perché vi trovano dentro del ro-manzo, della novella, del fiabesco.Quanti libri vengono stampati che sonopura invenzione, tutta una esaltazioneumana, descrizione dell’una o dell’altrapassione; nient’altro che fantasia.L’uomo ha bisogno di superarsi e scioc-camente va a cercare la trascendenza do-ve non c’è: la cerca dentro se stesso.Se hai bisogno di trascenderti, vuol direche la trascendenza è in te come desi-derio, come ricerca… ma ti viene dona-ta da fuori, da un Altro.Non sei tu “la Trascendenza”!

    Eppure si commette questa stupidaggine:la andiamo a cercare dentro di noi, purdi non dipendere.

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  • Quante sciocchezze commette l’uomo!Si illude addirittura di avere nelle taschela trascendenza!Fino a quando si tratta di raggiungere unvertice umano, un successo, una promo-zione... possiamo provarci con le nostreforze; ma quando si tratta di conquistemorali, di traguardi spirituali, ci vuole...la scala di Giacobbe (cf. Gn 28, 12): so-lo quella toccava e congiungeva il cieloe la terra!Tra le file di coloro che tentano la scala-ta alla santità, ci sono tanti matti.Tra le file dei consacrati che aspirano al-la perfezione possono esserci personeche meriterebbero la parola “stolto”,“pazzo”.La Fede è più larga, è più grande, è tra-scendente.Non va cercata nelle proprie tasche.Non è un ripiegarsi su se stessi e pensa-re: io, io, io.Non sta in noi la nostra “grandezza”.

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  • 88..I piccoli salgono

    Ti è mai capitato di fare propositi grossiperché sono belli, perché li hanno fattianche i santi? Certuni quando leggono le vite dei santicopiano i loro propositi, così sentono giàdescritta... la propria biografia!Ho letto con i miei occhi di quei propo-siti in certi diari spirituali capitatimi sot-to mano!Altro che Abramo, Isacco e Giacobbe, al-tro che Pietro e il suo: «Anche se tutti siscandalizzassero di te, io non mi scan-dalizzerò mai!» (Mt 26, 33).È tutta gente che ha cercato nei libri lagrandezza che appartiene solo a Dio.Grande stupidità.Se fossi pompiere e dovessi andare a spe-gnere il fuoco su un grattacielo, avrei unbel illudermi se cercassi di tirare fuori

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  • dalle mie tasche una scala sufficiente afarmi salire dal marciapiede a quelle al-tezze.C’è gente che mentre fa calcoli di questotipo, brucia l’esistenza sul sagrato dellachiesa a compilare propositi sacrosanti,in attesa... della canonizzazione in piaz-za San Pietro.Sono lì, vogliono farsi santi, essere pro-clamati beati: ed invece saranno procla-mati “sciocchi”, perché cercano in sestessi la scala per arrivare lassù.E intanto il tempo passa.

    Leggendo il Vangelo sotto questa ango-latura, che sorprese! Un libro strano il Vangelo.Un libro straordinario, fatto per abbatte-re quello che è strano dentro di te: tagliaalla radice la stranezza di cui, se nonstiamo attenti, tutti siamo vittime. Sembra sussurrarci il Vangelo: «Se vuoi ilregno dei cieli, che è così grande, liberatidalla stranezza di volerlo trovare dentrole tue misure».Santa Teresa di Lisieux – anima con aspi-razioni da artista, da poetessa, da pittri-ce, da comandante, da guida – corse an-che lei il gravissimo pericolo.

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  • Sentendo in sé tutti questi talenti, donistraordinari di natura e di Grazia, sognòla grandezza di Dio e si mise a competerecon lui in senso buono, ma con il pericologravissimo di far sfumare l’invito alla san-tità in una bolla di sapone. La tentazione di ripiegarsi su se stessa ecercare in sé quello che solo è in Dio,ha bussato alla porta anche per lei. Meno male che il Signore, trovando nelsuo desiderio la sincerità, le venne in-contro e le fece capire che si sarebberidotta presto con le mani vuote, sciu-pata.Non valeva la pena entrare nel Carmeloper concludere di lì a poco in modo fal-limentare!Si butta sul Vangelo e dice a se stessa:«Sento nell’aria che sto correndo un gra-ve pericolo». E in questo si rivela l’artista, la persona in-telligente che ha paura di fallire.E al Vangelo chiede dove, quando, in chemodo riuscire.Si imbatte in quella tremenda diffida delMaestro: «Se non vi convertirete e non diventerete come bambini...» (Mt 18, 3).

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  • Resta colpita.Legge, rilegge, mastica, assimila: «Se nondiventerò come una bambina non entrerònell’immensità del regno dei cieli».Per arrivare alla grandezza di Dio bisognainfilare la piccola via dell’infanzia spiri-tuale.La grandezza di Dio non può diventareautosufficienza nostra, nostra deforma-zione. Gesù invitandoci ad essere perfetti comeil Padre, non invita in nessun modo al-l’auto-esaltazione. La perfezione non sarà mai una monta-tura.La santità non gonfia.

    Bisogna che ci persuadiamo che, anchequando diamo la scalata alle altezze, sia-mo come le formichette. Dice il Signore: «Se vuoi salire sulle ci-me, fatti piccolo, allora non precipiterai,non sarà il tuo un tentativo strano ma me-raviglioso: ti comporterai da Dio».La grande aspirazione dell’uomo: «Di-venterete come Dio!» (Gn 3, 5).Sì, ma se resterete nella vostra identità dicreature, con limiti e debolezze, con latremenda capacità di rovinare tutto.

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  • Se resterete così, con il santo timore diDio, sempre preceduto dal santo timoredi “io”. Finché avremo timore di noi stessi, non cifideremo di noi, non ci monteremo la te-sta, allora sì potremo diventare comeDio.

    Vogliamo tradurre un poco la parola“presumere”?Pre-sumere: prendersi quello che non cispetta. Il presuntuoso è un ladro, prende quelloche non è suo.Ci metteremo, dunque, davanti a Dio perfare i ladri? Il Signore non vuole ladri in sua compa-gnia: resiste al superbo, non accetta com-pagni che mettano in tasca e portino viaquello che non appartiene a loro.La Fede non è un prodotto della tua in-telligenza.La Fede ti supera sempre: non cercarlain te, ma guarda più in alto, al di sopradi te.Siamo dei supersciocchi se cerchiamo lascala per salire al cielo dentro di noi.E il Signore avverte che per questi scioc-chi non c’è posto lassù.

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  • Se vogliamo davvero raggiungere il Cie-lo facciamoci piccoli, accettiamo questopensiero elementare.E non affanniamoci a cercare il Regnodentro le nostre tasche...

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  • 99..Il Mistero della Fede

    Con una insistenza che può sembrarenoiosa e a prima vista non necessaria,continuiamo sul principio di vita spiri-tuale molto pratico che la Fede ci supe-ra, che la Fede è Dio.Dio che ci raggiunge, il Verbo che si facarne, si fa nostro Maestro, “Luce da Lu-ce”, si offre a noi per essere la nostra nuo-va capacità intellettiva soprannaturale.Gesù è la Luce del Padre che diventa Lu-ce dei figli; Mente del Padre che si fa no-stra Mente; Scienza, Sapienza, Onnipo-tenza del Padre che può diventare, ap-punto per l’Incarnazione, nostra Scien-za, nostra Sapienza, nostra Potenza... nelmistero della Fede.Probabilmente la Fede non l’abbiamomai chiamata “mistero”. Ma il sospetto forse ci è venuto che sitrattasse di una realtà “misteriosa”, nel

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  • senso che ci supera, e quando parliamodi lei lo facciamo sempre balbettando. Ci muoviamo attorno ad una realtà colos-sale, che con le nostre braccia, con l’in-telligenza della nostra mente, con la no-stra più buona volontà, non riusciremomai a cogliere nella sua reale ampiezza.Misteriosa per la sua origine: non è unprodotto della terra, di qualche cervello,della filosofia umana; non è un prodottodella natura, nemmeno della più arric-chita; non è il prodotto di una comunità,della mente di uomini di Chiesa.La Fede sfugge ad ogni fabbricazione, su-pera tutte le capacità, non è prodotta daalcun laboratorio, né dalle biblioteche,né dalle scuole universitarie, e nemmenodalla teologia; non è frutto dell’ascetica,e neanche della mistica. La Fede supera tutte queste cose, come ilcielo supera la terra.

    Veniamo a noi che dentro il creato stia-mo parlando di Fede.Prima di guardare ai benefici e alla for-tuna di viverci dentro, bisogna che siamoben convinti che la Fede sta al di là ditutte le nostre capacità intellettive, voli-tive e affettive.

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  • Altrimenti succede che ci mettiamo in te-sta di essere noi i costruttori, i produtto-ri della Fede; di esserne noi gli ammini-stratori; noi che vendiamo il nostro pro-dotto direttamente: «Dal produttore alconsumatore».Quanti ragionamenti sfasati, che non com-baciano affatto con il “mistero della Fede”.La Fede è un mistero, anzi è il Mistero.Stiamo lavorando per far largo alla Fede:pensiamo forse di mettercela nelle ta-sche? Potremo mettere in saccoccia il ca-techismo, forse anche i volumi di s. Tom-maso, i documenti del Concilio. Ma la Fede è più grande di tutti gli scrit-ti che parlano di lei, anche se usciti dal-la penna di filosofi degni, di teologi su-blimi, dei santi più famosi.La Fede la produce soltanto l’Eterno Pa-dre, e la produce nella generazione eter-na del Figlio suo. Egli solo è il “genitore” della Fede.

    Questo può sembrare un punto sconta-to, saputo e risaputo. Ed invece affermo che proprio questo è ilpunto più dimenticato.Quanti problemi nascono quando l’attri-buzione della paternità è sbagliata.

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  • Se non attribuiamo la Fede all’Eterno Pa-dre che genera il Verbo, quanti sbagli daqui dove mi trovo a quel punto che siperde nell’eternità. Possiamo attribuire la Fede al libro di pre-ghiere, ad un quadro, ad un paramento sa-cro, a quanto ha scritto un teologo... Commettiamo lo sbaglio di chi va all’ana-grafe e attribuisce un figlio ad una coppiadi sposi che non lo ha messo al mondo.Potreste obiettare: «Importante è che laFede ci sia».Non è vero: è l’origine che dichiara l’es-sere.La Fede è Cristo.Cristo chi è? Figlio di chi? Quale l’origine della sua filiazione?L’eterno Padre.Se non abbiamo chiara questa origine èdifficile pensare che la Fede è grande,che ci supera in tutto e per tutto, in ognivicenda, in ogni problema, in ogni crol-lo, in ogni conquista, in ogni malanno, inogni riuscita, in ogni vittoria.Ci supera in vita e ci supera in morte. Solo Dio può superare tanto, e solo unaFede che abbia origine da Dio possiedequeste dimensioni.Le insondabili dimensioni del “mistero”.

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  • 1100..Coinvolti in un potere infinito

    Se attribuiamo alla Fede la beatitudine,l’immensità, la profondità, la sublimità diDio, e questa Fede non fosse originata daDio, le nostre sarebbero fiabe; ma se nericonosciamo l’origine da Dio, sappiamoche da Dio ha origine il Verbo, che è Dioda Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio ve-ro, eterno come il Padre, immenso come ilPadre, sapiente come il Padre, onnipoten-te come il Padre, immensamente caro,bello e amabile come il Padre. Tutto questo è la Fede.Sarebbe interessante vedere come ilMaestro insegna l’origine divina della Fe-de alla gente semplice che avvicina, aimalati che pensano ai loro problemi enon hanno tempo di filosofare, ai soffe-renti che non pensano alla teologia mavengono nella speranza di incontrarloper essere sollevati.

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  • Gesù con molta finezza fa intendere chela Fede in lui è l’accettazione di Dio: la-sciare che faccia Lui, permettergli dicompiere tutti i più strepitosi miracoli.«La tua Fede ti ha salvato!» (Mc 10, 52).Ma possibile che una “cosa” ti abbia sal-vato?Non è una “cosa” la Fede; guai a cosifi-carla, non si capisce più niente.La tua Fede ti ha salvato!Ma chi è la Fede se non Gesù in te?È Lui che ha fatto il miracolo.L’accoglienza di Gesù, l’averlo accoltoper quello che Egli è, ti ha portato la vi-sta, l’udito, la guarigione perfetta, la ri-surrezione.La tua Fede ti ha salvato!La Fede è proprio Colui che ti ha guarito.E chi è Costui?Rispondono i discepoli: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 16). Apriamogli le porte: chi è grande come ilFiglio di Dio?

    È questa la nostra Fede?Gesù la paragona ad un granello di se-nape e, mettendolo in contrasto con imonti, dichiara che quel granellino è ca-pace di sradicarli.

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  • Non c’è nulla che superi la Fede: anche seriuscissimo appena appena a scoprirne unframmento, essa per se stessa contieneuna forza travolgente, di fronte alla qualele montagne tremano e inceneriscono.Nulla può vincolare quel “chicco” cherappresenta ai nostri occhi il tutto del Fi-glio di Dio.Gesù ci aiuta a capire il mistero quandodice che «Tutto è possibile per chi crede»(Mc 9, 23).

    «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi» (Gv 14, 1.12).

    Questi gli effetti della Fede, anche se noil’abbiamo appena intravista.Non restringiamola dentro i limiti crea-turali!La Fede è il Verbo generato dal Padre, èil Padre che dà tutto sé al Figlio. Non sapete che «il Padre ha messo nellemie mani ogni potere in cielo e in terra»?(cf. Mt 11, 27; 28, 18; Gv 3, 35; 13, 3; 17, 2).È tanto giusto che Gesù quando manda inmissione i discepoli, dia anche il potere

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  • di fare miracoli: vanno a diffondere la Fe-de; per primi devono sperimentarne l’on-nipotenza divina.Scommetto che mai abbiamo pensato diessere tanto ricchi, coinvolti in un pote-re infinito, quando abbiamo compiuto unatto di Fede, un qualsiasi, brevissimo, at-to di Fede.A volte non abbiamo giudicato propriosecondo la Fede. Qualche altro fatto ciè sembrato più importante...Ci siamo smarriti in discorsi perditempoperché pensavamo che la Fede fosse unacosa da vecchiette, che certi modi di par-lare fossero riservati al perimetro dellachiesa, come se la Fede potesse essererelegata, costretta, dentro i limiti dellapreghiera ufficiale e non fosse invece il di-scorso più grande, il più interessante chesi poteva fare… anche in gita, a tavola,con persone che non sono della famiglia,del gruppo parrocchiale, della comunità.Non abbiamo pensato che al mondo nonc’è niente di più grande della Fede. Noi stessi siamo vissuti nella Fede, ma aqualche modo, sfuggendo quasi di con-tinuo questa luce così bella, la più inte-ressante, quella che meglio ci permette difotografare le cose e di capirne il senso.

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  • 1111..Liberazione e distacco

    Dio si avvicina alla creatura umana peroffrirsi a lei in pieno possesso.Dal momento che la creatura è troppopiccola per abbracciarlo, prende Lui l’i-niziativa e usa una tattica alla quale sem-bra non rinunciare mai. È giusto che noi la conosciamo per re-golarci e non essere persone che voglio-no l’impossibile, che mentre voglionodis-vogliono, poiché non accettano lacondizione insostituibile.

    Il Vangelo, e coloro che al Vangelo han-no creduto, ci possono dire che quandoil Signore ha voluto liberare il popolo d’I-sraele per consegnarsi in suo possesso,ha messo in atto questa condizione:mentre distacca, libera.Se paragoniamo i nostri egoismi allesbarre di un carcere, oppure ai mattoni

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  • del muro di una prigione, la liberazioneconsiste nello strapparci fuori da questesbarre, nel demolire questi muri. La liberazione è collegata nel modo piùvitale con il distacco da ciò da cui vuoiessere liberato.Sarebbe comodo scavalcare questo tema,o ammorbidire la condizione. Preferiremmo escogitare qualche com-promesso, come gente che pur volendo laliberazione, in ultima è talmente affe-zionata alla propria prigione... da so-gnare di portarsela dietro.Siamo in grado di cogliere la contraddi-zione?Puoi scusarti quanto vuoi e dire che nonavevi visto bene, che non avevi capito,che se ci fosse un altro al tuo posto...La scusa pronta ci sarà sempre.Ma quando illuminato dal buon senso edalla Fede riconosci finalmente e mettiin ridicolo questo tuo modo di ragiona-re, giungi a quell’atto di verità che ti facompiere il primo passo per essere dav-vero liberato.

    Ma torniamo allo stile di Dio.Volendo liberare Israele, lo strappa dal-la pianura di Gosen.

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  • Via dall’Egitto, lontano dalla mentalitàidolatrica degli Egiziani, via dalle per-cosse, dalle umiliazioni dei sovrainten-denti ai lavori forzati, via da tutto unmondo di miseria fisica e morale. Era un popolo che chiedeva di essere li-berato.Ma voleva e non voleva allo stesso tem-po.Liberato sì dalla schiavitù dell’Egitto, manon dalle sue cipolle.Liberato sì, ma possibilmente portando-si dietro anche gli idoli, le consuetudini,i costumi pagani.Avrebbe preferito un compromesso ideo-logico, storico-religioso: servire a due pa-droni.Ma servire a due padroni significa rima-nere schiavo, anzi diventare schiavo unaseconda volta. Doppia schiavitù!

    Se non avessimo spesso in testa questomodo sciocco di ragionare, saremmo giàsanti. Non ci decidiamo mai: liberàti sì, ma ri-manendo dentro la nostra prigione. Liberàti sì, però fino ad un certo punto.La liberazione, invece, o è totale o nonesiste.

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  • Per essere libero devi uscire dal carcerecon tutta la tua persona.Ecco la tremenda illusione nella quale sidibattono anche suore, sacerdoti, reli-giosi che hanno scelto di seguire Gesùda vicino, decisi a vivere in modo eroi-co, perfetto, a qualunque costo. Si viene al compromesso che immiseri-sce tante esistenze, portate avanti co-me ammalati che passano dal letto al-lo sdraio, dalla poltrona al banco delchirurgo perché... non si decidono aguarire. Vorrebbero la guarigione, ma rimanen-do all’ospedale, affezionati al letto dellamalattia e al bisturi del chirurgo.Che stranezze!

    A volte lo strappo che il Signore doman-da è una inezia.Ma finché con un piede sei ancora den-tro il carcere, non sei ancora libero.È mai possibile affezionarsi al carcere peruna stupidaggine? A volte anche per meno. A volte il Signore domanda lo strappo daun pensiero sciocco, da una abitudineche non fa che accarezzare la nostra car-nalità.

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  • Quale pena nel vedere persone che po-trebbero brillare, dare tanta gloria a Dioe tanta consolazione alla Chiesa, attaccatiforsennatamente a scemenze di nessunvalore.Chi guarda da fuori si accorge e si do-manda: «Mio Dio, ma quel tipo lì chemostro è? Un malato o un matto?».Attaccato ad un’idea strampalata, ad unmodo di fare sconveniente, come fosseun talento speciale.Naturalmente si tratta di persone chestanno il più lontano possibile dalla di-rezione spirituale, e vanno a confessarsidove si fa presto.La direzione spirituale, quella che vera-mente ti rovescia, ti spulcia, ti strappa...sono pochissimi a praticarla.Sono perciò moltissimi coloro che lostrappo definitivo non lo fanno e non lofaranno mai. Condurranno un’esistenza grama, da car-cerati: persone che lasciavano sperarebene, arenatesi nel vivacchiare, nel tira-re a campare, nel passare da un com-promesso all’altro.Anche tra i religiosi, fortunatissimi cri-stiani che insieme con il Battesimo han-no ricevuto tante altre fortune spirituali

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  • per realizzarsi alla perfezione; anche trai Sacerdoti, che hanno sulle braccia lesorti dell’umanità... quanti malati di pres-sapochismo, appunto perché la libera-zione o è totale o non c’è affatto.

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  • 1122..Il liberatore e uno!

    Il Signore libera strappando. Lui solo è capace di liberarci, perché sol-tanto Lui è capace di strapparci.Può darsi che nella nostra mente occupataad indagare la maniera di programmareil distacco, non sia mai apparso il pen-siero che come è necessario Lui per li-berarci, così è necessario Lui per distac-carci.Mi sono accorto che quando si parla di li-berazione, e del distacco che la deve ac-compagnare, si è propensi a fare una di-stinzione: certamente l’uomo ha bisognodi essere liberato; tuttavia l’opera del di-stacco deve addossarsela lui. Noi abbiamo spiegato diversamente, mo-strando come il Signore libera strappan-do: la liberazione consiste esattamentein uno strappo.

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  • Quante volte invece abbiamo fatto inmodo contrario, compromettendo il tut-to.Tant’è vero che, invocato il Signore per-ché venisse a liberarci, abbiamo subitofatto appello alle nostre capacità, al no-stro io (il “secondo padrone”) perché lostrappo lo operasse lui.Se in un campo di reclusione entra un li-beratore, è lui che strappa dal carcere chivi era incatenato. In che cosa consisterebbe altrimenti lasua liberazione? Se non consiste nel distacco è nulla.

    Noi pensiamo di poter raggiungere la li-berazione con due operazioni netta-mente distinte.Innanzitutto preghiamo: «Venga il Sal-vatore, venga il Liberatore»; e lo invo-chiamo: «O Dio, vieni a salvarmi!».Ma poi non ci preoccupiamo che vengaa distaccarci: a questo ci pensiamo noi!Come a dirgli: «Tu vieni pure, presentatiin veste ufficiale di liberatore; però poi sulpiù bello stai tranquillo che per la libe-razione ci arrangiamo da noi».Diffusissima idea: uno invita il Signoreperché venga a liberarlo, per esempio

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  • dalle bugie, però poi per il distacco pen-sa di fare da solo, e ragiona tra sé: «Unpo’ alla volta mi distaccherò da quellaipocrisia; con calma poi farò quest’altropasso...».E allora, cosa lasci fare al Signore?Niente paura: per distaccarmi ce la fac-cio da solo, sono capace io!Se tu hai un dente guasto, corri dal den-tista e quando ti sei seduto sulla poltro-na gli dici: «Fortunato me, sono davantia colui che mi libera dal mio malanno.Dottore, stia pure lì fermo con i suoi ar-nesi; lei è il liberatore, però adesso il di-stacco di questo dente guasto lo voglio fa-re io».Si tratta di un discorso serio?Supponiamo che si debba andare all’o-spedale per l’appendicite.Quando il dottore arriva, tu gli dici: «Pro-fessore, stia comodo, presti a me quel-l’attrezzo, mi dica dove devo tagliare, evedrà... Lei è il mio liberatore, ma il ta-glio lo faccio io!».Non credo sia mai capitato un caso si-mile in una sala operatoria; invece nellavita spirituale è all’ordine del giorno.Si vuole il padre spirituale perché i san-ti lo avevano, il migliore: dica tutto quel-

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  • lo che vuole e noi siamo pronti a prenderenota.All’atto pratico poi ritorna l’antifona: «Pa-dre, si fidi di me, stia certo che adessoho capito; vedrà che ci penso io; ha fat-to bene ad avvertirmi, le sarò ricono-scente, le manderò qualche regalo...».E lo strappo? Se il padre spirituale si presenta per far-lo, da quello non si va più. Si voleva una direzione spirituale che re-stasse su di un piano semplicemente in-dicativo.Ma chiamare il Signore perché ci liberi,senza permettergli poi di strapparci, è uncontrosenso: la liberazione consiste pre-cisamente nello strappo.Il popolo d’Israele geme, invoca il libe-ratore: questi viene e strappa il popolodall’Egitto, lo porta nella terra di Canaan.Il cieco invoca la liberazione dall’oscu-rità: Gesù lo strappa dalla cecità.Le sorelle di Lazzaro invocano che Gesùvenga a liberare il loro fratello morto: ilSignore lo strappa dal sepolcro.Hanno fame tutte quelle migliaia di per-sone che Lo seguono da giorni?Gesù le strappa dalla fame, saziandoledi pane e di pesce.

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  • La Maddalena, piena di peccati e di in-clinazioni vergognose diventate quasi se-conda natura, a chi si rivolge? Al Liberatore.Lo va a cercare da Simone, lo supplicacon le lacrime di liberarla, offrendo inregalo un vasetto di profumi. Il Maestro la libera, strappandola dai suoivizi.

    Eccoci a noi: forse abbiamo percorso po-ca strada perché abbiamo invocato il Li-beratore, ma guai a sentir parlare di di-stacco. Dovevamo staccarci da qualcosa, daqualcuno.Abbiamo sì invocato il Liberatore: «Si-gnore, vieni presto in mio aiuto!».Un istante dopo ecco pronto il fogliettodei nostri propositi: «D’ora in poi nonfarò più questo, non andrò più in quelluogo, non perderò più tempo, useròquesti speciali accorgimenti...».Lo sbaglio è assai sottile. Se questo giochetto entra nella vita spi-rituale, uno se lo può portare avanti perdecenni. Aggiornerà scrupolosamente la lista:«Devo vincere l’inerzia, perché dormo

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  • anche dopo un’ora dalla sveglia; mi de-vo staccare dalla superficialità, perchéquando si tratta di andare in studio per-do dei quarti d’ora; mi devo distaccaredalla bugia, perché dico cose imprecise,gioco d’azzardo tentando di azzeccare;mi debbo liberare dalla tendenza impu-ra, perché talvolta ho di quei pensieri,certe curiosità...».Che lista di distacchi! Sei capace di farli da solo? Se invochi il Liberatore, invocalo perchéfaccia Lui.Da te non farai niente.

    Ma c’è qualcuno che accetti questi di-scorsi fino alle estreme conseguenze?Pochissimi.Perciò il Salvatore, Gesù, è spesse voltedisoccupato. Con salmi, inni e cantici spirituali, conbrani biblici ben scelti, si invoca il divi-no Liberatore.Poi però il distacco non vogliamo che lofaccia Lui: lo vogliamo fare da noi.E così non combiniamo mai niente...

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  • 1133..Insincerita

    Il male da cui dobbiamo essere liberati èquello della non sincerità. Il fatto di chiamare il Signore a liberarci,impedendogli poi di strapparci, è una in-sincerità profonda, intima.Mi ha fatto impressione una volta senti-re un parente rinfacciare un tale con que-ste parole: «Non sei mai stato sinceronemmeno con te stesso!».In effetti l’insincerità impedisce a Dio diliberarci.

    Quando si parla di insincerità si pensa su-bito ad atteggiamenti che si manifestanoal di fuori: insincerità di parole, ipocrisievarie, sdoppiamento di persona. Ma queste sono conseguenze della in-sincerità prima, la più tremenda, quel-la interiore, che si nasconde nellaprofondità di un individuo e di là diri-

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    ))

  • ge tutte le manovre in maniera così sub-dola che nemmeno un occhio clinicoriesce a cogliere. Là deve arrivare il bisturi, là il Liberato-re, perché è là che va strappato il male.La mano esperta del chirurgo cerca diraggiungere l’ultima radice della dira-mazione metastatica.

    La radice più profonda, dalla quale puògenerarsi ogni male in un individuo, è lanon sincerità con se stessi.Quando, arrivati ad un certo livello di vi-ta spirituale, si scopre che si è stati in-sinceri con se stessi, si va a distruggeretutto quello che si era scritto vittime del-la propria insincerità. È mai possibile scrivere pagine e paginedi diario o lunghe lettere confidenziali...guidati per mano da questa intima, se-gretissima insincerità?Capita di imbattersi in pagine di propo-siti oggettivamente perfetti, dettati daun’anima insincera.Parole sacrosante se fossero venute da uncuore sincero; provenendo invece da unomalato di insincerità sono false.Quando constatiamo che di solito nondiciamo bugie, anzi sentiamo avversio-

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  • ne per la doppia faccia e schifo per l’i-pocrisia... non accontentiamoci di questosegno positivo.L’insincerità è un malanno molto più ‘ori-ginale’.

    Occorre vigilare sui sentimenti piùprofondi se non vogliamo finirvi dentro:ogni caduta nel peccato parte di là.A dirigere di nascosto le manovre checonducono al peccato è il profondo dinoi.Tanti hanno paura di vederlo, di fotogra-farlo, perché hanno il terrore di se stes-si; e così lasciano che il male si diffondainsensibilmente.Si può arrivare ad un triste comporta-mento: appunto perché si sospetta chenel fondo della nostra anima ci sia l’in-sincerità, ci si erge a protezione di que-sta zona intima in modo che nessunoguardi dentro. Che se da una parola o da un atteggia-mento ci sembra che qualcuno nutraqualche dubbio, ci si offende, si monta lasentinella, si dichiara guerra, non a que-sta tristissima zona della propria persona,ma contro chiunque sospettasse che noisiamo realmente tanto falsi.

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  • Altri vivono abitualmente in uno stato diallarme, facili al risentimento, al ran-core, per proteggere la zona segreta do-ve custodiscono il proprio male, dovenessuno – nemmeno un intenditore qua-le potrebbe essere il confessore o il di-rettore spirituale, o la comunità con laquale si vive – ha il diritto di mettere ilnaso.Non la si può chiamare vita spiritualequesta, perché il Signore non può entra-re nemmeno Lui.Se Egli entra, viene come Liberatore, per-ciò inseparabilmente come chirurgo chestrappa.

    Ma c’è chi pensa: «Io colpe mortali nonne ho; sono obbligato a confessare sol-tanto i peccati mortali certi, perciò suquesta zona posso tenere silenzio asso-luto».In questo modo si passa da una confes-sione all’altra sempre nascondendo ilmalanno. Ermeticamente sottratto agli sguardi, nonsmette di essere un malanno, diventa an-zi più forte, protetto si sente al sicuro,accarezzato vive, accumula energie dimalizia che prima o poi esploderanno.

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  • L’insincero ha bisogno di essere scoper-to al più presto.Deve incontrare qualcuno che gli gridiin faccia: «Sei falso!».Soltanto dopo che il malvivente è sma-scherato, lo si può immobilizzare e met-tere al muro. Ce ne vorrà per farlo fuori, radicatocom’è; però scoprirlo è già un primobuon inizio.

    Scorrendo le biografie dei santi, mi sonoaccorto che esiste una gradualità nellaconversione, e mi sembra di aver sco-perto che il punto acuto e definitivo staqui: dove arriva il bisturi del Liberatore atagliare radicalmente l’insincerità.Credo si possa individuare questo puntodecisivo nella vita di tutti i santi: non saràsempre facile scoprirlo, e purtroppo sideve ammettere che alcune biografie sot-tacciono la grande lezione della definitivaloro conversione, quando cioè hannoconcesso al divino Liberatore di scende-re e tagliare netta l’ultima radice che li te-neva aggrappati all’insincerità.In quel punto lavorava Satana, e semprelavorerà: impostore fin da principio cer-ca di agganciarsi con il sottilissimo ne-

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  • mico nascosto dentro di noi in suo fa-vore.

    Non diciamo più bugie a noi stessi!Chi tende alla santità, capisce che biso-gna partire da qui.Fèrmati allo specchio della tua coscien-za con meticolosità.Che almeno una volta in vita possa diredi aver rovesciato la tua persona fino infondo!Ecco la conversione!Qualcuno arriva a tappe e scelte impor-tantissime, senza riuscire a fare questo.Cerchiamo un confessore in capo almondo, in modo che davvero il rove-sciamento avvenga.Permettiamo al Signore di impugnare il bi-sturi e di tagliare fino in fondo, per nonzoppicare sempre, tornando di continuoa ricadere.Non è possibile nuotare nel mare della Fe-de, godere la libertà dei figli di Dio, fin-ché si resta inchiodati, anche solo per unlembo della nostra pelle, al trampolino.

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  • 1144..Volo cancellato

    Abbiamo intravisto quali vantaggi spi-rituali umani e insieme soprannaturali ilSignore realizza in noi dopo il taglionetto. È importante rendersi conto come si pos-sa andare avanti per anni nascondendo-si la realtà; e far pregare gli altri per ot-tenere una realizzazione spirituale chescavalchi il taglio netto.Non ci si pensa mai, tanto meno se ne par-la, come tra gente malata che prova ver-gogna di far conoscere il proprio male.Non ci si pensa perché dà fastidio e co-sì, non essendo mai del tutto liberati, nonsi è liberati per niente. La vita spirituale potrebbe ridursi sem-plicemente a sogni puerili.Si ha l’impressione che siano molte lepersone che continuano a fare il giro-

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  • tondo intorno all’ostacolo, e non si de-cidono a toglierlo di mezzo.Perciò la loro vita spirituale è superficia-lissima; e lo prova il fatto che al primo sof-fio, il più leggero, sono già disfatte e ste-se a terra.Basta una tentazione, un piccolo contra-sto, un po’ di stanchezza, qualche mi-nuscola difficoltà della vita, perché tuttosia messo in forse, perché sembri arriva-ta la fine del mondo.Andare in crisi per così poco! È possibile questo e anche di peggioquando a tutto si è pensato meno che altaglio netto.

    Non c’è nulla di così umano quanto gliappelli che ci vengono dalla Fede. Lo stesso appello al taglio netto di ciòche ci impoverisce, che ci fa endemica-mente infermi, cronicamente malati, nonè profondamente giusto?Il Signore ci ha fatti a sua immagine, ecome desidera, come ci aiuta, perchédavvero gli somigliamo, godendo dellasua libertà di spirito!I figli di Dio hanno tutti da essere cam-pioni, perché fatti a somiglianza di quelDio che è l’essere perfettissimo, dove es-

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  • senza, esistenza e agire formano untutt’uno.Dio è perfezione e tu gli devi assomi-gliare, così sarai un campione. Ma se non si arriva al taglio netto...

    Si fa presto a farselo dire, ma se unonon arriva a questa persuasione in pri-ma persona dirà sempre che sono opi-nioni tue, che tu hai messo il naso do-ve non dovevi, dirà che sono proiezio-ni del tuo male, che sono discorsi au-tobiografici...Ognuno deve arrivare a persuadersi conuna riflessione che è ‘interessatissima’,perché c’è di mezzo la propria persona.Bisogna che ognuno si metta dalla partedi Dio, che è verità totale.Anche tu estremamente sincero, deside-roso di conoscere la verità. Posta questa condizione, il Signore cer-tamente farà chiaro, e capiremo con laluce e la forza che vengono dallo Spiri-to Santo: quel giorno sarà il giorno dellaseconda nascita, della più vera risurre-zione.Gli altri erano stati tentativi, pasque moz-zate; questa invece segna il passaggio de-finitivo.

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  • Come un mondo nuovo si risveglierà innoi: quello che prima non ci piaceva, oraci piace; quello che ci seccava, lo cer-chiamo; quanto si presentava arduo, in-sopportabile, adesso lo stimiamo un gua-dagno.E ciò che stimavamo una fortuna, ora lodisprezziamo come un giostrare ridicolo,un qualcosa di vergognoso.Da quel momento, non prima...

    Nelle biografie dei santi ad un certo mo-mento si scopre la svolta, il quarto d’oradi Dio, che decide della riuscita nel tem-po e nell’eternità.È il quarto d’ora fatidico, il quarto d’oradell’eroismo o del martirio: la trasfigura-zione. Si avverte la realtà di Dio, si è presi den-tro come nel cocchio di Elia e portati al-le altezze, a superare la caducità, le va-nità, le passioni miserabili che teniamodentro.Sentiamo che un turbine di fuoco ci por-ta a vivere di Dio e in Dio.Guardavo ieri le rondini correre e gio-care nel cielo: quanta libertà, quantospazio.Mi sembrava che tutti i cieli fossero loro

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  • offerti, anche se quei voli e quei giorni so-no contati.Noi, pur avendo i piedi nel creato, siamofatti per il Creatore, per l’Increato.Così è stato per Gesù che, pur essendocreato quanto alla natura umana, era in-creato quanto alla Persona divina.È il mistero così bello di Gesù che ci in-teressa al massimo.Siamo chiamati a vivere quello stesso mi-stero: è questo il frutto della sua Incar-nazione.Anche noi per il corpo e l’anima siamocreati come Lui.Ma Lui per la sua natura divina è l’In-creato, e noi siamo chiamati a parteci-pare ed essere consorti di questa divina,increata natura che ci permette di spa-ziare oltre il tempo, oltre tutte le catego-rie del creato.Ma se il taglio non avviene...

    Basta così poco, un filo, perché un uc-cello non possa volare!A noi basta un pensiero, un affetto nongiusto, un cedimento anche momenta-neo, o qualche creatura che non c’entracon la gloria di Dio, perché il volo siacancellato.

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  • L’aereo è pronto, sono già prenotati i pas-seggeri, hanno pagato... ma una piccolaavaria fa sospendere il volo.Un’avaria non significa che l'aereo è apezzi, o che si è bruciato; basterà cheuno dei mille strumenti della cabina dicomando non funzioni, perché non sipossa partire.Volo cancellato.Quante volte cancelliamo in una giorna-ta i nostri voli?Non fidiamoci dei facili entusiasmi.Non fingiamo di non sapere, di non avere.Mettiamoci piuttosto al lavoro per sco-prire il taglio che il Signore attende di fa-re in noi forse da tanti anni.

    «Sto alla porta e busso» (Ap 3, 20).

    Che sia il momento della conversione?Della mia conversione?

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  • 1155..Radicazione e realizzazione

    Vogliamo arrivare alla convinzione pro-fonda, e diciamo pure invadente e dina-mica, che solo vivendo della Fede, pen-sando e ragionando dentro la Fede, go-dendo e lavorando, soffrendo se neces-sario dentro la Fede, possiamo realizzar-ci secondo il progetto di Dio.Fuori di questo restiamo spettatori, e po-tremmo diventare spettatori di iniquità,provocando gravi danni a noi stessi egrandi sofferenze alla Chiesa.

    «Se non crederete, non avrete stabilità»,dice Isaia (7, 9).E lo dice rivolgendosi al suo popolo.Parola che prendiamo come rivolta a noiin maniera realistica e quasi drammatica.Se la Fede non domina dalla testa ai pie-di tutta la persona, non resisteremo.

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  • È una minaccia che saremmo tentati dipensare destinata ad altri, non a noi cheabbiamo fatto le nostre scelte in ordine aCristo e alla Chiesa. Oggi invece questa sfida viene lanciata di-rettamente a noi. Il mondo fa un doppio gioco: da una par-te, malato di materialismo ateo, ha biso-gno che noi siamo granitici, adamantini,saldi nella Fede come le montagne; dal-l’altra – appunto perché malato di mate-rialismo – scalfisce continuamente la no-stra Fede, come la tormenta che si ab-batte addosso ad una montagna per sgre-tolarla.Usa le maniere più svariate per riuscire;alcune sono sfacciate, e ci si può regolaree sfuggirle; ma le più sono carezzevoli,tremendamente ingannatrici.

    Dobbiamo riflettere su di noi e suonareforte l’allarme: se non sei radicato nellaFede, il clima di oggi intacca anche i tuoipolmoni, la tua persona, senza nemme-no che te ne accorga!Lo slittamento comincia così, inavverti-tamente.E non sei più te stesso, perché o vivi nel-la Fede o non sei più autentico!

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  • La nostra autentica vita è nella Fede.Persuasione che ha da diventare nostrocodice di ogni momento.

    Di quante persuasioni siamo pieni, e co-me ne viene arricchita la nostra persona!Persuasioni di ordine naturale, riguar-danti la salute, la convenienza, il com-portamento.Se poi entriamo nell’intimo, quante al-tre: la persuasione che la sincerità ci pia-ce, che prima o dopo “chi rompe paga”,che quando uno ha compiuto il suo do-vere è libero e soddisfatto, che il pecca-to ha sempre lasciato la bocca amara e ilcuore triste...Persuasioni che sono ricchezza meravi-gliosa, corredo stupendo dell’uomo ma-turo, del cristiano autentico.Dentro questo bagaglio la più importan-te persuasione dovrà essere: «Beata coleiche ha creduto» (Lc 1, 45).Sono le parole dette da Elisabetta a Ma-ria di Nazareth, la quale possedeva tan-te altre doti.Elisabetta, che si trovava in necessità,non le dice: «Beata te che sei venuta a vi-sitarmi, che sei così gentile e buona, chesei venuta per aiutarmi e servirmi».

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  • Dice invece: «Beata colei che ha credu-to», evidentemente perché questa è ladote che tutte le supera.Non dice Gesù: «Tutto è possibile per chicrede»? (Mc 9, 23).L’onnipotenza di Dio viene consegnataa coloro che hanno Fede.«Soltanto abbi fede», dirà il Maestro alpapà della ragazza morta (Lc 8, 50).E ancora: «Beati quelli che pur non aven-do visto crederanno» (Gv 20, 29).Beati, dunque, quelli che credono!La persuasione di dover vivere nella Fe-de se vogliamo realizzarci, diventi spon-tanea come aprire gli occhi alla luce; co-me mangiare, bere, vestirci; come lavo-rare, giocare, dormire, parlare; insomma,vivere in pienezza la nostra esistenza.Cosa succederebbe?Innanzitutto quello che è promesso dal-le parole stesse di Isaia: «Avrete stabi-lità» (Is 7, 9); che l’apostolo Paolo chia-ma «fermezza» (2 Ts 1, 4; 2 Cor 6, 4), ePietro «l’essere saldi» (1 Pt 5, 12).Una fortezza stupenda che sentiamo ve-nire, non dalla natura, ma da Dio.

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  • 1166..L’uomo forte

    «Continua solo ad aver fede!» (Mc 5, 36).La Bibbia proclama che l’uomo è fortequando è dalla parte di Dio, o meglioquando Dio è dalla sua parte.Il Dio invincibile diventa la roccaforte,la sicurezza del suo popolo, di chi credein lui.Ricordiamo le parole rivolte da Dio stes-so a Giosuè:

    «Come sono stato con Mosè così sarò con te; non ti lascerò né ti abbandonerò. Solo sii forte e molto coraggioso» (Gs 1, 5.7).

    Dio comunica forza e coraggio a Mosè ea Giosuè, rimanendo con loro.Noi stando con Dio, cioè vivendo nellaFede, che significa vivendo in Cristo, ab-

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  • biamo forza e coraggio, mentre altri checi stanno accanto conducono un’esi-stenza tutta di batticuore e di paura.La Fede ci privilegia.Maria, appena sente che Elisabetta ha bi-sogno di aiuto, senza nessun problema,con decisione forte e coraggiosa, si met-te in viaggio, da sola.Viene da pensare subito ad altre donnecoraggiose dell’Antico Testamento, esem-pio di fortezza attinta da Dio.Come Giuditta, debole e senza sostegno,che va, sicura nella Fede, a battere Olo-ferne, in maniera del resto tanto sempli-ce (cf. Gdt 10, 1ss).

    «Continua solo ad aver fede!».La Fede è forza.Non abbiamo noi bisogno di essere fortinella vita?Per destreggiarci nelle varie traversie, perandare avanti in modo degno di figli diDio, e non in modo animalesco secondogli istinti.Abbiamo bisogno di forza quando cisorprende il dolore, soprattutto quandoarriva l’ora della tentazione a sconvol-gere i programmi, la testa, il cuore, ipropositi...

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  • «Il regno dei cieli soffre violenza»(Mt 11, 12).

    Gesù vuole al suo seguito persone forti,che usino violenza a se stesse, pronte adichiarare guerra alle passioni e a morti-ficare l’orgoglio.Non abbiamo bisogno di fortezza per re-sistere in difesa dei nostri fratelli aggreditida Satana e dai suoi alleati?Non abbiamo bisogno di fortezza per vi-vere da vincitori la nostra missione di Sa-cerdoti, araldi della verità, operatori disalvezza?Non andiamo a cercare fortezza altrove:la forza è la Fede!

    «Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede» (1 Gv 5, 4).

    Questa è la vittoria, in ogni situazione divita.Questa è la vittoria anche per me nellafondazione della Casa di Nazareth, chemi è stata affidata.

    Il primo invito fattomi da mons. Giusep-pe Carraro nel prendere a cuore la fon-dazione, nata dal desiderio del suo pre-

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  • decessore il card. Giovanni Urbani, è sta-to questo: «Se vuoi portare avanti l’Ope-ra, ricordati che la prima virtù che ti oc-corre è la fortezza».Dove prenderla?Nella Fede.«Continua solo ad aver fede!».

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  • 1177..Con gli occhi di Dio

    Nella vita di Gesù si ripetono le guari-gioni dei ciechi (cf. Mt 9, 27-31; 20, 29-34; Mc 8, 22-26; Gv 9, 1-41). È un fatto tanto bello.Mentre dona la vista ai ciechi, Gesù siautodefinisce «luce del mondo» (Gv 8,12).Abbiamo considerato come chi vive nel-la Fede è forte della forza di Dio. Aggiungiamo che vivere nella Fede si-gnifica vedere con gli occhi di Dio.

    È un modo di vedere straordinario, pro-digioso, non solo di privilegio, ma vera-mente carismatico, paragonabile al ve-dere di chi non ha mai visto niente e ora,perché Gesù lo guarisce, sbarra gli occhie vede.Noi abbiamo sempre veduto, e facciamo

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  • fatica a farci l’idea di un cieco-nato chefinalmente ci vede. Per lui esisteva solo il buio, le cose nonavevano nessuna luce, nessun colore,nessuna forma.Non aveva mai visto nulla, ed ora al-l’improvviso vede tutto.Di mezzo c’è il miracolo.

    Vivere nella Fede significa vivere nellaluce, nella visione divina di tutto:✓ visione divina della mia persona,✓ visione divina delle vicende della mia

    esistenza,✓ visione divina delle cose che incon-

    tro, di ogni particolare, anche mini-mo, dei dettagli più insignificanti.

    Fossimo capaci di cogliere questa verità!Potremmo pensare che una visione cosìpenetrante non l’abbiamo mai avuta oquasi.E potremmo essere tentati di scoraggia-mento. Lasciamo stare l’aspetto inquietante diun battezzato che viva come un cieco(mentre i battezzati vengono chiamati daiPadri della Chiesa “gli illuminati”).Si tratta comunque di una constatazioneche potrebbe farci spremere lacrime di

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  • sangue, pensando di aver vissuto un’esi-stenza immersa nel buio, mentre il sole ciavvolgeva dalla testa ai piedi.Pensiamo piuttosto alla possibilità stu-penda che ci viene offerta.Chi vive nella Fede acquista la capacitàvisiva di Dio. Vede con gli occhi di Dio. Quegli occhi che sono il Logos, il Figliosuo.Supponiamo che un tale abbia una mac-china fotografica super (non ne esiste unamigliore su tutta la terra): non te la pre-sterà tanto facilmente; al massimo te lafarà vedere, tenendola nelle sue mani, ti-moroso che si danneggi.Piccola immagine del Padre, che ha un Fi-glio solo: il suo Verbo. Gli è caro “come un occhio della testa”:irradiazione del Padre, scienza del Padre,esperienza del Padre, ogni-bene del Padre,luce del Padre.Colui che vive nella Fede vive così, hanelle sue mani questa “macchina foto-grafica” di pregio indescrivibile: l’EternoPadre ti dà di guardare con il suo sguar-do, che è il Verbo.L’abbiamo mai avuta tra le mani questamacchina fotografica?

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  • Non abbiamo mai guardato le cose, lepersone, la nostra vita con l’occhio del Pa-dre, che è il Logos?Il caleidoscopio è un aggeggio attraversoil quale tu vedi tutto un gioco di luci e diforme. Si tratta di un paragone inadatto… machi vive nella Fede vede attraverso l’oc-chio del Padre e contempla nel creatoun insieme di colori che non può co-gliere chi non ha uno sguardo di que-sto tipo.

    Molti passano in mezzo al creato cometalpe, come gente dagli occhi spenti.Non sanno il significato di questo uni-verso, minuscolo o grande che sia, e del-la stessa loro persona. Il loro è un vivere sentimentale, di im-pressioni, di istinti; un continuo viavai, unsu e giù di esaltazioni fino all’impossibi-le, e di depressioni paurose.Veramente «un baratro è l’uomo e il suocuore un abisso» (Sal 63, 7).Ma se penetra un raggio di luce, si tra-sforma in un caleidoscopio: in quel gor-go tu vedi cose meravigliose.Quante luci, quante forme, che festa dicolori!

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  • Se non guardi con l’occhio di Dio, chene è l’autore, tutto il creato per te è unlabirinto pauroso, una tomba, un cimi-tero.C’è poco da ridere: siamo venuti al mon-do per morirvi...San Paolo insegna queste cose ai Colos-sesi appena battezzati, e dice loro: «Tut-to sussiste in Cristo» (cf. Col 1, 17).È Cristo la spiegazione del creato!I Padri del Concilio Vaticano II afferma-no che è Gesù a spiegare l’uomo all’uo-mo.È Gesù “la più bella macchina fotografi-ca”.Lui è il “caleidoscopio”.Che sguardo!Che visione!

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  • 1188..Oltre l’insicurezza

    Torniamo al cieco nato: ha sempre cam-minato a tentoni, ad ogni passo in peri-colo di mettere i piedi nel vuoto, peren-nemente insicuro, anche quando gli da-vano la mano.L’insicurezza è propria di chi non ha lu-ce, oppure ha una luce falsa.Insicurezza che fa gridare, tanto diffusaoggi, uno dei mali più accentuati.Sembra proprio che all’uomo venga amancare la terra sotto i piedi.Basta un’inezia ed esplode una polve-riera: persone che gridano, si esaltano osi disperano per cose da niente. Più l’uomo si intestardisce di dichiararela morte di Dio, più diventa insicuro.Noi siamo chiamati a vivere nella Fede.– Chi ti ha dato la vista?– Quello che chiamano Gesù.

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  • – Credi tu in Gesù di Nazareth?– E chi è, che io non lo conosco?– È Colui che ti parla, che ti ha dato la vi-

    sta.– Certo, Signore, io credo!Si butta in ginocchio e adora Gesù (cf.Gv 9, 1ss).

    Chi vive nella Fede vive così, con gli oc-chi aperti: con i pensieri di Dio, con isentimenti suoi, con la visione stessa cheDio ha di sé.Va oltre l’insicurezza umana.Si aggrappa alle certezze di Dio.Il fatto più strabiliante della storia è cheDio si sia fatto carne, per dare alla natu-ra umana ciò che appartiene alla naturadivina.Non è questa l’Incarnazione?Dio che dona alla natura umana ciò chesolo è di Dio.Ce n’è abbastanza per andare in estasi.Avevano ragione i pastori di correre ingiro a diffondere una notizia che facevascoppiare il cuore!Aveva ragione Maria di Nazareth a staretutta la vita occupata «meditando nel suocuore»! (Lc 2, 19).Non c’è niente di più importante che

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  • Dio; niente di più “sicuro” che Dio; nien-te più dio che Dio.Quando viviamo nella Fede, viviamo lavita trinitaria.Senza il Figlio non c’è il Padre, senza ilPadre non c’è il Figlio.Ma se il Padre mi dà il suo Figlio, io so-no reso partecipe di tutto l’essere divino,sono dentro l’orbita della Trinità.Il Padre è mio, il Figlio è mio, nell’Amo-re, che è lo Spirito Santo.Difficile descrivere questa vita.Più facile sentirla.Siamo rapiti dentro la vita trinitaria.Se il Padre mi dà in possesso il suo Fi-glio, e il Figlio diventa mio, posso dire:“Padre” sentendo che io appartengo alPadre e il Padre a me.E appartenendo io al Padre e il Padre ame, appartengo al Figlio e il Figlio ap-partiene a me.E l’Amore per cui il Padre genera il Fi-glio e per cui il Figlio è del Padre, è in me;e io vivo di quell’Amore e quell’Amore vi-ve in me.Un amore sicuro...

    Ho parlato con una persona che avevagli occhi prelevati a un uomo deceduto in

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  • un incidente; mi diceva: «Questi occhinon sono miei; ossia sono ma non sono;avevo perduto completamente la vista».Immagine commovente: se viviamo nel-la Fede, Dio ci dà – e non a prestito – isuoi occhi.Quella persona diceva: «Sono miei e nonmiei».Non si può dire altrettanto di quelli diDio: sono tuoi!

    «I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili»(Rm 11, 29).

    Dio si dona in possesso completo, e Tom-maso grida: «Mio Signore e mio Dio» (Gv20, 28).Tuo, proprio tuo, totalmente tuo!Dicono che Francesco d’Assisi passassenotti intere a pregare soltanto con questeparole: «Dio mio, mio tutto!».Gesù al riguardo dice, nella sua naturaumana, rivolgendosi al Padre, che tuttoquello che è del Padre è suo, e tutto quel-lo che è suo è del Padre (cf. Gv 17, 10).Chi vive di Fede possiede il Verbo, quelVerbo che il Padre non ha solo prestato al-la natura umana, ma le ha dato in pos-sesso eterno.

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  • L’Incarnazione è uno sposalizio eterno,stabilito per l’eternità.Il dono del Padre non è a prestito.Chi vive nella Fede possiede il Verbo perl’eternità.Una sicurezza eterna!

    Eccoci al largo, al largo di Dio, al largodella Fede, nei “territori” del Padre, chesono il suo Figlio, il Verbo. Chi ha Fede ha questa sicurezza, vive nel-la Fede del Figlio di Dio, che lo ha amatoe ha dato se stesso per lui (cf. Gal 2, 20). E chi è questo Figlio? L’inseparabile dal Padre, nell’Amore: ètutto Dio.Vivere nella Fede è vivere nella Trinità,è vivere la pienezza.Che cosa può mancare?Manca tutto quando manca Cristo.Ma quando c’è Lui si può andare comeFrancesco per l’Umbria e per l’Italia eper tutto il mondo a gridare: «Pace e be-ne, alleluia. Sì, ho tutto, io credo!».E se qualcuno dirà che manchiamo ditutto, risponderemo: «Ne ho in più; pacee bene anche a voi cui manca tutto per-ché manca quello che io posseggo e chevoi non volete».

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  • Ecco la sicurezza che viene a chi vivenella Fede.Ci può essere insicurezza in Dio?L’insicurezza è propria di chi è strettodentro i limiti.Dio non ne ha!Lui supera ogni steccato, ogni limite,ogni esperienza.La Fede supera ogni dimensione, perchéè il Figlio di Dio.

    Al largo!Il vero largo non ce l’hanno i ricchi diquesto mondo.Il largo lo raggiunge chi crede.A prezzo della morte del Verbo Incar-nato.Che commozione dovremmo sentirequando baciamo il Crocifisso, quando ciincontriamo sui monti o per le strade conquesta immagine.Se possediamo gli occhi di Dio è perchéDio-nella-nostra-carne è morto.

    «Il Padre mi ama perché io offro la vita per le mie pecore» (cf. Gv 10, 15.17).

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  • 1199..Sproporzione

    Il segno più evidente del potere straor-dinario della Fede è il fatto che ci dà divivere una vita divina mentre siamocreature così piccole, “grandi” pastic-cioni.Si tratta di una sproporzione enorme.Come è possibile che io infermo, fragi-le, instabile, possa vivere una vita di-vina, la perfezione del Padre che è neicieli?Sproporzione che Gesù stesso ci fa notarelà dove dice:

    «Se avrete Fede pari a un granellino di senape, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile» (Mt 17, 20).

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  • Ecco la sproporzione: la Fede anchequando potesse sembrare una Fede daniente, supera le montagne.Sembra un paradosso...

    Nell’esperienza naturale non possiamodargli ragione: non è possibile scuotere lemontagne con un granino; se succedes-se sarebbe un miracolo.È il miracolo della Fede.Talvolta abbiamo l’impressione di doversmuovere macigni nella nostra vita spiri-tuale: certe abitudini, certe tendenze,certi sbagli, certi disgraziati incontri chehanno fatto saltare in aria, per un mo-mento di superficialità o di passione, lemeraviglie operate da Dio in noi e da noiin collaborazione con Lui. Come fare?La sproporzione è tremenda. Abbiamo l’impressione di non farcela, didover rinunciare ad uno stato tanto altoe degno, divino: non ce la facciamo, ab-biamo di nuovo rovinato l’opera di Dio,siamo stati pazzi.E il Signore ci viene incontro ancora conquella parola: «Se avrete fede pari a ungranellino di senape», avrete una forzache supera queste montagne.

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  • La “montagna” è presa come immagine ditutto quello che si presenta all’uomo dipaurosamente grande, di insuperabile,invalicabile, invincibile.Di fronte ad una montagna ci sentiamocome un niente. Il Signore suggerisce: No, se hai tanta Fe-de quanto un granino di senape, tu seisuperiore alle montagne, le puoi smuo-vere come giocattoli, puoi superare que-ste difficoltà come mucchi di ghiaia!È vero che lungo la vita possiamo averbisogno anche di interventi soprannatu-rali di ordine fisico; soprattutto abbiamobisogno della guarigione interiore.Di non lasciarci scoraggiare da niente.Di non lasciarci abbattere da nessuna dif-ficoltà.Di non lasciarci scuotere da nessuna bu-fera, da nessuna tentazione.Questo è il miracolo che a noi importa dipiù.Chi ci farà capire che questo miracolo èspontaneo, è logico, è naturale per l’uo-mo che vive nella Fede?I Santi: una moltitudine di fratelli e di so-relle che avevano le nostre stesse pas-sioni, che hanno avuto contro l’infernocome l’abbiamo noi, che hanno dovuto

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  • combattere le stesse concupiscenze, cheprobabilmente hanno subìto prove e ten-tazioni più forti delle nostre.Ecco il miracolo: hanno ricevuto la forzadalla Fede.Ci gridano con la voce del sangue che laFede fa soprattutto questi miracoli.Miracoli stupendi per cui un uomo tentatofin sopra i capelli, ancora sa vincere, an-cora può vincere, ancora si permette di ri-dere dei suoi nemici.I nemici contro i quali dobbiamo attrez-zarci della forza di Dio – che è la forzadella Fede – sono le tentazioni, gli av-versari spirituali che mettono in perico-lo la salvezza eterna (è l’anima che cipreme; salvata quella è salvato tutto).La salute del corpo ha i giorni contati.«Vi insegno io chi dovete temere», av-verte Gesù: «Colui che ha il potere di farperire e l’anima e il corpo nella Geen-na» (cf. Mt 10, 28).

    Non esistono difficoltà per coloro che vi-vono nella Fede.Ma la seduzione del male, le passioni,l’odio dell’inferno e le insidie del mondomaterialista dentro il quale viviamo... ri-mangono.

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  • Pensiamo alla gioia di un bambino inbraccio a suo padre: mentre sente il ca-ne abbaiare o vede i lampi di un tempo-rale, non ha paura di niente: i lampi so-no ancora lampi, i tuoni restano ancoratuoni, e il cane rabbioso continua ad ab-baiare, eppure tutto rimane uno spetta-colo divertente finché avverte la presen-za di suo padre.Ecco risolto il problema della spropor-zione.Ecco il miracolo della Fede.

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  • 2200.."Se credi, vedrai…"

    Chi vive nella Fede sente la realtà e lapresenza di Dio.Cosa può far paura a Dio? Chi come Dio? Chi può mettere in crisi Dio? E se Dio è dalla mia parte, chi contro dime?

    «Se contro di mesi accampa un esercito il mio cuore non teme» (Sal 26, 3).

    Perché?

    «Perché tu sei con me, il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza» (Sal 22, 4).

    I nemici del Signore sfumano, sparisconocome ghiaccio al sole, come buio al so-praggiungere della luce.Quante espressioni nei Salmi a dimostra-

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  • re che per il Signore Dio questi nemicischierati contro sono giochetti ridicoli.Non si lascia certo cogliere alla sprovvi-sta o impressionare, tanto meno si lasciavincere, anche quando sono bene at-trezzati, anche sembrassero lì per avere ilsopravvento.La suprema Realtà si ride di queste ap-parenze di falsa forza.Tutto passa: imperi e repubbliche; ditta-tori e capitalisti.Quanti “grandi” spariti!Il Signore rimane: maestoso, invincibile.

    Chi vive nella Fede è come un bambinotra le braccia di suo padre.Fa sue tutte le qualità del papà: forza, se-renità, invincibilità.Spettacolo bellissimo, miracolo. Chi vive così, gode una vita che è unaserie di miracoli.Per realizzare le beatitudini, lo spirito diNazareth, il Vangelo, non in qualche pa-gina ma nella sua interezza, ci vuole nonuno, ma una serie di miracoli!Questa abbondanza di interventi di Diola troviamo nella vita dei santi: «Meravi-glioso è Dio nei suoi santi» (Sal 87, 36).E chi sono questi santi?

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  • Poveri peccatori, concepiti e nati nelpeccato.Eppure il Signore è meraviglioso nei suoisanti, molto più che nel firmamento delcielo.Se è grande l’onnipotenza divina nel crea-re, è stupenda nel redimere le anime.La santità è un continuo esercizio di re-denzione da parte di Dio a favore di chivive nella Fede, di chi si abbandona tra lebraccia di suo Padre.Dice bene san Vincenzo de’ Paoli: «Se lamamma sorregge il figlio sul braccio de-stro, egli è felice; e se lo passa sul brac-cio sinistro non per questo egli si dà pen-siero; purché possa succhiare dal seno dilei, è contento. Noi dobbiamo avere lastessa fiducia nella Provvidenza divina».

    Ma la tua realtà è così piccola!Sì, un niente, sostenuto però dalla su-prema Realtà di Dio.«Se credi, vedrai la gloria di Dio» (Gv11, 40).Vedrai i suoi prodigi, la redenzione, lasantità sua che diventa santità tua, la per-fezione sua che diventa perfezione tua.

    «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5, 48).

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  • È mai possibile?«Se credi vedrai la gloria di Dio» (Gv 11,40).Quando qualcuno che il Signore chiamaa vivere sulle vette vorrebbe scusarsi di-cendo: «Ma io a queste altezze, a questoimpegno, non ci riesco», rispondiamoglipure: «Come se Dio non fosse più capa-ce di fare miracoli, come se potesse di-menticare che Lui ci ha fatti a sua im-magine, che Lui ha immesso dentro dinoi la nostalgia della perfezione!».È solo questione di Fede.Mancanza di Fede.Quando il bambino scivola giù dallebraccia di suo padre, esce fuori da que-sta fiducia, allora non soltanto i cani cheabbaiano gli fanno paura, ma addiritturale cose più semplici che sono lì non perspaventare ma per farti carezze.Non abbiamo mai incontrato bambini ti-morosi perfino delle carezze?Sono l’immagine di chi non ha Fede.Senza la Fede si scambiano lucciole perlanterne, si dà corpo alle ombre, si hapaura di se stessi.Non c’è niente di più grande della Fede!Anche quando potesse sembrare, fra lenostre dita, un impalpabile seme...

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  • 2211..Discepoli e mendicanti

    Di fronte alla Fede siamo discepoli emendicanti, scolari diligenti e analfabe-ti che iniziano la prima lezione.Questi sentimenti ci vogliono tutti e due.Perché non succeda, ad esempio, di scam-biare la Fede per un ornamento fatto bene,una segnaletica valida ma distinta da noi,come gli ornamenti di una chiesa.Questo ci danneggerebbe nella concre-tezza della vita: rischieremmo un’esi-stenza strana, da persone che credono inun qualcosa di esterno alla loro persona.Ciò che è fuori dalla propria abitazione,dalla propria casa, ci appartiene relati-vamente.In alcune circostanze la Fede ci è sem-brata qualcosa da ripescare in fondo aun magazzino o in mezzo a una biblio-teca, un qualche cosa che avevamo sì,ma chiuso in un cassetto e dimenticato.

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  • Adesso la circostanza ce lo fa ricordare,obbliga ad andare in cerca.Così fanno molti cristiani: in occasionedella prima Comunione del loro bambi-no, se succede che un familiare si am-mala seriamente, nella visita a qualchesantuario... ripescano la Fede.L’avevano assopita, pressoché trascura-ta, ora la riprendono.Si capisce facilmente che questo non è vi-vere nella Fede.

    Don Giovanni Calabria usava l’espres-sione “conche embrifere”, laghi gonfid’acqua che straripano…Altro che avere la boccet


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