sede di Brescia; ordinanza 21 gennaio 1985, n. 39; Pres. Saija, Rel. Mariuzzo; Comune diPralboino e altri (Avv. Gorlani) c. Min. per i beni culturali e ambientali (Avv. dello StatoOrlando, D'Avanzo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 4 (APRILE 1985), pp. 169/170-171/172Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178473 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
responsabilità. A parte la costatazione che questo diniego può essere fondato su motivi che facciano velo ad una ponderata riflessione sull'opportunità di avallare l'azione degli amministrato
ri, deve ritenersi ammissibile una sanatoria indiretta, da valutarsi distintamente per ogni singola fattispecie da parte del giudice contabile (in tal senso si sono espresse queste sezioni riunite 21
giugno 1972, n. 134, id., Rep. 1972, voce cit., n. 108). Nel caso in esame appaiono sussistere facta concludentia,
successivamente posti in essere (per i quali non sembra fondata la prospettazione loro attribuita dal procuratore generale) ma
soprattutto emerge manifesta la utilitas che dalla realizzazione
dell'opera ha tratto il comune. Inoltre la mancanza di una ratifica
espressa non appare influente, in una ipotesi come quella di
specie in cui l'atto di sanatoria non sarebbe stato in nessun caso idoneo secondo il criterio previsto a far venire meno il danno
prodotto. Quanto affermato porta, conseguentemente, a respingere anche
il motivo principale di appello dei componenti la giunta munici
pale di Palagiano secondo cui, una volta ritenuta l'utilità del
l'opera, gli appellanti andrebbero assolti da ogni addebito loro
contestato, dovendo invece riaffermarsi la loro responsabilità nei limiti e nei termini enunciati dal primo giudice. (Omissis)
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM
BARDIA; sede di Brescia; ordinanza 21 gennaio 1985, n. 39; Pres. Saija, Rei. Mariuzzo; Comune di Pralboino e altri (Avv. Gorlani) c. Min. per i beni culturali e ambientali (Avv. dello Stato Orlando, D'Avanzo).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM
BARDIA; sede di Brescia; ordinanza 21 gennaio 1985, n. 39;
Giustizia amministrativa — Provvedimento impugnato — Sospen sione — Fattispecie di bellezze naturali (R.d. 11 dicembre 1933
n. 1175, t.u. sulle acque e sugli impianti elettrici, art. 1; 1. 29 giu
gno 1930 n. 1497, protezione delle bellezze naturali, art. 1, 5; 1. 6
dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi re
gionali, art. 21, 30; d.p.r. 15 gennaio 1972 n. 8, trasferimento alle
regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali
in materia di urbanistica e di viabilità, acquedotti e lavori
pubblici di interesse regionale e dei relativi personali e uffici, art. 1; 1. 22 luglio 1975 n. 382, norme sull'ordinamento
regionale e sulla organizzazione della p.a., art. 3; d.p.r. 24
luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22
luglio 1975 n. 382, art. 82; d.m. 21 settembre 1984, dichiara
zione di notevole interesse pubblico dei territori costieri, dei
territori contermini ai laghi, dei fiumi, dei torrenti, dei corsi
d'acqua, delle montagne, dei ghiacciai, dei circhi glaciali, dei
parchi, delle riserve, dei boschi, delle foreste, delle aree asse
gnate alle università agrarie e delle zone gravate da usi civici).
Deve essere sospeso il decreto col quale il ministro per i beni
culturali e ambientali dichiara di notevole interesse pubblico, tra l'altro, i fiumi, i torrenti e i corsi d'acqua classificabili come
pubblici, e le relative ripe per una fascia di centocinquanta
metri, la cui legittimità appare dubbia, su ricorso e ad istanza
di comuni il cui territorio è solcato da numerosi corsi d'aqua, e
anche se l'amministrazione statale resistente abbia proposto
regolamento di competenza. (1)
(1) L'ordinanza di sospensione dell'esecuzione del c.d. decreto Galas
so si caratterizza sotto vari profili: a) i ricorrenti sono dei comuni:
ulteriore conferma che nelle vicende che hanno per oggetto la
tutela dell'ambiente in genere le controversie passano spesso all'interno
della stessa amministrazione — cfr., indicativamente, con riferimento alla vicenda della costruzione della diga sul fiume Chiascio in Umbria, T.A.R. Umbria 14 luglio 1983, n. 298, Foro it., 1984, III, 105, con nota
(3) di richiami di V. Capozza — prima ancora che tra questa e soggetti privati; b) conseguentemente, sono pubblici gli stessi interessi dei quali i ricorrenti chiedono al giudice amministrativo tutela cautelare, al fine di evitare ad essi pregiudizi gravi e irreparabili: interessi qui iden tificati in relazione all'utilizzazione dei beni di proprietà dei comuni
istanti, e all'esercizio dei loro poteri di pianificazione edilizia e
territoriale, con particolare riguardo ad alcune iniziative per piani di insediamenti produttivi e per l'edilizia economica e popolare; c) la
motivazione è ben più diffusa di quanto sia di normale prassi giurisdizionale: sia per quel che riguarda gli interessi lesi dei ricorren ti e i caratteri della loro lesione (ma con correlativa indicazione dei mezzi giuridici a disposizione dell'amministrazione resistente per tutela re a sua volta i propri interessi istituzionali), che per quel che concerne il c.d. fumus boni iuris, con la precisazione di tutta una serie di elementi di dubbio sulla legittimità del provvedimento impugnato;
Vista l'istanza di regolamento di competenza avanzata davanti al Consiglio di Stato dall'avvocatura dello Stato di Brescia;
Visto l'art. 30, ult. comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 e
ritenuta la sua applicabilità anche all'ipotesi di contestazione
inerente la competenza del giudice amministrativo adito, nel senso che la proposizione della anzidetta istanza non priva il
tribunale della potestà di emettere medio tempore un provvedi mento di carattere interinale, con salvezza di ogni successiva
determinazione da parte del giudice competente;
Considerato che il territorio dei comuni ricorrenti è solcato da
numerosi vasi di irrigazione, da reputarsi pubblici ai sensi del
l'art. 1 r.d. 11 dicembre 1933 n. 1175, per cui la prescrizione
dell'obbligatorio rispetto di un distacco di m. 150 dalle rispettive
rive, di cui alla lett. c) del n. 1 del decreto impugnato, comporta l'introduzione di un vincolo generalizzato, pertinente la pressoché totalità del territorio comunale;
Ritenuto che in relazione alla particolare natura ed all'estensio
ne del citato vincolo sussiste l'interesse delle amministrazioni
ricorrenti ad impugnare l'indicato decreto, tenuto conto sia dell'e
sistenza di beni di proprietà comunale investiti dal ricordato
vincolo che della competenza degli stessi comuni in materia di
pianificazione del territorio, quali soggetti attivi di programma zione edilizia ed urbanistica;
Considerato che da parte dei comuni ricorrenti, sono in atto
iniziative edilizie ed urbanistiche di rilevante interesse pubblico, con particolare riguardo, per taluni di essi, a piani di insediamen
ti produttivi e, per altri, di piani per l'edilizia economica e
popolare; Vista la 1. 29 giugno 1939 n. 1497; Visti gli art. 3 I. 22 luglio 1975 n. 382 ed 82 d.p.r. 24 luglio
1977 n. 616; Considerato che i ricorsi appaiono assistiti dal prescritto fu
mus boni iuris, apparendo dubbia, sua pure in questa fase di som maria delibazione, la competenza volta ad individuare ex novo,
per il tramite di una mera fonte secondaria, intere categorie di beni ambientali protetti;
Rilevato, altresì, che, quanto all'assunto metodologico esternato nelle premesse, la funzione di indirizzo e di coordinamento dello
Stato nella materia de qua non pare competere all'autorità
emanante, sebbene al consiglio dei ministri per il tramite di
idonea direttiva, in base all'art. 3 1. 27 luglio 1975 n. 383; Considerato che la redazione di piani paesistici, cui sarebbe
strumentalmente preordinata l'imposizione di un vincolo genera lizzato del tipo considerato, è stata trasferita alle regioni ex art.
1, ult. comma, d.p.r. 15 gennaio 1972 n. 8, ed è, inoltre, meramente facoltativa, ai sensi dell'art. 5 1. 29 giugno 1939 n.
1497;
Ritenuto che al ministro per i beni culturali e ambientali è
riservata dall'art. 82 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 la potestà di
integrare gli elenchi redatti dalle singole regioni, previa acquisi zione dell'avviso, nella specie mancante, del consiglio nazionale
per i beni culturali e ambientali;
d) i caratteri del provvedimento la cui esecuzione viene sospesa: vincolo a tutela di interessi paesaggistici, e soprattutto ad efficacia
generale, per l'intero territorio nazionale. Ed è su questo ultimo aspetto che si incentra la maggiore questione
procedurale che il giudice amministrativo ha dovuto affrontare: l'even tuale effetto di preclusione della sospensione del provvedimento, deri vante dalla proposizione, da parte dell'amministrazione resistente, del
regolamento di competenza. L'art. 30, 2" comma, 1. n. 1034/71 ha affrontato esplicitamente il problema della ammissibilità della tutela cautelare in relazione alla proposizione del regolamento preventivo di
giurisdizione, risolvendolo positivamente. Con espresso richiamo a tale
norma, l'ordinanza che si riporta ha applicato lo stesso criterio anche al caso della proposizione del regolamento di competenza: in questo senso T.A.R. Puglia, ord. 10 febbraio 1984, n. 67, id., 1984, III, 94 (v. anche, ibid., 109, con note di Capozza e di Saporito, T.A.R. Umbria 8 febbraio 1982, n. 23, in relazione alla proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione).
L'ordinanza del T.A.R. Lombardia è richiamata da Pret. Salò 12
aprile 1985, giud. Fuzio, Panozzo, inedita (che sarà riportata su uno dei prossimi fascicoli), che incidentalmente — con diffusa motivazione — ha ritenuto di dover affermare la piena efficacia del d.m. 21 settembre 1984 che prevede il potere del ministro dei beni culturali ed ambientali di integrazione degli elenchi delle bellezze naturali. Nella fattispecie riguardante, tra l'altro, contravvenzione di cui all'art. 734
c.p., si contestava all'imputato di aver deturpato ed alterato le bellez ze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'autorità in violazione delle prescrizioni del d.m. citato mediante la realizzazione di opere di trasformazione urbanistica ed edilizia entro la fascia dei 150 metri dal fiume Chiese.
Il Foro Italiano — 1985.
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PARTE TERZA
Rilevato che, attesa la generalità e l'astrattezza delle prescrizio ni del decreto impugnato, la costituzione di nuove tipologie di
beni ambientali, sfornita di ogni previa indagine relativa al
singolo bene, nei sensi di cui all'art. 1 1. 29 giugno 1939 n. 1497, non appare riconducibile all'esercizio di siffatto potere integrativo, di natura prettamente residuale;
Considerato che, quanto al temuto danno ambientale, avuto anche riguardo al provvedimento legislativo di sanatoria degli abusi edilizi in corso di esame da parte della camera dei
deputati, può idoneamente soccorrere la potestà, rimasta di perti nenza dello Stato, di inibire l'esecuzione o la prosecuzione di
lavori pregiudizievoli alle cose ed ai beni ambientali, del tutto
indipendentemente dalla loro inclusione o meno negli elenchi
regionali o dalla stessa sussistenza di vincoli in atto; Considerato che la introduzione di un vincolo generalizzato su
tutti i beni elencati nel decreto impugnato pare, allo stato,
configurare una altrettanto lata venerazione della potestà urba
nistica, riguardata nella sua fase di concreta traduzione in prassi da parte dei comuni, con riguardo alla necessità che, per l'e
dificazione su aree ricomprese nei vigenti strumenti urbanistici ed
assoggettate al cennato vincolo paesistico, sia acquisita la prescrit ta autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela dell'ambiente
(Cons. Stato, sez. V, 28 agosto 1981, n. 376, Foro it., Rep. 1981, voce Edilizia e urbanistica, n. 576; sez. VI 30 ottobre 1981, n. 54, id., Rep. 1982, voce Bellezze naturali, n. 27);
Ritenuto che, per tali ragioni, e considerando anche l'intervallo
di tempo necessario per l'individuazione da parte del Consiglio di
Stato del tribunale amministrativo competente, sembrano sussiste re gli estremi del danno grave ed irreparabile di cui all'art. 21 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, alla luce delle iniziative edilizie in
corso ad opera dei comuni ricorrenti, come emergenti dagli atti
prodotti; Per questi motivi, accoglie la suindicata domanda incidentale di
sospensione del provvedimento impugnato. (Omissis)
I
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO
SCANA; sentenza 12 novembre 1984, n. 1405; Pres. Biagi,
Est. Ragoni; Min. finanze (Aw. dello Stato Albenzio) c. Com
missione tributaria di I grado di Grosseto.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO
SCANA; sentenza 12 novembre 1984, n. 1405; Pres. Biagi,
Valore aggiunto (imposta sul) — Verifica tributaria — Deroga al
segreto bancario — Poteri autorizzatori del presidente della
commissione tributaria di primo grado — Ricorso giurisdiziona le — Ammissibilità (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione e
disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, art. 51 bis). Valore aggiunto (imposta sul) — Verifica tributaria — Deroga al
segreto bancario — Provvedimenti autorizzatori del presidente della commissione tributaria di primo grado — Impugnabilità — Giurisdizione del giudice amministrativo — Sussistenza —
Legittimazione attiva e passiva del contribuente — Insussisten
za (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 51 bis; 1. 6 dicembre 1971
n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 21).
Valore aggiunto (imposta sul) — Verifica tributaria — Deroga al
segreto bancario — Poteri autorizzatori del presidente della
commissione tributaria di primo grado — Limiti — Discreziona
lità — Insussistenza — Fattispecie (D.p.r. 26 ottobre 1972 n.
633, art. 28, 37, 51, 51 bis).
È ammissibile il ricorso giurisdizionale avverso il diniego opposto dal presidente della commissione tributaria di primo grado alla
autorizzazione alla deroga del segreto bancario richiesta dal
l'amministrazione finanziaria dello Stato ai sensi dell'art. 51 bis
d.p.r. ». 633/72, in quanto sussiste la necessaria dualità sogget
tiva, per non essere il presidente della commissione tributaria
inquadrato, in quanto tale, nella struttura del ministero delle
finanze, ed in quanto, nell'esercizio di detto potere autorizzato
rio, egli agisce come organo amministrativo dotato di
propria autonomia e sottratto a vincoli gerarchici di qualsiasi natura. (1)
(1-4) Non risultano precedenti in termini. I. - L'art. 51 bis d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 è stato inserito
dall'art. 5 d.p.r. 15 luglio 19-82 n. 463, e, fino ad oggi, non ha
costituito oggetto di commento diretto da parte della dottrina o di decisioni dell'autorità giudiziaria.
Spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo il giudizio sulla impugnazione proposta dall'aministrazione finanziaria av
verso il diniego opposto dal presidente della commissione
tributaria di primo grado alla autorizzazione alla deroga al
segreto bancario richiesta ai sensi dell'art. 51 bis d.p.r. n.
633/72, stante la natura amministrativa di tale autorizzazione
sia oggettivamente, che soggettivamente; la suddetta autorizza
zione costituisce atto interno al procedimento amministrativo
di accertamento fiscale, in relazione al quale non sono configu rabili posizioni soggettive tutelabili attivamente o passivamente, e pertanto il contribuente, per la cui posizione è stata formula ta la richiesta di deroga al segreto bancario, oltre a non essere
legittimato attivamente all'impugnativa, non è qualificabile come
controinteressato rispetto alla domanda di annullamento avanza
ta dall'amministrazione finanziaria. (2)
L'organo titolare del potere di autorizzazione ai sensi dell'art. 51
bis d.p.r. n. 633/72 deve controllare esclusivamente la legittimi tà della richiesta dell'ufficio i.v.a, verificando l'effettiva esisten
za dei fatti allegati e la loro corrispondenza con quelli previsti nelle varie ipotesi dell'art. 51 bis; e, ove la verifica sia
positiva, è tenuto a rilasciare l'autorizzazione; è illegittimo,
pertanto, il diniego della autorizzazione che si basi su valuta
zioni di merito non richieste e non consentite dalla norma, anziché sul controllo di mera legittimità (nella specie,
l'ufficio i.v.a. aveva richiesto l'autorizzazione alla deroga al
segreto bancario nell'ambito delle indagini per l'accertamento di
presunte evasioni fiscali nei confronti del contribuente che
aveva presentato la dichiarazione di cui all'art. 28 d.p.r. n.
633/72 con un ritardo superiore a trenta giorni, onde la stessa
doveva considerarsi omessa ai sensi dell'art. 37, ult. comma, stesso d.p.r.; il presidente della commissione tributaria di primo
grado aveva negato l'autorizzazione motivando con la conside
razione che la presentazione, sia pure tardiva, della dichiarazio
ne avrebbe fatto venir meno il presupposto stabilito dalla lett.
a dell'art. 51 bis, in quanto gli elementi dai quali risultavano
corrispettivi superiori a cento milioni di lire erano stati desunti
dalla stessa dichiarazione del contribuente). (3)
La «autorizzazione» prevista nel cit. art. 51 bis per la deroga al
segreto bancario appare della stessa natura e funzione dell'altra « autorizzazione » richiesta dall'art. 52 d.p.r. 633/72 per la deroga al
segreto professionale: nel primo caso la competenza è attribuita al « presidente della commissione tributaria di primo grado territorialmen te competente » e concerne gli accessi presso « le aziende ed istituti di credito e l'amministrazione postale », nel secondo caso è attribuita al « procuratore della repubblica » e concerne gli accessi « nei locali destinati all'esercizio di arti o professioni, che non siano anche adibiti all'esercizio di attività commerciali o agricole, e in ogni caso per accedere in locali che siano adibiti anche ad abitazione».
Invece, l'accesso « negli esercizi pubblici e in ogni locale adibito a un'azienda industriale o commerciale » e « nei locali destinati all'eser cizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali »
sottoposte a verifica fiscale è consentito con caratteri di generalità degli art. 35 1. 7 gennaio 1979 n. 4 e 51-52 d.p.r. n. 633/72 previa semplice « autorizzazione che ne indica lo scopo » del capo dell'ufficio finanziario dal quale gli agenti accertatori dipendono (art. 52, 1° comma; cfr. anche art. 5 d.m. 16 luglio 1926 il quale prevede che la facoltà di accesso « nei locali destinati all'esercizio di industrie e di commerci » « sia demandata ai militari della guardia di finanza dagli ufficiali all'uopo preposti).
Un altro caso di deroga al segreto bancario, per la quale sia necessaria la preventiva « autorizzazione » del presidente della commis sione tributaria di primo grado, è previsto dall'art. 35 d.p.r. n. 600/73 in tema di accertamento delle imposte dirette (norma richiamata nella decisione del presidente commissione tributaria di II grado di Grosse
to) e concerne la possibilità da parte dell'amministrazione di chiedere agli istituti bancari copia dei conti intrattenuti con un contribuente.
II. - La problematica relativa agli interventi di organi del potere giudiziario nell'esercizio di attività amministrative (campo nel quale si deve inquadrare la « autorizzazione » prevista dall'art. 51 bis ed oggetto delle pronunzie in epigrafe) è stata affrontata dalla dottrina, in via generale, con riferimento ai procedimenti di volontaria giurisdizio ne; cfr. A. Visco, I procedimenti di giurisdizione volontaria, Roma, 1952, 11 ss. (l'a. ritiene trattarsi di «esercizio di giurisdizione»); A. Iannuzzi, Manuale della volontaria giurisdizione, (Milano, 1977, 1 ss. (l'a. ritiene di dover seguire la impostazione tradizionale secondo la quale trattasi di attività di amministrazione); G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1959, V, 297 ss. (l'a. ritiene ugualmente che si tratti di attività con « carattere sostanzialmente amministrativo »).
Nel campo specifico del diritto tributario il problema dell'intervento di organi dell'autorità giudiziaria nel procedimento di accertamento e riscossione fiscale, al di fuori della esplicazione dei poteri giurisdizio nali propri della funzione, è stato affrontato essenzialmente con riferimento: a) alla vidimazione da parte del pretore della ingiunzione fiscale ai sensi dell'art. 2 r.d. 14 aprile 1910 n. 639, vidimazione che è
Il Foro Italiano — 1985.
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