+ All Categories
Home > Documents > sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993, n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natoli...

sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993, n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natoli...

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: dangdiep
View: 218 times
Download: 4 times
Share this document with a friend
7
sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993, n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natoli ed altri (Avv. Merlo) c. Pres. cons. ministri, Min. interno, Prefetto di Messina (Avv. dello Stato Genovese) Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 9 (SETTEMBRE 1993), pp. 465/466-475/476 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187783 . Accessed: 24/06/2014 22:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993, n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natoli ed altri (Avv. Merlo) c. Pres. cons. ministri, Min. interno, Prefetto di Messina

sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993, n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natolied altri (Avv. Merlo) c. Pres. cons. ministri, Min. interno, Prefetto di Messina (Avv. delloStato Genovese)Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 9 (SETTEMBRE 1993), pp. 465/466-475/476Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187783 .

Accessed: 24/06/2014 22:57

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993, n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natoli ed altri (Avv. Merlo) c. Pres. cons. ministri, Min. interno, Prefetto di Messina

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

renza della Chiesa nell'attività dell'istruzione statale, esclusa e

non consentita dalla Costituzione.

Una interferenza che addirittura elimina l'insegnamento della

materia curriculare e la normale ora di lezione, ad essa sosti

tuendo un atto di culto o la celebrazione di un rito religioso 0 una visita pastorale, che nulla hanno a che fare con la forma

zione scolastica dello studente e con la didattica scolastica e

che nulla hanno a che fare neanche con l'insegnamento della

religione. La chiesa è libera di svolgere queste attività nelle scuole che

essa stessa istituisce, non può però svolgerle nelle scuole dello

Stato e nell'ambito di esse, e gli organi pubblici che questo con

sentano commettono senza dubbio una illegittimità. Ma il fatto più notevole e più antigiuridico è che le pratiche

religiose e gli atti di culto, a torto ritenuti attività extrascolasti

che (ma la erronea qualificazione è chiaramente strumentale) abbiano luogo e svolgimento in orario scolastico, cioè negli orari

destinati alle normali lezioni, all'insegnamento cioè delle mate

rie oggetto dei programmi della scuola statale. E vengano per ciò previsti in luogo ed in sostituzione delle normali ore di lezione.

Questo soprattutto è l'aspetto di illegittimità per violazione

e falsa interpretazione ed applicazione della legge (art. 6, 2°

comma, lett. d ed /, d.p.r. 31 maggio 1974 n. 416) delle impu

gnate deliberazioni dei consigli di circolo di Vergato e di Bologna. Il tribunale cosi perviene alla decisione di merito, negando

validità alle eccezioni pregiudiziali sollevate dall'avvocatura del

lo Stato: per riconoscere nei ricorrenti l'interesse all'impugna zione basterà considerare che in una situazione di adesione, an

che di un solo studente o anche di un solo docente alla celebra

zione del rito religioso o al compimento dell'atto di culto o

alla visita pastorale, durante le normali ore di lezione, avver

rebbe che lo studente aderente rinuncerebbe all'insegnamento di una materia curricolare — e non potrebbe neanche farlo —

oppure, nel caso di allontanamento dalla classe del docente,

si avrebbe lo stesso effetto per tutti gli studenti della classe,

1 quali verrebbero cosi privati dell'insegnamento della materia

per quell'orario prevista nel calendario scolastico.

E quand'anche il docente venga da altro docente non aderen

te sostituito, ne deriverebbe la lezione di una diversa disciplina e in ogni caso un fatto interruttivo del metodo normale di inse

gnamento o non in armonia con lo stato di svolgimento del

programma quale tenuto dal docente della classe.

In ogni caso un turbamento e un disordinamento, un intral

cio ed un pregiudizio all'ordinato e normale andamento dell'at

tività scolastica, formativa ed educativa, con ovvio, evidente

danno per la formazione culturale degli studenti, che è la pri maria finalità della scuola.

E non può certo dubitarsi che i genitori degli studenti abbia

no interesse a che i giovani, per questo fine appunto mandati

a scuola, ricevano dagli insegnanti, cioè dalle loro fonti istitu

zionali di istruzione, quella istruzione e quel bagaglio culturale

che servirà loro nella vita e nelle realizzazioni future. E non

ne siano invece distratti da attività e pratiche in nessun modo

attinenti alla vita e alle attività della scuola, anzi ad esse del

tutto estranee.

Certamente, anche il comitato bolognese «Scuola e Costitu

zione», le cui finalità si colgono immediatamente dalla stessa

sua denominazione, ha, come associazione al fine specifico di

retta, effettivo ed innegabile interesse alla impugnazione, per motivi sostanzialmente coincidenti con quelli dei genitori degli studenti.

Qui non si tratta di garantire agli studenti o ai professori la facoltà di non partecipare al compimento degli atti di culto

e alle pratiche religiose — facoltà dalle impugnate delibere assi

curata — il problema è a monte ed è un altro: la illegittimità

delle deliberazioni dei consigli di circolo sta, esattamente e fon

damentalmente, nell'avere consentito l'inserimento, al posto delle

normali ore di lezione, di attività del tutto estranee alla scuola

ed alle sue finalità istituzionali. Un fatto oggettivo, che resta

ovviamente tale nella sua antigiuridicità, anche se si prevede

la facoltà di studenti o docenti di non partecipazione.

L'assicurazione di questa facoltà non elimina, come è eviden

te, il fatto obiettivo del turbamento e dello sconvolgimento del

Il Foro Italiano — 1993.

normale e ordinato andamento della vita e dell'attività scolasti

ca conseguente e consistente nella soppressione, non importa se anche limitata ad una solta unità, dell'ora di ordinario inse

gnamento e nella previsione, in luogo di essa, della effettuazio

ne di una attività affatto estranea alle finalità e alla vita della

scuola statale. Di un atto di fede che si compie nei templi a ciò destinati o nel foro interno della propria coscienza e non

certo nelle sedi e negli ambiti scolastici.

Un'alterazione ed un sovvertimento del normale e previsto andamento scolastico e del funzionamento della scuola con rea

le nocumento per lo studio e la formazione degli studenti, nel

che appunto sta la illegittimità delle impugnate deliberazioni.

I ricorsi, infine, non andavano notificati alla Chiesa cattolica

la quale nella fattispecie processuale non è presente quale istitu

zione, bensì quale entità spirituale, come tale priva di una sog

gettività giuridica e di un non riconoscibile controinteresse.

Per quanto detto, le deliberazioni dei consigli di circolo im

pugnate coi ricorsi giurisdizionali, sono illegittime per violazio

ne della legge e vanno per conseguenza annullate.

Dall'annullamento va esclusa la impugnata circolare ministe

riale la quale, presentandosi come un atto dal contenuto e dalla

finalità soltanto interpretativi, non ha attitudine lesiva delle po sizioni soggettive dei ricorrenti.

I ricorsi giurisdizionali vanno dunque accolti, con l'annulla

mento delle impugnate deliberazioni dei consigli di circolo di

Vergato e di Bologna, siccome affette da illegittimità per viola

zione e falsa interpretazione ed applicazione della legge, preci samente dell'art. 6, 2° comma, lett. d) ed f), d.p.r. 31 maggio 1974 n. 416.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SI CILIA; sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993,

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SI CILIA; sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993,

n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natoli ed altri (Avv.

Merlo) c. Pres. cons, ministri, Min. interno, Prefetto di Mes

sina (Aw. dello Stato Genovese).

Sicilia — Consiglio comunale — Scioglimento in base alla legis lazione nazionale antimafia — Natura — Sindacabilità da parte del giudice amministrativo (R.d. 26 giugno 1924 n. 1054, t.u.

sul Consiglio di Stato, art. 31; r.d. leg. 15 maggio 1946 n.

455, statuto della regione siciliana, art. 14, 15; 1. reg. sic.

15 marzo 1963 n. 16, ordinamento amministrativo degli enti

locali, art. 54; 1. 19 marzo 1990 n. 55, nuove disposizioni

per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre

gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale, art.

15 bis; 1. 8 giugno 1990 n. 142, ordinamento delle autonomie

locali, art. 39; d.l. 31 maggio 1991 n. 164, misure urgenti

per lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e degli

organi di altri enti locali, conseguente a fenomeni di infiltra

zione e di condizionamento di tipo mafioso, art. 1; 1. 22 lu

glio 1991 n. 221, conversione in legge, con modificazioni, del

d.l. 31 maggio 1991 n. 164, art. 1). Sicilia — Consiglio comunale — Scioglimento in base alla legis

lazione nazionale antimafia — Legittimità (R.d. leg. 15 mag

gio 1946 n. 455, art. 14, 15; 1. reg. sic. 15 marzo 1963 n.

16, art. 54; 1. 19 marzo 1990 n. 55, art. 15 bis; 1. 8 giugno 1990 n. 142, art. 39; d.l. 31 maggio 1991 n. 164, art. 1; 1.

22 luglio 1991 n. 221, art. 1). Comune e provincia — Consiglio comunale — Scioglimento in

base alla legislazione antimafia — Questioni manifestamente

infondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 27, 51; 1. 19

This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993, n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natoli ed altri (Avv. Merlo) c. Pres. cons. ministri, Min. interno, Prefetto di Messina

PARTE TERZA

marzo 1990 n. 55, art. 15 bis; 1. 7 agosto 1990 n. 241, nuove

norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto

di accesso ai documenti amministrativi, art. 3; d.l. 31 maggio 1991 n. 164, art. 1; 1. 22 luglio 1991 n. 221, art. 1).

Comune e provincia — Consiglio comunale — Scioglimento in

base alla legislazione antimafia — Legittimità — Fattispecie

(L. 19 marzo 1990 n. 55, art. 15 bis; d.l. 31 maggio 1991

n. 164, art. 1; 1. 22 luglio 1991 n. 221, art. 1).

Il provvedimento di scioglimento del consiglio di comune sici

liano in base alla legislazione nazionale emanata per combat

tere la mafia — adottato previa deliberazione del consiglio dei ministri (e contestuale trasmissione alle camere) con la

partecipazione del presidente della regione, e disposto con de

creto del presidente della repubblica — ha carattere non di

atto politico, bensì di alta amministrazione, come tale idoneo

ad ingenerare situazioni giurìdiche di interesse legittimo e sog

getto a sindacato da parte del giudice amministrativo. (1) È legittimo lo scioglimento del consiglio di comune siciliano

in base alla legislazione nazionale emanata per combattere la

mafia, che sia stato deliberato dal consiglio dei ministri con

la partecipazione del presidente della regione, e disposto con

decreto del presidente della repubblica, secondo il procedi mento previsto da tale legislazione, indipendentemente dalla

legislazione regionale relativa allo scioglimento dei consigli. (2) Sono manifestamente infondate, alla stregua della ricostruzione

operata da Corte cost. 19 marzo 1993, n. 103, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 15 bis /. 19 marzo 1990

n. 55, introdotto dall'art. 1 d.l. 31 maggio 1991 n. 164, con

vertito con modificazioni nella l. 22 luglio 1991 n. 221, in

tema di scioglimento di consigli comunali infiltrati o condi

zionati dalla delinquenza mafiosa, in riferimento agli art. 3,

24, 27, 51 Cost. (3) È legittimo, anche secondo i parametri dettati da Corte cost.

19 marzo 1993, n. 103, il decreto presidenziale di scioglimen to di consiglio comunale, in base alla legislazione emanata

per combattere la mafia, ove, una volta accertata l'esistenza del

le situazioni di fatto, la connessione con il verificarsi di certe

conseguenze reputate pregiudizievoli, che si siano prodotte o

che possano prodursi sul terreno degli interessi pubblici da

salvaguardare, sia stata valutata dall'autorità che deve prov

vedere, dotata di poteri latamente discrezionali, nel suo pru dente apprezzamento e con riferimento a tutto il contesto del

le circostanze prese in considerazione, nel quadro del partico

(1-4) I. - Il Tar Sicilia prende tempestivamente atto di Corte cost. 19 marzo 1993, n. 103 e 29 ottobre 1992, n. 407 riprodotte, insieme a Corte cost. 5 maggio 1993, n. 218, in questo fascicolo, parte prima, con nota di richiami.

II. - Il Tar risolve la questione di cui alla prima massima, escludendo la possibilità di ricondurre il provvedimento di scioglimento nella specie degli atti politici, sottratto come tale al sindacato giurisdizionale: cfr., oltre alla motivazione di Corte cost. 103/93, cit., i richiami nella nota in Foro it., 1991, I, 3230 ed anche Cass. 17 novembre 1989, n. 4904, id., 1993, I, 1654, che ha escluso la natura politica degli atti di gestione del rapporto di impiego del personale dei servizi segreti; Cass. 8 gen naio 1993, n. 124, ibid., 1487, ha ravvisato l'esercizio di potere politico nell'attività normativa del governo, ai fini del recepimento in d.p.r. degli accordi sindacali in materia di pubblico impiego ai sensi dell'art. 6 1. 93/83.

Per una famosa vicenda coinvolgente atto di alta amministrazione, come tale idoneo ad ingenerare in capo ai singoli soggetti situazioni

giuridiche di interesse legittimo e soggetto a sindacato da parte del giu dice amministrativo, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 1981, n. 340

(confermata da sez. un. 21 aprile 1982, n. 2476, id., 1982, I, 1256, con osservazioni di C. M. Barone), id., 1981, III, 415; per recente dot trina su tali atti cfr. i richiami nella nota di M. Condemi, id., 1991, I, 3205.

Del tutto singolari in questo quadro le affermazioni, in tema di alta

amministrazione, di Cass., sez. un., 29 marzo 1989, n. 1531 ibid., che ritenne sussistente il difetto assoluto di giurisdizione sulla domanda con cui un azionista del Banco Ambrosiano chiedeva alla Banca d'Italia il risarcimento dei danni subiti, perché essa, pur dopo aver rilevato che il banco aveva fatto affluire illecitamente all'estero cospicui fondi a favore di corrispondenti esteri non bancari, aveva omesso di pro

li. Foro Italiano — 1993.

lare fenomeno della criminalità organizzata (nella specie, il

provvedimento era stato adottato, tra l'altro, in quanto i fatti accertati dagli organi di polizia avevano evidenziato come gli amministratori del comune fossero condizionati, fortemente e concretamente tramite una ragnatela di parentele, di com

parato e di connivenze, nelle loro scelte, da imprenditori lo

cali indicati in contatto o quantomeno in collegamento indi

retto con la criminalità organizzata e conseguentemente come

la mozione di sfiducia nei confronti del precedente sindaco

e la elezione della nuova giunta fossero risultate scaturire da

influenze esterne al consiglio riducendone fortemente la libe

ra determinazione e compromettendo il buon andamento di

quella amministrazione comunale, nonché il corretto funzio namento dei servizi affidati agli amministratori, con relativo

pregiudizio allo stato della sicurezza pubblica). (4)

Diritto. — Il collegio prende in esame, in via preliminare, l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'avvocatura erariale, nell'assunto della natura politica del provvedimento di sciogli mento impugnato che, per tale ragione, sarebbe insuscettibile

di sindacato giurisdizionale, ai sensi dell'art. 31 t.u. 26 giugno 1924 n. 1054.

La natura politica dell'atto in esame si riconnetterebbe, se

condo la difesa delle resistenti amministrazioni sotto il profilo sostanziale, al compito primario dell'autorità di governo, che

ne risponde a titolo di responsabilità politica nei confronti del

parlamento, di assicurare la libera determinazione degli organi elettivi da compromissioni provenienti da un potere riconosciu

to come eversivo e che determina una turbativa dell'ordine in

terno dello Stato.

Tali tesi troverebbe conforto, e sarebbe, pertanto, avvalorata

dal tipo di procedimento previsto dal 2° comma dell'art. 15 bis

della medesima disposizione di legge, laddove è stabilito che

lo scioglimento è disposto con decreto del presidente della re

pubblica, su proposta del ministro dell'interno, previa delibera

zione del consiglio dei ministri e contestuale trasmissione alle

camere.

L'intervento delle camere all'interno del procedimento di scio

glimento (e cioè, in una fase antecedente alla perfezione dell'at

to) risponderebbe all'esigenza di assicurare un tempestivo con

trollo politico da parte del parlamento su ogni singolo provve dimento di scioglimento predisposto dal governo ed esaurirebbe

ogni ulteriore sindacato sull'atto, anche di natura giurisdizionale.

porre al ministro del tesoro l'adozione dei provvedimenti previsti dagli art. 57 e 67 della legge bancaria.

Nella motivazione della sentenza infatti si legge a tal proposito che:

«per il combinato disposto degli art. 57 e 67 della legge bancaria, il ministro del tesoro, su proposta della Banca d'Italia, sentito il comi tato interministeriale per il credito e il risparmio può disporre lo sciogli mento degli organi amministrativi di azienda di credito, nonché la revo ca dell'autorizzazione all'esercizio del credito e la messa in liquidazione dell'azienda, ricorrendo le gravi irregolarità e violazioni previste dalle citate norme.

«È noto (sent. n. 2579 del 1988, id., 1988, I, 3328) che la Banca d'Italia e il governatore di essa, nell'esplicare l'attività relativa al con trollo della funzione creditizia, non agiscono rispettivamente quale ente

pubblico distinto dallo Stato, ma come organi diretti dello Stato. Cosic ché avendo la Banca d'Italia, nel caso addotto, agito nell'esercizio del

proprio potere pubblicistico — discrezionale e di alta amministrazione

—, la situazione soggettiva ad essa contrapposta dall'azionista non è tutelabile quale diritto soggettivo e neppure quale interesse legittimo.

«Osserva la corte che l'efficacia della facoltà di proposta, spettante alla Banca d'Italia quale autorità di vigilanza pubblica sulle aziende di credito, in quanto volta a provocare dal ministro del tesoro i provve dimenti di cui alle citate disposizioni degli art. 57 e 67 della legge ban

caria, è destinata ad esaurirsi unicamente nell'ambito di tale rapporto pubblicistico.

«Di talché rispetto al mancato esercizio da parte della Banca d'Italia del detto potere di proposta al ministro del tesoro non sono configura bili posizioni qualificate di terzi privati, suscettibili di subire lesioni tu telabili in sede di impugnativa giurisdizionale direttamente ed immedia tamente».

III. - In termini con la seconda massima, Tar Sicilia, sez. I, 31 marzo 1992, n. 103, id., 1993, III, 51.

This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993, n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natoli ed altri (Avv. Merlo) c. Pres. cons. ministri, Min. interno, Prefetto di Messina

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

L'eccezione va disattesa. Va osservato al riguardo che la ca

tegoria degli atti politici deve essere individuata con criteri re

strittivi, stante il principio della indefettibilità della tutela giuris dizionale assicurata dagli art. 24 e 113 Cost., ed include soltan

to gli atti che attengono alla direzione suprema e generale dello

Stato considerato nella sua unità e nelle sue istituzioni fonda

mentali (cfr. sul punto Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 1986, n. 30, Foro it., Rep. 1986, voce Atto amministrativo, nn. 46,

47; Tar Lazio, sez. I, 23 dicembre 1991, n. 2201, id., Rep. 1992, voce Parlamento, n. 18).

I provvedimenti di scioglimento dei consigli comunali non pre sentano tali requisiti, giacché, da un lato la salvaguardia delle

amministrazioni locali delle ingerenze della criminalità organiz zata risponde ad un interesse specifico e delimitato dello Stato,

per quanto pressante e necessaria sia l'esigenza dell'intervento

e, d'altro lato, una volta che la norma abbia previsto i presup

posti ed i contenuti del provvedimento, le valutazioni di ordine

politico devono intendersi esaurite nella sede legislativa, restan

do al potere esecutivo il compito, che è proprio della sfera di

azione della potestà amministrativa, di rendere operante il det

tato della fonte primaria (cfr. Tar Lazio, sez. I, 27 luglio 1992, n. 1077, id., 1993, III, 51; Tar Sicilia, sez. I, 31 marzo 1993, n. 103; Corte cost. 10 marzo 1993, n. 103).

L'atto in esame, costituendo il primo grado di attuazione del

l'indirizzo politico nel campo amministrativo, rientra, invece tra

quegli atti di suprema direzione della pubblica amministrazio

ne, che la dottrina suole designare come atti di «alta ammini

strazione», i quali segnano il raccordo tra la funzione di gover

no, che è propria dello Stato-comunità e la funzione ammini

strativa, che è propria dello Stato-soggetto e che essi realizzano

al più alto livello.

L'attività di «alta amministrazione» attiene alle scelte di fon

do dell'azione amministrativa discrezionale ed è commessa ai

supremi organi di direzione della pubblica amministrazione.

L'esigenza del suo raccordo con gli interessi superiori e para metri della comunità è confermata dal fatto che, per tali atti, è richiesta la partecipazione del capo dello Stato.

Gli atti di «alta amministrazione» inerendo all'attività ammi

nistrativa sono soggetti al regime giuridico proprio degli atti

amministrativi. Essi sono, pertanto, sottoposti al sindacato giu risdizionale e, a differenza degli atti politici, non sono liberi

nella scelta dei fini, ma sono vincolati, pur nell'ampia discre

zionalità che contraddistingue l'alta amministrazione, ai fini se

gnati dalle leggi. Essi si collocano, pertanto, come innanzi detto, in posizione

di secondo grado rispetto agli atti di legislazione ordinaria.

Cosi individuata la natura giuridica dell'atto in esame, trova

ampia giustificazione, come innanzi osservato, l'intervento del

capo dello Stato nonché la delibera del consiglio dei ministri.

La contestuale trasmissione alle camere del provvedimento di

scioglimento deliberato dal consiglio dei ministri implica un con

trollo anche di natura politica da parte delle stesse sull'attività

di «alta amministrazione» posta in essere dal governo, ma non

modifica in alcun modo, per le ragioni innanzi illustrate, la na

tura giuridica del provvedimento stesso.

Va, peraltro, ancora osservato al riguardo che il nostro ordi

namento conosce svariate ipotesi di controllo parlamentare sul

la attività amministrativa, apprestati allo scopo di consentire

al parlamento di prendere conoscenza di atti o provvedimenti amministrativi che potrebbero mettere in giuoco la responsabili tà politica del governo. Basti ricordare a tale proposito, la tra

smissione dei decreti registrati con riserva, la trasmissione della

relazione sul rendiconto, la trasmissione della relazione sugli enti

pubblici sovvenzionati dallo Stato e, segnatamente, il controllo

parlamentare sulle nomine. Anche in tale ultima ipotesi l'inter

vento del parlamento avviene all'interno del procedimento, e

cioè a dire prima dell'adozione dell'atto terminale, e, ciò mal

grado, nessuno dubita, per tale ragione, sulla natura ammini

strativa dei provvedimenti in questione. II tribunale passa, quindi, all'esame del merito del ricorso.

Con il primo motivo di censura deducono i ricorrenti la in

competenza del capo dello Stato ad adottare provvedimenti di

scioglimento di consigli comunali ricadenti nell'ambito del terri

II Foro Italiano — 1993.

torio della regione siciliana, in quanto la materia rientrerebbe

nella competenza legislativa esclusiva della regione siciliana a

mente dell'art. 14, lett. o), dello statuto regionale, approvato con 1. cost. 2/48 e tale competenza sarebbe stata compiutamen te esercitata, sicché sul punto dovrebbe applicarsi l'art. 54 del

l'ordinamento regionale degli enti locali approvato con 1. reg. sic. 16/63 e successive modifiche, né la partecipazione del presi dente della regione siciliana alla seduta del consiglio dei ministri

in cui è stato deciso lo scioglimento vale ad integrare le condi

zioni volute dallo statuto.

La censura è infondata. L'art. 14, lett. o), dello statuto attri

buisce alla regione siciliana potestà legislativa esclusiva in mate

ria di «regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative».

In applicazione di tale previsione statutaria con 1. reg. sic.

16/63 è stato approvato l'ordinamento regionale degli enti loca

li (Orel), il quale, all'art. 54, prevede che il presidente della

regione pronuncia, su proposta dell'assessore agli enti locali e

previo parere del e.g.a., lo scioglimento del consiglio comunale:

a) quando violi obblighi imposti dalla legge ovvero compia

gravi o ripetute violazioni di legge, debitamente accertate e con

testate, le quali dimostrino la irregolarità di funzionamento;

b) quando non corrisponda all'invito dell'autorità di revoca

re la giunta o il sindaco che abbiano compiuto analoghe vio

lazioni.

Siffatte previsioni attengono, quindi, alla materia dell'orga nizzazione amministrativa e configurano una potestà di sciogli mento dei consigli comunali per motivi sanzionatoli e di fun

zionalità, rientrante nell'ambito del controllo sugli organi degli enti locali che anch'esso si appartiene all'autorità regionale (ve di art. 15, 3° comma, dello statuto).

Tale potestà è tradizionalmente attribuita all'autorità gover nativa (vedi già art. 323 t.u. 148/15 e ora art. 39 1. 142/90) e in Sicilia viene esercitata dall'autorità regionale in virtù della

competenza legislativa esclusiva ad essa spettante nella predetta materia.

L'art. 15 bis della 1. 55/90, che è stato applicato nella fatti

specie in esame dall'autorità statale, prevede, invece, lo sciogli mento del consiglio comunale quando emergono «elementi su

collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la crimi

nalità organizzata o su forme di condizionamento degli ammi

nistratori che compromettano la libera determinazione degli or

gani elettivi ed il buon andamento delle amministrazioni comu

nali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi

alle stesse affidati, ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica».

Il collegio osserva che la disposizione in esame non concerne

l'organizzazione amministrativa, ma si colloca nel più ampio contesto della legislazione emanata al fine di assicurare «una

sorta di difesa avanzata dallo Stato contro il crescente aggra varsi del fenomeno della criminalità organizzata e dell'infiltra

zione dei suoi esponenti negli enti locali» e che «le finalità che

si sono intese perseguire sono la salvaguardia dell'ordine e della

sicurezza pubblica, la tutela della libera determinazione degli

organi elettivi, il buon andamento e la trasparenza delle ammi

nistrazioni pubbliche» (cfr. Corte cost. 29 ottobre 1992, n. 407). La previsione in esame rientra, pertanto, in un intervento dello

Stato «essenzialmente diretto a fronteggiare una situazione di

grave emergenza — che ha imposto tutto un complesso di misu

re in vari settori dell'ordinamento — che coinvolge interessi ed

esigenze dell'intera collettività nazionale, connessi a valori co

stituzionali di primario rilievo, in quanto strettamente collegati alla difesa dell'ordine e della sicurezza pubblica» (cfr. Corte

cost. 407/92, cit.). Acclarato che la disposizione posta a base dell'impugnato prov

vedimento non attiene alla materia dell'organizzazione ammini

strativa, bensì' a quella dell'ordine e della sicurezza pubblica, è agevole rilevare che la regione siciliana non è titolare, in detta

ultima materia, di alcuna potestà normativa e che, conseguente

mente, la disposizione medesima trova applicazione anche in

Sicilia, a cura delle autorità statali in essa indicate.

La legislazione regionale richiamata dai ricorrenti (art. 54 del

l'Orel), peraltro, non contiene alcun cenno ad interventi di ri

This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993, n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natoli ed altri (Avv. Merlo) c. Pres. cons. ministri, Min. interno, Prefetto di Messina

PARTE TERZA

gore per motivi di ordine pubblico, nell'evidente presupposto che i medesimi erano rimasti riservati allo Stato.

Allo stesso modo la 1. reg. sic. 48/91 — emanata dopo l'ado

zione del decreto impugnato — ha «recepito» l'art. 39 1. 142/90

«limitatamente alla lett. ti), n. 1» (vedi art. 1,1° comma, lett.

/, 1. reg. 48/91), per cui anche in questo caso «in tema di ordi

ne pubblico . . . non si è concretato intervento legislativo regio nale a modifica di competenze previste per gli organi dello Sta

to» (vedi circolare dell'assessore agli enti locali 2/92).

Appare privo di pregio l'assunto dei ricorrenti, secondo il

quale l'intervento legislativo (art. 15 bis 1. 55/90) mirando non

a contrastare direttamente fatti contrari all'ordine pubblico, bensì' a valutare i riflessi che quei fatti possono avere sul corretto

funzionamento degli enti locali e disponendo le misure necessa

rie a ripristinare l'efficienza degli stessi invade, in buona so

stanza, la materia dei controlli, in senso lato, che è riservata, in via esclusiva, alla regione, dall'innanzi citato art. 15, 3° com

ma, dello statuto.

Rileva il tribunale che, cosi come si è innanzi avuto modo

di notare, il legislatore statale con la introduzione della norma

in argomento, in applicazione della quale è stato adottato l'im

pugnato provvedimento di scioglimento, ha inteso salvaguarda re in via esclusiva e diretta l'ordine e la sicurezza pubblica, i

quali vengono compromessi dalla criminalità organizzata che

esplica la propria attività illecita, oltre che nelle forme tradizio

nali, anche in forme surrettizie tali da consentire alla medesima

di conseguire gli obiettivi illeciti prefissati, influendo, in varia

misura, sull'attività degli organi degli enti locali, al fine di con

dizionarne le determinazioni.

È di tutta evidenza, pertanto, che l'autorità statale è necessi tata ad agire anche su tali organi e ciò non in funzione di con

trollo degli stessi, ma per sottrarre i medesimi ai condiziona

menti, diretti o indiretti, che i medesimi sono, talvolta, costretti

a subire, anche incolpevolmente, eliminando conseguentemente i «terminali decisionali» dai quali trarrebbe vantaggio la crimi

nalità organizzata. Con il secondo motivo di censura sollevano i ricorrenti la

questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 d.l. 31 maggio 1991 n. 164, convertito con modificazioni nella 1. 22 luglio 1991

n. 221, per contrasto con gli art. 3, 27 e 51 Cost.

Assumono i ricorrenti che il provvedimento di scioglimento di un organo elettivo si traduce in una irrazionale compressione del diritto di accesso alle cariche elettive dei relativi titolari ed

una limitazione del diritto soggettivo pubblico di elettorato atti

vo, diritti entrambi di livello costituzionale, caratterizzata dalla

assoluta indeterminatezza e genericità, senza un preventivo con

trollo giurisdizionale, che può essere disposta, per i soggetti non

sospettati di collusione con la criminalità organizzata né di con

dizionamento, a titolo di responsabilità oggettiva. La sollevata questione, ad avviso del collegio, è manifesta

mente infondata.

Della materia si è recentemente occupata la Corte costituzio

nale, la quale, con la sentenza n. 103 del 19 marzo 1993, ha

individuato i canoni interpretativi dell'art. 15 bis 1. 19 marzo 1990 n. 55, come modificata dal d.l. 31 maggio 1991 convertito

nella 1. 22 luglio 1991 n. 221, che, alla stregua della ricostruzio

ne operata dalla corte, è esente dai dedotti vizi di incostituzio

nalità.

Ha osservato la corte che la disposizione in argomento è for

mulata in modo di assicurare il rispetto dei principi che si assu mono violati, e contiene in sé tutti gli elementi idonei a garanti re obiettività e coerenza nell'esercizio dello straordinario potere di scioglimento degli organi elettivi conferito all'autorità ammi

nistrativa.

Tale potere è previsto nella ricorrenza di talune situazioni fra

loro alternative, quali a) i collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata, ti) le forme di condizionamento degli amministratori, ma sempre che risulti che l'una o l'altra situa

zione compromettano la libera determinazione degli organi elet tivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e pro vinciali nonché il regolare funzionamento dei servizi loro affi

dati, ovvero quando il suddetto collegamento o le suddette forme di condizionamento risultino «tali da arrecare grave e perduran te pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica».

Il Foro Italiano — 1993.

L'adozione del provvedimento di scioglimento degli organi elettivi locali, che ha natura sanzionatoria nei confronti dell'or

gano elettivo considerato nel suo complesso, in ragione della

sua inidoneità ed amministrare l'ente locale per effetto del con

dizionamento dell'organo medesimo (situazione questa che può

profilarsi non necessariamente in conseguenza di comportamen ti illegali di taluno degli amministratori) è ancorato, quindi, al

la ricorrenza di alcune situazioni di fatto, in connessione con

il verificarsi di certe conseguenze reputate pregiudizievoli. Tali situazioni di fatto devono essere necessariamente suffra

gate da obiettive risultanze che rendano attendibili le ipotesi di collusione anche indirette degli organi elettivi con la crimina

lità organizzata si da rendere pregiudizievole per i legittimi inte

ressi delle comunità locali il permanere di quegli organi alla

guida degli enti esponenziali di esse.

La corte ha, pertanto, sancito che «la norma impugnata non

esclude affatto che il provvedimento di scioglimento debba es

sere motivato con risultanze obiettive circa l'effettiva sussisten

za di quelle situazioni nonché argomentato in modo plausibile sulle conseguenze che da esse siano derivate o possano derivare

sul piano della funzionalità e della imparzialità degli organi stessi

o su quello della sicurezza pubblica. Ma appare pur sempre evi

dente che, una volta assicurati quegli adempimenti, deve rite

nersi in armonia con i principi costituzionali, che l'autorità che

deve provvedere sia dotata di poteri latamente discrezionali per valutare nel suo prudente apprezzamento e con riferimento a

tutto il contesto di circostanze prese in considerazione, nel qua dro del particolare fenomeno della criminalità organizzata le

conseguenze pregiudizievoli che ritenga si siano prodotte o pos sano prodursi sul terreno degli interessi pubblici da salva

guardare». Orbene — precisa la corte — «anche in presenza di tale lati

tudine di apprezzamenti, la garanzia della tutela giurisdizionale

appare sufficientemente assicurata dalla possibilità, per il giudi ce amministrativo, di verificare la sussistenza degli elementi di

fatto — precisi, secondo quanto affermato nella circolare del

ministero dell'interno n. 7102/M/6 del 25 giugno 1991 — quali

vengono asseriti nella motivazione, che all'uopo deve essere for

nita dall'organo che emana il provvedimento di scioglimento, nonché di valutare, sotto il profilo della logicità, il significato attribuito agli elementi di fatto su cui ci si fondi e l'iter seguito

per pervenire a certe conclusioni. Del resto, la consistenza fat

tuale degli «elementi» su cui le misure di scioglimento devono

essere fondate si accentua ulteriormente in rapporto alle fonti

informative da cui quegli elementi sono rilevati».

Cosi ricostruiti dalla Corte costituzionale i limiti nei quali

può trovare legittima applicazione l'art. 15 bis 1. 19 marzo 1990

n. 55 risulta evidente che la norma in questione si sottrae alle

questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla difesa dei

ricorrenti.

Le censure mosse dai ricorrenti a tale disposizione di legge, come innanzi rilevato, possono cosi essere, sostanzialmente, sin

tetizzate: a) massima indeterminatezza e genericità della norma,

b) mancata previsione di un qualsiasi controllo giurisdizionale, c) la misura afflittiva colpirebbe anche soggetti non sospettati di collusioni con la criminalità organizzata né di condizionamenti.

Osserva il tribunale, per quanto attiene al punto sub a), che

la norma esige una stringente conseguenzialità tra l'emersione

da un lato di una delle due situazioni prefigurate dal legislatore

(«collegamenti» o «forme di condizionamento») e dall'altro di una delle due evenienze, l'una in atto, quale la compromissione della libertà di determinazione e del buon andamento ammini

strativo nonché del regolare funzionamento dei servizi, l'altra

conseguente ad una valutazione di pericolosità, espressa dalla

disposizione impugnata con la formula «tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica».

Da ciò discende che viene meno la dedotta censura di indeter

minatezza e genericità della norma, atteso che dal provvedimen to devono necessariamente emergere dei canoni di congruità ar

gomentativa e conclusiva volti a dimostrare la accertata consta

tazione della sussistenza di una delle due situazioni anzidette

dalla quale (o dalle quali) discenda quella compromissione o

This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 6: sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993, n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natoli ed altri (Avv. Merlo) c. Pres. cons. ministri, Min. interno, Prefetto di Messina

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

quel pregiudizio cui il legislatore ha inteso ovviare nel prevedere la misura.

In tale preciso ambito appare, pertanto, conforme al dettato

costituzionale l'esercizio del potere di imporre limitazioni al di

ritto di accesso e di mantenimento delle cariche pubbliche e ciò

in vista della superiore tutela dell'ordine pubblico e della sicu

rezza pubblica, non essendo cosi violati i principi di eguaglian za e di ragionevolezza.

Né, peraltro, risulta violato l'art. 51 Cost., atteso che il dirit

to di accesso alle cariche elettive (ed il relativo diritto di mante

nimento delle stesse), che è garantito «secondo i requisiti stabi

liti dalla legge», viene limitato dall'autorità governativa soltan

to a seguito della dimostrata emersione di evidenti situazioni

di fatto che rendono pregiudizievole per i legittimi interessi del

le comunità locali il permanere di organi inidonei ad ammini

strare l'ente.

Anche su tale questione si è pronunciata la Corte costituzio

nale la quale, con la recente sentenza 103/93, ha osservato che

«nella specie non si è in presenza né di limitazioni legate al

diritto di voto del singolo, né di limitazioni all'accesso agli uffi

ci pubblici ed alle cariche elettive, derivanti da condizioni per

sonali del cittadino, bensì di effetti indiretti della misura san

zionatoria in questione che è volta a colpire non i singoli com

ponenti dei consigli elettivi né, tantomeno, i cittadini,

singolarmente considerati, del comune o della provincia, bensì'

l'organo elettivo nel suo complesso». Ben può, pertanto, la legge ordinaria, nello stabilire i «requi

siti», dettare norme volte ad impedire che, indebite interferenze

nella formazione della volontà dell'organo collegiale incidano

sulla sua libera determinazione, compromettendo il regolare fun

zionamento dell'ente.

Non risulta violato, ad avviso del collegio, l'art. 24 Cost.,

atteso che la impugnata norma non limita la tutela giurisdizio nale dei diritti dei componenti del consiglio comunale del quale sia stato disposto lo scioglimento.

Va ribadito che la Corte costituzionale, nella citata sentenza

103/93, ha osservato sul punto, come già in precedenza riferito,

che «la garanzia della tutela giurisdizionale appare sufficiente

mente assicurata dalla possibilità, per il giudice amministrativo,

di verificare la sussistenza degli elementi di fatto "precisi" qua

li vengono asseriti nella motivazione, che all'uopo deve essere

fornita dall'organo che emana il provvedimento di scioglimen

to, nonché di valutare, sotto il profilo della logicità, il significa

to attribuito agli elementi di fatto su cui ci si fondi e l'iter se

guito per pervenire a certe conclusioni».

I principi generali elaborati dalla giurisprudenza, e, peraltro,

oggi normativamente sanciti dall'art. 3 1. 241/90, in ordine alla

motivazione dei provvedimenti amministrativi restrittivi delle sfere

giuridiche dei destinatari, trovano applicazione, per le ragioni

precedentemente illustrate in occasione dell'esame della eccezio

ne di inammissibilità, anche per i provvedimenti di scioglimento

dei consigli comunali, adottati ai sensi dell'art. 15 bis 1. 55/90.

Si è, infatti, affermato il principio che in questo particolare

tipo di atti si debba adeguatamente dar conto della sussistenza

dei presupposti di fatto, del nesso logico fra questi e le determi

nazioni che, muovendo da essi, vengono adottate, della con

gruità dei sacrifici operati in relazione alle finalità da perseguire. Va esaminata la sollevata questione relativa alla violazione

dell'art. 27 Cost., sotto il profilo che la misura afflittiva, nella

specie, verrebbe inflitta indipendentemente dall'accertamento di

qualsivoglia responsabilità del destinatario e sulla scorta di meri

sospetti, mentre la presunzione costituzionale di non colpevo

lezza non può ragionevolmente essere ristretta al campo della

sola responsabilità penale, ma deve ricomprendere anche ogni

ipotesi di trattamento afflittivo in senso lato, ivi comprese quel

le misure amministrative che costituiscono direttamente o indi

rettamente un'attribuzione di demerito sociale. Sarebbe, inol

tre, irrazionale che la limitazione della garanzia costituzionale

possa essere disposta anche nei confronti di soggetti non sospet

tati e ciò per il solo fatto di far parte di un organo collegiale

in cui alcuni dei componenti possono essere responsabili di col

lisioni con la criminalità o da questa comunque condizionati.

Osserva il tribunale al riguardo che, cosi come ha chiarito

Il Foro Italiano — 1993.

la Corte costituzionale, con la più volte citata sentenza 103/93, la misura in esame fuoriesce dai modelli procedimentali previsti da altre disposizioni che attengono a singole persone, in quanto essa è rivolta nei confronti dell'organo elettivo considerato nel

suo complesso in ragione della sua inidoneità ad amministrare

l'ente locale.

Questa costituisce, pertanto, una misura di carattere sanzio

natorio che intende sottrarre gli organi elettivi, diretti destinata

ri, all'influenza della criminalità organizzata. Il legislatore l'ha,

infatti, qualificata come «misura urgente . . . conseguente ai fe

nomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso».

Consegue da quanto sopra che non possono venire in rilievo, nella specie, considerazioni che attengono ai singoli componenti

l'organo elettivo, i quali possono essere soggettivamente non

responsabili della inidoneità dell'ente a gestire la cosa pubblica, ma che, non potendo esercitare il loro diritto, scaturente dal

mandato ricevuto dagli elettori, se non collegialmente, subisco

no, indirettamente, la misura sanzionatoria rivolta nei confron

ti dell'organo elettivo nel suo complesso. Perde ogni consistenza, pertanto, il dedotto profilo del carat

tere personale della responsabilità, che, peraltro, è costituzio

nalmente garantito soltanto nel campo penale, mentre la richie

sta puntuale motivazione, come si è in precedenza rilevato, mette

al riparo l'organo sanzionato dalla eventuale irrogazione della

misura dello scioglimento in mancanza di precisi elementi in

ordine alla sussistenza dei presupposti di fatto richiesti dalla

norma.

Il collegio passa, quindi, all'esame del terzo motivo di censu

ra, con il quale viene dedotto il vizio di eccesso di potere sotto

i profili del difetto e della contraddittorietà della motivazione, del difetto dei presupposti, della illogicità manifesta e dello

sviamento.

Assumono, in concreto, i ricorrenti che dalla motivazione del

provvedimento impugnato emergono soltanto giudizi, illazioni,

ovvero circostanze di fatto irrilevanti che, pur valutati nel loro

complesso, sono insufficienti a sorreggere la determinazione

adottata.

La censura, ad avviso del collegio, è priva di pregio e non

può, pertanto, essere condivisa.

Nella relazione del ministro dell'interno, in atti, si fa riferi

mento ai seguenti fatti, accertati dagli organi di polizia:

1) i fratelli Mollica, imprenditori di Piraino, hanno consegui to una rapida ascesa nel mondo imprenditoriale;

2) l'ex sindaco di Piraino, sig. Raffaele Cusmano, denuncia

all'arma dei carabinieri di temere per la propria incolumità aven

do rilevato gravi, presunte irregolarità commesse dalla Siaf (di

proprietà dei Mollica, per l'80%) nell'esecuzione dei lavori di

costruzione di una strada nel comune di Piraino, irregolarità sulle quali lo stesso riferisce immediatamente alla procura della

repubblica di Patti con un dettagliato esposto;

3) i sig. Mollica, tramite una ragnatela di amicizie, di paren

tele, di comparato e di connivenze «muovono» la volontà di

12 consiglieri su 20 e promuovono, tramite questi, il 26 marzo

1991, una mozione di sfiducia nei confronti del sindaco Cusma

no, determinandone le dismissioni, cui fa seguito l'elezione di

una nuova giunta presieduta dal sig. Granata Antonio, assunto

in data 5 marzo 1991 nella Edil costruzioni, retta da Mollica

Domenico, e successivamente licenziato il 2 maggio 1991, per

assumere l'incarico sindacale il 17 giugno successivo;

4) i sig. Mollica, secondo una indagine condotta dall'arma

dei carabinieri, ed ancora in istruttoria preliminare presso l'au

torità giudiziaria, «vengono indicati in contatto o comunque

sotto la protezione di elementi di spicco della criminalità orga

nizzata della provincia».

Conclusivamente, «gli elementi riferiti evidenziano, come gli

amministratori del comune di Piraino siano fortemente e con

cretamente condizionati nelle loro scelte, subordinate ad inte

ressi di parte, e conseguentemente come risulti fortemente com

promessa la libera determinazione degli organi elettivi ed il buon

andamento di quella amministrazione comunale, nonché il cor

retto funzionamento dei servizi ad essa affidati. Appare di tutta

evidenza che la situazione è tale da poter recare pregiudizio allo

stato della sicurezza pubblica».

This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 7: sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993, n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natoli ed altri (Avv. Merlo) c. Pres. cons. ministri, Min. interno, Prefetto di Messina

PARTE TERZA

Da qui il decreto di scioglimento disposto dal capo dello Sta

to, ed impugnato con il ricorso in esame.

Dalla documentazione in atti emerge chiaramente che in pas sato erano intercorsi buoni rapporti di amicizia tra il sig. Cu

smano, sindaco di Piraino da oltre venti anni, ed i fratelli Mol

lica e che tali rapporti, soltanto di recente, hanno subito una

qualche incrinatura; emerge, inoltre, che gli stessi, sono in con

dizione di influenzare la volontà di consiglieri comunali.

Dalla registrazione di una conversazione telefonica, intercor

sa tra il sindaco sig. Cusmano e la sig. Cipriani Gloria, in data

17 aprile 1991 (e cioè a dire dopo che era stata presentata la

mozione di sfiducia e prima della elezione della nuova giunta), versata in atti dai ricorrenti medesimi, si evince che i buoni

rapporti tra i fratelli Mollica ed il predetto sindaco si erano

improvvisamente deteriorati al punto che quest'ultimo non riu

sciva più a parlar loro e chiedeva i buoni uffici della sua inter

locutrice (amica di questi) al fine di intervenire sugli stessi per ché gli mantenessero l'appoggio nell'ambito del consiglio comu

nale mediante il voto favorevole dei consiglieri a loro vicini,

che il sig. Cusmano quantifica in numero di sei.

La interlocutrice del sindaco, la quale dal contesto della tele

fonata appare in grado di svolgere la richiesta funzione «di rac

cordo» (infatti non nega, anzi promette, il suo intervento) si

mostra a conoscenza della amicizia tra loro (fratelli Mollica e

sig. Cusmano) e meravigliata dalla intervenuta freddezza, che

attribuisce ad interferenze di terze persone, mentre il sig. Cu

smano fa riferimento a vicende giudiziarie. Le affermazioni del sig. Cusmano innanzi riportate trovano

riscontro nella relazione presentata dal ministro dell'interno il

quale evidenzia che nel consiglio comunale figurano tra gli altri:

Pintaudi Basilio, «compare dei Mollica, per avere la figlia del primo cresimato una figlia di Mollica Domenico (la difesa

dei ricorrenti precisa trattarsi del battesimo e non della cresima,

precisazione che deve ritenersi ininfluente); Casamento Ignazio, cognato di Mollica Pietro per aver spo

sato la sorella del primo; Scaffidi Lallaro Costantino, dipendente Siaf per il settore le

gale (circostanza non negata dai ricorrenti);

Miragliotta Giuseppe e Traviglia Antonio in rapporti di con

sulenza o di affari con l'impresa (circostanza negata dai ri

correnti); Mastrolembo Ventura Salvatore, legatissimo ai Mollica (i ri

correnti ammettono una ordinaria conoscenza sin dall'infanzia). I fatti innanzi rilevati dall'autorità governativa trovano, co

me innanzi detto, sostanziale conferma nelle parole del sig. Cu

smano e nella obiettiva circostanza della formazione della nuo

va giunta dalla quale quest'ultimo veniva estromesso, come egli stesso aveva paventato, allorché aveva chiesto l'intervento della

sig. Cipriani presso i fratelli Mollica.

L'avvocatura erariale ha depositato documentazione relativa

a disposizioni di testi in processi penali. Dalle stesse si evince

che i sig. Mollica avevano subito attentati con danneggiamento di attrezzature di cantiere. Tale circostanza trova conferma nel

la documentazione versata dai ricorrenti, laddove vengono am messi detti fatti delittuosi, anche se viene precisato che i sig. Mollica hanno denunciato i danneggiamenti estortivi subiti. De

ve ritenersi pertanto assodato che i medesimi sono stati vittime

della criminalità organizzata e conseguentemente, anche in rela

zione al clima di intimidazione a quell'epoca esistente, acquista un grado maggiore di credibilità la circostanza riportata, come innanzi precisato, nella relazione del ministro dell'interno ed

attinta dalle indagini condotte dall'arma dei carabinieri, che gli

imprenditori sottoposti a pressioni estortive abbiano cercato o

dovuto accettare, anche obtorto collo, protezione dalla stessa

organizzazione criminale.

Senza volere compiere valutazioni che non appartengono al l'ambito di attribuzioni di questo giudice, va, tuttavia, rilevato — e in tale ambito va limitata la cognizione riservata al tribu

nale — che i fatti esposti negli atti acquisiti assumono una loro

conseguenzialità logica, per cui i rapporti di contiguità tra i sig. Mollica e la criminalità organizzata — ai quali si fa riferimen

to nella relazione ministeriale — escludendo ogni collateralità

degli stessi con quest'ultima, possono trarre origine da una sì

Il Foro Italiano — 1993.

tuazione di «soggezione» (in quanto «vittime» di reati), nella

quale i medesimi si trovano costretti ad operare (come, peral

tro, molti altri imprenditori, che, come è noto, vengono inco

raggiati in vario modo a collaborare con le autorità di polizia),

per cui si realizza, per tale via, quel collegamento indiretto degli amministratori con la criminalità organizzata, posto anch'esso

a presupposto dell'impugnato provvedimento. Da tutto ciò consegue che nel caso di specie, nella motivazio

ne del provvedimento oggetto della presente impugnativa, ap

paiono sussistere quei presupposti di fatto ai quali deve essere

ancorata la misura sanzionatoria comminata.

Emergono, altresì, sia il nesso logico tra questi e la determi

nazione adottata, sia le conseguenze che da queste possono de

rivare sul piano della funzionalità e della imparzialità degli or

gani dell'ente, atteso che la mozione di sfiducia nei confronti

del precedente sindaco e la elezione della nuova giunta risultano

scaturire da influenze esterne all'organo collegiale dell'ente.

I citati presupposti risultano sufficienti, secondo i parametri dettati dalla Corte costituzionale, per considerare legittima la

misura sanzionatoria irrogata nei confronti dell'organo elettivo, e ciò in quanto, una volta accertata la esistenza delle situazioni

di fatto la connessione con il verificarsi di certe conseguenze

reputate pregiudizievoli, che si siano prodotte o che possano

prodursi sul terreno degli interessi pubblici da salvaguardare, va valutata dall'autorità che deve provvedere, dotata di poteri latamente discrezionali, nel suo prudente apprezzamento e con

riferimento a tutto il contesto delle circostanze prese in conside

razione, nel quadro del particolare fenomeno della criminalità

organizzata. In conclusione, pertanto, il ricorso va respinto.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 5 aprile 1993, n. 568; Pres. Schi

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 5 aprile 1993, n. 568; Pres. Schi

naia, Est. Zaccardi; Stanzione (Aw. De Bellis) c. Min. gra zia e giustizia (Avv. dello Stato Arena).

Ordinamento giudiziario — Promozioni e funzioni — Periodo

di osservazione obbligatorio — Valutazione di periodi ante

riori — Ammissibilità — Valutazione di fatti già oggetto di

procedimento disciplinare — Ammissibilità (L. 20 dicembre

1973 n. 831, modifiche dell'ordinamento giudiziario per la

nomina a magistrato di Cassazione e per il conferimento de

gli uffici direttivi superiori, art. 1, 4). Atto amministrativo — Procedimento — Procedura concorsua

le pubblica a domanda — Comunicazione dell'avvio del pro cedimento — Obbligo — Esclusione (L. 7 agosto 1990 n. 241, norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto

di accesso ai documenti amministrativi, art. 7). Atto amministrativo — Procedimento — Responsabile — Or

gano collegiale — Esclusione (L. 7 agosto 1990 n. 241, art. 4).

È legittimo il provvedimento con cui il Consiglio superiore della

magistratura, ai fini della dichiarazione di idoneità ad essere

ulteriormente valutato ai fini della nomina a magistrato di

Cassazione, estende la sua valutazione ai precedenti di servi

zio anteriori al settennio oggetto di esame obbligatorio, ri

comprendendovi anche comportamenti già valutati in sede di

sciplinare, ove li ritenga ancora incidenti sulla capacità pro

fessionale del magistrato (nella specie, è stata considerata osta

This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended