sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993, n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natolied altri (Avv. Merlo) c. Pres. cons. ministri, Min. interno, Prefetto di Messina (Avv. delloStato Genovese)Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 9 (SETTEMBRE 1993), pp. 465/466-475/476Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187783 .
Accessed: 24/06/2014 22:57
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
renza della Chiesa nell'attività dell'istruzione statale, esclusa e
non consentita dalla Costituzione.
Una interferenza che addirittura elimina l'insegnamento della
materia curriculare e la normale ora di lezione, ad essa sosti
tuendo un atto di culto o la celebrazione di un rito religioso 0 una visita pastorale, che nulla hanno a che fare con la forma
zione scolastica dello studente e con la didattica scolastica e
che nulla hanno a che fare neanche con l'insegnamento della
religione. La chiesa è libera di svolgere queste attività nelle scuole che
essa stessa istituisce, non può però svolgerle nelle scuole dello
Stato e nell'ambito di esse, e gli organi pubblici che questo con
sentano commettono senza dubbio una illegittimità. Ma il fatto più notevole e più antigiuridico è che le pratiche
religiose e gli atti di culto, a torto ritenuti attività extrascolasti
che (ma la erronea qualificazione è chiaramente strumentale) abbiano luogo e svolgimento in orario scolastico, cioè negli orari
destinati alle normali lezioni, all'insegnamento cioè delle mate
rie oggetto dei programmi della scuola statale. E vengano per ciò previsti in luogo ed in sostituzione delle normali ore di lezione.
Questo soprattutto è l'aspetto di illegittimità per violazione
e falsa interpretazione ed applicazione della legge (art. 6, 2°
comma, lett. d ed /, d.p.r. 31 maggio 1974 n. 416) delle impu
gnate deliberazioni dei consigli di circolo di Vergato e di Bologna. Il tribunale cosi perviene alla decisione di merito, negando
validità alle eccezioni pregiudiziali sollevate dall'avvocatura del
lo Stato: per riconoscere nei ricorrenti l'interesse all'impugna zione basterà considerare che in una situazione di adesione, an
che di un solo studente o anche di un solo docente alla celebra
zione del rito religioso o al compimento dell'atto di culto o
alla visita pastorale, durante le normali ore di lezione, avver
rebbe che lo studente aderente rinuncerebbe all'insegnamento di una materia curricolare — e non potrebbe neanche farlo —
oppure, nel caso di allontanamento dalla classe del docente,
si avrebbe lo stesso effetto per tutti gli studenti della classe,
1 quali verrebbero cosi privati dell'insegnamento della materia
per quell'orario prevista nel calendario scolastico.
E quand'anche il docente venga da altro docente non aderen
te sostituito, ne deriverebbe la lezione di una diversa disciplina e in ogni caso un fatto interruttivo del metodo normale di inse
gnamento o non in armonia con lo stato di svolgimento del
programma quale tenuto dal docente della classe.
In ogni caso un turbamento e un disordinamento, un intral
cio ed un pregiudizio all'ordinato e normale andamento dell'at
tività scolastica, formativa ed educativa, con ovvio, evidente
danno per la formazione culturale degli studenti, che è la pri maria finalità della scuola.
E non può certo dubitarsi che i genitori degli studenti abbia
no interesse a che i giovani, per questo fine appunto mandati
a scuola, ricevano dagli insegnanti, cioè dalle loro fonti istitu
zionali di istruzione, quella istruzione e quel bagaglio culturale
che servirà loro nella vita e nelle realizzazioni future. E non
ne siano invece distratti da attività e pratiche in nessun modo
attinenti alla vita e alle attività della scuola, anzi ad esse del
tutto estranee.
Certamente, anche il comitato bolognese «Scuola e Costitu
zione», le cui finalità si colgono immediatamente dalla stessa
sua denominazione, ha, come associazione al fine specifico di
retta, effettivo ed innegabile interesse alla impugnazione, per motivi sostanzialmente coincidenti con quelli dei genitori degli studenti.
Qui non si tratta di garantire agli studenti o ai professori la facoltà di non partecipare al compimento degli atti di culto
e alle pratiche religiose — facoltà dalle impugnate delibere assi
curata — il problema è a monte ed è un altro: la illegittimità
delle deliberazioni dei consigli di circolo sta, esattamente e fon
damentalmente, nell'avere consentito l'inserimento, al posto delle
normali ore di lezione, di attività del tutto estranee alla scuola
ed alle sue finalità istituzionali. Un fatto oggettivo, che resta
ovviamente tale nella sua antigiuridicità, anche se si prevede
la facoltà di studenti o docenti di non partecipazione.
L'assicurazione di questa facoltà non elimina, come è eviden
te, il fatto obiettivo del turbamento e dello sconvolgimento del
Il Foro Italiano — 1993.
normale e ordinato andamento della vita e dell'attività scolasti
ca conseguente e consistente nella soppressione, non importa se anche limitata ad una solta unità, dell'ora di ordinario inse
gnamento e nella previsione, in luogo di essa, della effettuazio
ne di una attività affatto estranea alle finalità e alla vita della
scuola statale. Di un atto di fede che si compie nei templi a ciò destinati o nel foro interno della propria coscienza e non
certo nelle sedi e negli ambiti scolastici.
Un'alterazione ed un sovvertimento del normale e previsto andamento scolastico e del funzionamento della scuola con rea
le nocumento per lo studio e la formazione degli studenti, nel
che appunto sta la illegittimità delle impugnate deliberazioni.
I ricorsi, infine, non andavano notificati alla Chiesa cattolica
la quale nella fattispecie processuale non è presente quale istitu
zione, bensì quale entità spirituale, come tale priva di una sog
gettività giuridica e di un non riconoscibile controinteresse.
Per quanto detto, le deliberazioni dei consigli di circolo im
pugnate coi ricorsi giurisdizionali, sono illegittime per violazio
ne della legge e vanno per conseguenza annullate.
Dall'annullamento va esclusa la impugnata circolare ministe
riale la quale, presentandosi come un atto dal contenuto e dalla
finalità soltanto interpretativi, non ha attitudine lesiva delle po sizioni soggettive dei ricorrenti.
I ricorsi giurisdizionali vanno dunque accolti, con l'annulla
mento delle impugnate deliberazioni dei consigli di circolo di
Vergato e di Bologna, siccome affette da illegittimità per viola
zione e falsa interpretazione ed applicazione della legge, preci samente dell'art. 6, 2° comma, lett. d) ed f), d.p.r. 31 maggio 1974 n. 416.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SI CILIA; sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993,
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SI CILIA; sede di Catania; sezione I; sentenza 23 maggio 1993,
n. 372; Pres. Trovato, Est. Passanisi; Natoli ed altri (Avv.
Merlo) c. Pres. cons, ministri, Min. interno, Prefetto di Mes
sina (Aw. dello Stato Genovese).
Sicilia — Consiglio comunale — Scioglimento in base alla legis lazione nazionale antimafia — Natura — Sindacabilità da parte del giudice amministrativo (R.d. 26 giugno 1924 n. 1054, t.u.
sul Consiglio di Stato, art. 31; r.d. leg. 15 maggio 1946 n.
455, statuto della regione siciliana, art. 14, 15; 1. reg. sic.
15 marzo 1963 n. 16, ordinamento amministrativo degli enti
locali, art. 54; 1. 19 marzo 1990 n. 55, nuove disposizioni
per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre
gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale, art.
15 bis; 1. 8 giugno 1990 n. 142, ordinamento delle autonomie
locali, art. 39; d.l. 31 maggio 1991 n. 164, misure urgenti
per lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e degli
organi di altri enti locali, conseguente a fenomeni di infiltra
zione e di condizionamento di tipo mafioso, art. 1; 1. 22 lu
glio 1991 n. 221, conversione in legge, con modificazioni, del
d.l. 31 maggio 1991 n. 164, art. 1). Sicilia — Consiglio comunale — Scioglimento in base alla legis
lazione nazionale antimafia — Legittimità (R.d. leg. 15 mag
gio 1946 n. 455, art. 14, 15; 1. reg. sic. 15 marzo 1963 n.
16, art. 54; 1. 19 marzo 1990 n. 55, art. 15 bis; 1. 8 giugno 1990 n. 142, art. 39; d.l. 31 maggio 1991 n. 164, art. 1; 1.
22 luglio 1991 n. 221, art. 1). Comune e provincia — Consiglio comunale — Scioglimento in
base alla legislazione antimafia — Questioni manifestamente
infondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 27, 51; 1. 19
This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE TERZA
marzo 1990 n. 55, art. 15 bis; 1. 7 agosto 1990 n. 241, nuove
norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto
di accesso ai documenti amministrativi, art. 3; d.l. 31 maggio 1991 n. 164, art. 1; 1. 22 luglio 1991 n. 221, art. 1).
Comune e provincia — Consiglio comunale — Scioglimento in
base alla legislazione antimafia — Legittimità — Fattispecie
(L. 19 marzo 1990 n. 55, art. 15 bis; d.l. 31 maggio 1991
n. 164, art. 1; 1. 22 luglio 1991 n. 221, art. 1).
Il provvedimento di scioglimento del consiglio di comune sici
liano in base alla legislazione nazionale emanata per combat
tere la mafia — adottato previa deliberazione del consiglio dei ministri (e contestuale trasmissione alle camere) con la
partecipazione del presidente della regione, e disposto con de
creto del presidente della repubblica — ha carattere non di
atto politico, bensì di alta amministrazione, come tale idoneo
ad ingenerare situazioni giurìdiche di interesse legittimo e sog
getto a sindacato da parte del giudice amministrativo. (1) È legittimo lo scioglimento del consiglio di comune siciliano
in base alla legislazione nazionale emanata per combattere la
mafia, che sia stato deliberato dal consiglio dei ministri con
la partecipazione del presidente della regione, e disposto con
decreto del presidente della repubblica, secondo il procedi mento previsto da tale legislazione, indipendentemente dalla
legislazione regionale relativa allo scioglimento dei consigli. (2) Sono manifestamente infondate, alla stregua della ricostruzione
operata da Corte cost. 19 marzo 1993, n. 103, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 15 bis /. 19 marzo 1990
n. 55, introdotto dall'art. 1 d.l. 31 maggio 1991 n. 164, con
vertito con modificazioni nella l. 22 luglio 1991 n. 221, in
tema di scioglimento di consigli comunali infiltrati o condi
zionati dalla delinquenza mafiosa, in riferimento agli art. 3,
24, 27, 51 Cost. (3) È legittimo, anche secondo i parametri dettati da Corte cost.
19 marzo 1993, n. 103, il decreto presidenziale di scioglimen to di consiglio comunale, in base alla legislazione emanata
per combattere la mafia, ove, una volta accertata l'esistenza del
le situazioni di fatto, la connessione con il verificarsi di certe
conseguenze reputate pregiudizievoli, che si siano prodotte o
che possano prodursi sul terreno degli interessi pubblici da
salvaguardare, sia stata valutata dall'autorità che deve prov
vedere, dotata di poteri latamente discrezionali, nel suo pru dente apprezzamento e con riferimento a tutto il contesto del
le circostanze prese in considerazione, nel quadro del partico
(1-4) I. - Il Tar Sicilia prende tempestivamente atto di Corte cost. 19 marzo 1993, n. 103 e 29 ottobre 1992, n. 407 riprodotte, insieme a Corte cost. 5 maggio 1993, n. 218, in questo fascicolo, parte prima, con nota di richiami.
II. - Il Tar risolve la questione di cui alla prima massima, escludendo la possibilità di ricondurre il provvedimento di scioglimento nella specie degli atti politici, sottratto come tale al sindacato giurisdizionale: cfr., oltre alla motivazione di Corte cost. 103/93, cit., i richiami nella nota in Foro it., 1991, I, 3230 ed anche Cass. 17 novembre 1989, n. 4904, id., 1993, I, 1654, che ha escluso la natura politica degli atti di gestione del rapporto di impiego del personale dei servizi segreti; Cass. 8 gen naio 1993, n. 124, ibid., 1487, ha ravvisato l'esercizio di potere politico nell'attività normativa del governo, ai fini del recepimento in d.p.r. degli accordi sindacali in materia di pubblico impiego ai sensi dell'art. 6 1. 93/83.
Per una famosa vicenda coinvolgente atto di alta amministrazione, come tale idoneo ad ingenerare in capo ai singoli soggetti situazioni
giuridiche di interesse legittimo e soggetto a sindacato da parte del giu dice amministrativo, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 1981, n. 340
(confermata da sez. un. 21 aprile 1982, n. 2476, id., 1982, I, 1256, con osservazioni di C. M. Barone), id., 1981, III, 415; per recente dot trina su tali atti cfr. i richiami nella nota di M. Condemi, id., 1991, I, 3205.
Del tutto singolari in questo quadro le affermazioni, in tema di alta
amministrazione, di Cass., sez. un., 29 marzo 1989, n. 1531 ibid., che ritenne sussistente il difetto assoluto di giurisdizione sulla domanda con cui un azionista del Banco Ambrosiano chiedeva alla Banca d'Italia il risarcimento dei danni subiti, perché essa, pur dopo aver rilevato che il banco aveva fatto affluire illecitamente all'estero cospicui fondi a favore di corrispondenti esteri non bancari, aveva omesso di pro
li. Foro Italiano — 1993.
lare fenomeno della criminalità organizzata (nella specie, il
provvedimento era stato adottato, tra l'altro, in quanto i fatti accertati dagli organi di polizia avevano evidenziato come gli amministratori del comune fossero condizionati, fortemente e concretamente tramite una ragnatela di parentele, di com
parato e di connivenze, nelle loro scelte, da imprenditori lo
cali indicati in contatto o quantomeno in collegamento indi
retto con la criminalità organizzata e conseguentemente come
la mozione di sfiducia nei confronti del precedente sindaco
e la elezione della nuova giunta fossero risultate scaturire da
influenze esterne al consiglio riducendone fortemente la libe
ra determinazione e compromettendo il buon andamento di
quella amministrazione comunale, nonché il corretto funzio namento dei servizi affidati agli amministratori, con relativo
pregiudizio allo stato della sicurezza pubblica). (4)
Diritto. — Il collegio prende in esame, in via preliminare, l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'avvocatura erariale, nell'assunto della natura politica del provvedimento di sciogli mento impugnato che, per tale ragione, sarebbe insuscettibile
di sindacato giurisdizionale, ai sensi dell'art. 31 t.u. 26 giugno 1924 n. 1054.
La natura politica dell'atto in esame si riconnetterebbe, se
condo la difesa delle resistenti amministrazioni sotto il profilo sostanziale, al compito primario dell'autorità di governo, che
ne risponde a titolo di responsabilità politica nei confronti del
parlamento, di assicurare la libera determinazione degli organi elettivi da compromissioni provenienti da un potere riconosciu
to come eversivo e che determina una turbativa dell'ordine in
terno dello Stato.
Tali tesi troverebbe conforto, e sarebbe, pertanto, avvalorata
dal tipo di procedimento previsto dal 2° comma dell'art. 15 bis
della medesima disposizione di legge, laddove è stabilito che
lo scioglimento è disposto con decreto del presidente della re
pubblica, su proposta del ministro dell'interno, previa delibera
zione del consiglio dei ministri e contestuale trasmissione alle
camere.
L'intervento delle camere all'interno del procedimento di scio
glimento (e cioè, in una fase antecedente alla perfezione dell'at
to) risponderebbe all'esigenza di assicurare un tempestivo con
trollo politico da parte del parlamento su ogni singolo provve dimento di scioglimento predisposto dal governo ed esaurirebbe
ogni ulteriore sindacato sull'atto, anche di natura giurisdizionale.
porre al ministro del tesoro l'adozione dei provvedimenti previsti dagli art. 57 e 67 della legge bancaria.
Nella motivazione della sentenza infatti si legge a tal proposito che:
«per il combinato disposto degli art. 57 e 67 della legge bancaria, il ministro del tesoro, su proposta della Banca d'Italia, sentito il comi tato interministeriale per il credito e il risparmio può disporre lo sciogli mento degli organi amministrativi di azienda di credito, nonché la revo ca dell'autorizzazione all'esercizio del credito e la messa in liquidazione dell'azienda, ricorrendo le gravi irregolarità e violazioni previste dalle citate norme.
«È noto (sent. n. 2579 del 1988, id., 1988, I, 3328) che la Banca d'Italia e il governatore di essa, nell'esplicare l'attività relativa al con trollo della funzione creditizia, non agiscono rispettivamente quale ente
pubblico distinto dallo Stato, ma come organi diretti dello Stato. Cosic ché avendo la Banca d'Italia, nel caso addotto, agito nell'esercizio del
proprio potere pubblicistico — discrezionale e di alta amministrazione
—, la situazione soggettiva ad essa contrapposta dall'azionista non è tutelabile quale diritto soggettivo e neppure quale interesse legittimo.
«Osserva la corte che l'efficacia della facoltà di proposta, spettante alla Banca d'Italia quale autorità di vigilanza pubblica sulle aziende di credito, in quanto volta a provocare dal ministro del tesoro i provve dimenti di cui alle citate disposizioni degli art. 57 e 67 della legge ban
caria, è destinata ad esaurirsi unicamente nell'ambito di tale rapporto pubblicistico.
«Di talché rispetto al mancato esercizio da parte della Banca d'Italia del detto potere di proposta al ministro del tesoro non sono configura bili posizioni qualificate di terzi privati, suscettibili di subire lesioni tu telabili in sede di impugnativa giurisdizionale direttamente ed immedia tamente».
III. - In termini con la seconda massima, Tar Sicilia, sez. I, 31 marzo 1992, n. 103, id., 1993, III, 51.
This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
L'eccezione va disattesa. Va osservato al riguardo che la ca
tegoria degli atti politici deve essere individuata con criteri re
strittivi, stante il principio della indefettibilità della tutela giuris dizionale assicurata dagli art. 24 e 113 Cost., ed include soltan
to gli atti che attengono alla direzione suprema e generale dello
Stato considerato nella sua unità e nelle sue istituzioni fonda
mentali (cfr. sul punto Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 1986, n. 30, Foro it., Rep. 1986, voce Atto amministrativo, nn. 46,
47; Tar Lazio, sez. I, 23 dicembre 1991, n. 2201, id., Rep. 1992, voce Parlamento, n. 18).
I provvedimenti di scioglimento dei consigli comunali non pre sentano tali requisiti, giacché, da un lato la salvaguardia delle
amministrazioni locali delle ingerenze della criminalità organiz zata risponde ad un interesse specifico e delimitato dello Stato,
per quanto pressante e necessaria sia l'esigenza dell'intervento
e, d'altro lato, una volta che la norma abbia previsto i presup
posti ed i contenuti del provvedimento, le valutazioni di ordine
politico devono intendersi esaurite nella sede legislativa, restan
do al potere esecutivo il compito, che è proprio della sfera di
azione della potestà amministrativa, di rendere operante il det
tato della fonte primaria (cfr. Tar Lazio, sez. I, 27 luglio 1992, n. 1077, id., 1993, III, 51; Tar Sicilia, sez. I, 31 marzo 1993, n. 103; Corte cost. 10 marzo 1993, n. 103).
L'atto in esame, costituendo il primo grado di attuazione del
l'indirizzo politico nel campo amministrativo, rientra, invece tra
quegli atti di suprema direzione della pubblica amministrazio
ne, che la dottrina suole designare come atti di «alta ammini
strazione», i quali segnano il raccordo tra la funzione di gover
no, che è propria dello Stato-comunità e la funzione ammini
strativa, che è propria dello Stato-soggetto e che essi realizzano
al più alto livello.
L'attività di «alta amministrazione» attiene alle scelte di fon
do dell'azione amministrativa discrezionale ed è commessa ai
supremi organi di direzione della pubblica amministrazione.
L'esigenza del suo raccordo con gli interessi superiori e para metri della comunità è confermata dal fatto che, per tali atti, è richiesta la partecipazione del capo dello Stato.
Gli atti di «alta amministrazione» inerendo all'attività ammi
nistrativa sono soggetti al regime giuridico proprio degli atti
amministrativi. Essi sono, pertanto, sottoposti al sindacato giu risdizionale e, a differenza degli atti politici, non sono liberi
nella scelta dei fini, ma sono vincolati, pur nell'ampia discre
zionalità che contraddistingue l'alta amministrazione, ai fini se
gnati dalle leggi. Essi si collocano, pertanto, come innanzi detto, in posizione
di secondo grado rispetto agli atti di legislazione ordinaria.
Cosi individuata la natura giuridica dell'atto in esame, trova
ampia giustificazione, come innanzi osservato, l'intervento del
capo dello Stato nonché la delibera del consiglio dei ministri.
La contestuale trasmissione alle camere del provvedimento di
scioglimento deliberato dal consiglio dei ministri implica un con
trollo anche di natura politica da parte delle stesse sull'attività
di «alta amministrazione» posta in essere dal governo, ma non
modifica in alcun modo, per le ragioni innanzi illustrate, la na
tura giuridica del provvedimento stesso.
Va, peraltro, ancora osservato al riguardo che il nostro ordi
namento conosce svariate ipotesi di controllo parlamentare sul
la attività amministrativa, apprestati allo scopo di consentire
al parlamento di prendere conoscenza di atti o provvedimenti amministrativi che potrebbero mettere in giuoco la responsabili tà politica del governo. Basti ricordare a tale proposito, la tra
smissione dei decreti registrati con riserva, la trasmissione della
relazione sul rendiconto, la trasmissione della relazione sugli enti
pubblici sovvenzionati dallo Stato e, segnatamente, il controllo
parlamentare sulle nomine. Anche in tale ultima ipotesi l'inter
vento del parlamento avviene all'interno del procedimento, e
cioè a dire prima dell'adozione dell'atto terminale, e, ciò mal
grado, nessuno dubita, per tale ragione, sulla natura ammini
strativa dei provvedimenti in questione. II tribunale passa, quindi, all'esame del merito del ricorso.
Con il primo motivo di censura deducono i ricorrenti la in
competenza del capo dello Stato ad adottare provvedimenti di
scioglimento di consigli comunali ricadenti nell'ambito del terri
II Foro Italiano — 1993.
torio della regione siciliana, in quanto la materia rientrerebbe
nella competenza legislativa esclusiva della regione siciliana a
mente dell'art. 14, lett. o), dello statuto regionale, approvato con 1. cost. 2/48 e tale competenza sarebbe stata compiutamen te esercitata, sicché sul punto dovrebbe applicarsi l'art. 54 del
l'ordinamento regionale degli enti locali approvato con 1. reg. sic. 16/63 e successive modifiche, né la partecipazione del presi dente della regione siciliana alla seduta del consiglio dei ministri
in cui è stato deciso lo scioglimento vale ad integrare le condi
zioni volute dallo statuto.
La censura è infondata. L'art. 14, lett. o), dello statuto attri
buisce alla regione siciliana potestà legislativa esclusiva in mate
ria di «regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative».
In applicazione di tale previsione statutaria con 1. reg. sic.
16/63 è stato approvato l'ordinamento regionale degli enti loca
li (Orel), il quale, all'art. 54, prevede che il presidente della
regione pronuncia, su proposta dell'assessore agli enti locali e
previo parere del e.g.a., lo scioglimento del consiglio comunale:
a) quando violi obblighi imposti dalla legge ovvero compia
gravi o ripetute violazioni di legge, debitamente accertate e con
testate, le quali dimostrino la irregolarità di funzionamento;
b) quando non corrisponda all'invito dell'autorità di revoca
re la giunta o il sindaco che abbiano compiuto analoghe vio
lazioni.
Siffatte previsioni attengono, quindi, alla materia dell'orga nizzazione amministrativa e configurano una potestà di sciogli mento dei consigli comunali per motivi sanzionatoli e di fun
zionalità, rientrante nell'ambito del controllo sugli organi degli enti locali che anch'esso si appartiene all'autorità regionale (ve di art. 15, 3° comma, dello statuto).
Tale potestà è tradizionalmente attribuita all'autorità gover nativa (vedi già art. 323 t.u. 148/15 e ora art. 39 1. 142/90) e in Sicilia viene esercitata dall'autorità regionale in virtù della
competenza legislativa esclusiva ad essa spettante nella predetta materia.
L'art. 15 bis della 1. 55/90, che è stato applicato nella fatti
specie in esame dall'autorità statale, prevede, invece, lo sciogli mento del consiglio comunale quando emergono «elementi su
collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la crimi
nalità organizzata o su forme di condizionamento degli ammi
nistratori che compromettano la libera determinazione degli or
gani elettivi ed il buon andamento delle amministrazioni comu
nali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi
alle stesse affidati, ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica».
Il collegio osserva che la disposizione in esame non concerne
l'organizzazione amministrativa, ma si colloca nel più ampio contesto della legislazione emanata al fine di assicurare «una
sorta di difesa avanzata dallo Stato contro il crescente aggra varsi del fenomeno della criminalità organizzata e dell'infiltra
zione dei suoi esponenti negli enti locali» e che «le finalità che
si sono intese perseguire sono la salvaguardia dell'ordine e della
sicurezza pubblica, la tutela della libera determinazione degli
organi elettivi, il buon andamento e la trasparenza delle ammi
nistrazioni pubbliche» (cfr. Corte cost. 29 ottobre 1992, n. 407). La previsione in esame rientra, pertanto, in un intervento dello
Stato «essenzialmente diretto a fronteggiare una situazione di
grave emergenza — che ha imposto tutto un complesso di misu
re in vari settori dell'ordinamento — che coinvolge interessi ed
esigenze dell'intera collettività nazionale, connessi a valori co
stituzionali di primario rilievo, in quanto strettamente collegati alla difesa dell'ordine e della sicurezza pubblica» (cfr. Corte
cost. 407/92, cit.). Acclarato che la disposizione posta a base dell'impugnato prov
vedimento non attiene alla materia dell'organizzazione ammini
strativa, bensì' a quella dell'ordine e della sicurezza pubblica, è agevole rilevare che la regione siciliana non è titolare, in detta
ultima materia, di alcuna potestà normativa e che, conseguente
mente, la disposizione medesima trova applicazione anche in
Sicilia, a cura delle autorità statali in essa indicate.
La legislazione regionale richiamata dai ricorrenti (art. 54 del
l'Orel), peraltro, non contiene alcun cenno ad interventi di ri
This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE TERZA
gore per motivi di ordine pubblico, nell'evidente presupposto che i medesimi erano rimasti riservati allo Stato.
Allo stesso modo la 1. reg. sic. 48/91 — emanata dopo l'ado
zione del decreto impugnato — ha «recepito» l'art. 39 1. 142/90
«limitatamente alla lett. ti), n. 1» (vedi art. 1,1° comma, lett.
/, 1. reg. 48/91), per cui anche in questo caso «in tema di ordi
ne pubblico . . . non si è concretato intervento legislativo regio nale a modifica di competenze previste per gli organi dello Sta
to» (vedi circolare dell'assessore agli enti locali 2/92).
Appare privo di pregio l'assunto dei ricorrenti, secondo il
quale l'intervento legislativo (art. 15 bis 1. 55/90) mirando non
a contrastare direttamente fatti contrari all'ordine pubblico, bensì' a valutare i riflessi che quei fatti possono avere sul corretto
funzionamento degli enti locali e disponendo le misure necessa
rie a ripristinare l'efficienza degli stessi invade, in buona so
stanza, la materia dei controlli, in senso lato, che è riservata, in via esclusiva, alla regione, dall'innanzi citato art. 15, 3° com
ma, dello statuto.
Rileva il tribunale che, cosi come si è innanzi avuto modo
di notare, il legislatore statale con la introduzione della norma
in argomento, in applicazione della quale è stato adottato l'im
pugnato provvedimento di scioglimento, ha inteso salvaguarda re in via esclusiva e diretta l'ordine e la sicurezza pubblica, i
quali vengono compromessi dalla criminalità organizzata che
esplica la propria attività illecita, oltre che nelle forme tradizio
nali, anche in forme surrettizie tali da consentire alla medesima
di conseguire gli obiettivi illeciti prefissati, influendo, in varia
misura, sull'attività degli organi degli enti locali, al fine di con
dizionarne le determinazioni.
È di tutta evidenza, pertanto, che l'autorità statale è necessi tata ad agire anche su tali organi e ciò non in funzione di con
trollo degli stessi, ma per sottrarre i medesimi ai condiziona
menti, diretti o indiretti, che i medesimi sono, talvolta, costretti
a subire, anche incolpevolmente, eliminando conseguentemente i «terminali decisionali» dai quali trarrebbe vantaggio la crimi
nalità organizzata. Con il secondo motivo di censura sollevano i ricorrenti la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 d.l. 31 maggio 1991 n. 164, convertito con modificazioni nella 1. 22 luglio 1991
n. 221, per contrasto con gli art. 3, 27 e 51 Cost.
Assumono i ricorrenti che il provvedimento di scioglimento di un organo elettivo si traduce in una irrazionale compressione del diritto di accesso alle cariche elettive dei relativi titolari ed
una limitazione del diritto soggettivo pubblico di elettorato atti
vo, diritti entrambi di livello costituzionale, caratterizzata dalla
assoluta indeterminatezza e genericità, senza un preventivo con
trollo giurisdizionale, che può essere disposta, per i soggetti non
sospettati di collusione con la criminalità organizzata né di con
dizionamento, a titolo di responsabilità oggettiva. La sollevata questione, ad avviso del collegio, è manifesta
mente infondata.
Della materia si è recentemente occupata la Corte costituzio
nale, la quale, con la sentenza n. 103 del 19 marzo 1993, ha
individuato i canoni interpretativi dell'art. 15 bis 1. 19 marzo 1990 n. 55, come modificata dal d.l. 31 maggio 1991 convertito
nella 1. 22 luglio 1991 n. 221, che, alla stregua della ricostruzio
ne operata dalla corte, è esente dai dedotti vizi di incostituzio
nalità.
Ha osservato la corte che la disposizione in argomento è for
mulata in modo di assicurare il rispetto dei principi che si assu mono violati, e contiene in sé tutti gli elementi idonei a garanti re obiettività e coerenza nell'esercizio dello straordinario potere di scioglimento degli organi elettivi conferito all'autorità ammi
nistrativa.
Tale potere è previsto nella ricorrenza di talune situazioni fra
loro alternative, quali a) i collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata, ti) le forme di condizionamento degli amministratori, ma sempre che risulti che l'una o l'altra situa
zione compromettano la libera determinazione degli organi elet tivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e pro vinciali nonché il regolare funzionamento dei servizi loro affi
dati, ovvero quando il suddetto collegamento o le suddette forme di condizionamento risultino «tali da arrecare grave e perduran te pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica».
Il Foro Italiano — 1993.
L'adozione del provvedimento di scioglimento degli organi elettivi locali, che ha natura sanzionatoria nei confronti dell'or
gano elettivo considerato nel suo complesso, in ragione della
sua inidoneità ed amministrare l'ente locale per effetto del con
dizionamento dell'organo medesimo (situazione questa che può
profilarsi non necessariamente in conseguenza di comportamen ti illegali di taluno degli amministratori) è ancorato, quindi, al
la ricorrenza di alcune situazioni di fatto, in connessione con
il verificarsi di certe conseguenze reputate pregiudizievoli. Tali situazioni di fatto devono essere necessariamente suffra
gate da obiettive risultanze che rendano attendibili le ipotesi di collusione anche indirette degli organi elettivi con la crimina
lità organizzata si da rendere pregiudizievole per i legittimi inte
ressi delle comunità locali il permanere di quegli organi alla
guida degli enti esponenziali di esse.
La corte ha, pertanto, sancito che «la norma impugnata non
esclude affatto che il provvedimento di scioglimento debba es
sere motivato con risultanze obiettive circa l'effettiva sussisten
za di quelle situazioni nonché argomentato in modo plausibile sulle conseguenze che da esse siano derivate o possano derivare
sul piano della funzionalità e della imparzialità degli organi stessi
o su quello della sicurezza pubblica. Ma appare pur sempre evi
dente che, una volta assicurati quegli adempimenti, deve rite
nersi in armonia con i principi costituzionali, che l'autorità che
deve provvedere sia dotata di poteri latamente discrezionali per valutare nel suo prudente apprezzamento e con riferimento a
tutto il contesto di circostanze prese in considerazione, nel qua dro del particolare fenomeno della criminalità organizzata le
conseguenze pregiudizievoli che ritenga si siano prodotte o pos sano prodursi sul terreno degli interessi pubblici da salva
guardare». Orbene — precisa la corte — «anche in presenza di tale lati
tudine di apprezzamenti, la garanzia della tutela giurisdizionale
appare sufficientemente assicurata dalla possibilità, per il giudi ce amministrativo, di verificare la sussistenza degli elementi di
fatto — precisi, secondo quanto affermato nella circolare del
ministero dell'interno n. 7102/M/6 del 25 giugno 1991 — quali
vengono asseriti nella motivazione, che all'uopo deve essere for
nita dall'organo che emana il provvedimento di scioglimento, nonché di valutare, sotto il profilo della logicità, il significato attribuito agli elementi di fatto su cui ci si fondi e l'iter seguito
per pervenire a certe conclusioni. Del resto, la consistenza fat
tuale degli «elementi» su cui le misure di scioglimento devono
essere fondate si accentua ulteriormente in rapporto alle fonti
informative da cui quegli elementi sono rilevati».
Cosi ricostruiti dalla Corte costituzionale i limiti nei quali
può trovare legittima applicazione l'art. 15 bis 1. 19 marzo 1990
n. 55 risulta evidente che la norma in questione si sottrae alle
questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla difesa dei
ricorrenti.
Le censure mosse dai ricorrenti a tale disposizione di legge, come innanzi rilevato, possono cosi essere, sostanzialmente, sin
tetizzate: a) massima indeterminatezza e genericità della norma,
b) mancata previsione di un qualsiasi controllo giurisdizionale, c) la misura afflittiva colpirebbe anche soggetti non sospettati di collusioni con la criminalità organizzata né di condizionamenti.
Osserva il tribunale, per quanto attiene al punto sub a), che
la norma esige una stringente conseguenzialità tra l'emersione
da un lato di una delle due situazioni prefigurate dal legislatore
(«collegamenti» o «forme di condizionamento») e dall'altro di una delle due evenienze, l'una in atto, quale la compromissione della libertà di determinazione e del buon andamento ammini
strativo nonché del regolare funzionamento dei servizi, l'altra
conseguente ad una valutazione di pericolosità, espressa dalla
disposizione impugnata con la formula «tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica».
Da ciò discende che viene meno la dedotta censura di indeter
minatezza e genericità della norma, atteso che dal provvedimen to devono necessariamente emergere dei canoni di congruità ar
gomentativa e conclusiva volti a dimostrare la accertata consta
tazione della sussistenza di una delle due situazioni anzidette
dalla quale (o dalle quali) discenda quella compromissione o
This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
quel pregiudizio cui il legislatore ha inteso ovviare nel prevedere la misura.
In tale preciso ambito appare, pertanto, conforme al dettato
costituzionale l'esercizio del potere di imporre limitazioni al di
ritto di accesso e di mantenimento delle cariche pubbliche e ciò
in vista della superiore tutela dell'ordine pubblico e della sicu
rezza pubblica, non essendo cosi violati i principi di eguaglian za e di ragionevolezza.
Né, peraltro, risulta violato l'art. 51 Cost., atteso che il dirit
to di accesso alle cariche elettive (ed il relativo diritto di mante
nimento delle stesse), che è garantito «secondo i requisiti stabi
liti dalla legge», viene limitato dall'autorità governativa soltan
to a seguito della dimostrata emersione di evidenti situazioni
di fatto che rendono pregiudizievole per i legittimi interessi del
le comunità locali il permanere di organi inidonei ad ammini
strare l'ente.
Anche su tale questione si è pronunciata la Corte costituzio
nale la quale, con la recente sentenza 103/93, ha osservato che
«nella specie non si è in presenza né di limitazioni legate al
diritto di voto del singolo, né di limitazioni all'accesso agli uffi
ci pubblici ed alle cariche elettive, derivanti da condizioni per
sonali del cittadino, bensì di effetti indiretti della misura san
zionatoria in questione che è volta a colpire non i singoli com
ponenti dei consigli elettivi né, tantomeno, i cittadini,
singolarmente considerati, del comune o della provincia, bensì'
l'organo elettivo nel suo complesso». Ben può, pertanto, la legge ordinaria, nello stabilire i «requi
siti», dettare norme volte ad impedire che, indebite interferenze
nella formazione della volontà dell'organo collegiale incidano
sulla sua libera determinazione, compromettendo il regolare fun
zionamento dell'ente.
Non risulta violato, ad avviso del collegio, l'art. 24 Cost.,
atteso che la impugnata norma non limita la tutela giurisdizio nale dei diritti dei componenti del consiglio comunale del quale sia stato disposto lo scioglimento.
Va ribadito che la Corte costituzionale, nella citata sentenza
103/93, ha osservato sul punto, come già in precedenza riferito,
che «la garanzia della tutela giurisdizionale appare sufficiente
mente assicurata dalla possibilità, per il giudice amministrativo,
di verificare la sussistenza degli elementi di fatto "precisi" qua
li vengono asseriti nella motivazione, che all'uopo deve essere
fornita dall'organo che emana il provvedimento di scioglimen
to, nonché di valutare, sotto il profilo della logicità, il significa
to attribuito agli elementi di fatto su cui ci si fondi e l'iter se
guito per pervenire a certe conclusioni».
I principi generali elaborati dalla giurisprudenza, e, peraltro,
oggi normativamente sanciti dall'art. 3 1. 241/90, in ordine alla
motivazione dei provvedimenti amministrativi restrittivi delle sfere
giuridiche dei destinatari, trovano applicazione, per le ragioni
precedentemente illustrate in occasione dell'esame della eccezio
ne di inammissibilità, anche per i provvedimenti di scioglimento
dei consigli comunali, adottati ai sensi dell'art. 15 bis 1. 55/90.
Si è, infatti, affermato il principio che in questo particolare
tipo di atti si debba adeguatamente dar conto della sussistenza
dei presupposti di fatto, del nesso logico fra questi e le determi
nazioni che, muovendo da essi, vengono adottate, della con
gruità dei sacrifici operati in relazione alle finalità da perseguire. Va esaminata la sollevata questione relativa alla violazione
dell'art. 27 Cost., sotto il profilo che la misura afflittiva, nella
specie, verrebbe inflitta indipendentemente dall'accertamento di
qualsivoglia responsabilità del destinatario e sulla scorta di meri
sospetti, mentre la presunzione costituzionale di non colpevo
lezza non può ragionevolmente essere ristretta al campo della
sola responsabilità penale, ma deve ricomprendere anche ogni
ipotesi di trattamento afflittivo in senso lato, ivi comprese quel
le misure amministrative che costituiscono direttamente o indi
rettamente un'attribuzione di demerito sociale. Sarebbe, inol
tre, irrazionale che la limitazione della garanzia costituzionale
possa essere disposta anche nei confronti di soggetti non sospet
tati e ciò per il solo fatto di far parte di un organo collegiale
in cui alcuni dei componenti possono essere responsabili di col
lisioni con la criminalità o da questa comunque condizionati.
Osserva il tribunale al riguardo che, cosi come ha chiarito
Il Foro Italiano — 1993.
la Corte costituzionale, con la più volte citata sentenza 103/93, la misura in esame fuoriesce dai modelli procedimentali previsti da altre disposizioni che attengono a singole persone, in quanto essa è rivolta nei confronti dell'organo elettivo considerato nel
suo complesso in ragione della sua inidoneità ad amministrare
l'ente locale.
Questa costituisce, pertanto, una misura di carattere sanzio
natorio che intende sottrarre gli organi elettivi, diretti destinata
ri, all'influenza della criminalità organizzata. Il legislatore l'ha,
infatti, qualificata come «misura urgente . . . conseguente ai fe
nomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso».
Consegue da quanto sopra che non possono venire in rilievo, nella specie, considerazioni che attengono ai singoli componenti
l'organo elettivo, i quali possono essere soggettivamente non
responsabili della inidoneità dell'ente a gestire la cosa pubblica, ma che, non potendo esercitare il loro diritto, scaturente dal
mandato ricevuto dagli elettori, se non collegialmente, subisco
no, indirettamente, la misura sanzionatoria rivolta nei confron
ti dell'organo elettivo nel suo complesso. Perde ogni consistenza, pertanto, il dedotto profilo del carat
tere personale della responsabilità, che, peraltro, è costituzio
nalmente garantito soltanto nel campo penale, mentre la richie
sta puntuale motivazione, come si è in precedenza rilevato, mette
al riparo l'organo sanzionato dalla eventuale irrogazione della
misura dello scioglimento in mancanza di precisi elementi in
ordine alla sussistenza dei presupposti di fatto richiesti dalla
norma.
Il collegio passa, quindi, all'esame del terzo motivo di censu
ra, con il quale viene dedotto il vizio di eccesso di potere sotto
i profili del difetto e della contraddittorietà della motivazione, del difetto dei presupposti, della illogicità manifesta e dello
sviamento.
Assumono, in concreto, i ricorrenti che dalla motivazione del
provvedimento impugnato emergono soltanto giudizi, illazioni,
ovvero circostanze di fatto irrilevanti che, pur valutati nel loro
complesso, sono insufficienti a sorreggere la determinazione
adottata.
La censura, ad avviso del collegio, è priva di pregio e non
può, pertanto, essere condivisa.
Nella relazione del ministro dell'interno, in atti, si fa riferi
mento ai seguenti fatti, accertati dagli organi di polizia:
1) i fratelli Mollica, imprenditori di Piraino, hanno consegui to una rapida ascesa nel mondo imprenditoriale;
2) l'ex sindaco di Piraino, sig. Raffaele Cusmano, denuncia
all'arma dei carabinieri di temere per la propria incolumità aven
do rilevato gravi, presunte irregolarità commesse dalla Siaf (di
proprietà dei Mollica, per l'80%) nell'esecuzione dei lavori di
costruzione di una strada nel comune di Piraino, irregolarità sulle quali lo stesso riferisce immediatamente alla procura della
repubblica di Patti con un dettagliato esposto;
3) i sig. Mollica, tramite una ragnatela di amicizie, di paren
tele, di comparato e di connivenze «muovono» la volontà di
12 consiglieri su 20 e promuovono, tramite questi, il 26 marzo
1991, una mozione di sfiducia nei confronti del sindaco Cusma
no, determinandone le dismissioni, cui fa seguito l'elezione di
una nuova giunta presieduta dal sig. Granata Antonio, assunto
in data 5 marzo 1991 nella Edil costruzioni, retta da Mollica
Domenico, e successivamente licenziato il 2 maggio 1991, per
assumere l'incarico sindacale il 17 giugno successivo;
4) i sig. Mollica, secondo una indagine condotta dall'arma
dei carabinieri, ed ancora in istruttoria preliminare presso l'au
torità giudiziaria, «vengono indicati in contatto o comunque
sotto la protezione di elementi di spicco della criminalità orga
nizzata della provincia».
Conclusivamente, «gli elementi riferiti evidenziano, come gli
amministratori del comune di Piraino siano fortemente e con
cretamente condizionati nelle loro scelte, subordinate ad inte
ressi di parte, e conseguentemente come risulti fortemente com
promessa la libera determinazione degli organi elettivi ed il buon
andamento di quella amministrazione comunale, nonché il cor
retto funzionamento dei servizi ad essa affidati. Appare di tutta
evidenza che la situazione è tale da poter recare pregiudizio allo
stato della sicurezza pubblica».
This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE TERZA
Da qui il decreto di scioglimento disposto dal capo dello Sta
to, ed impugnato con il ricorso in esame.
Dalla documentazione in atti emerge chiaramente che in pas sato erano intercorsi buoni rapporti di amicizia tra il sig. Cu
smano, sindaco di Piraino da oltre venti anni, ed i fratelli Mol
lica e che tali rapporti, soltanto di recente, hanno subito una
qualche incrinatura; emerge, inoltre, che gli stessi, sono in con
dizione di influenzare la volontà di consiglieri comunali.
Dalla registrazione di una conversazione telefonica, intercor
sa tra il sindaco sig. Cusmano e la sig. Cipriani Gloria, in data
17 aprile 1991 (e cioè a dire dopo che era stata presentata la
mozione di sfiducia e prima della elezione della nuova giunta), versata in atti dai ricorrenti medesimi, si evince che i buoni
rapporti tra i fratelli Mollica ed il predetto sindaco si erano
improvvisamente deteriorati al punto che quest'ultimo non riu
sciva più a parlar loro e chiedeva i buoni uffici della sua inter
locutrice (amica di questi) al fine di intervenire sugli stessi per ché gli mantenessero l'appoggio nell'ambito del consiglio comu
nale mediante il voto favorevole dei consiglieri a loro vicini,
che il sig. Cusmano quantifica in numero di sei.
La interlocutrice del sindaco, la quale dal contesto della tele
fonata appare in grado di svolgere la richiesta funzione «di rac
cordo» (infatti non nega, anzi promette, il suo intervento) si
mostra a conoscenza della amicizia tra loro (fratelli Mollica e
sig. Cusmano) e meravigliata dalla intervenuta freddezza, che
attribuisce ad interferenze di terze persone, mentre il sig. Cu
smano fa riferimento a vicende giudiziarie. Le affermazioni del sig. Cusmano innanzi riportate trovano
riscontro nella relazione presentata dal ministro dell'interno il
quale evidenzia che nel consiglio comunale figurano tra gli altri:
Pintaudi Basilio, «compare dei Mollica, per avere la figlia del primo cresimato una figlia di Mollica Domenico (la difesa
dei ricorrenti precisa trattarsi del battesimo e non della cresima,
precisazione che deve ritenersi ininfluente); Casamento Ignazio, cognato di Mollica Pietro per aver spo
sato la sorella del primo; Scaffidi Lallaro Costantino, dipendente Siaf per il settore le
gale (circostanza non negata dai ricorrenti);
Miragliotta Giuseppe e Traviglia Antonio in rapporti di con
sulenza o di affari con l'impresa (circostanza negata dai ri
correnti); Mastrolembo Ventura Salvatore, legatissimo ai Mollica (i ri
correnti ammettono una ordinaria conoscenza sin dall'infanzia). I fatti innanzi rilevati dall'autorità governativa trovano, co
me innanzi detto, sostanziale conferma nelle parole del sig. Cu
smano e nella obiettiva circostanza della formazione della nuo
va giunta dalla quale quest'ultimo veniva estromesso, come egli stesso aveva paventato, allorché aveva chiesto l'intervento della
sig. Cipriani presso i fratelli Mollica.
L'avvocatura erariale ha depositato documentazione relativa
a disposizioni di testi in processi penali. Dalle stesse si evince
che i sig. Mollica avevano subito attentati con danneggiamento di attrezzature di cantiere. Tale circostanza trova conferma nel
la documentazione versata dai ricorrenti, laddove vengono am messi detti fatti delittuosi, anche se viene precisato che i sig. Mollica hanno denunciato i danneggiamenti estortivi subiti. De
ve ritenersi pertanto assodato che i medesimi sono stati vittime
della criminalità organizzata e conseguentemente, anche in rela
zione al clima di intimidazione a quell'epoca esistente, acquista un grado maggiore di credibilità la circostanza riportata, come innanzi precisato, nella relazione del ministro dell'interno ed
attinta dalle indagini condotte dall'arma dei carabinieri, che gli
imprenditori sottoposti a pressioni estortive abbiano cercato o
dovuto accettare, anche obtorto collo, protezione dalla stessa
organizzazione criminale.
Senza volere compiere valutazioni che non appartengono al l'ambito di attribuzioni di questo giudice, va, tuttavia, rilevato — e in tale ambito va limitata la cognizione riservata al tribu
nale — che i fatti esposti negli atti acquisiti assumono una loro
conseguenzialità logica, per cui i rapporti di contiguità tra i sig. Mollica e la criminalità organizzata — ai quali si fa riferimen
to nella relazione ministeriale — escludendo ogni collateralità
degli stessi con quest'ultima, possono trarre origine da una sì
Il Foro Italiano — 1993.
tuazione di «soggezione» (in quanto «vittime» di reati), nella
quale i medesimi si trovano costretti ad operare (come, peral
tro, molti altri imprenditori, che, come è noto, vengono inco
raggiati in vario modo a collaborare con le autorità di polizia),
per cui si realizza, per tale via, quel collegamento indiretto degli amministratori con la criminalità organizzata, posto anch'esso
a presupposto dell'impugnato provvedimento. Da tutto ciò consegue che nel caso di specie, nella motivazio
ne del provvedimento oggetto della presente impugnativa, ap
paiono sussistere quei presupposti di fatto ai quali deve essere
ancorata la misura sanzionatoria comminata.
Emergono, altresì, sia il nesso logico tra questi e la determi
nazione adottata, sia le conseguenze che da queste possono de
rivare sul piano della funzionalità e della imparzialità degli or
gani dell'ente, atteso che la mozione di sfiducia nei confronti
del precedente sindaco e la elezione della nuova giunta risultano
scaturire da influenze esterne all'organo collegiale dell'ente.
I citati presupposti risultano sufficienti, secondo i parametri dettati dalla Corte costituzionale, per considerare legittima la
misura sanzionatoria irrogata nei confronti dell'organo elettivo, e ciò in quanto, una volta accertata la esistenza delle situazioni
di fatto la connessione con il verificarsi di certe conseguenze
reputate pregiudizievoli, che si siano prodotte o che possano
prodursi sul terreno degli interessi pubblici da salvaguardare, va valutata dall'autorità che deve provvedere, dotata di poteri latamente discrezionali, nel suo prudente apprezzamento e con
riferimento a tutto il contesto delle circostanze prese in conside
razione, nel quadro del particolare fenomeno della criminalità
organizzata. In conclusione, pertanto, il ricorso va respinto.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 5 aprile 1993, n. 568; Pres. Schi
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 5 aprile 1993, n. 568; Pres. Schi
naia, Est. Zaccardi; Stanzione (Aw. De Bellis) c. Min. gra zia e giustizia (Avv. dello Stato Arena).
Ordinamento giudiziario — Promozioni e funzioni — Periodo
di osservazione obbligatorio — Valutazione di periodi ante
riori — Ammissibilità — Valutazione di fatti già oggetto di
procedimento disciplinare — Ammissibilità (L. 20 dicembre
1973 n. 831, modifiche dell'ordinamento giudiziario per la
nomina a magistrato di Cassazione e per il conferimento de
gli uffici direttivi superiori, art. 1, 4). Atto amministrativo — Procedimento — Procedura concorsua
le pubblica a domanda — Comunicazione dell'avvio del pro cedimento — Obbligo — Esclusione (L. 7 agosto 1990 n. 241, norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto
di accesso ai documenti amministrativi, art. 7). Atto amministrativo — Procedimento — Responsabile — Or
gano collegiale — Esclusione (L. 7 agosto 1990 n. 241, art. 4).
È legittimo il provvedimento con cui il Consiglio superiore della
magistratura, ai fini della dichiarazione di idoneità ad essere
ulteriormente valutato ai fini della nomina a magistrato di
Cassazione, estende la sua valutazione ai precedenti di servi
zio anteriori al settennio oggetto di esame obbligatorio, ri
comprendendovi anche comportamenti già valutati in sede di
sciplinare, ove li ritenga ancora incidenti sulla capacità pro
fessionale del magistrato (nella specie, è stata considerata osta
This content downloaded from 188.72.126.25 on Tue, 24 Jun 2014 22:57:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions