Care compagne, cari compagni, gentili ospiti, grazie per essere qui al nostro Congresso. La vostra
numerosa partecipazione ci conferma, ancora una volta, l'attaccamento il senso di appartenenza e
l'attenzione verso la nostra categoria, lo SPI CGIL.
Ringrazio in modo particolare Ivan Pedretti e Stefano Landini,segr. Generali nazionale e regionale
dello SPI, che anche oggi, come tante altre volte, sono qui con noi. Grazie al Sindaco di Brescia
Emilio Del Bono, all'assessore ai servizi sociali Marco Fenaroli, al Presidente dell' Anpi provinciale
Lucio Pedroni, al segret. generale della CdL Silvia Spera, alle segreterie di FNP e UILP .
Così come salutiamo affettuosamente Livio Melgari, Marco Fenaroli ed Ernesto Cadenelli, già
segretari generali dello SPI di Brescia dal 1992 al 2014.
Un sincero ricordo va a Giorgio Zubani, anche lui già segretario generale dello SPI e che purtroppo
nel corso di quest' anno ci ha lasciato.
Abbiamo condiviso l'indicazione dello SPI Nazionale di diffondere un messaggio unico a tutti gli
iscritti e le iscritte anche attraverso l'immagine e lo slogan per i nostri Congressi. Non è casuale.
L'immagine che è stata scelta, quella in bianco e nero di una manifestazione, vuole significare che
lo SPI CGIL rappresenta donne e uomini di quella generazione che ha animato e vissuto da
protagonista la grande stagione di innovazione sociale, politica e sindacale di fine anni sessanta
inizio anni settanta.
Anni che hanno permesso al nostro Sindacato di guidare ed incanalare le grandi trasformazioni in
atto nella società traducendole in azione politica e sindacale ed in lotte e conquiste che sono
diventate patrimonio non solo nostro ma di tutto il Paese.
Aspetti che i pensionati ben conoscono. Quelli che parteciparono ai molti scioperi, quelli che
videro il primo ingresso del sindacato nelle fabbriche nel '69 quelli che provarono i reparti confino,
quelli che rinunciarono a qualunque tipo di carriera per affermare i diritti sindacali.
Non è retorica, sono fatti affrontati da tanti. Lo sanno anche i pensionati più giovani, che non
vissero direttamente quelle fasi, ma che impararono a “fare sindacato” da chi era passato per le lotte
più dure e dirette.
Sono le storie e le vicende anche delle molte fabbriche bresciane. E' la storia di un Paese, che passa
per la Costituzione del '48, per Portella della Ginestra, quello che arriva allo Statuto dei lavoratori,
quello che ha vissuto le tante tragiche stragi, come P. zza Loggia, motivate anche dalla volontà di
rovesciare la Democrazia, frenare e capovolgere quel sistema di progresso sociale crescente. La
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CGIL fu protagonista in tutte quelle fasi della storia nazionale, fu non solo un sindacato ma un vero
e proprio attore sociale, capace di guidare i lavoratori nell'emancipazione ma con un senso di
responsabilità enorme rispetto alla complessiva situazione del Paese. Un baluardo della democrazia,
a partire dalla lotta al terrorismo.
Questo è il contesto culturale, questi sono i valori che costituiscono il quadro di riferimento entro
cui si sono mosse le persone che oggi sono pensionate e che per tanti anni hanno fatto, a vari livelli,
attività sindacale.
Protagonisti di lotte e conquiste che hanno cambiato in meglio il nostro Paese. Non può stupire
allora che queste stesse persone guardino con interesse all' attualità politica e sociale e che abbiano
enorme attenzione verso quanto avviene.
Lo slogan “Qui si fa il futuro” è direttamente collegato alla scelta dell'immagine. Ciò che vogliamo
esprimere è che chi in passato ha saputo guidare il cambiamento si propone di contribuire a farlo di
nuovo per rispondere alle nuove esigenze e ai nuovi bisogni della società di oggi, a partire da quelli
che riguardano direttamente le persone che rappresentiamo. Abbiamo davanti sfide importanti: l'
invecchiamento della popolazione, la condizione di vita degli anziani, il rapporto con le nuove
generazioni, la difesa e il potenziamento dello stato sociale, l'integrazione di chi viene qui per farsi
una vita nuova, il governo dell'innovazione tecnologica e altro ancora. In ognuna di queste sfide c'è
il futuro. I pensionati vogliono essere protagonisti di queste sfide.
Il video di apertura utilizza immagini tratte dalla nostra trasmissione, SPI Insieme TV.
Non un resoconto delle attività, ma alcune immagini esemplificative ed evocative di quello che si è
fatto negli ultimi anni. Momenti diversi, come diversi sono gli ambiti del nostro impegno: la
mobilitazione, l'impegno per la memoria, i momenti dedicati a rapporti con le istituzioni, ma anche
a cultura, svago, socialità e , in generale, alla cura della condizione anziana. A chiusura i volti di
segreteria e apparato: un modo del nostro gruppo di lavoro per salutare e ringraziare tutti
dell'impegno di questi anni.
Nel nostro dibattito congressuale, pur in un contesto di autonomia, non possiamo estraniarci da
quella che è la reale situazione economica/politico/sociale e non considerare dove si colloca la
nostra iniziativa. Questo a maggior ragione di fronte ai cambiamenti avvenuti nella società: sociali,
politici, economici ma soprattutto culturali. E' un tempo il nostro, di cambiamenti in cui, nel nostro
Paese, ma non solo, è tornato a prevalere l'individualismo peggiore, a scapito di una visione
d'insieme, del collettivo e del sociale.
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E' il contesto complessivo che è cambiato, così come sono cambiati i rapporti tra chi rappresentava
il mondo sindacale e chi rappresentava il mondo dei partiti, della politica in senso proprio. Il tema
del rapporto con la politica non è rinviabile nemmeno oggi anche rispetto agli scenari attuali e
futuri.
Mettendo in campo ancora la nostra autonomia di giudizio e di pensiero, che non significa
assolutamente auto sufficienza, né indifferenza, né equidistanza rispetto alla politica, possiamo però
dare un riferimento valoriale ed un contributo utile per la ricomposizione di un campo progressista
in grado di riconquistare la fiducia degli elettori e proporsi a guidare prossimamente il Paese e non
lasciarlo in mano alle destre, dopo la disfatta della sinistra in tutte le sue articolazioni avvenuta nelle
recenti elezioni politiche ed amministrative. Tranne Brescia, un risultato straordinario che può
essere un punto di riferimento da considerare.
Il mondo è attraversato da una fase difficilissima della sua storia economica, con dieci anni di crisi,
la peggiore dal dopo guerra, che lo hanno devastato e lo stanno trasformando, creando una realtà del
tutto nuova che facciamo fatica a riconoscere.
Questi dieci anni hanno segnato la più drammatica redistribuzione della ricchezza.
Provocando l'impoverimento tendenziale e crescente della classe media, dei ceti che consumano,
quelli da lavoro e pensione, che sono il coagulo di un Paese e rappresentano la società, ma
rappresentano anche l'economia di un Paese.
Ovviamente i ceti in sofferenza hanno reagito con la ribellione, l'indignazione, il rancore, nei
confronti di chi ha governato e non è riuscito a dare risposte ai problemi: alla mancanza del lavoro,
alle migrazioni di massa, all'aggravarsi delle diseguaglianze, determinando le conseguenze non
solo sociali ma anche politiche che conosciamo. La crisi ha anche aumentato le diseguaglianze tra i
popoli.
I Paesi più ricchi hanno impoverito le nazioni più povere del Pianeta. E la gente scappa dalla
miseria e dall'invivibilità. Non c'è muro o filo spinato che la possa fermare.
Inoltre, mentre l'Europa e molti paesi occidentali sono alla presa con l'invecchiamento demografico,
la popolazione mondiale continua a crescere e crescerà maggiormente in Africa, il continente con i
maggiori tassi di fertilità e il più basso utilizzo di mezzi di contraccezione, spesso limitati da
influenze religiose, da tradizioni locali e posizioni ideologiche che ostacolano le politiche di
controllo delle nascite. Alcuni esperti temono che il boom demografico africano non solo aggraverà
l'attuale flusso migratorio verso l'Europa, ma potrebbe giocare un ruolo nell' attivismo anche dei
gruppi terroristici.
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Due imprevisti protagonisti hanno poi fatto irruzione sulla scena internazionale: la BREXIT e il
Presidente degli USA. L'uscita dall' Unione Europea della Gran Bretagna è un danno per l'Europa e
la lentezza del processo di uscita non fa bene all'Europa, ma cosa succederà quando gli effetti Brexit
si produrranno? Forse non faranno bene soprattutto ai cittadini inglesi.
Il cambio di politica economica di Trump, la guerra dei dazi, dichiarata alla Cina, all' Europa, al
Giappone, che effetti produrrà?
Tutto questo, unitamente alle guerre presenti in molte parti del Pianeta e il terrorismo, creano
instabilità a livello globale.
In un mondo che cambia, l'Europa sembra ferma, divisa in 3 o 4 blocchi, evidenziando tutti i limiti
della propria politica economica, con una disoccupazione più elevata di quella americana e di quella
giapponese. Già questo ci dice come le diseguaglianze sono aumentate a ritmi differenti nei vari
Paesi, a riprova che le politiche pubbliche possono fare la differenza. La crisi in Europa è stata
acuita dalle politiche dell' austerità che ha accresciuto enormemente le diseguaglianze, ha svalutato
il lavoro e ne ha compresso i diritti, ha prodotto disoccupazione, soprattutto giovanile , ha allargato
l'area della povertà e dell' insicurezza sociale.
In questo quadro l'Europa deve fare un salto di qualità significativo agendo in modo sinergico sullo
scacchiere geo politico mondiale da un lato e dall'altro attuare politiche espansive sul terreno
economico in grado di produrre cambiamenti sul piano delle politiche sociali, recuperando quello
scollegamento avvenuto con i cittadini proprio sul terreno sociale, che è tra le cause del diffondersi
dei movimenti anti-europeisti.
E' una fase difficile per l'Europa. L'anno prossimo ci saranno le elezioni europee, con il rischio di
un voto antieuropeista. Noi siamo europeisti convinti. Le critiche che la CGIL ha sempre messo in
campo sono state sempre nei confronti delle politiche economiche liberiste e di austerità, senza mai
però mettere in discussione l' Unione Europea in quanto tale, perché sappiamo bene che questa
scelta verrebbe pesantemente pagata dai pensionati e dai lavoratori italiani prima che da altri.
Cosa accadrebbe senza Europa alla moneta, all' economia, al flusso migratorio?
Nessun Paese ha una struttura per chiudersi nei propri confini. Fuori da tale contesto l' Italia diventa
residuale. Sicuramente servono cambiamenti, c'è carenza di un' Europa sociale, sicuramente è utile
un rafforzamento dell'azione sindacale, CES e FERPA, in chiave europea.
Abbiamo la necessità di costruire un vero sindacato europeo in grado di contrattare diritti e salario
validi per ogni lavoratore europeo e per migliorare la condizione degli anziani tutelando i servizi
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pubblici in campo socio-sanitario e mantenendo il valore delle prestazioni pensionistiche.
Parlando di Europa, non vanno però dimenticati gli elementi positivi, primo fra tutti i 73 anni di
pace e libertà dopo la seconda guerra mondiale.
La pace come condizione indispensabile e prioritaria.
La pace non è solo una scelta etica, ma una strategia di politica internazionale, la pace come
principio ispiratore del governo del mondo, come fine e sentimento di giustizia sociale, libertà e
democrazia.
Il legame logico tra pace e diritti è iscritto nella carta dell' ONU e nella Costituzione Italiana, così
come è nelle nostre coscienze. E' evidente che tanto più si affermano i diritti umani e i diritti sociali,
tanto più si consolida il processo di pace ed è altrettanto evidente che la pace è la via maestra, il
contesto nel quale possono affermarsi migliori condizioni di vita e di lavoro delle persone e
soprattutto lo scenario necessario per colmare il divario esistente tra Nord e Sud del mondo.
La CGIL ha avuto e deve continuare ad avere un ruolo importante per la pace, contro le guerre ed il
terrorismo. Anche lo SPI di Brescia ha partecipato alla marcia Perugia-Assisi dello scorso 7 ottobre,
nella consapevolezza che lavoratori e pensionati possono essere protagonisti nel diffondere una
cultura di pace.
Così come parlare ed agire per l'antifascismo necessita oggi di una riflessione che deve avere un
respiro che si inserisce nel concetto di Cittadinanza Europea.
In tutta Europa c'è una crescita di movimenti intolleranti, nazionalisti, fino a veri e propri rigurgiti
nazi-fascisti che si rifanno a quella ideologia: chiusura delle libertà, razzismo etnico e religioso,
facendo leva sull' impoverimento di molte persone, sul degrado delle periferie, sulla paura e sulla
perdita d'identità provocati dalla crisi economica e sociale degli ultimi anni.
Bisogna evitare che si ritorni a quelle condizioni.
C'è bisogno di riaffermare i valori fondanti della lotta di Liberazione. E' un terreno che chiama in
causa con l'eredità del passato l'attualità di un presente sempre meno solidale, chiuso in se stesso e
ostile verso il diverso, in aperta antitesi con lo spirito di solidarietà e convivenza civile che fu alla
base della Resistenza e della nascita dell'Unione Europea.
Muri, fili spinati, razzismo e indifferenza verso la sofferenza per chi scappa da guerra e povertà.
Tutto questo, per noi, per gli Europei, sembrava un incubo legato al passato.
Cancellato con la fine della seconda guerra mondiale e con le lotte di Liberazione condotte nei paesi
finiti sotto il giogo del fascismo e del nazismo.
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Settanta anni dopo invece, certi fantasmi stanno di nuovo aleggiando sulle strade dell'Europa unita.
In quella Europa in cui la Resistenza di intere popolazioni, di uomini e donne, fu una condizione
fondamentale per la nascita e la costruzione della futura Unione Europea.
All' antifascismo maturato nella Resistenza da uomini come Spinelli, Rossi, e Colorni, dobbiamo
essere grati per aver concepito una idea di Europa che superava i nazionalismi miopi, una idea di
Europa completamente diversa da quella nazifascista che era basata invece sull' omologazione e lo
sterminio dei diversi.
Sono passati 80 anni da quando furono promulgate in Italia le leggi razziali, che abbiamo avuto
modo di approfondire nel convegno di Cattolica organizzato dallo SPI Lombardia, perché proprio
quando razzismo e xenofobia vengono ostentate c'è bisogno innanzi tutto di conoscere quel che è
stato e di risposte serie e razionali.
Non è un caso se fu proprio Di Vittorio tra i primi a denunciare, senza nessun tentennamento la
scelta razzista di Mussolini.
Dall' antifascismo nasce dunque la nostra speranza politica, una Europa unita nelle diversità, idea
per la quale dobbiamo ancora impegnarci.
Una Europa che, se vuole essere protagonista, può esserlo solamente come faro di libertà e diritti
civili, in grado di promuovere una nuova stagione di giustizia sociale contrastando il degrado,
l'abbandono e la povertà che sono oggi il brodo di coltura che alimenta tutti i neo-fascismi, mettere
al centro il problema del lavoro e delle prospettive per i giovani.
E la nostra Costituzione, come il Manifesto di Ventotene, sono ancora una bussola preziosa per
orientare proposte politiche e fare azione culturale.
In Italia, diversi indicatori lasciano pensare che ci siamo lasciati alle spalle gli anni peggiori. C'è
una ripresa faticosa, a cui non fa riscontro un coerente recupero di occupazione e di reddito.
La crisi ci lascia inoltre fratture sociali profonde e i dati sulla povertà sono preoccupanti. Come ci
ha spiegato il professor Viesti nel convegno del dicembre scorso, in occasione del Premio Foppoli,
le fratture sono diverse. Semplificando: una frattura è quella fra chi ha e chi non ha. E' una frattura
tradizionale che però negli ultimi 30 anni ha ricominciato a crescere in modo consistente e anche
pericoloso. La diseguaglianza tra chi ha e chi non ha è molto cresciuta anche per il divaricarsi della
forbice reddituale determinata soprattutto dalla precarietà del lavoro. Nella parte bassa della
distribuzione del reddito, la diseguaglianza incontra la povertà. Tra gli effetti nocivi di questa
grande frattura vi è il fatto che tende sempre più a ridurre la già modesta mobilità sociale.
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Una seconda grande frattura è tra chi sa e chi non sa.
Nel nostro Paese, che investe poco sull'istruzione, questa frattura tra chi sa e chi non sa è
significativa.
Il nostro livello di istruzione è infatti molto basso. Tra i 28 Paesi dell' Unione Europea siamo quello
con la minore percentuale di giovani laureati. Questa frattura rischia di crescere in futuro, perché il
funzionamento dell'economia si sta trasformando, la “digitalizzazione dell'economia” cambierà
fortemente le possibilità di lavoro esistenti.
Un' altra frattura della nostra società è quella fra uomini e donne. Certo meno rilevante rispetto a
50 anni fa, ma comunque molto intensa. C' è un alto tasso di discriminazioni di genere. L' Italia ha
ancora livelli record di donne inattive, peggio: di donne considerate formalmente inattive, ma che in
realtà lavorano moltissimo perché hanno un carico di lavoro domestico enorme a cui si somma un
carico di cura altrettanto grande: sia di bambini che di anziani. Sono doppiamente beffate: lavorano
molto ma il loro lavoro non è socialmente considerato né remunerato. Anche tra le donne occupate
persistono differenze significative rispetto agli uomini che si ripercuotono poi sull'assegno
pensionistico.
La frattura che si è allargata tantissimo nell'ultimo ventennio è fra giovani e meno giovani, da non
intendersi sia chiaro, come contrapposizione generazionale.
L'occupazione giovanile si è molto ridotta, di conseguenza molti ragazzi migrano, a volte si tratta di
una libera scelta connessa alla conoscenza del mondo e delle lingue, ma nella maggior parte dei casi
è una necessità dettata dalla mancanza di lavoro. Senza sottacere che tutta una serie di lavori non
sono più appetibili per i giovani d'oggi, in agricoltura e zootecnia, in edilizia, in siderurgia, tanto per
citarne alcuni. Ciò che preoccupa è però l'aspetto psicologico, hanno una aspettativa del futuro
minore di quella che hanno avuto i loro genitori.
E poi c'è la frattura tra il Nord e il Sud. E' una frattura che, prima di essere italiana, è europea.
Semplificando ancora, si sostanzia in possibilità inferiori e attiene alla debolezza dei servizi
collettivi: scuola, salute, welfare sono molto più sviluppati e mantenuti nei Nord rispetto ai Sud. L'
Italia è un Sud dell' Europa che è un Nord del mondo, il mezzogiorno è un Sud dell'Italia che è pur
sempre un Nord del mondo.
Queste fratture si sommano. Una giovane donna meridionale che proviene da una famiglia modesta
e che ha un livello di istruzione non elevato si troverà nelle condizioni peggiori.
Queste fratture si stanno consolidando e hanno effetti gravi sulla traiettoria di vita delle persone.
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Un 20/25enne che ha completato la sua istruzione e non lavora, vede man mano ridursi la possibilità
stessa di lavorare, perché il suo sapere invecchia e diventa meno spendibile.
Chi meno lavora oggi ha meno possibilità di lavorare domani.
Le giovani coppie, che sono in ansia per il mantenimento del proprio reddito e hanno incertezza
sulla continuità del proprio posto di lavoro, disponendo di scarsi servizi sociali, stanno rinunciando
a procreare. Un circolo vizioso.
Come si contrastano queste fratture? Tornando a una maggiore e migliore crescita economica,
qualitativamente diversa. Le grandi fratture della nostra società si riducono con forti e intelligenti
politiche pubbliche. Investendo sul futuro. Molti servizi pubblici non sono solo un costo da ridurre,
ma un investimento. Si può ottenere molto senza aumentare la spesa ma aumentandone efficienza,
qualità e equità. Non per ridurre il ruolo dello Stato, ma per renderlo migliore. Investendo sul
welfare,con interventi di sostegno per le donne e la prima infanzia, sullo studio universitario, sui
servizi sociosanitari, sulla povertà. I danni di queste fratture sociali possono essere parecchio gravi
per il futuro del nostro Paese se non vengono ricomposte. Il forte scontento di chi è “dal lato
sfortunato della barricata” tende facilmente a prendere la strada del populismo, a richiedere uomini
forti e politiche egoistiche, sovraniste. C'è il rischio di arrivare ad un punto di possibile rottura tra
democrazia e impoverimento e l'impoverimento può produrre una crisi democratica.
I governi che si sono succeduti, al contrario, hanno perseguito una linea di contrazione degli
investimenti pubblici, hanno scelto di indebolire il ruolo di rappresentanza del Sindacato, di ridurre
le tutele sul lavoro, anche abolendo l'art. 18, di ridurre gli ammortizzatori sociali e di tagliare la
spesa sociale, sulla sanità, sull'istruzione.
E' con tutto questo che il Congresso della CGIL si deve misurare, comprendendo le difficoltà, ma
consapevoli, così come in altri tornanti difficili della nostra storia, che la CGIL è stata capace di
stare in campo ed essere punto di riferimento insostituibile per milioni di lavoratrici e lavoratori,
pensionate e pensionati.
La CGIL con la proposta del Piano del lavoro ha indicato una linea di politica economica
alternativa, fondata appunto sull'idea di investimento pubblico per la creazione di nuova
occupazione e la valorizzazione della qualità sociale. La Carta dei Diritti Universali del lavoro
rimane un riferimento per affermare con la dovuta determinazione che il lavoro con dignità e diritti
deve diventare elemento centrale. Piano del lavoro e Carta dei Diritti vengono riconfermati due
pilastri delle scelte strategiche della CGIL.
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Intanto è decisivo ed importante il fatto che la CGIL nella sua stragrande maggioranza si presenti
con un documento unitario dal titolo “il lavoro è” che è stato costruito con tenacia, nella
consapevolezza che nella situazione attuale l'unità della CGIL è la precondizione per affrontare i
problemi che stanno d'innanzi a noi.
Un' esigua minoranza si è sottratta ed ha presentato un suo documento alternativo dal titolo
“riconquistiamo tutto”.
Non è una novità in assoluto, anche se francamente data la situazione reale, questa volta sarebbe
stato opportuno più che mai fare sintesi condivisa su un unico documento.
Un problema che riguarda certamente il regolamento e lo Statuto Nazionale, su questo punto oramai
anacronistico, bastano solo cinque firme del Direttivo Nazionale per presentare ovunque dei
documenti alternativi.
Già il titolo “il lavoro è” indica quale sia il cuore del documento congressuale. Uguaglianza,
Sviluppo, Diritti e Cittadinanza, Solidarietà e Democrazia, rappresentano i valori sui quali la CGIL
definisce le proprie proposte. Un documento valoriale nel quale ci riconosciamo proprio perché quei
valori sono il nostro quadro di riferimento.
Dobbiamo avere consapevolezza che se questi valori non guadagnano campo dentro la società tutto
diventa più complicato. Avvertiamo quindi la necessità di dispiegare le nostre iniziative avendo
come bussola da un lato i nostri valori di riferimento e dall'altro la ricerca continua e tenace di una
nuova unità con le altre OO.SS., senza la quale, come l'esperienza concreta ci dimostra, tutto
diventa più difficile e complicato.
Si tratta di dare continuità alla ripresa della azione unitaria avvenuta in questi ultimi anni e che ha
portato agli accordi sul modello contrattuale e sulla rappresentanza, l'intesa con il governo su
previdenza e pensioni, il rinnovo di importanti contratti nazionali di lavoro compreso quello del
pubblico impiego bloccato da molti anni.
Continuità senza tentennamenti e nostalgie del passato, valorizzando il pluralismo, la dialettica, il
radicamento sociale per uno sforzo moltiplicato di azione unitaria, l'unica capace di affrontare lo
spessore dei problemi economici e sociali che abbiamo di fronte. Questo vale anche per i temi
specifici della nostra categoria, in cui la pratica dell'azione unitaria tra SPI, FNP e UILP è più
consolidata.
D'altronde ci è imposto un banco di prova ineludibile per un Sindacato: la capacità di portare a casa
dei risultati per chi rappresenti, altrimenti diventi non solo ininfluente ma addirittura residuale.
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D'altro canto siamo di fronte ad un governo che definire pericoloso è un eufemismo, al di là dei
consensi che ha ricevuto e come pare dai sondaggi mantenga.
Un governo che ha il diritto di governare, ma non ha il diritto di dividere il Paese, di giustificare e
avallare razzisti, neofascisti e naziskin indossando le loro magliette e scandendo i loro slogan,
organizzazioni che, in base alle leggi vigenti, andrebbero chiuse!
Leader di questo governo sono diventati la cassa di risonanza delle forme di intolleranza che,
attraverso il linguaggio, si traducono poi anche in atti violenti e discriminatori, come quelli avvenuti
negli ultimi tempi a sfondo razzista.
Questi episodi non possono essere in alcun modo giustificati né consentono alcuna sottovalutazione,
e vanno contrastati strenuamente. Il razzismo è malattia endemica, riemerge come un virus mai
sufficientemente debellato.
Il recente decreto su sicurezza e immigrazione è una risposta sbagliata ad un tema che non viene
affrontato come un fenomeno strutturale, ma solo in chiave di ordine pubblico e di emergenza,
alimentato da campagne politiche e mediatiche non fondate sui fatti, ma su una propaganda
secondo cui l' Italia è invasa.
Un atto legislativo che interviene nella dimensione umanitaria e sul principio di accoglienza, un
insieme di norme che rischia di spingere ancora di più verso la condizione di irregolarità.
L'immigrazione è uno di quei cambiamenti epocale che ci coinvolgerà per diverso tempo, non
essendo un fenomeno transitorio ma strutturale. E' un tema che va affrontato come tema europeo
perché riguarda tutta l' Europa, l'accoglienza deve essere legata alla sicurezza delle persone ma non
ci possiamo permettere di avere un' Europa chiusa su se stessa, con politiche xenofobe praticate in
diversi Paesi. Lo SPI, insieme alla CGIL, è impegnato perché l'Italia e l 'Europa, affrontino con
spirito di umanità e solidarietà l' afflusso dei migranti, promuovendo politiche di accoglienza, di
convivenza, nel rispetto della sicurezza e della legalità.
Bene ha fatto lo SPI Nazionale a manifestare per “Diritti senza confini” insieme ai Sindacati
pensionati austriaci, francesi, di dieci Paesi dei Balcani e dell' Europa orientale e del Sindacato
pensionati Tunisino: al Brennero, a Ventimiglia, a Noto e al confine Sloveno – Croato.
I recenti provvedimenti su immigrazione, legittima difesa e porto d'armi servono a sviare e
nascondere i veri problemi del nostro Paese, che sono di natura sociale. Le risposte del governo al
bisogno di fiducia che attraversa il Paese, sembrano finalizzate alla ricerca di una sicurezza tutta
individuale. E' una situazione molto pericolosa, si installa una paura perenne che fa perdere di vista
quali sono i veri bisogni, a partire da quello della protezione sociale dei cittadini.
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Inoltre, questo governo sta mettendo in discussione seriamente la libertà che le donne hanno
conquistato in tanti anni: diritti sul lavoro e sulla vita, divorzio, legge 194, inviolabilità del loro
corpo.
Non c'è dubbio che la libertà delle donne è una conquista democratica di questa nostra Italia e noi
senza tentennamento alcuno siamo al loro fianco.
Segnali positivi sono partiti da diverse piazze, in modo particolare a Milano, con una mobilitazione
ampia contro la deriva razzista e l'intolleranza che si manifesta anche nei confronti di chi assume
posizioni di autonomia dal governo, dai magistrati,ai funzionari ministeriali, a qualche
giornalista/scrittore.
Al fascismo non si arriva con un colpo di stato, ma erodendo giorno per giorno le garanzie
democratiche, non rispettando più la separazione dei poteri, o i diritti sanciti dalla Costituzione, o
le minoranze.
Nel mese di luglio, il governo “del cambiamento” come amano definirsi, ha varato il cosiddetto
decreto “dignità” che non porta certo dignità al lavoro.
Gli interventi concreti sono poco incisivi, soprattutto per quanto riguarda i licenziamenti, dato che
non tocca il problema del ripristino dell'art. 18.
Interventi limitati ai contratti a termine che rischiano di essere vanificati dal ripristino dei voucher
in alcuni settori. Mantenuto il bonus assunzioni di Gentiloni (contributi dimezzati per 3 anni alle
imprese che assumono), e il bonus occupazione giovani e bonus Sud coperti entrambi da fondi
Europei.
Tutto senza il minimo confronto con il Sindacato.
Se questa prassi non andava bene con i governi precedenti, non va bene nemmeno ora.
Nei giorni scorsi il Consiglio dei Ministri ha varato la nota di aggiornamento (DEF), la “manovra
del popolo”, festeggiata dai balconi di Palazzo Chigi dichiarando che la povertà era abolita per
decreto. Una ipotesi di spesa a debito al 2, 4% per i prossimi 3 anni per finanziare i capitoli della
campagna elettorale; reddito di cittadinanza, mini flat-tax e pensioni. Si è scatenata una tempesta,
con la Commissione Europea e con i mercati finanziari che hanno fatto schizzare lo spread a quota
300. Prima retromarcia del governo che prevede non più per 3 anni il deficit al 2,4%ma solo per il
2019. Probabilmente non sarà l'unica, vedremo quando la manovra sarà definitiva.
La legge di bilancio dovrà nei prossimi giorni tradurre in scelte concrete la traccia contenuta nel
DEF, ma una cosa sembra chiara: non ci sono gli investimenti che servono al Paese e le risorse che
possono essere finalizzate alla creazione di lavoro.
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Il ponte Morandi di Genova dà la dimensione del bisogno di investimenti sul territorio e le
infrastrutture quindi diventano fondamentali e abbiamo bisogno di concludere quelle che sono di
traiettoria europea.
Intanto bisogna capire quanto questa manovra, dichiarata espansiva e di crescita, riduce altri
strumenti che sono già in campo, perché si parla di tagli al welfare per circa 5 miliardi, il che
significa ridurre di molto i servizi sociali e la sanità pubblica.
Il presidente della Repubblica si è sentito in bisogno di intervenire per ricordare che l'intera vita
pubblica è fondata sulla Costituzione, fuori dai denti che la vita pubblica deve essere garantita da
conti a posto e non con un salto nel buio, salvaguardando i risparmi degli italiani.
Le scelte devono corrispondere ai bisogni del Paese e non al mero consenso elettorale.
Per rispondere alla condizione di povertà di milioni di cittadini era meglio aumentare le risorse e
allargare la platea interessata al REI (reddito Inclusione), prima vera misura seppure insufficiente
introdotta nel nostro paese dal precedente governo.
C' è invece una voglia irresistibile di distribuire sussidi a pioggia utilizzando i soldi pubblici. 780 €
è più del salario mensile di un part time 20 ore a settimana, che statisticamente non è un
disoccupato. Ci devono sicuramente essere misure che accompagnano chi ha perso il lavoro a
riqualificarsi e trovare nuove opportunità, partendo anche da un rifinanziamento degli
ammortizzatori sociali, queste opportunità devono esistere, non possono essere sostituite da uno
stipendio pubblico a cui non corrisponde lavoro. Anche perché il conto prima o poi qualcuno lo
paga.
Identico ragionamento vale per le pensioni minime. Se la pensione minima vale di più di quella di
chi ha versato i contributi, tu incentivi l'idea che i versamenti sono inutili, e scassi il sistema.
Sappiamo bene che anche nel nostro territorio, che ha più di 300 mila pensionati, le pensioni medie
pagate hanno un livello medio basso, con quasi la metà dei pensionati nella fascia dai 500 ai 1000 €
mensili lordi, soprattutto fra le donne, ma non è certamente questo il modo per rispondere alla
necessità di un aumento.
Sul capitolo pensioni bisogna fare molta attenzione.
Qui serve precisione e concretezza, non il balletto dei numeri. Si parla di “quota 100” per uscire in
modo anticipato, ma bisognerà vedere attentamente se ci saranno penalizzazioni e che tipo di
calcolo. Noi confermiamo che il superamento della legge Fornero si può fare lavorando su obiettivi
realistici e raggiungibili, proseguendo il lavoro svolto unitariamente dal Sindacato al tavolo di
confronto con il governo avviato nella scorsa legislatura.
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La vertenza unitaria CGIL-CISL UIL e dei pensionati ha conseguito risultati parziali ma importanti.
Ampliamento della 14° mensilità che ha riguardato principalmente le donne, no TAX area, cumulo
gratuito, definizione di prime categorie di lavori gravosi e precoci.
E' necessario proseguire con il lavoro iniziato, definire per le pensioni in essere un meccanismo di
rivalutazione annuale teso a tutelare meglio il potere d'acquisto, una adeguata flessibilità in uscita, il
riconoscimento del lavoro di cura per le donne, una pensione di garanzia per le attuali giovani
generazioni, in modo che nessuna pensione venga a trovarsi sotto una determinata soglia. Già nel
2007 con il governo Prodi si ipotizzava un rendimento almeno del 60% per evitare la prospettiva di
tantissimi futuri pensionati poveri.
C'è bisogno inoltre di rilanciare un fisco migliore e progressivo, con l'obiettivo di abbassare il
carico fiscale sul lavoro e sulle pensioni.
Diciamo no alla FLAT TAX, un' operazione da cui trarrà beneficio solo una piccola porzione di
contribuenti, con aliquote del 15% fino a 65 mila € di fatturato e del 20% fino a 100.000 per
artigiani, professionisti e imprese.
Non bastasse questo, si interviene di nuovo con un condono, fiscale e contributivo definito “pace
fiscale”. Un insulto nei confronti dei contribuenti onesti.
I condoni da sempre hanno solo ingrassato l'evasione, vecchia e nuova, fino ad arrivare alla cifra di
200 miliardi. E' questo il vero cancro del nostro Paese che va affrontato con seria volontà politica.
L' annunciato inasprimento delle sanzioni per gli evasori come sta insieme al condono?
Un' etica morale e civica che fa il paio con i 49 milioni di €, accertati dalla giustizia italiana, frodati
dalla Lega, il partito del ministro dell' interno, erogati a titolo di contributi per spese elettorali e
utilizzati per altro.
Non sarà facile risalire la china con questo quadro politico,le difficoltà sono tante, di natura politica
e sociale, ma anche culturale.
E' avvenuto un cambiamento profondo nella cultura e nella coscienza delle persone. Questo non lo
rimonti semplicemente cambiando qualche legge o qualche norma contrattuale. E' triste ammetterlo
ma, a differenza del passato, nessuno oggi sembra più vergognarsi di esprimere pubblicamente le
peggiori opinioni.
C' è stato uno sdoganamento degli impulsi peggiori.
Quando i singoli individui perdono la facoltà di vergognarsi del proprio comportamento e delle
proprie opinioni, viene a mancare quel segnale d'allarme che avverte che il collasso morale è ormai
imminente.
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Se allora è vero, come è vero e come ci siamo detti tante volte, che il voto del 4 marzo parla anche
a noi, anche noi dobbiamo allora fare la nostra piccola parte.
Anche tra i nostri iscritti, tra i pensionati oltre che tra i lavoratori, ci sono elettori della Lega e dei
Cinque Stelle, che ne condividono magari lo spirito e le modalità.
Le motivazioni possono essere molte, la crisi che ha determinato insicurezza ma anche, inutile
nasconderlo, la questione migratoria, spesso dirimente.
Ci troviamo di fronte a persone che esprimono sentimenti di paura rispetto al nuovo contesto.
La paura, reale o percepita, è comunque uno stato d'animo che va sempre rispettato: non può
essere ignorato, né sminuito. E' la paura che crea spesso e volentieri sentimenti di fastidio e
insofferenza in parte della popolazione, su cui soffia da anni il vento della propaganda delle destre,
soprattutto nei quartieri delle periferie dove il tessuto sociale è stato reso più fragile dagli effetti
della lunga crisi economica. Quella che emerge è una mancanza di sicurezza, sociale e generale,
sicurezza del lavoro, sicurezza sulla casa, sulle spese di formazione dei figli, sul versante reddito e
futuro che guarda alla generazioni dei nostri figli e nipoti.
Per dare risposta a questi bisogni, dobbiamo sapere da dove discendono, in che modo si alimentano.
Noi dobbiamo contrastare in ogni modo chi vuole strumentalizzare la paura, ma allo stesso tempo
essere consapevoli del contesto culturale in cui operiamo, non ignorare mai quali siano le
convinzioni che attraversano il senso comune delle persone che dobbiamo rappresentare.
Dobbiamo ritornare a svolgere un ruolo di orientamento su temi generali e sui valori di giustizia
sociale, uguaglianza, solidarietà.
Questo significa discutere con le persone, con pazienza, senza insultare chi ha votato, cambiare la
narrazione, individuare le contraddizioni, orientare.
Certo, non sarà facile, ma non possiamo evitarlo, dobbiamo fare la nostra parte, è parte dei valori
della CGIL.
Care compagne, cari compagni, arriviamo al nostro Congresso dopo aver svolto 133 assemblee
che hanno coinvolto tutte le leghe comunali e cittadine. Il risultato è il seguente: voti validi espressi
6.301, voti al documento 1 “il lavoro è” 6.006; pari al 95, 3% voti al documento “riconquistiamo
tutto” 295, pari al 4, 7%. L'intendimento di gestione delle dinamiche congressuali, intervenuto nello
SPI di Brescia ha permesso, pur in presenza di posizioni diverse tra i due documenti, di sviluppare
comunque una positiva discussione. Abbiamo privilegiato l'unità, la compattezza della nostra
categoria, del suo quadro attivo, rispetto alle differenze di opinione.
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E' stata una scelta intelligente. Questo ci ha consentito di svolgere le assemblee, in un periodo di
tempo comunque ristretto, senza tralasciare nulla degli impegni di gestione sindacale quotidiana.
Già questo dice qual'è stato l' impegno profuso dalle compagne e dai compagni soprattutto nelle
zone. Le assemblee si sono svolte, anche dove si era in due relatori, in un clima di rispetto reciproco
delle posizioni, senza sterili contrapposizioni. Pertanto, va dato atto con soddisfazione, alle
compagne e compagni che hanno partecipato alle assemblee, di aver rafforzato pur nella diversità
delle opinioni, un clima unitario all'interno della nostra categoria.
E' stata un' ulteriore occasione di incontro con i nostri pensionati e pensionate. Abbiamo ascoltato
attentamente i pareri, i suggerimenti e anche le critiche. I valori contenuti nel documento
congressuale hanno trovato una unanime condivisione, fanno parte del DNA di tanti nostri iscritti e
iscritte. Così come è stato apprezzato il contributo del documento specifico dello Spi nazionale. C'è
una grande consapevolezza che nella situazione attuale, l'unità sindacale è condizione
indispensabile. E' stata forte, come sempre, la preoccupazione che riguarda la mancanza di lavoro e
la precarietà dello stesso che investe i nostri giovani, che le pensioni necessitano di una
rivalutazione più appropriata valorizzando i versamenti contributivi e non intervenendo a pioggia
sulle pensioni minime, molto sentito il tema del sistema sanitario pubblico. Abbiamo affrontato
anche il tema immigrati, partendo dal vissuto, da ciò che ci sta vicino e conosciamo. Viviamo in una
città e in una provincia che ricopre da 20 anni i primi posti tra tutte le provincie italiane per quanto
riguarda la percentuale di immigrati rispetto alla popolazione locale. Gli irregolari sono una minima
parte.
La maggior parte sono persone che lavorano, e non oso dire integrate, ma che convivono
civilmente. Il 18% degli studenti delle scuole bresciane è di cittadinanza non italiana e la maggior
parte di loro è nato in Italia. Si vestono e parlano il dialetto come i ragazzi “bresciani”. Nessuno di
noi è obbligato a mangiare il kebab, possiamo tranquillamente comperare e mangiare salamelle e
braciole, nessuno è obbligato a frequentare la Chiesa né tanto meno la moschea, si va al cinema, in
biblioteca, si passeggia e si frequentano i centri commerciali, anche alla domenica, dato che sono
aperti. Questo modo aiuta a ragionare, senza dire che va tutto bene ma cercando di affrontare la
realtà per quello che è.
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Nelle assemblee è diminuita rispetto al passato la partecipazione, penso che occorra trovare altre
modalità per svolgere i congressi e per un maggiore coinvolgimento dei nostri iscritti. Penso che
non sia un problema che riguarda solo i pensionati. Servono modalità diverse dalle attuali nel modo
di svolgere i congressi, se vogliamo incidere in tempo reale sui processi in corso. E' una riflessione
che dovrà essere fatta all'interno della nostra organizzazione, con franchezza, serietà e pacatezza. Se
la faremo non potrà che fare bene alla CGIL tutta e a chi vogliamo rappresentare. Non ho una
ricetta da proporre ma il problema esiste.
Il tesseramento alla nostra categoria ha subito negli ultimi anni una graduale flessione, seppur
contenuta.
Una flessione dovuta al rallentamento dei flussi di pensionamento, ad un aumento degli inevitabili
decessi e in minima parte a revoche.
L' azione di proselitismo e tesseramento è entrata maggiormente, rispetto al passato, nelle corde di
tutti i nostri collaboratori e dobbiamo continuare con una politica che valorizzi sempre più chi è
iscritto rispetto a chi non lo è.
Senza sottacere l'importante contributo che arriva dal' INCA in termini di tesseramento, il flusso di
nuovi iscritti è grazie al lavoro nell' attività diretta e di supporto alla tutela individuale e a maggior
ragione con INCA e CAAF in questi ultimi anni abbiamo cercato di lavorare sempre più in sintonia.
Scontiamo però un processo di progressivo invecchiamento a tal punto che l'età media dei nostri
iscritti è di 73/74 anni. Anche per questo servono progetti coordinati dalla Cdl per la continuità di
iscrizione alla CGIL dei lavoratori prossimi alla pensione, favorendo una sinergia tra le categorie e
lo SPI. Non va inteso come un favore allo SPI, ma come necessità per tutta la CGIL, sia per quanto
riguarda la rappresentanza sia per le risorse.
Risorse che servono per le iniziative, per le Sedi, che favoriscano un insediamento territoriale
maggiore di quello attuale. Lo SPI di Brescia, in questi quattro anni, ha contribuito in modo
importante alla ristrutturazione e all'acquisto di sedi SPI e CGIL. SPI Regionale e Nazionale non
hanno fatto mancare un loro importante contributo.
E' da tempo che chiediamo che la “continuità del tesseramento” diventi un progetto organizzativo
della intera CdL. Non è un progetto nuovo. Anche se fino ad ora non ci sono state le attenzioni
necessarie, noi continueremo riconfermando la nostra disponibilità sia in termini organizzativi ed
anche economici se necessario.
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Come si fa a non capire che si tratta di un impegno di politica organizzativa necessaria per
mantenere l'iscrizione alla CGIL, evitando la dispersione di iscritti e nello stesso tempo favorire un
impegno attivo di iscritti e delegati che hanno alle spalle una esperienza sindacale, che può tornare
ancora utile una volta pensionati.
Il problema non è allora che ci sono troppi pensionati iscritti alla CGIL. Il problema è che sono
troppo pochi i lavoratori iscritti. Se analizziamo quanti sono iscritti alla CGIL nella fascia tra i 20
ed i 40 anni, il risultato ci fa dire che la nostra rappresentatività rischia di essere residuale. E allora
le scorciatoie non servono. E' miope pensare che per rimediare al calo degli iscritti nelle categorie
degli attivi, e il calo quindi di risorse, bisogna tenere agganciati alla categoria gli iscritti anche
quando vanno in pensione.
Non perché si pensa che possono essere tutelati meglio, semplicemente per una questione di risorse
economiche!
Lo SPI ha un insediamento profondo nel territorio, praticamente uno sportello sociale diffuso,
grazie innanzitutto all'impegno degli attivisti e collaboratori, cui va il nostro ringraziamento.
Risorse umane molto preziose, abbinate a risorse finanziarie, senza le quali il decentramento della
CdL sarebbe più difficile.
Un radicamento diffuso e praticato quotidianamente, con un corposo supporto sia al CAAF che all'
INCA, con i quali siamo impegnati costantemente a ricercare le soluzioni migliori da un punto di
vista organizzativo, oltre che ad un aggiornamento formativo continuo. E' la nostra presenza nelle
sedi territoriali che ci ha consentito di lanciare la campagna “Controlla la tua pensione”. Lanciata
unitariamente sa SPI FNP UILP e gestita poi in modo autonomo da ogni singola organizzazione.
Un servizio importante che è diventato strutturale. Grazie a questa attività sindacale sono state
recuperate anche somme importanti e ha portato nuovi iscritti allo SPI .
Lo SPI conferma il proprio contributo al rafforzamento dell'insediamento territoriale e al buon
funzionamento dei servizi.
C'è però l'esigenza di ragionare sulla definizione di un nuovo modello organizzativo decentrato di
tutta la CdL che risponda meglio al cambiamento avvenuto nel mondo del lavoro.
Quanto scaturito dalle scelte del governo Monti che ha fatto cassa sulle pensioni non ci ha mai
rassegnato, c'è stato un impegno politico che ci ha coinvolto insieme a FNP e UILP per costruire
anche all'interno delle nostre Confederazioni la sensibilizzazione necessaria a produrre una
iniziativa sindacale unitaria. Questo ci ha visto coinvolti nelle iniziative di presidi e mobilitazione
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sia a livello locale che nazionale. Uno sforzo sfociato nella piattaforma unitaria presentata nel 2015,
e da una grande manifestazione nel maggio 2016 a Roma.
“Non solo per noi” lo slogan per indicare il comune interesse che lega pensionati, lavoratori,
giovani. I risultati della vertenza, condotta per 4 mesi con un governo che aveva negato il ruolo di
rappresentanza e mediazione sociale del Sindacato, sono stati presentati e discussi con una larga
campagna di assemblee, sia come SPI che unitariamente.
L'esperienza consolidata di negoziazione sociale con le amministrazioni comunali caratterizza
l'attività sindacale dello SPI, condotta unitariamente con FNP e UILP. Produce risultati quantitativi
e qualitativi che collocano la nostra esperienza negoziale al primo posto in Lombardia e in Italia.
Intercetta bisogni e problemi non solo della popolazione anziana ed è il segno di una rappresentanza
sociale reale riconosciuta nel rapporto con i comuni. Confermiamo naturalmente questa esperienza,
dobbiamo orientare meglio e di più la nostra attività negoziale verso gli ambiti distrettuali, in modo
da favorire forme di gestione associata dei piccoli comuni, in modo da realizzare servizi a livello
sovra comunale, con evidenti economia di scala e produrre maggiore omogeneità delle condizioni di
acceso dei cittadini alle diverse tipologie di servizi e prestazioni, anche sotto il profilo tariffario e di
compartecipazione alla spesa. Mi permetto di richiamare, anche per il valore politico che ha, la
ripresa in questi anni di corrette relazioni sindacali con l'amministrazione del comune di Brescia.
Ciò ha consentito di siglare accordi di negoziazione ma anche di costruire, il 1°/ 2°/3° rapporto sulla
condizione degli anziani in città. E' una importante fotografia della realtà necessaria ed utile per
ragionare e discutere in modo appropriato come affrontare le problematiche e alcuni interventi di
natura sociale/economica. Appare evidente il fenomeno dell'invecchiamento, e naturalmente non
vale solo per la città. L'allungamento della vita è la più grande storia di successo dell'umanità. Un
successo che nel nostro Paese, ed in occidente in generale, è stato progressivo se si considera che un
secolo fa l'aspettativa di vita era di 50 anni ed oggi è quasi raddoppiata. Ma porta con sé una serie di
criticità non da poco. Intanto cresce, anche tra i pensionati, il numero di persone che fanno fatica a
curarsi, anche per il peso dei tickets oltre che per le liste di attesa, spesso con tempi biblici. Con
l'aumento degli anziani cresce l'aumento dei non autosufficienti. E' un tema che non riguarda però
solo gli anziani. Questo carico non potrà essere rovesciato ancora di più sulle famiglie, già oggi
pesantemente colpite economicamente/socialmente. Occorre arrivare ad una legge nazionale in
merito che fissi i livelli essenziali delle prestazioni e preveda la presa in carico effettiva delle
persone non autosufficienti.
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Rispetto anche alle previsioni di “invecchiamento” dei prossimi decenni, dato che i figli del boom
economico, che oggi hanno tra i 50/60 anni, incrementeranno nei prossimi anni la fascia degli
anziani, si rende necessario rivedere, in prospettiva, il sistema generalizzato dei servizi, al fine di
fronteggiare questo fenomeno.
Diventa una priorità il rilancio e la valorizzazione del servizio sanitario nazionale, così come servirà
una più approfondita analisi sulla evoluzione che avuto il sistema socio sanitario lombardo,
compreso il nuovo modello di presa in carico dei pazienti cronici.
Abbiamo formalizzato, insieme alle confederazioni, i protocolli in tutti i distretti del territorio, che
definiscono luoghi, orari, modalità, al fine di costruire una rete integrata che faciliti l'accesso alla
ricerca e alla scelta delle assistenti familiari, le badanti.
Positiva e importante è l'attività del coordinamento donne dello SPI e quella svolta unitariamente.
Potrei limitarmi a citare l'iniziativa per l'8 marzo ma sarebbe riduttivo, sono tante le iniziative al
centro e sul territorio che vedono protagonista le nostre compagne, sia verso le problematiche
generali sia nei gesti concreti di aiuto e solidarietà. Un lavoro che fa emergere la loro sensibilità, la
specificità dei loro problemi di vita individuale e sociale ed arricchisce la nostra organizzazione.
Anche quest'anno lo SPI di Brescia ha partecipato ad un “campo della legalità”, uno dei tanti
campi antimafia promosso dallo SPI Nazionale con Libera e Arci. E' così continuata, e continuerà,
una positiva esperienza iniziata nel 2015 e che ci ha visto partecipare ai campi di Polistena, di
Palermo e di Afragola.
I campi, che coinvolgono ogni anno centinaia di giovani e pensionati volontari provenienti da tutta
l' Italia, si legano in modo indissolubile ai beni e ai terreni confiscati alla criminalità organizzata.
E' un tema, quello della lotta alla mafia, che riguarda tutti. Non solo il sud.
Abbiamo avuto modo di approfondirlo anche nel nostro convegno dedicato, sempre in occasione del
Premio Foppoli, due anni fa. Mafia, camorra e soprattutto 'ndrangheta si sono fortemente radicate in
tutta la Lombardia e nella nostra provincia, come dimostrano ampiamente le cronache giudiziarie e
le denunce dell' associazioni antimafia locali. Come SPI, e come CGIL, non possiamo non sentirci
coinvolti. La tutele dei diritti, impegno primario di un sindacato, si lega fortemente al tema della
legalità, la natura stessa di un sindacato sano è incompatibile con l' illegalità e la mentalità mafiosa.
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Continua il nostro impegno per la memoria, con l'intento di coltivarla e consegnarla alle nuove
generazioni.
Ogni anno, unitariamente e in collaborazione con ANPI, ANED, FIAMME VERDI, celebriamo il
25 aprile. Iniziative che ricordano vicende della Resistenza locale.
In questi ultimi anni abbiamo introdotto spettacoli teatrali che valorizzano i valori resistenziali,
guardandoli da un punto di vista dei giovani attori e artisti, invitando nell'occasione classi di
studenti della scuola superiore, nell' ottica di facilitare l'incontro tra generazioni.
Oltre alla consueta partecipazione all' iniziativa che ricorda l'incendio di Cevo e il raduno al
PLA'LONC, lo SPI di Brescia è orgoglioso di far parte di un progetto internazionale con SPI
Nazionale e Regionale Lombardia, Liguria e Valcamonica, con i pensionati della CGT francese e di
quelli del CCOO spagnolo, per costruire e condividere una rete dei luoghi della Resistenza in
Europa.
Dopo le iniziative svolte a Madrid e Marsiglia, nel luglio scorso abbiamo svolto la prima delle
iniziative previste in Italia, a Brescia e a Cevo, due luoghi in cui, in tempi diversi, la barbarie
fascista si è accanita.
Solo per comodità di ragionamento e non per ordine di importanza, arrivo all'Area Benessere dello
SPI di Brescia.
Con un buon lavoro, è stata rilanciata, con una forte connotazione culturale, condividendo
l'indirizzo di “sindacalizzare” l' Area Benessere, uno strumento di promozione di nuovi diritti per i
pensionati, tra questi anche il diritto di stare meglio e essere meno soli. Favorire lo stare insieme,
produrre cultura, turismo, conoscenza, svago. Non è semplicemente fare una gita, è recuperare uno
spazio e un tempo che quando lavoravi magari non avevi.
Allo stesso modo può essere considerata la rassegna “Anziani e anziane al cinema”, giunta alla sua
19° edizione e organizzata unitariamente, molto apprezzata e partecipata, che crea socialità, che fa
uscire di casa per andare al cinema, che è attività che fa sentire bene.
Molti, quando conoscono davvero lo SPI, si meravigliano delle tante cose che facciamo. Lo dico
sommessamente, ci piacerebbe che queste cose, questo impegno generoso che ogni giorno viene
messo in campo dai tanti nostri collaboratori, venisse conosciuto meglio anche all'interno della
nostra organizzazione, non per essere incensati, semplicemente venisse conosciuto meglio.
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Care compagne, cari compagni,
sono trascorsi 4 anni dal precedente Congresso, tutti insieme abbiamo lavorato intensamente,
cercando di fare il meglio possibile, occupandoci dei problemi propri della nostra categoria e delle
iniziative confederali.
Questo è stato possibile innanzitutto grazie al vostro impegno, vi ringrazio anche a nome della
segreteria, così come un plauso va alle compagne dell' apparato tecnico che contribuiscono al buon
funzionamento della categoria.
Questo è stato reso possibile però, senza rifuggire dalle responsabilità che il ruolo assegna, dal
clima di collegialità vera che si è instaurato all'interno dello SPI, che a partire dalla segreteria e con
il coinvolgimento costante dei responsabili di zona si trasferisce poi nel territorio.
La libertà di esprimere opinioni diverse, confrontarsi, in un clima di rispetto, fiducia, lealtà e stima
reciproca, hanno permesso una gestione unitaria della nostra categoria e creato fraternità.
Lo Spi rappresenta la più grande organizzazione sociale presente a Brescia e provincia, con le
nostre leghe e le nostre permanenze. Una grande categoria, articolata e complessa.
Curare quotidianamente la nostra organizzazione, favorire strumenti ai nostri collaboratori per
analisi aggiornate dei temi del presente, svolgendo ogni tanto uno sguardo sul mondo, resta
dirimente per dare continuità ed efficacia alla gestione unitaria dello SPI anche nel prossimo
quadriennio.
Non dimenticando che la ricchezza dello SPI, e della CGIL, è costituita non solo e non tanto dalla
sua articolazione organizzativa, ma da quel patrimonio umano di donne e uomini, dalla loro tempra
morale, indipendentemente dal ruolo e dall'attività che svolgono.
Grazie di nuovo a tutti.
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