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Semplici osservazioni: Circa gli atti di sovrana indulgenze, e di sovrana munificenza pubblicati in...

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Semplici osservazioni: Circa gli atti di sovrana indulgenze, e di sovrana munificenza pubblicati in Napoli il 16 giugno all'occasione dell'ascensione al trono di Francesco II. Source: Foreign and Commonwealth Office Collection, (1800) Published by: The University of Manchester, The John Rylands University Library Stable URL: http://www.jstor.org/stable/60234954 . Accessed: 15/06/2014 22:20 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Digitization of this work funded by the JISC Digitisation Programme. The University of Manchester, The John Rylands University Library and are collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Foreign and Commonwealth Office Collection. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.46 on Sun, 15 Jun 2014 22:20:32 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Semplici osservazioni: Circa gli atti di sovrana indulgenze, e di sovrana munificenza pubblicatiin Napoli il 16 giugno all'occasione dell'ascensione al trono di Francesco II.Source: Foreign and Commonwealth Office Collection, (1800)Published by: The University of Manchester, The John Rylands University LibraryStable URL: http://www.jstor.org/stable/60234954 .

Accessed: 15/06/2014 22:20

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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SEMPLICI OSSERVAZIONI.

Circa <>'li atti di sovrana indulgenza, e disovrana

Mimificenza pubblicati in Napoli il 16 giugno all' occasione dell' ascensione al trono di

Francesco II.

I.

Allorche il Morning Herald ci anuunziava di esser cessate con la nior- te di Ferdinando II. le ragioni per le quali le due potenze occidentali erano state obbligate a riehiamare i loro ministri dalla corte napolitana, noi osservammo, dall' indole, dall' educazione e da' primi atti del nuovo principe il suo avvenire divinando, ohe non la persona del morto re, ma il suo governo anticivile, oppressore, demoralizzatore incarnato in lui aveva determinate) la condotta della Francia e dell' Inghilterra a suo ri- guardo. Una quistione personale sarebbe stata indecorosa, per quanto nobilissima e quella di sollevare dalle iniserie un popolo tradito e gover- nato con la bajonetta e la frusta, 1' aguzzino ed il boja: quella di salvare la dignita monarchica dalla vergogna dello spergiuro e dall' accusa di essere incompatibile col progresso civile, economico e politico delle na- zioni: quella di risparmiare all' Europa altre rivoluzioni per lo cui mez¬ zo soltanto e dato a'popoli il rivendicare i loro diritti conculcati.

E questo timore nostro di essere Francesco II, avvegnacche fisica- mente diverso da Ferdinando II, a lui similissimo e la stessa sua perso¬ na come re, non a potuto non turbare il medesimo conte di Malmesbury per quanto grande fosse il suo appassionato amore di atterrare 1' opera di Palmerston e di Clarendon. Egli infatti il 5 di questo scriveva ad Elliot, inearicato di missione speciale presso la corte di Napoli. "II " governo di S M. la Regina vive nella sicura speranza die questo ri- " pristinamento di diplomatiche relazioni non restera. isolato da parte " del governo napolitano da fatti clie daranno indizi della futura sua " politica, della quale a ragionevole aspettazione S.M.. persuasache ilco- ' minciamento di un nuovo regno siaaccompagnatodaun nuovo sistema " d' interna amministrazione; ed ella dira confidenzalmente al sig. Carafa " che il tenore della proclamazione del re pel suo avvenimento al trono, e " la mancanza di ogni allusione per amnistia dei condannati politici e per " larevoeazionedel decreto dell'ultimo re emanato al-27 decembre 1858, " donde gl' imputati per vaghe (vague) accuse politicbe sono menati in- " nanzi alle corti marziali, anno prodotto un profondo malcontento " presso il nostro governo ed il nostro popolo. lo non diro piu oltre, " perche sarebbe da parte tli ogui governo ingeneroso scortese il sospet- " tare clie un giovine sovrano non fosse risoluto a tenere per principal '" obbiettodel suo governo futuro la felicita de'suoi sudditi. II governo '" di S. M. e convinto che il presente giovine re di Napoli prestera orec- " chio attento a quelle doglianze, la non curanza delle quali a in altre " parti d'Italia ed in Napolistesso cagionato molte contese e sofferenze."

Ala ad onta de' maneggiamenti e de' st'orzi del conte di Malmesbury e di Elliot il giovine re di Napoli a voluto rendere completa giustizia a Gladstone, a Palinerston, a Clarendon. I tre decreti che si leggono nel giornale uffiziale di Napoli del 16 di questo sono una prova solenne che la nepazione rfi J5(V', personificata in Ferdinando II, e trasmigrata nel

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suo figlio Francesco II, pert) come 1' anima di un tigre pitagoricamente potrebbe passare nel corpo di un asino.

Nel prirno decreto e scritto " volendo contrasegnare con atti di cle- menza il nostro avvenimento al trouo, che la divina provvidenza a affi- dato alle nostre cure, ci siamo determinati di fare sperirnentare gli effetti della nostra sovrana indulgenza a' rimanenti condannati a ferri, alia reclusione, alia rilegazione ed alia prigionia pe' reati di stato com- messi negli anni 1848 e 1849, che non sono st.ati contemplati ne' decreti di grazia del 27 decembre 1848 e 18 marzo ultimo."

Or nel reame delle due Sicilie la pena di prigionia non e oltre i cinque anni, (articolo 22 delle leggi penali), per quelle di reclusione e di rilega¬ zione il massimo e didieci anni (articoli 11 e 12 delle leggi penali). In febbraio 1851 dopo il t'amoso giudizio per YUnita italiana, re Ferdinando faceva grazia a tutti i condannati politici alia prigionia, cioe a tutti i de- tentori di fogli che legalmente si stampavano sotto il reggimento costi- tuzionale, grazia ripetuta poi per siftatti condannati in generate ad ogni regalo di un nuovo real nato che la fecondissima rogina Maria Teresa fa¬ ceva al pubblico tesoro. Si poteva adunque questo sperato nuovo germe di Tito incomodare a leggere 1' articolo 21) dolle leggi penali ed a percor- rere i fasti della clemenza paterna per esimersi dallo inutile incomodo di far g.razio a' condannati alia prigionia dopo undici anni de' voluti reati.

La stessa osservazionc va del pari a taglio per i condannati alia re¬ clusione ed alia .rilegazione. Ad ogni real naxcita vi e stata una dimi- nuzione di un' anno, e poscia ad occasione del matrimonio del presente re quel Grande e pio monarca le cut virtu e soltanto dolente di non potere tutte quante imitare il vivente figliuolo, pubblicava una diminuzione di quattro anni. Sicche per lo lungo tempo decorso, per le diminuzioui a centellini e per la magna ultima al 16 giugno 1859 non vipossono essere condannati alio reclusione ed alia rilegazione per gli avvenimenti poli¬ tici del 1848 e 1849, a' quali la indulgenza si riferisce.

Circa poi la grazia t'atta a' condannati a' ferri la gesuitica malizia e al perielio. Perciocche dopo che quei condannati al primo grado de' ferri per la completa espiazione della pena erano usciti di galora, e nel solo bagno di Procida, non conoscendo noi il martirologio de' bagni di Nisida, d' Ischia, di Pescara, di Brindisi e di que' eccezionali di Montefusco e di Montesarchio, erano morti 297 de' condannati politici ed il maggior numero di tisi, re Ferdinendo nel 27 decembre 1858 per celebrare il su cennato avvenimento delle nozze del suo Successore, dava quel famoso decreto, per lo quale, vo¬ lendo far grazio. a 91 fra i politici cacciati nell' ergastolo e nella galera, creava una nuova pena non esistente nel codice, ed in cui sintitizzava 1' esilio ed il confine con mandare in perpetuo esilio 90 in America e Nisco in Germania. E poscia quando in quello stesso giorno 16 gen- naio una regia commissione seguita da una schiera di gendarmi di un tratto e per forza ghermiva uomini anche col ferro al piede protestanti per la legalita di tale accumulazione di pene, infermi come Poerio o pri- vati di gambe come Pirontl, per deportarli in America, si notificava un altro decreto portante la diminuzione di quattro anni per tutti gli altri condannati a' i'erri, non che un rescritto reale, datato il 12 da Foggia, il quale ammetteoa a partecipare alia sovraaa munifwenza, spiegata col de¬ creto del 27 dicembre 1858 pe' 91 condannati politici, tutti coloro che ne farebbero fra tre giorni dimanda: il direttore di giustizia era incaricato di sottoporre alia real sanzione il corrispondente decreto ed a provvedere per la spedizione degli esolanti.

Cosi quanti erano i condannati al 3°. ed al 4°. grado de' ferri che non nrano stati compresi nel decreto del 26 dicembre 1858 per non morire in galera sotto il peso dellc catenee quello maggiore degli abusi e delle

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sovercherie degli aguzzini, di ogni altro bene disperando ed i decreti della suprema giustizia non prevedendo, dimandarono in conformita del suddetto real rescritto il passaporto con tutti i mezzi necessari per lo viag- gio e per primo stabilimento secondo era stato disposto con rescritto sovra- no del 10 dello stesso mese pe' 91 graziati. Nel 18 marzo idtimo, mentre re Ferdinando era dal giustissimo Iddio condannato adassisterealladis- soluzione e trasformazione in vermi del proprio corpo, decretava co- mutata la pena residuale dei ferri all' esilio perpetao dal regno per que' che eransi con espressa dimanda uniformati al sovrano volere spiegato pel re* scritto del 12 qennaro, dovendo pero ognuno provoedere a proprie spese al viaggio e ad ogni bisoqnevole.

Laonde per un siffatto decreto, che e nuovo documento di mancata fede e di bassa vendetta, quasi questi infelici dovessero espiare le ova- zioni fatte dal popolo inglese a perveuuti provvidenzialmente in quella salda rocca della vera liberta, si trovano i piu de' condannati a' ferri di diritto esuli, ma di fatto in galera; che la miseria, frutto necessario di una decenne sventura gli a alia gleba ferdinandea affissi ed in essa stag giti. Se adunque dalla indulqenza di Francesco II sono esclusi que' clie vennero contemplati ne' decreti di grazia del 27 decembre 1858 e 18 marzo idtimo quanti ne godranno? E questi pochi a cui siffatta indulgenza e applicabile, non dovranno al tanto magnanimo principe che la largi- zione di pochi mesi per lo completo e^piamento della inflittagli pena.

Ne basta ridurre alle proprie e schiette proporzioni numeriche questo mal compreso atto di clemenza del nuovo re di Napoli, e d' uopo, almeno pe' generali disaminarlo nella indole sua. Perciocche lungi dall' essere una emanazione di quel senno politico per lo quale si ripristina dopo periodi dolorosi 1' armonia necessaria fra governanti e governati, e la riferma e 1' accettaziono delle vendette e delle ingiustizie passate, e la sanzione specialmente del decreto del 27 dicembre 1858, in forza del quale gli uomini piu eletti fra i condannati politici erano portati in lon- tane regioni dopo dieci anni di martirio durati col ferro chiodato su la loro persona, vestiti di abiti tessuti di pelo di asino, rinchiusi nelle tombe di Montefusco e di Montesarchio, privati di libri edi mezzi di scrittura, separati da ogni cosa viva, vietato al padre di potere abbracciare e bene- dire innocenti figliuole, a figliuolo di baciare la mano, toccarla almeno, della vecchia madre. Gli applausi o le consolatrici simpatie della In- ghilterra a questi illustri sventurati che, fronteggiando 1' ultimo piu in- sano atto di tirannia, ripararono in quel Campidoglio delle libere istitu- zioni in cui il trionib piu. bello della forza sul pensiero doveva essere celebrate, sono la condanna sublime, divina, perche opera di un popolo, del decreto al quale mette un nuovo sigillo il successore ben deguo di ' re Ferdinando.

II dar nome a questo atto di re Francesco II di generale amnistia e uno scherno alia ragione ed all' umanita, se non e una leggerezza o un errore. Vi e forse in esso una parola, un cenno solo per lo infinito nu- mero di esuli nostri concittadini di eui il mondo e tutto pieno, ed ai quali e stato piu pietoso 1' ostello del Turco che quello del loro principe? Le intelligenze piii splendide nelle seienze, nelle lettere, nelle armi sono prosoritte tuttora dalla loro patria: uomini illustri per sapere, per prin- cipii di moderata costituzionale liberta, per lealta. e per decoro portato fino all' eroismo sono ancora obbligati dopo dieci anni di amarezze, dopo che la mano salvatrice di Dio ci a tolto dal collo re Ferdinando di an- dare accattando il pane a frusto a frusto per contrade straniere, mentre che le nostre citta, i nostri villaggi debbono assistere al permanente e duraturo spettacolo di spose derelitte, di figli abbandonati, di genitori inorenti, i quali tutti sono stati privati de' loro cari, della loro guida, del naturale e santo appoggio loro.

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Ed in vero indulgenza e non amnistia a ehiamato re Francesco II tale atto col quale a inaugurate il suo avvenimento al trono, non perche gli e piaciuto in tal guisa esser leale, bensi perche con la parola amnistia avrebbe legalmente almeno se non di fatto tirato un velo sul passato, e Habilitate nell' esercizio de' diritti civili e politici i sagrificati dallo sper- giuro paterno, da lui qual carissima eredita accettato. Le riostri leggi comandano cinque anni d'interdizione da qualsiasi uffizio, anvministrazio- ne o rappresentanza oltre il termine delle pene criminali. E questa in- terdizione il nuovo re a voluto conservare e mantenore, affinche neancbe per un anello solo fosse interrotta la lunga continuita di sventure

Ne e meno malizioso e degno della scuola gesuitica, a cui industre- mente e stato allevato il nuovo re, il secondo suo decreto per lo quale, per rendere maggiore la illusione prodotta dal precedente, proclama, " d' ora innanzi ogni impedimento e tolto perche gli attendibiii conse- guir possono carte itinerarie e fedi per ascendere a gradi dottorali. Co¬ me del pari e permesso che i medesimi possono essere scelti a pubblici uffici." Molti an creduto per le concesse rimembranze classiche vedere in un tale atto un rinnovellamento di quello di Pompeo dopo la guerra di Spagna, avvegnacche Francesco II piu accorto del Magno non a con- segnato alle fiamme le liste. Senza dubbio s' ignora che questo stesso principe il quale oggidi proclama tolto lo impedimento cennato agli atten¬ dibiii, nel mese di aprile ultimo, presentando alconsiglio di Stato in luogo del morente suo padre lacero, sul viso a Scorza il decreto di nomina a professore di scienze naturali del giovine Albarella, perche figliuolo di uno attendibile; di che lo stesso inchinevole direttore per quanto educate da Ferdinando fu preso da si grande stupore da non poterlo tacere ai suoi amici Si sappia al contrario che, essendo hpI reame napolitano quasi tutti attendibiii e riuscendo ormai impossible la esatta sorveglian- za, il nuovo re, iniziato pe' suoi lunghi studi sul calendario alia scienza do' calcoli e delle ponderazioni, a. diposto, si facesse da tutte 1p liste esi- stenti un riassunto, ed ogni f'unzionario di polizia fosse incaricato di sorvegliare direttatnente un determinate ntimero. Anche re Ferdinando nel 1848 spontaneamente sanziono e giuro, " il passato b coperto di uu velo impenetrably" e nel 1849 non solo lacero il velo ed allevecchie me- morie aggiunse le sue glosse, ma dalle ombre stesse del teso velo cavo sospetti ed accuse nuove. Quando un paese e privo di ogni garanzia, co¬ me per sopruso di forza al presente trovasi ridotto quello del napolitano, queste parole e queste promesse non sono che manit'estazioni di scherno e velloita di dispotizzare.

In fine a completare il carattere della propria mente e del proprio cuore Francesco II pubblicava 1' ultimo dpcreto del 16 giugno, per lo quale, volendo far,' sperimentare alia classe bisognosa i tratti di sua so- vrana munificenza, decreta " Tutti i pegni.di pannine " inferiori alia som- madiducatidueper ognuno, fattia tuttoil IScorrente giugno saran- no soddial'atti in sorte ed in interessi dalla real Tesoreria, e rilasciati gratuitamente a' pegnoranti Ferdinando II stesso non sarebbe stato tanto despota e tanto gretto. L'ordinaro il pagamento delle pegnora- zioni su la Tesoreria e non su caisa reale, e un considerare all' orientale lo stato come sua proprieta, ed il danaro pubblico qual sno particolare reddito da fame largizione a' poveri a suo talento.

I 1 1 s

II.

Per le quali cose sembra piuttosto strano che meraviglioso leggere in alcuni gravi giornali inglesi e francesi il gajo sollucherare su i felici auspici del giovane re, che gia farebbc larga mostra di princip'i liberali, mentre se fossero stati con calma e conoscenza di diritto e di fatto valu-

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tati i decreti della sua iudulgeitza e della sua nvmificenza, si sarebbe con senno mag»iore e con conscienza vergine di inancati riguardi verso un ])opolo infelice giudicato che atti siffatti sono al contrario lalogica con- seguenza di quella promulgazione a' napolitani che a sgomentato lo stesso Malmesbury e della scelta degli uomini a suoi ministri e consiglieri.

E veramente da che leggeinmo la prima scelta de' suoi ministri con nome di direttori posarsi sopra Manderini e Gallotti ogni speranza di bene era spenta in noi. Salvatore Manderini e quello appunto che dopo avere quale infernale spirito regolato lo iniquo giudizio dell' Unita ita- liana, in cui da lui e da altri carnefici togati furono condannati Poerio, Braico, Setembrini, Nisco, Pironti, Dono, ed aiutato Longobardi acon- taminare la giustizia, per essi fatta ancella impudica della piu bassa condotta, aveva la inverconda audacia di rispondere alle celebri lettere di Gladstone, e di trattare come illuso e bugiardo questo illustre rap- presentante di Oxford, che, al dire di Palmerston al Parlamento, in luogo di andare come gli altri tory al Vesuvio ed a Pompei consumava gli otto giorni della sua permanenza in Napoli a studiare le prigioni, le ga- lere e gli uomini politici in esse menati per rendere il maggior servizio che un uomo di stato poteva alia umanita ed alia civilta.—L' ottagenario Cesare Gallotti poi e il presidente dell'antica commissione straordinaria per le accuse politiche, 1' appassionato amico di Delcarretto, il prefetto di Poiizia del 1847, che con sua stampata ordinanza dichiaro reato di maesta ogni aeclamazione all' Italia ed a Pio IX, 1' avvocato generale presso la corte Suprema specialmente destinato a sostenere le illegalita organate e compiute da Mandarini, da Navarra, da Angiolilli, da Mo- relli, da Governa nelle corti speciali.

II quale proposito di male, spiegato in questa prima scelta de' suoi ministri, e tanto in Francesco II incorreggibile e predominante che, obbligato a cedere alle dimostranze di Elliot, a cni caldamente impor- tava assicurare, nell'apparenza almeno, la gloria al ministero Derby del cambiamento del minislero napolitano e della rimozione del troppo provocante scandalo di Manderini, ne formava uno sotto la presidenza del Principe di Satriano Carlo Filangieri da esser considerate un rim- pasto ben degno da succedere al primo. A Cassisi, a Morena, a Bian- chini, a Manderini sono stati sostituiti Cumbo, Aiossa, de Liguori, Rosica e congiunti senza timore di disarmonianissuna al flessibileCarafa, albi- gotto Scorza, a Gallotti ed a Casella, il cui onorato e carissimo nome duole trovare misto a tanti maledetti. Perciocche ognuno ricorda che Paolo Cumbo da Melazzo, nominate ora ministro per gli aflari di Sicilia, nel 1837 per sue rivelazioni faceva fucilare Caudullo e molti altri, e fu il primo ad istituire le commissioni militari che innondavono di sangue le province di Catania e di Siracusa, donde ne aveva a premio e l'essere Procurator Generale presso la Gran Corte Civile di Napoli, e l'amicizia di Delcarretto, verso cui gli piacevaimitar Catone allorche prestavasua mo- glie a Cesare. Cacciato di Napoli e non ricevuto in Sicilia nel 1848, and6 in Roma a far codazzo al padre Venturi, in fine a che le vittoriose armi di re Ferdinando in Sicilia non gli avessero ivi assicurato il posto di Presidente della Consulta.—Di Aiossa sarebbe vergogna parlare; uo¬ mo privo dimente come di cuore desolatore degli Abruzzi dopo il 1S44, da intendente a rappresentanto e sostenuto il partite cstremo dispotico —gesuitico, avvegnaeehe secondo al Mirabelli—Centurioni, al Sozi Ca- rafa, al Guerra,, ne lordato di mariolerie come cotali predoni.—Rai- mondo de Liguori gia antico Direttor generale delle Dogane, rinomato per lo sozzo rubare e rimestare di sua moglie, e in quanto a se onesto amministratore, educate alia scuola mercantile, e dichiarato nemico della liborta commerciale, ed a questa qualita deve la sua presente no- inina. niacendo al re clie ogni liberta avesse nel suo consiglio il suo

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appassionato oppositore. Per conoscer Ro3ica, uomo nnnpertanto ope- roso ed intelligente, e d' uopo soltanto leggere i suoi discorsi all' aper- tura de' consigli provinciali. La servilita. e per lui un culto. Con 1' at¬ tribute d' iddio e di santo, di pio e di giusto, di olementissimo e di sapientissimo, di padrone assoluto e del piu grande de' re nominuva Ferdinando II, innanzi al quale le piu grand! potenze anno davuto chinare la fronte e ridursi al silenzio!! In questo re egli trova incarnate la sa- pienza, la misericordia, la clemenza, la giustizia e la grandezza di Dio, e proclama degni di morte tutti i nemici del suo padrone, etale e chiunque non e di questo Grande amm'ratore ed adoratore

Con accettare la presidenza di un ministero siffatto gia mostrava Carlo Filangieri di voler dare la prima prova al suo paese ed al mondo che non sa cogliere neanche 1' occa«ione per ricordarsi in fine di sua vita di esser figliuolo del sommo Gaetano Filangieri. Noi nell' annun- ziare la sua nomina, volendo ancora lasciargli tempo a ravvedersi ed essere geuerosi tropp' oltre versodi lui, ci riserbammo di presentare la sua completa biografia, nella quale colla medesima schiettezza avremo cennato le glorie del Panaro e quelle di Sicilia, le sue gesta di ammi- nistratore e quelle di negoziante. E perehe egli in ogni caso ci vuole far ricordare del duca di Taormina non del figliuolo di Gaetano Filan¬ gieri, noi diciamo francamente che il popolo napolitano non divide affatto con VHerald la medesima confidenza da lui riposta nel Generale Carlo Filangieri, perche sa che costui non si adoperera giammai ne con ener- gia ne con lealta nel miglioramento dalle sorti del paese. Filangieri e un uomo profondamente ipocrita, ambiziosissimo del potere, avidis- simo di ricchezza. Mai non e stato amante di liberi reggimeuti, e mai non ne sara 1' esortatore appo del nuovo re.

Difatti come potrebb' egli mai raccomandare la ripristinazione dello Statuto del 1848, concesso al regno dal defunto monarca, e mai stato annullato o abrogate, ma solo fatalmente sospeso, se per tale sublime atto di giustizia, sarebbegli d' uopo, di fronte ad una libera stampa, per discreta e moderata che fosse, di fronte ad una tribuna indipendente ren¬ der conto delle carnificine orribili e delle concussioui da lui commesse in Messina, Catania, Siracusa e altre contrade della Sicilia nell' anno 1849 Fu in questa spedizione fratricida ehe il Filangieri ottenne da re Ferdinando la concessione di un majorasco di 12 mila ducati di ren- dita. E codesto atto di prodigalita in una circostanza si luttuosa po- trebbe mai rimanere intangibile nei conti di una finanza discussa e bi- lanciata di un costituzionale reggimento Fu pure in questa stessa epoca di guorra civile che il figlio di Gaetano Filangieri fu decorato di gradi e ordini cavallereschi cosi per parte dell' imperatore d' Austria, che di

quello delle Russie. E nou potra esser mai cancellato dalla memoria dei popoli delle due Sicilie, che avendo egli ricevuto dallo Czar nel 1849, quelle famose lettere autografe e pubblicate ne' giornali ufficiali del regno, in cui veniva salutato come uno dei piic provati e saldi appoggi dell' Assohdismo hi Europa, non arrossi, il preeursore di Haynau, di farlo diffondere a migliaja d' esemplari in tutte le provincie del regno. Sic- come del pari non sara mai dimenticato il fatto della fraudolente banca- rotta che' egli fece nel 1845 per 300 mila e piu ducati di debiti, dalle quali f'u redento per un' atto di arbitrio di re Ferdinando che obbligo i creditori di lui ad accettare una transazione del 20 per cento senza piu. Non e dubbio che il Filangieri a ricevuto dalla natura splendide dispo- sizioni d' ingegno, e sopratutto il dono d' Alete, quello cioe di una parola facile e sentenziosa: ch'egli e stato un valoroso e intrepido soldato e combatte da forte nella folle fazione di guerra che mosse nel 1815 un re francese di Napoli contro la Francia; ma a prescindere che tali preroga¬ tive sono insufficient! in un uomo di stato, e ben separabili dal buono e

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onesto cittadino, insufficientissime poi nelle condizioni ardue e delieate in cui versa il no^tro p aese, e a riflettere che la eta quasi decrepita del Generale, e le sue abituali infermita di molto tali sue native doti fiac- carono. Una riconciliazione sincera adunque tra il popolo delle due Si- cilie e il duca di Taormina sembra insperabile, anzi impossibile; tanto piu quando e ricordato che a suo consiglio il suo amico Giustino For¬ tunate, autore del procluma in cui chiamavasi moderna Messalina la res'ina Carolina, e nel 1849 presidente del ministero, occultava al re lc lettero di Gladstone, e clie egli stesso il Filangieri con i suoi amici fe- ste^giava fra le gioie di spumanti bicchieri la caduta di Palmerston, da lui chiamato il gran perturbatore dell' ordine europeo.

III.

Ed a Carlo Filangieri ed ai suoi colleghi si dimanderebbe esclusiva- mente dalla storia e dalla futura rappresentanza del nostro paese conto severo di questa perduranza empia e desolatrice di uno sgovernamento troppo oltre durato, se il giovane re, su i pvimi atti del quale con som- mo dolore dell' animo nostro abbiamo dovuto scrivere le presenti osser- vazioni, non si fosse con assurnere 1' assolutismo per proprio fatto sot- trato a quella costituziouale irresponsabilita per lo cui culto, da noi desiderate, la sua persona sarebbe sacra ed inviolabile. Egli succede a Ferdinando II " crudele, vendicativo, bigotto, un cattivo re ed un tiranno del suo popolo," talche renza sforzi e soltanto col ripristinamento della giustizia e della legalita oostituzionale, con essere principe italiano po- trebbo fare entraro il paese nella via larga e feconda delle nazioni civili e salvare alia sua dinastia un trono si bello, avvegnaeche contaminate da' suoi maggiori da iniquita, da tradimenti e da spergiuri. Se sara tanto savio i Borboni occuperanno ancora il trono delle due Sicilie, ed il decreto di Napoleone I—da Berlino non avra oggidi la umanitaria e iiecessaria attuazione. Altrimenti il reame napolitano oppresso dentro «d abbandonato fuori da coloro in cui piu. fiduciosamente riponeva sua salvezza, benedira la mano, quale la fosse, che stappera dal collo il gio- go, ed in cio facendo, non compira un disegno preconcetto, una aspira- zioneeducata dalla speranza, al contrario accetterasuanecessita estrema creata da que' medesimi che ne espieranno le inevitabili conseguenze, non calcolate da altri che, stati generosi difenditori, ed a' quali deve principalmente suo sostegno la causa d' Italia, al presente vorrebbero per contrapporre la influenza di chi a. avnto il senno e 1' ardire di far- sene campiono, ammantarci della vergogna di esser liberi a prezzo di non mettere nostri petti e nostre bracce per lo tiontfo della indipen- denza della patria comune, senza pensare che la neutralita, in tanto no¬ stra santa guerra e una condanna di morte per gente italiana, e che la indipendenza da signore straniero e da tiranno interno e uno storico sentimento nel cuore del napolitano.

Conciosiacche noi, sibbene da' fulmini del Vaticano rincaceiati oltre il Tronto ed ll Garigliano, abbiamo sempre vigorosamente combattute l'elemonto straniero. Enrico VI e suo nipote Corrado poterono lormo- mentaneo dominio mantenere con arsioni, ammazzamenti rapine, che desolarono le contrade su le opposte sponde del Faro, e se Federico e Manfredi ottennero le nostre simpatie, ne fu cagione appunto di esser nati in Italia e di esser principi eminentemente Italiani, ed i quali nelle loro corti primamente educarono quella musa, che non solo a per lo mondo sparso il bello ed il sublime, ma con Dante ed Alfieri per ben clue volte ha ridato nervi e polsi all' umanita prossima ad affogare nel brago della negghiczza e del sensismo, Ne gli Angioini gli Aragonesi trovarono stabilita di potero se non por aver fra noi trapiantatc lor case

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e fattosi principi napolitani, per forma che Alfonso da uomo accorto cue egli era, stimo arra sola di >i';urezza di sua dinastia sepurarla da quella de'suoi stati iberici. II dominio spagnuolo che al nazionale successe per uno de' maggiori tradimenti, che svergogna la storia de'discendenti di Ugo Capeto e di Rodolfo di Hapsburg, aduggio tanto la terra napoli- tana con la velenosa sua ombra, che ogni attivita mancava e qua-i priva di alimenti spirava fra le agonie dello scoramento e della miseria. E pure in quell' epoca di si grande oppressura ed avvilimento sorgeva in uiezzo al popolo il Masaniello, ed inalberava la bandiera della riscossa contro lo straniero ed alia vendetta chiamava la Sicilia ed il Milanese. Quel generoso puo considerarsi il mito della vita moderna, il rappresen- tante vero e reale della plebe, nel cui seno 1' avvenire riposa, e che tradita sempre e non stanca mai a col sangue delle sue vittime illustrate il passato ed atterrato gli ostaooli che al corso provvidenziale si oppone da coloro, che Iddio negand), vorrebbcro t'ra i ceppi degli artifizi e dei privilrgi incatenare il mondo. Chi poi non ricords le guerre di Cala¬ bria dette di briganti, combattute da que'forti con ardire ed entusiasmo non secondo alio spagnuolo, per sostenere la indipendenza del p.iese ed i diritti di un re che poscia gli dava a premio proscrizioni e patiboli 1 Non vide Murat nella bandiera della indipendenza V ultimo sostegno del suo trono cadente? Non fu dessa dall'esercito napolitano primamente inalberatae condotta perle contrade d' Italia per lidestarla contro quello stesso nemico che oggidi a nostra vergogna soli noi fra gF Italiani non combattiamo? Non fu Venezia, ultima a depoire le arn)i nel LS49 con¬ tro l'austriaco, difesa e sostenutn da braccio principalmente napolitano e da napolitano senno guidata?

E se dal cenno di fatti generosi per sostenere la liberta nazionale con¬ tro 1' oppressura straniera volessi io ora passare a ragionare de' casi miserandi sopportati dalla patria mia per lo santo amore di sottrarsi al governo irrazionale ed umilianto del dispotismo, avrei bisogno di tempo non ristretto in poche ore, e di un cuore non tanto travagliato da civlli amarezze. Ma poiche non posso presentare il quadro de' cari e genc- rosi martiri in mezzo a' quali si presentano le ombre giganti del Cirillo e del Pagani, ne amo accendere con dolorosi racconti gli animi gia troppo eccitati da' soprusi presenti, ricordero che tanto il nuovo aveva messo nel popolo napolitano profondi radici, che fu uno de'rari passi in cui fu rispettato da quello stesso Congresso di Vienna, appasionato per ridurci alia povera condizione di gregge; e che per prova di essere la liberta in Napoli indispensabile per lo mantenimento dell' ordine e del riposato vivere cittadino basterfi non farsi cadere dalla mente che laCostituzione era pubblicata da Giuseppe nel passare al trono di Spagna, da Murat per salvarsi nella cata->trofe napoleonica, da Ferdinando Borbone da Mes¬ sina per ottenere 1' appoggio nazionale al suo ritorno. E tal prova che ci viene da' fatti di un re che fugge e da un altro che nel tempo stesso ritorna, e si solenne che nel 1821, per rispota alia determinazione del Congersso chiamato de' birri da Bescon, fonno ilsubbietto di uno de'par- lamentari discorsi del barone G. Poerio, e fu il principal sottrato del memorandum scritto dal mio dilett.o e chiarissimo amico Carlo Poerio, che la generosa eredita del padre suo nobilmente raccogliendo, alia di- plomazia mostrava come le costituzionali istituzioni sono non solo no¬ stro diritto pubblico ma parte di vita nostra.

Ed in vero non si stabilirono in Napoli lo prime riunioni liberali al- lorche tutta Europa intelligente, se ue toglie la Spagna, era tratta af- fascinata dietro al carro delle vittorie di quel grande, in cui il massimo fattore voile la vasta sua om'ira stamparel Non inalbero primamente Napoli quella bandiera che la risorta lcgittimita avea atterrata da per ogni dove, mentre in nome di essa i vecchi re, tradendo ed ingannando

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si fecero combattere i nuovi? Non profanava Ferdinando I la chiesa dello Spirito Santo, come il II, quelle di S Francesco diPaolacon garan- tire nel uome di Din mm e trino la esecuzione e la inviolability dello statute? Non dimandava quello stesso re spersriuro con un me«sasrgio tutto pieno di affetto e di amore patrio di andare a quel congresso di re per difendere e sostenere la costituzione, dal quale poscia egli tornava a capo di uno esercito austriaco per distruggerla? Allamemoria della alleanza, cho per oltruggio di Dio si chiamo santa non sopravivera sempre la nobilissima protestadel barone Giuseppe Poerio con la quale il parlamento, alia forza straniera e brutale cedendo, ehiudevasi? Non a solamente detto Ferdinando II che (gli volontariamenfe dava una co¬ stituzione per contentare Vuuirersah role re de' suoi popolil Non laaegli giurato, Ja a fatto giurare dallo esercito, dagP impiegati, dalle comunita ed a poscia dopo le uccisioni, le rapine del 15 maggio 1848 chiamato lo Statuto del 10 febbrajo area die doveva unire principe e popolo 1 Non sono state dal 1S20 ai 1S48 le galere di Napoli popolate sempre di generosi tormentati sotto al peso delle catene per aver nella sola guisa oonces-a a' popoli di protestare contro la tirannia date con ardire, so- vente degiio di canto, meno alle armi? Qual paese mostra uno spettacolo piu doloroso e piu commovente del Napoletano dopo quella lotta di gi- ganti tutiora duratura contro un potere spergiuro e crudelmente sover- chiatore, sostenuta per amore del dritto e della legalita prima nelle sce¬ ne di assassinamenti iniqui chiamati giudizi,e poscia nelle prigioni, nelle galere, negli esilii? Non sono i martiri Napoletani che hauno fonno- lato l'opinione pubblica dell' Europa a pro della liberta o della indi¬ pendenza d' Italia, e date occa^ione al Parlamento inglese di sostenerla, di popolarizzarla, di sanzionarla, mentre il Piemonte mostrava quanti sono stati tristi e bugiardi coloro che ci hanno calunniato con senten- ziarci non capaci di posseder beni propri nostri? Non e in nome di questo instancabile combattere pel diritto contro la forza che oggidi sono ripassate quelle Alpi per ajutare nostra redenzione, altre volte va- licate per o])priii)erci? Le pugne sul campo di battaglia sono piu splen- dide e mosse dallo impulso dell'avvenire che lo spettacolo crea e fe- conda, pero quelle sul campo del martirio fra le maledizioni di chi solo ha laparola, e compiuta nelle oscurita, nell'abbandono, nelloisolamento, nell' oppressura, nelle miserie, sono per lo meno piu santi, e concedono titolo maggiore al rispetto ed al mantenimento delle conquiste che si fannd**in nome di esse e per lo loro mezzo. Poiche la liberta la quale costituisce P essenza stessa dell' uomo, come la gravita quella dei corpi, non potendo passare dall'intimita all' esteriorita, se gli ostacoli alia sua uttuazinne non siano tolti, si acquista dritto al suo godimento a misura dei travagli nostri per svincolarla dai ceppi, in cui e annullata, e un tal dritto, massime dopo che e stato riconosciuto e giurato nel nome santo di Dio, non puo essere manomosso senza aver nome di un masnadiero, di fedil'rago, e di turbatore dell' ordine civile, e senza concedere ad un tra- dito popolo la inprescrittibile facolta di rivendicarlo.

Cosi libellione e non ordine e il presenteassettogovernamentale dello due Sicilie, il quale merce la forza materiale si mantiene in opposizione del nostro natural dritto pubblico, legalmente riconosciuto con gli sta- tuti del 1820 e 1848; ed e tanto piu iniquo, quanto a tonnentato e tor- wpnta uomini leali ed eminenti, e a sparso a pieno niani la desolazione sulle case le piu virtuoso per accuse di volersi distruggere il Governo Costituzionale, che il Principe stesso a distrutto, e perlo ripristinamento del quale, ogni dolore ed ogni giusto risentimento obbliando, si e pro- testate dalla seranna dei rei, sotto il pe»o delle catene, fra le privazioni e le amarezze rtelP esilio, in mezzo agli stessi sgherri della tirannide. Non puo essere permesso ad un re cio che farebbe mettere al bamlo

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10 dalla societa ogni altre iiomo; che la regia clamide e la stola da sacerdote non fauno che rendere piu nefando il delitto an che quando alia dovuta pena si sottr w. Se in nome di quella pace che dev' essere assicurata al mondo delle nazioni, affinche ilsuo lavoro produttivo siaumenti,e per crescenti accumulazi mi nuove forze acqui^ti, si e intrapresa la presente guerra; e se la pace, qnpsto indispensabile bisogno d'un periodo indu- striale, non puo essere che un utopia in fine a quando non avra ogni naziono la sua autonomia, non saranno sicnri i governati che il solo o- stacolo all'attuazione dei loro voti riposi nella minoranza, c non si ras- segnano i govornanti a rispettare la masgioranza come sorgente unica del potere, noi diremo che a cagione della incorregsibile ostinazione del suo principe, il paese napoletano dovra e^sere conquistato alia liberta, sotlratto ai Borboni, come P Itali i tutta agii Austriaci; altrimenli la oftenuta indipendenza sara turbata con le rivoluzioni, la cui corrente straripen'i dalle falde del Vesuvio e dell'Etna con impeto maggioredelle fiainmeggianti lave che dalle vulcaniche gole scaturiscono, e tutta quan¬ ta Europa ne sara commossa e agitata.

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