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sentenza 1° aprile 1982; Giud. Riello; Unità sanitaria locale n. 12 di Rogliano (Avv. Talarico) c....

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sentenza 1° aprile 1982; Giud. Riello; Unità sanitaria locale n. 12 di Rogliano (Avv. Talarico) c. Borsani ed altri (Avv. Gentili) Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 1 (GENNAIO 1983), pp. 247/248-251/252 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23176864 . Accessed: 28/06/2014 11:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.103.2 on Sat, 28 Jun 2014 11:28:46 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 1° aprile 1982; Giud. Riello; Unità sanitaria locale n. 12 di Rogliano (Avv. Talarico) c. Borsani ed altri (Avv. Gentili)

sentenza 1° aprile 1982; Giud. Riello; Unità sanitaria locale n. 12 di Rogliano (Avv. Talarico) c.Borsani ed altri (Avv. Gentili)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 1 (GENNAIO 1983), pp. 247/248-251/252Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176864 .

Accessed: 28/06/2014 11:28

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PARTE PRIMA

ma di correttezza professionale; b) l'attività considerata corri

sponde ad un modo di organizzazione e di gestione della impresa radiotelevisiva non contrastante con i canoni che, secondo un

procedimento di astrazione, possono desumersi dalla prassi del settore. Questo è caratterizzato da scelte economiche e tecniche in continua evoluzione ed espansione, il cui risultato, come sem bra prevedibile, converge verso la realizzazione di un equilibrio tra monopolio pubblico ed emittenza privata nelle sue varie di

mensioni ed articolazioni: da un lato, le forme associative tra

imprese locali, se tendono ad erodere posizioni nei confronti del

monopolio, sono perfettamente compatibili con la attività delle emittenti minori (purché organizzate, come è notoriamente la stazione Telebari, secondo requisiti di competenza e professio nalità), e quindi non offendono i principi morali che riflettono il modo di sentire della collettività in ordine al ruolo e alle fun zioni della emittenza privata nell'attuale momento; dall'altro

lato, esse garantiscono risultati di utilità sociale, nell'atto stesso in cui arricchiscono la esperienza cui il legislatore dovrà attin

gere per la auspicata regolamentazione della materia; c) di con

seguenza, la violazione delle norme sul monopolio non assume rilievo autonomo agli effetti dell'art. 2598, n. 3, c.c.: nei rapporti tra emittenti associate ed emittenti minori, e negli stessi rapporti tra emittenti strettamente locali, la violazione delle norme pub blicistiche considerate (tra le quali, giova ricordarlo, sono anche

quelle che impongono comunque il conseguimento della preven tiva autorizzazione amministrativa) non conferisce di per sé sola carattere di slealtà alla condotta imprenditoriale, sia perché non

accompagnata (e fin dove non accompagnata) dall'uso di mezzi illeciti o insidiosi rivelanti la finalità di eliminare dal mercato i concorrenti minori, sia perché non costituente la causa immediata della situazione di danno lamentata. A quest'ultimo riguardo, va ancora osservato che il pregiudizio dello sviamento dell'utenza

per le emittenti minori può determinarsi, allo stesso modo, come

conseguenza del modo di operare e della potenzialità economica e produttiva acquisita da una impresa che trasmetta in un am bito ad es. ultraregionale (ma non nazionale), senza che per questo possa imputarsi all'impresa stessa (più che alle altre) vio lazione alcuna fino a quando la nozione di ambito locale e gli altri requisiti soggettivi ed oggettivi per l'esercizio della attività di diffusione via etere non siano stati legislativamente stabiliti.

La domanda cautelare va, pertanto, rigettata. Sussistono i giu sti motivi per dichiarare compensate le spese del giudizio, avuto

riguardo alla relativa novità, e comunque alla complessità delle

questioni trattate.

PRETURA DI ROGLIANO; sentenza 1° aprile 1982; Giud.

Riello; Unità sanitaria locale n. 12 di Rogliano (Avv. Tala

rico) c. Borsani ed altri (Avv. Gentili).

PRETURA DI ROGLIANO;

Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Denaro di

pertinenza delle unità sanitarie locali — Pignorabilità —

Limite.

Sono assoggettabili a pignoramento le somme di denaro dell'unità

sanitaria locale esistenti nella cassa generale dell'ente presso la tesoreria del medesimo, e non siano ancora destinate, con ap posita previsione di bilancio, ad uno specifico impiego. (1)

(1) Il principio secondo cui l'impignorabilità di una somma di de naro di pertinenza della p. a. non discende dalla semplice iscrizione di essa in bilancio, ma dalla specifica sua destinazione a pubbliche finalità, è stato affermato da Corte cost. 21 luglio 1981, n. 138, riportata con Cass. 14 gennaio 1981, n. 323 (che fornisce un esem pio di somma impignorabile per la sua destinazione), in Foro it., 1981, I, 2353, con nota di richiami; in Giur. it., 1982, 1, 1, 154, con nota di G. Greco, e in Giust. civ., 1981, I, 2151, con nota di N. Catalano, che ha dichiarato infondate le questioni di costituzio nalità degli art. 826, 3° comma, 828, 2° comma, 830, 2° comma, c. c., e degli art. 828 c. c., 514, n. 5, c.p.c. e 4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E.

La sentenza che si riporta (annotata da R. Berruti, in Nuovo diritto, 1982, 388) ne fa applicazione anche all'ipotesi, a quel che risulta non ancora affrontata da altra giurisprudenza, in cui esecutata sia una unità sanitaria locale.

Prima della riforma ex 1. 833/1978 il problema s'era posto in re lazione ai crediti dell'ente ospedaliero nei confronti degli enti mu tualistici, la cui pignorabilità è stata affermata da Cass. 8 novembre 1978, n. 5096, Foro it., 1979, I, 1217, con nota di richiami, nel dis senso di alcuni giudici di merito: Trib. Roma 25 maggio 1980, id., Rep. 1981, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 24, e Pret. Roma 27 ottobre 1976, id.. 1976, I, 2722, con nota di richiami.

In dottrina, la natura disponibile del patrimonio dell'u.s.l. è ritenuta

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 27 agosto 1981

l'u.s.l. n. 12 di Rogliano, in persona del suo legale rappresen tante pro tempore, premesso che in data 26 giugno 1981 l'ufficiale

giudiziario della Pretura di Rogliano su istanza di Borsani Carlo,

(et coeteri), sanitari già tirocinanti presso il disciolto ospedale ci

vile « S. Barbara » di Rogliano, aveva proceduto al pignoramento

presso la Cassa di risparmio di Calabria e Lucania, agenzia di

Rogliano, tesoriera della U.S.L., di tutte le somme di pertinenza di detto ente, fino alla concorrenza della somma di lire 30.000.000; che detta espropriazione avveniva sulla base della sentenza emes

sa in data 12 febbraio 1981 da questo ufficio a seguito di contro

versia insorta inter partes e riflettente la corresponsione ai sani

tari predetti di differenze retributive, proponeva opposizione al

l'esecuzione deducendo l'assoluta impignorabilità dei beni de qui bus, sul presupposto che, non esistendo, per il debito in que stione, alcuna adeguata previsione in bilancio, il pignoramento dei beni medesimi avrebbe significato una inammissibile sostitu

zione del giudice ordinario nell'esercizio di potestà pubblicisti che, in violazione dell'art. 4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. £;

che, in ogni caso, si verteva in tema di somme destinate a pub blico servizio, giacché la regione Calabria aveva assegnato men

silmente a ciascuna U.S.L. determinate somme a copertura di « spese correnti » e « spese di primo avvio » ; che si era stabilito altresì — con circolare n. 8754 dell'assessorato alla sanità regio nale — che la maggiore spesa per i tirocinanti poteva essere pa gata solo in sede di revisione dei residui passivi per l'anno 1980; che il medesimo assessorato aveva — con circolare telegrafica del 3 febbraio 1981 — precisato che la disponibilità di cassa per l'anno 1980 non era utilizzabile per pagamenti relativi agli anni

precedenti; che, quindi, il pignoramento delle somme in questio ne avrebbe consentito la sottrazione delle stesse alla loro destina zione specifica e l'impossibilità di far fronte alle spese correnti di cui innanzi.

Chiedeva, pertanto, che l'adito pretore, sospesa l'iniziata ese cuzione, dichiarasse privo di efficacia il pignoramento eseguito, con ogni conseguenza in ordine alle spese. (Omissis)

da A. Zucchetti, Contratti, patrimonio e contabilità delle unità sani tarie locali, Milano, 1982, 97, che analizza anche il sistema di finanzia mento delle u.s.l. ed il loro bilancio (p. 113 s.).

L'esperibilità dell'esecuzione forzata nei confronti della p. a. che, dovendo adempiere all'obbligazione di pagamento, si trova di fronte ad un atto dovuto, in posizione pari a quella di un qualsiasi debitore privato, è affermata da Cass. 13 luglio 1979, n. 4071, Foro it., 1979, I, 1979, con nota di richiami di C. M. Barone.

Tale principio ha trovato poi logico completamento in Cass. 9 marzo 1981, n. 1299, id., 1981, I, 636, con osservazioni di C. M. Barone, che, per l'ipotesi in cui non sia rinvenibile nelle casse della p. a. una sufficiente quantità di denaro e si renda dunque necessario procu rarla mediante atti giuridici di disposizione patrimoniale o di altra natura, ritiene esperibile il giudizio di ottemperanza davanti al giu dice amministrativo.

Sulla problematica del tirocinio ospedaliero, nel senso che le con troversie relative al pagamento degli emolumenti economici spettanti ai tirocinanti (tali erano i creditori pignoranti di cui alla decisione che si riporta) rientrano nella giurisdizione ordinaria, v. Cass. 24 luglio 1981, nn. 4750 a 4778, id., Rep. 1981, voce Sanitario, nn. 103 131; 14 luglio 1980, n. 4488, ibid., n. 132; 13 luglio 1981, nn. 4553 a 4556, ibid., nn. 133-136; 1° luglio 1981, n. 4251, ibid., n. 137; 18 luglio 1980, n. 4685, id., Rep. 1980, voce cit., n. 221; 1° otto bre 1980, n. 5331, ibid., n. 304; 18 luglio 1980, nil. 4682 a 4684, ibid., nn. 305-307; T.A.R. Lazio, Sez. I, 11 luglio 1979, n. 534, ibid., n. 513; 3 settembre 1979, n. 567, ibid., n. 316; Cass. 16 luglio 1980, n. 4592, id., 1980, I, 2419, con nota di richiami di C M. Barone. Mentre si rinvengono in senso contrario: Trib. Sondrio 6 maggio 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 138; Pret. Terracina 20 novembre 1980, ibid., n. 140; T.A.R. Toscana 26 febbraio 1981, n. 125, ibid., n. 141.

Nel senso che il trattamento economico tabellare spettante ai tiro cinanti è comprensivo dell'indennità di aggiornamento, di rimborso spe se e di servizio prevista in favore dei sanitari a tempo pieno (oggetto del credito vantato dai tirocinanti interessati alla decisione del Pre tore di Rogliano), v. Pret. Viareggio 21 marzo 1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 310; Pret. Piombino 21 dicembre 1979, ibid., n. 311; Pret. Milano 27 novembre 1979, ibid., n. 312; Pret. Lucca 1° giugno 1979, ibid., n. 313; Pret. Milano 21 agosto 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 142; T.A.R. Toscana 26 febbraio 1981, n. 125, cit., ibid., n. 223; ed in senso contrario, Pret. Bologna, ord. 8 gennaio 1980, id., 1980, I, 2366, con nota di richiami, che ha rimesso alla Corte costituzionale questione di legittimità dell'art. 12 1. 148/1975. Pret. Parma, ord. 5 giugno 1979, ibid., 1549, con nota di richia mi, ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di co stituzionalità dell'art. 74 bis d.p.r. 130/1969 introdotto dall'art. 10 1. 148/1975 nella parte in cui esclude qualsiasi rapporto di lavoro subordinato, anche privato o speciale, tra enti ospedalieri e medici annessi a frequentare il tirocinio.

In dottrina, nell'argomento, A. Massa, Tirocinio sanitario ospeda liero - Natura del relativo rapporto, in Rass. amm. sanità, 1980, 541.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Motivi della decisione. — Il fulcro della controversia consiste

nel problema dei limiti di pignorabilità dei beni patrimoniali della

p. a. a seguito di sentenze di condanna della stessa al pagamento di una somma di denaro.

In genere va rilevato che, come esattamente puntualizzato dalla

Corte costituzionale nella sentenza 21 luglio 1981, n. 138 (Foro

it., 1981, I, 2353), dalle vigenti disposizioni legislative non è dato

desumere, in via di principio, alcun criterio derogatorio, in fa

vore della p. a., rispetto alla regola generale secondo cui « il debi

tore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi

beni presenti e futuri » (art. 2740 c. c.) ed è soggetto alla espro

priazione forzata se non esegue spontaneamente il comando con

tenuto nella sentenza di condanna (art. 2910 c. c.).

Pertanto, i limiti di pignorabilità dei beni patrimoniali dello

Stato e degli enti pubblici vanno individuati concretamente in

relazione alla natura o alla destinazione degli specifici beni dei

quali di volta in volta si chiede l'espropriazione, in conformità

della previsione, anch'essa di carattere generale, di cui al comma

2° del citato art. 2740 (ed analogicamente a quanto disposto dagli art. 514 e 545 c.p.c. in tema di pignorabilità di cose mobili o di

crediti).

Ciò posto, la corte ha affermato che la non assoggettabilità al

l'esecuzione forzata delle somme di danaro o dei crediti pecu niari dello Stato e degli enti pubblici può discendere unicamente

dal fatto che essi ne concorrono a formare il patrimonio indispo

nibile, e ciò avviene allorché essi siano vincolati ad un pubblico

servizio ovvero nascano dall'esercizio di una potestà pubblica

(es.: crediti tributari).

Detti principi vanno strettamente collegati con quelli affermati

da Supremo collegio (Sez. un. 13 luglio 1979, n. 4071, id., 1979,

I, 1979), che ha giustamente precisato che il pagamento di un

debito costituisce per la p. a. soltanto un atto dovuto, rispetto

al quale alla stessa non residua alcun margine per compiere

un'operazione di valutazione comparativa con un (non bene iden

tificato) interesse pubblico ad esso contrapposto.

Pertanto, di fronte ad una sentenza di condanna al pagamento

di una determinata somma di denaro, la posizione dell'ammini

strazione non è diversa da quella di qualunque altro soggetto

che sia stato condannato a pagare.

La situazione — ha ribadito la corte — è radicalmente diversa

da quella propria delle ipotesi in cui i pubblici poteri determi

nano i propri comportamenti apprezzandone l'opportunità in vi

sta dell'interesse pubblico da perseguire, ma senza il vincolo di

una sentenza che quel comportamento imponga come dovuto.

Tanto puntualizzato, e procedendo più specificamente all'esame

della fattispecie per cui è causa, il pretore osserva in particolare

che non sussistono limiti o vincoli concreti alla assoggettabilità

ad esecuzione forzata delle somme pignorate, staggite presso la

Cassa di risparmio di Calabria e Lucania, tesoriere della U.S.L.

opponente.

A) In primis va rilevato che il pignoramento è stato effettuato

presso il tesoriere dell'ente, su somma di denaro, quindi, esistente

nella cassa generale dell'ente medesimo, cioè su di un bene pigno

rarle senza restrizione alcuna (cfr., specificamente in termini,

Trib. Potenza 16 giugno 1951, id., 1952, I, 1485). Ed invero, co

me si è già accennato, devono considerarsi impignorabili sol

tanto i crediti degli enti pubblici derivanti da tributi, né presso

i contribuenti, né presso gli esattori pubblici, poiché deve consi

derarsi inammissibile la sostituzione di un terzo alla p. a. che

nel rapporto di imposta ha una posizione pubblicistica di supre

mazia, cosi come è inammissibile l'intralcio che si verificherebbe

nel servizio di riscossione dei tributi.

Devonsi del pari considerare impignorabili le somme già desti

nate alla soddisfazione di scopi istituzionali dell'ente, come è il

caso, ad esempio, del denaro che si trovi in casse speciali.

Eccettuate, però, dette ipotesi, il denaro dell'ente è pignorar

le — anche se proveniente da tributi — ove si trovi nella cassa

generale dell'ente.

Contro questi principi — come è stato esattamente rilevato (cfr.

Trib. Potenza, cit.) — non si può obiettare che le entrate degli

enti pubblici sono impignorabili perché previste nella parte at

tiva del bilancio, o perché, in termini più generali, sono destinate

a finanziare i servizi dell'ente.

Cosi argomentando, dovrebbe concludersi che non è mai pos

sibile l'esecuzione forzata nei confronti della p. a., ma tale con

clusione appare ictu oculi infondata ed assurda.

B) Non vi è, nel caso di specie, alcun bilancio preventivo, ma

soltanto una « proiezione » di spesa (cfr. il « prospetto dimostra

tivo del finanziamento provvisorio del fondo sanitario nazionale

per singoli aggregati di spesa in base alla spesa storica proiet

tata », prodotto dall'opponente), onde non è dato conoscere con

cretamente ed attendibilmente i criteri e le modalità di riparto dei fondi trimestralmente rimessi dalla regione Calabria.

Per quanto attiene, in linea generale, al bilancio preventivo, il

pretore osserva che il mero fatto della iscrizione preventiva di determinate somme nel bilancio di un ente non serve a trasfor

marle, per ciò solo, in patrimonio indisponibile, cosi da annul lare la responsabilità patrimoniale dell'ente medesimo. Invero il bilancio preventivo costituisce strumento di attuazione dei pro grammi e — come in particolare viene sottolineato nella pro nuncia n. 138/81, già citata, della Corte costituzionale — crea un vincolo nei confronti della sola p. a., mentre certamente non

può incidere sulla sostanza dei diritti soggettivi e sottrarre il de naro alla responsabilità patrimoniale che opera per legge in una sfera diversa. Inoltre il bilancio preventivo, contemplando tutte le entrate ed uscite in una visione globale, non consente in alcun modo di collegare singole entrate (e cioè determinate somme di

denaro) a singole uscite (e cioè all'espletamento di determinati

servizi) e non può. quindi, essere considerato come un vincolo di determinazione, in senso tecnico, di particolari somme.

In ogni caso, anche a prescindere da dette argomentazioni, va osservato che, secondo l'orientamento giurisprudenziale della Su

prema corte (Sez. un. 3 giugno 1978, n. 2768, id., Rep. 1978. voce Comune, n. 140), una somma introitata dal tesoriere di un ente pubblico può considerarsi di natura pubblicistica e, come

tale, insuscettibile di valido pignoramento da parte di terzi, solo

qualora l'ente, previa esibizione del bilancio, dimostri che il cre dito sia stato specificamente destinato al soddisfacimento di un

pubblico servizio in data antecedente a quel pignoramento. In caso contrario — a giudizio del pretore — la mancata pre

visione in bilancio o, comunque, il mancato stanziamento, da

parte dell'ente, di somme destinate al pagamento dei propri de biti non può essere presa in considerazione alcuna e devesi anzi

considerare, ad ogni effetto, come una manifestazione concluden te di una volontà di inadempimento dell'obbligazione assunta

che, lungi dall'essere « premiata » da una sorta di « immunità »

delle somme stanziate per fini diversi, deve, per contro, essere combattuta e resa inefficace.

Ben può — anzi deve — il giudice ordinario non tenere conto alcuno degli stanziamenti successivi al pignoramento, senza per questo nullificare o mutilare la discrezionalità amministrativa,

stravolgendo i noti principi in tema di limiti di giurisdizione: come si è già evidenziato, la p.a. non può, in tale ipotesi, con siderarsi titolare di alcun diritto di scelta o graduazione circa la destinazione delle somme ed il giudice ordinario, nel disappli care come illegittimo ogni atto amministrativo che detto inesi stente diritto di scelta arroghi alla p. a., non farà che esercitare un proprio preciso potere-dovere.

C) A maggior ragione, non possono considerarsi vincolanti le due circolari dell'assessorato alla sanità regionale, citate dall'am ministrazione opponente, con cui si stabiliva rispettivamente che « la maggior spesa per i tirocinanti » poteva essere pagata solo in sede di revisione dei residui passivi per l'anno 1980 (fatto

quanto mai aleatorio, ben potendo non sussistere residui passivi) e che la disponibilità di cassa per l'anno 1980 non era utilizza bile per pagamenti relativi agli anni precedenti.

È noto, infatti, che le circolari costituiscono atti meramente interni della p. a., che, come tali, non possono spiegare efficacia alcuna nei confronti dei terzi.

D) Tutti i bilanci devono contenere un apposito titolo desti nato al pagamento di somme dovute per sentenze giudiziarie, ed anche se questo titolo abbia un fondo insufficiente — è stato rettamente argomentato anche dalla migliore dottrina — vi è

sempre un generico titolo contenente un fondo di riserva ed un fondo per spese impreviste, al quale l'esecuzione può essere sem

pre riferita.

La mancata previsione o, comunque, la non disponibilità presso l'amministrazione di fondi destinati a spese di giustizia o spese impreviste non può essere « subita » dai medici tirocinanti op

ponenti. Va, infine, affrontato il problema sollevato dal procuratore del

l'US.L. opponente, che ha fatto specifico riferimento alla 1. 23

dicembre 1978 n. 833 con particolare riguardo alla normativa

(art. 51, 52) riflettente la fissazione dei criteri per la determina

zione dell'importo del fondo sanitario nazionale, parte corrente, da iscrivere nel bilancio dello Stato; si è, in sostanza, sostenuto, che la 1. n. 833/78, nel dettare norme di diritto transitorio tese

a regolare appunto il delicato settore finanziario nel passaggio tra i disciolti enti ospedalieri e le istituende unità sanitarie locali, ha inteso stabilire i criteri di finanziamento per le c. d. spese correnti, con la conseguenza che i debiti degli anni precedenti

potranno essere pagati solo con il finanziamento del fondo sa

nitario nazionale.

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PARTE PRIMA

Anche al di là delle argomentazioni e dei rilievi già svolti,

osserva il pretore che occorre non perdere di vista i termini spe cifici della presente controversia, che è scaturita dalla condanna

dell'U.S.L. opponente al pagamento, in favore dei tirocinanti

ospedalieri convenuti, di differenze retributive.

È opportuno ricordare che la controversia originaria tra le

parti era sorta a seguito di una interpretazione (errata a giudizio del Pretore di Rogliano, giudice del lavoro) della legge da parte

dell'amministrazione, che riteneva di dover corrispondere ai pre detti tirocinanti la metà non già dell'intero trattamento economico

tabellare dell'assistente di ruolo a tempo pieno (comprensivo di

stipendio, indennità di aggiornamento, indennità di servizio per il tempo pieno), bensì' del solo stipendio che del detto trattamen

to costituisce unicamente una « voce ».

Pertanto la corresponsione ai tirocinanti delle somme loro spet tanti a conguaglio della retribuzione non può essere considerata — stante la richiamata ricostruzione dei fatti — come rientrante

nel concetto di finanziamento in senso tecnico per l'esercizio fi

nanziario relativo agli anni interessati, il finanziamento riflettendo

le spese per cosi dire fisiologiche e preventivabili dall'ammini

strazione, non quelle scaturite da sentenza di condanna che, per l'aleatorietà insita in ogni giudizio, non possono che includersi

tra le spese impreviste (cfr. anche art. 51, 4° comma, 1. n. 833/78, che fa espresso riferimento alle aliquote di spesa corrente da

riservare agli « interventi imprevisti »).

Per quanto argomentato, l'opposizione all'esecuzione promossa dall'U.S.L. n. 12 di Rogliano va respinta. (Omissis)

PRETURA DI MILANO; sentenza 9 marzo 1982; Giud. Pao

lucci; Rossi (Avv. Calcagnile) c. Soc. Zurigo assicurazioni

(Avv. Rampino, Giordano).

PRETURA DI MILANO;

Assicurazione (contratto di) — Assicurazione di autoveicolo con

tro il furto — Danni da circolazione subiti dall'autoveicolo do

po il furto — Risarcibilità — Esclusione.

I danni conseguenti alla circolazione di un autoveicolo dopo il

furto non sono compresi nella garanzia assicurativa contro il

furto, ove non si dimostri l'esistenza di un nesso di causalità

tra il furto e i danni suddetti. (1)

(1) La sentenza, che con iniziativa cortese ma autolesionista ci è stata inviata dalla compagnia assicuratrice vittoriosa in causa, è utile a mettere in guardia tutti quelli (e non sono pochi) che, di fronte all'obbligo legale di assicurazione r. c. a., ed alla conseguente uniformità (relativa) delle condizioni e tariffe, ritengono che sia indifferente, o quasi, assicurarsi con una o con altra compagnia an che per quanto riguarda gli eventi dannosi non compresi nell'obbligo di assicurazione. Quando poi si verifica, come nel caso in question;, il furto dell'autoveicolo, si accorgono che vi sono differenze non lievi nelle condizioni generali di contratto delle diverse compagnie: alcune, infatti, comprendono nella garanzia contro il furto « i danni derivati all'autovettura da tentato furto, nonché quelli verificatisi durante la circolazione dell'autovettura stessa successivamente a! fur to », il che esclude la possibilità di cause come quella decisa dal Pret. Milano.

Di fronte alla clausola stretta, od avara, che contempla soltanto il « risarcimento dei danni diretti c materiali cagionati al veicolo . . . da furto totale e/o parziale », la giurisprudenza di merito è prevalen temente orientata nel senso di escludere la risarcibilità dei danni da sinistro stradale nel quale sia rimasto coinvolto il veicolo assicu rato dopo il furto, motivando con l'identificazione del rischio nel fatto specifico del furto (Trib. Varese 23 aprile 1981, Foro it., Rep. 1981, voce Assicurazione (contratto), n. 143), con l'assenza di un nesso di causalità tra danni subiti e sottrazione dell'autoveicolo

(Trib. Busto Arsizio 12 maggio 1980, ibid., n. 146; Trib. Milano 20 luglio 1978, id.. Rep. 1978, voce cit., n. 133) o con una limita zione della garanzia assicurativa ai soli danni causati dal ladro

per impossessarsi della vettura e consumare il furto (Trib. Milano 7

luglio 1975, id.. Rep. 1977, voce cit., n. 227; Trib. Chieti 25 gen naio 1977, id., Rep. 1978, voce cit., n. 131; Trib. Cosenza 21 gen naio 1974, id., Rep. 1975, voce cit., n. 136; App. Firenze 26 lu

glio 1962, id., Rep. 1966, voce cit., n. 103; Trib. Roma 30 giu gno 1965, ibid., n. 104).

In senso contrario v., di recente, Trib. Catania 3 febbraio 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 144, a cui dire i danni derivati dalla circolazione del mezzo rubato rientrano nei danni « diretti e mate riali » dipendenti dal furto; nonché Pret. Roma 23 novembre 1966,

id., Rep. 1968, voce cit., n. 107; Trib. Torino 18 febbraio 1966, id., Rep. 1966, voce cit., n. 105; Trib. Firenz'e 22 ottobre 1960, id..

Rep. 1961, voce cit., n. 143. In dottrina, in senso conforme alla sentenza riportata, cfr. De

Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 28 giugno 1977 l'attore, premesso di aver stipulato con il convenuto un con tratto di assicurazione contro i danni, tra l'altro, da furto del

proprio autoveicolo Renault 5L tg. MI-U53882 e di aver subito

il furto dello stesso in data 17 luglio 1976, con ritrovamento il gior no successivo dell'automobile notevolmente danneggiata, chiedeva il

risarcimento dei danni subiti nella somma di lire 536.284 occorsa

per le riparazioni. 11 convenuto si costituiva in giudizio distinguendo tra i danni

relativi al bloccasterzo ed accessori connessi, ritenuti conseguenza del furto nel momento consumativo, e quelli alla parte posteriore della carrozzeria del veicolo, attribuiti alla successiva circolazione dello stesso ad opera del ladro.

Chiedeva dichiararsi, in via riconvenzionale, la esclusione di

questi ultimi dalla copertura assicurativa e la improponibilità della domanda risarcitoria relativamente ai primi per il mancato espe rimento dell'arbitrato previsto dalla clausola n. 20 delle condi

zioni generali della polizza incendio e furto, nonché respingersi, conseguentemente, la domanda attrice. (Omissis)

Motivi della decisione. — Quanto al problema generale della riconducibilità dei danni subiti da un autoveicolo rubato in con

seguenza della circolazione successiva alla consumazione del reato

nell'ambito della garanzia assicurativa per il furto, la giurispru denza, seppur non senza contrasti (Trib. Torino 18 febbraio 1966, Foro it., Rep. 1966, voce Assicurazione (contratto), n. 105; impli citamente ed in relazione alla diminuzione di valore, Trib. Co senza 21 gennaio 1974, id., Rep. 1975, voce cit., n. 136), è in

prevalenza orientata in senso negativo (Trib. Roma 30 giugno 1965, id., Rep. 1966, voce cit., n. 104; Trib. Chieti 14 gennaio 1977, prodotta dal convenuto; Trib. Milano 7 luglio 1975, id., Rep. 1977, voce cit., n. 227).

Nella specie, peraltro, deve notarsi che le pattuizioni contrat tuali relative al punto in contestazione (non si dimentichi che si trat ta, in buona sostanza, di un problema interamente rimesso alla vo lontà delle parti, la cui interpretazione può presentare problemi solo nel caso di uso di espressioni generiche od improprie) sono

piuttosto chiare, posto che si prevede la risarcibilità dei soli dan ni « diretti » cagionati dal furto; compresi i danni cagionati al

veicolo nell'esecuzione o nel tentativo di furto e con esclusione del deprezzamento (art. 16 condizioni generali incendio e furto).

L'uso del termine « diretti », mal conciliabile con una circo

stanza, quale la circolazione, che solo in una prima ed imme diata fase si ricollega strumentalmente alla consumazione del rea to, per rendersene poi del tutto indipendente, se non per l'unico, estrinseco elemento di collegamento rappresentato dall'identità sog gettiva dell'autore del furto e del conducente; il richiamo alla esecuzione ed al tentativo del furto, quali momenti causativi di danno risarcibile (insieme con la perdita totale del veicolo e gli altri danni diretti, da intendersi nel senso di perdite parziali, quali sottrazioni di singole parti, ecc.) e la esclusione del deprezzamento (nell'ambito del quale potrebbe collocarsi il danneggiamento con

seguente ad urti od altri fatti); tali circostanze tutte fanno pro pendere per una esclusione convenzionale del danno da circola zione da quello garantito a titolo di furto.

L'attore afferma che, in mancanza di prova delle circostanze precise in cui si sono verificati i danni alla parte posteriore della carrozzeria della Renault, è arbitrario considerarli conseguenti alla circolazione e non al furto del veicolo.

L'argomentazione può ritenersi in generale esatta, qualora sia

integrata con la considerazione che la circolazione, in una primis sima fase, costituisce momento inscindibilmente connesso con la consumazione del furto, di cui integra quella amotio necessaria per la realizzazione del duplice requisito della sottrazione e dell'impos sessamento, che la sola effrazione e l'accensione del motore non sono sufficienti ad integrare, senza il materiale spostamento del veicolo.

Senonché lo stesso non sembra aver considerato che tale incer tezza sull'essersi i danni verificati o meno in tale prima fase della circolazione si risolve pur sempre a suo svantaggio, posto che

egli ha l'onere (art. 2697 c. c.) di provare i presupposti della do manda e cioè che i danni di cui chiede il risarcimento si sono nella specie verificati proprio in quella primissima fase della cir colazione da ricomprendersi nel momento consumativo del reato.

La clausola n. 20 delle condizioni generali incendio e furto pre

Marco, Sono inclusi nella garanzia « furto » i danni riportati dal veicolo nella successiva circolazione?, in Resp. civ., 1977, 297; Co lasso, Perdita e danneggiamento dell'autoveicolo assicurato in con seguenza di furto, in Assicurazioni, 1961, II, 286.

S. Di Paoi.a

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