sentenza 1° aprile 1982; Giud. Riello; Unità sanitaria locale n. 12 di Rogliano (Avv. Talarico) c.Borsani ed altri (Avv. Gentili)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 1 (GENNAIO 1983), pp. 247/248-251/252Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176864 .
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PARTE PRIMA
ma di correttezza professionale; b) l'attività considerata corri
sponde ad un modo di organizzazione e di gestione della impresa radiotelevisiva non contrastante con i canoni che, secondo un
procedimento di astrazione, possono desumersi dalla prassi del settore. Questo è caratterizzato da scelte economiche e tecniche in continua evoluzione ed espansione, il cui risultato, come sem bra prevedibile, converge verso la realizzazione di un equilibrio tra monopolio pubblico ed emittenza privata nelle sue varie di
mensioni ed articolazioni: da un lato, le forme associative tra
imprese locali, se tendono ad erodere posizioni nei confronti del
monopolio, sono perfettamente compatibili con la attività delle emittenti minori (purché organizzate, come è notoriamente la stazione Telebari, secondo requisiti di competenza e professio nalità), e quindi non offendono i principi morali che riflettono il modo di sentire della collettività in ordine al ruolo e alle fun zioni della emittenza privata nell'attuale momento; dall'altro
lato, esse garantiscono risultati di utilità sociale, nell'atto stesso in cui arricchiscono la esperienza cui il legislatore dovrà attin
gere per la auspicata regolamentazione della materia; c) di con
seguenza, la violazione delle norme sul monopolio non assume rilievo autonomo agli effetti dell'art. 2598, n. 3, c.c.: nei rapporti tra emittenti associate ed emittenti minori, e negli stessi rapporti tra emittenti strettamente locali, la violazione delle norme pub blicistiche considerate (tra le quali, giova ricordarlo, sono anche
quelle che impongono comunque il conseguimento della preven tiva autorizzazione amministrativa) non conferisce di per sé sola carattere di slealtà alla condotta imprenditoriale, sia perché non
accompagnata (e fin dove non accompagnata) dall'uso di mezzi illeciti o insidiosi rivelanti la finalità di eliminare dal mercato i concorrenti minori, sia perché non costituente la causa immediata della situazione di danno lamentata. A quest'ultimo riguardo, va ancora osservato che il pregiudizio dello sviamento dell'utenza
per le emittenti minori può determinarsi, allo stesso modo, come
conseguenza del modo di operare e della potenzialità economica e produttiva acquisita da una impresa che trasmetta in un am bito ad es. ultraregionale (ma non nazionale), senza che per questo possa imputarsi all'impresa stessa (più che alle altre) vio lazione alcuna fino a quando la nozione di ambito locale e gli altri requisiti soggettivi ed oggettivi per l'esercizio della attività di diffusione via etere non siano stati legislativamente stabiliti.
La domanda cautelare va, pertanto, rigettata. Sussistono i giu sti motivi per dichiarare compensate le spese del giudizio, avuto
riguardo alla relativa novità, e comunque alla complessità delle
questioni trattate.
PRETURA DI ROGLIANO; sentenza 1° aprile 1982; Giud.
Riello; Unità sanitaria locale n. 12 di Rogliano (Avv. Tala
rico) c. Borsani ed altri (Avv. Gentili).
PRETURA DI ROGLIANO;
Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Denaro di
pertinenza delle unità sanitarie locali — Pignorabilità —
Limite.
Sono assoggettabili a pignoramento le somme di denaro dell'unità
sanitaria locale esistenti nella cassa generale dell'ente presso la tesoreria del medesimo, e non siano ancora destinate, con ap posita previsione di bilancio, ad uno specifico impiego. (1)
(1) Il principio secondo cui l'impignorabilità di una somma di de naro di pertinenza della p. a. non discende dalla semplice iscrizione di essa in bilancio, ma dalla specifica sua destinazione a pubbliche finalità, è stato affermato da Corte cost. 21 luglio 1981, n. 138, riportata con Cass. 14 gennaio 1981, n. 323 (che fornisce un esem pio di somma impignorabile per la sua destinazione), in Foro it., 1981, I, 2353, con nota di richiami; in Giur. it., 1982, 1, 1, 154, con nota di G. Greco, e in Giust. civ., 1981, I, 2151, con nota di N. Catalano, che ha dichiarato infondate le questioni di costituzio nalità degli art. 826, 3° comma, 828, 2° comma, 830, 2° comma, c. c., e degli art. 828 c. c., 514, n. 5, c.p.c. e 4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E.
La sentenza che si riporta (annotata da R. Berruti, in Nuovo diritto, 1982, 388) ne fa applicazione anche all'ipotesi, a quel che risulta non ancora affrontata da altra giurisprudenza, in cui esecutata sia una unità sanitaria locale.
Prima della riforma ex 1. 833/1978 il problema s'era posto in re lazione ai crediti dell'ente ospedaliero nei confronti degli enti mu tualistici, la cui pignorabilità è stata affermata da Cass. 8 novembre 1978, n. 5096, Foro it., 1979, I, 1217, con nota di richiami, nel dis senso di alcuni giudici di merito: Trib. Roma 25 maggio 1980, id., Rep. 1981, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 24, e Pret. Roma 27 ottobre 1976, id.. 1976, I, 2722, con nota di richiami.
In dottrina, la natura disponibile del patrimonio dell'u.s.l. è ritenuta
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 27 agosto 1981
l'u.s.l. n. 12 di Rogliano, in persona del suo legale rappresen tante pro tempore, premesso che in data 26 giugno 1981 l'ufficiale
giudiziario della Pretura di Rogliano su istanza di Borsani Carlo,
(et coeteri), sanitari già tirocinanti presso il disciolto ospedale ci
vile « S. Barbara » di Rogliano, aveva proceduto al pignoramento
presso la Cassa di risparmio di Calabria e Lucania, agenzia di
Rogliano, tesoriera della U.S.L., di tutte le somme di pertinenza di detto ente, fino alla concorrenza della somma di lire 30.000.000; che detta espropriazione avveniva sulla base della sentenza emes
sa in data 12 febbraio 1981 da questo ufficio a seguito di contro
versia insorta inter partes e riflettente la corresponsione ai sani
tari predetti di differenze retributive, proponeva opposizione al
l'esecuzione deducendo l'assoluta impignorabilità dei beni de qui bus, sul presupposto che, non esistendo, per il debito in que stione, alcuna adeguata previsione in bilancio, il pignoramento dei beni medesimi avrebbe significato una inammissibile sostitu
zione del giudice ordinario nell'esercizio di potestà pubblicisti che, in violazione dell'art. 4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. £;
che, in ogni caso, si verteva in tema di somme destinate a pub blico servizio, giacché la regione Calabria aveva assegnato men
silmente a ciascuna U.S.L. determinate somme a copertura di « spese correnti » e « spese di primo avvio » ; che si era stabilito altresì — con circolare n. 8754 dell'assessorato alla sanità regio nale — che la maggiore spesa per i tirocinanti poteva essere pa gata solo in sede di revisione dei residui passivi per l'anno 1980; che il medesimo assessorato aveva — con circolare telegrafica del 3 febbraio 1981 — precisato che la disponibilità di cassa per l'anno 1980 non era utilizzabile per pagamenti relativi agli anni
precedenti; che, quindi, il pignoramento delle somme in questio ne avrebbe consentito la sottrazione delle stesse alla loro destina zione specifica e l'impossibilità di far fronte alle spese correnti di cui innanzi.
Chiedeva, pertanto, che l'adito pretore, sospesa l'iniziata ese cuzione, dichiarasse privo di efficacia il pignoramento eseguito, con ogni conseguenza in ordine alle spese. (Omissis)
da A. Zucchetti, Contratti, patrimonio e contabilità delle unità sani tarie locali, Milano, 1982, 97, che analizza anche il sistema di finanzia mento delle u.s.l. ed il loro bilancio (p. 113 s.).
L'esperibilità dell'esecuzione forzata nei confronti della p. a. che, dovendo adempiere all'obbligazione di pagamento, si trova di fronte ad un atto dovuto, in posizione pari a quella di un qualsiasi debitore privato, è affermata da Cass. 13 luglio 1979, n. 4071, Foro it., 1979, I, 1979, con nota di richiami di C. M. Barone.
Tale principio ha trovato poi logico completamento in Cass. 9 marzo 1981, n. 1299, id., 1981, I, 636, con osservazioni di C. M. Barone, che, per l'ipotesi in cui non sia rinvenibile nelle casse della p. a. una sufficiente quantità di denaro e si renda dunque necessario procu rarla mediante atti giuridici di disposizione patrimoniale o di altra natura, ritiene esperibile il giudizio di ottemperanza davanti al giu dice amministrativo.
Sulla problematica del tirocinio ospedaliero, nel senso che le con troversie relative al pagamento degli emolumenti economici spettanti ai tirocinanti (tali erano i creditori pignoranti di cui alla decisione che si riporta) rientrano nella giurisdizione ordinaria, v. Cass. 24 luglio 1981, nn. 4750 a 4778, id., Rep. 1981, voce Sanitario, nn. 103 131; 14 luglio 1980, n. 4488, ibid., n. 132; 13 luglio 1981, nn. 4553 a 4556, ibid., nn. 133-136; 1° luglio 1981, n. 4251, ibid., n. 137; 18 luglio 1980, n. 4685, id., Rep. 1980, voce cit., n. 221; 1° otto bre 1980, n. 5331, ibid., n. 304; 18 luglio 1980, nil. 4682 a 4684, ibid., nn. 305-307; T.A.R. Lazio, Sez. I, 11 luglio 1979, n. 534, ibid., n. 513; 3 settembre 1979, n. 567, ibid., n. 316; Cass. 16 luglio 1980, n. 4592, id., 1980, I, 2419, con nota di richiami di C M. Barone. Mentre si rinvengono in senso contrario: Trib. Sondrio 6 maggio 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 138; Pret. Terracina 20 novembre 1980, ibid., n. 140; T.A.R. Toscana 26 febbraio 1981, n. 125, ibid., n. 141.
Nel senso che il trattamento economico tabellare spettante ai tiro cinanti è comprensivo dell'indennità di aggiornamento, di rimborso spe se e di servizio prevista in favore dei sanitari a tempo pieno (oggetto del credito vantato dai tirocinanti interessati alla decisione del Pre tore di Rogliano), v. Pret. Viareggio 21 marzo 1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 310; Pret. Piombino 21 dicembre 1979, ibid., n. 311; Pret. Milano 27 novembre 1979, ibid., n. 312; Pret. Lucca 1° giugno 1979, ibid., n. 313; Pret. Milano 21 agosto 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 142; T.A.R. Toscana 26 febbraio 1981, n. 125, cit., ibid., n. 223; ed in senso contrario, Pret. Bologna, ord. 8 gennaio 1980, id., 1980, I, 2366, con nota di richiami, che ha rimesso alla Corte costituzionale questione di legittimità dell'art. 12 1. 148/1975. Pret. Parma, ord. 5 giugno 1979, ibid., 1549, con nota di richia mi, ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di co stituzionalità dell'art. 74 bis d.p.r. 130/1969 introdotto dall'art. 10 1. 148/1975 nella parte in cui esclude qualsiasi rapporto di lavoro subordinato, anche privato o speciale, tra enti ospedalieri e medici annessi a frequentare il tirocinio.
In dottrina, nell'argomento, A. Massa, Tirocinio sanitario ospeda liero - Natura del relativo rapporto, in Rass. amm. sanità, 1980, 541.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Motivi della decisione. — Il fulcro della controversia consiste
nel problema dei limiti di pignorabilità dei beni patrimoniali della
p. a. a seguito di sentenze di condanna della stessa al pagamento di una somma di denaro.
In genere va rilevato che, come esattamente puntualizzato dalla
Corte costituzionale nella sentenza 21 luglio 1981, n. 138 (Foro
it., 1981, I, 2353), dalle vigenti disposizioni legislative non è dato
desumere, in via di principio, alcun criterio derogatorio, in fa
vore della p. a., rispetto alla regola generale secondo cui « il debi
tore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi
beni presenti e futuri » (art. 2740 c. c.) ed è soggetto alla espro
priazione forzata se non esegue spontaneamente il comando con
tenuto nella sentenza di condanna (art. 2910 c. c.).
Pertanto, i limiti di pignorabilità dei beni patrimoniali dello
Stato e degli enti pubblici vanno individuati concretamente in
relazione alla natura o alla destinazione degli specifici beni dei
quali di volta in volta si chiede l'espropriazione, in conformità
della previsione, anch'essa di carattere generale, di cui al comma
2° del citato art. 2740 (ed analogicamente a quanto disposto dagli art. 514 e 545 c.p.c. in tema di pignorabilità di cose mobili o di
crediti).
Ciò posto, la corte ha affermato che la non assoggettabilità al
l'esecuzione forzata delle somme di danaro o dei crediti pecu niari dello Stato e degli enti pubblici può discendere unicamente
dal fatto che essi ne concorrono a formare il patrimonio indispo
nibile, e ciò avviene allorché essi siano vincolati ad un pubblico
servizio ovvero nascano dall'esercizio di una potestà pubblica
(es.: crediti tributari).
Detti principi vanno strettamente collegati con quelli affermati
da Supremo collegio (Sez. un. 13 luglio 1979, n. 4071, id., 1979,
I, 1979), che ha giustamente precisato che il pagamento di un
debito costituisce per la p. a. soltanto un atto dovuto, rispetto
al quale alla stessa non residua alcun margine per compiere
un'operazione di valutazione comparativa con un (non bene iden
tificato) interesse pubblico ad esso contrapposto.
Pertanto, di fronte ad una sentenza di condanna al pagamento
di una determinata somma di denaro, la posizione dell'ammini
strazione non è diversa da quella di qualunque altro soggetto
che sia stato condannato a pagare.
La situazione — ha ribadito la corte — è radicalmente diversa
da quella propria delle ipotesi in cui i pubblici poteri determi
nano i propri comportamenti apprezzandone l'opportunità in vi
sta dell'interesse pubblico da perseguire, ma senza il vincolo di
una sentenza che quel comportamento imponga come dovuto.
Tanto puntualizzato, e procedendo più specificamente all'esame
della fattispecie per cui è causa, il pretore osserva in particolare
che non sussistono limiti o vincoli concreti alla assoggettabilità
ad esecuzione forzata delle somme pignorate, staggite presso la
Cassa di risparmio di Calabria e Lucania, tesoriere della U.S.L.
opponente.
A) In primis va rilevato che il pignoramento è stato effettuato
presso il tesoriere dell'ente, su somma di denaro, quindi, esistente
nella cassa generale dell'ente medesimo, cioè su di un bene pigno
rarle senza restrizione alcuna (cfr., specificamente in termini,
Trib. Potenza 16 giugno 1951, id., 1952, I, 1485). Ed invero, co
me si è già accennato, devono considerarsi impignorabili sol
tanto i crediti degli enti pubblici derivanti da tributi, né presso
i contribuenti, né presso gli esattori pubblici, poiché deve consi
derarsi inammissibile la sostituzione di un terzo alla p. a. che
nel rapporto di imposta ha una posizione pubblicistica di supre
mazia, cosi come è inammissibile l'intralcio che si verificherebbe
nel servizio di riscossione dei tributi.
Devonsi del pari considerare impignorabili le somme già desti
nate alla soddisfazione di scopi istituzionali dell'ente, come è il
caso, ad esempio, del denaro che si trovi in casse speciali.
Eccettuate, però, dette ipotesi, il denaro dell'ente è pignorar
le — anche se proveniente da tributi — ove si trovi nella cassa
generale dell'ente.
Contro questi principi — come è stato esattamente rilevato (cfr.
Trib. Potenza, cit.) — non si può obiettare che le entrate degli
enti pubblici sono impignorabili perché previste nella parte at
tiva del bilancio, o perché, in termini più generali, sono destinate
a finanziare i servizi dell'ente.
Cosi argomentando, dovrebbe concludersi che non è mai pos
sibile l'esecuzione forzata nei confronti della p. a., ma tale con
clusione appare ictu oculi infondata ed assurda.
B) Non vi è, nel caso di specie, alcun bilancio preventivo, ma
soltanto una « proiezione » di spesa (cfr. il « prospetto dimostra
tivo del finanziamento provvisorio del fondo sanitario nazionale
per singoli aggregati di spesa in base alla spesa storica proiet
tata », prodotto dall'opponente), onde non è dato conoscere con
cretamente ed attendibilmente i criteri e le modalità di riparto dei fondi trimestralmente rimessi dalla regione Calabria.
Per quanto attiene, in linea generale, al bilancio preventivo, il
pretore osserva che il mero fatto della iscrizione preventiva di determinate somme nel bilancio di un ente non serve a trasfor
marle, per ciò solo, in patrimonio indisponibile, cosi da annul lare la responsabilità patrimoniale dell'ente medesimo. Invero il bilancio preventivo costituisce strumento di attuazione dei pro grammi e — come in particolare viene sottolineato nella pro nuncia n. 138/81, già citata, della Corte costituzionale — crea un vincolo nei confronti della sola p. a., mentre certamente non
può incidere sulla sostanza dei diritti soggettivi e sottrarre il de naro alla responsabilità patrimoniale che opera per legge in una sfera diversa. Inoltre il bilancio preventivo, contemplando tutte le entrate ed uscite in una visione globale, non consente in alcun modo di collegare singole entrate (e cioè determinate somme di
denaro) a singole uscite (e cioè all'espletamento di determinati
servizi) e non può. quindi, essere considerato come un vincolo di determinazione, in senso tecnico, di particolari somme.
In ogni caso, anche a prescindere da dette argomentazioni, va osservato che, secondo l'orientamento giurisprudenziale della Su
prema corte (Sez. un. 3 giugno 1978, n. 2768, id., Rep. 1978. voce Comune, n. 140), una somma introitata dal tesoriere di un ente pubblico può considerarsi di natura pubblicistica e, come
tale, insuscettibile di valido pignoramento da parte di terzi, solo
qualora l'ente, previa esibizione del bilancio, dimostri che il cre dito sia stato specificamente destinato al soddisfacimento di un
pubblico servizio in data antecedente a quel pignoramento. In caso contrario — a giudizio del pretore — la mancata pre
visione in bilancio o, comunque, il mancato stanziamento, da
parte dell'ente, di somme destinate al pagamento dei propri de biti non può essere presa in considerazione alcuna e devesi anzi
considerare, ad ogni effetto, come una manifestazione concluden te di una volontà di inadempimento dell'obbligazione assunta
che, lungi dall'essere « premiata » da una sorta di « immunità »
delle somme stanziate per fini diversi, deve, per contro, essere combattuta e resa inefficace.
Ben può — anzi deve — il giudice ordinario non tenere conto alcuno degli stanziamenti successivi al pignoramento, senza per questo nullificare o mutilare la discrezionalità amministrativa,
stravolgendo i noti principi in tema di limiti di giurisdizione: come si è già evidenziato, la p.a. non può, in tale ipotesi, con siderarsi titolare di alcun diritto di scelta o graduazione circa la destinazione delle somme ed il giudice ordinario, nel disappli care come illegittimo ogni atto amministrativo che detto inesi stente diritto di scelta arroghi alla p. a., non farà che esercitare un proprio preciso potere-dovere.
C) A maggior ragione, non possono considerarsi vincolanti le due circolari dell'assessorato alla sanità regionale, citate dall'am ministrazione opponente, con cui si stabiliva rispettivamente che « la maggior spesa per i tirocinanti » poteva essere pagata solo in sede di revisione dei residui passivi per l'anno 1980 (fatto
quanto mai aleatorio, ben potendo non sussistere residui passivi) e che la disponibilità di cassa per l'anno 1980 non era utilizza bile per pagamenti relativi agli anni precedenti.
È noto, infatti, che le circolari costituiscono atti meramente interni della p. a., che, come tali, non possono spiegare efficacia alcuna nei confronti dei terzi.
D) Tutti i bilanci devono contenere un apposito titolo desti nato al pagamento di somme dovute per sentenze giudiziarie, ed anche se questo titolo abbia un fondo insufficiente — è stato rettamente argomentato anche dalla migliore dottrina — vi è
sempre un generico titolo contenente un fondo di riserva ed un fondo per spese impreviste, al quale l'esecuzione può essere sem
pre riferita.
La mancata previsione o, comunque, la non disponibilità presso l'amministrazione di fondi destinati a spese di giustizia o spese impreviste non può essere « subita » dai medici tirocinanti op
ponenti. Va, infine, affrontato il problema sollevato dal procuratore del
l'US.L. opponente, che ha fatto specifico riferimento alla 1. 23
dicembre 1978 n. 833 con particolare riguardo alla normativa
(art. 51, 52) riflettente la fissazione dei criteri per la determina
zione dell'importo del fondo sanitario nazionale, parte corrente, da iscrivere nel bilancio dello Stato; si è, in sostanza, sostenuto, che la 1. n. 833/78, nel dettare norme di diritto transitorio tese
a regolare appunto il delicato settore finanziario nel passaggio tra i disciolti enti ospedalieri e le istituende unità sanitarie locali, ha inteso stabilire i criteri di finanziamento per le c. d. spese correnti, con la conseguenza che i debiti degli anni precedenti
potranno essere pagati solo con il finanziamento del fondo sa
nitario nazionale.
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PARTE PRIMA
Anche al di là delle argomentazioni e dei rilievi già svolti,
osserva il pretore che occorre non perdere di vista i termini spe cifici della presente controversia, che è scaturita dalla condanna
dell'U.S.L. opponente al pagamento, in favore dei tirocinanti
ospedalieri convenuti, di differenze retributive.
È opportuno ricordare che la controversia originaria tra le
parti era sorta a seguito di una interpretazione (errata a giudizio del Pretore di Rogliano, giudice del lavoro) della legge da parte
dell'amministrazione, che riteneva di dover corrispondere ai pre detti tirocinanti la metà non già dell'intero trattamento economico
tabellare dell'assistente di ruolo a tempo pieno (comprensivo di
stipendio, indennità di aggiornamento, indennità di servizio per il tempo pieno), bensì' del solo stipendio che del detto trattamen
to costituisce unicamente una « voce ».
Pertanto la corresponsione ai tirocinanti delle somme loro spet tanti a conguaglio della retribuzione non può essere considerata — stante la richiamata ricostruzione dei fatti — come rientrante
nel concetto di finanziamento in senso tecnico per l'esercizio fi
nanziario relativo agli anni interessati, il finanziamento riflettendo
le spese per cosi dire fisiologiche e preventivabili dall'ammini
strazione, non quelle scaturite da sentenza di condanna che, per l'aleatorietà insita in ogni giudizio, non possono che includersi
tra le spese impreviste (cfr. anche art. 51, 4° comma, 1. n. 833/78, che fa espresso riferimento alle aliquote di spesa corrente da
riservare agli « interventi imprevisti »).
Per quanto argomentato, l'opposizione all'esecuzione promossa dall'U.S.L. n. 12 di Rogliano va respinta. (Omissis)
PRETURA DI MILANO; sentenza 9 marzo 1982; Giud. Pao
lucci; Rossi (Avv. Calcagnile) c. Soc. Zurigo assicurazioni
(Avv. Rampino, Giordano).
PRETURA DI MILANO;
Assicurazione (contratto di) — Assicurazione di autoveicolo con
tro il furto — Danni da circolazione subiti dall'autoveicolo do
po il furto — Risarcibilità — Esclusione.
I danni conseguenti alla circolazione di un autoveicolo dopo il
furto non sono compresi nella garanzia assicurativa contro il
furto, ove non si dimostri l'esistenza di un nesso di causalità
tra il furto e i danni suddetti. (1)
(1) La sentenza, che con iniziativa cortese ma autolesionista ci è stata inviata dalla compagnia assicuratrice vittoriosa in causa, è utile a mettere in guardia tutti quelli (e non sono pochi) che, di fronte all'obbligo legale di assicurazione r. c. a., ed alla conseguente uniformità (relativa) delle condizioni e tariffe, ritengono che sia indifferente, o quasi, assicurarsi con una o con altra compagnia an che per quanto riguarda gli eventi dannosi non compresi nell'obbligo di assicurazione. Quando poi si verifica, come nel caso in question;, il furto dell'autoveicolo, si accorgono che vi sono differenze non lievi nelle condizioni generali di contratto delle diverse compagnie: alcune, infatti, comprendono nella garanzia contro il furto « i danni derivati all'autovettura da tentato furto, nonché quelli verificatisi durante la circolazione dell'autovettura stessa successivamente a! fur to », il che esclude la possibilità di cause come quella decisa dal Pret. Milano.
Di fronte alla clausola stretta, od avara, che contempla soltanto il « risarcimento dei danni diretti c materiali cagionati al veicolo . . . da furto totale e/o parziale », la giurisprudenza di merito è prevalen temente orientata nel senso di escludere la risarcibilità dei danni da sinistro stradale nel quale sia rimasto coinvolto il veicolo assicu rato dopo il furto, motivando con l'identificazione del rischio nel fatto specifico del furto (Trib. Varese 23 aprile 1981, Foro it., Rep. 1981, voce Assicurazione (contratto), n. 143), con l'assenza di un nesso di causalità tra danni subiti e sottrazione dell'autoveicolo
(Trib. Busto Arsizio 12 maggio 1980, ibid., n. 146; Trib. Milano 20 luglio 1978, id.. Rep. 1978, voce cit., n. 133) o con una limita zione della garanzia assicurativa ai soli danni causati dal ladro
per impossessarsi della vettura e consumare il furto (Trib. Milano 7
luglio 1975, id.. Rep. 1977, voce cit., n. 227; Trib. Chieti 25 gen naio 1977, id., Rep. 1978, voce cit., n. 131; Trib. Cosenza 21 gen naio 1974, id., Rep. 1975, voce cit., n. 136; App. Firenze 26 lu
glio 1962, id., Rep. 1966, voce cit., n. 103; Trib. Roma 30 giu gno 1965, ibid., n. 104).
In senso contrario v., di recente, Trib. Catania 3 febbraio 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 144, a cui dire i danni derivati dalla circolazione del mezzo rubato rientrano nei danni « diretti e mate riali » dipendenti dal furto; nonché Pret. Roma 23 novembre 1966,
id., Rep. 1968, voce cit., n. 107; Trib. Torino 18 febbraio 1966, id., Rep. 1966, voce cit., n. 105; Trib. Firenz'e 22 ottobre 1960, id..
Rep. 1961, voce cit., n. 143. In dottrina, in senso conforme alla sentenza riportata, cfr. De
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 28 giugno 1977 l'attore, premesso di aver stipulato con il convenuto un con tratto di assicurazione contro i danni, tra l'altro, da furto del
proprio autoveicolo Renault 5L tg. MI-U53882 e di aver subito
il furto dello stesso in data 17 luglio 1976, con ritrovamento il gior no successivo dell'automobile notevolmente danneggiata, chiedeva il
risarcimento dei danni subiti nella somma di lire 536.284 occorsa
per le riparazioni. 11 convenuto si costituiva in giudizio distinguendo tra i danni
relativi al bloccasterzo ed accessori connessi, ritenuti conseguenza del furto nel momento consumativo, e quelli alla parte posteriore della carrozzeria del veicolo, attribuiti alla successiva circolazione dello stesso ad opera del ladro.
Chiedeva dichiararsi, in via riconvenzionale, la esclusione di
questi ultimi dalla copertura assicurativa e la improponibilità della domanda risarcitoria relativamente ai primi per il mancato espe rimento dell'arbitrato previsto dalla clausola n. 20 delle condi
zioni generali della polizza incendio e furto, nonché respingersi, conseguentemente, la domanda attrice. (Omissis)
Motivi della decisione. — Quanto al problema generale della riconducibilità dei danni subiti da un autoveicolo rubato in con
seguenza della circolazione successiva alla consumazione del reato
nell'ambito della garanzia assicurativa per il furto, la giurispru denza, seppur non senza contrasti (Trib. Torino 18 febbraio 1966, Foro it., Rep. 1966, voce Assicurazione (contratto), n. 105; impli citamente ed in relazione alla diminuzione di valore, Trib. Co senza 21 gennaio 1974, id., Rep. 1975, voce cit., n. 136), è in
prevalenza orientata in senso negativo (Trib. Roma 30 giugno 1965, id., Rep. 1966, voce cit., n. 104; Trib. Chieti 14 gennaio 1977, prodotta dal convenuto; Trib. Milano 7 luglio 1975, id., Rep. 1977, voce cit., n. 227).
Nella specie, peraltro, deve notarsi che le pattuizioni contrat tuali relative al punto in contestazione (non si dimentichi che si trat ta, in buona sostanza, di un problema interamente rimesso alla vo lontà delle parti, la cui interpretazione può presentare problemi solo nel caso di uso di espressioni generiche od improprie) sono
piuttosto chiare, posto che si prevede la risarcibilità dei soli dan ni « diretti » cagionati dal furto; compresi i danni cagionati al
veicolo nell'esecuzione o nel tentativo di furto e con esclusione del deprezzamento (art. 16 condizioni generali incendio e furto).
L'uso del termine « diretti », mal conciliabile con una circo
stanza, quale la circolazione, che solo in una prima ed imme diata fase si ricollega strumentalmente alla consumazione del rea to, per rendersene poi del tutto indipendente, se non per l'unico, estrinseco elemento di collegamento rappresentato dall'identità sog gettiva dell'autore del furto e del conducente; il richiamo alla esecuzione ed al tentativo del furto, quali momenti causativi di danno risarcibile (insieme con la perdita totale del veicolo e gli altri danni diretti, da intendersi nel senso di perdite parziali, quali sottrazioni di singole parti, ecc.) e la esclusione del deprezzamento (nell'ambito del quale potrebbe collocarsi il danneggiamento con
seguente ad urti od altri fatti); tali circostanze tutte fanno pro pendere per una esclusione convenzionale del danno da circola zione da quello garantito a titolo di furto.
L'attore afferma che, in mancanza di prova delle circostanze precise in cui si sono verificati i danni alla parte posteriore della carrozzeria della Renault, è arbitrario considerarli conseguenti alla circolazione e non al furto del veicolo.
L'argomentazione può ritenersi in generale esatta, qualora sia
integrata con la considerazione che la circolazione, in una primis sima fase, costituisce momento inscindibilmente connesso con la consumazione del furto, di cui integra quella amotio necessaria per la realizzazione del duplice requisito della sottrazione e dell'impos sessamento, che la sola effrazione e l'accensione del motore non sono sufficienti ad integrare, senza il materiale spostamento del veicolo.
Senonché lo stesso non sembra aver considerato che tale incer tezza sull'essersi i danni verificati o meno in tale prima fase della circolazione si risolve pur sempre a suo svantaggio, posto che
egli ha l'onere (art. 2697 c. c.) di provare i presupposti della do manda e cioè che i danni di cui chiede il risarcimento si sono nella specie verificati proprio in quella primissima fase della cir colazione da ricomprendersi nel momento consumativo del reato.
La clausola n. 20 delle condizioni generali incendio e furto pre
Marco, Sono inclusi nella garanzia « furto » i danni riportati dal veicolo nella successiva circolazione?, in Resp. civ., 1977, 297; Co lasso, Perdita e danneggiamento dell'autoveicolo assicurato in con seguenza di furto, in Assicurazioni, 1961, II, 286.
S. Di Paoi.a
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