+ All Categories
Home > Documents > sentenza 1° aprile 1993, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 aprile 1993, n. 15); Pres....

sentenza 1° aprile 1993, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 aprile 1993, n. 15); Pres....

Date post: 29-Jan-2017
Category:
Upload: dinhthien
View: 214 times
Download: 2 times
Share this document with a friend
8
sentenza 1° aprile 1993, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 7 aprile 1993, n. 15); Pres. Casavola, Est. Ferri; Calderisi ed altri (Avv. M.S. Giannini, Caravita Di Toritto). Ammissibilità di richiesta di referendum abrogativo Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 4 (APRILE 1993), pp. 1009/1010-1021/1022 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187119 . Accessed: 24/06/2014 22:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.156 on Tue, 24 Jun 2014 22:48:04 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sentenza 1° aprile 1993, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 aprile 1993, n. 15); Pres. Casavola, Est. Ferri; Calderisi ed altri (Avv. M.S. Giannini, Caravita Di Toritto).

sentenza 1° aprile 1993, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 7 aprile 1993, n. 15); Pres.Casavola, Est. Ferri; Calderisi ed altri (Avv. M.S. Giannini, Caravita Di Toritto). Ammissibilitàdi richiesta di referendum abrogativoSource: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 4 (APRILE 1993), pp. 1009/1010-1021/1022Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187119 .

Accessed: 24/06/2014 22:48

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 185.44.78.156 on Tue, 24 Jun 2014 22:48:04 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sentenza 1° aprile 1993, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 aprile 1993, n. 15); Pres. Casavola, Est. Ferri; Calderisi ed altri (Avv. M.S. Giannini, Caravita Di Toritto).

1009 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1010

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 1° aprile 1993, n. 137

(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 7 aprile 1993, n. 15); Pres. Casavola, Est. Ferri; Calderisi ed altri (Avv. M.S.

Giannini, Caravita Di Toritto). Ammissibilità di richiesta di referendum abrogativo.

CORTE COSTITUZIONALE

Legge, decreto e regolamento — Referendum abrogativo — In

tervento straordinario nel Mezzogiorno — Ammissibilità

(Cost., art. 75; 1. cost. 11 marzo 1953 n. 1, norme integrative della Costituzione concernenti la Corte costituzionale, art. 2; 1. 1° marzo 1986 n. 64, disciplina organica dell'intervento

straordinario nel Mezzogiorno, art. 1-8, 16-18; d.l. 22 otto

bre 1992 n. 415, modifiche alla 1. 1° marzo 1986 n. 64 in

tema di disciplina organica dell'intervento straordinario nel

Mezzogiorno e norme per l'agevolazione delle attività produt

tive, art. 1; 1. 19 dicembre 1992 n. 488, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 22 ottobre 1992 n. 415, art. 1, 4).

È ammissibile la richiesta di referendum abrogativo, come mo

dificata per effetto dell'ordinanza dell'ufficio centrale presso la Cassazione 23 marzo 1993, degli art. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7,

8, 16, 17, 18 l. 1° marzo 1986 n. 64, contenente la disciplina organica dell'intervento straordinario del Mezzogiorno, non

ché degli art. 1, commi 1, 1 bis, e 5, d.l. 22 ottobre 1992

n. 415, convertito, con modificazioni, in l. 19 dicembre 1992

n. 488 e 4 l. 19 dicembre 1992 n. 488. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; ufficio centrale per il referendum; ordinanza 7 aprile 1993; Pres. Montanari Visco, Rei. Ian

notta; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti).

Legge, decreto e regolamento — Referendum abrogativo — In

tervento straordinario nel Mezzogiorno — Nuova disciplina

legislativa — Carattere innovativo — Cessazione delle opera zioni referendarie (Cost., art. 75; 1. 25 maggio 1970 n. 352, norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla ini

ziativa legislativa del popolo, art. 39; 1. 1° marzo 1986 n.

64, art. 1-8, 16-18; d.l. 22 ottobre 1992 n. 415, art. 1; 1. 19

dicembre 1992 n. 488, art. 1, 4; d.leg. 3 aprile 1993 n. 96, trasferimento dei soppressi dipartimento per gli interventi

straordinari nel Mezzogiorno e agenzia per la promozione dello

sviluppo del Mezzogiorno, in attuazione della 1. 19 dicembre

1992 n. 488, art. 1, 2, 3, 7, 9, 19).

Le operazioni relative alla richiesta di referendum abrogativo

(ritenuta ammissibile da Corte cost. 1° aprile 1993, n. 137

cosi come riformulata per effetto dell'ordinanza dell'ufficio centrale presso la Cassazione 23 marzo 1993) degli art. 1, 2,

3, 4, 5, 6, 7, 8, 16, 17, 18 l. 1° marzo 1986 n. 64, contenente

la disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzo

giorno, nonché degli art. 1, commi 1, 1 bis e 5, d.l. 22 otto

bre 1992 n. 415, convertito, con modificazioni, in l. 19 di

cembre 1992 n. 488 e 4 l. 488/92, non devono avere più corso

(1-6) I. - La sentenza 137/93 della Corte costituzionale e le tre deci sioni dell'ufficio centrale per il referendum sopra massimate sono con

seguenti ad interventi legislativi concernenti la disciplina oggetto di quattro tra le dieci richieste referendarie dichiarate ammissibili dalla Corte co stituzionale nel febbraio scorso (v. sentenze 4 febbraio 1993, nn. 38, 37, 35, 33, 32, 31, 30, 28, 27, 26, Foro it., 1993, I, 641, con nota di richiami e osservazioni di Romboli; per un quadro di insieme delle

richieste, cfr. I dieci referendum indetti per il 18 aprile 1993 a cura

di P. Aquilanti e A. De Antonie, ibid., V, 175). L'art. 39 1. 352/70 prevede che l'ufficio centrale per il referendum

dichiari che le operazioni referendarie non abbiano più corso allorché,

prima della data di svolgimento del referendum, le disposizioni oggetto dello stesso siano state abrogate. Tale disposizione è stata dichiarata incostituzionale per la parte in cui non prevedeva che, qualora l'abro

gazione degli atti o delle singole disposizioni cui si riferisce il referen dum venga accompagnata da altra disciplina della stessa materia, senza modificare né i principi ispiratori della complessiva disciplina preesi stente né i contenuti normativi dei singoli precetti, il referendum si ef

fettui sulle nuove disposizioni legislative (Corte cost. 17 maggio 1978, n. 68, id., 1978, I, 1340).

per effetto del d.leg. 3 aprile 1993 n. 96, che — prevedendo la decorrenza da data antecedente allo svolgimento del refe rendum dell'abolizione dell'intervento straordinario e conno

tando e qualificando l'intervento ordinario in maniera che ri

sultino diversi l'ambito di applicazione, gli organismi prepo sti, la destinazione delle risorse finanziarie ed in definitiva gli scopi perseguiti — ha introdotto normativa non solo radi

calmente innovativa rispetto alla precedente, ed atta quindi ad eliminarla, ma anche in linea con la finalità del referen dum costituita dalla cessazione dell'intervento straordinario. (2)

III

CORTE DI CASSAZIONE; ufficio centrale per il referendum; ordinanza 2 aprile 1993; Pres. Montanari Visco, Rei. Pan

zarani; Pres. cons. ministri; Comitato promotore del refe

rendum abrogativo di alcune disposizioni del t.u. per l'elezio ne degli organi delle amministrazioni comunali.

Legge, decreto e regolamento — Referendum abrogativo — Si

stema elettorale dei consigli comunali — Nuova disciplina legis lativa — Carattere innovativo — Cessazione delle operazioni referendarie (Cost., art. 75; 1. 25 maggio 1970 n. 352, art.

39; d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, t.u. delle leggi per la com

posizione e la elezione degli organi delle amministrazioni co

munali, art. 11, 12, 27, 32-35, 47, 49, 51, 57, 58, 60, 68-75,

79, 81; 1. 25 marzo 1993 n. 81, elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del

consiglio provinciale).

Il sistema elettorale delineato dalla l. 25 marzo 1993 n. 81 —

per il collegamento con l'elezione diretta del sindaco, per il

differente criterio di attribuzione dei seggi e per il meccani

smo con cui nei consigli comunali è assicurata la maggioran za — ha innovativamente sostituito, nella disciplina positiva e nei principi informatori, la normativa contenuta nel d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570; pertanto, le operazioni relative al re

ferendum per l'abrogazione parziale del d.p.r. 570/60, conte

nente norme per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, non devono avere più corso. (3)

IV

CORTE DI CASSAZIONE; ufficio centrale per il referendum; ordinanza 23 marzo 1993; Pres. Montanari Visco, Rei. Tro

iano e Iannotta; Comitati promotori dei referendum «Dro

ga», «Partecipazioni statali» e «Intervento straordinario nel

Mezzogiorno» (Avv. M.S. Giannini, Cara vita Di Toritto).

Legge, decreto e regolamento — Referendum abrogativo — Di

sciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope — Nuova di

sciplina — Decreto legge decaduto per decorrenza dei termini — Regolare corso delle operazioni referendarie (Cost., art.

75, 77; 1. 25 maggio 1970 n. 352, art. 39; d.p.r. 9 ottobre

1990 n. 309, t.u. delle leggi in materia di disciplina degli stu

I quattro referendum interessati sono in particolare: a) quello relativo alla abrogazione di alcune disposizioni della legge

sugli stupefacenti (dichiarato ammissibile da Corte cost. 28/93, cit.), rispetto al quale era stato emanato il d.l. 12 gennaio 1993 n. 3 che aveva profondamente mutato il sistema sanzionatorio introdotto con il d.p.r. 309/90 ed abrogato alcune disposizioni dello stesso oggetto della richiesta referendaria.

II suddetto d.l. non è stato convertito nei termini dal parlamento e quindi è decaduto con effetti ex tunc, per cui l'ufficio centrale ha ovviamente concluso che le operazioni referendarie avranno regolarmente corso;

b) quello relativo alla abolizione del ministero delle partecipazioni statali (dichiarato ammissibile da Corte cost. 27/93, cit.) rispetto al quale è intervenuto il d.l. 22 febbraio 1993 n. 41 che ha, tra l'altro, soppresso il ministero in questione. Il d.l. è stato approvato tre giorni prima del

decreto del presidente della repubblica che ha convocato i comizi eletto rali per il 18 aprile 1993, data alla quale quindi il d.l. sarebbe ancora in vigore, pur se non convertito dalle camere (perplessità sollevate già da R. Moretti, Rubrica parlamentare, id., 1993, V, 189 e 191, voci Governo e Legge).

Il Foro Italiano — 1993 — Parte 1-20.

This content downloaded from 185.44.78.156 on Tue, 24 Jun 2014 22:48:04 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sentenza 1° aprile 1993, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 aprile 1993, n. 15); Pres. Casavola, Est. Ferri; Calderisi ed altri (Avv. M.S. Giannini, Caravita Di Toritto).

PARTE PRIMA 1012

pefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilita

zione dei relativi stati di tossicodipendenza, art. 2, 72, 73,

75, 76, 78, 80, 120, 121; d.l. 12 gennaio 1993 n. 3, disposizio ni urgenti concernenti l'incremento dell'organico del corpo di polizia penitenziaria, il trattamento di persone detenute af

fette da infezione da Hiv, le modifiche al t.u. delle leggi in

materia di stupefacenti e le norme per l'attivazione di nuovi

uffici giudiziari). Legge, decreto e regolamento

— Referendum abrogativo — Isti

tuzione del ministero delle partecipazioni statali — Nuova di

sciplina — Decreto legge non ancora convertito — Regolare corso delle operazioni referendarie (Cost., art. 75, 77; 1. 25

maggio 1970 n. 352, art. 39; 1. 22 dicembre 1956 n. 1589,

istituzione del ministero delle partecipazioni statali; d.l. 22

febbraio 1993 n. 41, disposizioni urgenti per la soppressione del ministero delle partecipazioni statali e per il riordino di

Iri, Eni, Enel, Imi, Bnl e Ina). Legge, decreto e regolamento

— Referendum abrogativo — In

tervento straordinario nel Mezzogiorno — Nuova disciplina

legislativa — Decorrenza dell'effetto abrogativo successiva

mente alla data del referendum — Carattere non innovativo — Estensione del referendum alla disciplina sopravvenuta

(Cost., art. 75; 1. 1° marzo 1986 n. 64, art. 1-8, 16-18; d.l.

22 ottobre 1992 n. 415, art. 1; 1. 19 dicembre 1992 n. 488, art. 1, 4).

Le operazioni relative al referendum per l'abrogazione di alcu

ne disposizioni del d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309, in materia

di disciplina degli stupefacenti e dei relativi stati di tossicodi pendenza, devono avere regolare corso, in quanto il soprav venuto d.l. 12 gennaio 1993 n. 3, il quale conteneva modifi

L'ufficio centrale presso la Corte di cassazione ha ritenuto il decreto

legge non idoneo a produrre l'effetto previsto dall'art. 39 1. 352/70, in quanto provvedimento precario e provvisorio, destinato a perdere efficacia fin dall'inizio ove non venga convertito in legge dalle camere nel termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione.

Sotto l'aspetto «sostanziale» del risultato non si può non convenire con la decisione dell'ufficio centrale, anche se forse era preferibile far

riferimento ad un limite implicito all'impiego del decreto legge, desumi bile dai principi costituzionali e dal ruolo che il referendum assume nel nostro sistema istituzionale, nel senso che l'abrogazione di disposi zioni oggetto di una richiesta referendaria, potendo avvenire fino al

giorno antecedente alla data fissata per il voto, può essere validamente effettuata solo attraverso una legge del parlamento. Un limite quindi da aggiungere ai casi stabiliti (non tassativamente) dall'art. 15, 2° com

ma, 1. 400/88 in cui il governo non può intervenire mediante decreto legge. La motivazione seguita dall'ufficio centrale sembrerebbe invece in certo

senso seguire la tesi sostenuta da Carlo Esposito secondo cui il decreto

legge sarebbe da ritenere un atto illegittimo, radicalmente nullo, adotta

to dal governo sotto la sua responsabilità per ragioni di necessità ed

urgenza, il quale diverrebbe pienamente operativo e valido solamente a seguito della conversione da parte delle camere (Esposito, Decreto

legge, voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1962, XI, 831 ss. La

tesi è stata ripresa successivamente da Sorrentino, La Corte costitu zionale tra decreto legge e legge di conversione: spunti ricostruttivi, in

Dir. e società, 1974, 506 ss. e Le fonti del diritto, Genova, 1984, 64 ss.). Una simile ricostruzione della natura del decreto legge è da tempo

generalmente respinta dalla dottrina, che ha posto in evidenza come l'art. 77 Cost. conferisce al governo una potestà legislativa propria ed il «decreto legge esplica immediatamente ed in toto la propria effica cia» (cosi, espressamente, Crisafulli, Lezioni di diritto costituziona le 5, Padova, 1984, 87 e tutta la manualistica e la dottrina specialistica). In proposito si può richiamare anche la recente decisione con cui la

Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità, per so

pravvenuto difetto di rilevanza, di una questione di costituzionalità in

quanto relativa ad una disposizione abrogata con decreto legge, nono stante che questo non fosse, al momento della decisione, ancora con vertito (ord. 5 luglio 1991, n. 313, Giur. costit., 1991, 2594, con nota di Sorrentino, Decreto legge in fase di conversione e giudizio di costi

tuzionalità), anche se, in altra decisione di poco precedente, la stessa corte aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale sopravvenuta di una

disposizione, a causa della mutata situazione normativa, indicando la data a partire dalla quale l'incostituzionalità si sarebbe realizzata non in quella di entrata in vigore del decreto legge, bensì' in quella dell'avve nuta conversione in legge dello stesso (sent. 9 gennaio 1991, n. 1 e ord. 12 aprile 1991, n. 154, Foro it„ 1991, I, 375 e 2600);

c) quello relativo all'intervento straordinario nel Mezzogiorno (dichia rato ammissibile da Corte cost. 31/93, cit.) rispetto al quale è interve nuto in extremis il d.leg. 3 aprile 1993 n. 96 (che ha determinato la

Il Foro Italiano — 1993.

che al d.p.r. 309/90, non è stato convertito in legge nel termi

ne fissato dall'art. 77 Cost. e quindi è decaduto con effetti ex tunc. (4)

Le operazioni relative al referendum per l'abrogazione della I.

22 dicembre 1956 n. 1589, istitutiva del ministero delle parte

cipazioni statali, devono avere regolare corso, in quanto l'a

brogazione della disciplina oggetto di referendum ad opera di un decreto legge non ancora convertito non è idonea, a

causa della provvisorietà e precarietà dello stesso, a determi

nare l'effetto specifico e concreto di arresto del procedimento

referendario previsto dall'art. 39 I. 352/70. (5) Le operazioni relative al referendum per l'abrogazione dì alcu

ne disposizioni della disciplina organica dell'intervento straor

dinario nel Mezzogiorno devono avere regolare corso, in quan to la I. 19 dicembre 1992 n. 488 fa decorrere l'effetto abroga tivo della 1.1° marzo 1986 n. 64 da data (1° maggio 1993) successiva a quella stabilita per la votazione del referendum

(18 aprile 1993) e non ha portata innovativa rispetto a quanto

previsto dalle disposizioni di cui si chiede l'abrogazione attra

verso referendum; la richiesta referendaria, pertanto, si esten

de alla nuova disciplina ed il quesito relativo è riformulato come segue:

«Volete che siano abrogati gli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7,

8, 16, 17 e 18 della legge 1 ° marzo 1986 n. 64, recante «Disci

plina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno», nonché le seguenti disposizioni della legge 19 dicembre 1992

n. 488: art. 1, commi 1, 1 bis e 5, e art. 4, limitatamente

alle parole "ferme restando le autorizzazioni di spesa di cui

all'art. 1,1° comma, della legge 1° marzo 1986 n. 64 e l'ap

plicazione fino al 31 dicembre 1993 delle norme di cui all'art.

17, commi 1 e 10, della legge medesima"?». (6)

cessazione delle operazioni referendarie disposta dall'ufficio centrale con

l'ordinanza 7 aprile 1993 in epigrafe) e ancor prima la 1. 19 dicembre 1992 n. 488.

L'ufficio centrale con l'ordinanza 23 marzo 1993 in epigrafe aveva escluso che l'intervento normativo della 1. n. 488 fosse tale da far cessa re le operazioni referendarie, richiamandosi ad un duplice ordine di

ragioni, uno formale, l'altro sostanziale. Con il primo ha osservato che,

seppure la legge in questione era antecedente alla data fissata per la

consultazione elettorale referendaria, gli effetti abroganti della stessa sono fatti decorrere dal 1° maggio 1993 (dodici giorni dopo la data

delle votazioni), mentre con il secondo ha escluso il carattere innovati vo della legge sopravvenuta ed ha quindi esteso il quesito anche alle nuove disposizioni in essa contenute. Soprattutto la presenza di queste ultime ragioni, di ordine sostanziale, avrebbero forse dovuto convincere l'ufficio centrale ad essere meno formalista sul primo aspetto, dal mo mento che pareva indubitabile la «sostanziale» inutilità del referendum allorché il massimo risultato possibile che esso avrebbe in ogni caso

potuto conseguire sarebbe stato quello di anticipare di pochissimi giorni un risultato già contenuto in una legge dello Stato.

La Corte costituzionale, chiamata a giudicare sull'ammissibilità della richiesta referendaria, cosi come modificata dall'ufficio centrale, aveva, come era scontato, confermato — con la sent. n. 137 in epigrafe —

la ammissibilità richiamando le stesse ragioni poste a fondamento della

precedente decisione n. 31 del 1993, cit.; d) quello relativo al sistema elettorale dei consigli comunali (dichiara

to ammissibile da Corte cost. 33/93, cit.), rispetto al quale è sopravve nuta la 1. 25 marzo 1993 n. 81.

L'ufficio centrale per il referendum ha in questo caso ritenuto, a nostro avviso in maniera ineccepibile, che la nuova legge modifica in

maniera notevole i principi ispiratori ed i contenuti normativi della leg ge di cui si chiedeva l'abrogazione attraverso il referendum, il che è da considerarsi condizione necessaria e sufficiente perché si debbano dichiarare cessate le operazioni referendarie.

Per altra ipotesi in cui l'ufficio centrale ha ritenuto innovativa la nuova disciplina e quindi cessate le operazioni referendarie, v. ord. 21

maggio 1990, id., 1990, I, 1874, con nota di M. De Luca, a proposito del referendum avente ad oggetto l'art. 35, 1° comma, statuto dei lavo

ratori, rispetto al quale sopravvenne la 1. 11 maggio 1990 n. 108 che modificava la disciplina dei licenziamenti individuali.

Da rilevare come in questo caso, unico nell'intera vicenda relativa ai tredici referendum richiesti dai promotori, davanti all'ufficio centrale

si è costituito il presidente del consiglio dei ministri, contravvenendo al dichiarato proposito di restare estraneo alle attuali vicende referen

darie. In ordine al giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo, agli

autori citati nella nota di richiami alle sent. nn. 26-38/93, adde P. Car

rozza, Il giudizio sull'ammissibilità del referendum abrogativo, in Ag

giornamenti in tema di processo costituzionale (1990-1992) a cura di

Romboli, Torino, 1993. [R. Romboli]

This content downloaded from 185.44.78.156 on Tue, 24 Jun 2014 22:48:04 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sentenza 1° aprile 1993, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 aprile 1993, n. 15); Pres. Casavola, Est. Ferri; Calderisi ed altri (Avv. M.S. Giannini, Caravita Di Toritto).

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

Diritto. — 1. - Come esposto in narrativa, con la sentenza

n. 31 del 1993 (Foro it., 1993, I, 647) questa corte ha dichiarato

ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazio ne degli art. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 16, 17 e 18 1. 1° marzo 1986 n. 64, rilevando che il quesito referendario coinvolge un

complesso normativo riconducibile ad una matrice razionalmente

unitaria e possiede quindi i necessari requisiti di chiarezza, omo

geneità ed univocità, in quanto mira essenzialmente alla sop

pressione dell'intervento straordinario, cosi come disciplinato dalla legge in esame, e degli organismi preposti alla sua attua zione. Si è, inoltre, ritenuto che non ricorresse alcuna delle altre

cause ostative all'ammissibilità previste espressamente nell'art.

75, 2° comma, Cost. o desumibili dall'ordinamento costitu

zionale.

Con l'ordinanza indicata in epigrafe, l'ufficio centrale per il

referendum costituito presso la Corte di cassazione ha esteso il quesito referenderario ad alcune norme del d.l. 22 ottobre

1992 n. 415, convertito, con modificazioni, dalla 1. 19 dicembre

1992 n. 488.

In particolare, il quesito è stato esteso: — all'art. 1,1° comma, del detto decreto in quanto sostan

zialmente ripristina la dotazione finanziaria per l'intervento straordinario nel Mezzogiorno «in attesa della trasformazione

dell'intervento straordinario attraverso un graduale passaggio ad una gestione ordinaria»;

— all'art. 1, comma 1 bis, del decreto medesimo, in quanto reca un ulteriore stanziamento per l'anno 1994 per gli interventi

previsti dal d.l. n. 786 del 1985, convertito in 1. 28 febbraio

1986 n. 44, recante misure straordinarie per la promozione e

lo sviluppo dell'imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno; — all'art. 1, 5° comma, del decreto medesimo, in quanto

affida ancora all'agenzia per la promozione dello sviluppo del

Mezzogiorno il compito di provvedere alle erogazioni relative

ai programmi cofinanziati con i fondi strutturali della Comuni

tà europea; — all'art. 4 inserito dalla legge di conversione n. 488 del 1992

nella parte in cui fa salve dalla soppressione (prevista con de

correnza 1° maggio 1993 nel medesimo art. 4) le autorizzazioni

di spesa di cui all'art. 1,1° comma, 1. n. 64 del 1986 e l'appli cazione fino al 31 dicembre 1993 delle norme di cui all'art. 17, 1° e 10° comma, della legge medesima.

2. - La richiesta, cosi come modificata dalla menzionata ordi

nanza dell'ufficio centrale, deve essere ammessa.

Invero, il quesito referendario, pur dopo la estensione appor tata dall'ufficio centrale, mantiene quella matrice razionalmen

te unitaria, già da questa corte riconosciuta alla originaria ri

chiesta nella citata sentenza n. 31 del 1993, e conserva i necessa

ri requisiti di chiarezza, omogeneità ed univocità.

Né è dato riscontrare alcun'altra ragione d'inammissibilità pre

II. - Il d.l. 41/93 è stato emanato per risolvere un problema interno alla compagine governativa (cfr. Rubrica parlamentare, in Foro it., 1993, V, 189 e 191, voci Governo e Legge) ed è, allo stesso tempo, un indice

della difficoltà che incontra il presidente del consiglio nell'attuale situa zione politico-parlamentare in base al vigente assetto istituzionale.

Com'era facilmente prevedibile, il provvedimento d'urgenza non ver

rà convertito dalle camere entro i termini costituzionali ed il governo stesso si è visto indotto, nella riunione delle commissioni riunite I e X del senato del 30 marzo 1993, a chiedere un rinvio del seguito dell'e same «al fine di approfondire il contenuto e gli effetti dei numerosi

emendamenti presentati» (dichiarazione del sottosegretario alla presi denza Fabbri). Formula questa del tutto eufemistica, per significare la

rinuncia al decreto medesimo. D'altronde, la sua residua vigenza viene

pressoché a coincidere con il termine (finale) di durata del governo stes

so e della stagione politica di cui esso è espressione, dopo la temperie referendaria.

Va ricordato che la commissione bicamerale per le riforme istituzio

nali ha elaborato una diversa distribuzione dei poteri tra il primo mini

stro ed i ministri, assegnando al primo un diretto potere di revoca dei

secondi, atta a scongiurare l'insorgere di simili evenienze. La decisione

dell'ufficio centrale infligge comunque un ulteriore colpo alla credibili

tà dell'istituto del decreto legge; l'abuso dello strumento sta ponendo in pericolo la sua caratteristica essenziale, la sua immediata efficacia. Interessante sarebbe poi studiare il groviglio di effetti normativi che

si produrranno a seguito del possibile esito positivo de! referendum uni

to a quelli derivanti dalla decadenza del decreto legge. [R. Moretti]

Il Foro Italiano — 1993.

vista espressamente dall'art. 75 Cost. o desumibile dall'ordina

mento costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara ammissibi

le la richiesta di referendum popolare, come modificata per ef

fetto dell'ordinanza dell'ufficio centrale per il referendum del

16 marzo 1993, per l'abrogazione degli art. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 16, 17 e 18 1. 1° marzo 1986 n. 64 (disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno), nonché dell'art.

1, commi 1, 1 bis e 5, d.l. 22 ottobre 1992 n. 415, convertito

con modificazioni con 1. 19 dicembre 1992 n. 488 (conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 22 ottobre 1992 n. 415, recante modifiche alla 1. 1° marzo 1986 n. 64, in tema di disci

plina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno e

norme per l'agevolazione delle attività produttive), nonché, in

fine, dell'art. 4 1. 19 dicembre 1992 n. 488, limitatamente alle

parole: «ferme restando le autorizzazioni di spesa di cui all'art.

1, 1° comma, 1. 1° marzo 1986 n. 64 e l'applicazione fino al

31 dicembre 1993 delle norme di cui all'art. 17, 1° e 10° com

ma, della legge medesima».

II

Dopo il riconoscimento di legittimità ed ammissibilità, rispet tivamente espresso da questo ufficio centrale (con ordinanza 15

dicembre 1992) e dalla Corte costituzionale (con sentenza n.

31 del 1993, Foro it., 1993, I, 647), il referendum relativo alla

disciplina organica dello intervento straordinario nel Mezzogiorno veniva indetto per il 18 aprile 1993 con decreto 25 febbraio 1993

del presidente della repubblica. Il quesito relativo — con il quale si rimetteva al voto popola

re l'abrogazione di vari articoli della 1. n. 64 del 1986 ed in

concreto l'abolizione dell'intervento straordinario nel Mezzogior no — veniva esteso da questo ufficio ad alcune disposizioni della nuova 1. 19 dicembre 1992 n. 488 e del d.l. 22 ottobre

1992 n. 415 che la stessa convertiva con modificazioni (vedi

provvedimenti 23 e 26 marzo 1993). Si rilevava al riguardo che

la soppressione del dipartimento per gli interventi straordinari

nel Mezzogiorno e dell'agenzia per la promozione dello svilup

po del Mezzogiorno era prevista dalla 1. 488/92 a decorrere dal

1° maggio 1993 e quindi da data successiva e non antecedente

a quella del 18 aprile 1993, fissata per la consultazione popola

re, per cui non ricorreva la condizione richiesta dall'art. 39 1.

25 maggio 1970 n. 352 per la cessazione delle operazioni refe

rendarie; che inoltre la nuova legge, nonostante la dichiarata

volontà abrogatrice, lasciava ferme alcune disposizioni della vec

chia normativa realizzando, anche attraverso il ripristino della

dotazione finanziaria, il perdurare, sia pure temporaneamente, dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno.

Anche il nuovo quesito veniva ammesso dalla Corte costitu

zionale con sentenza n. 137 del 1° aprile 1993 (id., 1993, I, 1009).

Successivamente, in forza della delega concessa al governo dalla citata 1. 488/92, è stato emanato il d.leg. 3 aprile 1993

n. 96 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 5 aprile 1993 ed

entrato in vigore il giorno successivo.

Si impone quindi il riesame della predetta richiesta referenda

ria alla luce della recentissima disciplina della materia al fine

di verificare, ai sensi dell'art. 39 1. 352/70 — nel testo risultante

dalla sentenza additiva della Corte costituzionale 68/78 (id., 1978,

I, 1340) — se la nuova normativa abbia sostanzialmente inno

vato la disciplina precedente soprattutto attraverso il mutamen

to dei principi ispiratori, si da impedire l'ulteriore corso del

referendum.

Il citato decreto legislativo stabilisce in particolare:

a) la cessazione a decorrere dal 15 aprile 1993 dell'intervento

straordinario nel Mezzogiorno cosi come disciplinato dal testo

unico delle leggi sul Mezzogiorno, approvato con d.p.r. 6 mar

zo 1978 n. 218 e dalla 1. 1° marzo 1986 n. 64, prevedendo nel

contempo un sistema di interventi ordinari nelle aree depresse del territorio nazionale (art. 1);

b) la destinazione delle risorse finanziarie derivanti dall'art.

1 1. 1° marzo 1986 n. 64 nonché dagli art. 1 e 1 te d.l. 14

agosto 1992 n. 415 (rectius art. 1, commi 1 e 1 bis, d.l. 22

ottobre 1992 n. 415, come modificato dalla legge di conversione

n. 488 del 1992) all'espletamento, da parte delle amministrazio

ni competenti, indicate dallo stesso decreto legislativo, delle fun

This content downloaded from 185.44.78.156 on Tue, 24 Jun 2014 22:48:04 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: sentenza 1° aprile 1993, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 aprile 1993, n. 15); Pres. Casavola, Est. Ferri; Calderisi ed altri (Avv. M.S. Giannini, Caravita Di Toritto).

1015 PARTE PRIMA 1016

zioni loro attribuite per l'attuazione del suindicato intervento

ordinario (art. 2);

c) l'attribuzione al ministero del bilancio e della programma zione economica dei compiti di coordinamento, programmazio

ne, anche finanziaria, e vigilanza sull'intervento pubblico nelle

aree economicamente depresse del territorio nazionale (art. 3); d) l'attribuzione alle amministrazioni competenti per materia,

sulla base di programmi da approvare dal Cipe, della realizza

zione delle nuove infrastrutture a carattere nazionale o interre

gionale nelle aree economicamente depresse del territorio nazio

nale e dei progetti strategici funzionali agli investimenti nelle aree con maggior ritardo di sviluppo (art. 7);

e) l'attribuzione inoltre al ministero dei lavori pubblici delle attività di trasferimento dei progetti speciali e delle opere della

cessata cassa per il Mezzogiorno che l'agenzia per il sud svolge va a mezzo della gestione separata (art. 9);

f) il conferimento al ministero del tesoro delle partecipazioni finanziarie detenute dall'agenzia per il sud, nonché delle com

petenze in materia di enti di promozione per lo sviluppo del

Mezzogiorno (art. 2);

g) la nomina infine, a decorrere dal 15 aprile 1993 e per il

periodo sino al 31 dicembre 1993, di un commissario liquidato re per l'agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzo

giorno con i poteri strettamente necessari allo scopo (art. 19). Dalle riportate disposizioni, particolarmente significative nel

quadro delineato dal decreto legislativo in parola, risulta evi

dente la diversità dei criteri ispiratori della recentissima norma

tiva, rispetto a quelli della vecchia disciplina, stante la duplice

previsione della totale abolizione dell'intervento straordinario

per il Mezzogiorno e dell'instaurazione di un sistema nuovo di intervento ordinario per le aree depresse dell'intero territorio

nazionale con utilizzazione, a quest'ultimo fine, del finanzia mento originariamente riservato al Mezzogiorno.

Va in particolare sottolineato che l'abolizione dell'intervento straordinario decorre da data antecedente allo svolgimento del referendum e che quello ordinario si qualifica e connota perché sono diversi l'ambito territoriale, gli organismi preposti, la de

stinazione delle risorse finanziarie ed in definitiva gli scopi per

seguiti. In concreto può dirsi che la recentissima normativa è non

solo radicalmente innovativa rispetto alla precedente, ed atta

quindi ad eliminarla, ma risulta anche in linea con la finalità del referendum costituita appunto dalla cessazione dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno.

Ne deriva che non sussistono più le ragioni che determinaro

no, dopo la 1. n. 488 del 1992, la persistenza e l'estensione del

quesito referendario, e che, per effetto del recentissimo decreto

legislativo, viene a mancare l'oggetto del referendum con conse

guente preclusione delle relative operazioni che devono cessare a norma dell'art. 39 1. n. 352 del 1970.

Ili

Ai sensi dell'art. 39 1. 25 maggio 1970 n. 352, cosi come risul tante dalla sentenza n. 68 del 1978 (Foro it., 1978, I, 1340) della Corte costituzionale sopra richiamata, questo ufficio cen trale deve verificare se le norme sottoposte a referendum abro

gativo siano state a tal punto modificate dalla successiva 1. 25 marzo 1993 n. 81, in ordine ai principi ispiratori della comples siva disciplina preesistente o a contenuti normativi essenziali dei

singoli precetti, da imporre che le operazioni referendarie non abbiano più luogo.

Premesso che nella specie trattasi non di abrogazione di sin

gole norme, ma dell'introduzione di un nuovo sistema, il raf fronto dev'essere compiuto unicamente fra la disciplina prece dente e quella successiva della fattispecie legale oggetto della

proposta referendaria (cfr. l'ordinanza di questo ufficio centra le 21 maggio 1990, id., 1990,1, 1874, in relazione alla proposta di abrogazione dell'art. 35, 1° comma, 1. 20 maggio 1970 n. 300).

A tale questione deve essere data risposta positiva. Al riguardo va invero osservato che la previsione, contenuta

nella nuova legge, della elezione del sindaco a suffragio univer sale e diretto dei cittadini e, nei comuni con più di 15.000 abi tanti, in modo distinto ancorché contestuale con quello del con

siglio comunale (art. 5, 6 e 16), costituisce già di per sé una radicale innovazione. Essa, da un lato, consente quella scelta

Il Foro Italiano — 1993.

nominativa che era invece attenuata nel sistema proporzionale e, dall'altro, assicura fin dall'inizio una stabilità di governo che

parimenti era compromessa nel suddetto sistema. Al che è da

aggiungere che, proprio per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, la libertà di scelta nominativa è assicurata dal fatto che l'elettore può votare sia per il candidato alla cari ca di sindaco cui sia collegata la lista prescelta, sia per un can

didato non collegato a tale lista (art. 6, 3° comma). Ciò consen

te nel modo più ampio una scelta personalizzata e sostanzial

mente avulsa dal metodo delle liste concorrenti. Inoltre è previsto che sia eletto sindaco il candidato che ottenga la maggioranza assoluta dei voti validi (art. 6, 4° comma) e per l'eventuale se condo turno elettorale si fa luogo, fra due candidati con il mag

gior numero di voti, ad un'ulteriore scelta parimenti personaliz zata, laddove il collegamento con le liste (del resto ulteriormen

te variabile: art. 7, 7° comma) ha rilevanza pratica solo nella

residuale ipotesi di parità di voti (art. 6, 9° comma). Per quanto concerne poi le modalità di elezione del consiglio

comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abi

tanti, il sistema del voto alla lista — con l'innovazione della

ripartizione proporzionale fra «gruppi di liste collegate» — pur con l'operatività del metodo Hondt (art. 7, 4° e 5° comma)

appare, rispetto al precedente, incisivamente modificato nei suoi

risultati che, invero, non sono più semplicemente quelli dell'a

brogato art. 72, 5°, 6° e 7° comma, t.u. 16 maggio 1960 n.

570, ma quelli direttamente collegati alla diretta elezione del

sindaco, dopo la quale soltanto si procede all'attribuzione dei

seggi (art. 7, 3° comma). Infatti, qualora un candidato alla ca rica di sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conse

guito (con il metodo di cui al 4° comma) almeno il 60 per cento dei seggi, ma abbia superato il 50 per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi; laddove, qualora un

candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secon do turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate, che non abbia già conseguito almeno il 60 per cento dei seggi del

consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessun'altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia già su

perato nel primo turno il 50 per cento dei voti validi, con asse

gnazione dei restanti seggi alle altre liste o gruppi di liste. D'al tra parte, una volta determinato il numero dei seggi spettanti ad una lista o gruppo di liste, sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di consigliere comunale i candidati alla carica di sindaco, non risultati eletti, collegati a ciascuna lista che ab bia ottenuto almeno un seggio (art. 7, 7° comma).

Dalle surrichiamate disposizioni emerge pertanto evidente una modificazione del sistema previgente di notevole portata sia per ché è prevista l'elezione diretta del sindaco sia perché la nuova

legge, pur con limitate eccezioni, assegna per l'attribuzione dei

seggi del consiglio comunale un premio di maggioranza che ul teriormente garantisce la stabile governabilità del comune. Si dà cosi rilevanza determinante alla volontà popolare anche con la valorizzazione delle scelte individuali attraverso la preferenza ai candidati non eletti alla carica di sindaco.

La novità del sistema elettorale introdotto dalla 1. n. 81 del 1993 appare tanto più accentuata ove si consideri la rilevante trasformazione dell'ordinamento del comune, specialmente per quanto concerne la posizione, il ruolo ed i poteri dei suoi orga ni nonché i rapporti tra essi. Nel nuovo ordinamento infatti la figura del sindaco — in quanto espressione primaria della volontà dell'elettorato che lo nomina a suffragio universale e

diretto — risulta assolutamente preminente. Indicative in tale senso sono le nuove disposizioni sulla limitazione della durata dei mandati del sindaco e del consiglio comunale (art. 2), sulla nomina e revoca dei componenti della giunta (art. 16), sugli effetti della mozione di sfiducia (art. 18), sullo scioglimento del

consiglio comunale in conseguenza delle dimissioni o impedime to permanente del sindaco (art. 20), e sulle incompatibilità (art. 25); disposizioni profondamente innovative rispetto alla disci

plina di cui alla 1. 8 giugno 1990 n. 142" sull'ordinamento delle autonomie locali.

I suddetti rilievi appaiono sufficienti per concludere che il sistema elettorale delineato dalla 1. 25 marzo 1993 n. 81 — per il collegamento con l'elezione diretta del sindaco, per il diffe rente criterio di attribuzione dei seggi, nonché per il meccani smo con cui nei consigli comunali è assicurata la maggioranza — ha innovativamente sostituito, nella disciplina positiva e nei

This content downloaded from 185.44.78.156 on Tue, 24 Jun 2014 22:48:04 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 6: sentenza 1° aprile 1993, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 aprile 1993, n. 15); Pres. Casavola, Est. Ferri; Calderisi ed altri (Avv. M.S. Giannini, Caravita Di Toritto).

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

principi informatori, la normativa oggetto del referendum abro

gativo di cui si tratta.

L'espressa abrogazione di specifiche norme del d.p.r. 16 mag

gio 1960 n. 570 (art. 2, 1° comma, 4, 5, 11, 12, 28, 1° e 2°

comma, 29, 32, 1° e 6° comma, 36, 55, 56, 57, 1°, 2° e 3°

comma, 58, 59, 2° comma, 64, 2° comma, n. 3, e 3° comma,

65, 72, 5°, 6° e 7° comma, e 73), cosi come le altre particolari modifiche indicate nel corpo del testo legislativo, si rivelano

sul piano tecnico-giuridico strumento necessario per l'armoniz

zazione con la nuova disciplina. Quest'ultima tuttavia, secondo

i rilievi sopra esposti, appare — nel suo oggettivo impianto lo

gico sistematico — di portata tale da innovare nei principi in

formatori la precedente normativa. Pertanto, le altre disposi zioni della disciplina previgente che non risultano abrogate, an

corché oggetto del quesito referendario, o sono puramente di

dettaglio, ovvero hanno ormai acquistato una nuova valenza, che è funzionale al nuovo sistema introdotto.

IV

I. Referendum in materia di stupefacenti. — A seguito del

positivo controllo di legittimità espresso da questo ufficio cen

trale con ordinanza 15 dicembre 1992, la Corte costituzionale,

con sentenza 16 gennaio - 4 febbraio 1993, n. 28 (Foro it., 1993,

I, 648), dichiarava ammissibile la richiesta di referendum popo lare per l'abrogazione di alcune disposizioni del d.p.r. 9 ottobre

1990 n. 309 (testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilita

zione dei relativi stati di tossicodipendenza).

Successivamente, il presidente della repubblica, con suo de

creto 25 febbraio 1993, convocava i relativi comizi per il giorno 18 aprile 1993.

Nella sentenza citata, la Corte costituzionale — richiamando

un principio già enunciato — riaffermava la competenza di questo ufficio centrale per la valutazione dell'incidenza sul quesito re

ferendario della nuova disciplina dettata dal d.l. 12 gennaio 1993

n. 3, recante, fra l'altro, modifiche al testo unico delle leggi in materia di stupefacenti.

Ciò posto, va osservato che il decreto legge da ultimo citato

(n. 3 del 1993) non è stato convertito in legge nel termine fissa

to dall'art. 77 Cost. ed ha pertanto perduto efficacia sin dal

l'inizio. Ne deriva che, in mancanza di una nuova e diversa disciplina

della materia, viene meno ogni possibilità di prospettare l'abro

gazione della normativa oggetto del quesito referendario e di

annullare la consultazione popolare ai sensi dell'art. 39 1. 25

maggio 1970 n. 352.

Le operazioni relative al referendum in esame devono pertan to avere regolare corso, tenuto anche conto che il successivo

d.l. 13 marzo 1993 n. 60, pur contenendo alcune disposizioni

relative ai tossicodipendenti (concernenti in particolare la custo

dia cautelare), non riguarda le norme del d.p.r. n. 309 del 1990

oggetto della richiesta referendaria.

II. Referendum relativo al ministero delle partecipazioni sta

tali. — Con ordinanza 15 dicembre 1992, questo ufficio centra

le dichiarava legittimo il quesito referendario cosi formulato:

«Volete che sia abrogata la 1. 22 dicembre 1956, n. 1589, recan

te «Istituzione del ministero delle partecipazioni statali?».

A sua volta la Corte costituzionale, con sentenza n. 27 del

1993 (id., 1993, I, 649), dichiarava ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione di detta legge ed il pre

sidente della repubblica, con decreto 25 febbraio 1993, convo

cava i relativi comizi per il giorno 18 aprile 1993. Prima della indizione del referendum venivano dettate, con

d.l. 22 febbraio 1993 n. 41, disposizioni urgenti per la soppres

sione del ministero delle partecipazioni statali e per il riordino

di Iri, Eni, Enel, Ini, Bnl e Ina. In particolare, con l'art. 1

di tale provvedimento, si stabiliva espressamente: «Il ministero

delle partecipazioni statali la relativa ragioneria centrale, istitui

ti con 1. 22 dicembre 1956 n. 1589, sono soppressi».

Il decreto legge in parola investe in modo specifico e diretto

le stesse norme oggetto del quesito referendario e ciò rende evi

dente la necessità di verificare l'attualità della richiesta popola

re in relazione alla previsione dell'art. 39 1. 25 maggio 1970

n. 352 secondo cui: «Se prima della data dello svolgimento del

referendum, la legge o l'atto avente forza di legge, o le singole

Il Foro Italiano — 1993.

disposizioni di essi cui il referendum si riferisce, siano stati abro

gati, l'ufficio centrale per il referendum dichiara che le opera zioni relative non hanno più corso».

L'indagine relativa, volta ad accertare l'operatività o meno

nel caso concreto del meccanismo di blocco della proposta refe

rendaria, richiede la valutazione, da un canto, della finalità del

l'istituto referendario e della ragione giustificatrice del citato

art. 39 e, dall'altro, della peculiarità della fonte normativa so

pravvenuta costituita da un decreto legge che a tutt'oggi non

risulta convertito in legge. Sotto il primo profilo è da rilevare che l'esito positivo del

referendum determina l'abrogazione immediata e definitiva del

le norme che ne costituiscono oggetto, com'è dato desumere

dalla disciplina dettata dall'art. 37 1. n. 352 del 1970 e dallo

scopo stesso del referendum abrogativo contemplato dall'art.

75 Cost.

A sua volta l'art. 39 1. n. 352 del 1970, nello stabilire che

l'avvenuta abrogazione della normativa oggetto della richiesta

popolare implica la cessazione delle operazioni referendarie, mette

in evidenza l'impossibilità di dare ulteriore corso ad un referen

dum il cui oggetto sia già venuto meno.

Siffatta interpretazione dell'art. 39 risulta in linea con le ar

gomentazioni della sentenza n. 68 del 1978 (id., 1978, I, 1340) della Corte costituzionale, la quale ha dichiarato parzialmente

illegittimo il predetto art. 39 nella parte in cui non prevede che

ove l'abrogazione degli atti o delle singole disposizioni cui si

riferisce il referendum venga accompagnata da altra disciplina della stessa materia, senza modificare né i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente né i contenuti normati

vi essenziali dei singoli precetti, il referendum si effettui sulle

nuove disposizioni legislative. La ratio di tale decisione si indi

vidua infatti nella considerazione di fondo che solo la concreta

ed effettiva eliminazione dell'ordinamento della normativa og

getto della richiesta referendaria priva quest'ultima della sua

tipica funzione.

Cosi fissata la portata dell'art. 39 (nel testo risultante dalla

sentenza additiva della Corte costituzionale), è agevole afferma

re che il blocco delle operazioni referendarie non potrà scattare

non solo se la nuova disciplina legislativa segni un'abrogazione formale con modifiche marginali o di dettaglio, ma anche quan

do, per lo strumento legislativo utilizzato, sia comunque man

cata un'abrogazione certa e definitiva.

Ipotesi quest'ultima che ricorre proprio nel caso della pubbli

cazione, nel corso del procedimento referendario e prima della

consultazione popolare, di un decreto legge volto ad incidere

sulla materia del referendum.

Il decreto legge emanato dal governo ai sensi dell'art. 77,

2° comma, Cost., è invero espressamente qualificato, sia dalla

norma costituzionale che dall'art. 15 1. 23 agosto 1988 n. 400,

come provvedimento provvisorio ed è destinato a perdere effi

cacia fin dall'inizio ove non venga convertito in legge dalle ca

mere nel termine di giorni sessanta dalla sua pubblicazione (art. 77 Cost.).

La mancata conversione (per inutile decorso del termine od

esplicito rifiuto anche di una sola camera — 1. n. 400 del 1988

—), eliminando fin dall'inizio il decreto legge, fa venir meno

ex tunc anche la relativa forza abrogatrice e comporta la revivi

scenza dei provvedimenti e delle disposizioni solo condizionata

mente e precariamente abrogati.

Sicché, ferma restando l'immediata efficacia del decreto leg

ge, dev'essere rilevata l'inidoneità di tale provvedimento, a mo

tivo della sua provvisorietà e precarietà, a determinare quell'ef

fetto specifico e concreto di arresto del procedimento referen

dario contemplato dal più volte citato art. 39 1. n. 352 del 1970.

A questo punto è quasi superfluo aggiungere che collegare

la cessazione delle operazioni referendarie all'emanazione di un

decreto legge di contenuto abrogativo, avrebbe l'effetto, nell'i

potesi, non certo infrequente, di mancata conversione in legge,

non solo di lasciare immutata quella disciplina legislativa che

il referendum intendeva rimuovere, ma anche di annullare nel

caso concreto la sovranità popolare attivata dalla proposta refe

rendaria.

Conseguenza ancor più grave ove si consideri che l'art. 39

1. n. 352 del 1970 non ha fissato limiti di tempo entro cui possa

intervenire l'eventuale abrogazione della legge, dell'atto avente

forza di legge o delle singole disposizioni cui il referendum si riferisce, di guisa che in qualsiasi momento antecedente alla con

This content downloaded from 185.44.78.156 on Tue, 24 Jun 2014 22:48:04 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 7: sentenza 1° aprile 1993, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 aprile 1993, n. 15); Pres. Casavola, Est. Ferri; Calderisi ed altri (Avv. M.S. Giannini, Caravita Di Toritto).

1019 PARTE PRIMA 1020

sultazione popolare il governo — cui non compete in via ordi naria il potere legislativo riservato alle camere — avrebbe la

possibilità di impedire la manifestazione della volontà degli elet tori facendo ricorso ad un decreto legge e quindi ad un provve dimento di sorte incerta, che, proprio perché intervenuto all'ul tima ora, non potrebbe, per mancanza dei tempi tecnici neces

sari, essere convertito prima del giorno della votazione.

Pertanto, a giudizio di questo ufficio, anche il referendum

sull'abrogazione della legge istitutiva del ministero delle parteci pazioni statali deve avere regolarmente corso.

III. Referendum relativo all'intervento straordinario nel Mez

zogiorno. — Dopo il riconoscimento di legittimità ed ammissi

bilità, rispettivamente espresso da questo ufficio centrale (con ordinanza 15 dicembre 1992) e dalla Corte costituzionale (con sentenza n. 31 del 1993, id., 1993, I, 647), anche il referendum relativo alla disciplina organica dell'intervento straordinario nel

Mezzogiorno è stato indetto per il 18 aprile 1993 con decreto 25 febbraio 1993 del presidente della repubblica.

Il quesito relativo risulta cosi formulato: «Volete che siano

abrogati gli art. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 16, 17 e 18 della legge 1° marzo 1986 n. 64 recante «disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno?».

Nel corso del giudizio di ammissibilità innanzi alla Corte co stituzionale veniva pubblicata la 1. 19 dicembre 1992 n. 488 (che convertiva, con modificazioni, il d.l. 22 ottobre 1992 n. 415 sul rifinanziamento della 1. 1° marzo 1986 n. 64).

L'ultima legge, n. 488 del 1992, dopo aver disposto all'art. 2 che «a decorrere dal 1° maggio 1993 il dipartimento per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e l'agenzia per la pro mozione dello sviluppo del Mezzogiorno sono soppressi» stabi lisce con l'art. 4: «Ferme restando le autorizzazioni di spesa di cui all'art. 1,1° comma, 1. 1° marzo 1986 n. 64 e l'applica zione fino al 31 dicembre 1993 delle norme di cui all'art. 17, I 0 e 10° comma, della legge medesima, sono soppressi con de correnza 1° maggio 1993 gli art. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 16, 17 e 18 della citata 1. 1° marzo 1986 n. 64».

Poiché si parla esplicitamente di «soppressione» degli stessi articoli oggetto del quesito referendario si pone il problema del l'incidenza della nuova normativa sul procedimento referenda rio la cui valutazione compete a questo ufficio centrale secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. sen tenze nn. 251 del 1975, id., 1976, I, 908; 16 del 1978, id., 1978, 1, 265 e 68 del 1978, cit.; 30 e 31 del 1980, id., 1980, I, 891; 22 del 1981, id., 1981, I, 920; 35 del 1985, id., 1985, I, 329) richiamata dalla stessa corte nella decisione di ammissibilità del referendum in questione.

Al riguardo occorre osservare:

a) che, ai sensi dell'art. 39 1. 25 maggio 1980 n. 352, condi zione necessaria perché le operazioni referendarie non abbiano

più corso è che la legge o le singole disposizioni cui il referen dum si riferisce «siano state abrogate» prima della data dello

svolgimento del referendum;

b) che se l'abrogazione della legge o di singole disposizioni sia accompagnata da altra disciplina della materia che non mo difichi né i principi ispiratori della disciplina preesistente né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti, il referendum si effettua sulle nuove disposizioni mediante trasferimento o estensione del quesito (sentenza 17 marzo 1978, n. 68 della Cor te costituzionale, cit.).

Nel caso di specie non sussiste la condizione sub a) in quanto la «soppressione» con decorrenza 1° maggio 1993 delle suindi cate norme della 1. n. 64 del 1986 esclude che siffatta abroga zione sia antecedente alla data del 18 aprile 1993 fissata — co me già visto — per il voto popolare.

A diversa conclusione non induce il rilievo del breve lasso di tempo intercorrente tra le due date, sia perché incompatibile con il chiaro tenore letterale dell'art. 39 e con la mancata previ sione di un potere di apprezzamento da parte di questo ufficio

centrale, sia perché di diversa e particolare rilevanza è la cadu cazione della norma per volontà del corpo elettorale. In ogni caso, non può dirsi che l'eventuale risultato positivo del refe rendum segnerebbe in concreto l'abrogazione degli articoli indi cati nel quesito con decorrenza sicuramente successiva al 10 mag gio 1993, tenuto conto che ai sensi degli art. 36 e 37 1. n. 352 del 1970, l'ufficio centrale «appena» pervenuti i verbali ed i relativi allegati procede alla proclamazione del risultato del re ferendum e, se questo è favorevole all'abrogazione, il presiden

II Foro Italiano — 1993.

te della repubblica, con decreto da pubblicare «immediatamen te» nella Gazzetta ufficiale dichiara «l'avvenuta abrogazione» che ha effetto dal giorno successivo a quello della pubblicazio

ne, mentre costituisce solo facoltà dello stesso presidente della

repubblica — comprensibilmente legata alla eventuale necessità di evitare pregiudizievoli vuoti legislativi — ritardare l'entrata in vigore dell'abrogazione per un termine non superiore a ses

santa giorni. Passando dalla considerazione del dato temporale alla valuta

zione della portata innovativa della nuova 1. n. 488 del 1992, mette conto evidenziare che le nuove disposizioni non realizza no integralmente la dichiarata volontà abrogatrice e tanto meno la volontà dei promotori e sottoscrittori della proposta referen

daria, nel senso che invece di far cessare in via immediata e

definitiva l'intervento straordinario nel Mezzogiorno (che il re

ferendum mira appunto ad eliminare), finiscono per tenerlo an cora in vita sia pure temporaneamente.

La 1. 19 dicembre 1992 n. 488, nel convertire, con modifica

zioni, il d.l. n. 415 del 1992 (il quale — giova ricordarlo —

prevedeva esclusivamente il rifinanziamento della 1. n. 64 del 1986 sull'intervento straordinario nel Mezzogiorno):

1) ha lasciato pressoché immutato l'art. 1, 1° comma, del

predetto decreto che nel testo definitivo risulta cosi formulato: «In attesa della trasformazione dell'intervento straordinario at traverso un graduale passaggio ad una gestione ordinaria degli interventi per le aree depresse del territorio nazionale, anche

attraverso il ripristino della dotazione finanziaria di cui alla 1. 1° marzo 1986 n. 64, garantendo la continuità di sviluppo dei territori meridionali, è autorizzata la spesa di lire 13.800 miliar di per il finanziamento degli incentivi alle attività produttive di cui alla 1. 1° marzo 1986 n. 64, in ragione di lire 2.125 mi

liardi per l'anno 1992, lire 2.350 miliardi per l'anno 1993 e lire 3.075 miliardi per l'anno 1994. Alla ripartizione del residuo im

porto di lire 6.250 miliardi per gli anni successivi si provvede con legge finanziaria. Gli impegni di spesa possono essere as sunti anche in eccedenza alle predette quote annuali»;

2) ha aggiunto il comma 1 bis secondo cui «Per gli interventi di cui al d.l. 30 dicembre 1985 n. 786, convertito, con modifica

zioni, dalla 1. 28 febbraio 1986 n. 44, e successive modificazio

ni, è autorizzata l'ulteriore spesa di lire 200 miliardi per l'anno 1994». E il decreto n. 786 del 1985 reca misure straordinarie

per la promozione e lo sviluppo della imprenditorialità giovani le nel Mezzogiorno;

3) ha, tra l'altro, lasciato fermo il 5° comma dello stesso art. 1 che, con riferimento ai programmi cofinanziati con i fon di strutturali della Comunità europea, affida all'agenzia per la

promozione dello sviluppo nel Mezzogiorno le relative eroga zioni con priorità rispetto ad ogni altra destinazione.

La stessa legge (art. 3) delega poi il governo ad emanare, entro il 30 aprile 1993, uno o più decreti legislativi per discipli nare il trasferimento delle competenze del dipartimento per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e dell'agenzia per la pro mozione dello sviluppo del Mezzogiorno sulla base di principi e criteri all'uopo espressamente elencati, fra cui, anzitutto, l'af fidamento al ministro del bilancio e della programmazione eco nomica del coordinamento, della programmazione e della vigi lanza sul complesso dell'azione di intervento pubblico nelle aree economicamente depresse del territorio nazionale.

Dal riportato quadro normativo emerge che, al di là del pre visto passaggio dall'intervento straordinario nel Mezzogiorno ad una forma di intervento ordinario per tutte le aree economica mente depresse del territorio nazionale, da attuare successiva

mente, le disposizioni dell'art. 1, commi 1, 1 bis e 5, 1. n. 488 del 1992 realizzano la sostanziale prosecuzione dell'intervento straordinario anche per il periodo successivo al 1° maggio 1993, specie considerando che la prima parte dell'art. 4 della medesi ma legge stabilisce, a sua volta, che restano ferme le autorizza zioni di spesa di cui all'art. 1 1. n. 64 del 1986 e l'applicazione fino al 31 dicembre 1993 delle norme di cui all'art. 17, 1° e 10° comma, di quest'ultima legge.

Secondo i principi fissati dalla Corte costituzionale, richia mati innanzi, il referendum in esame dev'essere esteso alle suin dicate disposizioni dell'art. 1 e 4 della nuova legge.

Non può aderirsi alla tesi dei promotori e presentatori (espo sta nella memoria depositata) di ulteriore estensione del quesito referendario anche ai commi 8 e 9 del citato art. 1 ed all'art. 3 della legge che conferisce delega al governo. I commi 8 e

This content downloaded from 185.44.78.156 on Tue, 24 Jun 2014 22:48:04 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 8: sentenza 1° aprile 1993, n. 137 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 7 aprile 1993, n. 15); Pres. Casavola, Est. Ferri; Calderisi ed altri (Avv. M.S. Giannini, Caravita Di Toritto).

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

9 non contengono invero disposizioni incompatibili con lo sco

po del referendum specie ove si rifletta che il comma 8°, modi

ficato in sede di conversione, contempla la realizzazione di pro

getti strategici funzionali agli investimenti in tutte le aree con

maggiore ritardo di sviluppo e non esclusivamente in quelle del

Mezzogiorno.

Quanto poi alla delega per l'emanazione di decreti legislativi, trattasi di disposizioni che si collocano nell'ottica del passaggio dall'intervento straordinario nel Mezzogiorno a quello ordina

rio in tutte le aree depresse del territorio nazionale e, peraltro, solo l'effettiva emanazione di detti decreti consente un'esatta

valutazione della relativa portata. Il quesito in parola, in quanto assoggetta al voto popolare

l'abrogazione di nuovi disposti legislativi, va sottoposto alla ve

rifica di ammissibilità di competenza della Corte costituzionale

(cfr. sul punto la sentenza n. 68 del 1978 della stessa Corte

costituzionale, cit.).

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 26 marzo 1993, n. 110

0Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 31 marzo 1993, n. 14); Pres. Borzellino, Est. Mengoni; Soc. 3M Italia c. Inps. Ord.

Pret. Milano 5 marzo 1992 (G.U., la s.s., n. 26 del 1992).

Previdenza sociale — Prepensionamento — Esonero delle im

prese dagli oneri contributivi Inps — Subordinazione alla gia cenza della domanda presso il Cipi — Incostituzionalità (Cost., art. 3; d.l. 29 marzo 1991 n. 108, disposizioni urgenti in ma

teria di sostegno dell'occupazione, art. 5; 1. 1° giugno 1991

n. 169, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 29

marzo 1991 n. 108).

È illegittimo l'art. 5, 2° comma, d.l. 29 marzo 1991 n. 108, convertito nella 1.1° giugno 1991 n. 169, nella parte in cui

subordina lo sgravio dell'impresa dal contributo all'Inps, pre visto dal successivo 5° comma, oltre che alla presentazione della domanda di pensionamento anticipato entro il 28 feb braio 1989, anche alla condizione della giacenza della doman

da presso il Cipi alla medesima data. (1)

(1) Ai fini della determinazione dell'onere contributivo Inps a carico delle imprese per il prepensionamento dei dipendenti, v. Cass. 22 aprile 1991, n. 4359, Foro it., Rep. 1991, voce Previdenza sociale, n. 816.

In tema di trattamento di pensionamento anticipato spettante alle la

voratrici del settore siderurgico, Corte cost. 29 marzo 1991, n. 134,

ibid., n. 808; 6 luglio 1989, n. 371, id., 1991, I, 2952. Con riferimento alla normativa di cui alla riportata sentenza, va se

gnalato sia l'art. 5, 1° comma, d.l. n. 108 del 1991, convertito in 1.

169/91, che ha disposto la proroga di validità delle norme sul pensiona mento anticipato di cui agli art. 16, 17 e 18 1. 155/81 «fino alla data di entrata in vigore della legge di riforma della cassa integrazione gua

dagni, della disoccupazione e della mobilità e comunque non oltre il 30 settembre 1991», sia la cessazione di validità della normativa stessa — in materia di pensionamento anticipato — conseguente all'entrata in vigore della 1. n. 233 del 1991.

In tema di onere contributivo a carico delle aziende per i prepensio namenti dei dipendenti occorre evidenziare come in base alla disciplina del «prepensionamento», di norma, per ogni lavoratore che ottiene il trattamento anticipato di anzianità (o di vecchiaia), l'impresa è tenuta a corrispondere a favore della gestione pensionistica interessata, per cia

scun mese di anticipazione della pensione, un contributo «agganciato» all'onere complessivo connesso al pensionamento (mancato incasso dei

contributi e pagamento anticipato della pensione), costituito dalle se

guenti somme:

a) una somma pari all'importo risultante dalla applicazione dell'ali

quota contributiva in vigore alla data di risoluzione del rapporto di

lavoro per il fondo pensioni lavoratori dipendenti sull'ultima retribu zione annua, percepita dal lavoratore interessato, ragguagliata a mese

(senza riguardo alcuno alla aliquota ridotta per eventuale beneficio di

sgravi contributivi);

Il Foro Italiano — 1993.

Diritto. — 1. - Dal Pretore di Milano è sollevata, in riferi

mento agli art. 3 e 97 Cost., questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 5, 2° comma, d.l. 29 marzo 1991 n. 108, converti

to nella 1. 1° giugno 1991 n. 169, nella parte in cui subordina

il beneficio dell'esonero delle imprese dagli oneri contributivi

previsti dal successivo 5° comma, in connessione al prepensio namento di dipendenti, non solo alla presentazione della do

manda al ministero del lavoro entro il 28 febbraio 1989, ma

altresì alla condizione di «giacenza» della domanda presso il

Cipi entro la medesima data.

2. - La questione è fondata.

Il giudice rimettente interpreta la disposizione impugnata nel

senso che la domanda di prepensionamento non solo deve esse

re presentata dall'azienda al ministero del lavoro entro il 28

febbraio 1989, ma deve anche, entro la stessa data, essere tra

smessa al Cipi (comitato interministeriale per il coordinamento

della politica industriale) presso il ministero del bilancio, corre

data della proposta di accertamento prevista dall'art. 2, 5° com

ma, 1. 12 agosto 1977 n. 675. Cosi interpretata, la norma viola

il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) perché fa dipendere il diritto delle aziende allo sgravio contributivo dalla maggiore o minore sollecitudine con cui l'ufficio competente del ministe

ro del lavoro prende in esame le singole domande di prepensio namento e dalla maggiore o minore durata dei tempi tecnici

occorrenti per formulare la proposta che deve accompagnare la trasmissione della domanda al Cipi. Più volte questa corte

ha ravvisato una irragionevole disparità di trattamento in nor

me che subordinavano l'applicazione di un beneficio alla condi

zione dell'espletamento di una procedura amministrativa entro

un certo termine (sentenze nn. 85 del 1965, Foro it., 1966, I, 171 e 121 del 1967, id., 1967, I, 2505).

3. - La norma impugnata potrebbe essere messa in armonia

con l'art. 3 Cost, in via di interpretazione se fosse consentito

intendere la frase «giacenti presso il Cipi» non nel senso (rite nuto dal giudice a quo) di «(già) trasmesse al Cipi», bensì nel

senso di «non (ancora) definite dal Cipi», concetto, quest'ulti

mo, includente sia le domande di prepensionamento non ancora

trasmesse al Cipi entro il 28 febbraio 1989, sia quelle già tra

smesse, ma non ancora decise a tale data. Siffatta interpretazio

ne, sebbene di per sé conforme all'accezione del termine «gia cenza» (di una pratica) nel linguaggio burocratico, toglierebbe

però al requisito in esame ogni significato normativo, finendo

col leggere la disposizione impugnata — contenuta in un decre

to convertito in legge dopo essere stato reiterato undici volte — nei termini in cui era formulata nei primi sei decreti della

serie (iniziata dal d.l. 1° aprile 1989 n. 119), i quali si limitava no a richiedere la presentazione delle domande di prepensiona mento entro il 28 febbraio 1989, ai sensi dell"art. 5, 1° comma, d.l. 11 gennaio 1989 n. 5 (non convertito).

La nuova formulazione adottata dall'art. 4, 2° comma, d.l.

24 aprile 1990 n. 82 (non convertito) e ripetuta nell'art. 5, 2°

comma, d.l. n. 108 del 1991 (convertito), ha tradito l'intenzione

del legislatore, che non era quella di restringere la cerchia delle

aziende beneficiarie, ma soltanto di precisare (superfluamente) che le domande presentate in data anteriore al 1°

b) una somma pari all'importo mensile della pensione anticipata di

anzianità ivi compresa la tredicesima mensilità.

L'impresa può optare per il pagamento rateale del contributo stesso

(con addebito, però, degli interessi legali), in un numero di rate mensili, di pari importo, non superiore a quello dei mesi di anticipazione della

pensione (in caso di inadempienza totale o parziale, «scattano» per le

imprese, sul residuo debito, le somme aggiuntive ex 1. 48/88). La disciplina del «prepensionamento» è quasi sempre a termine, non

è unitaria, ma differenziata, a seconda dei settori cui di volta in volta si riferisce. Ed infatti si hanno (a titolo esemplificativo e certo non

esaustivo) le leggi: a) per i dipendenti di imprese industriali: 1. 23 aprile 1981 n. 155; 1. 29 febbraio 1988 n. 48; 1. 11 marzo 1988 n. 67; 1. 1°

giugno 1991 n. 161; 1. 23 luglio 1991 n. 223; 1. 19 ottobre 1992 n.

406; b) per i dipendenti da imprese editrici e stampatrici di giornali

quotidiani e agenzie di stampa: 1. 5 agosto 1981 n. 416; 1. 25 febbraio

1987 n. 67; c) per i lavoratori delle compagnie e dei gruppi portuali: 1. 23 maggio 1983 n. 230; 1. 13 febbraio 1987 n. 26; 1. 7 marzo 1989

n. 85; d) per i dipendenti da aziende del settore siderurgico ed affini:

1. 31 maggio 1984 n. 193; è) per i dipendenti del settore dell'alluminio, del ferro cemento, dell'amianto, delle imprese armatoriali: 1. 29 feb

braio 1988 n. 48.

This content downloaded from 185.44.78.156 on Tue, 24 Jun 2014 22:48:04 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended