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Sentenza 1° febbraio 1963; Giud. Sodo; imp. Sanasi

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Sentenza 1° febbraio 1963; Giud. Sodo; imp. Sanasi Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 9 (1963), pp. 371/372-373/374 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152901 . Accessed: 28/06/2014 07:58 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.97 on Sat, 28 Jun 2014 07:58:25 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sentenza 1° febbraio 1963; Giud. Sodo; imp. Sanasi

Sentenza 1° febbraio 1963; Giud. Sodo; imp. SanasiSource: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 9 (1963), pp. 371/372-373/374Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152901 .

Accessed: 28/06/2014 07:58

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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371 PARTE SECONDA 372

Costituisce calunnia l'incolpazione dell'innocente, contenuta

nell'atto introduttivo di un giudizio civile. (1) Non sono contraddittorie l'assoluzione, per insussistenza di

dolo, di chi ha incolpato l'innocente nell'atto introduttivo di giudizio civile, e la condanna di chi aveva fornito la

notizia calunniosa. (2)

La Corte, eoo. — Questo Supremo collegio è di avviso che i motivi primo, terzo e quarto, che vanno esaminati

preliminarmente, siano destituiti di fondamento giuridico. Col primo mezzo si deduce che non può riscontrarsi la

previsione delittuosa della calunnia, quando l'accusa rivolta

contro l'innocente sia inserita in un atto di citazione intro

duttivo a un giudizio civile.

L'assunto deve disattendersi. Come è stato altre volte ritenuto da questo Supremo

collegio (con particolare riguardo alla ipotesi criminosa della

simulazione di reato) il termine « denunzia », contenuto negli art. 367 e 368 cod. pen., va inteso non già nel senso tecnico

processuale ricavabile dall'art. 7 del codice di rito penale, bensì in quello assai più ampio di « informativa » di acca dimenti criminosi inoltrata a determinati organi, che ab biano l'obbligo di rendere edotta l'autorità giudiziaria pe nale di quanto venuto a loro conoscenza.

Ne consegue che, ai fini dell'applicabilità dell'art. 368, costituisce volontà informativa di reato l'atto di citazione davanti il giudice civile nel quale si attribuisca a taluno la commissione di un fatto, costitutivo di delitto persegui bile ex officio.

Col terzo mezzo, in sostanza, si deduce che, poiché nella

specie odierna il giudizio civile era stato iniziato dalla si

gnora Passalacqua Maria, sulla base delle informazioni rac colte all'uopo dal ricorrente Aste Raimondo, suo marito,

quest'ultimo non avrebbe potuto in nessun caso essere ri tenuto autore di calunnia, data la sua estraneità alla con troversia ; ma, semmai, imputabile di falsa testimonianza, ai sensi dell'art. 372 cod. penale.

L'argomentazione non può essere accolta. È esatto che la citazione in giudizio civile fu notificata a controparte su richiesta della Passalacqua, titolare del diritto fatto va

lere, ma è anche certo che il prevenuto Aste fu chiamato a

rispondere a titolo di concorso nel fatto illecito ascritto alla

moglie. Sicché, pur essendo egli estraneo al giudizio civile, nel

cui atto introduttivo era contenuto l'addebito calunnioso, ben poteva configurarsi la sua "responsabilità a titolo di

partecipazione nella calunnia, quante volte ne fossero ri masti provati i corrispondenti estremi costitutivi.

Col quarto mezzo si assume che, una volta assolta in

appello con formula piena la Passalacqua per essere stata ritenuta la sua piena buona fede nell'inizio dell'azione civile, sulla base delle informazioni raccolte e fornitele dal marito Aste Raimondo, la Corte non avrebbe potuto ritenere questo ultimo in mala fede, senza pervenire a risultati contraddit tori e assurdi.

La doglianza è priva di fondamento. Pure riconoscendosi che, nella specie odierna, i rap

porti di coniugio, intercorrenti fra la Passalacqua e l'Aste,

(1) Giurisprudenza e dottrina concordano nell'attribuire a denunzia un senso assai più lato di quello che tale termine assume nell'art. 8 cod. proc. pen. : Cass. 20 febbraio 1959, Dessi, Foro il., Rep. 1900, voce Calunnia, n. 3 ; Cass. 16 aprile 1959, Zaccaria, id., 1960, II, 4, con nota di richiami.

Cons., in dottrina, Antolisei, Man. dir. pen., parte speciale, II, pag. 732 ; Pannain, Calunnia, voce del Novissimo digesto it, II, pag. 684 ; Manzini, Trattato dir. pen., 1962, V, pag. 752 segg. ; Cubatola, Calunnia, voce dell 'Enciclopedia del diritto, V, pag. 882.

(2) V., in argomento, Cass. 12 ottobre 1954, Mauro, Foro it., Rep. 1956, voce Calunnia, n. 49. Risponde di falsa testi monianza il simulatore che, non punibile (per difetto di inten zione) per calunnia, depone poi il falso in appoggio delle tracce simulate (Trib. Firenze 3 giugno 1955, ibid., n. 54) ; Cass. 19 giugno 1941, Colasanti, id., Rep. 1942, voce Simulazione di reato, nn. 2, 3.

Cons., in dottrina, Manzini, op. cit., pag. 756 ; Cubatola, op. cit., pag. 824.

dovevano imporre una massima oculatezza nella valuta

zione della condotta svolta dai due imputati, nonché dei

rispettivi moventi che l'avevano sollecitata, deve tuttavia

riconoscersi che, guardata da un punto di vista teorico, la

soluzione adottata dalla Corte di merito non appare giuri dicamente viziata. Poiché la previsione delittuosa della

calunnia non esige che la relativa condotta venga attuata, sul piano naturalistico, proprio dal soggetto che ne è l'au

tore, ne deriva che il calunniatore bene possa realizzare il

proprio programma criminoso in forma mediata, avvalen -

dosi, fra l'altro, di un soggetto, opportunamente indotto

in errore sul fatto costitutivo di reato.

Nel caso ipotizzato, è discutibile, sul piano dogmatico, se si rientri nell'àmbito generico della partecipazione, o

non si resti invece sul terreno della reità diretta in forma ati

pica ; ma non può esservi dubbio che l'affermazione di re

sponsabilità di uno dei prevenuti e l'assolutoria dell'altro

per carenza di dolo sono fra di loro perfettamente compati bili. (Omissis)

Per questi motivi, accoglie, ecc.

PRETURA DI NARDO.

Sentenza 1° febbraio 1963 ; Griud. Sodo ; imp. Sanasi.

Circolazione stradale — Segnale verticale di stop —

Contravvenzione — Insussistenza (D. pres. 15 giugno 1959 n. 393, t. u. delle norme sulla circolazione stra

dale, art. 4, 13, 14 ; d. pres. 30 giugno 1959 n. 420,

regolamento al t. u. sulla disciplina della circolaziore

stradale, art. 108).

Non incorre nella contravvenzione al segnale di stop il con

ducente che non si ferma se il segnale verticale di arresto

non è integrato dalla striscia orizzontale sulla carreg

giata. (1)

Il Pretore, ecc. — I fatti, in rubrica sintetizzati, furono

denunciati dai vigili urbani di Galatone in data 4 aprile 1962. Iniziatosi procedimento penale a carico di Sanasi

Salvatore Luciano da Nardo, costui veniva condannato a

lire 4000 di ammenda per il reato di cui all'art. 4 del codice

stradale con decreto penale in data 15 dicembre 1962.

Avverso tale decreto il Sanasi proponeva ritualmente oppo sizione e quindi veniva rinviato a giudizio davanti a questa Pretura per rispondere del reato di cui in epigrafe.

All'odierno dibattimento, l'imputato, riportandosi ai

motivi di opposizione, si difendeva affermando clic il

segnale verticale di « stop » esistente sulla strada da lui

percorsa, non era regolare, in quanto, sulla pavimenta zione della strada stessa, mancava la striscia trasversale

di arresto di cui agli art. 14, 12° comma, codice stradale e 108 del regolamento di esecuzione dello stesso codice. Il

verbalizzante da parte sua precisava che la striscia di ar

resto non era adeguatamente visibile e che comunque era

stata tracciata per una sola volta nel 1961.

Al cospetto di tali risultanze, sembra al Giudicante che

possa pronunciarsi una sentenza assolutoria per l'imputato nonostante l'intervenuto provvedimento di amnistia e ciò

in virtù dell'obbligo della immediata declaratoria di cui

all'art. 152 cod. proc. pen., essendo evidente, in base agli elementi probatori già acquisiti agli atti, che il fatto non

sussiste. All'uopo è necessario osservare che il segnale di

(1) Cfr., nel senso che non fosse prescritta la striscia sulla

carreggiata prima del codice stradale vigente, Cass. 7 ottobre

1960, Richelmi, Foro it., Rep. 1961, voce Circolazione stradale, nn. 433, 434.

In dottrina, cons., per riferimenti, Dttni, Doveri al crocevia del conducente che circola per strada statale, in Riv. circolaz. e trasp., 1959, 501 Strade urbane con precedenza e sanzioni ai contrav

ventori, id., 1961, 256 ; Ancora in tema di strade con precedenza, id., 1962, 254 ; Cristofoletti, La precedenza dentro e fuori i centri abitati. Ipotesi contravvenzionali e sanzioni applicabili, in Dir. autom., 1961, 228~; Ancora sulla precedenza fuori e"dentro i eentri abitati e sulle sanzioni applicabili ai contravventori, ibid., 500.

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373 GIURISPRUDENZA PENALE 374

« stop » previsto dall'art. 4, lett. ci, 13, 2° comma, lett. c,

14, 12° comma, cod. stradale e 108 del regolamento di ese

cuzione dello stesso codice, già prescritto quale segnale di

pericolo dal protocollo e dall'accordo aggiuntivo alla Con

venzione di Ginevra e giustificato da ovvie esigenze di

sicurezza della circolazione, ha come scopo precipuo quello di imporre al conducente, in prossimità di crocevia, di fer

marsi in un punto determinato per aveie la migliore visi

bilità sugli altri rami dell'incrocio e quindi riprendere la

marcia dopo essersi assicurato che sulla strada, avente di

ritto alla precedenza per intensità di traffico, non vi siano

altri veicoli.

Orbene, appare evidente, che tanto il segnale verticale

di cui al richiamato art. 13, 2° comma, lett. c, « arrestarsi

al crocevia stop », quanto le strisce verticali di cui all'art. 14, 12° comma, del codice della strada e 108 del regolamento di

esecuzione dello stesso codice che indicano il punto in cui

i conducenti debbono fermare per effetto di una segnala zione di arresto, siano congiuntamente indispensabili per il raggiungimento dello scopo di cui sopra, non potendosi invece considerare bastevole il solo segnale verticale, così

come del resto avveniva prima dell'entrata in vigore del

nuovo codice allorquando la materia era disciplinata dalla

circolare n. 1870 del 1° giugno 1956 del Ministero lavori

pubblici : « Ogni strada munita di segnale verticale di << stop »

è anche munita della linea di arresto e della scritta oriz

zontale stop ».

In presenza soltanto del segnale verticale, invece, il

conducente di un veicolo sarebbe reso edotto dell'obbligo di fermarsi ma, non avendo l'indicazione del punto preciso,

egli ciò potrebbe fare a sua discrezione in un qualsiasi tratto

della strada, le cui caratteristiche in prossimità dell'incrocio

si presentano di notevole varietà, e sarebbe sufficiente

l'arresto di qualche metro in più o in meno del punto ne

cessario per la perfetta visibilità della strada intersecante,

per frustrare le finalità evidenti della prescrizione in esame

e rendere anzi possibile intralcio al traffico.

Per tali motivi e soprattutto per la certezza delle situa

zioni conseguenziali ad una determinata norma di comporta mento che nel caso in esame, adottandosi una diversa so

luzione, sarebbe veramente resa precaria, il legislatore del nuovo codice della strada ha stabilito nell'art. 14 l'ob

bligo per gli enti proprietari delle strade di porre le strisce

continue trasversali cui si è già fatto cenno, e con le oppor

tune ulteriori modalità stabilite nell'art. 108 del regola mento di esecuzione, dal quale peraltro può trarsi un argo

mento letterale a favore della soluzione adottata nella

fattispecie, ha posto in condizioni il conducente di realiz

zare adeguatamente lo scopo della prescrizione più volte

richiamata, salvaguardando nel contempo la garenzia di

una più efficace pubblicità del segnale di arresto.

Basta leggere infatti quest'ultimo articolo per convin

cersi di quanto or ora affermato : le linee di arresto sono

di colore bianco ed indicano il limite prima del quale il con

ducente deve fermare il veicolo, in prossimità di un in

crocio, per rispettare le segnalazioni dei semafori o dei se

gnali « arresto all'incrocio ». . . Quando la linea di arresto

è impiegata in corrispondenza di un incrocio regolato dal

segnale « arresto all'incrocio » o « stop », essa deve essere

tracciata in posizione che il conducente, fermato il veicolo

immediatamente dietro questa linea, abbia la migliore vi

sibilità sugli altri rami dell'incrocio.

E che la linea di arresto non costituisca qualcosa di

complementare o di integrativo al segnale verticale di

« stop », ma ne sia elemento funzionale ed inscindibile, può

desumersi dal successivo comma dell'art. 108 del regola

mento che così recita : le indicazioni date dal segnale « ar

resto all'incrocio » e dalla linea di arresto devono esser in

tegrate dalla iscrizione « stop » sulla pavimentazione che

deve essere tracciata vicino alla linea di arresto, fissando

in tal modo gli elementi essenziali e quelli integrativi della

prescrizione in esame.

Per compiutezza d'indagine, è necessario tenere presente

infine che, allorquando la linea di arresto non è indispen

sabile ma può essere tracciata per richiamare meglio l'at

tenzione dei conducenti, è detto espressamente nell'ultimo

comma del più volte richiamato articolo del regolamento,

quando l'incrocio è regolato dal segnale composto « dare

precedenza o priorità » di cui all'art. 50, essendo evidente

la differenza dei due casi.

Trattasi senza dubbio di argomenti letterali e logici tratti anche da disposizioni regolamentari, ma a queste ultime bisogna riconoscere adeguata rilevanza ermeneuti a, trattandosi di norme esecutive perfettamente coerenti col

testo legislativo vero e proprio, a differenza di qualche caso

particolare che qui non ricorre.

È appena utile rilevare d'altra parte che, disponendo l'art. 98 del regolamento che « tutti i segni sulla carreggiata indispensabili debbono esser mantenuti in buon ordine ed

essere ben visibili in ogni tempo », non può rispondere della contravvenzione l'utente che, come nel caso di specie, provi di non aver ottemperato al segnale che era indispensabile, reso del tutto illeggibile.

Pertanto ed alla stregua di tali considerazioni il Sanasi, che in definitiva non aveva l'obbligo di rispettare un se

gnale non regolamentare nella sostanza e nella forma, può esser assolto dal reato ascrittogli perchè il fatto non sussiste.

Per questi motivi, ecc.

Rivista di Giurisprudenza Penale

Prostituzione — Legge abolitiva della regolamenta zione — Questione d'incostituzionalità non ma

nifestamente infondata (Costituzione della Repub

blica, art. 13, 27, 32 ; legge 20 febbraio 1958 n. 75, abo

lizione della regolamentazione della prostituzione, ecc., art. 8, n. 3).

Non è manifestamente infondata (e] se ne rimette quindi l'esame alla Corte costituzionale) la questione d'incostitu

zionalità della legge 20 febbraio 1958 n. 75, che abolisce

la regolamentazione della prostituzione e disciplina la lotta

contro lo sfruttamento della prostituzione altrui, e, segna tamente, dell'art. 3, n. 8, in riferimento agli art. 13, 27 e

32 della Costituzione. (1)

Tribunale di Firenze ; ordinanza 4 luglio 1963 (Gazzetta

ufficiale 31 agosto 1963, n. 231) ; Pres. Beretta P. ; imp. Marchetti.

(1) Il testo dell'ordinanza è riprodotto su Le Leggi, 1963, 1710 ; sull'art. 8 della legge n. 75 del 1058, v. Cass. 20 ottobre

1962, retro, 55, con nota di richiami.

Tribunali dei minorenni — Disciplina della perizia — Questione d'incostituzionalità non manife

stamente infondata (Costituzione della Repubblica, art. 24 ; r. d. 1. 20 luglio 1934 n. 1404, costituzione e

funzionamento del tribunale per i minorenni, art. 13, 1° comma, 18, 2° comma).

Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esame alla Corte costituzionale) la questione d'incostitu

zionalità degli art. 13, 1° comma, e 18, 2° comma, r. decreto

legge 20 luglio 1934 n. 1404, relativo alla disciplina della

perizia nell'istruzione e nel dibattimento avanti i tribunali

dei minorenni, in riferimento all'art. 24 della Costituzione. (1)

Tribunale per i minorenni di Napoli ; ordinanza 27

giugno 1963 (Gazzetta ufficiale 31 agosto 1963, n. 231) ;

Pres. Bifani P. ; imp. Sabatino.

(1) Il testo dell'ordinanza è riprodotto su Le Leggi, 1963,

1716.

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