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sentenza 10 aprile 1998, n. 110 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 15 aprile 1998, n. 15); Pres....

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Page 1: sentenza 10 aprile 1998, n. 110 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 15 aprile 1998, n. 15); Pres. Granata, Est. Contri; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Caramazza) c. Proc.

sentenza 10 aprile 1998, n. 110 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 15 aprile 1998, n. 15);Pres. Granata, Est. Contri; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Caramazza) c. Proc. rep. Trib.Bologna (Fortuna, Giovagnoli). Conflitto di attribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 9 (SETTEMBRE 1998), pp. 2357/2358-2361/2362Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194274 .

Accessed: 25/06/2014 09:46

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Tribunale regionale di giustizia amministrativa per il Trentino

Alto Adige; dichiara che non spetta allo Stato stabilire unilate

ralmente con decreto del presidente del consiglio dei ministri, al di fuori delle procedure statutariamente previste, la dotazio

ne organica delle qualifiche dirigenziali, delle qualifiche funzio

nali e dei profili professionali del personale del Tribunale regio nale di giustizia amministrativa per il Trentino-Alto Adige e, di conseguenza, annulla il predetto decreto del presidente del

consiglio dei ministri 28 aprile 1997, limitatamente alla tabella A, quadro 3, nella parte concernente la dotazione organica del

tribunale regionale medesimo.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 10 aprile 1998, n. 110

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 15 aprile 1998, n. 15); Pres. Granata, Est. Contri; Pres. cons, ministri (Aw. dello

Stato Caramazza) c. Proc. rep. Trib. Bologna (Fortuna, Gio

vagnoli). Conflitto di attribuzione.

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici in genere —

Acquisizione e utilizzazione di atti coperti da segreto di Stato — Atti di indagine compiuti — Annullamento (Cost., art.

1, 5, 52, 87, 94, 95, 126; cod. proc. pen., art. 202, 256, 362; 1. 24 ottobre 1977 n. 801, istituzione e ordinamento dei servi

zi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato, art. 12, 16).

Non spetta al pubblico ministero, in persona del procuratore della repubblica presso il Tribunale di Bologna, né acquisire, né utilizzare, sotto alcun profilo, direttamente o indirettamente, atti o documenti sui quali è stato legalmente opposto e con

fermato dal presidente del consiglio dei ministri il segreto di

Stato, né trarne comunque occasione di indagine ai fini del

promovimento dell'azione penale e debbono, conseguentemen

te, essere annullati gli atti di indagine compiuti sulla base di

fonti di prova coperte dal segreto di Stato, nonché la soprav venuta richiesta di rinvio a giudizio. (1)

Diritto. — 1. - Con il ricorso indicato in epigrafe, il presiden te del consiglio dei ministri solleva conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del pubblico ministero, in per sona del procuratore della repubblica presso il Tribunale di Bo

logna, in relazione ad attività istruttoria svolta nei confronti

di funzionari del servizio per la informazione e la sicurezza de

mocratica (Sisde) e di polizia, e diretta ad acquisire elementi

(1) La Corte costituzionale nel pronunciarsi circa gli effetti derivanti

dall'apposizione del segreto di Stato da parte del presidente del consi

glio dei ministri, non accoglie la posizione espressa dal governo, per il tramite dell'avvocatura dello Stato, nel senso di una assoluta preclu sione, per il giudice, in ordine alla conoscenza dei fatti cui il segreto si riferisce. Il p.m. infatti, a giudizio della corte, può (o meglio deve) procedere, purché disponga o possa acquisire aliunde elementi indizian ti del tutto autonomi e indipendenti dagli atti e documenti coperti da

segreto, ispirandosi in ciò ad un principio di «correttezza e lealtà» verso il governo, soprattutto nel senso di non utilizzare gli atti o documenti

«segretati» né in via diretta né in via indiretta (trarre spunto da essi ai fini di ulteriori atti di indagine). Cosa che invece la corte ritiene

essersi verificata nel caso di specie. Da rilevare come attraverso due provvedimenti del presidente della

Corte costituzionale, in data 26 novembre 1997 e 24 febbraio 1998, è stata accolta la richiesta del presidente del consiglio dei ministri di

«segretazione» dei documenti che lo stesso si riservava di allegare al

proprio ricorso costituzionale ed è stato disposto che la discussione av

venisse a porte chiuse. In ordine al fondamento ed ai limiti di applicabilità del segreto di

Stato, la corte si richiama ai propri precedenti interventi specifici in

materia: v. Corte cost. 24 maggio 1977, n. 86, Foro it., 1977, I, 1333, con nota di richiami, e 14 aprile 1976, n. 82, id., 1976, I, 1157, con

Il Foro Italiano — 1998.

di conoscenza su circostanze incise dal segreto di Stato ex art.

121. 24 ottobre 1977 n. 801 (istituzione e ordinamento dei servi

zi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di

Stato). Il ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribu

zioni — fra queste, in particolare, il potere di vietare la diffu

sione di notizie idonee a recare danno all'integrità dello Stato

democratico — come delimitata dagli art. 1, 5, 52, 87, 94, 95

e 126 Cost., e con riguardo agli art. 12 e 16 1. 24 ottobre 1977

n. 801, nonché agli art. 202, 256 e 362 c.p.p. Il ricorrente chiede alla corte di dichiarare che non spetta

al pubblico ministero procedere ad indagini strumentali all'eser

cizio dell'azione penale con riferimento a fatti e notizie in ordi

ne ai quali è stato opposto il segreto di Stato, confermato dal

presidente del consiglio, e di conseguenza di annullare gli atti

istruttori specificamente elencati.

2. - Occorre, innanzitutto, confermare l'ammissibilità del con

flitto di attribuzione in questione, che questa corte ha già di

chiarato, in linea di prima e sommaria delibazione, con l'ordi

nanza n. 426 depositata il 18 dicembre 1997 (Foro it., 1998,

I, 955). Sotto il profilo soggettivo, il presidente del consiglio dei mi

nistri è legittimato a sollevare il conflitto, in quanto organo

competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene in ordine alla tutela, apposizione, opposizione e conferma del segreto di Stato, non solo in base alla 1. n. 801

del 1977, ma, come questa corte ha già avuto occasione di chia

rire, anche alla stregua delle disposizioni costituzionali — invo

cate nel ricorso — che ne delimitano le attribuzioni (sentenza n. 86 del 1977, id., 1977, I, 1333).

Sotto il medesimo profilo, anche la legittimazione del procu ratore della repubblica presso il Tribunale di Bologna a resiste

re nel conflitto deve essere affermata in conformità alla giuris

prudenza di questa corte, che riconosce al pubblico ministero

la legittimazione ad essere parte di conflitti di attribuzione tra

poteri dello Stato, in quanto, ai sensi dell'art. 112 Cost., è il

titolare diretto ed esclusivo dell'attività di indagine finalizzata

all'esercizio obbligatorio dell'azione penale (ord. n. 269 del 1996,

id., 1997, I, 370; sent. n. 420 del 1995, id., 1996, I, 3307, e nn. 464, 463 e 462 del 1993, id., 1994, I, 974).

Quanto al profilo oggettivo, il conflitto riguarda attribuzioni

costituzionalmente garantite inerenti all'esercizio dell'azione pe nale da parte del pubblico ministero ed alla salvaguardia della

sicurezza dello Stato anche attraverso lo strumento del segreto, la cui opposizione è attribuita alla responsabilità del presidente del consiglio ed al controllo del parlamento.

3. - Per la definizione del presente conflitto è necessario, in

via preliminare, ripercorrere i vari momenti e i diversi passaggi attraverso i quali la vicenda che ha originato il presente conflit

to si è sviluppata. Il 12 dicembre 1996 venivano sequestrati dal procuratore del

la repubblica di Roma due scatoloni di documenti relativi ad

indagini, svolte anni prima da agenti della polizia in forza al

l'ufficio centrale investigazioni generali operazioni speciali (Uci

gos) e da funzionari del Sisde, in ordine a un cittadino straniero

nota di richiami. Per un'applicazione dei principi espressi dalla prima, v. Tar Piemonte, sez. I, 23 febbraio 1988, n. 47, id., Rep. 1988, voce

Impiegato dello Stato e pubblico, n. 217. Il conflitto in questione era stato dichiarato ammissibile da Corte

cost., ord. 18 dicembre 1997, n. 426, id., 1998, I, 955, con nota di

richiami, cui adde, in dottrina, Libertini, Una glossa a margine del

segreto di Stato, in Riv. polizia, 1996, 408; Rossi Merighi, Le relazioni del comitato parlamentare per i servizi ed il segreto di Stato: il primo rapporto sul sistema d'informazione e sicurezza, in Rass. parlamentare, 1996, 293.

Per l'affermazione secondo cui, nel giudizio di responsabilità ammi nistrativa per danno, l'impossibilità da parte dell'amministrazione di inviare parte della documentazione richiesta dal collegio, perché coper ta dal segreto di Stato, non è di ostacolo ad una pronuncia qualora il giudice contabile possa, comunque, desumere dagli atti di causa i necessari elementi conoscitivi, v. Corte conti, sez. II, 5 luglio 1993, n. 143, Foro it., Rep. 1994, voce Responsabilità contabile, n. 1058.

In ordine agli effetti sui poteri del giudice dell'apposizione del segre to di Stato su determinati atti o documenti, v. Tar Umbria 4 marzo

1992, n. 67, id., Rep. 1992, voce Giustizia amministrativa, n. 836; Cass. 10 marzo 1987, Pazienza, id., Rep. 1989, voce Istruzione penale, n.

41, commentata da Grifantini, in Cass, pen., 1988, 1897.

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Page 3: sentenza 10 aprile 1998, n. 110 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 15 aprile 1998, n. 15); Pres. Granata, Est. Contri; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Caramazza) c. Proc.

2359 PARTE PRIMA 2360

segnalato da servizi stranieri e sospettato di collegamento con

una organizzazione terroristica straniera in epoca di attentati

ad obiettivi di pertinenza di Stato estero, siti sul nostro territorio.

Il 27 gennaio 1997 venivano interrogati dal procuratore della

repubblica di Roma tre funzionari: due in servizio presso la

polizia di Stato, uno presso il Sisde. Quest'ultimo si rifiutava di rispondere ad alcune domande e dichiarava di opporre il se

greto di Stato sulla documentazione esibitagli.

Dopo di ciò la procura della repubblica emetteva decreto di

esibizione ex art. 256 c.p.p., notificato il 5 febbraio 1997, col quale disponeva l'acquisizione al procedimento di copia di tutta

la documentazione, ovunque custodita dal Sisde relativa alla per sona che era stata oggetto di indagini.

Il Sisde forniva parte della documentazione, mentre su altra

opponeva il segreto di Stato.

Ritenuta «pertinente» alle indagini preliminari in corso la do

cumentazione segretata, il procuratore della repubblica interpel lava il presidente del consiglio dei ministri affinché desse con

ferma del segreto opposto ai sensi della 1. n. 801 del 1977.

Il presidente del consiglio dei ministri, con provvedimento del

12 giugno 1997, ricordando che il segreto era stato opposto pri ma dal funzionario del Sisde, in sede di interrogatorio, e poi dal

direttore del Sisde dopo l'ordine di esibizione, ritenute fondate

le esigenze di segreto, dichiarava, con apposita motivazione, cor

rettamente opposto in sede di interrogatorio il segreto di Stato

in ordine alle domande relative ai dettagli dei modi operandi se

guiti dal servizio nell'operazione antiterrorismo e in ordine all'e

sibizione di documenti richiesti dall'autorità giudiziaria. Successivamente, il comitato parlamentare per i servizi di in

formazione e sicurezza investito ex art. 16 1. n. 801 del 1977, con delibera unanime riteneva in data 22 luglio 1997 fondata

la conferma del segreto opposta. La procura di Roma, ricevuta la decisione del presidente del

consiglio e ritenuta la propria incompetenza territoriale, trasmet

teva gli atti, unitamente all'interpello e alla delibera del presi dente del consiglio dei ministri, al pubblico ministero presso il Tribunale di Bologna. Questi avviava l'investigazione, notifi

cando alla Digos della locale questura, in data 8 luglio 1997, ordine di esibizione di documentazione riguardante le indagini svolte a suo tempo dalla polizia e dai servizi.

La questura, nel trasmettere il 15 luglio 1997 copia dei docu

menti richiesti, precisava che sulle modalità operative era stato

opposto il segreto di Stato. L'avvocatura generale dello Stato

ha prodotto la nota di trasmissione della questura di Bologna,

per sottolineare come la predetta trasmissione sia avvenuta con

un documento che richiamava espressamente l'opposizione del

segreto di Stato e la sua conferma. Al riguardo, il ricorrente

ha ripetutamente affermato nel ricorso, nella memoria deposi tata e nella discussione, che il procuratore della repubblica ha

proceduto oltre nelle indagini e utilizzato la documentazione er

roneamente trasmessa dalla questura di Bologna, ignorando il

richiamo da questa formulato alla segretazione. La procura, tra il 2 e il 4 agosto 1997, provvedeva ad aprire

gli scatoloni inizialmente sequestrati, costituenti corpo di reato, che erano stati inviati fin dal 23 giugno 1997 dalla procura di

Roma.

Il 6 novembre 1997, nel corso dell'interrogatorio di un quar to funzionario (il cui nome era emerso in questa fase dell'inda

gine bolognese) che si era riportato al segreto di Stato, era stata

richiamata espressamente la conferma intervenuta da parte del

presidente del consiglio con preciso riferimento al modus ope randi del servizio.

Il 17 novembre 1997, il pubblico ministero effettuava gli in

terrogatori degli altri indagati, preannunciando all'avvocato dello

Stato, incaricato della difesa, un prossimo deposito della richie

sta di rinvio a giudizio. L'avvocatura dello Stato, in una memoria datata 18 novem

bre 1997, chiedeva al pubblico ministero di non procedere alla

richiesta di rinvio a giudizio. Il pubblico ministero, in data 19-27 novembre 1997, chiedeva

l'emissione di decreto di rinvio a giudizio per i quattro soggetti

imputati per i reati previsti dagli art. 81, 110, 615 c.p., 81,

110, 617, 1° e 3° comma, c.p., e ancora 81, 110, 617 bis, 1°

e 2° comma, c.p., indicando nella richiesta di rinvio a giudizio fonti di prova coperte dal segreto di Stato.

Con provvedimento del 2 febbraio 1998 il giudice per le inda

gini preliminari fissava per il 22 aprile 1998 l'udienza preliminare.

Il Foro Italiano — 1998.

4. - Nel merito, il ricorso deve essere accolto nei limiti di

seguito precisati. 5. - Questa corte ritiene di tenere fermi i principi enunciati

nelle sentenze che si sono pronunciate sul fondamento e sui li

miti del segreto opposto, per ragioni di sicurezza interna ed ester

na dello Stato, all'autorità giudiziaria da organi del potere ese

cutivo, in epoca anteriore alla 1. n. 801 del 1977.

Nella sentenza n. 86 del 1977, si afferma che solo nei casi

nei quali si tratti di agire per la salvaguardia di supremi interes

si dello Stato può trovare legittimazione il segreto, in quanto strumento necessario per raggiungere il fine della sicurezza del

lo Stato e per garantirne l'esistenza, l'integrità, nonché l'assetto

democratico, valori tutelati dagli art. 1, 5, 52, 87 e 126 Cost.

Quanto allo «sbarramento all'esercizio del potere giurisdizio

nale», potere pur esso garantito dagli art. 101, 102, 104 e 112

Cost., la corte — con la stessa sentenza — ebbe modo di affer

mare che «la sicurezza dello Stato costituisce interesse essenzia

le, insopprimibile della collettività, con palese carattere di asso

luta preminenza su ogni altro, in quanto tocca (...) la esistenza

stessa dello Stato, un aspetto del quale è la giurisdizione». La decisione richiama la precedente sentenza n. 82 del 1976

(id., 1976,1, 1157), anch'essa in tema di segreto politico-militare, nella quale si sottolinea che il predetto istituto involge «il supre mo interesse della sicurezza dello Stato nella sua personalità

internazionale, e cioè l'interesse dello Stato-comunità alla pro

pria integrità territoriale, indipendenza, e — al limite — alla

stessa sua sopravvivenza». La corte ha sottolineato che la potestà dell'esecutivo in que

sta materia non è illimitata e ha fatto salva l'esigenza — desti

nata a trovare il suo punto di equilibrio e la sua definizione

in sede legislativa — di assicurare, in ogni singolo caso concre

to, un ragionevole rapporto di mezzo a fine; precisando che

mai il segreto potrebbe essere allegato per impedire l'accerta

mento di fatti eversivi dell'ordine costituzionale; affermando la

necessità che l'esecutivo indichi le ragioni essenziali che stanno

a fondamento del segreto; insistendo sulla centralità della sede

parlamentare ai fini del sindacato politico sulla tutela del segre

to, attraverso tutti i modi consentiti dalla Costituzione, ricon

ducibili alla funzione ispettiva delle camere, ovvero all'ambito

dei procedimenti fiduciari. 6. - A seguito della sentenza n. 86 del 1977, il parlamento

ha introdotto con la 1. n. 801 del 1977 una nuova disciplina del segreto di Stato, in larga misura ispirata alla giurisprudenza costituzionale. Non si tratta tuttavia di una riforma compiuta, come risulta dall'art. 18, che rinvia ad una successiva «legge

organica relativa alla materia del segreto» — non ancora inter

venuta — che, anche alla luce del presente conflitto, si appalesa

auspicabile. In particolare, l'art. 15 1. n. 801, che ha modificato l'art.

352 c.p.p. del 1930, e in seguito la direttiva della legge-delega

per il nuovo codice di procedura penale di cui all'art. 2, 1°

comma, n. 70, 1. 16 febbraio 1987 n. 81, e gli art. 202 e 256

del nuovo codice — norme, queste ultime, sulla cui base, nella

specie, è stato opposto il segreto — hanno delineato, con for

mule non tutte identiche, in guisa da determinare qualche incer

tezza in ordine alla estensione del segreto, una ipotesi di impro

cedibilità, da dichiararsi dal giudice, allorché sia opposto il se

greto e il giudice stesso ritenga essenziali per la definizione del

processo gli elementi di conoscenza da esso preclusi. 7. - Con l'atto introduttivo del presente giudizio il ricorrente

chiede che la corte dichiari che non spetta al pubblico ministe

ro, una volta preso atto della opposizione e della conferma del

segreto di Stato, procedere oltre nelle indagini strumentali all'e

sercizio dell'azione penale e compiere ulteriori atti di indagine diretti ad acquisire aliunde elementi di conoscenza sui fatti inci

si dal segreto di Stato.

La tesi prospettata dall'avvocatura dello Stato, secondo la

quale l'opposizione del segreto inibirebbe in modo assoluto al

l'autorità giudiziaria la conoscenza dei fatti ai quali il segreto si riferisce, e quindi precluderebbe al pubblico ministero di com

piere qualsiasi indagine, anche se fondata su elementi di cono

scenza altrimenti acquisiti, non può essere condivisa. Tale im

postazione altererebbe in questa materia l'equilibrio dei rappor ti tra potere esecutivo e autorità giudiziaria, che debbono essere

improntati al principio di legalità; né potrebbe questa corte so

stituirsi al legislatore, operando, in concreto e di volta in volta, senza alcuna base legislativa, valutazioni di merito attinenti al

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Page 4: sentenza 10 aprile 1998, n. 110 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 15 aprile 1998, n. 15); Pres. Granata, Est. Contri; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Caramazza) c. Proc.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

bilanciamento tra i beni costituzionali sottostanti rispettivamen te alle esigenze di tutela del segreto e di salvaguardia dei valori

protetti dalle singole fattispecie incriminatrici.

Sulla base di questi principi, e alla luce della disciplina vigen

te, che non delinea alcuna ipotesi di immunità sostanziale colle

gata all'attività dei servizi informativi, l'opposizione del segreto di Stato da parte del presidente del consiglio dei ministri non

ha l'effetto di impedire che il pubblico ministero indaghi sui fatti di reato cui si riferisce la notitia criminis in suo possesso, ed eserciti se del caso l'azione penale, ma ha l'effetto di inibire

all'autorità giudiziaria di acquisire e conseguentemente di utiliz

zare gli elementi di conoscenza e di prova coperti dal segreto. Tale divieto riguarda l'utilizzazione degli atti e documenti co

perti da segreto sia in via diretta, ai fini cioè di fondare su

di essi l'esercizio dell'azione penale, sia in via indiretta, per trarne

spunto ai fini di ulteriori atti di indagine, le cui eventuali risul

tanze sarebbero a loro volta viziate dall'illegittimità della loro

origine. Fermo il principio di legalità, i rapporti tra governo e autori

tà giudiziaria debbono essere ispirati a correttezza e lealtà, nel

senso dell'effettivo rispetto delle attribuzioni a ciascuno spet tanti. Entro questo quadro, non potrebbe ad esempio l'autorità

giudiziaria aggirare surrettiziamente il segreto opposto dal pre sidente del consiglio, inoltrando ad altri organi richieste di esi

bizione di documenti dei quali le sia nota la segretezza formal

mente opposta. Nel caso di specie, non appare conforme al dovere di lealtà

e di correttezza il comportamento del procuratore della repub blica presso il Tribunale di Bologna che, pur essendo a cono

scenza dell'avvenuta opposizione del segreto, non ne ha di fatto

tenuto conto, rivolgendo al questore di Bologna ordine di esibi

zione di documentazione riguardante le indagini svolte a suo

tempo dalla polizia e dai servizi.

Risultano pertanto lese le attribuzioni costituzionalmente ri

conosciute al presidente del consiglio, e il vizio non riguarda soltanto l'acquisizione di atti e documenti del cui contenuto il

procuratore della repubblica di Bologna sia venuto a conoscen

za, ma coinvolge anche l'eventuale attività di indagine susse

guentemente svolta avvalendosi di quelle conoscenze.

Per contro non è precluso al pubblico ministero di procedere, ove disponga o possa acquisire per altra via elementi indizianti

del tutto autonomi e indipendenti dagli atti e documenti coperti da segreto.

Spetta poi al giudice, al quale il pubblico ministero formula

le sue richieste, decidere se si debba dichiarare non doversi pro cedere per l'esistenza del segreto di Stato, allorquando ritenga essenziali prove la cui acquisizione e utilizzazione sono impedite dal segreto medesimo.

Nella specie, risulta, in base a quanto si è detto nella prece dente esposizione in fatto, che atti coperti dal segreto sono stati

acquisiti ed utilizzati; che da essi il pubblico ministero ha preso le mosse per ulteriori indagini e che la richiesta di rinvio a giu dizio indica, fra le fonti di prova dei reati contestati, alcuni

documenti coperti dal segreto legalmente opposto. Sotto questo

profilo, la domanda del ricorrente è dunque fondata: e devono

pertanto essere annullati, ai sensi dell'art. 38 1. n. 87 del 1953,

gli atti di indagine compiuti sulla base di fonti di prova coperte dal segreto, nonché la sopravvenuta richiesta di rinvio a giudi

zio, in quanto vi sono indicate o sono comunque utilizzate fonti

di prova coperte dal segreto. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che non

spetta al pubblico ministero, in persona del procuratore della

repubblica presso il Tribunale di Bologna, né acquisire, né uti

lizzare, sotto alcun profilo, direttamente o indirettamente, atti

o documenti sui quali è stato legalmente opposto e confermato

dal presidente del consiglio dei ministri il segreto di Stato, né

trarne comunque occasione di indagine ai fini del promovimen to dell'azione penale, e conseguentemente annulla gli atti di in

dagine compiuti sulla base di fonti di prova coperte dal segreto di Stato, nonché la sopravvenuta richiesta di rinvio a giudizio.

Il Foro Italiano — 1998.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 aprile 1998, n. 103 (<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 15 aprile 1998, n. 15); Pres. Granata, Est. Guizzi; Cardone c. Poti ed altra; Tun

no ed altri c. Comune di Taviano. Ord. Trib. Lecce 6 dicem

bre 1996 e 28 marzo 1997 (G.U., la s.s., nn. 13 e 30 del 1997).

Procedimento civile — Affari pendenti al 30 aprile 1995 — Com

posizione del tribunale — Supplenza — Vice pretori onorari — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 97,

102, 106; r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, ordinamento giudizia rio, art. 97, 105; 1. 26 novembre 1990 n. 353, provvedimenti

urgenti per il processo civile, art. 90; d.l. 18 ottobre 1995

n. 432, interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della 1. 26 novembre 1990 n. 353, relativa al mede

simo processo, art. 9; 1. 20 dicembre 1995 n. 534, conversione

in legge, con modificazioni, del d.l. 18 ottobre 1995 n. 432, art. 1).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

90, 5 ° comma, l. 26 novembre 1990 n. 353, come modificato dall'art. 9 d.l. 18 ottobre 1995 n. 432, convertito in l. 20

dicembre 1995 n. 534, nella parte in cui prevede la possibilità,

per tutti gli affari pendenti alla data del 30 aprile 1995, di

disporre la supplenza dei magistrati professionali chiamati a

comporre il collegio giudicante del tribunale in materia civile

con i vice pretori onorari, in riferimento agli art. 3, 97, 102,

106, 1° e 2° comma, Cost. (1)

(1) La Corte costituzionale si richiama alla propria precedente deci sione (sent. 7 dicembre 1964, n. 99, Foro it., 1965, I, 165, commentata da Bartole, in Giur. costit., 1964, 1040), con cui aveva dichiarato in fondata la questione di costituzionalità dell'art. 105 r.d. 12/41 che pre vede la possibilità di supplenza affidata ad un magistrato onorario. Ciò allo scopo di interpretare la disposizione impugnata alla luce di quanto allora affermato, concludendo che essa risponde ad «esigenze eccezio nali dell'amministrazione della giustizia», sì che va applicata attraverso la chiamata dei vice pretori «per singole udienze o singoli processi».

Per la manifesta infondatezza della questione di legittimità costitu zionale dell'art. 105 r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, nella parte in cui preve de la possibilità di integrazione del collegio giudicante, anche a mezzo di designazione di un vice-pretore, dal momento che il vice-pretore ono

rario, che è giudice del pari previsto e regolato dalle norme sull'ordina mento giudiziario, essendo legittimato a sostituire il magistrato ordina

rio, che sia addetto ad ufficio di pretura, nell'espletamento di tutte le funzioni, è da ritenere che del pretore possa svolgere non soltanto le funzioni ordinarie, ma anche quelle temporanee ed eccezionali, deri vanti da un incarico di supplenza, e che, quindi, possa partecipare, come componente, ad un collegio giudicante, senza che ciò possa infi ciare la costituzione e le capacità dello stesso, v. Cass. 19 ottobre 1994, n. 8518, Foro it., Rep. 1994, voce Ordinamento giudiziario, n. 108.

Per la legittimità della supplenza affidata ai vice pretori onorari e

quindi la valida costituzione del collegio giudicante di cui questi siano chiamati a far parte, v. Cass. 14 dicembre 1996, n. 11178, e 23 novem bre 1996, n. 10386, id., Rep. 1996, voce cit., n. 180, e voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 33, per l'ipotesi in cui il collegio sia chiamato a giudicare su cause in materia di lavoro; 11 aprile 1994, Ro mano, id., Rep. 1995, voce Astensione, ricusazione, n. 56, secondo cui alla sostituzione del giudice, la cui dichiarazione di astensione sia stata accolta, può provvedersi delegando un vice pretore onorario della stes sa sede giudiziaria il quale, in quanto legittimato alla supplenza, deve considerarsi magistrato del medesimo ufficio; 25 novembre 1985, Gere mia, id.. Rep. 1987, voce Ordinamento giudiziario, n. 104, secondo cui ad integrare il collegio giudicante in tribunale può essere chiamato, al pari di un magistrato ordinario addetto ad un ufficio di pretura, anche il vice pretore onorario, essendo questi legittimato a sostituire

quel magistrato ordinario nell'espletamento di tutte le funzioni, con la

conseguenza che la costituzione del collegio con la partecipazione di un vicepretore onorario è pienamente valida.

Nel senso che l'attività svolta da avvocati nella qualità di vice pretori onorari, anche quali reggenti, non si inquadra, nonostante la sua conti

nuità, nel modello del rapporto di lavoro subordinato, atteso il caratte re onorario dell'incarico e la peculiarità della relativa disciplina, anche sotto il profilo del trattamento economico, di guisa che il detto profes sionista non ha diritto all'applicazione di istituti retributivi tipici di quel rapporto, non rilevando in contrario il combinato disposto delle 1. n. 217 del 1974 e n. 516 del 1977, in quanto il richiamo, per la determina zione del trattamento economico dei vice pretori onorari, allo stipendio dei magistrati è fatto solo per l'individuazione di un parametro e non

per assimilare il rapporto onorario a quello proprio degli stessi magi strati, v. Cass. 19 novembre 1993, n. 11413, id., Rep. 1993, voce cit., n. 142, mentre Cass. 23 novembre 1992, n. 12509, id., 1993, I, 421, con nota di richiami, ha ritenuto infondata, rientrando nel contenuto

(implicito) dell'art. 34 r.d. 12/41 anche l'utilizzazione permanente dei

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