sentenza 10 giugno 1994, n. 233 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 15 giugno 1994, n. 25);Pres. Casavola, Est. Santosuosso; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Bruno) c. RegioneTrentino-Alto Adige (Avv. Falcon)Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 3 (MARZO 1995), pp. 759/760-765/766Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23189090 .
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PARTE PRIMA
mità costituzionale dell'art. 2, 3° comma, 1. 23 aprile 1981 n.
154 (norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circo
scrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al servi
zio sanitario nazionale), nella parte in cui non prevede che la
causa di ineleggibilità a consigliere provinciale del dipendente
provinciale cessi anche con il collocamento in aspettativa ai sen
si del 2° comma dello stesso art. 2;
visto l'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87; dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, 3° comma, 1. 23 aprile 1981 n. 154,
nella parte in cui non prevede che la causa di ineleggibilità a
consigliere comunale del dipendente comunale cessi anche con
il collocamento in aspettativa ai sensi del 2° comma dello stesso
art. 2.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 10 giugno 1994, n. 233
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 15 giugno 1994, n. 25); Pres. Casavola, Est. Santosuosso; Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Bruno) c. Regione Trentino-Alto Adige (Aw.
Falcon).
Trentino-Alto Adige — Elezioni regionali e provinciali — Pro
vincia di Trento — Popolazioni ladine — Rappresentanza —
Incostituzionalità (Statuto speciale Trentino-Alto Adige, art.
62, 102).
È illegittima, per violazione degli art. 62 e 102 statuto speciale Trentino-Alto Adige, la legge reg. Trentino-Alto Adige, riap
provata dal consiglio regionale il 24 settembre 1993, nella parte in cui, al fine di consentire la rappresentanza delle popolazio ni ladine della provincia di Trento, dispone che i candidati
i quali abbiano reso la dichiarazione di appartenenza al grup
po linguistico ladino sono inseriti in una graduatoria formata sulla base della rispettiva cifra individuale, ottenuta nelle se
zioni elettorali dei comuni del comprensorio della Valle di
Fassa, stabilendosi che, nel caso in cui nessuno di detti candi
dati risulti eletto, il più votato tra essi prende il posto del
candidato che, sulla base della graduatoria delle cifre indivi
duali, dovrebbe essere l'ultimo degli eletti. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 dicembre 1993, n.
438 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 22 dicembre 1993, n. 52); Pres. Casavola, Est. Ferri; Provincia di Bolzano (Aw.
Panunzio, Riz) c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato
Zagari).
(1-2) In ordine alla tutela della minoranza ladina, v. Corte cost. 20
luglio 1990, n. 343, Foro it., 1991, I, 725, con nota di richiami. Sulle operazioni censitane per i cittadini residenti nella provincia di
Bolzano, relativamente alla dichiarazione di appartenenza al gruppo lin
guistico, v. Cons. Stato, sez. IV, 7 agosto 1987, n. 497, id., 1988, III, 72, con nota di richiami e osservazioni di P. Carrozza.
Sul conflitto avente ad oggetto la convenzione Rai relativa ai pro grammi di lingua tedesca e ladina nella provincia di Bolzano, v. Corte cost. 15 luglio 1985, n. 206, id., 1985, I, 2479, con nota di richiami e osservazioni di Pizzorusso.
Nella sent. 438/93 riecheggiano espressioni note e più volte ascoltate nelle motivazioni delle pronunce costituzionali, ma che vengono in que sto caso adoperate in modo non del tutto «tradizionale». La decisione
sembrerebbe, a prima vista, da annoverarsi nella categoria di decisioni, ampiamente utilizzata dalla Corte costituzionale, attraverso le quali es sa ritiene che la questione non rientri tra i suoi poteri, investendo scelte discrezionali riservate al parlamento. La corte esclude che vi sia una soluzione «a rime obbligate», trovandosi al contrario di fronte ad una
pluralità di soluzioni.
li Foro Italiano — 1995.
Elezioni — Camera dei deputati — Trentino-Alto Adige — Mi
noranze linguistiche — Rappresentanza — Scelte riservate al
legislatore — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 6, 10, 18, 48, 49; statuto speciale Trentino-Alto Adige, art. 2; 1. 4 agosto 1993 n. 277, norme per l'elezione della
camera dei deputati, art. 1, 5).
È inammissibile, non potendosi la corte sostituire in una scelta
riservata al legislatore, la questione di legittimità costituzio
nale degli art. 1 e 5 l. 4 agosto 1993 n. 277, nella parte in
cui, prevedendo che l'attribuzione dei seggi assegnati con me
todo proporzionale sia effettuata a livello nazionale e solo
tra i partiti che hanno ottenuto almeno il quattro per cento
dei voti a livello nazionale, esclude la possibilità di partecipa re con successo a tale ripartizione da parte delle liste che rap
presentano minoranze linguistiche riconosciute (nella specie,
quella tedesca e quella ladina), in riferimento agli art. 3, 6,
10, 18, 48 e 49 Cost, e all'art. 2 statuto speciale Trentino
Alto Adige. (2)
I
Diritto. — 1. - Il presidente del consiglio dei ministri ha pro
posto ricorso, in riferimento agli art. 62 e 102 dello statuto del
Trentino-Alto Adige (d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670), della deli
bera legislativa riapprovata dal consiglio regionale del Trentino
Alto Adige in data 24 settembre 1993, contenente «modifiche
ed integrazioni al t.u. delle leggi regionali per l'elezione del con
siglio regionale, approvato con decreto del presidente della giunta
regionale 29 gennaio 1987 n. 2/L, al fine di consentire la rap
presentanza delle popolazioni ladine della provincia di Trento
nel consiglio regionale e provinciale». Per conseguire questo fi
ne, il sistema che la legge impugnata intende introdurre preve
de, tra l'altro, che il candidato con la più alta cifra individuale
di preferenze ottenute nel comprensorio ladino della Val di Fas
sa «prende il posto del candidato che, sulla base della graduato ria delle cifre individuali, dovrebbe essere l'ultimo degli eletti
della lista».
2. - Benché la regione non abbia eccepito l'inammissibilità
del ricorso, tale aspetto va comunque esaminato da questa cor
te sotto un triplice profilo:
a) Deve anzitutto valutarsi se il ricorso sia stato proposto sulla base di una previa e valida delibera del consiglio dei mini
stri, adottata ai sensi dell'art. 31 1. 11 marzo 1953 n. 87, non
ché dell'art. 2, lett. d), 1. 23 agosto 1988 n. 400. Si osserva
in proposito che non sono sufficienti, ai fini della proposizione del ricorso alla Corte costituzionale, quelle delibere generiche del consiglio dei ministri che, pur contenendo i necessari e ade
guati riferimenti alla normativa impugnata, omettano tuttavia
di indicare — sia pure concisamente — i motivi posti dal gover no a base, prima, del rinvio al consiglio regionale e, successiva
mente, del ricorso a questa corte.
Ed invero, se non si richiede che le delibere di rinvio o di
autorizzazione al ricorso in via principale siano rigorosamente
complete e dettagliate, esse non possono d'altra parte essere
carenti sia dell'oggetto che dei parametri di riferimento, ma de
vono contenere elementi tali da consentire all'avvocatura dello
Stato e poi alla Corte costituzionale di comprendere la portata della volontà del consiglio dei ministri, deducendo eventualmente
A ben vedere si tratta di un'ipotesi almeno in parte diversa da quelle per le quali tali espressioni più volte sono ricorse nella giurisprudenza costituzionale e giustamente Bartole ha parlato in proposito di un caso di «inquietante inammissibilità» (in Giur. costit., 1994, 424 ss.). Il ri
corso della provincia di Bolzano — e la competenza riconosciuta alla corte per il giudizio sulle leggi — non imponeva alla Corte costituziona le di scegliere tra le varie soluzioni possibili, esaminate in parlamento, ma solo di decidere se le disposizioni impugnate portavano attentato
alla rappresentanza elettorale delle minoranze linguistiche. Pare, come
pure rileva Bartole, che la corte abbia applicato lo stesso criterio impie gato ultimamente nel giudicare sulla ammissibilità delle richieste di re ferendum abrogativo in materia elettorale (cfr. Corte cost. 12 gen naio 1995, n. 5, Foro it., 1995, I, 441), quello cioè secondo cui non sono ammissibili richieste referendarie aventi ad oggetto leggi costitu zionalmente necessarie, la cui abrogazione, senza procedere contempo raneamente alla loro sostituzione, potrebbe comportare un blocco, a
tempo potenzialmente indefinito, delle operazioni elettorali. [R. Romboli]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
la questione di costituzionalità dalla puntuale indicazione, oltre
che della normativa impugnata, dei parametri costituzionali vio
lati, oppure precisando o desumendo detti parametri dalla chia
ra determinazione della questione che si intende sollevare, o an
cora integrando tale motivazione con quella contenuta nel pre cedente provvedimento di rinvio al consiglio regionale.
Questi criteri appaiono rispettati nel presente giudizio, dal mo
mento che la delibera adottata dal consiglio dei ministri in data
7 ottobre 1993 — integrata dalla precedente delibera di rinvio
al consiglio regionale — oltre a contenere precisi riferimenti al
la normativa impugnata ed ai parametri costituzionali, indica
concisamente la ragione per cui detto provvedimento regionale era ritenuto in contrasto con gli art. 62 e 102 dello statuto di
autonomia.
b) In via pregiudiziale occorre valutare inoltre (come sottoli
neato in particolare dalla sentenza n. 726 del 1988 di questa
corte, Foro it., 1989, I, 1669) la corrispondenza, perlomeno in
termini sostanziali, tra i motivi del provvedimento di rinvio del
la legge al consiglio regionale e i motivi di ricorso alla Corte
costituzionale. Ciò risulta rispettato nel caso di specie, poiché il sintetico ricorso della presidenza del consiglio segue quasi te
stualmente la linea dei motivi posti a base del rinvio della legge
regionale.
c) Per quanto infine riguarda l'adeguata specificità dei motivi
del ricorso, l'orientamento generale che emerge dalle pronunce di questa corte (in particolare, sentenze n: 369 del 1990, id.,
1991, I, 2294; 484 del 1991, id., 1992, I, 2632; 392 del 1992, id., 1993, I, 1050) è nel senso di non formalizzare eccessiva
mente il requisito della chiarezza delle censure mosse alle dispo sizioni impugnate, purché sia sufficientemente determinabile l'og
getto della controversia, in modo da porre la corte in condizio
ni di individuare, ancorché attraverso una certa elasticità della
motivazione a sostegno del ricorso, il thema del contendere ed
i parametri posti a base delle sollevate questioni di costituzio
nalità.
In realtà, i motivi che fondano il presente ricorso, per quanto non immuni da qualche lacuna o inesattezza e formulati in mo
do sintetico — presupponendo essi il richiamo ad altre disposi zioni non espressamente evidenziate — sono tuttavia sufficien
temente individuabili in un duplice ordine di censure: a) da una
parte si fonda l'eccepita illegittimità costituzionale nel contenu
to eccezionale, se non anche tassativo, degli art. 62 e 102 dello
statuto, relativi all'ambito di tutela delle minoranze linguistiche della regione, con particolare riferimento alla rappresentanza del gruppo ladino nel consiglio provinciale di Trento; b) dall'al
tra, si denunzia l'illegittimità costituzionale del tipo di norma
zione prescelto (legge regionale) per conseguire il risultato di
derogare, modificare o quanto meno sviluppare quell'ambito di tutela.
Questi due motivi pertanto, cosi sostanzialmente individuati,
presentano una chiarezza sufficiente per far ritenere ammissibi
le il ricorso.
3. - Prima di passare ad esaminare il problema specifico sul
quale si appunta la presente questione, occorre premettere, ai
fini di una sua migliore comprensione, un breve cenno sulla
realtà storico-sociale cui si riferisce la normativa oggetto del
ricorso.
La minoranza linguistica che la proposta di legge in esame
mira a garantire fa parte della comunità ladino-dolomitica (com
prendente le popolazioni che abitano le valli che si dipartono dal massiccio del Sella), a sua volta componente della più am
pia entità della c.d. Grande Ladinia, che comprende altresì i
reto-romanci residenti nelle valli dei Grigioni in Svizzera ed i
friuliani della omonima regione italiana.
L'origine di tale entità suol farsi risalire all'epoca in cui le
legioni romane assoggettarono le zone nordiche sino al Danu
bio, dando luogo al processo di romanizzazione delle popola zioni residenti nell'arco alpino, mentre il momento storico in
cui risulta esistente una realtà «ladina» concepita come tale vie
ne rinvenuto nella costituzione del vescovado di Bressanone, nel
l'anno 1027.
Attualmente la comunità ladino-dolomitica è frazionata, sul
piano amministrativo, in tre parti: una, residente nelle valli Gar
dena e Badia, fa capo alla provincia di Bolzano; l'altra, stan
ziata nelle valli di Livinallongo ed Ampezzo, fa capo alla regio ne Veneto (ed alla provincia di Belluno); la terza, infine, resi
dente nella Valle di Fassa, rientra nel territorio amministrativo
della provincia di Trento.
Il Foro Italiano — 1995.
Questa separazione amministrativa, perseguita in un certo pe riodo con probabili intenti assimilatori e successivamente man
tenuta nonostante reiterate richieste contrarie, ha forse compor tato una riduzione del senso di appartenenza di tali popolazioni ad una medesima comunità (con riflessi sull'aspetto linguistico
culturale), non riuscendo tuttavia a far venir meno i motivi di
collegamento tra i suoi vari segmenti, che aspirano ad un recu
pero e ad un riconoscimento della loro dimensione comune.
4. - In ordine al nucleo centrale del problema giuridico costi
tuzionale del presente giudizio, va ricordato ancora come sol
tanto il segmento del gruppo linguistico ladino che risiede nella
provincia di Bolzano ha ottenuto, in sede di approvazione dello
statuto regionale, una ulteriore particolare tutela, stabilendosi
(art. 62) che in seno al consiglio di quella provincia deve essere
in ogni caso garantita la rappresentanza di detto gruppo lingui
stico; e poiché i consiglieri delle province di Trento e Bolzano
sono gli stessi che compongono il consiglio regionale (art. 84
dello statuto), il consigliere di lingua ladina finisce per rappre sentare di fatto in quest'ultimo consiglio la minoranza ladina
residente nella regione. Non è questa la sede per analizzare la citata norma, né ipotiz
zare i motivi (numerici, di rapporti con altre minoranze, o di
altre ragioni socio-politiche) che hanno indotto il legislatore sta
tutario a garantire la rappresentanza del gruppo unicamente per la provincia di Bolzano, sia pure con la conseguenziale inclusio
ne di un rappresentante ladino nel consiglio regionale. Certo è che per gli appartenenti alla minoranza ladina resi
denti nella provincia di Trento lo statuto prevede, in forma spe
cifica, solo le garanzie indicate nell'art. 102, e precisamente quelle di cui al 1° comma, relative a tutte le popolazioni ladine («valo rizzazione delle proprie iniziative ed attività culturali, di stam
pa, ricreative, nonché al rispetto della toponomastica e delle
tradizioni delle popolazioni stesse»), e quelle, di cui al 2° com
ma, riguardanti più in particolare le popolazioni ladine residen
ti nella provincia di Trento («nelle scuole dei comuni della pro vincia di Trento ove è parlato il ladino è garantito l'insegna mento della lingua e della cultura ladina»).
5. - Va tuttavia segnalato come, successivamente alla revisio
ne dello statuto operata nel 1971, è andata via via crescendo
l'attenzione ad una maggiore tutela del segmento del gruppo ladino residente in detta provincia, sia per quanto riguarda gli
aspetti più propriamente linguistico-culturali, sia per ciò che at
tiene specificatamente l'esigenza di una rappresentanza all'in
terno degli organi politico-amministrativi. Per il primo aspetto, va segnalata anzitutto l'istituzione (me
diante la 1. prov. 16 giugno 1977 n. 16) di un apposito com
prensorio della Valle di Fassa, il cui statuto prevede tra le pro
prie finalità «lo sviluppo e l'attuazione della civiltà ladina»; in
secondo luogo, l'istituzione, sempre con legge provinciale (14
agosto 1975 n. 29) dell'Istituto culturale ladino, avente come
scopo la conservazione, la difesa e la valorizzazione della cultu
ra, tradizione e parlata della civiltà ladina nel Trentino. Accan
to alla normativa provinciale, va segnalata l'evoluzione della
normativa di attuazione dello statuto speciale, di cui sono espres sione — in particolare — l'art. 14 d.p.r. 15 luglio 1988 n. 405, con cui viene disciplinato l'insegnamento della lingua e della
cultura ladina nelle scuole elementari e secondarie dei comuni
della provincia di Trento ove è parlato il ladino; e il recente
d.leg. 16 dicembre 1993 n. 592, che riconosce il diritto delle
popolazioni ladine della provincia di Trento ad usare la propria
lingua, oltre a prevedere altre misure relative alle scuole ed agli uffici pubblici situati nella Valle di Fassa.
Per quanto riguarda il secondo versante, quello che qui più da vicino interessa, va rilevato come, fin dalla VII legislatura, sia stata presentata una proposta di legge (di natura costituzio
nale) tendente a modificare lo statuto al fine di garantire anche
al segmento della comunità ladino-dolomitica residente nella pro vincia di Trento una rappresentanza in seno al consiglio provin ciale. Tale proposta non è giunta ad approvazione, né lo sono
state le analoghe proposte ripresentate ad ogni legislatura (da
ultimo, il disegno di legge costituzionale n. 539 presentato al
senato della repubblica il 5 agosto 1992). 6. - La legge regionale in questa sede impugnata, «al fine
di consentire la rappresentanza delle popolazioni ladine della
provincia di Trento», dispone che i candidati i quali abbiano
reso la dichiarazione di appartenenza al gruppo linguistico ladi
no sono inseriti in una graduatoria formata sulla base della ri
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PARTE PRIMA
spettiva cifra individuale, ottenuta nelle sezioni elettorali dei co
muni del comprensorio della Valle di Fassa, stabilendosi che, nel caso in cui nessuno di detti candidati risulti eletto, il più votato tra essi «prende il posto del candidato che, sulla base
della graduatoria delle cifre individuali, dovrebbe essere l'ulti
mo degli eletti».
Questo sistema normativo è stato fatto oggetto del presente ricorso dal presidente del consiglio dei ministri per incostituzio
nalità sotto i due profili sopra individuati, che sono sintetica
mente enunciabili nel senso che i limiti di tutela delle minoranze
linguistiche nella provincia di Trento — risultanti dalle citate
norme statutarie — non potevano essere superati con una ordi
naria legge regionale. 7. - Il ricorso, nonostante qualche imprecisione, risulta
fondato.
Va premesso in generale che la regione Trentino-Alto Adige ha poteri legislativi in materia di elezioni regionali e provinciali (art. 25 dello statuto), ovviamente nel rispetto dei limiti statuta
ri e costituzionali. Inoltre l'art. 6 Cost, è stato interpretato dal
la più recente giurisprudenza di questa corte (sentenze n. 242
del 1989, id., 1989, I, 2065 e n. 289 del 1987, id., 1987, I, 2918) nel senso di individuare in esso un interesse (la tutela del
le minoranze etnico-linguistiche) da perseguire ad opera di una
potestà legislativa concorrente, dello Stato e delle regioni. Nel
l'ottica di tale disposizione costituzionale è stato pure afferma
to da questa corte che la tutela di dette minoranze può richiede
re la predisposizione di un trattamento specificamente differen
ziato (sentenza n. 86 del 1975, id., 1975, I, 1922), in forza del principio di «eguaglianza sostanziale» e della connessa esigenza di forme di tutela positiva.
È stato, in proposito, riconosciuto di recente (sentenza n. 438
del 1993, id., 1995, I, 759) che alle minoranze (nella specie, di lingua tedesca e ladina) è costituzionalmente garantito anche
il diritto di esprimere in condizioni di effettiva parità la propria rappresentanza politica. E, come si è sopra accennato, le popo lazioni ladine, di antichissima tradizione e portatrici di preziosi valori culturali, meritano indubbiamente ampio riconoscimento.
Va infine rilevata la tendenza, di cui è espressione la recente
1. cost. 23 novembre 1993 n. 2, ad estendere l'ambito di tutela
delle minoranze linguistiche anche oltre i gruppi minoritari fino
ad oggi considerati.
Ma è altrettanto evidente che tale tutela non può superare certi limiti, dovuti ad una serie di diverse considerazioni (anche di proporzionalità numerica) e soprattutto al necessario con
temperamento di questa esigenza con altri valori parimenti me
ritevoli di tutela.
8. - Nel quadro del predetto bilanciamento di valori costitu
zionalmente rilevanti si colloca il combinato disposto degli art.
62 e 102 dello statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige. In particolare, solo a questo livello di normazione è stato
ritenuto, non sul piano astratto dei principi, ma comparando concretamente le diverse circostanze, che il valore della rappre sentanza del gruppo linguistico ladino nel consiglio provinciale di Bolzano (e quindi anche in quello regionale) dovesse essere
garantito, in ipotesi a scapito di candidati che avessero ottenuto
un maggior numero di voti, e quindi derogando ad altri valori
costituzionali, quali l'eguaglianza del voto (art. 3 e 48 Cost,
e art. 25 dello statuto), Quest'ultimo principio fondamentale
si traduce — com'è noto — nel riconoscimento della pari effi
cacia di ciascun voto nella formazione degli organi elettivi (sen tenze nn. 60 del 1963, id., 1963, I, 1295 e 43 del 1961, id., 1961, I, 1397 di questa corte).
Ora, se il menzionato art. 62, con la sua forza di fonte costi
tuzionale, ha potuto introdurre nell'ordinamento la tutela di un
particolare valore (della obbligatoria rappresentanza della mi
noranza linguistica ladina nel consiglio provinciale di Bolzano) con eccezionale prevalenza sul predetto principio generale, non
appare consentito che la stessa operazione di bilanciamento possa essere compiuta anche da parte del legislatore regionale con l'in
troduzione di una ulteriore deroga. Né può sostenersi che una siffatta legge regionale, nell'esten
dere la stessa norma di prevalenza della tutela delle minoranze ad altri frammenti di gruppi linguistici, sia legittima in forza
della vis expansiva di un principio, già riconosciuto per un caso
simile, ancorché questo sviluppo non goda di pari copertura costituzionale. Ed invero, la possibilità di deroga a norme costi
tuzionali non può realizzarsi se non mediante norme della stes
sa natura.
Il Foro Italiano — 1995.
Inoltre, dal momento che queste norme — sia che si ritenga no modificative delle norme statutarie, sia che si qualifichino meramente additive — non perdono in ogni caso la loro natura
derogatoria dei menzionati valori costituzionali generali, ne de
riva che, anche in forza del noto criterio di stretta interpretazio ne delle norme eccezionali, non si possa legittimamente svilup
pare il contenuto di una disposizione (derogatoria) di natura
costituzionale mediante altre norme di diversa forza.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale della delibera legislativa della regione Trentino-Alto Adige, riapprovata il 24 settembre 1993, recante
«modifiche ed integrazioni al t.u. delle leggi regionali per l'ele
zione del consiglio regionale, approvato con d. pres. giunta reg. 29 gennaio 1987 n. 2/L, al fine di consentire la rappresentanza delle popolazioni ladine della provincia di Trento nel consiglio
regionale e provinciale».
II
Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale sol
levata dalla provincia autonoma di Bolzano mediante ricorso
in via principale investe gli art. 1 e 5 1. 4 agosto 1993 n. 277 — recante «norme per l'elezione della camera dei deputati» —
per contrasto con gli art. 3, 6, 10, 18, 48 e 49 Cost., nonché
con l'art. 2 dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto
Adige. La provincia ricorrente è legittimata a proporre direttamente
la questione, in forza dell'art. 98, 1° comma, del citato statuto
speciale, secondo il quale: «Le leggi e gli atti aventi valore di
legge della repubblica possono essere impugnati dal presidente della giunta regionale o da quello della giunta provinciale... per violazione del presente statuto o del principio di tutela delle
minoranze linguistiche tedesca e ladina». Pertanto, è essenzial
mente in relazione all'art. 2 dello statuto e al principio di tutela
delle minoranze linguistiche tedesca e ladina che la questione stessa deve essere esaminata e valutata.
2.- La recente 1. n. 277 del 4 agosto 1993 ha radicalmente
modificato il sistema elettorale previgente, fondato sullo scruti
nio di lista con l'attribuzione proporzionale dei seggi: sistema
già applicato nel 1919 e nel 1921, reintrodotto nel 1946 per le
elezioni dell'assemblea costituente e mantenuto senza sostanzia
li modifiche fino alle innovazioni legislative adottate dal parla mento nel corso del corrente anno. Con la legge citata il legisla tore ha praticamente esteso all'elezione della camera dei depu tati il sistema messo a punto per il senato dalla 1. 4 agosto 1993 n. 276, con la quale è stata data attuazione in sede legisla tiva alla radicale riforma scelta direttamente dal corpo elettora
le attraverso il referendum abrogativo di alcune parti della leg
ge elettorale del senato.
Le caratteristiche del nuovo sistema elettorale possono cosi
riassumersi: il territorio nazionale è diviso in circoscrizioni elet
torali corrispondenti alle regioni, salvo le regioni maggiori per le quali le circoscrizioni sono più di una; ad ogni circoscrizione
è attribuito un numero di seggi, naturalmente in rapporto alla
popolazione: di questi il settantacinque per cento viene attribui
to ai candidati che ottengano la maggioranza, anche soltanto
relativa, in altrettanti collegi uninominali nei quali ogni circo
scrizione è suddivisa; il restante venticinque per cento è attri
buito, mediante riparto in ragione proporzionale, tra liste pre sentate in sede circoscrizionale: il riparto viene effettuato in se
de nazionale sommandosi i voti delle liste aventi il medesimo
contrassegno, ma ne sono escluse quelle liste che non abbiano
conseguito a livello nazionale almeno il quattro per cento dei
voti validi espressi. La ricorrente contesta precisamente quest'ul tima disposizione, sotto l'aspetto congiunto della ripartizione da effettuarsi in sede nazionale, anziché circoscrizionale, e del
quorum minimo del quattro per cento richiesto per concorrere
al riparto. Verrebbero in tal modo vulnerati i diritti della mino
ranza di lingua tedesca e ladina e il principio della parità di
diritti per i cittadini nella regione, qualunque sia il gruppo lin
guistico di appartenenza, sancito dal già menzionato art. 2 del lo statuto speciale.
3. - Cosi precisata nei suoi aspetti esenziali la questione, la
corte deve innanzi tutto affrontare il problema della estensione
della garanzia di tutela e di parità assicurata alle minoranze
di lingua tedesca e ladina dallo statuto speciale, garanzia cui
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
si collegano direttamente, o, per cosi dire, sullo sfondo i para metri costituzionali invocati.
Secondo l'avvocatura dello Stato, la suddetta garanzia sareb
be limitata all'ambito dell'autonomia regionale: non potrebbe
quindi minimamente estendersi a norme attinenti alla formazio
ne di organi nazionali ed in particolare al sistema di elezione della massima istituzione costituzionale, espressione diretta del
la sovranità popolare, qual è il parlamento. Inoltre, il muta
mento del sistema elettorale sarebbe stato provocato da esigen ze di interesse nazionale sulla scorta di una precisa indicazione
referendaria. In ordine a quest'ultima affermazione è sufficien
te richiamare, per dimostrarne l'infondatezza — come esatta
mente rileva la provincia ricorrente —, che la tutela delle mino
ranze linguistiche locali è espressamente compresa fra gli inte
ressi nazionali dall'art. 4 dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige, e del resto questa corte ha ricordato trat
tarsi «di un principio costituzionale che, affermato in via gene rale dall'art. 6 Cost., ha nello statuto speciale per il Trentino
Alto Adige, un significato particolarmente pregnante» (cfr. sent,
n. 242 del 1989, Foro it., 1989, I, 2065). Tale principio, poi, come meglio si vedrà in seguito, non può non estendere la pro
pria efficacia anche nei confronti del diritto all'elezione della
rappresentanza politica. 4. - Lo speciale regime che ne deriva è ulteriormente raffor
zato dal fatto che esso costituisce l'esecuzione di un accordo
internazionale, intervenuto fra il governo italiano ed il governo austriaco il 5 settembre 1946 (comunemente noto come l'accor
do De Gasperi-Gruber), richiamato a sua volta dal trattato di
pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947. Vero è che a tale
accordo è stata data esecuzione con legge ordinaria (è inconfe rente pertanto il riferimento all'art. 10 Cost, che riguarda sol
tanto le norme di diritto internazionale di carattere consuetudi
nario); ma esso costituisce pur sempre la migliore chiave inter
pretativa per comprendere la specialità dell'ordinamento
autonomistico realizzato nel Trentino-Alto Adige (sentenza n.
242 del 1989, già citata). Non si può quindi pienamente apprezzare la portata e il ca
rattere di queste particolari garanzie se non si tengono nel con
to dovuto i ben noti precedenti storici ed i problemi nazionali, etnici e culturali che sono a monte dell'accordo e della sua com
plessa e travagliata attuazione.
Il ricordato accordo De Gasperi-Gruber trovò immediata at
tuazione nello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adi
ge (articolata nelle due province autonome) approvato dalla co
stituente il 26 febbraio 1948.
Negli anni che seguirono, le nuove controversie insorte hanno
trovato composizione nell'accordo sul cosiddetto «pacchetto» di misure di revisione statutaria, sanzionate dalle modifiche allo
statuto speciale approvate con 1. cost. 10 novembre 1971 n. 1; esse sono caratterizzate dal trasferimento di poteri e funzioni
già della regione alle province autonome e da maggiori garanzie
per la minoranza (v., ad es., l'art. 98 sopra citato). Sono poi state adottate le previste norme di attuazione, e infine nel 1992
lo scambio di note italo-austriaco ha dato atto del pieno soddi
sfacimento degli impegni assunti dall'Italia.
5. - Per quanto ora più direttamente interessa, la questione cioè della rappresentanza politica, va ricordata la 1. 30 dicem
bre 1991 n. 422 con la quale sono state modificate le circoscri
zioni territoriali dei collegi della regione Trentino-Alto Adige
per l'elezione del senato, in attuazione — secondo l'intitolazio ne della legge stessa — della misura 111 (del cosiddetto pacchet
to) a favore della popolazione alto-atesina. Tale sistemazione
dei collegi è stata salvaguardata, in deroga alla normativa gene
rale, dall'art. 1 della nuova legge elettorale per il senato, n.
276 del 4 agosto 1993. Anche nella nuova legge elettorale per la camera, all'art. 7, 1° comma, lett. a), è prevista una deroga ai principi e ai criteri generali, fissati per la delimitazione dei
collegi, nelle zone in cui siano presenti minoranze linguistiche riconosciute.
Ma, al di là dei richiami testuali, va aggiunto che giova all'in
teresse nazionale, cui è riferita la tutela delle minoranze lingui
stiche, ed al principio stesso dell'unità nazionale — la quale dalle autonomie speciali non viene inficiata, bensì rafforzata
ed esaltata — che la minoranza possa esprimere la propria rap
presentanza politica in condizioni di effettiva parità. Siffatte
condizioni si sono realizzate dal 1948 ad oggi, ed infatti la mi
noranza di lingua tedesca ha potuto eleggere i propri deputati e senatori, né ha avanzato alcuna particolare richiesta, se si eo
li Foro Italiano — 1995.
cettua quella relativa alle circoscrizioni territoriali dei collegi per l'elezione del senato, risolta — come si è detto — dalla 1. n.
422 del 1991 attuativa della misura n. Ili del «pacchetto». 6. - Tornando dunque alla questione sottoposta al giudizio
della corte, una volta riconosciuto che alla minoranza di lingua tedesca e ladina è costituzionalmente garantito il diritto di espri mere in condizioni di effettiva parità la propria rappresentanza
politica, si dovrebbe ora verificare se tale diritto sia compro messo dalla nuova legge elettorale oggetto di impugnazione.
La stessa provincia ricorrente ammette che, per quanto ri
guarda i deputati da eleggere nei collegi uninominali col meto
do maggioritario, in numero di otto per la circoscrizione
Trentino-Alto Adige, «non sorgono questioni», dato che i quat tro collegi del Trentino e i quattro dell'Alto Adige sono costi
tuiti cosi da corrispondere «alla realtà etnica locale».
Contrasterebbe invece con il principio di parità e di tutela
della minoranza la normativa prevista per l'elezione a scrutinio
di lista dei due seggi residui attribuiti alla regione; ciò a causa
dell'assegnazione da effettuarsi in sede nazionale con la condi
zione del raggiungimento del quorum non inferiore al quattro
per cento. Afferma la ricorrente che, ove la minoranza voglia
esprimere la propria rappresentanza (come fino ad oggi è avve
nuto), attraverso candidati e lista che si caratterizzino proprio sul connotato etnico linguistico culturale, si vedrebbe preclusa
qualsiasi possibilità, anche in astratto, di concorrere all'asse
gnazione dei due seggi suddetti, data la consistenza numerica
dell'elettorato di lingua tedesca e l'evidente impossibilità di pre sentare liste analoghe in altre circoscrizioni. Verrebbe cosi vio
lato il diritto degli elettori appartenenti alla minoranza, diritto
che, secondo la formulazione dell'art. 4 del testo unico delle
leggi per l'elezione della camera dei deputati n. 361 del 1957, come sostituito dall'art. 1, lett. e), 1. n. 277 del 1993, si estrin
seca nella disponibilità di due voti, uno per l'elezione del candi
dato nel collegio uninominale, uno per la scelta della lista ai
fini dell'attribuzione dei seggi in ragione proporzionale; dall'al
tra parte la presentazione della lista nella circoscrizione è resa
obbligatoria dalla legge, in quanto essa prevede (art. 18 t.u.
n. 361 del '57, sostituito dall'art. 2 lett. c), 1. n. 277 del '93)
per i singoli candidati nei collegi uninominali il collegamento a liste «cui gli stessi aderiscono con l'accettazione della candi
datura».
7. - A questo punto, prima di procedere oltre nell'esame, il
collegio deve prioritariamente porsi il problema delle conseguenze che discenderebbero da un ipotetico riconoscimento della fon
datezza della questione. Le soluzioni possibili per ovviare ai pre sunti vizi delle norme impugnate sarebbero invero diverse, co
me risulta innanzi tutto dai lavori preparatori della legge. Furo
no infatti presentati in parlamento, sia alla camera che al senato, emendamenti alternativi tendenti a risolvere il problema posto dalla minoranza di lingua tedesca (o di altre minoranze). In
buona sostanza si chiedeva che l'attribuzione dei seggi assegnati alle liste col metodo proporzionale avvenisse per il Trentino
Alto Adige, (e per il Friuli-Venezia Giulia) in sede circoscrizio nale anziché in sede nazionale. Ma venne anche formulato un
altro emendamento tendente ad escludere dalla clausola di sbar
ramento le «liste di candidati che rappresentino minoranze lin
guistiche riconosciute».
Queste due diverse soluzioni prospettate e respinte in sede
parlamentare — cui la stessa provincia autonoma fa riferimento
nel ricorso — non esauriscono comunque la gamma dei mecca
nismi correttivi in astratto configurabili. 8. - Non essendovi, pertanto, di fronte ad una ipotetica ille
gittimità costituzionale, una soluzione obbligata, ma una plura lità di soluzioni, questa corte non potrebbe in alcun modo, se
condo la propria costante giurisprudenza (cfr., ad esempio, sent,
nn. 194 del 1984, id., 1984, I, 2417; 109 del 1986, id., 1986, I, 1761; 1107 del 1988, id., Rep. 1989, voce Corte costituziona
le, n. 78; 205 del 1992, id., 1992, I, 2608), sostituirsi al legisla tore in una scelta a lui riservata. Va dunque dichiarata l'inam
missibilità della questione. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissi
bile la questione di legittimità costituzionale degli art. 2 e 5
1. 4 agosto 1993 n. 277 (norme per l'elezione della camera dei
deputati), sollevata, in riferimento agli art. 3, 6, 10, 18 e 49
Cost, e all'art. 2 dello statuto speciale per la regione Trentino
Alto Adige, dalla provincia autonoma di Bolzano con il ricorso
in epigrafe.
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