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sentenza 10 novembre 1999, n. 427 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 17 novembre 1999, n.46); Pres. Granata, Est. Chieppa; Soc. Impresa costruzioni f.lli Azzolini c. Provincia autonoma diTrento; Soc. Bettiol c. Itea; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trga Trentino-Alto Adige, sede diTrento, 8 gennaio 1998 (due) (G.U., 1 a s.s., n. 13 del 1998)Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 3 (MARZO 2000), pp. 745/746-751/752Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194812 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
luogo — così come la notificazione ai sensi dell'art. 143 c.p.c. — ad una conoscenza legale e non necessariamente effettiva
dell'atto, senza tuttavia impedire il ricorso al procedimento per convalida di sfratto; b) con l'art. 24 Cost., perché viene inibito
al locatore, il quale incolpevolmente ignori il luogo di abitazio
ne od il recapito del conduttore, di avvalersi del suddetto proce
dimento; che è intervenuto in giudizio il presidente del consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello
Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o di
infondatezza della questione. Considerato che il presupposto interpretativo da cui muove
il giudice a quo, e cioè l'incompatibilità della notificazione del
l'intimazione ai sensi dell'art. 143 c.p.c. con il procedimento
per convalida di sfratto, è plausibilmente motivato alla stregua dei comuni canoni dell'interpretazione;
che, pertanto, non è fondata l'eccezione di inammissibilità
sollevata al riguardo dall'avvocatura generale dello Stato, e dun
que deve passarsi all'esame di merito;
che, nell'ambito del procedimento per convalida di licenza
o di sfratto — improntato ad un equo contemperamento delle
contrapposte ragioni dei soggetti del rapporto di locazione (v. sentenza n. 171 del 1974, Foro it., 1974, I, 1960) —, la decisiva
importanza della mancata comparizione dell'intimato all'udien
za o della sua mancata opposizione (v. sentenza n. 89 del 1972,
id., 1972, I, 1525), le quali comportano la convalida della licen
za o dello sfratto, impone al legislatore una particolare cautela
onde assicurare il maggior grado possibile di certezza sull'effet
tiva conoscenza, da parte del conduttore, del contenuto dell'in
timazione; che proprio in questa ottica il legislatore ha previsto la neces
sità dell'avviso di cui alla norma denunciata, così come previsto ha pure l'esclusione della notificazione dell'intimazione nel do
micilio eletto (art. 660, 1° comma, c.p.c.) e l'attribuzione al
giudice del potere di ordinare la rinnovazione della citazione
ove risulti od appaia probabile la mancata conoscenza di questa
(art. 663, 1° comma, c.p.c.); che l'esigenza di imputare gli effetti sfavorevoli della manca
ta comparizione o della mancata opposizione ad un comporta mento volontario ex informata conscientia dell'interessato, ha
ispirato il legislatore anche nell'inibire il ricorso ad altre diverse
procedure speciali: v., ad esempio, l'art. 460, 4° comma, c.p.p., dove è sancita l'incompatibilità tra procedimento per decreto
penale di condanna ed irreperibilità dell'imputato (sentenza n.
89 del 1972, cit.); che, dunque, non è ravvisabile l'asserita irragionevolezza del
la scelta legislativa — risultante dalla interpretazione come so
pra fatta dal giudice a quo — di inibire il ricorso al procedi mento per convalida di licenza o di sfratto (stante appunto l'im
possibilità di indirizzare l'avviso di cui alla denunciata norma) nel caso in cui la notificazione dell'intimazione sarebbe possibi le solo ai sensi dell'art. 143 c.p.c., cioè con modalità non ido
nee a realizzare una sufficiente probabilità di conoscenza effet
tiva dell'atto;
che, inoltre, la disomogeneità delle situazioni poste a raffron
to rende evidente l'insussistenza dell'asserita disparità di tratta
mento rispetto al locatore che abbia potuto notificare l'intima
zione ai sensi dell'art. 140 c.p.c.: caso, questo, in cui si realizza
una maggiore probabilità di conoscenza dell'atto, essendo solo
soggettiva l'irreperibilità dell'intimato e parimenti necessario (co me riconosciuto dal diritto vivente) l'ulteriore avviso previsto dalla norma denunciata;
che, infine, rientra nella discrezionalità del legislatore diffe
renziare, con riguardo alle particolarità del rapporto da tutela
re, i modi della tutela giurisdizionale; la quale è nella specie
comunque assicurata, potendo il locatore esperire l'ordinaria azio
ne contrattuale pur nell'ipotesi di oggettiva irreperibilità del con
duttore, per cui è anche da escludere la prospettata lesione del
l'art. 24; che pertanto la sollevata questione è manifestamente infondata.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del
l'art. 660, ultimo comma, c.p.c., sollevata, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., dal Pretore di Reggio Calabria, con l'ordinan
za indicata in epigrafe.
Il Foro Italiano — 2000.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 10 novembre 1999, n.
427 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 17 novembre 1999, n. 46); Pres. Granata, Est. Chieppa; Soc. Impresa costru
zioni f.lli Azzolini c. Provincia autonoma di Trento; Soc. Bet
tiol c. Itea; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Trga Trentino
Alto Adige, sede di Trento, 8 gennaio 1998 (due) (G.U., la
s.s., n. 13 del 1998).
Giustizia amministrativa — Opere pubbliche — Ricorso — Do
manda di tutela cautelare — Decisione in camera di consiglio del merito — Dimidiazione dei termini processuali — Que stioni infondate di costituzionalità nei sensi di cui in motiva
zione (Cost., art. 3, 24, 103, 113, 125; d.l. 25 marzo 1997
n. 67, disposizioni urgenti per favorire l'occupazione, art. 19; 1. 23 maggio 1997 n. 135, conversione in legge, con modifica
zioni, del d.l. 25 marzo 1997 n. 67, art. 1).
È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 19, 2° comma, d.l. 25 mar
zo 1997 n. 67, convertito, con modificazioni, nella I. 23 mag
gio 1997 n. 135, in quanto consente al giudice amministrati
vo, adito anche con domanda di tutela cautelare, con ricorsi
in primo grado e in appello, concernenti provvedimenti rela
tivi a procedure di affidamento di incarichi di progettazione e attività tecnico-amministrative ad essa connesse, e provvedi menti di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere
pubbliche o di pubblica utilità, ivi comprese le procedure di
occupazione e di espropriazione delle aree ad esse destinate, di decidere immediatamente il merito delle questioni che sia
no già definibili, con sentenza adottata in camera di consi
glio, motivata in forma abbreviata, e il cui dispositivo deve
essere depositato entro sette giorni, in riferimento agli art.
3, 24, 103, 1° comma, 113 e 125, 2° comma, Cost. (1) È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di le
gittimità costituzionale dell'art. 19, 3° comma, d.l. 25 marzo 1997 n. 67, convertito, con modificazioni, nella I. 23 maggio 1997 n. 135, in quanto, nei giudizi concernenti provvedimenti relativi a procedure di affidamento di incarichi di progettazio ne e attività tecnico-amministrative ad essa connesse, e prov vedimenti di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere
pubbliche o di pubblica utilità, ivi comprese le procedure di
occupazione e di espropriazione delle aree ad esse destinate,
dispone la dimidiazione dei termini processuali, a cominciare
da quello di proposizione del ricorso, in riferimento agli art.
3, 24, 103, 1° comma, 113 e 125, 2° comma, Cost. (2)
(1-2) I. - La prima delle due ordinanze di rimessione alla Corte costi
tuzionale, è riportata, con data 11 febbraio 1998, 2, in Foro it., 1999, III, 87, con osservazioni di M. Occhiena; la seconda ordinanza è an notata da Caputo, in Foro amm., 1998, 806; ed ambedue le ordinanze sono annotate da Travi, in Urbanistica e appalti, 1998 , 945.
II. - La prima massima scrutina positivamente la costituzionalità del 2° comma dell'art. 19 d.l. 67/97 (nel testo risultante dall'art. 1 1. di conversione 135/97).
In particolare, esclude l'incostituzionalità della principale innovazio ne che tale comma dispone: la possibilità di adottare immediatamente una decisione nel merito, anche senza domanda di parte, attribuita ai Tar e al Consiglio di Stato, aditi nella materia delle opere pubbliche ivi definita, con un ricorso comprendente anche la domanda di tutela cautelare. Va sottolineata, tuttavia, la preoccupazione garantista che
esprime: là dove condiziona la praticabilità di questa scelta da parte del giudice amministrativo, alla «... sussistenza delle condizioni ordi narie per l'emissione di una sentenza che definisca il giudizio, come
l'integrità del contraddittorio, la completezza delle prove necessarie per la pronuncia che deve essere emessa, e gli adempimenti processuali pre visti anche per la tutela del diritto di difesa di tutte le parti».
Da questo punto di vista, la sentenza consente alla giurisprudenza amministrativa di seguitare ad utilizzare la disposizione scrutinata, pro
seguendo nel suo sviluppo: Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 1999, n. 664, e sez. IV 5 luglio 1999, n. 1164, in questo fascicolo, parte terza, con nota di richiami.
Il sindacato della Corte costituzionale sul 2° comma dell'art. 19 era
stato sollecitato anche sulla base del dubbio che il modulo processuale che esso delinea, avrebbe potuto vanificare la domanda di tutela caute
lare. Ma la sentenza ha potuto facilmente osservare che questa tutela
non è preclusa, se il giudice amministrativo non esercita la possibilità che la norma consente; e che, altrimenti, è resa superflua, dalla emis sione della pronuncia addirittura definitiva, circa negli stessi tempi ac celerati che le sono propri. Né rileva che tale giudice possa adottare direttamente questa pronuncia, anche in difetto di richiesta di parte:
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PARTE PRIMA
Diritto. — 1. - Le questioni sottoposte all'esame della corte
riguardano l'art. 19, 2° e 3° comma, d.l. 25 marzo 1997 n.
67 (disposizioni urgenti per favorire l'occupazione), convertito, con modifiche, in 1. 23 maggio 1997 n. 135, nella parte in cui
prevede che, nei giudizi amministrativi relativi ad opere pubbli che e materie connesse, il Tar, chiamato a pronunciarsi sulla
istanza di sospensione, può definire immediatamente il giudizio nel merito con motivazione in forma abbreviata (2° comma), nonché nella parte in cui prevede la dimidiazione dei termini
processuali, compreso quello decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale (3° comma). Viene denunciata la vio
lazione degli art. 3, 24, 103, 1° comma, 113 e 125, 2° comma,
Cost., per lesione del diritto di difesa e dell'effettività della tu
tela giurisdizionale, sotto i profili della soppressione della tutela
cautelare e della riduzione, oltre i limiti di ragionevolezza, dei
termini processuali. 2. - Preliminarmente, stante la parziale identità delle questio
ni e la connessione oggettiva, deve disporsi la riunione dei due
giudizi. 3. - Entrambe le questioni sono infondate nei sensi appresso
precisati. L'art. 19 è diretto ad accelerare lo svolgimento dei processi
amministrativi relativi alla materia delle opere pubbliche e alle
attività e procedimenti amministrativi connessi, contrassegnati dalla rilevanza degli interessi incisi e dal coinvolgimento di po sizioni individuali e collettive.
In altri termini con disposizione speciale, in relazione all'esi
genza di pronta esecuzione delle anzidette opere (tradizional
perché la domanda di una misura interinale nel processo amministrati vo si deve accompagnare sempre alla domanda di tutela nel merito; notoriamente, in questo processo non è (ancora?) ammessa la tutela cautelare ante causam.
III. - La seconda massima scrutina, anche qui positivamente, la costi tuzionalità del 3° comma del medesimo art. 19, che dispone nei giudizi amministrativi ai quali si applica, la dimidiazione di «Tutti i termini
processuali . . .». La Corte costituzionale, in particolare, esclude l'in costituzionalità della norma, anche se interpretata nel senso più estensi vo e controverso: nel senso, cioè, secondo il quale la riduzione alla metà si applica già allo stesso termine per la notificazione del ricorso; e richiama a sostegno di questa conclusione propri precedenti, che già avevano dichiarato non incongruo un termine di trenta giorni per la
proposizione del ricorso stesso: sent. 111/98, Foro it., 1998, I, 1725; 238/83, id., 1883, I, 2339; 56/79, id., 1979, I, 1936, tutte con note di richiami. La corte, così, fa salvo l'orientamento che è diventato pre valente nella giurisprudenza amministrativa chiamata ad applicare la
disposizione (v. i richiami nella citata nota a Cons. Stato, sez. V, 664/99, e sez. IV 1164/99, cit.).
Ma sarebbe riduttivo limitare solo a questo aspetto la portata della sentenza: perché essa, anche qui, si dà carico delle esigenze garantiste che possono essere compromesse dalle incidenze di questa dimidiazione
già del termine processuale iniziale, sulle ulteriori fasi e possibili inci denti del giudizio amministrativo (v., infra, in proposito, Cons. Stato, sez. V, 664/99, cit., che, in una certa situazione processuale, non attri buisce rilevanza al pregiudizio che da tale dimidiazione può derivare, per la proponibilità del regolamento di competenza; nonché la giuri sprudenza richiamata in nota).
La sentenza, anche a questo proposito, richiama i presupposti di cui
prima aveva già dichiarato necessaria la sussistenza, al fine della prati cabilità del passaggio immediato dalla fase cautelare al merito: integrità del contraddittorio, completezza dell'istruttoria, ecc. E, soprattutto per quel che riguarda questo ultimo aspetto, costituisce il giudice già in
primo grado, ma, eventualmente, e in ultima istanza, in appello, come
garante dell'equilibrio tra le esigenze difensive, e quelle, pubblicistiche, che hanno indotto il legislatore a disporre misure di accelerazione dei
giudizi amministrativi concernenti una data materia. IV. - Si può prevedere che questa sentenza eserciterà una grande in
fluenza, non solo sulla giurisprudenza, ma anche sulla legislazione: cor roborando la forza espansiva del modulo processuale delineato dall'art. 19 d.l. 67/97 (e dalla legge di conversione 135/97).
La corte ha ricordato che esso è già stato applicato ad un'altra ipote si: quella dei ricorsi contro i provvedimenti dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni (1. 31 luglio 1997 n. 249, art. 1, 27° comma). Ma
soprattutto, nel testo delle disposizioni in materia di giustizia ammini strativa licenziato dal senato il 22 aprile 1999 (e attualmente all'esame della camera), la possibilità che il giudice amministrativo decida l'im mediato passaggio al merito, è considerata normale quando il ricorren te chieda la tutela cautelare (art. 3). E la dimidiazione dei termini pro cessuali è disposta anche per i giudizi in numerose altre materie (art. 4, che, però, ne esclude l'applicazione al termine per la proposizione del ricorso). [A. Romano]
li Foro Italiano — 2000.
mente incrementatrici di occupazione), si dettano particolari nor
me sul processo amministrativo, che incidono, per circoscritte
materie, solo su particolari istituti processuali, presupponendo immutati tutti gli altri poteri e facoltà processuali del giudice e delle parti non toccati dall'innovazione procedurale.
In realtà sono individuati alcuni profili processuali, ritenuti
dal legislatore — con una valutazione non palesemente arbitra
ria o irragionevole — idonei ad accelerare i processi ammini
strativi, relativi alle indicate materie, spesso contrassegnati, in
passato, da una eccessiva durata di fatto degli effetti dei prov vedimenti cautelari, laddove il processo poteva essere tempesti vamente definito con sentenza.
L'art. 19 prevede la tipizzazione di un nuovo modello di sen
tenza (definitiva del giudizio) in forma abbreviata sia per la
motivazione, sia per i termini di deposito e pubblicazione del
dispositivo (sette giorni), sia perché emessa in sede di trattazio
ne in camera di consiglio della domanda di sospensione del prov vedimento impugnato (davanti al Tar) o della sentenza appella ta (davanti al Consiglio di Stato), nonché alcuni espedienti pro cessuali di diminuzione di termini, di condanna alle spese del
processo cautelare, di appello immediato dopo la pubblicazione del dispositivo della sentenza.
Risulta evidente che viene prevista, sempre per determinate
materie, la facoltà del giudice di ricorrere ad una sentenza, «in
forma abbreviata» (v., per un'analoga previsione, la successiva
1. 31 luglio 1997 n. 249, art. 1, 27° comma, in materia di prov vedimenti dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni), che
definisca immediatamente il grado di giudizio (che come tale
rende superata ed inutile una pronuncia sulla misura cautelare
di sospensiva), in tutti i casi in cui il processo, in primo grado davanti al Tar o in appello davanti al Consiglio di Stato, sia
maturo per la decisione della lite, essendo indifferente la tipolo
gia della definizione o processuale (irricevibilità, inammissibili tà, rinuncia, ecc.), ovvero di merito (accoglimento o rigetto), risultando abbandonata la tipizzazione dei casi di sentenza (irri
cevibilità, inammissibilità, infondatezza) contenuta nel testo ori
ginario del decreto-legge. Nell'esercizio di questa facoltà il giudice deve seguire i nor
mali canoni di condotta e di cognizione del processo, dovendo
essere valutata la sussistenza delle condizioni ordinarie per l'e
missione di una sentenza che definisca il giudizio, come l'inte
grità del contraddittorio, la completezza delle prove necessarie
per la pronuncia che deve essere emessa e gli adempimenti pro cessuali previsti anche per la tutela del diritto di difesa di tutte
le parti. Di conseguenza presupposto della sentenza in forma abbre
viata, in sede di convocazione di tutte le parti in camera di
consiglio in occasione dell'esame della domanda di sospensiva, è che si tratti, nelle particolari materie indicate dalla legge, di
questioni definibili immediatamente e quindi solo in queste ipo tesi vi è una alternatività rispetto alla pronuncia sulla domanda
di sospensione, che rimane quindi superata ed assorbita dalla
definizione della lite, che assicura, come decisione finale (proce durale o di merito), una effettività e completezza di tutela giuris
dizionale, con esercizio dello stesso potere di cognizione del giu dizio ordinario.
Né vi è sul piano costituzionale l'esigenza che tale facoltà
del giudice di decisione immediata del ricorso debba essere su
bordinata ad una specifica e concorde richiesta delle parti o
ad una separata fissazione della discussione del ricorso (per l'e
same delle questioni preliminari e del merito). Infatti è la stessa
norma di legge a prevedere preventivamente che, per determina
te materie, la fissazione della camera di consiglio per l'esame
della domanda di sospensiva comporti, di diritto, che il giudice
possa chiudere il giudizio (naturalmente se sia maturo per la
decisione), definendolo immediatamente con sentenza, in modo
da rendere irrilevante la pronuncia sulla fase cautelare, trattan
dosi di sentenza provvista di esecutività.
La pronuncia nella fase interinale e cautelare della sospensiva
(dell'atto impugnato o della sentenza appellata) viene resa su
perflua da una tutela ancora più piena ed immediata (senza ul
teriore esigenza di ordinanza che valuti l'esistenza di periculum in mora). Tale alternatività, con assorbimento nella sollecita e
tempestiva pubblicazione del dispositivo della sentenza nei sette
giorni, si può verificare solo se, esistendo tutti gli altri presup
posti (contraddittorio, sufficienza delle prove acquisite, ecc.),
venga emessa sentenza che definisca il giudizio, essendo, in tutti
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
gli altri casi, il giudice tenuto a pronunciarsi sulla domanda
di sospensione, in base agli ordinari poteri cautelari, ivi com
preso l'esercizio del potere di sospensione a tempo, ovvero par ziale o collegato a determinati adempimenti processuali.
Di conseguenza, non si può affatto configurare una limita
zione o una soppressione del diritto delle parti di chiedere ed
ottenere un provvedimento interinale e cautelare, ricevendo queste una immediata pronuncia che definisce la lite, rendendosi su
perflua ed irrilevante una specifica tutela cautelare.
Né si può parlare di concentrazione del potere di impulso
processuale nel giudice, sottratto alle parti, in quanto il ricor
rente nel processo amministrativo non può avanzare una richie
sta di sola decisione cautelare, dovendo la domanda di sospen sione per il carattere incidentale, seguire o accompagnare un
ricorso per una decisione definitiva della lite.
Nelle ipotesi considerate dall'art. 19 d.l. n. 67 del 1997, in
presenza dei presupposti sopra enunciati, il giudice definisce im
mediatamente il procedimento giurisdizionale principale, deci
dendo il ricorso, con una sentenza che ha tutte le caratteristi
che, per il tipo di cognizione piena e gli effetti, della ordinaria
sentenza che chiude il processo, escluso ogni carattere di «pro cedura sommaria».
Del resto ogni procedimento giurisdizionale, che assicuri con
la definizione della lite la immediata ed effettiva tutela definiti
va, in tempi sostanzialmente equivalenti ad un intervento caute
lare ed interinale del giudice, rende superflua e assorbe la fase
della sospensiva, superando, dal punto di vista temporale e de
gli effetti, l'adozione di provvedimenti provvisori e cautelari.
4. - Sotto un diverso profilo viene sollevata la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 19 (3° comma), per contrasto
con gli art. 3, 24, 103, 1° comma, 113 e 125 Cost., nella parte in cui riduce a metà tutti i termini processuali, ivi compreso il termine di decadenza di sessanta giorni per la proposizione del ricorso, di cui all'art. 21 1. 6 dicembre 1971 n. 1034.
La denunciata violazione dell'art. 3 Cost, non sussiste, poi ché l'art. 19 delinea un sistema derogatorio della disciplina pro
cessuale, finalizzato a realizzare — come già rilevato — precisi obiettivi di accelerazione della definizione delle controversie in
materia di opere pubbliche o di pubblica utilità e di attività
e procedure connesse. La diversità e peculiarità della materia
giustifica — anche per tale profilo — la deroga al regime ordi
nario del processo, seguendosi un sistema già collaudato in altri
settori normativi, per i quali il legislatore ha parimenti ritenuto
necessario dettare disposizioni speciali improntate ad obiettivi
di celerità processuale. In sostanza, da un canto non sussiste una ingiustificata di
sparità di trattamento rispetto a situazioni di identico contenu
to, dall'altro deve negarsi l'esistenza di un principio generale che imponga l'identità dei termini processuali, potendo questi essere differenziati secondo la tipologia delle azioni fatte valere.
Deve altresì escludersi che abbia qualsiasi pertinenza con la
questione in esame il richiamo agli art. 103, 1° comma, e 125, 2° comma, Cost., i quali riguardano rispettivamente l'ambito
della giurisdizione amministrativa e il carattere regionale delle
circoscrizioni territoriali degli organi di giustizia amministrativa di primo grado.
5. - Un separato approfondimento, per le esigenze di una
interpretazione della norma denunciata conforme a Costituzio
ne, richiede l'esame della questione di costituzionalità sollevata
con riferimento agli art. 24 e 113 Cost.
Il tema della violazione dei diritti di difesa deve, anzitutto, essere affrontato con riferimento al termine per proporre il ri
corso introduttivo del giudizio, trattandosi della questione esa
minata in via principale dal giudice rimettente. Questi, in parti
colare, muove dal presupposto che la regola che prescrive la
riduzione a metà di «tutti i termini processuali» sia applicabile anche al termine di decadenza stabilito per la notifica del ricor
so di primo grado. La fissazione di un termine di trenta giorni non è lesiva del
diritto di difesa costituzionalmente garantito, poiché non impli ca modalità di esercizio dell'azione così gravose da rendere im
possibile od estremamente difficile l'esercizio della difesa e lo
svolgimento della connessa attività processuale. In primo luogo, l'ordinamento già conosce numerose leggi
che, avvertendo l'esigenza di una rapida definizione del giudi
zio, in particolari e delicate materie, e di tempestiva salvaguar dia dei relativi interessi (individuali e collettivi) coinvolti, stabi
li. Foro Italiano — 2000.
liscono un termine di trenta giorni per proporre il ricorso al
giudice amministrativo, ovvero prevedono la riduzione a metà
di tutti i termini processuali. Nel primo senso si possono richiamare in particolare l'art.
6, 5° comma, 1. 11 agosto 1991 n. 266, in tema di diniego o
cancellazione dai registri generali delle organizzazioni di volon
tariato; l'art. 25, 5° comma, 1. 7 agosto 1990 n. 241, in materia
di diritto di accesso; l'art. 42, 2° comma, 1. 24 gennaio 1979
n. 18, in materia di proclamazione di eletti al parlamento euro
peo; l'art. 5 1. 8 luglio 1975 n. 306, in materia di accertamento
dei requisiti delle associazioni di produttori agricoli; l'art. 10, 4° comma, 1. 21 novembre 1967 n. 1185 con norme sui passa
porti; l'art. 34 1. 3 febbraio 1964 n. 3; l'art. 23 1. 5 agosto 1962 n. 1257, in materia di operazioni elettorali del consiglio
regionale, rispettivamente del Friuli-Venezia Giulia e della Valle
d'Aosta.
Nel secondo senso possono richiamarsi, tra l'altro, l'art. 1, 27° comma, della già citata 1. 31 luglio 1997 n. 249, in materia
di provvedimenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunica
zioni; l'art. 5, 5° comma — ormai abrogato — d.l. 30 dicembre
1989 n. 416, convertito in 1. 28 febbraio 1990 n. 49, in materia
di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato, di espul sione dal territorio dello Stato di cittadini extracomunitari e di
diniego e revoca del permesso di soggiorno; l'art. 83, 12° com
ma, d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, in materia di controversie
elettorali, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'art.
2 1. 23 dicembre 1966 n. 1147, e l'art. 29, 2° comma, 1. 6 di
cembre 1971 n. 1034.
In ogni caso, la previsione di un termine di trenta giorni per notificare il ricorso non comprime, oltre i limiti di ragionevo lezza ed effettività, il diritto di cui all'art. 24 Cost., poiché non
riduce i tempi di preparazione delle necessarie difese al punto da pregiudicarne l'efficacia e la completezza, lasciando al ricor
rente un congruo margine di valutazione (Corte cost. n. Ili
del 1998, Foro it., 1998, I, 1725; n. 238 del 1983, id., 1983, I, 2339; n. 56 del 1979, id., 1979, I, 1936; ord. n. 270 del 1991, id., 1992, I, 1711).
La specialità della materia ben può conformare la disciplina
legislativa del diritto di difesa alle speciali caratteristiche della
struttura dei singoli procedimenti, anche in relazione alla mate
ria del contendere, purché non sia pregiudicato lo scopo e la
funzione del processo e non sia compromessa l'effettività della
tutela giurisdizionale (sentenze n. 141 del 1998, id., 1999, I,
767; n. Ili del 1998, cit.; n. 119 del 1995, id., 1995, I, 1401; n. 220 del 1994, ibid., 37).
Senza dubbio l'art. 19 d.l. n. 67 del 1997 (convertito, con
modificazioni, in 1. n. 135 del 1997) ha ad oggetto una materia
ben definita ed appresta per essa una innovazione processuale,
contrassegnata, per le esigenze innanzi ricordate, da disposizio ni procedurali speciali, tali da consentire un autonomo e più snello percorso processuale per la definizione delle relative liti.
La congruità di un termine processuale in rapporto all'art.
24 Cost., ha altresì precisato questa corte, deve essere valutata
non solo in rapporto all'interesse di chi ha l'onere di osservar
lo, ma anche con riguardo alla funzione assegnata al termine
nell'ordinamento (sentenze n. 284 del 1985, id., 1986, I, 336; n. 31 del 1977, id., 1977, I, 781). Orbene, il termine introdutti
vo, pur ridotto a trenta giorni, appare congruo anche perché è funzionale alla rapida definizione del giudizio nel delicato set
tore delle opere pubbliche.
Queste considerazioni sono sufficienti per la infondatezza della
sollevata questione di costituzionalità anche in relazione alla di
midiazione di altri termini processuali, espressamente richiama
ti nell'ordinanza del giudice rimettente: in specie, il termine per il deposito del ricorso, il termine per la perenzione del giudizio, il termine per il deposito dei documenti, il termine per la rias
sunzione a seguito di interruzione, il termine per l'appello e
per la revocazione, nonché il termine per i motivi aggiunti. 6. - Lo speciale sistema di definizione del giudizio modellato
dall'art. 19, tuttavia, può incidere in maniera ancor più signifi cativa sulla posizione delle parti processuali diverse dal ricor
rente. L'applicazione della regola di dimidiazione di tutti i ter
mini si combina con quella che consente al giudice la definizio
ne immediata del giudizio e ciò rende possibile, in concreto, che la decisione venga assunta «immediatamente» nella camera
di consiglio fissata per la decisione cautelare (e con la rapidità
per essa prevista), quando ancora non sono trascorsi i termini
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PARTE PRIMA
a difesa, pur dimezzati, concessi all'amministrazione resistente
e ad eventuali controinteressati. Per la precisione, è possibile che la definizione del giudizio sopravvenga prima della scaden
za dei termini previsti per la costituzione in giudizio, per la pro
posizione del ricorso incidentale, del regolamento di competen
za, degli eventuali motivi aggiunti. Ed invero, ai sensi dell'art. 36 r.d. 17 agosto 1907 n. 642,
e dell'art. 2 d.leg. 5 maggio 1948 n. 642, il giudice si pronunzia sulla domanda di sospensione dell'atto nella prima camera di
consiglio successiva alla scadenza del termine di dieci giorni dalla
notifica del ricorso: sicché, considerata anche l'eventualità del
l'abbreviazione dei termini per riconosciuti motivi di urgenza, è possibile — in linea meramente teorica — che l'udienza di
trattazione della fase cautelare venga celebrata a soli sei giorni di distanza dalla notifica del ricorso introduttivo.
Questa evenienza ripropone il problema se la disciplina in
esame sia compatibile con il diritto di difesa costituzionalmente
garantito. La questione del rapporto tra le modalità abbreviate di defi
nizione del giudizio e la salvaguardia dei termini a difesa appa re strettamente collegata al più generale problema dei limiti di
attuazione di un sistema processuale basato sull'anticipata deci
sione del merito della controversia.
Siffatto sistema, invero, non può prescindere dal necessario
rispetto di alcuni valori processuali, tra cui, in primo luogo,
l'integrità del contraddittorio e la completezza e sufficienza del
quadro probatorio ai fini della sentenza da adottare. La deci
sione, in forma abbreviata, immediatamente nella camera di con
siglio fissata per la trattazione della domanda cautelare, non
può aver luogo se non sono state chiamate in giudizio tutte
le parti interessate ovvero se queste non si siano costituite in
pendenza del relativo termine, ovvero se la parte ricorrente, a
seguito di nuova documentazione acquisita al giudizio, propon
ga o manifesti la volontà di presentare motivi aggiunti rilevanti
ai fini della decisione del ricorso o se la causa non è matura
per la decisione, essendo necessario procedere ad ulteriori ac
quisizioni istruttorie.
Quest'ultimo aspetto, peraltro, è particolarmente delicato in
un sistema processuale che, per la formazione del materiale pro
batorio, non si affida al principio dispositivo puro, ma ne pre vede l'applicazione corretta dal c.d. metodo acquisitivo, con l'in
tervento diretto del giudice nell'attività di ricerca della prova. Occorre pertanto armonizzare queste esigenze con la disposi
zione di legge, che pure prevede la possibilità di definizione im
mediata del giudizio.
Appare estranea alla ratio legis e non conforme all'interpre tazione sistematica dell'art. 19 una soluzione che finisca col ne
gare ogni possibilità di immediata definizione del giudizio pri ma della compiuta decorrenza di tutti i termini a difesa sopra enunciati.
Piuttosto, è necessario cercare un punto di equilibrio tra le
norme che impongono speciali oneri alle parti, tra una discipli na orientata alla più celere trattazione della controversia e l'im
prescindibile salvaguardia dei diritti di difesa, dell'integrità del
contraddittorio e della completezza dell'istruttoria. Il garante di questo equilibrio non può che essere il giudice, al quale spet ta un potere di direzione del processo, nel rispetto del principio
dispositivo e dei diritti di difesa secondo le regole generali della
giustizia amministrativa.
La norma, nella parte in cui prevede che il tribunale «può» definire immediatamente la controversia, affida la scelta ad una
valutazione del giudice, tenuto a seguire le ordinarie regole logi che processuali, che consentono di non accogliere una istanza
di differimento dell'udienza o una richiesta di termine per com
pimento di attività di difesa, quando risulti esclusa, in maniera
certa, la rilevanza dell'attività richiesta in relazione al tipo e
al contenuto della adottanda decisione della controversia e della
posizione di interesse della parte che ha avanzato la richiesta
anzidetta.
Il requisito dell'«immediatezza» della decisione del giudizio, non costituisce un vincolo inderogabile per il giudice. Quando
questi infatti ritenga che il contraddittorio deve estendersi ad
altre parti o che devono disporsi mezzi istruttori, necessari ai
fini della pronuncia sulla domanda di sospensiva e a maggior
ragione per la decisione sul merito della causa, non può definire
immediatamente il giudizio ed è tenuto a provvedere anche d'uf
ficio attraverso l'esercizio del potere-dovere di pronuncia sulla
Il Foro Italiano — 2000.
domanda di sospensione o di concessione di un differimento
della camera di consiglio per gli adempimenti necessari.
Del pari, le parti costituite che vogliono avvalersi di strumen
ti difensivi rientranti nel loro potere dispositivo e comportanti
termini, sia pure abbreviati, che eccedono dalla sequenza di im
mediatezza scandita dall'art. 19, avranno l'onere di esternare
nella stessa camera di consiglio il loro intento, proponendo ap
posita e motivata istanza di rinvio (anche semplicemente verba
lizzata), ed esternando la volontà di proporre ricorso incidenta
le, regolamento di competenza, di depositare ulteriori documenti
o memorie, di proporre motivi aggiunti e, più in generale, di
esercitare attività di difesa rilevante per la trattazione del meri
to della controversia.
Tale istanza, peraltro, non produce un effetto di automatica
e vincolante paralisi della facoltà di definizione immediata del
giudizio demandata al giudice, il quale, anche in questo caso, è tenuto, nell'esercizio dei suoi poteri valutativi, all'osservanza
dei principi generali del processo amministrativo.
Ne segue che l'istanza di rinvio potrà essere disattesa solo
quando risulti irrilevante, ai fini della decisione da adottare, ovvero sia processualmente inammissibile la specifica attività di
fensiva annunciata dalla parte. Tale verifica giudiziale, coinvolgendo alcuni valori processua
li primari, deve essere particolarmente puntuale sulla specifica richiesta avanzata dalla parte e rimane condizionata dalla defi
nizione della controversia in relazione all'interesse della parte che ha avanzato l'istanza.
Inoltre, la decisione con cui il giudice disattende l'esplicita richiesta di differimento della parte e definisce «immediatamen
te» il giudizio, in sede di trattazione della fase cautelare, è su
scettibile di essere sindacata nell'eventuale secondo grado di giu
dizio, essendo sempre salva la facoltà della parte di dedurre
quale specifico motivo di gravame il non corretto esercizio dei
poteri del giudice di primo grado, comportante la violazione
dei diritti di difesa o del principio di integrità del contraddittorio.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le que stioni di legittimità costituzionale dell'art. 19, 2° e 3° comma, d.l. 25 marzo 1997 n. 67 (disposizioni urgenti per favorire l'oc
cupazione), convertito, con modifiche, in 1. 23 maggio 1997 n.
135, sollevate, in riferimento agli art. 3, 24, 103, 1° comma, 113 e 125, 2° comma, Cost., dal Trga Trentino-Alto Adige, sede di Trento, con le ordinanze indicate in epigrafe.
I
CORTE DI CASSAZIONE; CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 12 feb
braio 2000, n. 1591; Pres. Santojanni, Est. Vidiri, P.M. Buo
najuto (conci, conf.); Soc. Rds La Guarnimec (Avv. Pane
Poletti, Giaquinto) c. Reda (Avv. Mereu, Jucci). Confer ma Trìb. Padova 12 maggio 1997.
Lavoro (rapporto di) — Dirigente — Licenziamento — Giustifi
catezza — Nozione (Cod. civ., art. 1375, 1453, 2095; 1. 15
luglio 1966 n. 604, norme sui licenziamenti individuali, art. 10).
La nozione contrattuale di giustificatezza del licenziamento del
dirigente industriale, utile ai fini dell'indennità supplementa
re, non si identifica con le nozioni legali di giusta causa o
di giustificato motivo, e si risolve nel rispetto, da parte del
datore di lavoro, dei principi di correttezza e buona fede nel
l'esecuzione del contratto e del divieto di licenziamento di
scriminatorio o per motivo illecito, essendo comunque a cari
co del datore di lavoro l'onere probatorio circa la veridicità,
fondatezza e idoneità dei motivi addotti a giustificazione del
recesso. (1)
(1, 3) Cass. 1591/2000, in epigrafe, che enuncia principi ormai con
solidati, pur se con qualche sfumata differenza, in tema di giustificatez za del licenziamento del dirigente (cfr. Cass. 1° luglio 1999, n. 6729,
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