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sentenza 11 giugno 1999, n. 229 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 16 giugno 1999, n. 24); Pres....

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sentenza 11 giugno 1999, n. 229 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 16 giugno 1999, n. 24); Pres. Granata, Est. Marini; Paternoster; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Comm. trib. prov. Ancona 24 marzo 1998 (due), Comm. trib. prov. Pisa 17 febbraio 1998, Comm. trib. I grado Trento 29 aprile 1998, Comm. trib. prov. Parma 6 giugno 1998, Comm. trib. prov. Viterbo 11 luglio 1998, Comm. trib. prov. Torino 22 aprile 1998, ... Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 7/8 (luglio-agosto 1999), pp. 2145/2146-2149/2150 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194967 . Accessed: 25/06/2014 00:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.128 on Wed, 25 Jun 2014 00:02:32 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 11 giugno 1999, n. 229 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 16 giugno 1999, n. 24);Pres. Granata, Est. Marini; Paternoster; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Comm. trib. prov.Ancona 24 marzo 1998 (due), Comm. trib. prov. Pisa 17 febbraio 1998, Comm. trib. I gradoTrento 29 aprile 1998, Comm. trib. prov. Parma 6 giugno 1998, Comm. trib. prov. Viterbo 11luglio 1998, Comm. trib. prov. Torino 22 aprile 1998, ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 7/8 (luglio-agosto 1999), pp. 2145/2146-2149/2150Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194967 .

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2145 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2146

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 11 giugno 1999, n. 229

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 giugno 1999, n. 24); Pres. Granata, Est. Marini; Paternoster; interv. Pres. cons,

ministri. Ord. Comm. trib. prov. Ancona 24 marzo 1998 (due), Comm. trib. prov. Pisa 17 febbraio 1998, Comm. trib. I gra do Trento 29 aprile 1998, Comm. trib. prov. Parma 6 giugno

1998, Comm. trib. prov. Viterbo 11 luglio 1998, Comm. trib.

prov. Torino 22 aprile 1998, Comm. trib. prov. Genova 30

ottobre 1998 (G.U., la s.s., nn. 27, 28, 36, 40, 41 e 48 del

1998, e n. 8 del 1999).

CORTE COSTITUZIONALE;

Tributi in genere — Liquidazione delle imposte in base alla di

chiarazione — Iscrizione a ruolo delle maggiori imposte —

Termine — Nuova disciplina — Questione infondata di costi

tuzionalità (Cost., art. 3, 24, 53, 97, 101, 102, 108, 113; d.p.r.

29 settembre 1973 n. 600, disposizioni comuni in materia di

accertamento delle imposte sui redditi, art. 36 bis-, 1. 27 di

cembre 1997 n. 449, misure per la stabilizzazione della finan

za pubblica, art. 28).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

28 l. 27 dicembre 1997 n. 449, nella parte in cui attribuisce,

con efficacia retroattiva, carattere di ordinatorietà al termine

di cui al 1° comma dell'art. 36 bis d.p.r. 29 settembre 1973

n. 600, in riferimento agli art. 3, 24, 53, 97, 101, 102, 108

e 113 Cost. (1)

(1) I. - Comm. trib. prov. Viterbo 11 luglio 1998, Comm. trib. prov. Parma 6 giugno 1998, Comm. trib. I grado Trento 29 aprile 1998, e

Comm. trib. prov. Ancona 24 marzo 1998, e Comm. trib. prov. Pisa

17 febbraio 1998, sono massimate in Foro it., Rep. 1998, voce Tributi

in genere, nn. 1081-1085. Nel senso della manifesta infondatezza della questione di legittimità

costituzionale dell'art. 28 1. 27 dicembre 1997 n. 449, in riferimento

agli art. 3 e 136 Cost., v. Cass. 7 novembre 1998, n. 11235, id., 1998,

I, 3509; più di recente, Cass. 7 luglio 1999, n. 7058, inedita.

II. - Prima dell'entrata in vigore — e, per quanto la cosa possa sem

brare strana, anche dopo (v. Comm. trib. centrale 9 aprile 1998, n.

1934, id., Rep. 1998, voce cit., n. 1056; 31 marzo 1998, n. 1791, ibid., n. 1057; 26 marzo 1998, n. 1664, ibid., n. 1058) — dell'art. 28 1. 27

dicembre 1997 n. 449, si era affermato in giurisprudenza — per quella della Sùprema corte, v. Cass. 29 luglio 1997, n. 7088, id., 1997, I,

2812, con nota di richiami (cui adde, in dottrina, R. Abbondandolo,

Rettifica delle dichiarazioni ai sensi dell'art. 36 bis d.p.r. n. 600 del

1973 - Termine - Natura - Inosservanza - Effetti, in Nuovo dir., 1997,

713; S. Marrucci, Sul termine per la liquidazione dell'imposta (art. 36 bis d.p.r. n. 600 del 1973), in Dir. e pratica trib., 1996, I, 1486; M. Redi, Rettifica delta dichiarazione ex art. 36 bis, in Rass. trib., 1997,

485; M. Vantaggio, Iscrizioni a ruolo ex art. 36 bis: un termine a sor

presa?, in Corriere trib., 1997, 1758), e Rass. trib., 1997, 969, con nota

di P. Russo, Fine della «vexata quaestio» circa la natura del termine

di cui all'art. 36 bis d.p.r. 600/73; Riv. giur. trib., 1997, 917, con nota

di A. Cepparulo, Liquidazione delle imposte dovute in base alla di

chiarazione dei contribuenti effettuata oltre il termine ex art. 36 bis; Rass. avv. Stato, 1997, I, 290, con nota di C. Bafile, Sul termine per l'iscrizione a ruolo delle imposte liquidate in base all'art. 36 bis d.p.r.

600/73; Tributi, 1997, 1027, con nota di Santopietro e Sforza; Cor

riere trib., 1997, 2663, con nota di Ferraù; Dir. e pratica trib., 1998, II, 677, con nota di R. Succio, Sul termine di decadenza dell'art. 36 bis

anche con riferimento alle sopravvenute modifiche normative; Nuovo

dir., 1998, 367, con nota di G. Frontini, Sull'art. 36 bis d.p.r. n. 600

de! 1973 e sul carattere del termine, previsto nel 1 ° comma, per la liqui dazione delle imposte dovute tra la sentenza di Cassazione n. 7088 del

1997 e la I. 27 dicembre 1997 n. 449; 9 dicembre 1997, n. 12442, Foro

it., Rep. 1998, voce cit., n. 1055; per la giurisprudenza di merito, cfr.

Comm. trib. reg. Liguria 20 ottobre 1997, ibid., n. 1060, e Bollettino

trib., 1998, 461 (m), con nota di A. Pace, Ancora sulla natura del

termine fissato dall'art. 36 bis d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, alla

luce del recente intervento normativo del collegato alla finanziaria; Comm.

trib. prov. Avellino 20 marzo 1997, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n.

1061, e Riv. giur. trib., 1998, 59, con nota di R. Rinaldi, Ancora sul

termine di cui all'art. 36 bis d.p.r. 600/73; contra, Comm. trib. prov. Macerata 26 maggio 1997, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 1074; 22

aprile 1997, id., Rep. 1997, voce cit., n. 1071; Comm. trib. prov. Avel

lino 6 marzo 1997, id., Rep. 1998, voce cit., n. 1075; Comm. trib.

prov. Salerno 6 febbraio 1997, ibid., n. 1076 — l'orientamento che

voleva che l'ufficio delle imposte dovesse procedere all'iscrizione a ruo

lo delle maggiori imposte liquidate in base alla dichiarazione dei redditi

ex art. 36 bis d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 entro il termine — stabili

to a pena di decadenza — del 31 dicembre dell'anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

Ad avviso della Consulta — che mostra di tener in ben misero conto

la funzione nomofilattica della Corte di cassazione —, però, «il contra

II Foro Italiano — 1999 — Parte /-40.

Diritto. — 1. - Le otto ordinanze di rimessione contestano

tutte la legittimità costituzionale dell'art. 28 1. 27 dicembre 1997

n. 449 (misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), a tenore del quale «Il 1° comma dell'art. 36 bis d.p.r. 29 set

tembre 1973 n. 600, nel testo da applicare sino alla data stabili

ta nell'art. 16 d.leg. 9 luglio 1997 n. 241, deve essere interpreta to nel senso che il termine in esso indicato, avendo carattere

ordinatorio, non è stabilito a pena di decadenza».

Quanto ai parametri, tutte le ordinanze fanno riferimento al

l'art. 3 Cost. Vengono altresì evocati gli art. 24 (Commissioni tributarie provinciali di Viterbo, di Ancona e di Pisa), 53 (Com missione tributaria provinciale di Ancona), 97 (Commissioni tri

butarie provinciali di Parma, di Viterbo e di Pisa), 101, 2° com

ma (Commissioni tributarie provinciali di Parma e di Torino), 102 (Commissioni tributarie provinciali di Parma e di Ancona),

108, 2° comma (Commissione tributaria provinciale di Parma), e 113 Cost. (Commissioni tributarie provinciali di Viterbo e di

Pisa). 2. - Nonostante la diversità delle prospettazioni, la questione

di legittimità costituzionale, sollevata dalle otto ordinanze di

rimessione, si presenta in termini fondamentalmente comuni,

in quanto la norma denunciata viene fatta oggetto di censura

per avere attribuito, con efficacia retroattiva, carattere di ordi

natorietà ad un termine, quello di cui all'art. 36 bis d.p.r. 29

settembre 1973 n. 600, che la giurisprudenza della Commissione

sto interpretativo, ancora persistente nei mesi immediatamente prece denti l'emanazione della norma impugnata, non poteva certo dirsi defi

nitivamente risolto (. . .) per effetto delle uniche due pronunce della

Corte di cassazione intervenute in materia a breve distanza di tempo l'una dall'altra».

Da ciò la conclusione che la norma denunciata «trova la giustifica zione della propria efficacia retroattiva, sotto il profilo della ragionevo lezza, nell'esistenza di un obiettivo dubbio ermeneutico sulla natura del

termine previsto dal citato art. 36 bis» (nonché nella gravità delle con

seguenze che da siffatta incertezza derivavano in una materia delicata

quale è quella dei controlli sulle dichiarazioni dei redditi e nella circo

stanza che l'interpretazione imposta dal legislatore risulta compatibile con il testo della norma ed anzi conforme ad una delle letture già pro

spettate dalla giurisprudenza). III. - Sull'interpretazione della disposizione di cui all'art. 28 1. 27

dicembre 1997 n. 449, v. Cass. 7 novembre 1998, n. 11235, cit., ove

si afferma che la stessa in quanto norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva.

Di diverso avviso una parte della giurisprudenza di merito, per la

quale la norma avrebbe natura innovativa, sì che la stessa non trova

applicazione con riferimento ai rapporti giuridici pregressi (così, Comm.

trib. reg. Campania 17 marzo 1998, id., 1998, III, 287, con nota di

richiami; Comm. trib. reg. Umbria 1° marzo 1999, Fisco, 1999, 4892; Comm. trib. prov. Roma 10 novembre 1998, Foro it., Rep. 1998, voce

cit., nn. 1063, 1064; Com. trib. prov. Palermo 9 giugno 1998, ibid., n. 1066, e Bollettino trib., 1998, 1579 (m), con nota di A. Pace, Ten

denze della giurisprudenza di merito all'indomani della norma di inter

pretazione autentica dell'art. 36 bis d.p.r. 600/73). IV. - Secondo un altro filone, l'art. 28 1. 27 dicembre 1997 n. 449

nell'attribuire carattere ordinatorio al termine di cui all'art. 36 bis non

consentirebbe di evitare la decadenza conseguente al suo inutile decorso

qualora il termine non sia stato tempestivamente prorogato prima della

sua scadenza (di questo avviso sono Comm. trib. reg. Campania 26

ottobre 1998, id., 1999, 363 (m); Comm. trib. prov. Reggio Calabria

27 giugno 1998, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 1065; Comm. trib.

prov. Palermo 15 maggio 1998, ibid., n. 1068; Comm. trib. prov. Tre

viso 7 aprile 1998, ibid., n. 1069, e Riv. giur. trib., 1998, 1027, con

nota di G. Porcaro, La «storia infinita» della natura del termine di

cui all'art. 36 bis d.p.r. 600/73; 6 aprile 1998, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 1070, e Riv. giur. trib., 1999, 233, con nota di A. Baldas

sari; contra, Cass. 7058/99, cit.). V. - In dottrina, sul termine di cui all'art. 36 bis d.p.r. 600/73, v.,

oltre agli a. citati supra, C. Buccico, Considerazioni sul termine di

cui all'art. 36 bis d.p.r. 600/73, in Fisco, 1998, 15732; G. Caputi, Art.

36 bis d.p.r. 600/73: natura del termine (con appendice di legislazione e giurisprudenza), ibid., all. al n. 25; A. Marcheselli, Limiti costitu

zionali alla disciplina retroattiva dei termini del procedimento di accer

tamento tributario: l'art. 36 bis d.p.r. n. 600 del 1973, in Dir. e pratica

trib., 1998, I, 3; S. Russo, Il nuovo termine per la liquidazione auto

matica delle dichiarazioni ex art. 36 bis d.p.r. n. 600 del 1973, in Gaz

zetta giur., 1998, fase. 20, 2; C. Salvatores, La storia travagliata del

l'art. 36 bis d.p.r. 600/73, in Bollettino trib., 1998, 658; S. Senatore

e P. Nuccio, Incertezze interpretative in materia di liquidazione delle

imposte dovute in base a dichiarazioni, in Fisco, 1998, 7655; F. Zolea, L'art. 36 bis d.p.r. 600/73 tra vecchi problemi e novità legislative, in

Tributi, 1998, 465. [M. Annecchino]

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2147 PARTE PRIMA 2148

tributaria centrale e della Corte di cassazione aveva invece qua lificato come perentorio.

I giudizi vanno pertanto riuniti per essere decisi con unica

sentenza.

3. - La questione non è fondata.

Secondo i giudici a quibus, in buona sostanza, la norma im

pugnata non potrebbe dirsi realmente interpretativa, quanto piut tosto retroattivamente innovativa rispetto alla precedente disci

plina ed emanata, in contrasto con il generale principio di ra

gionevolezza, con l'unica intenzione di incidere sui giudizi in

corso, così violando valori costituzionalmente tutelati, di volta

in volta individuati dai medesimi rimettenti nell'autonomia del

la funzione giudiziaria, nel diritto di difesa e di tutela giurisdi zionale nei confronti della pubblica amministrazione, nel prin

cipio dell'affidamento, nel principio della capacità contributiva

ed in quello del buon andamento della pubblica amministrazione.

A tale riguardo va subito chiarito — sgombrando così il cam

po da un equivoco nel quale sembrano essere caduti tutti i ri

mettenti — che non è affatto decisivo verificare se la norma

censurata abbia carattere effettivamente interpretativo ovvero

sia una norma innovativa con efficacia retroattiva. Questa corte

ha infatti ripetutamente precisato che il divieto di retroattività

della legge — pur costituendo fondamentale valore di civiltà

giuridica e principio generale dell'ordinamento, cui il legislatore deve in linea di principio attenersi — non è stato tuttavia eleva to a dignità costituzionale, se si eccettua la previsione dell'art. 25 Cost., limitatamente alla legge penale (ex plurimis, sentenze n. 397 del 1994, Foro it., 1995, I, 1440; n. 155 del 1990, id., 1990, I, 3072; n. 13 del 1977, id., 1977, I, 259). Il legislatore ordinario, pertanto, nel rispetto del suddetto limite, può ema nare norme con efficacia retroattiva, interpretative o innovative che esse siano, a condizione però che la retroattività trovi ade

guata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente pro tetti (ancora, tra le tante, sentenze n. 432 del 1997, id., Rep. 1998, voce Corte costituzionale, n. 41; n. 376 del 1995, id., 1997, I, 346; n. 153 del 1994, id., 1994, I, 3572).

Ed è proprio sotto l'aspetto del controllo di ragionevolezza che può venire in considerazione la c.d. funzione di interpreta zione autentica che una norma sia chiamata a svolgere con effi cacia retroattiva.

4. - Nella specie, lo scrutinio della norma denunciata alla stre

gua del criterio di ragionevolezza deve prendere necessariamen te le mosse dalla constatazione dell'esistenza di una significativa divergenza di opinioni, manifestatasi tanto nella giurisprudenza di merito quanto in dottrina, sulla natura del termine per la

liquidazione delle imposte che risultano dovute in base al con trollo «formale» delle dichiarazioni, previsto dall'art. 36 bis d.p.r. n. 600 del 1973, come modificato dall'art. 1 d.p.r. 27 settembre 1979 n. 506 (disposizioni integrative e correttive dei d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 e n. 602, concernenti l'accertamento e la riscossione delle imposte sui redditi), e riguardo al coordina mento tra detta norma e l'art. 17, 1° comma, d.p.r. 29 settem bre 1973 n. 602 (disposizioni sulla riscossione delle imposte sul

reddito), concernente i termini per l'iscrizione a ruolo delle im

poste liquidate in base alle dichiarazioni presentate dai contri buenti.

Non compete evidentemente a questa corte esprimere valuta zioni sulla fondatezza delle diverse tesi. Ciò che importa sottoli neare è la non univocità degli orientamenti emersi — tale da indurre qualche commissione tributaria ad auspicare, nella stes sa motivazione della propria decisione, un intervento chiarifica tore del legislatore — e la considerazione che il contrasto inter

pretativo, ancora persistente nei mesi immediatamente prece denti l'emanazione della norma impugnata, non poteva certo dirsi definitivamente risolto — diversamente da quanto i rimet tenti mostrano di ritenere — per effetto delle uniche due pro nunce della Corte di cassazione intervenute in materia a breve distanza di tempo l'una dall'altra.

La norma denunciata trova, dunque, la giustificazione della

propria efficacia retroattiva, sotto il profilo della ragionevolez za, nell'esistenza di un obiettivo dubbio ermeneutico sulla natu ra del termine previsto dal citato art. 36 bis, nella gravità, più volte sottolineata anche dalla dottrina, delle conseguenze che da siffatta incertezza derivano in una materia delicata quale è

quella dei controlli sulle dichiarazioni dei redditi, e nella circo stanza che l'interpretazione imposta dal legislatore risulta com

II Foro Italiano — 1999.

patibile con il testo della norma ed anzi conforme ad una delle

letture già prospettate dalla giurisprudenza. 5. - La norma scrutinata non si pone d'altro canto in conflit

to con altri valori costituzionalmente tutelati.

5.1. - La rilevata sussistenza di un obiettivo contrasto inter

pretativo in sede giurisdizionale induce innanzitutto ad esclude

re la violazione del principio dell'affidamento. Nessun legittimo affidamento poteva infatti sorgere sulla base di una interpreta zione della norma tutt'altro che pacifica e consolidata ed anzi

fortemente contrastata nella giurisprudenza di merito.

Per altro verso, deve considerarsi che l'art. 36 bis, oggetto

dell'interpretazione autentica, non ha contenuto precettivo nei

confronti dei contribuenti ma pone, come si è visto, un termine

a carico dell'amministrazione finanziaria per la liquidazione delle

maggiori imposte accertate a seguito di controllo «formale» delle

dichiarazioni, cosicché il preteso affidamento dei contribuenti

stessi dovrebbe riguardare non già la legittimità della propria condotta ma l'intervenuta decadenza dell'amministrazione dal

potere di iscrivere a ruolo somme che siano risultate effettiva

mente dovute, a titolo di imposta, a seguito del suddetto con

trollo. Il che, evidentemente, porta ad escludere che la situazio ne soggettiva degli interessati possa, sotto tale aspetto, ritenersi

meritevole di tutela.

5.2. - La norma denunciata non è nemmeno lesiva delle attri buzioni del potere giudiziario (art. 101, 102 e 108 Cost.). Que sta corte ha infatti ripetutamente affermato che l'attività del

legislatore, pur se diretta a stabilire il significato di una norma

preesistente, opera su un piano diverso dall'interpretazione in

senso proprio del giudice, in quanto mentre la prima «intervie ne sul piano generale ed astratto del significato delle fonti nor

mative, quella del giudice opera sul piano particolare come pre messa per l'applicazione concreta della norma alla singola fatti

specie sottoposta al suo esame» (sentenze n. 432 del 1997, cit.; n. 311 del 1995, id., Rep. 1996, voce Camera di commercio, n. 19; n. 397 del 1994, cit.; n. 402 del 1993, id., 1994, I, 32). L'efficacia retroattiva della norma non viene ad incidere dun

que sulla potestas iudicandi, bensì sul modello di decisione cui l'esercizio della suddetta potestà deve attenersi.

5.3. - Le medesime considerazioni portano altresì ad esclude re la violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e del diritto di tutela giurisdizionale avverso gli atti della pubblica ammini strazione (art. 113 Cost.).

5.4. - Non sussiste nemmeno la lamentata violazione del prin cipio della capacità contributiva, prospettata dalla Commissio ne tributaria provinciale di Ancona sul rilievo che i contribuen

ti, i quali avessero fatto affidamento sulla perentorietà del ter mine di cui all'art. 36 bis, si troverebbero ora costretti a recu

perare una capacità contributiva che ritenevano di non dover

più garantire. Si è già visto, infatti, che nella fattispecie non ricorrevano

i presupposti per la formazione di un legittimo affidamento. A ciò deve aggiungersi che, secondo la giurisprudenza di questa corte, il principio sancito dall'art. 53 Cost, ha carattere oggetti vo, riferendosi ad indici concretamente rivelatori di ricchezza e non già a stati soggettivi di affidamento del contribuente (sen tenza n. 143 del 1982, id., 1982, I, 2712; ordinanza n. 542 del

1987, id., 1988, I, 2456). 5.5. - Per quanto riguarda l'asserita lesione del principio di

eguaglianza, per la diversità di trattamento che si realizzerebbe tra quei contribuenti, i cui ricorsi, fondati sull'eccezione di de cadenza dell'amministrazione finanziaria per il decorso del ter mine di cui all'art. 36 bis, sono stati accolti con sentenza passa ta in giudicato e gli altri, le cui controversie sono ancora pen denti o che saranno oggetto in futuro di pretesa fondata su controllo «formale» delle dichiarazioni, è sufficiente rilevare che la denunciata diversità non è determinata dalla legge interpreta tiva, ma deriva dal necessario rispetto del giudicato (v. ordinan za n. 167 del 1996, id., 1996, I, 3641).

5.6. - Va da ultimo escluso che la norma denunciata sia in contrasto con l'art. 97 Cost. Il principio di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione non comporta, infatti, necessariamente, che tutti i termini a questa imposti per il compimento delle proprie attività debbano avere carattere pe rentorio. Va ricordato d'altro canto che l'art. 28 1. 27 dicembre 1997 n. 449, nel riconoscere come ordinatorio e non posto a

pena di decadenza il termine di cui all'art. 36 bis d.p.r. n. 600 del 1973, non lascia priva di termini decadenziali l'attività di

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

controllo «formale» delle dichiarazioni, trovando comunque ap

plicazione l'art. 17 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, secondo

il quale le imposte liquidate in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti (e dunque anche quelle liquidate a seguito di

controllo «formale») devono essere iscritte a ruolo, a pena di

decadenza, nel termine previsto dal 1° comma dell'art. 43 d.p.r. n. 600 del 1973.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale

dell'art. 28 1. 27 dicembre 1997 n. 449 (misure per la stabilizza

zione della finanza pubblica), sollevata, con le ordinanze in epi

grafe, dalla Commissione tributaria provinciale di Ancona, in

riferimento agli art. 3, 24, 53 e 102 Cost., dalla Commissione

tributaria provinciale di Pisa, in riferimento agli art. 3, 24, 97

e 113 Cost., dalla Commissione tributaria di primo grado di

Trento, in riferimento all'art. 3 Cost., dalla Commissione tri

butaria provinciale di Parma, in riferimento agli art. 3, 97, 1°

comma, 101, 2° comma, 102, 1° comma, e 108, 2° comma,

Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Viterbo, in

riferimento agli art. 3, 24, 97 e 113 Cost., dalla Commissione

tributaria provinciale di Torino, in riferimento agli art. 3 e 101, 2° comma, Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di

Genova, in riferimento all'art. 3 Cost.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 giugno 1999, n. 206

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 giugno 1999, n. 23); Pres. Granata, Est. Onida; Bargi (Aw. Gatto, Raimondi,

Luciani) c. Università degli studi di Palermo; interv. Pres.

cons, ministri (Avv. dello Statò Dì Pace). Ord. Tar Sicilia

7 aprile 1998 (G.U., la s.s., n. 37 del 1998).

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Reati di stampo mafioso — Sospensione automatica dal servizio — Questione

infondata di costituzionalità nei sensi di cui in motivazione

(Cost., art. 3, 4, 24, 27, 35, 36, 97; 1. 19 marzo 1990 n. 55,

nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di ti

po mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di perico losità sociale, art. 15; 1. 18 gennaio 1992 n. 16, norme in

materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali,

art. 1).

È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di

legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 4 septies, l. 19

marzo 1990 n. 55, come modificato dalla I. 18 gennaio 1992

n. 16, nella parte in cui stabilisce che i dipendenti delle ammi

nistrazioni pubbliche i quali abbiano riportato condanna, an

che non definitiva, per determinati delitti, ovvero siano as

soggettati ad una misura di prevenzione, anche non definiti

va, in quanto indiziati di appartenere ad una associazione di

stampo mafioso, sono sospesi immediatamente dall'ufficio, in riferimento agli art. 3, 4, 24, 27, 35, 36 e 97 Cost. (1)

(1) La corte ritiene legittima (ribadendo tale posizione nell'ord. 30 giu

gno 1999, n. 278, G.U. 7 luglio 1999, n. 27) la disposizione che prevede l'immediata ed automatica sospensione dal servizio dei dipendenti pub blici condannati o soltanto rinviati a giudizio o assoggettati ad una misu

ra di prevenzione per reati di associazione mafiosa, senza la previa aper tura di procedimento disciplinare e la valutazione caso per caso dell'inci

denza sul servizio della vicenda penale, sia per l'assoluta preminenza dell'interesse dell'amministrazione a non essere esposta al pregiudizio de

rivante dalla permanenza nell'ufficio dell'impiegato indiziato di reati di

tanto allarme sociale sia per la limitazione temporale della validità della

misura cautelare come desumibile dalla normativa in materia. Quanto al

primo profilo, nella sentenza in epigrafe viene evidenziata la differente

situazione di fatto ed il diverso peso dei contrapposti interessi coinvolti ri

II Foro Italiano — 1999.

Diritto. — 1. - È messa in dubbio la legittimità costituzionale

dell'art. 15, comma 4 septies, 1. 19 marzo 1990 n. 55 (nuove

disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafio

so e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità socia

le), come modificato dall'art. 1 1. 18 gennaio 1992 n. 16 (norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali).

La disposizione impugnata dispone che si faccia luogo alla

«immediata sospensione» dalla funzione o dall'ufficio nei con

fronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche «qualora ricorra alcuna delle condizioni di cui alle lett. a), b), e), d),

e) ed f) del 1° comma» del medesimo articolo: condizioni che

si sostanziano nell'aver riportato condanna, anche non definiti

va, per determinati delitti di criminalità organizzata (associazio ne per delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata

al traffico illecito di sostanze stupefacenti e altri delitti connessi

a detto traffico, nonché al traffico di armi), favoreggiamento

personale o reale in relazione a taluno dei predetti reati (lett.

a), o per determinati delitti contro la pubblica amministrazione

(lett. b), ovvero condanna confermata in appello per altri delitti

commessi con abuso o violazione dei doveri inerenti ad una

pubblica funzione (lett. c), ovvero a determinate pene per qual siasi delitto non colposo (lett. d); nell'essere sottoposto a proce dimento penale, quando sia stato disposto il rinvio a giudizio 0 la presentazione o la citazione in udienza per il giudizio per 1 delitti di criminalità organizzata di cui alla lett. a (lett. e); nell'essere sottoposto, anche con provvedimento non definitivo, a misura di prevenzione in quanto indiziato di appartenere ad

una associazione di stampo mafioso (lett. f). Ancorché il comma 4 septies rinvìi a tutte le disposizioni del

1° comma, la questione deve intendersi circoscritta — sia in

forza dei limiti in cui sussiste la rilevanza nel giudizio a quo, sia in ragione degli argomenti specificamente addotti dal rimet

tente — alla sola ipotesi, riferita alla lett. e), di sospensione

conseguente al rinvio a giudizio (o alle circostanze equivalenti)

per i delitti di cui alla lett. a) del medesimo 1° comma.

Di più, la corte non è chiamata, nel presente giudizio, a valu

tare singolarmente le specifiche ipotesi delittuose contemplate dalla lett. a), sotto il profilo dell'adeguatezza o della proporzio ne fra ciascuna di esse e la misura disposta dal comma 4 septies, ma solo a giudicare se contrasti di per sé con la Costituzione

la previsione della sospensione «obbligatoria» dalla funzione o

dall'ufficio collegata al rinvio a giudizio per i delitti di cui a detta lett. a), complessivamente considerati.

I parametri invocati dal rimettente sono molteplici, e possono essere raggruppati nei seguenti profili:

a) la sospensione «obbligatoria» contrasterebbe con i principi di ragionevolezza e di proporzionalità, desunti dall'art. 3 Cost.,

nonché con i principi di imparzialità e di buon andamento del

l'amministrazione di cui all'art. 97, per il rigido automatismo

che la caratterizza, e che esclude ogni possibilità di apprezza mento in concreto, da parte dell'amministrazione, dell'adegua

tezza della misura al caso, sia sotto il profilo della gravità del

reato e della sua connessione con la funzione, sia sotto il profi

spetto alle fattispecie che avevano formato oggetto della pronunzia di

incostituzionalità delle disposizioni che prevedevano l'applicazione au

tomatica di misure disciplinari nei confronti di pubblici dipendenti, se

condo le sentenze richiamate in motivazione (cui adde, Corte cost., ord.

6 aprile 1998, n. 104, Foro it., 1998, I, 2321, e 2 febbraio 1990, n.

40, id., 1990, I, 355, con note di richiami), come del resto già deciso

in precedenza in fattispecie similari (Corte cost. 16 maggio 1994, n.

184, id., 1994, I, 3336, e 29 ottobre 1992, n. 407, id., 1993, I, 2411, sullo stesso art. 15, commi 3 e 4 septies, 1. 55/90, il cui giudizio di

non fondatezza il giudice rimettente riteneva di poter superare); quanto al secondo profilo, nella parte interpretativa della sentenza in epigrafe la corte propone un'interpretazione sistematica dell'intera disciplina al

fine di ricostruire il regime temporale della misura cautelare non espres samente dettato dal legislatore ed allo scopo richiama, in primo luogo, l'art. 15, 2° comma, 1. 55/90 per la cessazione della misura nel caso

di emissione di sentenza, anche non passata in giudicato, di non luogo a procedere, proscioglimento o assoluzione, e in secondo luogo l'art.

9, 2° comma, 1. 19/90 che dispone la perdita di efficacia della sospen sione cautelare obbligatoria allo spirare dei cinque anni.

Per ogni riferimento sull'istituto della sospensione dal servizio dei

pubblici dipendenti, v. i richiami nelle note a Corte cost. 104/98, cit., ed alle altre pronunzie citate in motivazione, nonché a Cons. Stato, sez. IV, 7 maggio 1998, n. 780, id., 1998, III, 496.

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