sentenza 11 luglio 1984, n. 190; Pres. Elia, Rel. De Stefano; Banca d'Italia (Avv. M. S. Giannini,Sangiorgi) c. Min. poste e telecomunicazioni; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoVittoria). Ord. Trib. Roma 18 novembre 1981 (Gazz. uff. 8 settembre 1982, n. 248); Trib. Roma6 ottobre 1982 (due) (id. 15 giugno 1983, n. 163 e 22 giugno 1983, n. 170); Trib. Roma 21 aprile1982 (id. 29 giugno 1983, n. 177); Pret. R ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 11 (NOVEMBRE 1984), pp. 2687/2688-2689/2690Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177620 .
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2687 PARTE PRIMA 2688
alla Stessa regione « attribuita con d'art. 4, n. 12, dello statuto
speciale e con gli art. 22 d.p.r. n. 11.16 del 1965 e 21 e 26
d.p.r. n. 902 del 25 novembre 1975 ». 14. - Il ricorso della regione Friuli-Venezia Giulia è fondato. Non si può, invero, disconoscere che nel dare attuazione all'art.
4 1. cost. 31 gennaio 1063 n. 1, il d.p.r. 26 agosto 1065 n. 1116
abbia, con gli art. 1 e 22 (quest'ultimo tanto nel suo testo
originario quanto nel testo sostituito dall'art. 21 d.p.r. 25 novembre 1975 n. 902), trasferito alla regione Friuli-Venezia Giulia le attribuzioni degli organi dello Stato sia in materia di caccia sia in materia di urbanistica con una portata non suscet tibile di trovare limitazioni in nessuna delle indicazioni contenute nelle premesse del decreto impugnato e sviluppate all'udienza dall'avvocatura dello Stato.
Per quanto riguarda le considerazioni basate sull'esclusione dal trasferimento alla regione Friuli-Venezia Giulia dei rapporti rela tivi ai beni forestali appartenenti, come la «foresta di Tarvisio», all'azienda patrimoni riuniti ex-economali, va detto subito che esse — allo stesso modo del similare art. 68, 2° comma, d.p.r. 24
luglio 1977 n. 616 — non rilevano ai presenti fini, i quali coinvolgono non questioni di ordine patrimoniale (oltretutto, estranee alla competenza di questa corte), ma questioni di gestio ne funzionale (v. in generale, antea, punto 4).
Né, tanto meno, valgono i richiami all'art. 83 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, nelle partii in cui vi sarebbe prevista « una futura normativa di ripartizione di compiti fra Stato, regioni e comunità montane », lasciando allo Stato « il potere di individuare nuovi territori da costituire in riserve naturali di interesse nazionale »: il 2° comma di detto articolo prevede si « una futura normativa di ripartizione di compiti », ma con esclusivo riferimento alle
riserve naturali dello Stato già esistenti, mentre il 4° comma
parla non di riserve naturali di interesse nazionale, ma di riserve naturali a carattere interregionale, secondo una nozione che, per le ragioni ampiamente svolte in precedenza (punti 10 e 12), ha un significato ben diverso da quello che si pretenderebbe dall'av vocatura dello Stato.
Non vi è dubbio, ed in questo gli argomenti svolti dalla stessa avvocatura sono pienamente da condividere, che l'art. 83, pur rientrando in un d.p.r., come il n. 616 del 1977, dettato in attuazione di una delega concernente le regioni a statuto ordina rio (v. art. 1, 1" parte, 1. 22 luglio 1975 n. 382), trovi applicazione anche per le regioni a statuto speciale, non essendo accettabile che in una materia — quale quella delle riserve naturali, per la
prima volta specificata appunto dal d.p.r. n. 616 del 1977 — le
regioni a statuto speciale, nell'assenza di una espressa disposizio ne in contrario, restino prive delle attribuzioni conferite alle
regioni a statuto ordinario. Orbene, la portata principale dell'art. 83 sta, appunto, nell'aver trasferito « alle regioni le funzioni amministrative concernenti gli interventi per la protezione della
natura, le riserve ed i parchi naturali » (1° comma), con i soli limiti, qui non riscontrabili, posti in favore dello Stato dal 2° e dal 4° comma.
Altrettanto controproducente si rivela il richiamo che la prima premessa del provvedimento fa alla 1. 27 dicembre 1977 n. 968. Nel dettare «principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina dalla caccia », tale legge, all'art. 6, 1° comma, impegna, per gli interventi nel settore della
caccia, le regioni a predisporre piani annuali o pluriennali, qualificati di conseguenza piani regionali, con la previsione, tra
l'altro, di « oasi di protezione, destinate ail rifugio, alla riprodu zione, alla sosta della fauna selvatica » (Lett, a) e di « zone di
ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della selvag gina, al suo irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per il ripopolamento» (lett. b). La prescrizione dell'art. 4, n. 3, dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia non potrebbe trovare rispondenza più puntuale di questa.
Ultroneo è, poi, il richiamo alla 1. 27 dicembre 1977 n. 984, sul
quale ha pur insistito la difesa orale dall'avvocatura dello Stato: emanata pochi mesi dopo il d.p.r. n. 616 del 1977, tale legge, essenzialmente mossa dall'intento di assicurare adeguati finanzia menti a tipi svariatissimi di intervento pubblico, non poteva pretendere — né ha preteso — di modificare l'appena tracciato
riparto delle competenze tra lo Stato e le regioni. Troppo generica risulta, infine, l'utilizzazione della dimensione internazionale, qui insufficiente in modo palese: il limite degli obblighi internazionali
opera a favore dello Stato soltanto in presenza di adempimenti precisi, necessari per dare puntuale esecuzione ad un vincolo formalmente assunto (v. antea, punti 8 e 10).
L'illegittimità del decreto impugnato, invasivo della sfera di
competenza della regione Friuli-Venezia Giulia, ne comporta l'annullamento.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, a) dichiara che
spettava allo Stato la potestà di istituire le riserve naturali « Valle
Imperina » in comune di Rivamonte, « Monti del Sole », nei
comuni di Sédico e Sospirolo, « Monte Pavione » in comune di
Sovramonte, « Schiara occidentale » in comune di Sédico, « Valle
Scura » in comune S. Giustina Bellunese, « Piani Eterni-Errera-Val
Falcina » nei comuni di Cesiomaggiore, S. Giustina, Gosaldo e
Sospirolo, « Vette Feltrine » nei comuni di Sovramonte, Cesio
maggiore, Feltre e Pedavena, di cui ai sette decreti del ministro
per l'agricoltura e le foreste oggetto, rispettivamente, dei ricorsi
per conflitto di attribuzione nn. 16, 17, 18, 19, 20, 24 e 25 del
1976 proposti dalla regione Veneto; b) dichiara che spetta allo
Stato la potestà di istituire la riserva naturale dell'« Oasi della
Laguna di Orbetello di ponente » e la riserva naturale « Lago di
Burano », di cui ai due decreti del ministro per l'agricoltura e le
foreste oggetto, rispettivamente, dei ricorsi per conflitto di attri
buzione nn. 29 e 30 del 1980 proposti dalla regione Toscana; c) dichiara che non spetta allo Stato la potestà di istituire la
riserva naturale di popolamento animale «Laguna di ponente di
Orbetello (parte) », di cui al decreto del ministro per l'agricoltura e le foreste, di concerto con il ministro della marina mercantile,
oggetto del ricorso per conflitto di attribuzione n. 29 del 1981
proposto dalla regione Toscana, e annulla, di conseguenza, tale
decreto; d) dichiara che non spetta allo Stato la potestà di
istituire la riserva naturale « Bosco W.W.F. di Vanzago », di cui
al decreto del ministro per l'agricoltura e le foreste oggetto del
ricorso per conflitto di attribuzione n. 28 del 1080 proposto dalla
regione Lombardia, e annulla, di conseguenza, tale decreto; e) dichiara che non spetta allo Stato la potestà di istituire la riserva
naturale di popolamento animale della « Foresta di Tarvisio », di
cui al decreto del ministro per l'agricoltura e le foreste, di
concerto con il ministro dell'interno, oggetto del ricorso per conflitto di attribuzione n. 35 del 1980 proposto dalla regione Friuli-Venezia Giulia, e annulla, di conseguenza, tale decreto.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 11 luglio 1984, n. 190; Pres. Elia, Rei. De Stefano; Banca d'Italia (Avv. M. S. Gian
nini, Sangiorgi) c. Min. poste e telecomunicazioni; i-nterv. Pres.
cons, ministri (Avv. dello Stato Vittoria). Ord. Trib. Roma
18 novembre 1981 (Gazz. uff. 8 settembre 1982, n. 248); Trib.
Roma 6 ottobre 1982 (due) (id. 15 giugno 1983, n. 163 e 22
giugno 1983, n. 170); Trib. Roma 21 aprile 1982 (id. 29 giugno 1983, n. 177); Pret. Roma 3 marzo 1983 (id. 14 settembre 1983, in. 253).
Corte costituzionale — Giudizi incidentali di legittimità costitu
zionale — Restituzione degli atti per omessa o insufficiente
motivazione sulla rilevanza — Fattispecie (Cost., art. 3, 28, 113;
d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, t.u. delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, art. 6,
20, 28, 48, 91, 93, 96).
Nei giudizi incidentali di legittimità costituzionale la Corte costi tuzionale può ordinare la restituzione degli atti al giudice a
quo in caso di omessa o di insufficiente motivazione sulla rilevanza (nel caso di specie era stata sollevata, in riferimento agli art. 3, 28 e 113 Cost., la questione di legittimità costituzio nale degli art. 6, 20, 28, 48, 91, 93 e 96 d.p.r. 29 marzo 1973 n.
156, e, a giudizio della corte, non risultava sufficientemente dimostrata nelle ordinanze di rimessione l'incidenza « attuale e
non meramente eventuale» della questione nei procedimenti a
quibus). (1)
(1) Le cinque ordinanze di rimessione sono riportate come segue: Trib. Roma 18 novembre 1981 - 22 febbraio 1982, Foro it., 1982, I, 1408; 21 aprile 1982, Giur. costit., 1983, II, 1539; 6 ottobre 1982 (due), Foro it., Rep. 1983, voce Posta, n. 2; Pret. Roma 3 marzo 1983, Giur. costit., 1983, II, 1527.
Sui procedimenti di restituzione degli atti v., per tutti, Pizzorusso, La restituzione degli atti al giudice « a quo » nel processo costituziona le incidentale, Milano, 1965, e, più di recente, dello stesso a. Garanzie
costituzionali, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1981, 288 s. Secondo detto a. il provvedimento do vrebbe essere adottato nelle forme dell'ordinanza dal momento che non definisce il giudizio (La restituzione, oit., 97; Garanzie costituzio
nali, cit., 301). Ed in effetti in questo senso è la prassi della Corte costituzionale.
È da notare tuttavia che, nel caso di specie, la restituzione degli atti è stata pronunziata con sentenza (cfr. Pizzorusso, L'attività della Corte
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Diritto. — 1. - Come esposto in narrativa, tre ordinanze emesse dal
Tribunale di Roma i(una in data I18 novembre 1981 e due in data
6 ottobre 1982) deferiscono a questa corte la questione di
legittimità costituzionale — in riferimento agli art. 3, 28 e 113
Cost. — degli art. 6, 28, 48 e 93 t.u. delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni (codice
postale e delle telecomunicazioni), approvato con d.p.r. 29 marzo
1973 n. 156, nella parte in cui, nel loro combinato disposto, stabiliscono che il ministero delle poste e delle telecomunicazioni
non è tenuto ad alcuna forma di risarcimento, oltre all'indennità
prevista dallo stesso art. 28, nei casi di mancato recapito di
raccomandate, con le quali siano stati spediti vaglia cambiari o, in genere, titoli di credito commutanti titoli di spesa dello Stato.
Anche il Pretore di Roma, con ordinanza emessa il 3 marzo
1983, solleva questione di legittimità costituzionale, in riferimento
agli stessi parametri, dei suddetti articoli del codice postale, nella
parte in cui stabiliscono che, nel caso di mancato recapito di
raccomandate, con le quali siano stati spediti vaglia cambiari o
altri titoli di credito commutanti titoli di spesa dello Stato, dovuto a dolo o a colpa grave del personale dipendente dall'am
ministrazione postale, il ministero delle poste e delle telecomuni
cazioni non è tenuto ad altro risarcimento, oltre all'indennità
stabilita nella misura indicata dal decreto previsto dal denunziato
art. 28.
Infine, il Tribunale di Roma, con altra ordinanza emessa il 21
aprile 1982, proponendo la stessa questione di legittimità costitu
zionale già sollevata con le altre ordinanze, ha compreso nell'im
pugnativa, denunziandole per contrasto con l'art. 113 Cost., anche
le norme degli art. 20, 48, 91 e 96, lett. f, del codice postale, nelle parti in cui, nel loro combinato disposto, stabiliscono che,
in caso di perdita dà una corrispondenza raccomandata, se il
mittente non abbia presentato, entro sei mesi dalla data di
impostazione, reclamo all'amministrazione delle poste, l'azione
giudiziaria non può essere proposta, e l'amministrazione è liberata
da ogni responsabilità. 2. - Le ordinanze di rimessione sottopongono alla corte que
stioni identiche o connesse; pertanto i relativi giudizi vengono riuniti per essere decisi con unica sentenza.
3. - Va, innanzitutto, presa in considerazione l'eccezione di
inammissibilità prospettata, nel giudizio promosso con l'ordinanza
dal Tribunale di Roma del 18 novembre 1981, dall'avvocatura
dello Stato. Questa in proposito deduce che il tribunale avrebbe
omesso di decidere sulla richiesta, avanzata dall'amministrazione
delle poste all'atto della sua costituzione nel giudizio a quo, di
rigetto della domanda proposta nei suoi confronti dalla Banca
d'Italia, la quale, non avendo tempestivamente proposto il recla
mo di cui al citato art. 91 del codice postale, sarebbe decaduta
da ogni diritto ad indennizzo, essendo ormai tardiva la doglianza del mittente per il mancato arrivo della raccomandata al destina
tario.
Per lo stesso motivo {mancata pronuncia sull'eccezione opposta dell'amministrazione delle poste per l'omesso esperimento del
previo reclamo), l'avvocatura dello Stato, nei giudizi promossi
con le due ordinanze emesse dal Tribunale di Roma il 6 ottobre
1982, chiede che gli atti siano restituiti al giudice a quo.
Ora, non v'ha dubbio che il codice postale, al 2° comma del
menzionato art. 20, subordina espressamente la proponibilità dell'azione giudiziaria contro l'amministrazione delle poste per i
servizi dal codice stesso disoiplinati, alla previa presentazione di
reclamo in via amministrativa, entro un termine perentorio (che,
per le corrispondenze raccomandate, è fissato, dal successivo art.
91, in sei mesi dalla data d'impostazione). A sua volta, il citato
costituzionale nella sessione 1983-84, in Foro it., 1984, V, 330): nella mo
tivazione non vengono enunciate 'le ragioni di questa scolta nua esse van
no probabilmente ricollegate a quella autorevole tesi dottrinale secondo
cui tali decisioni (che non sono previste dalla legge ed hanno carattere
discrezionale: sul punto, per tutti, Pizzorusso, La restituzione, cit., 105)
non costituirebbero -altro che una diversa forma per pronunziare l'inam
missibilità di una questione incidentale non ritualmente sollevata (A. M.
Sandulli, Il giudizio sulle leggi, Milano, 1967, 9 s., nota 6; Crisa
fulli, Lezioni di diritto costituzionale, Padova, 1974, II, 2, 135 ss.). Per ciò che concerne il merito della questione v., in ordine alla
responsabilità dell'amministrazione delle poste, la nota di richiami a
Trib. Roma 22 febbraio 1982, cit., cui adde Quartulli, I servizi
pubblici telefonici, Milano, 1978, 146 ss.; Landi-Potenza, Manuale di
diritto amministrativo, Milano, 1974, 300. Le ordinanze di rimessione
traggono tutte origine da giudizi promossi a seguito del pagamento di
vaglia cambiari non trasferibili della Banca d'Italia a persona diversa
dal prenditore: a tale proposito v. l'annotazione di M. R. Covelli
a Cass. 25 gennaio 1983, n. 686 e a Trib. Roma 18 aprile 1984, in
Foro it., 1984, I, 1360.
Il Foro Italiano — 1984 — Parte 7-173.
art. 96, lett. /, prevede che, quando il mittente non abbia
presentato reclamo nel termine previsto dall'art. 91, l'amministra
zione è liberata da ogni responsabilità per la perdita, manomis
sione od avaria di oggetti raccomandati. Per poter, dunque, esaminare il merito della controversia sottoposta alila sua cogni
zione, il giudice adito doveva preliminarmente verificare la pro
ponibilità della esperita azione, come, del resto, gli veniva espres samente richiesto dalla stessa amministrazione delle poste. In
quella sede andava, infatti, accertato, per ciascun giudizio, se la
Banca d'Italia avesse presentato, nel prescritto termine, il reclamo
de quo agitur: ipotesi, oltre tutto, non esclusa dalla stessa
amministrazione resistente, in quanto l'onere della prova del
soddisfatto adempimento, che rende proponibile l'azione giudizia ria, incombe ovviamente su chi esperisce l'azione medesima.
Soltanto ove fosse stato positivamente superato tale stadio, con
l'accertata proponibilità dell'azione, ciascun procedimento avrebbe
potuto proseguire il suo corso: ed avrebbero potuto, salo allora, trovar applicazione nel giudizio a quo, quelle norme, della cui
legittimità costituzionale si dubita in quanto delimitano la respon sabilità dell'amministrazione per di mancato recapito delle corri
spondenze raccomandate.
In proposito va ricordato che questa corte ha già affermato, da
ultimo con la sentenza n. 300/83 (Foro it., 1983, I, 2933), che il
requisito della rilevanza, secondo il disposto dell'art. 23 1. l'I
marzo Ii953 n. 87, implica necessariamente che la sollevata
questione di legittimità costituzionale abbia nel procedimento a quo un'incidenza attuale e non meramente eventuale. Ed invero, la
pregiudizialità della questione medesima, conditio sine qua non ai
fini del giudizio incidentale di legittimità costituzionale, si concre
ta solo allorché il dubbio investa una norma, dalla cui applica
zione, ai fini della definizione del giudizio innanzi a lui pendente, il giudice a quo dimostri di non poter prescindere.
Le tre ordinanze di rimessione, alle quali fa riferimento l'avvo
catura dello Stato, non lumeggiano, invece, il profilo sopra
indicato; né da esse risulta se l'eccezione di improponibilità dell'azione sia stata presa in esame, e con quale esito. Si rende,
pertanto, necessario disporre che gli atti vengano restituiti ai
giudici a quibus, perché integrino con le necessarie delucidazioni
sul punto le rispettive ordinanze, onde porre la corte in grado di
pronunciarsi sull'ammissibilità della sollevata questione.
4. - Eguale provvedimento di restituzione degli atti al giudice a
quo, pur in mancanza di analoga richiesta dell'avvocatura dello
Stato, ritiene la corte di dover adottare, per le stesse esigenze ai
fini della verifica della rilevanza della sollevata questione, sotto il
profilo innanzi indicato, nel giudizio promosso con l'ordinanza
del 3 marzo 1983 del Pretore di Roma.
5. - Per quanto, infine, concerne l'ordinanza emessa il 21 aprile 1982 dal Tribunale di Roma, la corte rileva che in tal caso il
giudice si è dato carico della eccezione di improponibilità dell'a
zione, mossa dall'amministrazione delle poste, ed ai fini della
relativa pronuncia ha sollevato questione di legittimità costituzio
nale delle norme che subordinano l'esperimento dell'azione mede
sima e la stessa responsabilità dell'amministrazione al previo reclamo amministrativo. Ma non risulta ohe il giudice a quo abbia preliminarmente accertato se la Banca d'Italia avesse pre
sentato, nel prescritto termine, il realamo in parola. Solo nell'ipo
tesi negativa, infatti, la questione sollevata spiegherebbe, nel
giudizio di provenienza, un'incidenza attuale e concreta; mentre
tale incidenza resterebbe esclusa nell'ipotesi affermativa, che con
sentirebbe al procedimento di proseguire il suo corso, indipenden temente dalla risoluzione della questione medesima. Non proce
dendosi, invece, all'accertamento circa la presentazione del recla
mo, l'incidenza della deferita questione sarebbe meramente even
tuale.
Anche in quest'ultimo giudizio, pertanto, la corte avverte — in
ordine alla pronuncia che le viene richiesta — la necessità di
acquisire ulteriori elementi circa la rilevanza, nei sensi sopra
esposti, da parte del giudice a quo, cui a tal fine vanno restituiti
gli atti.
Per questi motivi, la Corte costituzionale riuniti i procedimenti iscritti ai nn. 233 r.o. 1982, 29, 30, 31 e 337 r.o. 1983, ordina la
restituzione degli atti al Tribunale di Roma ed al Pretore di
Roma.
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