sentenza 12 aprile 2002, n. 106 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 17 aprile 2002, n. 16);Pres. Ruperto, Est. Mezzanotte; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Caramazza) c. RegioneLiguria (Avv. Cocchi). Conflitto di attribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 6 (GIUGNO 2002), pp. 1595/1596-1597/1598Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198478 .
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PARTE PRIMA 1596
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 12 aprile 2002, n.
106 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 17 aprile 2002, n.
16); Pres. Ruperto, Est. Mezzanotte; Pres. cons, ministri
(Avv. dello Stato Caramazza) c. Regione Liguria (Avv. Coc
chi). Conflitto di attribuzione.
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Liguria
—
Dizione «parlamento della Liguria» — Utilizzo —
Spet tanza alla regione
— Esclusione — Annullamento (Cost., art. 1,5, 55,67, 114, 115, 121).
Non spetta al consiglio regionale della Liguria adottare la deli
bera 15 dicembre 2000 n. 62, con la quale è stato disposto che in tutti i propri atti la dizione «consiglio regionale» sia
affiancata da quella di «parlamento della Liguria» ed è stata
formulata alla commissione statuto la direttiva di tenere
conto di tale denominazione in sede di elaborazione del nuo
vo statuto regionale; deve essere pertanto annullata la sud
detta delibera del consiglio regionale della Liguria. (1)
Diritto. — 1. - Il presidente del consiglio dei ministri ha pro
posto ricorso per conflitto di attribuzione, in riferimento agli art.
1, 5, 55, 115 (articolo abrogato dall'art. 9, 2° comma, 1. cost. 18
ottobre 2001 n. 3) e 121 Cost, avverso la delibera n. 62 del 15
dicembre 2000, con la quale il consiglio regionale della Liguria, da un lato ha disposto che in tutti i propri atti la dizione «consi
glio regionale» sia affiancata da quella di «parlamento della Li
guria»; dall'altro ha indirizzato alla commissione statuto la di
rettiva di tenere conto di tale denominazione in sede di elabora
zione del nuovo statuto regionale. 2. - Il ricorso deve essere accolto.
Già un approccio puramente testuale al tema oggetto del con
flitto induce a nutrire forti dubbi sulla conformità a Costituzione
della deliberazione impugnata. Il termine «parlamento», che
apre il titolo I, parte II, Cost., si riferisce, ai sensi dell'art. 55, ai
(1) La Corte costituzionale, nel risolvere ii conflitto tra il governo e la regione Liguria in ordine all'utilizzo del termine «parlamento della
Liguria», affronta questioni di largo respiro costituzionale ed anticipa in qualche misura quello che potrà essere il contenzioso costituzionale in ordine ai nuovi statuti regionali che saranno approvati nei prossimi mesi, in attuazione della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione.
La corte mostra di non accogliere la posizione espressa dal governo, secondo cui il parlamento dovrebbe ritenersi come la sede esclusiva o almeno preminente in cui prende forma la sovranità popolare, osser vando che «l'art. 1 Cost., nello stabilire, con formulazione netta e defi
nitiva, che la sovranità 'appartiene' al popolo, impedisce di ritenere che vi siano luoghi o sedi dell'organizzazione costituzionale nella quale es sa si possa insediare esaurendovisi. Le forme e i modi nei quali la so vranità del popolo può svolgersi, infatti, non si risolvono nella rappre sentanza, ma permeano l'intera intelaiatura costituzionale: si rifrangono in una molteplicità di situazioni e istituti ed assumono una configura zione talmente ampia da ricomprendere certamente il riconoscimento e la garanzia delle autonomie territoriali». Viene comunque respinta an che l'impostazione offerta dalla regione resistente, la quale derivava dal nuovo quadro costituzionale e dalla sostanziale parificazione di funzioni tra consiglio regionale e parlamento, la possibilità di estendere la denominazione «parlamento» al primo, opponendovisi, a giudizio della corte, la lettera della Costituzione che, attraverso gli art. 55 e 121, pare chiaramente operare una scelta diversificatrice riservando, anche con la novella costituzionale del 2001, il termine «parlamento» all'or
gano espressivo della «sede della rappresentanza politica nazionale, la
quale imprime alle sue funzioni una caratterizzazione tipica e infugibi le. In tal senso il nomen parlamento non ha un valore puramente lessi
cale, ma possiede anche una valenza qualificativa, connotando, con
l'organo, la posizione esclusiva che esso occupa nell'organizzazione costituzionale». La corte conclude quindi con un'indicazione avente valore generale per le commissioni che stanno lavorando ai nuovi sta tuti regionali, sostenendo che gli art. 55 e 121 Cost, costituiscono «un vero e proprio divieto per i consigli regionali di appropriarsi del nome
parlamento». Per l'affermazione secondo cui l'immunità parlamentare di cui al
l'art. 68, 1° comma, Cost, sarebbe misura a salvaguardia delle funzioni sovrane spettanti al parlamento, mentre quella, letteralmente identica, prevista per i consiglieri regionali dall'art. 122, 4° comma, Cost, fareb be riferimento alle attribuzioni dei consigli regionali che si inquadrano nell'esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite, ma non si
esprimono a livello di sovranità, v. Corte cost. 27 marzo 1975, n. 81, Foro it., 1975,1, 1623, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 2002.
due organi che lo compongono: la camera dei deputati e il se
nato della repubblica. L'art. 121 Cost, denomina invece consi
glio regionale l'organo che esercita le potestà legislative attri
buite alla regione e le altre funzioni che la Costituzione e le leg
gi gli conferiscono.
L'argomento letterale, seppure non privo di valore, non può tuttavia essere considerato decisivo se non viene saggiato alla
luce degli altri canoni dell'interpretazione costituzionale. Le
stesse parti, del resto, hanno avvertito la necessità di spingersi al
di là del dato testuale allorché, con appositi intendimenti, hanno
addotto elementi storico-sistematici per corroborlarlo ovvero
consentirne il superamento. L'avvocatura dello Stato insiste
sulla distinzione-contrapposizione tra sovranità popolare, della
quale il solo parlamento sarebbe espressione, e autonomia; la di
fesa della regione, richiamandosi alla posizione di perfetta
equiordinazione che, dopo le recenti riforme costituzionali, si
sarebbe ormai realizzata tra parlamento e consigli regionali, ri
tiene che anche questi ultimi, da annoverare a pieno titolo tra le
assemblee rappresentative, possano, per analogia, fregiarsi del
nome parlamento. E su tali antagonistiche prospettazioni che questa corte deve
portare il proprio esame.
3. - La difesa erariale, dunque, nel tentativo di rinvenire, al di
là del dato testuale, una più profonda ragione costituzionale del
carattere esclusivo della denominazione «parlamento» attribuita
alle assemblee legislative nazionali, pone l'accento sul fatto che
siano queste la sede esclusiva, o anche soltanto preminente, in
cui prende forma la sovranità del popolo. Si deve in proposito osservare che il legame parlamento
sovranità popolare costituisce inconfutabilmente un portato dei
principi democratico-rappresentativi, ma non descrive i termini
di una relazione di identità, sicché la tesi per la quale, secondo
la nostra Costituzione, nel parlamento si risolverebbe, in sostan
za, la sovranità popolare, senza che le autonomie territoriali
concorrano a plasmarne l'essenza, non può essere condivisa
nella sua assolutezza.
Sebbene il nuovo orizzonte dell'Europa e il processo di inte
grazione sovranazionale nel quale l'Italia è impegnata abbiano
agito in profondità sul principio di sovranità, nuovamente
orientandolo ed immettendovi virtualità interpretative non tutte
interamente predicibili, un apparato concettuale largamente con
solidato nel nostro diritto costituzionale consente di procedere,
proprio sui temi connessi alla sovranità, da alcuni punti fermi.
L'art. 1 Cost., nello stabilire, con formulazione netta e definiti
va, che la sovranità «appartiene» al popolo, impedisce di ritene
re che vi siano luoghi o sedi dell'organizzazione costituzionale
nella quale essa si possa insediare esaurendovisi. Le forme e i
modi nei quali la sovranità del popolo può svolgersi, infatti, non si risolvono nella rappresentanza, ma permeano l'intera inte
laiatura costituzionale: si rifrangono in una molteplicità di si
tuazioni e di istituti ed assumono una configurazione talmente
ampia da ricomprendere certamente il riconoscimento e la ga ranzia delle autonomie territoriali. Per quanto riguarda queste ultime, risale alla costituente la visione per la quale esse sono a
loro volta partecipi dei percorsi di articolazione e diversifica
zione del potere politico strettamente legati, sul piano storico non meno che su quello ideale, all'affermarsi del principio de mocratico e della sovranità popolare.
Il nuovo titolo V — con l'attribuzione alle regioni della pote stà di determinare la propria forma di governo, l'elevazione al
rango costituzionale del diritto degli enti territoriali minori di
darsi un proprio statuto, la clausola di residualità a favore delle
regioni, che ne ha potenziato la funzione di produzione legisla tiva, il rafforzamento dell'autonomia finanziaria regionale, l'a
bolizione dei controlli statali — ha disegnato di certo un nuovo modo d'essere del sistema delle autonomie. Tuttavia i significa tivi elementi di discontinuità nelle relazioni tra Stato e regioni che sono stati in tal modo introdotti non hanno intaccato le idee
sulla democrazia, sulla sovranità popolare e sul principio auto
nomistico che erano presenti e attive sin dall'inizio dell'espe rienza repubblicana. Semmai potrebbe dirsi che il nucleo cen trale attorno al quale esse ruotavano abbia trovato oggi una po sitiva eco nella formulazione del nuovo art. 114 Cost., nel quale gli enti territoriali autonomi sono collocati al fianco dello Stato come elementi costitutivi della repubblica quasi a svelarne, in una formulazione sintetica, la comune derivazione dal principio democratico e dalla sovranità popolare.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
In conclusione, se non lo si vuole racchiudere entro uno
schema troppo angusto e ormai storicamente inattendibile, non è
il principio di sovranità popolare a poter fondare un'attribuzione
costituzionale all'uso esclusivo della denominazione «parla mento».
4. - D'altro canto, non può essere accolta neppure la prospet tiva ricostruttiva in cui si pone la regione Liguria per superare l'ostacolo recato dalla lettera della Costituzione. La difesa re
gionale assume che la sostanziale parificazione di funzioni, nei
rispettivi ambiti di competenza, tra consiglio regionale e parla mento renderebbe legittima l'estensione anche al primo della
denominazione propria del secondo. Questa ricostruzione po trebbe avere una qualche plausibilità se la denominazione degli
organi direttivi della regione fosse collocata in uno spazio di in
differenza giuridica; solo allora sarebbe infatti possibile muove
re alla ricerca di una nozione «sostanziale» di parlamento, e, confortati dall'indagine storica, annettere una qualificazione sif
fatta alle assemblee legislative titolari di una funzione rappre sentativa delle popolazioni governate, dunque anche ai consigli
regionali. E tuttavia di ostacolo alla utilizzazione dell'argomento analo
gico la circostanza che la Costituzione ha inteso pregiudicare
questo spazio giuridico. Essa nel titolo I, parte II, attribuisce
alle sole camere il nome parlamento, e definisce consiglio re
gionale, nell'art. 121, il titolare della funzione legislativa regio nale. Gli organi direttivi della regione non sono dunque entità
nuove nate negli ordinamenti regionali in virtù delle modifiche
introdotte nel titolo V della Costituzione e prive di denomina
zioni proprie. Ed è vano richiamare profili di analogia tra consi
glio regionale e parlamento, che erano evidenti al costituente del
1948 — il quale con l'art. 121 Cost, (e con le corrispondenti norme degli statuti speciali) aveva nondimeno espresso chiara
mente la propria scelta diversificatrice — così come si deve pre sumere lo siano stati al legislatore costituzionale del 1999 e del
2001, che pure, proprio nel momento in cui si accingeva ad un
rilevante potenzialmente del ruolo delle autonomie, non ha rite
nuto di mutare in «parlamento» la denominazione dell'organo
legislativo delle regioni. Conviene piuttosto individuare gli elementi che giustifichino
la diversa denominazione costituzionale, ed è fin troppo agevo
le, in questa prospettiva, rilevare che il termine parlamento ri
fiuta di essere impiegato all'interno di ordinamenti regionali. Ciò non per il fatto che l'organo al quale esso si riferisce ha ca
rattere rappresentativo ed è titolare di competenze legislative, ma in quanto solo il parlamento è sede della rappresentanza po litica nazionale (art. 67 Cost.), la quale imprime alle sue funzio
ni una caratterizzazione tipica ed infungibile. In tal senso il no
men parlamento non ha un valore puramente lessicale, ma pos siede anche una valenza qualificativa, connotando, con l'orga
no, la posizione esclusiva che essa occupa nell'organizzazione costituzionale. Ed è proprio la peculiare forza connotativa della
parola ad impedire ogni sua declinazione intesa a circoscrivere
in ambiti territorialmente più ristretti quella funzione di rappre sentanza nazionale che solo il parlamento può esprimere e che è
ineluttabilmente evocata dall'impiego del relativo nomen.
5. - Le considerazioni fin qui svolte consentono di apprezzare nella pienezza del suo significato il valore deontico degli art. 55
e 121 Cost., che si traduce in un vero e proprio divieto per i
consigli regionali di appropriarsi del nome parlamento. Ne con
segue che la dizione lessicale integrativa introdotta dalla regio ne Liguria, intesa ad estendere anche al consiglio regionale ligu re il nomen parlamento, deve ritenersi illegittima, sicché il ri
corso per conflitto deve essere accolto e la delibera impugnata annullata anche in riferimento alla sua seconda parte, con la
quale il consiglio regionale, esorbitando dalle proprie attribu
zioni e ledendo quelle statali, invita l'apposita commissione ad inserire nello statuto regionale in corso di elaborazione una de
nominazione costituzionalmente non consentita per l'organo consiliare.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che non
spetta al consiglio regionale della Liguria adottare la delibera n.
62 del 15 dicembre 2000 recante «istituzione del parlamento della Liguria» e conseguentemente la annulla.
Il Foro Italiano — 2002.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 10 aprile 2002, n. 94 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 17 aprile 2002, n. 16); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; Rinaldi c. Min. università e
ricerca scientifica e tecnologica e altri; interv. Pres. cons, mi
nistri (Avv. dello Stato De Stefano). Ord. Tar Emilia
Romagna 12 gennaio 2000 (G.U., la s.s., n. 48 del 2000).
Istruzione pubblica — Università — Tecnici laureati —
Trattamento giuridico ed economico — Mancata equipa razione ai ricercatori universitari — Questione manife
stamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 36, 97; 1. 19 novembre 1990 n. 341, riforma degli ordinamenti didat
tici universitari, art. 12, 16).
E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale degli art. 12 e 16 l. 19 novembre 1990 n. 341, nella
parte in cui non attribuiscono ai tecnici laureati in possesso dei requisiti di cui all'art. 50 d.p.r. 382/80 lo status giuridico ed economico dei ricercatori universitari, in riferimento agli art. 3, 36 e 97 Cost. (1)
Ritenuto che con ordinanza del 12 gennaio 2000 il Tar Emi
lia-Romagna ha sollevato questione di legittimità costituzionale
degli art. 12 e 16 1. 19 novembre 1990 n. 341 (riforma degli or
dinamenti didattici universitari), in riferimento agli art. 3, 36 e 97 Cost.;
che, secondo quanto risulta dall'esposizione dell'ordinanza di
(1) La Corte costituzionale nega il presupposto interpretativo sul
quale si fondava il giudice a quo, consistente nel ritenere che le dispo sizioni impugnate avrebbero sostanzialmente equiparato le mansioni af fidate alla categoria dei tecnici laureati ed a quella dei ricercatori. Essa
procede infatti ad una ricostruzione delle due figure, evidenziando co me alla parziale coincidenza di compiti per quanto riguarda l'attività
didattica, si contrappone una differenziazione per quanto riguarda i
compiti relativi alla ricerca, propria ed esclusiva dei ricercatori e quelli di direzione e gestione di laboratori, propria ed esclusiva dei tecnici
laureati. Con riguardo alla stessa questione, sollevata dal medesimo giudice,
la corte aveva provveduto alla restituzione degli atti al giudice a quo per un riesame della rilevanza alla luce dello ius superveniens (art. 1, 10° comma, 1. 14 gennaio 1999 n. 4, che ha previsto l'autorizzazione alle università a bandire concorsi per ricercatore universitario riservati a tecnici laureati): Corte cost., ord. 11 febbraio 1999, n. 28, Foro it.,
1999, I, 1113, con nota di richiami. Il giudice a quo ha ritenuto ancora
persistente il requisito della rilevanza e quindi, con una motivazione
giudicata plausibile dalla corte, ha di nuovo rimesso la questione al l'esame della stessa.
Questione per certi aspetti analoga, sollevata nei riguardi dell'art. 16
1. 341/90, nella parte in cui inibisce di remunerare prestazioni lavorati ve rese da tecnici laureati anche in presenza dei requisiti di cui all'art. 50 d.p.r. 382/80, proprie dei ricercatori confermati, è stata dichiarata manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, da Corte cost., ord. 18 luglio 1997, n. 250, id., Rep. 1998, voce Istruzione pubblica, n.
295. Nel senso che ai tecnici laureati sono state estese le funzioni di do
cenza riconosciute ai ricercatori universitari, ma non anche lo stato giu ridico e la qualifica di questi ultimi, con conseguente automatico in
quadramento nel relativo ruolo, trattandosi di operazione che avrebbe richiesto da parte della legge una espressa e puntuale previsione, v. Tar
Puglia, sez. I, 5 luglio 2000, n. 2759, id., Rep. 2000, voce cit., n. 328.
Per l'affermazione secondo cui legittimamente presso la facoltà di
medicina e chirurgia si dispone la rilevazione con strumenti marcatem
po dell'orario di servizio dei funzionari tecnici laureati in medicina che
svolgono attività assistenziale mentre per i docenti tale rilevazione è
prevista solo per il lavoro straordinario, non essendo prevista da alcuna
normativa l'equiparazione tra i tecnici laureati e i docenti universitari, v. Tar Campania 8 aprile 1999, n. 1004, id., Rep. 1999, voce cit., n.
322. Per la manifesta inammissibilità, in quanto priva di qualsiasi motiva
zione in ordine alla rilevanza, della questione di legittimità costituzio
nale dell'art. 8, 7° comma, 1. 19 ottobre 1999 n. 370, nella parte in cui — prevedendo che è legittimamente conseguita l'idoneità alla nomina a
professore associato dai tecnici laureati di cui all'art. 1,1° comma, 1.
14 gennaio 1999 n. 4, anche se non in servizio al 1° agosto 1980, i qua li, ammessi con riserva ai relativi giudizi di idoneità per effetto di ordi
nanze di sospensione dell'efficacia di atti preclusivi alla partecipazione emesse dal giudice amministrativo, li abbiano superati
— non contem
pla, tra i destinatari del beneficio ivi previsto, i medici interni universi
tari con compiti assistenziali nominati in base a pubblico concorso, v.
Corte cost., ord. 22 aprile 2002, n. 132, in questo fascicolo, 1, 1561, con
nota di richiami.
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