+ All Categories
Home > Documents > sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8);...

sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8);...

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: lynhu
View: 212 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
9
sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8); Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri) c. Regione Piemonte (Avv. E. Romanelli) Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1125/1126-1139/1140 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190267 . Accessed: 25/06/2014 00:59 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.185 on Wed, 25 Jun 2014 00:59:23 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8); Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri) c. Regione

sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8);Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri) c. Regione Piemonte(Avv. E. Romanelli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1125/1126-1139/1140Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190267 .

Accessed: 25/06/2014 00:59

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 195.78.108.185 on Wed, 25 Jun 2014 00:59:23 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8); Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri) c. Regione

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - Il Tribunale di Busto Arsizio dubita della le gittimità costituzionale dell'art. 8 1. 15 luglio 1966 n. 604 (licen ziamenti individuali), cosi come modificato dall'art. 2 1. 11 mag gio 1990 n. 108, nella parte in cui prevede il diritto di scelta fra la riassunzione ed il risarcimento a favore del datore di lavoro.

A parere del giudice a quo sussisterebbe contrasto con l'art.

3 Cost., in quanto il lavoratore di impresa «minore» godrebbe di un trattamento più sfavorevole rispetto al lavoratore di im

presa «maggiore», nonché con l'art. 24 Cost, non essendo in

concreto concessa tutela al lavoratore di impresa «minore».

2. - La questione non è fondata dovendosi interpretare la

norma impugnata nei sensi che saranno di seguito precisati.

Questa corte ha più volte-(sentenze nn. 398 del 1994, Foro

it., 1995, I, 19; 189 del 1975, id., 1975, I, 1578; 152 del 1975, ibid.; 55 del 1974, id., 1974, I, 959) indicato i motivi razionali che giustificano la diversificazione del regime dei licenziamenti individuali in ragione delle dimensioni dell'impresa, evidenzian do che essi vanno ricercati nelle esigenze di funzionalità delle

unità produttive, soprattutto ai fini occupazionali, nonché nel

diverso grado di fiduciarietà e di tensione psicologica riscontra

bile nei rapporti diretti fra dipendente e piccolo imprenditore

rispetto alla situazione nella grande impresa. Nel confermare questa giurisprudenza, va ribadito che, nella

sola ipotesi di imprese minori, la legge ragionevolmente ricono

sce al datore di lavoro la scelta in ordine alla possibilità di rias

sumere il lavoratore illegittimamente licenziato, ovvero di risar

cirgli il danno conseguente all'accertata illegittimità del licen

ziamento.

3. - La ragionevolezza della differente disciplina tra impresa minore e maggiore non risolve tuttavia il problema relativo alle

ulteriori conseguenze scaturenti dalla predetta scelta operata dal

datore di lavoro e precisamente quello della esatta interpreta zione dell'espressione normativa che impone all'imprenditore

l'obbligo, in mancanza della riassunzione, di risarcire il danno;

ciò costituisce la sostanza della sollevata questione di costituzio

nalità.

In proposito, il giudice a quo dubita della legittimità costitu

zionale della norma interpretata in modo conforme agli art. 1286

ss. c.c., e cioè nel senso che, operata la scelta fra due prestazio

ni, ciò determina l'irrevocabilità della stessa, e il debitore resta

liberato dalla seconda prestazione.

L'interpretazione da cui muove l'ordinanza di rimessione è

aderente ad un orientamento della Corte di cassazione, tuttavia

contrastato da un maggior numero di pronunce della stessa, secondo cui il risarcimento previsto dalla norma impugnata co

stituisce una delle conseguenze della illegittimità del licenzia

mento: ed invero, si è affermato che, in mancanza (per qualsia si motivo) della reintegrazione (tutela reale e primaria), è dovu

ta la seconda delle tutele, e cioè quella obbligatoria, consistente

nella monetizzazione del danno derivante dall'illegittimo licen

ziamento, ogni qual volta non si ripristini il rapporto. 4. - Questo diverso orientamento giurisprudenziale è condivi

so dalla quasi totalità della dottrina e risulta anche da una risa

lente pronuncia di questa corte (sentenza n. 194 del 1970, id., 1971, I, 3), la quale ebbe ad affermare testualmente: «Né, ad

orientare diversamente il giudizio della corte, valgono i rilievi

contenuti nelle ordinanze circa la ingiustizia cui condurrebbe

la norma che, si sostiene, escluderebbe l'obbligo del pagamento

dell'indennità, nel caso che il ripristino del rapporto di lavoro

non possa aver luogo per causa non imputabile al datore di

lavoro».

«La corte esclude che tali inconvenienti possano verificarsi

ove si ritenga — come deve ritenersi perché la norma conservi

la riconosciuta conformità ai principi costituzionali — che il

pagamento della indennità, qualora il rapporto non si ripristini,

sia sempre dovuto e lo sia per il solo fatto del mancato ripristi no di esso, senza che a nulla rilevi quale sia il soggetto e quale la ragione per cui ciò abbia a verificarsi».

5. - Con tale pronuncia, quindi, questa corte ha già fatto

propria quella interpretazione della norma che la rende confor

quindi un apprezzabile ampliamento della tutela del lavoratore licenzia

to, il quale anche nelle piccole imprese (e forse soprattutto in queste) potrebbe avere interesse a non tornare alle dipendenze di chi illegittima mente lo abbia estromesso dal posto di lavoro. [G. Amoroso]

Il Foro Italiano — 1996.

me ai principi costituzionali. E, nella presente occasione, non

risultano validi motivi per discostarsi dalla richiamata pronuncia. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda

ta, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 1. 15 luglio 1966 n. 604 (licenziamenti individuali), cosi come modificato dall'art. 2 1. 11 maggio 1990 n. 108, sollevata in riferimento all'art. 3 e 24 Cost., dal Tribu nale di Busto Arsizio con l'ordinanza indicata in epigrafe.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 12 febbraio 1996, n.

26 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 21 febbraio 1996, n.

8); Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons, ministri (Aw. del

lo Stato Ferri) c. Regione Piemonte (Aw. E. Romanelli).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Piemonte — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili

zia e ambientale — Approvazione — Decorso del termine —

Silenzio assenso — Violazione dei limiti della competenza re

gionale — Incostituzionalità (Cost., art. 117).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Piemonte — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili

zia e ambientale — Introduzione d'ufficio di modifiche regio nali — Violazione dei limiti della competenza regionale —

Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. S, 117, 128).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Piemonte — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili

zia e ambientale — Mantenimento delle volumetrie preesistenti — Difformità dal piano regolatore vigente — Violazione dei

limiti della competenza regionale — Questione infondata di

costituzionalità (Cost., art. 117).

È incostituzionale l'art. 6, 2° comma, l. reg. Piemonte riappro vata l'8 marzo 1995, nella parte in cui prevede che nel caso

di inutile scadenza del termine di centoventi giorni per l'ap

provazione regionale del programma integrato di riqualifica

zione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179, questo si considera approva

to, poiché l'estensione del silenzio assenso a procedimenti ad

elevata discrezionalità come in materia di pianificazione, fini sce per incidere sull'essenza stessa della competenza re

gionale. (1) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

6, 3° comma, l. reg. Piemonte riapprovata l'8 marzo 1995,

in base al quale le modifiche al programma integrato di ri

qualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 sono introdotte

d'ufficio dalla giunta regionale qualora il termine per l'assun

zione della deliberazione comunale sia inutilmente trascorso,

trattandosi di modifiche non comportanti sostanziali innova

zioni, in riferimento agli art. 5, 117 e 128 Cost. (2)

(1, 4) Con le pronunce in epigrafe la Consulta fa applicazione di

alcuni dei principi già enunciati nella sentenza 19 ottobre 1992, n. 393, Foro it., 1992, I, 3203, con nota di richiami, in particolare per quanto concerne l'impatto con una «nuova cultura di semplificazione» della

procedura di approvazione del nuovo strumento urbanistico — riguar do alla quale si considera illegittima l'approvazione per silenzio assenso — dimostrando di tenere a parametro di riferimento nella valutazione

di compatibilità costituzionale delle norme regionali attuative della leg

ge statale 17 febbraio 1992 n. 179, l'ordinamento statuale vigente. Ra

gionamento su cui si appuntano, con riferimento alla sentenza 392/92, le critiche di Bartole, Valutazione della competenza regionale o viola

zione dei principi di buona amministrazione in materia urbanistica?, in Riv. giur. urbanistica, 1993, 225 ss., che, sottolineando l'opzione della corte di un percorso argomentativo attraverso gli art. 3 e 97 Cost., anziché sul fronte degli art. 115, 117 e 118 Cost., per giungere alla

dichiarazione d'incostituzionalità (sulla possibilità delle regioni di adire il giudice costituzionale prospettando la violazione di qualsiasi norma

costituzionale funzionale alla lamentata lesione della propria autono

This content downloaded from 195.78.108.185 on Wed, 25 Jun 2014 00:59:23 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8); Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri) c. Regione

1127 PARTE PRIMA 1128

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

8, 2° comma, I. reg. Piemonte riapprovata l'8 marzo 1995, nella parte in cui prevede che il programma integrato di ri

qualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 consenta il mante

nimento di volumetrìe preesistenti, anche in difformità del

piano regolatore vigente, nelle aree di salvaguardia culturale

e ambientale, riferendosi la norma comunque a ciò che sia

stato costruito in armonia con gli strumenti urbanistici all'e

poca esistenti, con esclusione delle opere edilizie abusive, in

riferimento all'art. 117 Cost. (3)

II

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 27 luglio 1995, n. 408

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 agosto 1995, n. 32); Pres. Baldassarre, Est. Caianiello; Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Favara) c. Regione Campania (Aw. Ferrari).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili

zia e ambientale — Approvazione — Decorso del termine —

Silenzio assenso — Violazione dei limiti della competenza re

gionale — Incostituzionalità (Cost., art. 117).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili

zia e ambientale — Scadenza — Obbligo di adozione di nuo

vo programma — Reiterazione di vincoli — Incostituzionalità

(Cost., art. 117). Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania

— Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili

zia e ambientale — Non conformità agli strumenti urbanistici

mia, vedi, con espresso riferimento a Corte cost. 19 ottobre 1992, n.

393, cit., R. Tosi, Pretese delle regioni e parametri costituzionali nel

giudizio principale, in Regioni, 1993 , 937), attribuisce il modus deci dendi più che altro ad «una scelta casuale e contingente del parametro di giudizio», non motivata da un confronto fra rationes, che siano il

frutto di una previa elaborazione, e l'oggetto specifico del giudizio con cui la corte è chiamata a confrontarsi. E se il pericolo di esasperare la «dottrina ermeneutica della pietrificazione», tanto più rischiosa e dan

nosa in quanto applicata ad un settore come quello della pubblica am ministrazione dell'urbanistica che è in continuo movimento e per gene rale ammissione bisognoso di interventi riformatori (Bartole, cit., 232), poteva essere arginato se non dal legislatore statale, non resta al legisla tore regionale che adeguarsi ai principi fondamentali segnati dalle leggi statali, giacché «la determinazione del tipo di intervento programmati co destinato ad operare su tutto il territorio e diretto a fissare le linee essenziali e gli elementi caratteristici di una nuova figura rientra nella competenza dello Stato: si tratta di normativa di principio, che non

può trovare ostacolo nella potestà di programmazione territoriale attri buita alle regioni, in quanto fissa schemi e modelli, che consentono a detta potestà di esplicarsi in modo unitario ed omogeneo» (Corte cost. 393/92, cit.). E nella sentenza 393/92 sono distinguibili due parti nettamente distinte, relative, rispettivamente, alle previsioni di carattere

astratto, che fissano finalità e caratteristiche del nuovo tipo di strumen to di programmazione territoriale — queste emanate legittimamente nel l'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento dello Stato —, ed agli aspetti concreti della relativa disciplina sotto il profilo del fun

zionamento e dell'efficacia, con introduzione — da qui il giudizio di

illegittimità costituzionale — di una serie di deroghe alla vigente legisla zione urbanistica (Sessa, Competenza dello Stato (nell'esercizio della

funzione di indirizzo e di coordinamento) per l'istituzione dei «pro grammi integrati di intervento» di cui all'art. 16 della legge n. 179 del

1992, in Riv. amm., 1992, 1464). Se la «bocciatura» da parte della corte delle nuove caratteristiche

accelerativo-derogatorie dei programmi integrati è sembrata integrare uno «svuotamento di significato» dei piani stessi (Morbidelli, Urbani stica incostituzionale per abuso di silenzio assenso, in Giur. costit., 1992, 3427), l'intervento del giudice delle leggi è sembrato invece opportuno agli occhi di chi vedeva nella disciplina sostanziale e procedimentale del nuovo strumento urbanistico elementi di inammissibile e pericolosa rottura (De Pretis, Piani integrati e buon andamento dell'amministra

zione, in Regioni, 1993, 924), anche se il «carattere fortemente innova tivo e dirompente» del nuovo modello di pianificazione integrata avreb be giustificato, secondo l'autrice, in estrema ipotesi, e salvo il potere

regionale di successive definizioni di dettaglio, «l'introduzione di una

Il Foro Italiano — 1996.

vigenti — Violazione dei limiti della competenza regionale —

Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 5, 117, 128). Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania

— Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili

zia e ambientale — Ingerenza nel campo del diritto privato — Violazione dei limiti della competenza regionale — Que stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili

zia e ambientale — Compressione delle autonomie comunali — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117,

128). Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania

— Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili

zia e ambientale — Pregiudizio delle proprietà minori — Vio lazione dei limiti della competenza regionale — Questione in

fondata di costituzionalità (Cost., art. 117).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili

zia e ambientale — Possibilità di modifica delle concessioni

edilizie — Violazione dei limiti della competenza regionale — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili zia e ambientale — Interventi nei centri storici e aumenti di

volumetrie — Violazione dei limiti della competenza regiona le — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili

zia e ambiente — Computo volumetrico preesistente — Scom

puto della volumetrìa abusiva — Violazione dei limiti della

competenza regionale — Questione infondata di costituziona

lità (Cost., art. 117).

normativa di principio statale che rompesse il sistema dei principi fon damentali vigenti» (De Pretis, cit., 929).

Ma l'ansia di rinnovamento in direzione della semplificazione proce durale (sul tema vedi, in generale, Pericu, La semplificazione delle pro cedure urbanistiche ed edilizie, in Riv. giur. urbanistica, 1986, 52; Amorosino-Ferrari, Ipotesi di un progetto di legge delega per la sem

plificazione e la razionalizzazione dei procedimenti amministrativi rela tivi alle attività industriali, in Economia pubbl., 1995, 5) è davvero

viva, se in due regioni si ripropone l'istituto del silenzio assenso in ordi ne all'approvazione del programma: che nella sentenza precedente era

apparso lesivo, oltre che dei criteri di razionalità e buon andamento

dell'amministrazione, dell'autonomia legislativa regionale, in apparenza depauperata, con la previsione del silenzio assenso che esclude il con trollo regionale sulla pianificazione, dalla concentrazione definitiva del

potere decisionale in capo al consiglio comunale e dall'esaltazione della incisività della relativa delibera. Ora, conseguentemente, ma in direzio ne inversa, il prevedere l'approvazione tacita appare in violazione del limite di competenza legislativa regionale alla luce dei principi desumi bili dalla legge statale, che ora, più che nella motivazione di Corte cost. 19 ottobre 1992, n. 393, cit., costituisce il tertium comparationis per il contenimento degli interventi legislativi in materia urbanistica nei li miti dell'art. 117 Cost.

L'approvazione dello strumento «programma urbano dei parcheggi» in virtù del silenzio assenso non era apparsa illegittima nel giudizio di costituzionalità degli art. 3 e 6 1. 24 marzo 1989 n. 122, a proposito della localizzazione delle aree per i parcheggi pubblici, ma h' valeva la considerazione dell'emergenza di tali interventi (Corte cost. 27 luglio 1989, n. 459, Foro it., Rep. 1989, voce Edilizia e urbanistica, n. 165).

La semplificazione delle procedure è sicuramente, alla luce della 1. 7 agosto 1990 n. 241, un principio dell'ordinamento, ma bisogna tener conto che lo stesso testo normativo circoscrive il silenzio assenso a pro cedimenti dalla discrezionalità assai limitata, poiché si attaglia solo ad una ristretta cerchia di atti amministrativi, caratterizzati dalla semplici tà del procedimento, dal contenuto predeterminato e dal destinatario individuale (vedi anche art. 1 d.p.r. 26 aprile 1992 n. 300, in relazione all'art. 20 1. 241/90, cit.): non sembra viceversa concepibile relativa mente ad atti regolamentari o generali, o a strumenti di pianificazione urbanistica (Lignani, Silenzio (dir. amm.), voce dell 'Enciclopedia del

diritto, Milano, 1990, XLII, 574), tanto meno ove l'amministrazione debba provvedere non su dati obiettivi e acquisiti, verificati e sicuri, ma sulla base di adeguati accertamenti che costituiscano la base di valu tazioni discrezionali (Morbidelli, cit., 3434; Matteucci Civitarese, Trasformazioni dell'amministrazione e funzione di controllo sull'uso dei suoli. Il principio di responsabilità tra «pubblico» e «privato», in Riv. giur. urbanistica, 1995, 133). Il principio sembra ora ripudiato dalla

prolissa vicenda del c.d. «condono bis», attuato attraverso la reitera

This content downloaded from 195.78.108.185 on Wed, 25 Jun 2014 00:59:23 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8); Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri) c. Regione

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

È incostituzionale l'art. 9, 1° comma, l. reg. Campania riap

provata il 12 ottobre 1994, nella parte in cui prevede che nel

caso di inutile scadenza del termine di centoventi giorni per

l'approvazione regionale del programma integrato di riquali

ficazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179, questo si considera ap

provato, poiché l'estensione del silenzio assenso a procedi menti di elevata discrezionalità come in materia di pianifica zione, finisce per incidere sull'essenza stessa della competenza

regionale. (4) È incostituzionale l'art. 10, 9° e 10° comma, I. reg. Campania

riapprovata il 12 ottobre 1994, nella parte in cui, obbligando i comuni ad adottare un nuovo programma integrato di ri

qualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179, ove alla scadenza

decennale del precedente questo sia rimasto in parte inattua

to, consente di protrarre indefinitamente i vincoli previsti. (5) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

7, 5° comma, l. reg. Campania riapprovata il 12 ottobre 1994,

nella parte in cui prevede che il programma integrato di ri

qualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione

della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 possa essere non

conforme agli strumenti urbanistici generali, non essendo ciò

precluso dai principi fondamentali delle leggi dello Stato, dal

le quali si desume viceversa l'esistenza del principio opposto, che strumenti urbanistici di settore si discostino dalle previ

sioni degli strumenti preesistenti, e spettando alla legge regio

nale stabilire in concreto il procedimento per la formazione

di tale programma, in riferimento agli art. 5, 117 e 128

Cost. (6)

zione dei decreti, a partire dal d.l. 26 luglio 1994 n. 468, fino al recente

d.l. 25 marzo 1996 n. 154, che all'art. 5, 3° comma, dispone che l'ap provazione dello strumento urbanistico e delle relative varianti può av

venire, tacitamente, dopo il decorso infruttuoso del termine di centot

tanta giorni concesso dalla regione (sul tema, v. Filippi, L'approvazio ne per silenzio assenso degli strumenti urbanistici, in Riv. giur. edilizia,

1994, III, 912; M. A. Sanduili, Riflessioni a prima lettura sulle norme

«a regime» del d.l. 551/94, ibid., 749). La trasposizione del modello silenzioso nei procedimenti ad elevata

discrezionalità, come quello di formazione degli strumenti urbanistici

comunali, che la regione può approvare o non approvare, come appor tarvi modifiche d'ufficio, finisce per incidere sull'essenza stessa della

competenza regionale (Morbidelli, cit., 3433), anche se l'argomenta zione sembra sviluppata da Corte cost. 393/92 soprattutto sul fronte

della razionalità e del buon funzionamento dell'amministrazione. Con

le pronunce in epigrafe, ove si tratta di valutare l'uso del potere legisla tivo da parte delle regioni, il ricorso al modello del silenzio assenso

appare come una violazione dei principi generali nella materia, quali la precedente sentenza ha proceduto ad enucleare ed affinare, e quindi una violazione dei limiti di competenza legislativa regionale.

(2, 8) Il subprocedimento regionale di approvazione dei piani regola tori comunali può prevedere anche l'approvazione con modifiche d'uf

ficio, istituto di creazione giurisprudenziale, canonizzato nella 1. 6 ago sto 1967 n. 765, che ha modificato l'art. 10 1. 17 agosto 1942 n. 1150.

Sulle modifiche di carattere sostanziale, in sede di approvazione del

piano, v. Cons. Stato, sez. IV, 12 novembre 1990, n. 895, Foro it.,

Rep. 1991, voce Regione, n. 261.

Valgono poi le considerazioni sopra accennate sulla necessità di ap

propriata valutazione dei presupposti, da parte della regione approvan

te, e prima ancora di un'adeguata istruttoria, in termini di maggiore compiutezza possibile; solo al termine della quale sarà possibile emana

re l'atto partecipativo alla formazione del piano, con eventuale inseri

mento di modifiche d'ufficio.

(3, 11-12) Il limite del rispetto delle volumetrie previste dagli stru

menti urbanistici acquista, alla luce delle motivazioni della sentenza

393/92, cit., un monito al legislatore, sia statale che regionale, e di

limite alle politiche di deregulation urbanistica (Mantini, La Corte co

stituzionale contro lo statalismo e la «deregulation» in materia urbani

stica, in Riv. giur. edilizia, 1992, I, 1051), anche al fine di non conse

guire in modo indiretto effetti sanatori dell'abusivismo. Il piano inte

grato di recupero previsto dalla 1. reg. Lombardia 22/86, che è considerato

il modello della nuova figura del programma integrato, consente un

incremento delle volumetrie, purché nei limiti degli strumenti urbanisti

ci esistenti (Cons. Stato, sez. IV, 28 febbraio 1992, n. 223, Foro it.,

1993, III, 97, con nota di richiami e nota di S. Benito). La legge regio nale Campania impugnata, nel consentire limitati aumenti volumetrici, evita opportunamente di parametrarsi con le previsioni della pianifica zione vigente, e prevede la possibilità di aumenti limitati al 5% della

volumetria complessiva esistente.

Il Foro Italiano — 1996.

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

7,5° comma, l. reg. Campania riapprovata il 12 ottobre 1994,

nella parte in cui prevede che il programma integrato di ri

qualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 possa invadere il

campo del diritto privato, precluso alla legislazione regionale,

per incidere sulle proprietà fondiarie mediante l'apposizione di vincoli ed il ricorso ad espropriazioni, essendo rimesso alla

regione di disciplinare il programma integrato nell'ambito delle

proprie competenze e nel rispetto dei principi fondamentali, in riferimento all'art. 117 Cost. (7)

È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.

9, 4° e 5" comma, e 10, 2°, 3°, 4° comma, l. reg. Campania

riapprovata il 12 ottobre 1994, nella parte in cui prevede che

il programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili

zia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 possa comprimere le competenze comunali in ma

teria urbanistica, spettando pur sempre al comune l'avvio del

procedimento di formazione del programma, e non essendovi

la previsione di introdurre modifiche di ufficio da parte della regione, ma solo di negare l'approvazione, in riferimento agli art. 117 e 128 Cost. (8)

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

10, 5° e 6° comma, I. reg. Campania riapprovata il 12 otto

bre 1994, nella parte in cui prevede che il programma integra to di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in at tuazione delle legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 possa di

venire un mezzo nelle mani di interessi forti in pregiudizio delle proprietà minori, essendo la formazione del programma vincolata a determinate regole di procedimento, con possibile sindacato giurisdizionale, in riferimento all'art. 117 Cost. (9)

(5) Su varie questioni connesse alla scadenza e reiterazione dei vinco

li di inedificabilità, v. Cons. Stato, sez. IV, 22 febbraio 1994, n. 159, 17 gennaio 1994, n. 26, Tar Lombardia, sez. Brescia, 2 settembre 1993, n. 716, Foro it., 1994, III, 500, con nota di richiami, nonché Corte

cost. 21 luglio 1995, n. 344, che sarà riportata su un prossimo fascicolo.

(6) Il fenomeno dell'automatica modifica della pianificazione preesi

stente, che aveva indotto Corte cost. 19 ottobre 1992, n. 393, cit., a

dichiarare l'illegittimità dell'art. 16, 5° comma, 1. 179/92 — ma in quel l'occasione l'effetto era ricondotto alla concessione edilizia, che pur uni ficata al programma, ne era momento attuativo —, non è nuovo: il

sistema conosce già l'approvazione del progetto di opera pubblica, ai

sensi dell'art. 1 1. 3 gennaio 1978 n. 1 che costituisce variante allo stru

mento urbanistico regionale, oltre all'analogo effetto dell'accordo di

programma, che sia adottato con decreto del presidente della regione

(art. 27, 4° comma, 1. 8 giugno 1990 n. 142; e prima ancora, per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, v. art. 3 1. 1° marzo 1986 n.

64), dei progetti per il trattamento e lo stoccaggio di rifiuti urbani, ai sensi dell'art. 3 bis 1. 29 ottobre 1987 n. 441 e dei progetti esecutivi

connessi allo svolgimento dei mondiali di calcio, di cui all'art. 2, 3°

comma, d.l. 1° aprile 1989 n. 121, convertito in 1. 29 maggio 1989

n. 205. La seconda sentenza in epigrafe cita altresì il piano di edilizia

economica popolare, ai sensi dell'art. 3, 4° comma, 1. 18 aprile 1962

n. 167, i piani delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale, di cui all'art. 51, 6° comma, d.p.r. 6 marzo 1978 n. 218.

Sul fronte della pianificazione regionale, l'art. 25, lett. a), 1. 28 feb

braio 1985 n. 47 stabilisce che la regione prevede procedure semplificate

per l'approvazione degli strumenti attuativi in variante agli strumenti

urbanistici generali: del resto la prassi di pianificazione regionale ha

creato nuovi modelli di piano in qualche modo eterogenei alla tradizio

ne dei modelli statali: basti pensare al diffuso ricorso ai piani di inqua dramento operativo (p.i.o.), di cui, però, è stata esclusa la natura piani ficatoria territoriale, trattandosi di strumenti di programmazione mera

mente temporale (Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1995, n. 413, Cons.

Stato, 1995, I, 655). Una maggiore attenzione al momento di raccordo tra l'intervento in

tegrato ed il piano generale sarebbe stata auspicabile secondo De Pre

tis, cit., 932-3, tenendo conto, tra l'altro, della consistenza quantitativa degli interventi in astratto ipotizzabili per mezzo del nuovo strumento:

ed il carattere di plurifunzionalità propria del modello astratto di pro

gramma integrato, idoneo fra l'altro a sottoporre determinati interventi

ad un regime semplificato e privilegiato, avrebbe dovuto trovare un

logico riferimento «nella espressa previsione e nella localizzazione dei

programmi stessi da parte dei piani urbanistici generali».

Degli stessi piani integrati possono trovarsi tracce premonitrici nella

legislazione regionale lombarda (1. reg. 4 luglio 1986 n. 22 e 2 aprile 1990 n. 23: vedi in proposito Cons. Stato, sez. IV, 28 febbraio 1992, n. 223, cit.). Di ciò probabilmente la sentenza 393/92 non ha tenuto

conto ove sembra aver fissato «una sorta di riserva statale di previsione di nuovi modelli di pianificazione urbanistica» (De Pretis, cit., 924-5).

This content downloaded from 195.78.108.185 on Wed, 25 Jun 2014 00:59:23 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8); Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri) c. Regione

1131 PARTE PRIMA 1132

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, 12° comma, l. reg. Campania riapprovata il 12 ottobre

1994, nella parte in cui prevede che il programma integrato di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attua zione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 possa con

sentire il rilascio di concessioni edilizie o di varianti in diffor mità dagli strumenti urbanistici, essendo solo prevista la pos

sibilità di varianti successive, ancorate alla sussistenza di

determinate condizioni e alla previa deliberazione del consi

glio comunale, in riferimento all'art. 117 Cost. (10) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

2, 6° comma, l. reg. Campania riapprovata il 12 ottobre 1994, nella parte in cui prevede che il programma integrato di ri

qualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 possa consentire

interventi nei centri storici, con limitato aumento delle volu

metrie, trattandosi di interventi di recupero e di eccedenze

volumetriche con destinazione vincolata ad usi pubblici se

condo le finalità del nuovo strumento, in riferimento all'art.

117 Cost. (11) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

13 l. reg. Campania riapprovata il 12 ottobre 1994, nella par te in cui prevede che il programma integrato di riqualificazio ne urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 consenta nuove volumetrie

in eccedenza pari al cinque per cento della volumetria com

plessiva preesistente calcolata con scomputo dei volumi abu

sivi, con premio per l'abusivismo trattandosi di limitazione

che contiene un chiaro disfavore all'abusivismo e rimanendo

autonomamente la previsione di demolizione di tali volumi, in riferimento all'art. 117 Cost. (12)

I

Diritto. — 1.-I1 presidente del consiglio dei ministri impu gna la legge della regione Piemonte che, in attuazione dell'art.

(7) Sull'interpretazione necessariamente estensiva del termine «piano

regolatore» e «regolamento edilizio», quali strumenti idonei a discipli nare l'attività costruttiva, e dunque a interferire nelle sfere di diritto

privato, v. Cass. 1° luglio 1994, n. 6273, Foro it., Rep. 1994, voce

Agricoltura, n. 127.

(9) Il rischio che in sede di formazione del programma «possa perve nirsi a favoritismi rispetto ad alcuni proprietari interessati a danno di

altri», è implicito, nel ragionamento della Consulta, in ogni tipo di

pianificazione territoriale. In realtà la disciplina predisposta dalla 1.

179/92, a maggior ragione prima dei correttivi introdotti per effetto della sentenza 393/92, è apparsa introdurre, «con valenza del tutto estem

poranea» (De Pretis, op. cit., 920), un regime privilegiato e di radicale

deregolamentazione rispetto al regime ordinario: ne sono destinatari «sog getti pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio o associati tra loro». Il risultato, di uno strumento di duttilità estrema quanto a

possibilità localizzative ed a contenuti strutturali e funzionali, posto dalla

legge al servizio «di chi disponga dei poteri di iniziativa e delle risorse finanziarie necessarie», è sembrato idoneo a selezionare principalmente «destinatari portatori di interessi economicamente forti» (De Pretis, cit., 922: sul fenomeno dell'iniziativa privata nella pianificazione, San

tiapichi, L'intervento del privato nella pianificazione urbanistica, Ri

mini, 1995). Ragione per la quale l'attitudine del programma a piegarsi al perseguimento di interessi, forse anche pubblici, «ma di natura setto riale», avrebbe dovuto suggerire «una maggior attenzione al momento del raccordo tra l'intervento integrato e il piano generale» (De Pretis,

op. cit., 933). (10) Il ricorso del presidente del consiglio aveva opinato un «muta

mento della natura della concessione edilizia, da atto del sindaco . . . di controllo sulla coerenza dei progetti agli strumenti urbanistici ad atto

disponente . . . varianti particolari». La corte ribadisce quello che ave va costituito uno dei punti fermi della sentenza 393/92, cit., sulla neces

saria autonomia, logica e temporale, dell'atto concessivo rispetto alla fase pianificatoria (riguardo alla quale esprime qualche perplessità Mor

bidelli, cit., 3429-30, alla luce della attuale configurazione della con

cessione edilizia, come atto di controllo, senza alcuna discrezionalità), osservando che il programma integrato può legittimare varianti agli stru

menti urbanistici preesistenti, ma, oltre che in virtù della procedura rinforzata (previa delibera del consiglio comunale), subordinatamente al verificarsi di specifiche condizioni dettate dalla norma impugnata. Osserva Morbidelli, loc. uh. cit., che la derogabilità, sia pure una

tantum, dello strumento urbanistico da parte della concessione, per il

raggiungimento di obiettivi di interesse pubblico, è principio acquisito nel nostro ordinamento (a partire dall'art. 3 1. 21 dicembre 1955 n.

1357 e dall'art. 16 1. 6 agosto 1967 n. 765).

Il Foro Italiano — 1996.

16 1. 17 febbraio 1992 n. 179, disciplina il programma integrato di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale, lamentan do la violazione degli art. 5, 117 e 128 Cost.

In particolare si sostiene nel ricorso che l'art. 6, 2° comma,

ultimo periodo — prevedendo che il programma integrato, nel

la ipotesi che sia «in variante agli strumenti urbanistici ed edili zi comunali approvati o in salvaguardia», si intende approvato dalla regione, decorso inutilmente il termine di centoventi gior ni dal suo invio al consiglio regionale — violerebbe l'autonomia

comunale garantita dagli art. 5 e 128 Cost.

Si afferma, altresì, che l'art. 6, 3° comma — stabilendo che

le modifiche agli strumenti urbanistici siano introdotte d'ufficio alla giunta regionale qualora il termine per l'assunzione della

deliberazione comunale sia inutilmente decorso — violerebbe

l'autonomia comunale garantita dagli art. 5, 117 e 128 Cost.

Infine, si censura l'art. 8, 2° comma, il quale, prevedendo che «qualora il programma integrato interessi aree normate ai

sensi dell'art. 24 1. reg. n. 56 del 1977 e successive modifiche

e integrazioni, per queste ultime può essere mantenuta la volu

metria preesistente anche in difformità da quella del piano re

golatore generale vigente o in salvaguardia», porrebbe in essere

una fattispecie di sanatoria di opere abusive, violando cosi l'art.

117 Cost.

2. - La censura concernente l'art. 6, 2° comma, ultimo perio

do, è fondata.

Questa corte — con la sentenza n. 393 del 1992 (Foro it.,

1992,1, 3203) e successivamente con la sentenza n. 408 del 1995

(id., 1996, I, 1127) — ha ritenuto, specificatamente in materia

di pianificazione e programmazione urbanistico-territoriale, la

legittimità costituzionale della previsione del silenzio-assenso, in

sede di approvazione dei programmi integrati, sottolineando che

l'istituto del silenzio-assenso può ritenersi ammissibile in riferi

mento ad attività amministrative nelle quali sia pressoché assen

te un tasso di discrezionalità, mentre la trasposizione di tale

modello nei procedimenti ad elevata discrezionalità, primi tra

tutti quelli della pianificazione territoriale, «finisce per incidere

sull'essenza stessa della competenza regionale» (sentenza n. 408

del 1995). In quest'ultima ipotesi, infatti, verrebbe a mancare l'esame

e la valutazione regionale (avuto riguardo alla brevità dei tempi

tecnici assegnati alla regione per il riesame), nonché il contrad

dittorio sulle osservazioni, ovvero il controllo della pubblica am

ministrazione verrebbe ad acquistare un carattere meramente

eventuale precisamente in ordine a procedimenti amministrativi

che comportano un ventaglio di soluzioni non determinate, né

determinabili in via preventiva dalla legge. Tutto ciò è stato

ritenuto irrazionale e, pertanto, non coerente avuto riguardo al principio per cui gli strumenti urbanistici generali (di ambito comunale e sovracomunale) e anche le relative varianti danno

luogo ad un procedimento complesso cui devono partecipare e concorrere necessariamente il comune e la regione sia pure in posizione ineguale (cosiddetto principio dell'atto complesso).

D'altro canto la materia dei programmi integrati (come previ sti dalla legge regionale impugnata) ha una duplice valenza sia

urbanistica sia ambientale, anche in quanto l'approvazione re

gionale ricomprende tutte le autorizzazioni di competenza re

gionale in tema di vincoli idrogeologici, forestali, ecc., nonché

il parere ai sensi della 1. 29 giugno 1939 n. 1497 e della 1. 8

agosto 1985 n. 431 (art. 6, 7° comma, della legge impugnata).

Pertanto, per quest'ultimo profilo ambientale opera il principio fondamentale, risultante da una serie di norme in materia am

bientale, della necessità di pronuncia esplicita mentre il silenzio

dell'amministrazione preposta a vincolo ambientale non può avere

valore di assenso (sentenza n. 302 del 1988, id., 1988, I, 1017). Tanto si evince dagli art. 14, 4° comma, 16, 3° comma, 17,

2° comma, 1. 7 agosto 1990 n. 241, nonché dall'art. 19, 1°

comma, della stessa legge nel testo sostituito dall'art. 2, 10°

comma, 1. 24 dicembre 1993 n. 537; dall'art. 32 1. 28 febbraio

1985 n. 47, sia nel testo originario, sia in quello modificato dall'art. 12, 2° comma, d.l. 12 gennaio 1988 n. 2, come sosti

tuito dalla legge di conversione 13 marzo 1988 n. 68, nonché

nel testo vigente dell'art. 8, 12° comma, d.l. 24 gennaio 1996

n. 30; e infine dall'art. 82 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, nel testo risultante a seguito delle aggiunte introdotte dall'art. 1

1. 8 agosto 1985 n. 431.

La illegittimità della previsione del silenzio-assenso in materia

di pianificazione (non meramente attuativa e esecutiva) urba

This content downloaded from 195.78.108.185 on Wed, 25 Jun 2014 00:59:23 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 6: sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8); Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri) c. Regione

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

nistico-territoriale ed il conseguente venir meno di detto istituto

nella normativa statale, per effetto della sentenza n. 393 del

1992, cit., consente — come affermato nella sentenza n. 408

del 1995, cit., — di ritenere attualmente vigente nella legge sta

tale in materia, un principio fondamentale opposto, che consi

dera indispensabile una valutazione esplicita da parte degli or

gani regionali nei procedimenti che necessitano del diversificato

contributo degli organi e uffici competenti coinvolti nella pro

cedura.

Ne consegue che relativamente ai programmi integrati, valgo

no, in sede di legislazione regionale, i principi fondamentali che sono desumibili dalla sentenza n. 393 del 1992 e che risultano,

altresì, ribaditi ed esplicitati con la sentenza n. 408 del 1995.

Deriva, altresì', che la legge regionale impugnata, nella parte in cui prevede l'istituto del silenzio-assenso ai fini dell'approva zione regionale dei programmi integrati, difformi dagli strumenti urbanistici, viola l'art. 117 Cost., per inosservanza dell'anzidet

to principio fondamentale facilmente ricavabile dalla legislazio ne dello Stato specie dopo l'intervento della corte.

Risultano riassorbite — con riguardo a questa previsione —

le ulteriori censure concernenti gli art. 5 e 128 Cost.

3. - Non fondata è, invece, la censura proposta sotto il profi

lo che l'art. 6, 3° comma (in base al quale qualora il termine

per l'assunzione della deliberazione comunale con le determina

zioni sulla richiesta regionale di modifiche al programma inte

grato in variante agli strumenti urbanistici sia inutilmente de

corso, le modifiche stesse sono introdotte d'ufficio dalla giunta

regionale), violerebbe gli art. 5, 117 e 128 Cost.

Preliminare — nell'esame di questa censura — è il riferimen

to ai principi fondamentali della legislazione urbanistica in ma

teria, in particolare all'art. 10, 2° comma, 1. 17 agosto 1942

n. 1150, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'art.

3 1. 6 agosto 1967 n. 765, il quale prevede diverse categorie

di modifiche d'ufficio (in sede di approvazione) al piano rego latore.

Esse, tuttavia, sono ammesse a condizione che rispettino un

limite ben preciso: si tratti cioè di modifiche che non comporti

no sostanziali innovazioni, ovvero che non mutino le caratteri

stiche essenziali del piano ed i criteri di impostazione dello stes

so. A ben vedere si tratta di un limite strutturale che è comune

ad ogni tipo di modifiche d'ufficio nell'ambito di atto comples so, soprattutto in sede di pianificazione urbanistica caratteriz

zata dalla duplice competenza comunale (di iniziativa e adozio

ne) e regionale (di esame, di valutazione e verifica della coeren

za degli strumenti urbanistici e l'assetto degli interessi coinvolti).

In caso di mancanza delle condizioni per le modifiche di ufficio

la regione ha solo il potere di non approvare il piano e di resti

tuirlo al comune ovvero di approvarlo in parte con stralcio e

restituzione per le eventuali iniziative del comune.

Di conseguenza, la legge regionale censurata deve essere in

terpretata e coordinata con i principi fondamentali della legge

statale vigente in materia di formazione e approvazione di stru

menti urbanistici (art. 10, 2° comma, 1. n. 1150 del 1942, nel

testo vigente citato). Cosi precisati il senso e l'ambito di operatività della disposi

zione denunciata, essa resiste alle censure di illegittimità costitu

zionale, in particolare a quella — assorbente — relativa all'art.

117 Cost., qualificandosi all'opposto, nel senso sopra specifica

to, in armonia con i principi posti dalla legislazione statale in

materia, nel rispetto altresì dell'autonomia comunale.

4. - Non fondata è altresì la censura concernente l'art. 8,

2° comma, della legge regionale impugnata, sotto il profilo di

prevedere «qualora il programma integrato interessi aree nor

mate ai sensi dell'art. 24 1. reg. n. 56 del 1977 . . ., per queste

ultime, la possibilità di mantenere la volumetria preesistente an

che in difformità da quella del piano regolatore generale vigen te o in salvaguardia», pur statuendo che «la disposizione non

si applica in presenza di opere edilizie abusive». Detta previsio ne, secondo il ricorso, porrebbe in essere una fattispecie di sa

natoria di opere abusive, violando l'art. 117 Cost.

Al riguardo, si precisa in via preliminare che «le aree norma

te ai sensi dell'art. 24 1. reg. n. 56 del 1977» cui fa riferimento

la disposizione censurata, riguardano i beni culturali ambientali

da salvaguardare, comprendenti anche insediamenti urbani o me

no, ovvero singoli edifici e manufatti aventi carattere storico

artistico e/o ambientale.

Come ritenuto da questa corte (sentenza n. 408 del 1995) il

Il Foro Italiano — 1996.

programma integrato è strumento polifunzionale e tra le molte

plici funzioni ad esso assegnate vi è anche quella di provvedere al recupero dei centri storici.

Pertanto, non è irrazionale (proprio per garantire un adegua

to livello di servizi e attrezzature e il soddisfacimento di interes

si sociali e collettivi essenziali) che la legge regionale consente

variazioni progettuali (in fase di attuazione del programma in

tegrato) con la possibilità di mantenimento della volumetria com

plessiva preesistente, ponendo una destinazione vincolata ad usi

pubblici. La norma regionale anzidetta (art. 8) contiene anzitutto nel

2° comma, relativo alle «aree normate ai sensi dell'art. 24 1.

reg. n. 56 del 1977», la conferma dell'obbligo di pieno rispetto

delle prescrizioni in materia di tutela ambiente, con la conse

guente soggezione di tutte le variazioni progettuali in sede di

attuazione del programma integrato che interessi dette aree alle

anzidette prescrizioni ambientali, i cui vincoli non possono esse

re in nessun caso derogati. L'unica derogabilità consentita è quella nei confronti del pia

no regolatore vigente per quanto attiene alla volumetria ed al

tezza massima consentita, nel senso che è ammesso il menteni

mento di quella «preesistente». Naturalmente il riferimento alla volumetria ed alla altezza pree

sistente può avere un ambito esclusivo limitato alle costruzioni

legittimamente esistenti, in modo che il mantenimento dell'e

ventuale eccedenza di volumetria e di altezza (rispetto al piano

regolatore vigente) riguarda ciò che è stato costruito in base

ed in modo conforme a licenza o concessione edilizia valida

ed operante all'epoca della costruzione, e che non sia stato og

getto di annullamento o di intervento sanzionatorio edilizio (ad

esempio perché non conforme alla concessione o perché in con

trasto con gli strumenti urbanistici allora vigenti). Resta comun

que fuori dalla previsione ciò che è opera edilizia abusiva.

In altri termini la norma deve èssere inquadrata ed interpre

tata alla luce del principio che la legittimità di una costruzione

deve essere riguardata con riferimento alle prescrizioni urbani

stiche alla data della concessione e, in taluni casi, del tempo

di esecuzione dei lavori, essendo irrilevanti le sopravvenute va

riazioni delle previsioni dei piani urbanistici. Tali variazioni possono condurre a decadenza della conces

sione ove sussistano determinati presupposti, ma in nessun caso

producono una situazione di abusivismo rispetto a ciò che è

stato già legittimamente costruito. In sede di programmazione

urbanistica si possono introdurre discipline transitorie (varia

mente strutturate), che possono concernere i nuovi interventi

(innovativi o modificativi) sulle volumetrie ed altezze esistenti,

senza che possa configurarsi una specie di sanatoria dell'esistente.

Ciò risulta del resto anche dalla norma censurata, nella parte in cui statuisce che la «disposizione non si applica in presenza

di opere edilizie abusive». Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti

mità costituzionale dell'art. 6, 2° comma, ultimo periodo, 1.

reg. Piemonte riapprovata in data 8 marzo 1995 recante: «pro

grammi integrati di riqualificazione urbanistica, edilizia ed am bientale in attuazione dell'art. 16 1. 17 febbraio 1992 n. 179»,

nella parte in cui prevede il silenzio-assenso ai fini dell'approva

zione regionale dei programmi integrati difformi dagli strumen

ti urbanistici generali; dichiara non fondate, nei sensi di cui

in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli

art. 6, 3° comma, ed 8, 2° comma, della medesima legge regio

nale, sollevate, in riferimento agli art. 5, 117 e 128 Cost., dal

presidente del consiglio dei ministri con il ricorso indicato in

epigrafe.

II

Diritto. — 1. - È impugnata in via principale dal presidente del consiglio dei ministri la legge della regione Campania, che — in attuazione dell'art. 161. n. 179 del 1992 (norma dichiarata incostituzionale, in molti dei suoi commi, con la sentenza n.

393 del 1992 di questa corte, Foro it., 1992,1, 3203) — discipli na il programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili zia e ambientale, strumento urbanistico polifunzionale di carat

tere, a un tempo, programmatico ed attuativo. Si sostiene in

generale nel ricorso che la legge regionale contrasterebbe con

«l'ordine delle competenze tra regione e comune delineato dalla

This content downloaded from 195.78.108.185 on Wed, 25 Jun 2014 00:59:23 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 7: sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8); Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri) c. Regione

1135 PARTE PRIMA 1136

legislazione statale» e con «gli insegnamenti contenuti nella sen

tenza n. 393 del 1992» di questa corte.

In particolare le censure che, pur prospettate in modo disarti

colato, possono enuclearsi dal tenore dell'atto di impugnazione

sono le seguenti e per i profili di seguito indicati: a) l'art. 7, 5° comma, prevedendo che il programma integra

to possa essere non conforme agli strumenti urbanistici genera

li, in quanto variante al piano regolatore o deroga al regola

mento edilizio, esulerebbe dall'ambito delle competenze regio

nali, perché nessuna «legge generale della repubblica» né alcun

«principio» della legislazione dello Stato attribuisce al program

ma integrato la potenzialità di variare gli strumenti urbanistici

generali;

b) lo stesso art. 7, 5° comma, attribuendo al programma in

tegrato «non conforme» la possibilità di incidere sulle proprietà

fondiarie, con i vincoli di un piano regolatore o con le espro

priazioni, invaderebbe il «campo del diritto privato», precluso

alla disciplina regionale (art. 117 Cost.), dal momento che gli art. 869 e 871 c.c., che regolano i rapporti tra proprietà fondia

rie, da un canto, e strumenti di pianificazione urbanistica ed

edilizia, dall'altro, prevedono soltanto i piani regolatori ed i

regolamenti edilizi e non anche altri strumenti non conformi

ad essi;

e) l'art. 9, 1° comma, prevedendo il silenzio-approvazione della regione nel procedimento di esame e di definizione del

programma integrato «non conforme», violerebbe gli art. 5, 117

e 128 Cost, in mancanza di un principio del genere nelle leggi

dello Stato e non potendo detto istituto «assurgere, da semplice

rimedio contro disfunzioni, a modalità normale di amministra

zione, specie per le funzioni di maggior rilievo politico

amministrativo»;

d) l'art. 9, 4° comma, comportando, per la genericità della

sua formulazione, la possibilità per la regione sia di farsi pro

motrice del programma, sia — quando le sia inviato, per l'ap

provazione, il programma «non conforme» — di introdurvi mo

difiche d'ufficio, e l'art. 9, 5° comma, imponendo al comune,

nel caso di restituzione, da parte della regione, del programma

«per integrazione o per rielaborazione», di provvedervi entro

centoventi giorni dalla restituzione degli atti, pena la «decaden

za» del programma integrato medesimo, comprimerebbero le

competenze comunali in violazione dell'art. 128 Cost, e dei «prin

cipi» di cui all'art. 117 Cost. e) l'art. 10, 2°, 3° e 4° comma, sarebbe «di riflesso affetto

da illegittimità costituzionale», in quanto disciplinerebbe l'effi cacia del programma integrato, con compressione delle compe

tenze comunali e la violazione dell'art. 117 Cost.

f) l'art. 10, 5° e 6° comma, per la parte in cui si riferisce

al programma integrato «non conforme», sarebbe parimenti in

costituzionale per i riflessi sulla «salvaguardia» delle proprietà

fondiarie, potendo il programma, se mal gestito, divenire «un

mezzo nelle mani di interessi forti contro le proprietà minori»;

g) l'art. 10, 9° e 10° comma, obbligando il comune ad adot

tare un nuovo programma integrato per la «parte inattuata»

del precedente, violerebbe l'art. 128 Cost, ed i «principi» di

cui all'art. 117 Cost., perché comprimerebbe l'autonomia co

munale ed inoltre avrebbe l'effetto sia di «deresponsabilizzare

gli eventuali promotori [del programma]», sia di protrarre inde

finitivamente i vincoli sulle proprietà individuali, anche di ca

rattere espropriativo;

h) l'art. 10, 12° comma, consentendo un «mutamento della

natura della concessione edilizia, da atto del sindaco di control

lo sulla coerenza dei progetti agli strumenti urbanistici» ad atto

che dispone varianti particolari a detti strumenti, comportereb

be la «lacerazione del principio di distinzione tra programma

zione territoriale ... e legittimazione all'esecuzione dell'opera»,

secondo gli insegnamenti contenuti nella sentenza n. 393 del

1992 di questa corte;

i) l'art. 2, 6° comma, violerebbe l'art. 117 Cost., perché nes

suna legge o principio statale consente al programma integrato

di legittimare interventi nei centri urbani ed aumenti della volu

metria complessiva dell'ambito urbano coinvolto, per di più senza

una precisa definizione della nozione di «nuovi servizi ed at

trezzature pubblici», cui sarebbero destinati i volumi aggiuntivi;

I) l'art. 13 introdurrebbe un ulteriore elemento di irragione

volezza e si tradurrebbe in un premio all'abusivismo, perché,

prevedendo che i volumi abusivi «non sono computabili» nella

nuova volumetria consentita, senza però disporne la previa de

li. Foro Italiano — 1996.

molizione, consentirebbe che la parte abusiva si aggiunga a quan

to edificato legittimamente e sia perciò commerciabile con mag

gior profitto. 2.1. - Precede in ordine logico il motivo con il quale si censu

ra, in riferimento agli art. 5, 117 e 128 Cost., l'art. 7, 5° com

ma, 1. reg. Campania, il quale prevede che il programma inte

grato possa risultare non «conforme con il piano regolatore ge

nerale vigente o con il regolamento edilizio», e che, in tal caso,

esso venga trasmesso alla regione per l'approvazione.

L'eventualità che il nuovo programma non sia conforme agli

strumenti urbanistici generali tradizionali è ritenuta dal ricor rente in contrasto con i principi generali contenuti nelle leggi dello Stato che regolano la materia e che impedirebbero al pro

gramma integrato di assumere la potenzialità di variare quegli

strumenti ovvero di derogare ai regolamenti edilizi.

La censura non è fondata.

Al riguardo va ricordato che questa corte, con la sentenza

n. 393 del 1992 — che, su ricorso di alcune regioni, ha esamina

to la questione di costituzionalità dell'art. 16 1. 17 febbraio 1992

n. 179, il quale aggiunge alla tipologia degli strumenti urbani

stici vigenti quello nuovo dei programmi integrati — non ha

ritenuto illegittima la previsione di questo nuovo strumento con

riferimento alle specifiche finalità che esso deve prefiggersi, se

condo le esplicite previsioni contenute nei commi 1° e 2° della

norma statale menzionata.

Detta sentenza ha difatti limitato la dichiarazionne di illegitti mità costituzionale soltanto ad alcuni commi (dal 3° al 7°) del

l'art. 16 della legge predetta in relazione alle censure proposte

dalle regioni, che avevano investito tali disposizioni in quanto

non rispettose delle competenze regionali in materia urbanisti

ca. Ed è in questa logica che vanno lette le affermazioni della

sentenza stessa, per cui non può essere condiviso il rilievo, con

tenuto nel ricorso del presidente del consiglio dei ministri nei

confronti della legge della regione Campania, con il quale sem

bra sostenersi che, a seguito della dichiarazione di incostituzio

nalità di alcune parti della legge dello Stato, queste ultime non

potrebbero più riprodursi neppure in una legge regionale. La

regione, invece, proprio come naturale svolgimento di quella

sentenza, è in grado di emanare norme, nell'esercizio delle attri

buzioni che le spettano, per disciplinare quegli ambiti esclusi

da detta sentenza dalla competenza dello Stato. Una volta, per

ciò, che il programma integrato è contemplato dalla legge dello

Stato nella tipologia della pianificazione urbanistica (dato che

la dichiarazione di illegittimità costituzionale non concerne i com

mi 1° e 2° dell'art. 16 della legge dello Stato n. 179 del 1992

che espressamente lo prevedono) ben può la regione completar

ne la disciplina osservando (art. 117, 1° comma, Cost.) i princi

pi fondamentali delle leggi dello Stato, tra i quali non si rinvie

ne, come sembra sostenere il ricorrente, quello che impedisce

a strumenti urbanistici, diversi da quelli disciplinati dalla 1. n. 1150 del 1942, di innovare a questi ultimi. Ciò specie quando avvenga in vista delle specifiche finalità: «riqualificazione urba

nistica, edilizia ed ambientale», cui il nuovo strumento è preor

dinato. Anzi dal complesso della legislazione statale vigente si

desume proprio l'esistenza del principio opposto, perché varie

leggi dello Stato prevedono appunto la possibilità che strumenti

urbanistici di settore, funzionalmente finalizzati, si discostino

dalle previsioni dei piani e programmi generali precedenti in

vista delle specifiche finalità che i primi devono perseguire. In

proposito vanno ricordate le ipotesi considerate nell'art. 3, 4°

comma, 1. 18 aprile 1962 n. 167, relativamente ai piani per l'e

dilizia economica e popolare, nell'art. 51, 6° comma, d.p.r. 6

marzo 1978 n. 218, recante il testo unico delle leggi per gli in

terventi nel Mezzogiorno, per i piani delle aree e dei nuclei di

sviluppo industriale, nell'art. 25, 1° comma, lett. a), 1. 28 feb

braio 1985 n. 47, che prevede procedure semplificate per l'ap

provazione di strumenti attuativi in variante agli strumenti ur

banistici generali, nell'art. 2, 3° comma, d.l. 1° aprile 1989 n.

121, convertito, con modificazioni, nella 1. 29 maggio 1989 n.

205, relativamente ai progetti esecutivi connessi allo svolgimen

to dei campionati mondiali di calcio del 1990. La legge regionale impugnata deve dunque, sotto questo pro

filo, ritenersi rispettosa dei principi fondamentali posti dallo Sta

to, perché l'art. 2, 1° comma — in armonia con il 1° comma,

tuttora vigente, dell'art. 16 1. n. 179 del 1992, il quale assegna

al programma integrato una pluralità di funzioni — attribuisce

a detto strumento valenza programmatica ed attuativa ad un

This content downloaded from 195.78.108.185 on Wed, 25 Jun 2014 00:59:23 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 8: sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8); Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri) c. Regione

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tempo, «anche in variante al piano regolatore generale, ai piani

attuativi ed ai regolamenti edilizi vigenti, ai soli fini della riqua lificazione urbanistica, edilizia ed ambientale del tessuto urbano

compreso nel suo perimetro» (art. 2, 8° comma).

2.2. - La possibilità di una non conformità del programma

integrato e di varianti da esso apportate agli strumenti urbani

stici preesistenti in vista delle specifiche finalità perseguite dal

nuovo strumento non viola, quindi, sotto i profili fino ad ora

considerati, i limiti della competenza regionale quali delineati negli art. 5, 117 e 128 Cost., assunti a parametri di riferimento

della questione. Per quel che concerne specificamente il riferimento agli art.

5 e 128 Cost., non si ravvisa nella legge regionale in esame

il contrasto con le competenze statali in tema di attribuzioni

degli enti infraregionali, perché, una volta ricbnosciuto alle re

gioni il ruolo di centralità che esse vengono ad assumere nel

sistema delle autonomie locali (sent. n. 343 del 1991, id., 1992,

I, 316), in particolare mediante la pianificazione e la program mazione territoriale, ed una volta che il nuovo strumento è pre

visto da una legge dello Stato come un tipo uniforme di inter

vento nel territorio (sent. n. 393 del 1992 cit., § 3), lo stabilire

in concreto i procedimenti per la sua formazione — in relazione

alle finalità che quei programmi devono attuare e fatti salvi

i principi fondamentali, ai sensi del 1° comma dell'art. 117 Cost. — spetta alla legge regionale, che risulterebbe, altrimenti, svuo

tata di ogni significato. D'altronde va considerato che nella legge regionale impugna

ta è previsto (art. 7, 1° e 2° comma, 8, 9 e 10, 11° comma)

che il programma integrato, che comporti varianti o che sia

comunque non conforme agli strumenti urbanistici preesistenti, debba essere sottoposto alla approvazione della regione e che

nel procedimento relativo confluiscano tutti gli interessi che a

suo tempo sono stati presi in considerazione ai fini della ado

zione degli strumenti urbanistici dai quali il programma si di

scosti, essendo stabilito l'intervento degli organi che partecipa

no al procedimento per l'approvazione dei piani territoriali tra

dizionali. 3. - Neppure può essere condivisa la tesi di un'asserita viola

zione dell'art. 117 Cost, ad opera dell'art. 7, 5° comma, cit.,

per lesione, da parte della regione, del rispetto «del campo del

diritto privato», perché gli art. 869 e 871 c.c. consentirebbero

l'imposizione sulle proprietà fondiarie dei soli vincoli posti dai piani regolatori generali e dai regolamenti edilizi. È di tutta evi denza che il riferimento codicistico a tali strumenti è meramen

te indicativo e non ancorato ad una precisa tipologia, come te

stimonia la legislazione vigente che ha introdotto una serie ulte

riore di strumenti, ai quali, come ora ai programmi integrati,

è data la possibilità di modificare i piani e programmi urbani stici preesistenti con la stessa potenzialità di questi.

Una volta, perciò, che la legge dello Stato ha aggiunto alla

tipologia preesistente i programmi integrati di riqualificazione

ed una volta che la regione, osservati i principi fondamentali

delle leggi dello Stato, li abbia disciplinati nell'ambito delle pro prie competenze, risulta rispettato dalla legge regionale l'ambi

to del diritto privato riservato alla competenza statale.

4. - Quanto all'ulteriore profilo, evidenziato nel ricorso, di

«compressione» delle autonomie comunali ad opera della legge

regionale (art. 9, 4° e 5° comma, e, «di riflesso», art. 10, 2°,

3° e 4° comma), «qualora la regione si rendesse non solo pro

motrice ma anche protagonista (tramite modifiche d'ufficio) di

una urbanistica gestita attraverso una molteplicità di program

mi itnegrati in deroga agli strumenti urbanistici generali», va

osservato che, a parte la genericità del rilievo, esso muove da

un presupposto inesistente, perché la legge regionale impugnata

non prevede una possibile sovrapposizione della regione al co

mune né quanto al momento dell'iniziativa, né in sede di ap

provazione mediante l'introduzione di modifiche di ufficio. Difatti, sia che l'iniziativa dei programmi integrati promani

direttamente dal comune, sia che essa venga proposta da «sog

getti pubblici e privati, singoli o riuniti in consorzio o associati tra loro» (art. 2, 3° comma), spetta pur sempre solo al comune

l'avvio del procedimento di formazione del programma nonché

l'adozione delle determinazioni definitive, potendo la regione

in sede di approvazione soltanto esprimere «eventuali osserva

zioni formulate ai sensi dell'art. 24, 2° comma, 1. 28 febbraio

1985 n. 47» quando il programma integrato sia conforme alle

previsioni urbanistiche generali preesistenti (art. 8), ovvero ap

II Foro Italiano — 1996.

provare quello non conforme (art. 9), ma sempre previo il coin

volgimento degli organi comunali.

Parimenti, la legge regionale impugnata non prevede, come

invece asserisce il ricorrente, che in sede di approvazione del

programma da parte della regione, quest'ultima possa introdur

re modifiche di ufficio. Una siffatta potestà non può desumer

si, in particolare, dall'art. 9, 4° comma, cui sembra riferirsi

il ricorrente, perché questa disposizione non contiene neppure

implicitamente la previsione asserita. Il sistema è tale da con

sentire alla regione solo di negare l'approvazione ove il comune

non aderisca alle modifiche proposte. Un potere, questo, che

è connaturato alle funzioni proprie di un soggetto pubblico cui

sia demandato di approvare atti di competenza di un altro, sal

va la possibilità per il soggetto controllato di esprimere il sinda

cato giurisdizionale di legittimità ove ritenga illegittimo il dinie

go di approvazione. 5. - Non è neppure fondato il profilo, riferito all'art. 10,

5° e 6° comma, secondo cui il programma integrato non con

forme agli strumenti urbanistici preesistenti sarebbe incostitu

zionale per i riflessi sulla «salvaguardia» della proprietà fondia

ria, potendo esso, se mal gestito, divenire «un mezzo nelle mani

di interessi forti contro le proprietà minori». Al riguardo si de

ve osservare che se con la censura si intende paventare il rischio

che, in sede di formazione del programma, possa pervenirsi a

favoritismi rispetto ad alcuni proprietari da esso interessati a

danno di altri, tale rischio è implicito in ogni tipo di pianifica zione territoriale. Ma a ciò pone rimedio l'ordinamento sia vin

colando all'osservanza di determinate regole di procedimento,

all'uopo dovendosi fare sempre riferimento ai principi generali

in tema di procedimento amministrativo, sia con la possibilità di assoggettmento delle determinazioni definitive al sindacato

giurisdizionale. Una sede, questa, ove è possibile verificare se

siano state osservate le regole del procedimento nonché, sotto

il profilo dell'eccesso di potere, se le scelte del programma, che

comportino sacrifici per alcuni e vantaggi per altri, risultino

ragionevolmente bilanciate e sostanzialmente rispettose del prin

cipio di imparzialità, nonché rispondenti a criteri di logicità in

ragione del pubblico interesse da perseguire. 6. - Infondata, perché muove da un presupposto interpretati

vo errato, è anche la censura riferita all'art. 10, 12° comma,

della legge regionale. Questa disposizione prevede non già, co

me si asserisce, la possibilità di rilascio della concessione edili zia o di modifiche a preesistenti concessioni in difformità dagli strumenti urbanistici, in modo tale da potersi configurare come

varianti di questi, bensì detta le condizioni, in presenza delle

quali, concessioni già rilasciate possano essere variate durante

la vigenza del programma integrato. Più specificamente la di

sposizione in esame, lungi dal configurare, come sostiene il ri

corrente, un «mutamento della natura della concessione edili

zia, da atto del sindaco ... di controllo sulla coerenza dei pro

getti agli strumenti urbanistici ad atto disponente, previa

deliberazione del consiglio comunale, varianti particolari (agli

strumenti urbanistici) e lungi dal comportare una «lacerazione

del principio di distinzione tra programmazione territoriale . . .

e legittimazione all'esecuzione dell'opera», subordina le modifi

che alle concessioni già rilasciate nelle aree considerate dal pro

gramma integrato, oltre che ad una procedura rinforzata rap

presentata dalla «previa deliberazione del consiglio comunale»

(art. 10, 12° comma), anche al verificarsi di specifiche condi

zioni, che solo per arbitraria illazione del ricorrente si ritiene

non debbano sussistere «congiuntamente», là dove il contesto

e la formulazione della disposizione denunciata non possono

che condurre alla conclusione opposta. In definitiva, si ripete, la norma denunciata non nattribuisce

al comune la possibilità di rilasciare o modificare concessioni

edilizie in difformità dagli strumenti urbanistici, ivi compreso il programma integrato. Essa difatti — pur essendo, in base

alle norme statali vigenti, già prevista la possibilità di variazioni successive a concessioni già rilasciate seguendo la stessa proce

dura occorsa per il rilascio — ha voluto soltanto, nel caso di

concessioni già rilasciate, siano esse anteriori o successive al

l'approvazione del programma integrato, ancorare la potestà co

munale di modifica alla sussistenza di condizioni e ad un proce

dimento arricchito dalla delibera del consiglio comunale, il che

toglie ogni significato alla censura.

7. - Prive di fondamento sono anche le censure rivolte all'art.

2, 6° comma, della legge regionale, nell'assunto che esso «con

This content downloaded from 195.78.108.185 on Wed, 25 Jun 2014 00:59:23 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 9: sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8); Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri) c. Regione

1139 PARTE PRIMA 1140

sente interventi nelle zone omogenee A (ossia sui centri stori

ci) .. . in misura non superiore al 5 per cento . . . senza una

precisa delimitazione della nozione ... di "nuovi servizi ed at

trezzature pubblici" e con ormai anacronistica restrizione della

salvaguardia ai singoli edifici». Mentre, data la sua formulazio

ne, non è possibile comprendere appieno il significato di que st'ultimo rilievo, va osservato — anche in relazione all'ulteriore

profilo secondo cui «nessuna legge generale o principio consen

te di affidare al programma integrato la idoneità a legittimare interventi sui centri storici e aumenti della volumetria comples siva dell'ambito urbano coinvolto» — che è proprio il riferi

mento ai servizi e alle attrezzature pubbliche ad escludere la

violazione dei principi che regolano la materia. Infatti, poten dosi provvedere, con il programma integrato, anche al recupero dei centri storici, non è irragionevole che la legge regionale con

senta tale limitata eccedenza rispetto alla volumetria complessi va preesistente, come si è visto, con destinazione vincolata ad

usi pubblici, in connessione con le finalità del nuovo strumento

urbanistico.

8. - È poi sempre in relazione a questa possibile eccedenza

che va letto l'art. 13, oggetto di ulteriore censura, il quale pre vede che nel calcolo della volumetria complessiva preesistente nell'intero ambito del programma non siano computabili i volu

mi «abusivi». Quest'ultima disposizione non costituisce di cer

to, come invece arbitrariamente si asserisce nel ricorso, un pre mio all'abusivismo, ma vuole limitare il calcolo dell'eccedenza

a ciò che è stato costruito legittimamente, mostrando cosi un

chiaro disfavore per quanto abusivamente edificato. Né, ai fini

per cui la norma è stata concepita, sarebbe occorso, come si

sostiene, prevedere espressamente la previa demolizione di quei volumi, perché questa previsione riguarda l'ambito di una di

versa disciplina autonomamente operante e di cui ovviamente

la legge regionale sul programma integrato non deve occuparsi. Nemmeno il problema delle volumetrie preesistenti potrebbe

assumere qualche rilevanza se considerato in relazione al 7° com

ma dell'art. 2, perché tale norma prevede soltanto un rapporto costante tra edifici da riservare a residenza abitativa o ad altro, ovverosia alle varie distinzioni ivi considerate.

È evidente che, se in virtù delle norme statali vigenti, aventi

carattere generale ed applicazione uniforme, dovesse avvenire

la «sanatoria» di edifici abusivi, la indicata proporzione non

potrebbe non tener conto delle volumetrie sanate, senza che ciò

possa configurare un vizio di legittimità costituzionale della pre visione legislativa regionale attuativa di quella statale.

A tal fine è significativa la previsione dell'art. 2, 5° comma, secondo periodo, della legge regionale, secondo cui «il program ma integrato ... si applica in presenza di insediamenti abusivi,

recuperabili ai sensi dell'art. 29 1. 28 febbraio 1985 n. 47, limi tatamente alla realizzazione delle opere primarie e secondarie

e delle strutture di servizio necessarie per il recupero urbanistico

ambientale degli insediamenti stessi».

9.1. - Fondata è invece, per violazione dell'art. 117 Cost., la censura concernente l'art. 9, 10 comma, della legge regionale

impugnata, nella parte in cui prevede che, nel caso dell'inutile decorso del termine di centoventi giorni concesso alla regione

per l'approvazione del programma integrato non conforme, que sto si considera approvato.

Il problema della possibilità del silenzio-assenso in sede di

approvazione di questo strumento urbanistico è stato già nega tivamente risolto dalla menzionata sentenza n. 393 del 1992 di

questa corte che ha dichiarato incostituzionale, anche in riferi

mento agli art. 3 e 97 Cost., la previsione di esso contenuta

nel 4° comma dell'art. 16 1. n. 179 del 1992, più volte richiamato.

La decisione della corte ha rimarcato «l'irrazionalità e il con

trasto della normativa . . . con il principio di buon andamento

della pubblica amministrazione, considerata anche la . . . man canza del diversificato contributo degli organi ed uffici compe tenti in base alle norme generali».

È implicito nella decisione della corte che il silenzio-assenso

e comunque i tempi tecnici assegnati alla regione impediscono un esame puntuale e dettagliato del programma, che, tra l'al

tro, è sottoposto alla sua approvazione proprio e soltanto se in variante agli strumenti urbanistici. In base al sistema — è

questo il significato sotteso alla richiamata sentenza n. 393 del

1992 — la previsione del silenzio-assenso può ritenersi ammissi

bile in riferimento ad attività amministrative nelle quali sia pres soché assente il tasso di discrezionalità, mentre la trasposizione

Il Foro Italiano — 1996.

di tale modello nei procedimenti ad elevata discrezionalità, pri mi tra tutti quelli della pianificazione e programmazione terri

toriale, finisce per incidere sull'essenza stessa della competenza

regionale. Il venir meno nella normativa statale della previsione del

silenzio-assenso per effetto di detta sentenza e le implicazioni che possono desumersi da essa denotano attualmente l'esistenza

nella legge statale, specifica per la materia, di un principio fon

damentale opposto, che ritiene indispensabile una valutazione

esplicita da parte degli organi regionali nei procedimenti che necessitano del «diversificato contributo degli organi e uffici

competenti» (sent. n. 393 del 1992) coinvolti nella procedura. Né può giustificare la norma regionale impugnata la previsio

ne di carattere generale, contenuta nell'art. 25, 2° comma, 1.

n. 47 del 1985, che consente forme di silenzio-assenso nell'ap

provazione, con procedure semplificate, di varianti agli stru

menti urbanistici generali. Difatti — indipendentemente dalla

considerazione che la previsione legislativa di cui sopra è riferi

ta agli «strumenti attuativi in variante agli strumenti urbanistici

generali» ovvero a «varianti. . . finalizzate all'adeguamento degli standards urbanistici» e quindi ad un ambito ben individuato

di provvedimenti di carattere attuativo di previsioni urbanisti

che generali preesistenti e non invece a provvedimenti program matori con elevato tasso di discrezionalità — ciò che rileva ai fini della soluzione della questione proposta, è che questa corte, con la citata sentenza n. 393 del 1992, ha già ritenuto detto

istituto inapplicabile ai programmi integrati. Relativamente a

questi ultimi, pertanto, in sede di legislazione regionale non pos sono che valere i principi fondamentali riguardanti specifica mente quello strumento, come desumibili dalla sentenza di que sta corte.

9.2. - La legge regionale impugnata, nella parte in cui preve de la forma del silenzio-assenso ai fini dell'approvazione regio nale dei programmi integrati difformi dagli strumenti urbanisti

ci generali, viola pertanto, come denunziato dal ricorrente, l'art.

117 Cost., per inosservanza del principio fondamentale ricava

bile dalla legislazione dello Stato dopo l'intervento della corte.

La previsione censurata neppure potrebbe ritenersi giustificata

dall'esigenza di superare l'inerzia della regione che dovesse pro trarsi oltre ragionevoli tempi tecnici: in questo caso rimarrebbe

pur sempre al comune di adire la sede giurisdizionale competen te per rimuovere l'inerzia ingiustificata e di sollecitare i poteri sostitutivi del giudice qualora essa persista pur dopo il giudica to che ne dichiari l'illegittimità.

10. - Fondata è, altresì', la censura rivolta all'art. 10, 9° e

10° comma, della legge regionale, nella parte in cui — obbli

gando i comuni ad adottare, alla scadenza del decennio di effi

cacia del programma integrato, un nuovo programma relativo alla parte inattuata del precedente ed all'uopo introducendo il

potere sostitutivo della regione in caso di inerzia del comune — consente in via di principio, come rilevato nel ricorso, di

protrarre indefinitamente i vincoli derivanti dall'originario pro

gramma.

Questa previsione dettata a regime viola appunto il principio, più volte affermato da questa corte, secondo cui i vincoli urba

nistici debbono avere una durata certa (sent. n. 6 del 1966, id.,

1966, I, 203; n. 55 del 1968, id., 1968, I, 1361; n. 82 del 1982, id., 1982, I, 2118; n. 92 del 1982, ibid., 2116; n. 575 del 1989, id., 1990, I, 1130).

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale:

a) dell'art. 9, 1° comma, 1. reg. Campania, riapprovata il

12 ottobre 1994, concernente «programmi integrati di riqualifi cazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della 1.

17 febbraio 1992 n. 179», nella parte in cui prevede il silenzio

assenso ai fini dell'approvazione regionale dei programmi inte

grati difformi dagli strumenti urbanistici generali; b) dell'art. 10, 9° e 10° comma, della medesima legge regio

nale, nella parte in cui consente, alla scadenza del decennio di

efficacia del programma integrato, di protrarre indefinitamente

i vincoli derivanti dalla parte inattuata di esso; dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale

degli art. 2, 6° comma, 7, 5° comma, 9, 4° e 5° comma, 10,

2°, 3°, 4°, 5°, 6° e 12° comma, e 13 della medesima legge

regionale, sollevate, in riferimento agli art. 5, 117 e 128 Cost., dal presidente del consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

This content downloaded from 195.78.108.185 on Wed, 25 Jun 2014 00:59:23 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended