sentenza 12 febbraio 1996, n. 26 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 21 febbraio 1996, n. 8);Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri) c. Regione Piemonte(Avv. E. Romanelli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1125/1126-1139/1140Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190267 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Diritto. — 1. - Il Tribunale di Busto Arsizio dubita della le gittimità costituzionale dell'art. 8 1. 15 luglio 1966 n. 604 (licen ziamenti individuali), cosi come modificato dall'art. 2 1. 11 mag gio 1990 n. 108, nella parte in cui prevede il diritto di scelta fra la riassunzione ed il risarcimento a favore del datore di lavoro.
A parere del giudice a quo sussisterebbe contrasto con l'art.
3 Cost., in quanto il lavoratore di impresa «minore» godrebbe di un trattamento più sfavorevole rispetto al lavoratore di im
presa «maggiore», nonché con l'art. 24 Cost, non essendo in
concreto concessa tutela al lavoratore di impresa «minore».
2. - La questione non è fondata dovendosi interpretare la
norma impugnata nei sensi che saranno di seguito precisati.
Questa corte ha più volte-(sentenze nn. 398 del 1994, Foro
it., 1995, I, 19; 189 del 1975, id., 1975, I, 1578; 152 del 1975, ibid.; 55 del 1974, id., 1974, I, 959) indicato i motivi razionali che giustificano la diversificazione del regime dei licenziamenti individuali in ragione delle dimensioni dell'impresa, evidenzian do che essi vanno ricercati nelle esigenze di funzionalità delle
unità produttive, soprattutto ai fini occupazionali, nonché nel
diverso grado di fiduciarietà e di tensione psicologica riscontra
bile nei rapporti diretti fra dipendente e piccolo imprenditore
rispetto alla situazione nella grande impresa. Nel confermare questa giurisprudenza, va ribadito che, nella
sola ipotesi di imprese minori, la legge ragionevolmente ricono
sce al datore di lavoro la scelta in ordine alla possibilità di rias
sumere il lavoratore illegittimamente licenziato, ovvero di risar
cirgli il danno conseguente all'accertata illegittimità del licen
ziamento.
3. - La ragionevolezza della differente disciplina tra impresa minore e maggiore non risolve tuttavia il problema relativo alle
ulteriori conseguenze scaturenti dalla predetta scelta operata dal
datore di lavoro e precisamente quello della esatta interpreta zione dell'espressione normativa che impone all'imprenditore
l'obbligo, in mancanza della riassunzione, di risarcire il danno;
ciò costituisce la sostanza della sollevata questione di costituzio
nalità.
In proposito, il giudice a quo dubita della legittimità costitu
zionale della norma interpretata in modo conforme agli art. 1286
ss. c.c., e cioè nel senso che, operata la scelta fra due prestazio
ni, ciò determina l'irrevocabilità della stessa, e il debitore resta
liberato dalla seconda prestazione.
L'interpretazione da cui muove l'ordinanza di rimessione è
aderente ad un orientamento della Corte di cassazione, tuttavia
contrastato da un maggior numero di pronunce della stessa, secondo cui il risarcimento previsto dalla norma impugnata co
stituisce una delle conseguenze della illegittimità del licenzia
mento: ed invero, si è affermato che, in mancanza (per qualsia si motivo) della reintegrazione (tutela reale e primaria), è dovu
ta la seconda delle tutele, e cioè quella obbligatoria, consistente
nella monetizzazione del danno derivante dall'illegittimo licen
ziamento, ogni qual volta non si ripristini il rapporto. 4. - Questo diverso orientamento giurisprudenziale è condivi
so dalla quasi totalità della dottrina e risulta anche da una risa
lente pronuncia di questa corte (sentenza n. 194 del 1970, id., 1971, I, 3), la quale ebbe ad affermare testualmente: «Né, ad
orientare diversamente il giudizio della corte, valgono i rilievi
contenuti nelle ordinanze circa la ingiustizia cui condurrebbe
la norma che, si sostiene, escluderebbe l'obbligo del pagamento
dell'indennità, nel caso che il ripristino del rapporto di lavoro
non possa aver luogo per causa non imputabile al datore di
lavoro».
«La corte esclude che tali inconvenienti possano verificarsi
ove si ritenga — come deve ritenersi perché la norma conservi
la riconosciuta conformità ai principi costituzionali — che il
pagamento della indennità, qualora il rapporto non si ripristini,
sia sempre dovuto e lo sia per il solo fatto del mancato ripristi no di esso, senza che a nulla rilevi quale sia il soggetto e quale la ragione per cui ciò abbia a verificarsi».
5. - Con tale pronuncia, quindi, questa corte ha già fatto
propria quella interpretazione della norma che la rende confor
quindi un apprezzabile ampliamento della tutela del lavoratore licenzia
to, il quale anche nelle piccole imprese (e forse soprattutto in queste) potrebbe avere interesse a non tornare alle dipendenze di chi illegittima mente lo abbia estromesso dal posto di lavoro. [G. Amoroso]
Il Foro Italiano — 1996.
me ai principi costituzionali. E, nella presente occasione, non
risultano validi motivi per discostarsi dalla richiamata pronuncia. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 1. 15 luglio 1966 n. 604 (licenziamenti individuali), cosi come modificato dall'art. 2 1. 11 maggio 1990 n. 108, sollevata in riferimento all'art. 3 e 24 Cost., dal Tribu nale di Busto Arsizio con l'ordinanza indicata in epigrafe.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 12 febbraio 1996, n.
26 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 21 febbraio 1996, n.
8); Pres. Ferri, Est. Chieppa; Pres. cons, ministri (Aw. del
lo Stato Ferri) c. Regione Piemonte (Aw. E. Romanelli).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Piemonte — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili
zia e ambientale — Approvazione — Decorso del termine —
Silenzio assenso — Violazione dei limiti della competenza re
gionale — Incostituzionalità (Cost., art. 117).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Piemonte — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili
zia e ambientale — Introduzione d'ufficio di modifiche regio nali — Violazione dei limiti della competenza regionale —
Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. S, 117, 128).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Piemonte — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili
zia e ambientale — Mantenimento delle volumetrie preesistenti — Difformità dal piano regolatore vigente — Violazione dei
limiti della competenza regionale — Questione infondata di
costituzionalità (Cost., art. 117).
È incostituzionale l'art. 6, 2° comma, l. reg. Piemonte riappro vata l'8 marzo 1995, nella parte in cui prevede che nel caso
di inutile scadenza del termine di centoventi giorni per l'ap
provazione regionale del programma integrato di riqualifica
zione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179, questo si considera approva
to, poiché l'estensione del silenzio assenso a procedimenti ad
elevata discrezionalità come in materia di pianificazione, fini sce per incidere sull'essenza stessa della competenza re
gionale. (1) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
6, 3° comma, l. reg. Piemonte riapprovata l'8 marzo 1995,
in base al quale le modifiche al programma integrato di ri
qualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 sono introdotte
d'ufficio dalla giunta regionale qualora il termine per l'assun
zione della deliberazione comunale sia inutilmente trascorso,
trattandosi di modifiche non comportanti sostanziali innova
zioni, in riferimento agli art. 5, 117 e 128 Cost. (2)
(1, 4) Con le pronunce in epigrafe la Consulta fa applicazione di
alcuni dei principi già enunciati nella sentenza 19 ottobre 1992, n. 393, Foro it., 1992, I, 3203, con nota di richiami, in particolare per quanto concerne l'impatto con una «nuova cultura di semplificazione» della
procedura di approvazione del nuovo strumento urbanistico — riguar do alla quale si considera illegittima l'approvazione per silenzio assenso — dimostrando di tenere a parametro di riferimento nella valutazione
di compatibilità costituzionale delle norme regionali attuative della leg
ge statale 17 febbraio 1992 n. 179, l'ordinamento statuale vigente. Ra
gionamento su cui si appuntano, con riferimento alla sentenza 392/92, le critiche di Bartole, Valutazione della competenza regionale o viola
zione dei principi di buona amministrazione in materia urbanistica?, in Riv. giur. urbanistica, 1993, 225 ss., che, sottolineando l'opzione della corte di un percorso argomentativo attraverso gli art. 3 e 97 Cost., anziché sul fronte degli art. 115, 117 e 118 Cost., per giungere alla
dichiarazione d'incostituzionalità (sulla possibilità delle regioni di adire il giudice costituzionale prospettando la violazione di qualsiasi norma
costituzionale funzionale alla lamentata lesione della propria autono
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1127 PARTE PRIMA 1128
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
8, 2° comma, I. reg. Piemonte riapprovata l'8 marzo 1995, nella parte in cui prevede che il programma integrato di ri
qualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 consenta il mante
nimento di volumetrìe preesistenti, anche in difformità del
piano regolatore vigente, nelle aree di salvaguardia culturale
e ambientale, riferendosi la norma comunque a ciò che sia
stato costruito in armonia con gli strumenti urbanistici all'e
poca esistenti, con esclusione delle opere edilizie abusive, in
riferimento all'art. 117 Cost. (3)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 27 luglio 1995, n. 408
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 agosto 1995, n. 32); Pres. Baldassarre, Est. Caianiello; Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Favara) c. Regione Campania (Aw. Ferrari).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili
zia e ambientale — Approvazione — Decorso del termine —
Silenzio assenso — Violazione dei limiti della competenza re
gionale — Incostituzionalità (Cost., art. 117).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili
zia e ambientale — Scadenza — Obbligo di adozione di nuo
vo programma — Reiterazione di vincoli — Incostituzionalità
(Cost., art. 117). Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania
— Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili
zia e ambientale — Non conformità agli strumenti urbanistici
mia, vedi, con espresso riferimento a Corte cost. 19 ottobre 1992, n.
393, cit., R. Tosi, Pretese delle regioni e parametri costituzionali nel
giudizio principale, in Regioni, 1993 , 937), attribuisce il modus deci dendi più che altro ad «una scelta casuale e contingente del parametro di giudizio», non motivata da un confronto fra rationes, che siano il
frutto di una previa elaborazione, e l'oggetto specifico del giudizio con cui la corte è chiamata a confrontarsi. E se il pericolo di esasperare la «dottrina ermeneutica della pietrificazione», tanto più rischiosa e dan
nosa in quanto applicata ad un settore come quello della pubblica am ministrazione dell'urbanistica che è in continuo movimento e per gene rale ammissione bisognoso di interventi riformatori (Bartole, cit., 232), poteva essere arginato se non dal legislatore statale, non resta al legisla tore regionale che adeguarsi ai principi fondamentali segnati dalle leggi statali, giacché «la determinazione del tipo di intervento programmati co destinato ad operare su tutto il territorio e diretto a fissare le linee essenziali e gli elementi caratteristici di una nuova figura rientra nella competenza dello Stato: si tratta di normativa di principio, che non
può trovare ostacolo nella potestà di programmazione territoriale attri buita alle regioni, in quanto fissa schemi e modelli, che consentono a detta potestà di esplicarsi in modo unitario ed omogeneo» (Corte cost. 393/92, cit.). E nella sentenza 393/92 sono distinguibili due parti nettamente distinte, relative, rispettivamente, alle previsioni di carattere
astratto, che fissano finalità e caratteristiche del nuovo tipo di strumen to di programmazione territoriale — queste emanate legittimamente nel l'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento dello Stato —, ed agli aspetti concreti della relativa disciplina sotto il profilo del fun
zionamento e dell'efficacia, con introduzione — da qui il giudizio di
illegittimità costituzionale — di una serie di deroghe alla vigente legisla zione urbanistica (Sessa, Competenza dello Stato (nell'esercizio della
funzione di indirizzo e di coordinamento) per l'istituzione dei «pro grammi integrati di intervento» di cui all'art. 16 della legge n. 179 del
1992, in Riv. amm., 1992, 1464). Se la «bocciatura» da parte della corte delle nuove caratteristiche
accelerativo-derogatorie dei programmi integrati è sembrata integrare uno «svuotamento di significato» dei piani stessi (Morbidelli, Urbani stica incostituzionale per abuso di silenzio assenso, in Giur. costit., 1992, 3427), l'intervento del giudice delle leggi è sembrato invece opportuno agli occhi di chi vedeva nella disciplina sostanziale e procedimentale del nuovo strumento urbanistico elementi di inammissibile e pericolosa rottura (De Pretis, Piani integrati e buon andamento dell'amministra
zione, in Regioni, 1993, 924), anche se il «carattere fortemente innova tivo e dirompente» del nuovo modello di pianificazione integrata avreb be giustificato, secondo l'autrice, in estrema ipotesi, e salvo il potere
regionale di successive definizioni di dettaglio, «l'introduzione di una
Il Foro Italiano — 1996.
vigenti — Violazione dei limiti della competenza regionale —
Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 5, 117, 128). Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania
— Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili
zia e ambientale — Ingerenza nel campo del diritto privato — Violazione dei limiti della competenza regionale — Que stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili
zia e ambientale — Compressione delle autonomie comunali — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117,
128). Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania
— Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili
zia e ambientale — Pregiudizio delle proprietà minori — Vio lazione dei limiti della competenza regionale — Questione in
fondata di costituzionalità (Cost., art. 117).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili
zia e ambientale — Possibilità di modifica delle concessioni
edilizie — Violazione dei limiti della competenza regionale — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili zia e ambientale — Interventi nei centri storici e aumenti di
volumetrie — Violazione dei limiti della competenza regiona le — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania — Programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili
zia e ambiente — Computo volumetrico preesistente — Scom
puto della volumetrìa abusiva — Violazione dei limiti della
competenza regionale — Questione infondata di costituziona
lità (Cost., art. 117).
normativa di principio statale che rompesse il sistema dei principi fon damentali vigenti» (De Pretis, cit., 929).
Ma l'ansia di rinnovamento in direzione della semplificazione proce durale (sul tema vedi, in generale, Pericu, La semplificazione delle pro cedure urbanistiche ed edilizie, in Riv. giur. urbanistica, 1986, 52; Amorosino-Ferrari, Ipotesi di un progetto di legge delega per la sem
plificazione e la razionalizzazione dei procedimenti amministrativi rela tivi alle attività industriali, in Economia pubbl., 1995, 5) è davvero
viva, se in due regioni si ripropone l'istituto del silenzio assenso in ordi ne all'approvazione del programma: che nella sentenza precedente era
apparso lesivo, oltre che dei criteri di razionalità e buon andamento
dell'amministrazione, dell'autonomia legislativa regionale, in apparenza depauperata, con la previsione del silenzio assenso che esclude il con trollo regionale sulla pianificazione, dalla concentrazione definitiva del
potere decisionale in capo al consiglio comunale e dall'esaltazione della incisività della relativa delibera. Ora, conseguentemente, ma in direzio ne inversa, il prevedere l'approvazione tacita appare in violazione del limite di competenza legislativa regionale alla luce dei principi desumi bili dalla legge statale, che ora, più che nella motivazione di Corte cost. 19 ottobre 1992, n. 393, cit., costituisce il tertium comparationis per il contenimento degli interventi legislativi in materia urbanistica nei li miti dell'art. 117 Cost.
L'approvazione dello strumento «programma urbano dei parcheggi» in virtù del silenzio assenso non era apparsa illegittima nel giudizio di costituzionalità degli art. 3 e 6 1. 24 marzo 1989 n. 122, a proposito della localizzazione delle aree per i parcheggi pubblici, ma h' valeva la considerazione dell'emergenza di tali interventi (Corte cost. 27 luglio 1989, n. 459, Foro it., Rep. 1989, voce Edilizia e urbanistica, n. 165).
La semplificazione delle procedure è sicuramente, alla luce della 1. 7 agosto 1990 n. 241, un principio dell'ordinamento, ma bisogna tener conto che lo stesso testo normativo circoscrive il silenzio assenso a pro cedimenti dalla discrezionalità assai limitata, poiché si attaglia solo ad una ristretta cerchia di atti amministrativi, caratterizzati dalla semplici tà del procedimento, dal contenuto predeterminato e dal destinatario individuale (vedi anche art. 1 d.p.r. 26 aprile 1992 n. 300, in relazione all'art. 20 1. 241/90, cit.): non sembra viceversa concepibile relativa mente ad atti regolamentari o generali, o a strumenti di pianificazione urbanistica (Lignani, Silenzio (dir. amm.), voce dell 'Enciclopedia del
diritto, Milano, 1990, XLII, 574), tanto meno ove l'amministrazione debba provvedere non su dati obiettivi e acquisiti, verificati e sicuri, ma sulla base di adeguati accertamenti che costituiscano la base di valu tazioni discrezionali (Morbidelli, cit., 3434; Matteucci Civitarese, Trasformazioni dell'amministrazione e funzione di controllo sull'uso dei suoli. Il principio di responsabilità tra «pubblico» e «privato», in Riv. giur. urbanistica, 1995, 133). Il principio sembra ora ripudiato dalla
prolissa vicenda del c.d. «condono bis», attuato attraverso la reitera
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
È incostituzionale l'art. 9, 1° comma, l. reg. Campania riap
provata il 12 ottobre 1994, nella parte in cui prevede che nel
caso di inutile scadenza del termine di centoventi giorni per
l'approvazione regionale del programma integrato di riquali
ficazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179, questo si considera ap
provato, poiché l'estensione del silenzio assenso a procedi menti di elevata discrezionalità come in materia di pianifica zione, finisce per incidere sull'essenza stessa della competenza
regionale. (4) È incostituzionale l'art. 10, 9° e 10° comma, I. reg. Campania
riapprovata il 12 ottobre 1994, nella parte in cui, obbligando i comuni ad adottare un nuovo programma integrato di ri
qualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179, ove alla scadenza
decennale del precedente questo sia rimasto in parte inattua
to, consente di protrarre indefinitamente i vincoli previsti. (5) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
7, 5° comma, l. reg. Campania riapprovata il 12 ottobre 1994,
nella parte in cui prevede che il programma integrato di ri
qualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione
della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 possa essere non
conforme agli strumenti urbanistici generali, non essendo ciò
precluso dai principi fondamentali delle leggi dello Stato, dal
le quali si desume viceversa l'esistenza del principio opposto, che strumenti urbanistici di settore si discostino dalle previ
sioni degli strumenti preesistenti, e spettando alla legge regio
nale stabilire in concreto il procedimento per la formazione
di tale programma, in riferimento agli art. 5, 117 e 128
Cost. (6)
zione dei decreti, a partire dal d.l. 26 luglio 1994 n. 468, fino al recente
d.l. 25 marzo 1996 n. 154, che all'art. 5, 3° comma, dispone che l'ap provazione dello strumento urbanistico e delle relative varianti può av
venire, tacitamente, dopo il decorso infruttuoso del termine di centot
tanta giorni concesso dalla regione (sul tema, v. Filippi, L'approvazio ne per silenzio assenso degli strumenti urbanistici, in Riv. giur. edilizia,
1994, III, 912; M. A. Sanduili, Riflessioni a prima lettura sulle norme
«a regime» del d.l. 551/94, ibid., 749). La trasposizione del modello silenzioso nei procedimenti ad elevata
discrezionalità, come quello di formazione degli strumenti urbanistici
comunali, che la regione può approvare o non approvare, come appor tarvi modifiche d'ufficio, finisce per incidere sull'essenza stessa della
competenza regionale (Morbidelli, cit., 3433), anche se l'argomenta zione sembra sviluppata da Corte cost. 393/92 soprattutto sul fronte
della razionalità e del buon funzionamento dell'amministrazione. Con
le pronunce in epigrafe, ove si tratta di valutare l'uso del potere legisla tivo da parte delle regioni, il ricorso al modello del silenzio assenso
appare come una violazione dei principi generali nella materia, quali la precedente sentenza ha proceduto ad enucleare ed affinare, e quindi una violazione dei limiti di competenza legislativa regionale.
(2, 8) Il subprocedimento regionale di approvazione dei piani regola tori comunali può prevedere anche l'approvazione con modifiche d'uf
ficio, istituto di creazione giurisprudenziale, canonizzato nella 1. 6 ago sto 1967 n. 765, che ha modificato l'art. 10 1. 17 agosto 1942 n. 1150.
Sulle modifiche di carattere sostanziale, in sede di approvazione del
piano, v. Cons. Stato, sez. IV, 12 novembre 1990, n. 895, Foro it.,
Rep. 1991, voce Regione, n. 261.
Valgono poi le considerazioni sopra accennate sulla necessità di ap
propriata valutazione dei presupposti, da parte della regione approvan
te, e prima ancora di un'adeguata istruttoria, in termini di maggiore compiutezza possibile; solo al termine della quale sarà possibile emana
re l'atto partecipativo alla formazione del piano, con eventuale inseri
mento di modifiche d'ufficio.
(3, 11-12) Il limite del rispetto delle volumetrie previste dagli stru
menti urbanistici acquista, alla luce delle motivazioni della sentenza
393/92, cit., un monito al legislatore, sia statale che regionale, e di
limite alle politiche di deregulation urbanistica (Mantini, La Corte co
stituzionale contro lo statalismo e la «deregulation» in materia urbani
stica, in Riv. giur. edilizia, 1992, I, 1051), anche al fine di non conse
guire in modo indiretto effetti sanatori dell'abusivismo. Il piano inte
grato di recupero previsto dalla 1. reg. Lombardia 22/86, che è considerato
il modello della nuova figura del programma integrato, consente un
incremento delle volumetrie, purché nei limiti degli strumenti urbanisti
ci esistenti (Cons. Stato, sez. IV, 28 febbraio 1992, n. 223, Foro it.,
1993, III, 97, con nota di richiami e nota di S. Benito). La legge regio nale Campania impugnata, nel consentire limitati aumenti volumetrici, evita opportunamente di parametrarsi con le previsioni della pianifica zione vigente, e prevede la possibilità di aumenti limitati al 5% della
volumetria complessiva esistente.
Il Foro Italiano — 1996.
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
7,5° comma, l. reg. Campania riapprovata il 12 ottobre 1994,
nella parte in cui prevede che il programma integrato di ri
qualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 possa invadere il
campo del diritto privato, precluso alla legislazione regionale,
per incidere sulle proprietà fondiarie mediante l'apposizione di vincoli ed il ricorso ad espropriazioni, essendo rimesso alla
regione di disciplinare il programma integrato nell'ambito delle
proprie competenze e nel rispetto dei principi fondamentali, in riferimento all'art. 117 Cost. (7)
È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.
9, 4° e 5" comma, e 10, 2°, 3°, 4° comma, l. reg. Campania
riapprovata il 12 ottobre 1994, nella parte in cui prevede che
il programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili
zia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 possa comprimere le competenze comunali in ma
teria urbanistica, spettando pur sempre al comune l'avvio del
procedimento di formazione del programma, e non essendovi
la previsione di introdurre modifiche di ufficio da parte della regione, ma solo di negare l'approvazione, in riferimento agli art. 117 e 128 Cost. (8)
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
10, 5° e 6° comma, I. reg. Campania riapprovata il 12 otto
bre 1994, nella parte in cui prevede che il programma integra to di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in at tuazione delle legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 possa di
venire un mezzo nelle mani di interessi forti in pregiudizio delle proprietà minori, essendo la formazione del programma vincolata a determinate regole di procedimento, con possibile sindacato giurisdizionale, in riferimento all'art. 117 Cost. (9)
(5) Su varie questioni connesse alla scadenza e reiterazione dei vinco
li di inedificabilità, v. Cons. Stato, sez. IV, 22 febbraio 1994, n. 159, 17 gennaio 1994, n. 26, Tar Lombardia, sez. Brescia, 2 settembre 1993, n. 716, Foro it., 1994, III, 500, con nota di richiami, nonché Corte
cost. 21 luglio 1995, n. 344, che sarà riportata su un prossimo fascicolo.
(6) Il fenomeno dell'automatica modifica della pianificazione preesi
stente, che aveva indotto Corte cost. 19 ottobre 1992, n. 393, cit., a
dichiarare l'illegittimità dell'art. 16, 5° comma, 1. 179/92 — ma in quel l'occasione l'effetto era ricondotto alla concessione edilizia, che pur uni ficata al programma, ne era momento attuativo —, non è nuovo: il
sistema conosce già l'approvazione del progetto di opera pubblica, ai
sensi dell'art. 1 1. 3 gennaio 1978 n. 1 che costituisce variante allo stru
mento urbanistico regionale, oltre all'analogo effetto dell'accordo di
programma, che sia adottato con decreto del presidente della regione
(art. 27, 4° comma, 1. 8 giugno 1990 n. 142; e prima ancora, per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, v. art. 3 1. 1° marzo 1986 n.
64), dei progetti per il trattamento e lo stoccaggio di rifiuti urbani, ai sensi dell'art. 3 bis 1. 29 ottobre 1987 n. 441 e dei progetti esecutivi
connessi allo svolgimento dei mondiali di calcio, di cui all'art. 2, 3°
comma, d.l. 1° aprile 1989 n. 121, convertito in 1. 29 maggio 1989
n. 205. La seconda sentenza in epigrafe cita altresì il piano di edilizia
economica popolare, ai sensi dell'art. 3, 4° comma, 1. 18 aprile 1962
n. 167, i piani delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale, di cui all'art. 51, 6° comma, d.p.r. 6 marzo 1978 n. 218.
Sul fronte della pianificazione regionale, l'art. 25, lett. a), 1. 28 feb
braio 1985 n. 47 stabilisce che la regione prevede procedure semplificate
per l'approvazione degli strumenti attuativi in variante agli strumenti
urbanistici generali: del resto la prassi di pianificazione regionale ha
creato nuovi modelli di piano in qualche modo eterogenei alla tradizio
ne dei modelli statali: basti pensare al diffuso ricorso ai piani di inqua dramento operativo (p.i.o.), di cui, però, è stata esclusa la natura piani ficatoria territoriale, trattandosi di strumenti di programmazione mera
mente temporale (Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1995, n. 413, Cons.
Stato, 1995, I, 655). Una maggiore attenzione al momento di raccordo tra l'intervento in
tegrato ed il piano generale sarebbe stata auspicabile secondo De Pre
tis, cit., 932-3, tenendo conto, tra l'altro, della consistenza quantitativa degli interventi in astratto ipotizzabili per mezzo del nuovo strumento:
ed il carattere di plurifunzionalità propria del modello astratto di pro
gramma integrato, idoneo fra l'altro a sottoporre determinati interventi
ad un regime semplificato e privilegiato, avrebbe dovuto trovare un
logico riferimento «nella espressa previsione e nella localizzazione dei
programmi stessi da parte dei piani urbanistici generali».
Degli stessi piani integrati possono trovarsi tracce premonitrici nella
legislazione regionale lombarda (1. reg. 4 luglio 1986 n. 22 e 2 aprile 1990 n. 23: vedi in proposito Cons. Stato, sez. IV, 28 febbraio 1992, n. 223, cit.). Di ciò probabilmente la sentenza 393/92 non ha tenuto
conto ove sembra aver fissato «una sorta di riserva statale di previsione di nuovi modelli di pianificazione urbanistica» (De Pretis, cit., 924-5).
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1131 PARTE PRIMA 1132
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, 12° comma, l. reg. Campania riapprovata il 12 ottobre
1994, nella parte in cui prevede che il programma integrato di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attua zione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 possa con
sentire il rilascio di concessioni edilizie o di varianti in diffor mità dagli strumenti urbanistici, essendo solo prevista la pos
sibilità di varianti successive, ancorate alla sussistenza di
determinate condizioni e alla previa deliberazione del consi
glio comunale, in riferimento all'art. 117 Cost. (10) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
2, 6° comma, l. reg. Campania riapprovata il 12 ottobre 1994, nella parte in cui prevede che il programma integrato di ri
qualificazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 possa consentire
interventi nei centri storici, con limitato aumento delle volu
metrie, trattandosi di interventi di recupero e di eccedenze
volumetriche con destinazione vincolata ad usi pubblici se
condo le finalità del nuovo strumento, in riferimento all'art.
117 Cost. (11) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
13 l. reg. Campania riapprovata il 12 ottobre 1994, nella par te in cui prevede che il programma integrato di riqualificazio ne urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della legge statale 17 febbraio 1992 n. 179 consenta nuove volumetrie
in eccedenza pari al cinque per cento della volumetria com
plessiva preesistente calcolata con scomputo dei volumi abu
sivi, con premio per l'abusivismo trattandosi di limitazione
che contiene un chiaro disfavore all'abusivismo e rimanendo
autonomamente la previsione di demolizione di tali volumi, in riferimento all'art. 117 Cost. (12)
I
Diritto. — 1.-I1 presidente del consiglio dei ministri impu gna la legge della regione Piemonte che, in attuazione dell'art.
(7) Sull'interpretazione necessariamente estensiva del termine «piano
regolatore» e «regolamento edilizio», quali strumenti idonei a discipli nare l'attività costruttiva, e dunque a interferire nelle sfere di diritto
privato, v. Cass. 1° luglio 1994, n. 6273, Foro it., Rep. 1994, voce
Agricoltura, n. 127.
(9) Il rischio che in sede di formazione del programma «possa perve nirsi a favoritismi rispetto ad alcuni proprietari interessati a danno di
altri», è implicito, nel ragionamento della Consulta, in ogni tipo di
pianificazione territoriale. In realtà la disciplina predisposta dalla 1.
179/92, a maggior ragione prima dei correttivi introdotti per effetto della sentenza 393/92, è apparsa introdurre, «con valenza del tutto estem
poranea» (De Pretis, op. cit., 920), un regime privilegiato e di radicale
deregolamentazione rispetto al regime ordinario: ne sono destinatari «sog getti pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio o associati tra loro». Il risultato, di uno strumento di duttilità estrema quanto a
possibilità localizzative ed a contenuti strutturali e funzionali, posto dalla
legge al servizio «di chi disponga dei poteri di iniziativa e delle risorse finanziarie necessarie», è sembrato idoneo a selezionare principalmente «destinatari portatori di interessi economicamente forti» (De Pretis, cit., 922: sul fenomeno dell'iniziativa privata nella pianificazione, San
tiapichi, L'intervento del privato nella pianificazione urbanistica, Ri
mini, 1995). Ragione per la quale l'attitudine del programma a piegarsi al perseguimento di interessi, forse anche pubblici, «ma di natura setto riale», avrebbe dovuto suggerire «una maggior attenzione al momento del raccordo tra l'intervento integrato e il piano generale» (De Pretis,
op. cit., 933). (10) Il ricorso del presidente del consiglio aveva opinato un «muta
mento della natura della concessione edilizia, da atto del sindaco . . . di controllo sulla coerenza dei progetti agli strumenti urbanistici ad atto
disponente . . . varianti particolari». La corte ribadisce quello che ave va costituito uno dei punti fermi della sentenza 393/92, cit., sulla neces
saria autonomia, logica e temporale, dell'atto concessivo rispetto alla fase pianificatoria (riguardo alla quale esprime qualche perplessità Mor
bidelli, cit., 3429-30, alla luce della attuale configurazione della con
cessione edilizia, come atto di controllo, senza alcuna discrezionalità), osservando che il programma integrato può legittimare varianti agli stru
menti urbanistici preesistenti, ma, oltre che in virtù della procedura rinforzata (previa delibera del consiglio comunale), subordinatamente al verificarsi di specifiche condizioni dettate dalla norma impugnata. Osserva Morbidelli, loc. uh. cit., che la derogabilità, sia pure una
tantum, dello strumento urbanistico da parte della concessione, per il
raggiungimento di obiettivi di interesse pubblico, è principio acquisito nel nostro ordinamento (a partire dall'art. 3 1. 21 dicembre 1955 n.
1357 e dall'art. 16 1. 6 agosto 1967 n. 765).
Il Foro Italiano — 1996.
16 1. 17 febbraio 1992 n. 179, disciplina il programma integrato di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale, lamentan do la violazione degli art. 5, 117 e 128 Cost.
In particolare si sostiene nel ricorso che l'art. 6, 2° comma,
ultimo periodo — prevedendo che il programma integrato, nel
la ipotesi che sia «in variante agli strumenti urbanistici ed edili zi comunali approvati o in salvaguardia», si intende approvato dalla regione, decorso inutilmente il termine di centoventi gior ni dal suo invio al consiglio regionale — violerebbe l'autonomia
comunale garantita dagli art. 5 e 128 Cost.
Si afferma, altresì, che l'art. 6, 3° comma — stabilendo che
le modifiche agli strumenti urbanistici siano introdotte d'ufficio alla giunta regionale qualora il termine per l'assunzione della
deliberazione comunale sia inutilmente decorso — violerebbe
l'autonomia comunale garantita dagli art. 5, 117 e 128 Cost.
Infine, si censura l'art. 8, 2° comma, il quale, prevedendo che «qualora il programma integrato interessi aree normate ai
sensi dell'art. 24 1. reg. n. 56 del 1977 e successive modifiche
e integrazioni, per queste ultime può essere mantenuta la volu
metria preesistente anche in difformità da quella del piano re
golatore generale vigente o in salvaguardia», porrebbe in essere
una fattispecie di sanatoria di opere abusive, violando cosi l'art.
117 Cost.
2. - La censura concernente l'art. 6, 2° comma, ultimo perio
do, è fondata.
Questa corte — con la sentenza n. 393 del 1992 (Foro it.,
1992,1, 3203) e successivamente con la sentenza n. 408 del 1995
(id., 1996, I, 1127) — ha ritenuto, specificatamente in materia
di pianificazione e programmazione urbanistico-territoriale, la
legittimità costituzionale della previsione del silenzio-assenso, in
sede di approvazione dei programmi integrati, sottolineando che
l'istituto del silenzio-assenso può ritenersi ammissibile in riferi
mento ad attività amministrative nelle quali sia pressoché assen
te un tasso di discrezionalità, mentre la trasposizione di tale
modello nei procedimenti ad elevata discrezionalità, primi tra
tutti quelli della pianificazione territoriale, «finisce per incidere
sull'essenza stessa della competenza regionale» (sentenza n. 408
del 1995). In quest'ultima ipotesi, infatti, verrebbe a mancare l'esame
e la valutazione regionale (avuto riguardo alla brevità dei tempi
tecnici assegnati alla regione per il riesame), nonché il contrad
dittorio sulle osservazioni, ovvero il controllo della pubblica am
ministrazione verrebbe ad acquistare un carattere meramente
eventuale precisamente in ordine a procedimenti amministrativi
che comportano un ventaglio di soluzioni non determinate, né
determinabili in via preventiva dalla legge. Tutto ciò è stato
ritenuto irrazionale e, pertanto, non coerente avuto riguardo al principio per cui gli strumenti urbanistici generali (di ambito comunale e sovracomunale) e anche le relative varianti danno
luogo ad un procedimento complesso cui devono partecipare e concorrere necessariamente il comune e la regione sia pure in posizione ineguale (cosiddetto principio dell'atto complesso).
D'altro canto la materia dei programmi integrati (come previ sti dalla legge regionale impugnata) ha una duplice valenza sia
urbanistica sia ambientale, anche in quanto l'approvazione re
gionale ricomprende tutte le autorizzazioni di competenza re
gionale in tema di vincoli idrogeologici, forestali, ecc., nonché
il parere ai sensi della 1. 29 giugno 1939 n. 1497 e della 1. 8
agosto 1985 n. 431 (art. 6, 7° comma, della legge impugnata).
Pertanto, per quest'ultimo profilo ambientale opera il principio fondamentale, risultante da una serie di norme in materia am
bientale, della necessità di pronuncia esplicita mentre il silenzio
dell'amministrazione preposta a vincolo ambientale non può avere
valore di assenso (sentenza n. 302 del 1988, id., 1988, I, 1017). Tanto si evince dagli art. 14, 4° comma, 16, 3° comma, 17,
2° comma, 1. 7 agosto 1990 n. 241, nonché dall'art. 19, 1°
comma, della stessa legge nel testo sostituito dall'art. 2, 10°
comma, 1. 24 dicembre 1993 n. 537; dall'art. 32 1. 28 febbraio
1985 n. 47, sia nel testo originario, sia in quello modificato dall'art. 12, 2° comma, d.l. 12 gennaio 1988 n. 2, come sosti
tuito dalla legge di conversione 13 marzo 1988 n. 68, nonché
nel testo vigente dell'art. 8, 12° comma, d.l. 24 gennaio 1996
n. 30; e infine dall'art. 82 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, nel testo risultante a seguito delle aggiunte introdotte dall'art. 1
1. 8 agosto 1985 n. 431.
La illegittimità della previsione del silenzio-assenso in materia
di pianificazione (non meramente attuativa e esecutiva) urba
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
nistico-territoriale ed il conseguente venir meno di detto istituto
nella normativa statale, per effetto della sentenza n. 393 del
1992, cit., consente — come affermato nella sentenza n. 408
del 1995, cit., — di ritenere attualmente vigente nella legge sta
tale in materia, un principio fondamentale opposto, che consi
dera indispensabile una valutazione esplicita da parte degli or
gani regionali nei procedimenti che necessitano del diversificato
contributo degli organi e uffici competenti coinvolti nella pro
cedura.
Ne consegue che relativamente ai programmi integrati, valgo
no, in sede di legislazione regionale, i principi fondamentali che sono desumibili dalla sentenza n. 393 del 1992 e che risultano,
altresì, ribaditi ed esplicitati con la sentenza n. 408 del 1995.
Deriva, altresì', che la legge regionale impugnata, nella parte in cui prevede l'istituto del silenzio-assenso ai fini dell'approva zione regionale dei programmi integrati, difformi dagli strumenti urbanistici, viola l'art. 117 Cost., per inosservanza dell'anzidet
to principio fondamentale facilmente ricavabile dalla legislazio ne dello Stato specie dopo l'intervento della corte.
Risultano riassorbite — con riguardo a questa previsione —
le ulteriori censure concernenti gli art. 5 e 128 Cost.
3. - Non fondata è, invece, la censura proposta sotto il profi
lo che l'art. 6, 3° comma (in base al quale qualora il termine
per l'assunzione della deliberazione comunale con le determina
zioni sulla richiesta regionale di modifiche al programma inte
grato in variante agli strumenti urbanistici sia inutilmente de
corso, le modifiche stesse sono introdotte d'ufficio dalla giunta
regionale), violerebbe gli art. 5, 117 e 128 Cost.
Preliminare — nell'esame di questa censura — è il riferimen
to ai principi fondamentali della legislazione urbanistica in ma
teria, in particolare all'art. 10, 2° comma, 1. 17 agosto 1942
n. 1150, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'art.
3 1. 6 agosto 1967 n. 765, il quale prevede diverse categorie
di modifiche d'ufficio (in sede di approvazione) al piano rego latore.
Esse, tuttavia, sono ammesse a condizione che rispettino un
limite ben preciso: si tratti cioè di modifiche che non comporti
no sostanziali innovazioni, ovvero che non mutino le caratteri
stiche essenziali del piano ed i criteri di impostazione dello stes
so. A ben vedere si tratta di un limite strutturale che è comune
ad ogni tipo di modifiche d'ufficio nell'ambito di atto comples so, soprattutto in sede di pianificazione urbanistica caratteriz
zata dalla duplice competenza comunale (di iniziativa e adozio
ne) e regionale (di esame, di valutazione e verifica della coeren
za degli strumenti urbanistici e l'assetto degli interessi coinvolti).
In caso di mancanza delle condizioni per le modifiche di ufficio
la regione ha solo il potere di non approvare il piano e di resti
tuirlo al comune ovvero di approvarlo in parte con stralcio e
restituzione per le eventuali iniziative del comune.
Di conseguenza, la legge regionale censurata deve essere in
terpretata e coordinata con i principi fondamentali della legge
statale vigente in materia di formazione e approvazione di stru
menti urbanistici (art. 10, 2° comma, 1. n. 1150 del 1942, nel
testo vigente citato). Cosi precisati il senso e l'ambito di operatività della disposi
zione denunciata, essa resiste alle censure di illegittimità costitu
zionale, in particolare a quella — assorbente — relativa all'art.
117 Cost., qualificandosi all'opposto, nel senso sopra specifica
to, in armonia con i principi posti dalla legislazione statale in
materia, nel rispetto altresì dell'autonomia comunale.
4. - Non fondata è altresì la censura concernente l'art. 8,
2° comma, della legge regionale impugnata, sotto il profilo di
prevedere «qualora il programma integrato interessi aree nor
mate ai sensi dell'art. 24 1. reg. n. 56 del 1977 . . ., per queste
ultime, la possibilità di mantenere la volumetria preesistente an
che in difformità da quella del piano regolatore generale vigen te o in salvaguardia», pur statuendo che «la disposizione non
si applica in presenza di opere edilizie abusive». Detta previsio ne, secondo il ricorso, porrebbe in essere una fattispecie di sa
natoria di opere abusive, violando l'art. 117 Cost.
Al riguardo, si precisa in via preliminare che «le aree norma
te ai sensi dell'art. 24 1. reg. n. 56 del 1977» cui fa riferimento
la disposizione censurata, riguardano i beni culturali ambientali
da salvaguardare, comprendenti anche insediamenti urbani o me
no, ovvero singoli edifici e manufatti aventi carattere storico
artistico e/o ambientale.
Come ritenuto da questa corte (sentenza n. 408 del 1995) il
Il Foro Italiano — 1996.
programma integrato è strumento polifunzionale e tra le molte
plici funzioni ad esso assegnate vi è anche quella di provvedere al recupero dei centri storici.
Pertanto, non è irrazionale (proprio per garantire un adegua
to livello di servizi e attrezzature e il soddisfacimento di interes
si sociali e collettivi essenziali) che la legge regionale consente
variazioni progettuali (in fase di attuazione del programma in
tegrato) con la possibilità di mantenimento della volumetria com
plessiva preesistente, ponendo una destinazione vincolata ad usi
pubblici. La norma regionale anzidetta (art. 8) contiene anzitutto nel
2° comma, relativo alle «aree normate ai sensi dell'art. 24 1.
reg. n. 56 del 1977», la conferma dell'obbligo di pieno rispetto
delle prescrizioni in materia di tutela ambiente, con la conse
guente soggezione di tutte le variazioni progettuali in sede di
attuazione del programma integrato che interessi dette aree alle
anzidette prescrizioni ambientali, i cui vincoli non possono esse
re in nessun caso derogati. L'unica derogabilità consentita è quella nei confronti del pia
no regolatore vigente per quanto attiene alla volumetria ed al
tezza massima consentita, nel senso che è ammesso il menteni
mento di quella «preesistente». Naturalmente il riferimento alla volumetria ed alla altezza pree
sistente può avere un ambito esclusivo limitato alle costruzioni
legittimamente esistenti, in modo che il mantenimento dell'e
ventuale eccedenza di volumetria e di altezza (rispetto al piano
regolatore vigente) riguarda ciò che è stato costruito in base
ed in modo conforme a licenza o concessione edilizia valida
ed operante all'epoca della costruzione, e che non sia stato og
getto di annullamento o di intervento sanzionatorio edilizio (ad
esempio perché non conforme alla concessione o perché in con
trasto con gli strumenti urbanistici allora vigenti). Resta comun
que fuori dalla previsione ciò che è opera edilizia abusiva.
In altri termini la norma deve èssere inquadrata ed interpre
tata alla luce del principio che la legittimità di una costruzione
deve essere riguardata con riferimento alle prescrizioni urbani
stiche alla data della concessione e, in taluni casi, del tempo
di esecuzione dei lavori, essendo irrilevanti le sopravvenute va
riazioni delle previsioni dei piani urbanistici. Tali variazioni possono condurre a decadenza della conces
sione ove sussistano determinati presupposti, ma in nessun caso
producono una situazione di abusivismo rispetto a ciò che è
stato già legittimamente costruito. In sede di programmazione
urbanistica si possono introdurre discipline transitorie (varia
mente strutturate), che possono concernere i nuovi interventi
(innovativi o modificativi) sulle volumetrie ed altezze esistenti,
senza che possa configurarsi una specie di sanatoria dell'esistente.
Ciò risulta del resto anche dalla norma censurata, nella parte in cui statuisce che la «disposizione non si applica in presenza
di opere edilizie abusive». Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti
mità costituzionale dell'art. 6, 2° comma, ultimo periodo, 1.
reg. Piemonte riapprovata in data 8 marzo 1995 recante: «pro
grammi integrati di riqualificazione urbanistica, edilizia ed am bientale in attuazione dell'art. 16 1. 17 febbraio 1992 n. 179»,
nella parte in cui prevede il silenzio-assenso ai fini dell'approva
zione regionale dei programmi integrati difformi dagli strumen
ti urbanistici generali; dichiara non fondate, nei sensi di cui
in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli
art. 6, 3° comma, ed 8, 2° comma, della medesima legge regio
nale, sollevate, in riferimento agli art. 5, 117 e 128 Cost., dal
presidente del consiglio dei ministri con il ricorso indicato in
epigrafe.
II
Diritto. — 1. - È impugnata in via principale dal presidente del consiglio dei ministri la legge della regione Campania, che — in attuazione dell'art. 161. n. 179 del 1992 (norma dichiarata incostituzionale, in molti dei suoi commi, con la sentenza n.
393 del 1992 di questa corte, Foro it., 1992,1, 3203) — discipli na il programma integrato di riqualificazione urbanistica, edili zia e ambientale, strumento urbanistico polifunzionale di carat
tere, a un tempo, programmatico ed attuativo. Si sostiene in
generale nel ricorso che la legge regionale contrasterebbe con
«l'ordine delle competenze tra regione e comune delineato dalla
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1135 PARTE PRIMA 1136
legislazione statale» e con «gli insegnamenti contenuti nella sen
tenza n. 393 del 1992» di questa corte.
In particolare le censure che, pur prospettate in modo disarti
colato, possono enuclearsi dal tenore dell'atto di impugnazione
sono le seguenti e per i profili di seguito indicati: a) l'art. 7, 5° comma, prevedendo che il programma integra
to possa essere non conforme agli strumenti urbanistici genera
li, in quanto variante al piano regolatore o deroga al regola
mento edilizio, esulerebbe dall'ambito delle competenze regio
nali, perché nessuna «legge generale della repubblica» né alcun
«principio» della legislazione dello Stato attribuisce al program
ma integrato la potenzialità di variare gli strumenti urbanistici
generali;
b) lo stesso art. 7, 5° comma, attribuendo al programma in
tegrato «non conforme» la possibilità di incidere sulle proprietà
fondiarie, con i vincoli di un piano regolatore o con le espro
priazioni, invaderebbe il «campo del diritto privato», precluso
alla disciplina regionale (art. 117 Cost.), dal momento che gli art. 869 e 871 c.c., che regolano i rapporti tra proprietà fondia
rie, da un canto, e strumenti di pianificazione urbanistica ed
edilizia, dall'altro, prevedono soltanto i piani regolatori ed i
regolamenti edilizi e non anche altri strumenti non conformi
ad essi;
e) l'art. 9, 1° comma, prevedendo il silenzio-approvazione della regione nel procedimento di esame e di definizione del
programma integrato «non conforme», violerebbe gli art. 5, 117
e 128 Cost, in mancanza di un principio del genere nelle leggi
dello Stato e non potendo detto istituto «assurgere, da semplice
rimedio contro disfunzioni, a modalità normale di amministra
zione, specie per le funzioni di maggior rilievo politico
amministrativo»;
d) l'art. 9, 4° comma, comportando, per la genericità della
sua formulazione, la possibilità per la regione sia di farsi pro
motrice del programma, sia — quando le sia inviato, per l'ap
provazione, il programma «non conforme» — di introdurvi mo
difiche d'ufficio, e l'art. 9, 5° comma, imponendo al comune,
nel caso di restituzione, da parte della regione, del programma
«per integrazione o per rielaborazione», di provvedervi entro
centoventi giorni dalla restituzione degli atti, pena la «decaden
za» del programma integrato medesimo, comprimerebbero le
competenze comunali in violazione dell'art. 128 Cost, e dei «prin
cipi» di cui all'art. 117 Cost. e) l'art. 10, 2°, 3° e 4° comma, sarebbe «di riflesso affetto
da illegittimità costituzionale», in quanto disciplinerebbe l'effi cacia del programma integrato, con compressione delle compe
tenze comunali e la violazione dell'art. 117 Cost.
f) l'art. 10, 5° e 6° comma, per la parte in cui si riferisce
al programma integrato «non conforme», sarebbe parimenti in
costituzionale per i riflessi sulla «salvaguardia» delle proprietà
fondiarie, potendo il programma, se mal gestito, divenire «un
mezzo nelle mani di interessi forti contro le proprietà minori»;
g) l'art. 10, 9° e 10° comma, obbligando il comune ad adot
tare un nuovo programma integrato per la «parte inattuata»
del precedente, violerebbe l'art. 128 Cost, ed i «principi» di
cui all'art. 117 Cost., perché comprimerebbe l'autonomia co
munale ed inoltre avrebbe l'effetto sia di «deresponsabilizzare
gli eventuali promotori [del programma]», sia di protrarre inde
finitivamente i vincoli sulle proprietà individuali, anche di ca
rattere espropriativo;
h) l'art. 10, 12° comma, consentendo un «mutamento della
natura della concessione edilizia, da atto del sindaco di control
lo sulla coerenza dei progetti agli strumenti urbanistici» ad atto
che dispone varianti particolari a detti strumenti, comportereb
be la «lacerazione del principio di distinzione tra programma
zione territoriale ... e legittimazione all'esecuzione dell'opera»,
secondo gli insegnamenti contenuti nella sentenza n. 393 del
1992 di questa corte;
i) l'art. 2, 6° comma, violerebbe l'art. 117 Cost., perché nes
suna legge o principio statale consente al programma integrato
di legittimare interventi nei centri urbani ed aumenti della volu
metria complessiva dell'ambito urbano coinvolto, per di più senza
una precisa definizione della nozione di «nuovi servizi ed at
trezzature pubblici», cui sarebbero destinati i volumi aggiuntivi;
I) l'art. 13 introdurrebbe un ulteriore elemento di irragione
volezza e si tradurrebbe in un premio all'abusivismo, perché,
prevedendo che i volumi abusivi «non sono computabili» nella
nuova volumetria consentita, senza però disporne la previa de
li. Foro Italiano — 1996.
molizione, consentirebbe che la parte abusiva si aggiunga a quan
to edificato legittimamente e sia perciò commerciabile con mag
gior profitto. 2.1. - Precede in ordine logico il motivo con il quale si censu
ra, in riferimento agli art. 5, 117 e 128 Cost., l'art. 7, 5° com
ma, 1. reg. Campania, il quale prevede che il programma inte
grato possa risultare non «conforme con il piano regolatore ge
nerale vigente o con il regolamento edilizio», e che, in tal caso,
esso venga trasmesso alla regione per l'approvazione.
L'eventualità che il nuovo programma non sia conforme agli
strumenti urbanistici generali tradizionali è ritenuta dal ricor rente in contrasto con i principi generali contenuti nelle leggi dello Stato che regolano la materia e che impedirebbero al pro
gramma integrato di assumere la potenzialità di variare quegli
strumenti ovvero di derogare ai regolamenti edilizi.
La censura non è fondata.
Al riguardo va ricordato che questa corte, con la sentenza
n. 393 del 1992 — che, su ricorso di alcune regioni, ha esamina
to la questione di costituzionalità dell'art. 16 1. 17 febbraio 1992
n. 179, il quale aggiunge alla tipologia degli strumenti urbani
stici vigenti quello nuovo dei programmi integrati — non ha
ritenuto illegittima la previsione di questo nuovo strumento con
riferimento alle specifiche finalità che esso deve prefiggersi, se
condo le esplicite previsioni contenute nei commi 1° e 2° della
norma statale menzionata.
Detta sentenza ha difatti limitato la dichiarazionne di illegitti mità costituzionale soltanto ad alcuni commi (dal 3° al 7°) del
l'art. 16 della legge predetta in relazione alle censure proposte
dalle regioni, che avevano investito tali disposizioni in quanto
non rispettose delle competenze regionali in materia urbanisti
ca. Ed è in questa logica che vanno lette le affermazioni della
sentenza stessa, per cui non può essere condiviso il rilievo, con
tenuto nel ricorso del presidente del consiglio dei ministri nei
confronti della legge della regione Campania, con il quale sem
bra sostenersi che, a seguito della dichiarazione di incostituzio
nalità di alcune parti della legge dello Stato, queste ultime non
potrebbero più riprodursi neppure in una legge regionale. La
regione, invece, proprio come naturale svolgimento di quella
sentenza, è in grado di emanare norme, nell'esercizio delle attri
buzioni che le spettano, per disciplinare quegli ambiti esclusi
da detta sentenza dalla competenza dello Stato. Una volta, per
ciò, che il programma integrato è contemplato dalla legge dello
Stato nella tipologia della pianificazione urbanistica (dato che
la dichiarazione di illegittimità costituzionale non concerne i com
mi 1° e 2° dell'art. 16 della legge dello Stato n. 179 del 1992
che espressamente lo prevedono) ben può la regione completar
ne la disciplina osservando (art. 117, 1° comma, Cost.) i princi
pi fondamentali delle leggi dello Stato, tra i quali non si rinvie
ne, come sembra sostenere il ricorrente, quello che impedisce
a strumenti urbanistici, diversi da quelli disciplinati dalla 1. n. 1150 del 1942, di innovare a questi ultimi. Ciò specie quando avvenga in vista delle specifiche finalità: «riqualificazione urba
nistica, edilizia ed ambientale», cui il nuovo strumento è preor
dinato. Anzi dal complesso della legislazione statale vigente si
desume proprio l'esistenza del principio opposto, perché varie
leggi dello Stato prevedono appunto la possibilità che strumenti
urbanistici di settore, funzionalmente finalizzati, si discostino
dalle previsioni dei piani e programmi generali precedenti in
vista delle specifiche finalità che i primi devono perseguire. In
proposito vanno ricordate le ipotesi considerate nell'art. 3, 4°
comma, 1. 18 aprile 1962 n. 167, relativamente ai piani per l'e
dilizia economica e popolare, nell'art. 51, 6° comma, d.p.r. 6
marzo 1978 n. 218, recante il testo unico delle leggi per gli in
terventi nel Mezzogiorno, per i piani delle aree e dei nuclei di
sviluppo industriale, nell'art. 25, 1° comma, lett. a), 1. 28 feb
braio 1985 n. 47, che prevede procedure semplificate per l'ap
provazione di strumenti attuativi in variante agli strumenti ur
banistici generali, nell'art. 2, 3° comma, d.l. 1° aprile 1989 n.
121, convertito, con modificazioni, nella 1. 29 maggio 1989 n.
205, relativamente ai progetti esecutivi connessi allo svolgimen
to dei campionati mondiali di calcio del 1990. La legge regionale impugnata deve dunque, sotto questo pro
filo, ritenersi rispettosa dei principi fondamentali posti dallo Sta
to, perché l'art. 2, 1° comma — in armonia con il 1° comma,
tuttora vigente, dell'art. 16 1. n. 179 del 1992, il quale assegna
al programma integrato una pluralità di funzioni — attribuisce
a detto strumento valenza programmatica ed attuativa ad un
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tempo, «anche in variante al piano regolatore generale, ai piani
attuativi ed ai regolamenti edilizi vigenti, ai soli fini della riqua lificazione urbanistica, edilizia ed ambientale del tessuto urbano
compreso nel suo perimetro» (art. 2, 8° comma).
2.2. - La possibilità di una non conformità del programma
integrato e di varianti da esso apportate agli strumenti urbani
stici preesistenti in vista delle specifiche finalità perseguite dal
nuovo strumento non viola, quindi, sotto i profili fino ad ora
considerati, i limiti della competenza regionale quali delineati negli art. 5, 117 e 128 Cost., assunti a parametri di riferimento
della questione. Per quel che concerne specificamente il riferimento agli art.
5 e 128 Cost., non si ravvisa nella legge regionale in esame
il contrasto con le competenze statali in tema di attribuzioni
degli enti infraregionali, perché, una volta ricbnosciuto alle re
gioni il ruolo di centralità che esse vengono ad assumere nel
sistema delle autonomie locali (sent. n. 343 del 1991, id., 1992,
I, 316), in particolare mediante la pianificazione e la program mazione territoriale, ed una volta che il nuovo strumento è pre
visto da una legge dello Stato come un tipo uniforme di inter
vento nel territorio (sent. n. 393 del 1992 cit., § 3), lo stabilire
in concreto i procedimenti per la sua formazione — in relazione
alle finalità che quei programmi devono attuare e fatti salvi
i principi fondamentali, ai sensi del 1° comma dell'art. 117 Cost. — spetta alla legge regionale, che risulterebbe, altrimenti, svuo
tata di ogni significato. D'altronde va considerato che nella legge regionale impugna
ta è previsto (art. 7, 1° e 2° comma, 8, 9 e 10, 11° comma)
che il programma integrato, che comporti varianti o che sia
comunque non conforme agli strumenti urbanistici preesistenti, debba essere sottoposto alla approvazione della regione e che
nel procedimento relativo confluiscano tutti gli interessi che a
suo tempo sono stati presi in considerazione ai fini della ado
zione degli strumenti urbanistici dai quali il programma si di
scosti, essendo stabilito l'intervento degli organi che partecipa
no al procedimento per l'approvazione dei piani territoriali tra
dizionali. 3. - Neppure può essere condivisa la tesi di un'asserita viola
zione dell'art. 117 Cost, ad opera dell'art. 7, 5° comma, cit.,
per lesione, da parte della regione, del rispetto «del campo del
diritto privato», perché gli art. 869 e 871 c.c. consentirebbero
l'imposizione sulle proprietà fondiarie dei soli vincoli posti dai piani regolatori generali e dai regolamenti edilizi. È di tutta evi denza che il riferimento codicistico a tali strumenti è meramen
te indicativo e non ancorato ad una precisa tipologia, come te
stimonia la legislazione vigente che ha introdotto una serie ulte
riore di strumenti, ai quali, come ora ai programmi integrati,
è data la possibilità di modificare i piani e programmi urbani stici preesistenti con la stessa potenzialità di questi.
Una volta, perciò, che la legge dello Stato ha aggiunto alla
tipologia preesistente i programmi integrati di riqualificazione
ed una volta che la regione, osservati i principi fondamentali
delle leggi dello Stato, li abbia disciplinati nell'ambito delle pro prie competenze, risulta rispettato dalla legge regionale l'ambi
to del diritto privato riservato alla competenza statale.
4. - Quanto all'ulteriore profilo, evidenziato nel ricorso, di
«compressione» delle autonomie comunali ad opera della legge
regionale (art. 9, 4° e 5° comma, e, «di riflesso», art. 10, 2°,
3° e 4° comma), «qualora la regione si rendesse non solo pro
motrice ma anche protagonista (tramite modifiche d'ufficio) di
una urbanistica gestita attraverso una molteplicità di program
mi itnegrati in deroga agli strumenti urbanistici generali», va
osservato che, a parte la genericità del rilievo, esso muove da
un presupposto inesistente, perché la legge regionale impugnata
non prevede una possibile sovrapposizione della regione al co
mune né quanto al momento dell'iniziativa, né in sede di ap
provazione mediante l'introduzione di modifiche di ufficio. Difatti, sia che l'iniziativa dei programmi integrati promani
direttamente dal comune, sia che essa venga proposta da «sog
getti pubblici e privati, singoli o riuniti in consorzio o associati tra loro» (art. 2, 3° comma), spetta pur sempre solo al comune
l'avvio del procedimento di formazione del programma nonché
l'adozione delle determinazioni definitive, potendo la regione
in sede di approvazione soltanto esprimere «eventuali osserva
zioni formulate ai sensi dell'art. 24, 2° comma, 1. 28 febbraio
1985 n. 47» quando il programma integrato sia conforme alle
previsioni urbanistiche generali preesistenti (art. 8), ovvero ap
II Foro Italiano — 1996.
provare quello non conforme (art. 9), ma sempre previo il coin
volgimento degli organi comunali.
Parimenti, la legge regionale impugnata non prevede, come
invece asserisce il ricorrente, che in sede di approvazione del
programma da parte della regione, quest'ultima possa introdur
re modifiche di ufficio. Una siffatta potestà non può desumer
si, in particolare, dall'art. 9, 4° comma, cui sembra riferirsi
il ricorrente, perché questa disposizione non contiene neppure
implicitamente la previsione asserita. Il sistema è tale da con
sentire alla regione solo di negare l'approvazione ove il comune
non aderisca alle modifiche proposte. Un potere, questo, che
è connaturato alle funzioni proprie di un soggetto pubblico cui
sia demandato di approvare atti di competenza di un altro, sal
va la possibilità per il soggetto controllato di esprimere il sinda
cato giurisdizionale di legittimità ove ritenga illegittimo il dinie
go di approvazione. 5. - Non è neppure fondato il profilo, riferito all'art. 10,
5° e 6° comma, secondo cui il programma integrato non con
forme agli strumenti urbanistici preesistenti sarebbe incostitu
zionale per i riflessi sulla «salvaguardia» della proprietà fondia
ria, potendo esso, se mal gestito, divenire «un mezzo nelle mani
di interessi forti contro le proprietà minori». Al riguardo si de
ve osservare che se con la censura si intende paventare il rischio
che, in sede di formazione del programma, possa pervenirsi a
favoritismi rispetto ad alcuni proprietari da esso interessati a
danno di altri, tale rischio è implicito in ogni tipo di pianifica zione territoriale. Ma a ciò pone rimedio l'ordinamento sia vin
colando all'osservanza di determinate regole di procedimento,
all'uopo dovendosi fare sempre riferimento ai principi generali
in tema di procedimento amministrativo, sia con la possibilità di assoggettmento delle determinazioni definitive al sindacato
giurisdizionale. Una sede, questa, ove è possibile verificare se
siano state osservate le regole del procedimento nonché, sotto
il profilo dell'eccesso di potere, se le scelte del programma, che
comportino sacrifici per alcuni e vantaggi per altri, risultino
ragionevolmente bilanciate e sostanzialmente rispettose del prin
cipio di imparzialità, nonché rispondenti a criteri di logicità in
ragione del pubblico interesse da perseguire. 6. - Infondata, perché muove da un presupposto interpretati
vo errato, è anche la censura riferita all'art. 10, 12° comma,
della legge regionale. Questa disposizione prevede non già, co
me si asserisce, la possibilità di rilascio della concessione edili zia o di modifiche a preesistenti concessioni in difformità dagli strumenti urbanistici, in modo tale da potersi configurare come
varianti di questi, bensì detta le condizioni, in presenza delle
quali, concessioni già rilasciate possano essere variate durante
la vigenza del programma integrato. Più specificamente la di
sposizione in esame, lungi dal configurare, come sostiene il ri
corrente, un «mutamento della natura della concessione edili
zia, da atto del sindaco ... di controllo sulla coerenza dei pro
getti agli strumenti urbanistici ad atto disponente, previa
deliberazione del consiglio comunale, varianti particolari (agli
strumenti urbanistici) e lungi dal comportare una «lacerazione
del principio di distinzione tra programmazione territoriale . . .
e legittimazione all'esecuzione dell'opera», subordina le modifi
che alle concessioni già rilasciate nelle aree considerate dal pro
gramma integrato, oltre che ad una procedura rinforzata rap
presentata dalla «previa deliberazione del consiglio comunale»
(art. 10, 12° comma), anche al verificarsi di specifiche condi
zioni, che solo per arbitraria illazione del ricorrente si ritiene
non debbano sussistere «congiuntamente», là dove il contesto
e la formulazione della disposizione denunciata non possono
che condurre alla conclusione opposta. In definitiva, si ripete, la norma denunciata non nattribuisce
al comune la possibilità di rilasciare o modificare concessioni
edilizie in difformità dagli strumenti urbanistici, ivi compreso il programma integrato. Essa difatti — pur essendo, in base
alle norme statali vigenti, già prevista la possibilità di variazioni successive a concessioni già rilasciate seguendo la stessa proce
dura occorsa per il rilascio — ha voluto soltanto, nel caso di
concessioni già rilasciate, siano esse anteriori o successive al
l'approvazione del programma integrato, ancorare la potestà co
munale di modifica alla sussistenza di condizioni e ad un proce
dimento arricchito dalla delibera del consiglio comunale, il che
toglie ogni significato alla censura.
7. - Prive di fondamento sono anche le censure rivolte all'art.
2, 6° comma, della legge regionale, nell'assunto che esso «con
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1139 PARTE PRIMA 1140
sente interventi nelle zone omogenee A (ossia sui centri stori
ci) .. . in misura non superiore al 5 per cento . . . senza una
precisa delimitazione della nozione ... di "nuovi servizi ed at
trezzature pubblici" e con ormai anacronistica restrizione della
salvaguardia ai singoli edifici». Mentre, data la sua formulazio
ne, non è possibile comprendere appieno il significato di que st'ultimo rilievo, va osservato — anche in relazione all'ulteriore
profilo secondo cui «nessuna legge generale o principio consen
te di affidare al programma integrato la idoneità a legittimare interventi sui centri storici e aumenti della volumetria comples siva dell'ambito urbano coinvolto» — che è proprio il riferi
mento ai servizi e alle attrezzature pubbliche ad escludere la
violazione dei principi che regolano la materia. Infatti, poten dosi provvedere, con il programma integrato, anche al recupero dei centri storici, non è irragionevole che la legge regionale con
senta tale limitata eccedenza rispetto alla volumetria complessi va preesistente, come si è visto, con destinazione vincolata ad
usi pubblici, in connessione con le finalità del nuovo strumento
urbanistico.
8. - È poi sempre in relazione a questa possibile eccedenza
che va letto l'art. 13, oggetto di ulteriore censura, il quale pre vede che nel calcolo della volumetria complessiva preesistente nell'intero ambito del programma non siano computabili i volu
mi «abusivi». Quest'ultima disposizione non costituisce di cer
to, come invece arbitrariamente si asserisce nel ricorso, un pre mio all'abusivismo, ma vuole limitare il calcolo dell'eccedenza
a ciò che è stato costruito legittimamente, mostrando cosi un
chiaro disfavore per quanto abusivamente edificato. Né, ai fini
per cui la norma è stata concepita, sarebbe occorso, come si
sostiene, prevedere espressamente la previa demolizione di quei volumi, perché questa previsione riguarda l'ambito di una di
versa disciplina autonomamente operante e di cui ovviamente
la legge regionale sul programma integrato non deve occuparsi. Nemmeno il problema delle volumetrie preesistenti potrebbe
assumere qualche rilevanza se considerato in relazione al 7° com
ma dell'art. 2, perché tale norma prevede soltanto un rapporto costante tra edifici da riservare a residenza abitativa o ad altro, ovverosia alle varie distinzioni ivi considerate.
È evidente che, se in virtù delle norme statali vigenti, aventi
carattere generale ed applicazione uniforme, dovesse avvenire
la «sanatoria» di edifici abusivi, la indicata proporzione non
potrebbe non tener conto delle volumetrie sanate, senza che ciò
possa configurare un vizio di legittimità costituzionale della pre visione legislativa regionale attuativa di quella statale.
A tal fine è significativa la previsione dell'art. 2, 5° comma, secondo periodo, della legge regionale, secondo cui «il program ma integrato ... si applica in presenza di insediamenti abusivi,
recuperabili ai sensi dell'art. 29 1. 28 febbraio 1985 n. 47, limi tatamente alla realizzazione delle opere primarie e secondarie
e delle strutture di servizio necessarie per il recupero urbanistico
ambientale degli insediamenti stessi».
9.1. - Fondata è invece, per violazione dell'art. 117 Cost., la censura concernente l'art. 9, 10 comma, della legge regionale
impugnata, nella parte in cui prevede che, nel caso dell'inutile decorso del termine di centoventi giorni concesso alla regione
per l'approvazione del programma integrato non conforme, que sto si considera approvato.
Il problema della possibilità del silenzio-assenso in sede di
approvazione di questo strumento urbanistico è stato già nega tivamente risolto dalla menzionata sentenza n. 393 del 1992 di
questa corte che ha dichiarato incostituzionale, anche in riferi
mento agli art. 3 e 97 Cost., la previsione di esso contenuta
nel 4° comma dell'art. 16 1. n. 179 del 1992, più volte richiamato.
La decisione della corte ha rimarcato «l'irrazionalità e il con
trasto della normativa . . . con il principio di buon andamento
della pubblica amministrazione, considerata anche la . . . man canza del diversificato contributo degli organi ed uffici compe tenti in base alle norme generali».
È implicito nella decisione della corte che il silenzio-assenso
e comunque i tempi tecnici assegnati alla regione impediscono un esame puntuale e dettagliato del programma, che, tra l'al
tro, è sottoposto alla sua approvazione proprio e soltanto se in variante agli strumenti urbanistici. In base al sistema — è
questo il significato sotteso alla richiamata sentenza n. 393 del
1992 — la previsione del silenzio-assenso può ritenersi ammissi
bile in riferimento ad attività amministrative nelle quali sia pres soché assente il tasso di discrezionalità, mentre la trasposizione
Il Foro Italiano — 1996.
di tale modello nei procedimenti ad elevata discrezionalità, pri mi tra tutti quelli della pianificazione e programmazione terri
toriale, finisce per incidere sull'essenza stessa della competenza
regionale. Il venir meno nella normativa statale della previsione del
silenzio-assenso per effetto di detta sentenza e le implicazioni che possono desumersi da essa denotano attualmente l'esistenza
nella legge statale, specifica per la materia, di un principio fon
damentale opposto, che ritiene indispensabile una valutazione
esplicita da parte degli organi regionali nei procedimenti che necessitano del «diversificato contributo degli organi e uffici
competenti» (sent. n. 393 del 1992) coinvolti nella procedura. Né può giustificare la norma regionale impugnata la previsio
ne di carattere generale, contenuta nell'art. 25, 2° comma, 1.
n. 47 del 1985, che consente forme di silenzio-assenso nell'ap
provazione, con procedure semplificate, di varianti agli stru
menti urbanistici generali. Difatti — indipendentemente dalla
considerazione che la previsione legislativa di cui sopra è riferi
ta agli «strumenti attuativi in variante agli strumenti urbanistici
generali» ovvero a «varianti. . . finalizzate all'adeguamento degli standards urbanistici» e quindi ad un ambito ben individuato
di provvedimenti di carattere attuativo di previsioni urbanisti
che generali preesistenti e non invece a provvedimenti program matori con elevato tasso di discrezionalità — ciò che rileva ai fini della soluzione della questione proposta, è che questa corte, con la citata sentenza n. 393 del 1992, ha già ritenuto detto
istituto inapplicabile ai programmi integrati. Relativamente a
questi ultimi, pertanto, in sede di legislazione regionale non pos sono che valere i principi fondamentali riguardanti specifica mente quello strumento, come desumibili dalla sentenza di que sta corte.
9.2. - La legge regionale impugnata, nella parte in cui preve de la forma del silenzio-assenso ai fini dell'approvazione regio nale dei programmi integrati difformi dagli strumenti urbanisti
ci generali, viola pertanto, come denunziato dal ricorrente, l'art.
117 Cost., per inosservanza del principio fondamentale ricava
bile dalla legislazione dello Stato dopo l'intervento della corte.
La previsione censurata neppure potrebbe ritenersi giustificata
dall'esigenza di superare l'inerzia della regione che dovesse pro trarsi oltre ragionevoli tempi tecnici: in questo caso rimarrebbe
pur sempre al comune di adire la sede giurisdizionale competen te per rimuovere l'inerzia ingiustificata e di sollecitare i poteri sostitutivi del giudice qualora essa persista pur dopo il giudica to che ne dichiari l'illegittimità.
10. - Fondata è, altresì', la censura rivolta all'art. 10, 9° e
10° comma, della legge regionale, nella parte in cui — obbli
gando i comuni ad adottare, alla scadenza del decennio di effi
cacia del programma integrato, un nuovo programma relativo alla parte inattuata del precedente ed all'uopo introducendo il
potere sostitutivo della regione in caso di inerzia del comune — consente in via di principio, come rilevato nel ricorso, di
protrarre indefinitamente i vincoli derivanti dall'originario pro
gramma.
Questa previsione dettata a regime viola appunto il principio, più volte affermato da questa corte, secondo cui i vincoli urba
nistici debbono avere una durata certa (sent. n. 6 del 1966, id.,
1966, I, 203; n. 55 del 1968, id., 1968, I, 1361; n. 82 del 1982, id., 1982, I, 2118; n. 92 del 1982, ibid., 2116; n. 575 del 1989, id., 1990, I, 1130).
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale:
a) dell'art. 9, 1° comma, 1. reg. Campania, riapprovata il
12 ottobre 1994, concernente «programmi integrati di riqualifi cazione urbanistica, edilizia e ambientale in attuazione della 1.
17 febbraio 1992 n. 179», nella parte in cui prevede il silenzio
assenso ai fini dell'approvazione regionale dei programmi inte
grati difformi dagli strumenti urbanistici generali; b) dell'art. 10, 9° e 10° comma, della medesima legge regio
nale, nella parte in cui consente, alla scadenza del decennio di
efficacia del programma integrato, di protrarre indefinitamente
i vincoli derivanti dalla parte inattuata di esso; dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
degli art. 2, 6° comma, 7, 5° comma, 9, 4° e 5° comma, 10,
2°, 3°, 4°, 5°, 6° e 12° comma, e 13 della medesima legge
regionale, sollevate, in riferimento agli art. 5, 117 e 128 Cost., dal presidente del consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
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