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sentenza 12 gennaio 2000, n. 5 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 19 gennaio 2000, n. 3); Pres....

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sentenza 12 gennaio 2000, n. 5 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 19 gennaio 2000, n. 3); Pres. Vassalli, Est. Vari; Soc. Enichem (Avv. L. Spagnuolo Vigorita) c. Billi (Avv. Miscione); Mazzonetto c. Soc. Fervet; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Stipo). Ord. Trib. Ravenna 30 aprile 1998 e Pret. Vicenza 24 settembre 1998 (G.U., 1 a s.s., nn. 28 e 50 del 1998) Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 5 (MAGGIO 2001), pp. 1493/1494-1499/1500 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196164 . Accessed: 25/06/2014 05:15 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.60 on Wed, 25 Jun 2014 05:15:50 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 12 gennaio 2000, n. 5 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 19 gennaio 2000, n. 3); Pres. Vassalli, Est. Vari; Soc. Enichem (Avv. L. Spagnuolo Vigorita) c. Billi (Avv. Miscione);

sentenza 12 gennaio 2000, n. 5 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 19 gennaio 2000, n. 3);Pres. Vassalli, Est. Vari; Soc. Enichem (Avv. L. Spagnuolo Vigorita) c. Billi (Avv. Miscione);Mazzonetto c. Soc. Fervet; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Stipo). Ord. Trib.Ravenna 30 aprile 1998 e Pret. Vicenza 24 settembre 1998 (G.U., 1 a s.s., nn. 28 e 50 del 1998)Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 5 (MAGGIO 2001), pp. 1493/1494-1499/1500Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196164 .

Accessed: 25/06/2014 05:15

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Rep. 1999, voce cit., n. 1419; n. 322 del 1992, id., Rep. 1992, voce Riscossione delle imposte, n. 72; n. 108 del 1990, id.,

1990,1,3083). 5. - La limitazione probatoria stabilita dall'art. 7, 4° comma,

d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, non comporta poi — diversa

mente da quanto la Commissione tributaria provinciale di Chieti

mostra di ritenere nell'ordinanza del 22 gennaio 1999 — l'inu

tilizzabilità, in sede processuale, delle dichiarazioni di terzi

eventualmente raccolte dall'amministrazione nella fase proce dimentale.

Va infatti considerato che le dichiarazioni di cui si tratta —

rese al di fuori e prima del processo — sono essenzialmente di

verse dalla prova testimoniale, che è necessariamente orale e di

solito ad iniziativa di parte, richiede la formulazione di specifici

capitoli, comporta il giuramento dei testi e riveste, conseguen

temente, un particolare valore probatorio. La norma denunciata

non può perciò essere interpretata nel senso di ricomprendere nella sua previsione anche l'inammissibilità di tali dichiarazio

ni.

La possibilità che le dichiarazioni rese da terzi agli organi dell'amministrazione finanziaria trovino ingresso, a carico del

contribuente, in un processo nel quale quest'ultimo non può av

valersi, per contestarne l'efficacia probatoria, della prova testi

moniale, non è d'altro canto in contrasto né con il principio di

eguaglianza né con il diritto di difesa del contribuente medesi

mo.

Il valore probatorio delle dichiarazioni raccolte dall'ammini

strazione finanziaria nella fase dell'accertamento è, infatti, so

lamente quello proprio degli elementi indiziari, i quali, mentre

possono concorrere a formare il convincimento del giudice, non

sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione.

Si tratta, dunque, di un'efficacia ben diversa da quella che deve

riconoscersi alla prova testimoniale e tale rilievo è sufficiente ad

escludere che l'ammissione di un mezzo di prova (le dichiara

zioni di terzi) e l'esclusione dell'altro (la prova testimoniale)

possa comportare la violazione del principio di «parità delle ar

mi».

Ciò non vuol dire, peraltro, che il contribuente non possa, nell'esercizio del proprio diritto di difesa, contestare la veridi

cità delle dichiarazioni di terzi raccolte dall'amministrazione

nella fase procedimentale. Allorché ciò avvenga, il giudice tri

butario — ove non ritenga che l'accertamento sia adeguata mente sorretto da altri mezzi di prova, anche a prescindere dun

que dalle dichiarazioni di terzi — potrà e dovrà far uso degli

ampi poteri inquisitori riconosciutigli dal 1° comma dell'art. 7

d.leg. n. 546 del 1992, rinnovando e, eventualmente, integrando — secondo le indicazioni delle parti e con garanzia d'imparzia lità — l'attività istruttoria svolta dall'ufficio. E non è dubbio

che, in presenza di una specifica richiesta di parte, le ragioni del

mancato esercizio di tale potere-dovere restino soggette al gene rale sindacato di congruità e sufficienza della motivazione pro

prio delle decisioni giurisdizionali. 6. - La questione di legittimità costituzionale degli art. 2 bis,

2° comma, e 3 d.l. 30 settembre 1994 n. 564 (disposizioni ur

genti in materia fiscale), convertito con modificazioni nella 1. 30

novembre 1994 n. 656, sollevata dalla Commissione tributaria

provinciale di Chieti in riferimento agli art. 3 e 27 Cost., è inve

ce inammissibile.

La commissione rimettente dubita infatti della legittimità co

stituzionale della norma nella parte in cui non prevede che la

causa ostativa del concordato di massa, rappresentata dalla rile

vanza penale, relativa a determinati reati, della condotta del

contribuente, venga meno in caso di successiva archiviazione

del procedimento penale ovvero di definizione dello stesso con

sentenza di proscioglimento o di assoluzione. Nell'ordinanza,

tuttavia, non vi è alcuna motivazione sulla rilevanza della que stione nel giudizio a quo ed anzi dalla comparsa di costituzione

della parte privata è agevole desumerne la sicura irrilevanza at

tuale, essendo ancora in corso il procedimento penale a suo

tempo promosso a carico dell'amministratore della società.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi:

a) dichiara inammissibile la questione di legittimità costitu

zionale degli art. 2 bis, 2° comma, e 3 d.l. 30 settembre 1994 n.

564 (disposizioni urgenti in materia fiscale), convertito, con

modificazioni, nella 1. 30 novembre 1994 n. 656, sollevata, in ri

ferimento agli art. 3 e 27 Cost., dalla Commissione tributaria

provinciale di Chieti con l'ordinanza in epigrafe;

Il Foro Italiano — 2001.

b) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzio

nale dell'art. 7, 1° e 4° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546

(disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al

governo contenuta nell'art. 30 1. 30 dicembre 1991 n. 413), sol

levate, in riferimento agli art. 3, 24 e 53 Cost., dalla Commis

sione tributaria provinciale di Chieti e dalla Commissione tri

butaria provinciale di Torino con le ordinanze in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 12 gennaio 2000, n. 5 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 19 gennaio 2000, n. 3); Pres. Vassalli, Est. Vari; Soc. Enichem (Avv. L. Spagnuolo

Vigorita) c. Billi (Avv. Miscione); Mazzonetto c. Soc. Fer

vet; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Stipo). Ord.

Trib. Ravenna 30 aprile 1998 e Pret. Vicenza 24 settembre

1998 (G.U., la s.s., nn. 28 e 50 del 1998).

Previdenza e assistenza sociale — Esposizione ultradecen

nale all'amianto — Rivalutazione dei periodi assicurativi — Questioni infondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 81; 1. 27 marzo 1992 n. 257, norme relative alla cessazione del

l'impiego dell'amianto, art. 13; d.l. 5 giugno 1993 n. 169, di sposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto, art.

1; 1. 4 agosto 1993 n. 271, conversione in legge, con modifi

cazioni, del d.l. 5 giugno 1993 n. 169).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

13, 8° comma, l. 27 marzo 1992 n. 257, come modificato dal

l'art. 1,1° comma, d.l. 5 giugno 1993 n. 169, convertito in

legge, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 1993 n. 271, nella

parte in cui attribuisce il beneficio della rivalutazione dei pe riodi assicurati dall'Inail, attraverso la moltiplicazione per il

coefficiente 1,5, da far valere ai fini delle prestazioni pensio

nistiche, a tutti i lavoratori che in detti periodi sono risultati

esposti all'amianto, con l'unico presupposto che l'esposizio ne abbia avuto durata ultradecennale e prescindendo dal

grado di esposizione al rischio, in riferimento agli art. 3 e 81

v Cost. (1) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

13, 8° comma, l. 27 marzo 1992 n. 257, come modificato dal

l'art. 1, 1° comma, d.l. 5 giugno 1993 n. 169, convertito in

legge, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 1993 n. 271, nella

parte in cui attribuisce il beneficio della rivalutazione dei pe riodi assicurati dall'Inail, attraverso la moltiplicazione per il

coefficiente 1,5, da far valere ai fini delle prestazioni pensio nistiche, a tutti i lavoratori che in detti periodi sono risultati

esposti all'amianto, con l'unico presupposto che l'esposizio ne abbia avuto durata ultradecennale, non indicando un li

mite quantitativo o qualitativo dell'esposizione all'amianto,

in riferimento all'art. 3 Cost. (2)

(1-2) Delle ordinanze di rimessione, cfr. Trib. Ravenna 4 maggio 1998, Foro it., Rep. 1998, voce Infortuni sul lavoro, n. 237.

Hanno invece ritenuto manifestamente infondate le questioni di co

stituzionalità della norma, con riferimento agli art. 3, 41 e 81 Cost., Pret. Pistoia 31 dicembre 1998, id., Rep. 1999, voce Previdenza socia

le, n. 307, e 30 dicembre 1998, ibid., n. 309, che hanno sottolineato

come il requisito richiesto dall'art. 13, 8° comma, 1. 257/92 è unica

mente l'esposizione ultradecennale al rischio, senza alcuna specifica zione di limiti quantitativi e qualitativi ulteriori. In tal senso, v. anche

Pret. Firenze 13 gennaio 1999, ibid., n. 305, e Riv. critica dir. lav.,

1999, 730, con nota di Monaco. Mentre, per l'affermazione che l'espo sizione ultradecennale non deve necessariamente essere continuativa, v.

Trib. Milano 12 dicembre 1998, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 298.

Nel senso che il beneficio previsto dall'art. 13, 8° comma, 1. 257/92, non è applicabile ai lavoratori già pensionati al momento della sua en

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1495 PARTE PRIMA 1496

Diritto. — 1. - Le ordinanze in epigrafe dubitano della legit timità costituzionale dell'art. 13, 8° comma, 1. 27 marzo 1992 n. 257 (norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), come modificato dall'art. 1, 1° comma, d.l. 5 giugno 1993 n.

169 (disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell'a

mianto), convertito, con modificazioni, nella 1. 4 agosto 1993 n.

271. La disposizione denunciata concede, ai «lavoratori che siano

stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni», il beneficio, da far valere «ai fini delle prestazioni pensionisti che», di una rivalutazione dei periodi assicurativi e ciò attraver

so il meccanismo della moltiplicazione, «per il coefficiente di

1,5», dell'«intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione

obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'espo sizione all'amianto, gestita dall'Inail».

1.1. - Il Tribunale di Ravenna (r.o. n. 501 del 1998), reputan do che «l'unica interpretazione tecnicamente corretta» del cen

surato art. 13, 8° comma, sia quella che «attribuisce il beneficio

a tutti i lavoratori dei quali sia stata provata una qualunque

esposizione ultradecennale all'amianto, a prescindere dal grado di essa», denuncia, anzitutto, il contrasto della disposizione in

parola con l'art 3 Cost., giacché, in assenza di «qualunque pa rametro predeterminato», di «specificazioni tecniche» e di

«standard di riferimento», la stessa risulterebbe applicabile, in

sede giudiziaria, in termini «tali da consentire uguali decisioni

per casi di diversa pericolosità o decisioni diverse per casi so

stanzialmente uguali». Ciò, peraltro, non senza rilevare la «po tenziale lesione del principio d'imparzialità» derivante dalla

circostanza che l'esecuzione della menzionata norma in sede

amministrativa è affidata «alla mera discrezionalità della pub blica amministrazione».

Inoltre, secondo il giudice a quo, il censurato art. 13, 8°

comma, pretermettendo ogni riferimento «a categorie di lavora

zioni» e «al tipo di contatto con le fibre», allarga «a dismisura la

possibile platea degli interessati»: sicché, proprio «a causa del

l'indeterminabilità» di tutti i potenziali destinatari del beneficio, verrebbe meno «la possibilità stessa di indicare la copertura fi

nanziaria della legge», con conseguente violazione anche del

l'art. 81, 4° comma, Cost.

1.2. - Dal suo canto, il Pretore di Vicenza (r.o. n. 873 del

1998), muovendo dall'«interpretazione letterale della disposi zione denunciata», reputa che sia sufficiente, per l'accesso al

beneficio della rivalutazione dei periodi assicurativi, «qualsiasi esposizione all'amianto», a prescindere da ogni «parametro di

potenziale rischio di malattia»; in tal modo, l'art. 13, 8° comma, «nella parte in cui non indicando un limite quantitativo o quali tativo dell'esposizione all'amianto consente l'applicazione del

predetto beneficio previdenziale ad una serie indeterminata di

destinatari», verrebbe a provocare — ad avviso del rimettente

— un possibile vulnus all'art. 3 Cost., a causa dell'irragionevole

equiparazione di «situazioni di fatto assolutamente non omoge nee» e cioè quelle «di possibile rischio da esposizione all'a

mianto» e quelle «di probabile o di sicuro rischio» di esposizio ne alla stessa sostanza morbigena, purché ultradecennale.

trata in vigore, v. Cass. 19 aprile 2001, n. 5764, id., Mass.; 10 agosto 2000, n. 10557, ibid., 997; 19 settembre 1998, n. 9407, id., Rep. 1999, voce cit., n. 475, e Riv. giur. lav., 1999, II, 165, con nota di Cocuzza; 28 luglio 1998, n. 7407, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 476; 7 luglio 1998, n. 6620, ibid., n. 477, e Dir. lav., 1999, II, 55, con nota di Casuc cio. In senso contrario, v. Trib. Pistoia 17 novembre 1998, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 299, e Pret. Napoli 20 febbraio 1997, id., Rep. 1998, voce Infortuni sul lavoro, n. 240.

Cass., sez. un., 1° aprile 1999, n. 207/SU, id., Rep. 1999, voce Pen sione, n. 40, ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario, e non della Corte dei conti, sulla controversia promossa dai dipendenti di azienda municipale per il riconoscimento del beneficio in discorso. Trib. Torino 16 agosto 1999, ibid., voce Previdenza sociale, n. 826, e Lavoro e prev. oggi, 1999, 2145, con nota di Casuccio, ha affermato la

giurisdizione del giudice del lavoro, in luogo della Corte dei conti, per le controversie aventi ad oggetto l'applicazione della norma citata pro mosse da soggetti il cui trattamento previdenziale sia gestito dal

l'Inpdap. Per ulteriori riferimenti, in tema di tutela assicurativa di malattia pro

fessionale non tabellata connessa a dispersione di fibre di amianto, v. Cass. 13 dicembre 1999, n. 13986, Foro it., 2000, I, 1210, con nota di richiami, e, sulla responsabilità penale derivante dall'esposizione al l'amianto, cfr. Cass. 5 ottobre 1999, Angele, e 2 luglio 1999, Gianni

trapani, ibid., II, 259, con nota di Guariniello, nonché Cass. 30 marzo

2000, Camposano, in questo fascicolo, II, 278, con nota di Guariniello.

Il Foro Italiano — 2001.

2.-1 giudizi, avendo ad oggetto la medesima disposizione, ri

spetto alla quale vengono formulate censure in parte analoghe o

comunque connesse, vanno riuniti per essere decisi con un'uni

ca sentenza.

3. - Preliminarmente deve essere rilevata la tardività della co

stituzione dell'Inps nel giudizio di cui all'ordinanza di rimes

sione del Tribunale di Ravenna (r.o. n. 501 del 1998, pubblicata in G.U., la s.s., n. 28 del 1998), effettuata con memoria deposi tata oltre il termine stabilito dagli art. 25, 2° comma, 1. n. 87 del

1953, e 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte

costituzionale; onde l'inammissibilità della costituzione stessa.

4. - Ancora in via preliminare, va esaminata l'eccezione d'i

nammissibilità che l'Inail ha formulato avverso la questione

proposta dal menzionato tribunale, evidenziando, in particolare, che «tutti gli interessati risulterebbero ancora lavoratori dipen denti e quindi non in posizione tale da poter far valere diritti

pensionistici», con conseguente difetto di rilevanza della que stione nel processo pendente dinanzi al rimettente.

Tale eccezione non può essere accolta, essendo sufficiente

rilevare che — come emerge dall'ordinanza di rimessione — il

giudizio a quo ha per oggetto una domanda di accertamento del

diritto al beneficio previdenziale contemplato dalla denunciata

disposizione, il cui eventuale riconoscimento verrebbe ad inci

dere attualmente sulla posizione pensionistica degli interessati, in guisa di incremento della contribuzione utile ai fini di un fu

turo trattamento pensionistico. 5. - Occorre, infine, delibare, sempre preliminarmente, l'ecce

zione d'inammissibilità avanzata dall'intervenuto presidente del

consiglio dei ministri avverso l'ordinanza di rimessione del

Pretore di Vicenza (r.o. n. 873 del 1998), in ordine alla quale si

assume la carenza di congrua motivazione sulla rilevanza della

proposta questione, per non aver il giudice a quo verificato «se

la domanda dei ricorrenti fosse o meno coperta da giudicato che

stabiliva il loro diritto solo nei periodi in cui era stata superata la soglia minima determinata a norma del d.leg. n. 277 del

1991». Anche a prescindere dal fatto che la difesa erariale non chia

risce quale sia il giudicato che, nel pendente giudizio di primo

grado, ostacola l'eventuale riconoscimento del diritto vantato

dai ricorrenti, l'eccezione non può trovare, in ogni caso, acco

glimento, dovendosi a tal fine rilevare, in modo assorbente, che il giudice a quo

— alla stregua di quanto è dato evincere dalla

stessa ordinanza di rimessione — ha adeguatamente esplicitato i

fatti e le ragioni del contendere, che fanno leva sulla necessaria

applicazione della disposizione censurata, e ciò tramite una

plausibile motivazione che consente di apprezzare la sussistenza del requisito della pregiudizialità tra incidente di costituzionalità

e giudizio principale. 6. - Nel merito le questioni non sono fondate.

Onde valutarne compiutamente la portata, conviene muovere

dal contesto normativo in cui esse si collocano, e cioè dalla 1. 27

marzo 1992 n. 257, la quale, preceduta da una disciplina comu

nitaria, già da tempo consapevole della necessità di protezione contro i rischi connessi all'esposizione ad amianto sul luogo di

lavoro (direttiva del consiglio n. 477 del 1983, modificata dalla direttiva n. 382 del 1991), ha dettato «norme relative alla cessa zione dell'impiego» di tale sostanza, esplicitando, tra le proprie finalità, quelle della dismissione dalla produzione e dal com mercio dell'amianto medesimo e dei relativi prodotti, nonché della decontaminazione e della bonifica (art. 1).

Il medesimo provvedimento legislativo ha individuato, altre

sì, i «valori limite» di concentrazione di fibre di amianto respi rabili nei luoghi di lavoro, rinviando a tal fine a quelli fissati

dall'art. 31 d.leg. 15 agosto 1991 n. 277, che ha provveduto essa

stessa a modificare tramite l'art. 3, 4° comma, a sua volta re

centemente sostituito dall'art. 16 1. 24 aprile 1998 n. 128.

Nella stessa 1. n. 257 del 1992 si rinvengono, inoltre, talune

«misure di sostegno per i lavoratori» (capo IV, art. 13), costi tuite da una diversificata gamma di benefici previdenziali, tra i

quali sono da rammentare, segnatamente, quelli: 1) dell'accesso, per i lavoratori occupati in imprese che uti

lizzano o estraggono amianto, impegnate in processi di ristruttu razione e riconversione produttiva, al pensionamento anticipato in costanza di determinati requisiti contributivi, beneficiando di una maggiorazione dell'anzianità assicurativa e contributiva (2° comma);

2) della rivalutazione, ai fini del conseguimento delle presta zioni pensionistiche da parte dei lavoratori delle miniere e cave

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di amianto, del numero di settimane coperto da contribuzione

obbligatoria relativa ai periodi di prestazione lavorativa (6°

comma);

3) di analoga rivalutazione per il periodo di provata esposi zione all'amianto in favore dei lavoratori che abbiano contratto, a causa di detta esposizione, malattie professionali documentate

dall'Inail (7° comma);

4) della rivalutazione, altresì, dei periodi assicurativi in favo

re dei lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un perio do superiore a dieci anni (8° comma).

Proprio in riferimento a quest'ultimo beneficio va, peraltro,

segnalato che la norma che lo contemplava —

prevedendo che

«ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche i pe riodi di lavoro soggetti all'assicurazione obbligatoria contro le

malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto ge stita dall'Inail», quando superavano i dieci anni, fossero «molti

plicati per il coefficiente di 1,5» — aveva dato luogo ad incer

tezze interpretative in ordine all'entità delle agevolazioni accor

date dal legislatore; incertezze risolte attraverso una disposizio ne, contenuta nell'art. 1, 1° comma, d.l. 5 giugno 1993 n. 169, la quale, in sostituzione dell'8° comma dell'art. 13 1. 27 marzo

1992 n. 257, stabiliva che «per i lavoratori dipendenti dalle im

prese che estraggono amianto o utilizzano amianto come mate

ria prima, anche se in corso di dismissione o sottoposte a proce dure fallimentari o fallite o dismesse, che siano stati esposti al

l'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le ma

lattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, ge stita dall'Inail, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensioni stiche, per il coefficiente 1,5».

In sede di conversione del predetto provvedimento d'urgenza, la 1. 4 agosto 1993 n. 271 ha soppresso la locuzione «dipendenti dalle imprese che estraggono amianto o utilizzano amianto co

me materia prima, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite o dismesse», così intendendo

soddisfare — secondo quanto si evince dai lavori preparatori —

l'esigenza di attribuire centralità, ai fini dell'applicazione del

beneficio previdenziale, all'assoggettamento dei lavoratori al

l'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali de

rivanti dall'amianto, escludendo, al tempo stesso, ogni selezione

che potesse derivare dal riferimento alla tipologia dell'attività

produttiva del datore di lavoro.

Ne è derivata la disposizione oggetto del presente scrutinio di

costituzionalità, alla quale fa riscontro, sotto il profilo finanzia

rio (2° comma del già menzionato art. 1 d.l. n. 169 del 1993, nel

testo risultante dalle modifiche adottate in sede di conversione), uno specifico stanziamento di trentacinque miliardi di lire per il

1994 e di trentasette miliardi di lire per il 1995, aggiuntivo di

quello a suo tempo previsto dal 12° comma dell'originario art.

13 1. n. 257 del 1992 (sei miliardi di lire per il 1992, sessanta miliardi di lire per il 1993 e quarantaquattro miliardi di lire per il 1994).

7. - Così ricostruite le vicende legislative che sono alla base

della denunciata disposizione, va rilevato che i rimettenti muo

vono entrambi dall'assunto che il censurato art. 13, 8° comma, delinei una fattispecie legale attributiva di un beneficio previ denziale, la quale, concentrandosi sull'unico dato dell'esposi zione ultradecennale all'amianto, sarebbe di per sé insufficiente

per una congrua selezione degli aventi diritto. Donde il denun

ciato contrasto della disposizione stessa con l'art. 3 Cost.

Secondo il Tribunale di Ravenna, a causa dell'indeterminabi

lità di tutti i potenziali destinatari della norma, risulterebbe, al

tresì, violato l'art. 81, 4° comma, Cost., mancando «la possibi lità stessa di indicare la copertura finanziaria della legge».

8. - In relazione al primo degli accennati profili di censura, occorre rilevare che, trattandosi di stabilire se la disposizione sia tale da determinare la irragionevole equiparazione di situa

zioni non tutte meritevoli di eguale tutela, il giudizio richiesto

alla corte si incentra, così come altra volta rilevato (v., in parti

colare, sentenza n. 89 del 1996, Foro it., Rep. 1996, voce Corte

costituzionale, nn. 72, 73), sul «perché» una determinata disci

plina operi, all'interno del tessuto egualitario dell'ordinamento,

quella specifica equiparazione (oppure, a seconda dei casi,

quella specifica distinzione), traendone, quindi, le debite con

clusioni in punto di corretto uso del potere normativo. Solo nel

caso in cui una siffatta verifica dovesse evidenziare una carenza

di causa o ragione della disciplina introdotta potrà dirsi realiz

zato un vizio di legittimità costituzionale della norma, proprio

Il Foro Italiano — 2001 — Parte I-28.

perché fondato sulla irragionevole omologazione di situazioni

diverse. Va da sé, al tempo stesso, che, non essendo consentito

al controllo di costituzionalità di travalicare in apprezzamenti che sconfinino nel merito delle opzioni legislative, non può ov

viamente venire in considerazione, agli effetti di un ipotetico contrasto con il canone dell'eguaglianza, qualsiasi incoerenza, disarmonia o contraddittorietà che una determinata previsione normativa possa, sotto alcuni profili o per talune conseguenze, lasciar trasparire.

9. - Ciò posto, è da escludere che la disposizione denunciata

si configuri, contrariamente a quanto ritengono i giudici a qui bus, in guisa tale da inibire, in virtù della latitudine del suo det

tato, ogni possibilità di sua ragionevole interpretazione ed ap

plicazione, sì da risultare portatrice di una ingiustificata omolo

gazione di situazioni tra loro diverse.

È da ritenere infatti che il censurato art. 13, 8° comma, possa trovare, attraverso la convergenza degli ordinari criteri erme

neutici (letterale, sistematico e teleologico), congrua definizione

nella sua portata, in vista della sua piana e puntuale applicazio ne.

Lo scopo della disposizione censurata, secondo quanto si

evince dall'accennata ricostruzione della relativa vicenda nor

mativa, va rinvenuto nella finalità di offrire, ai lavoratori esposti all'amianto per un apprezzabile periodo di tempo (almeno dieci

anni), un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante

di lavorazioni che, in qualche modo, presentano potenzialità

morbigene. Il criterio dell'esposizione decennale costituisce un

dato di riferimento tutt'altro che indeterminato, specie se si con

sidera il suo collegamento, contemplato dallo stesso art. 13, 8°

comma, al sistema generale di assicurazione obbligatoria contro

le malattie professionali derivanti dall'amianto, gestita dall'I

nail. Nell'ambito di tale correlazione, il concetto di esposizione

ultradecennale, coniugando l'elemento temporale con quello di

attività lavorativa soggetta al richiamato sistema di tutela previ denziale (art. 1 e 3 d.p.r. n. 1124 del 1965), viene ad implicare, necessariamente, quello di rischio e, più precisamente, di rischio

morbigeno rispetto alle patologie, quali esse siano, che l'a

mianto è capace di generare per la sua presenza nell'ambiente di

lavoro; evenienza, questa, tanto pregiudizievole da indurre il le

gislatore, sia pure a fini di prevenzione, a fissare il valore mas

simo di concentrazione di amianto nell'ambiente lavorativo, che

segna la soglia limite del rischio di esposizione (d.leg. 15 agosto 1991 n. 277 e successive modifiche).

La disposizione denunciata poggia, quindi, su un sicuro fon

damento, rappresentato sia dal dato di riferimento temporale sia

da quella nozione di rischio che, come è noto, caratterizza il si

stema delle assicurazioni sociali.

Ne consegue che la norma censurata, esprimendo, nella sua

effettiva portata, un precetto adeguatamente definito negli ele

menti costitutivi della fattispecie che ne è oggetto e congrua mente correlato allo scopo che il legislatore si è prefisso, non

vulnera, in conclusione, il parametro dell'art. 3 Cost, evocato da

entrambi i rimettenti.

10. - Anche l'ulteriore doglianza, avanzata dal Tribunale di

Ravenna, facendo leva sulla pretesa violazione dell'art. 81, 4°

comma, Cost., non merita accoglimento. Una volta accertata l'infondatezza della prima censura esa

minata, non possono non cadere automaticamente anche le ulte

riori implicazioni che detto tribunale tende a trarne, sul piano della supposta indeterminabilità dei destinatari e della conse

guente impossibilità di stabilire l'entità degli oneri finanziari

connessi alla norma denunciata. E questo a tacer del fatto che la

censura di mancato rispetto dell'art. 81, 4° comma, Cost., si ri

chiama a dati privi di adeguato riscontro (in quanto desunti dalla

relazione ad un disegno di legge di gran lunga successivo all'e

poca di emanazione della disposizione censurata, il quale, a sua

volta, attinge ad ulteriori fonti). Si tratta perciò di elementi non

utili per quel giudizio di attendibilità che, in tema di copertura

degli oneri finanziari pluriennali, questa corte è chiamata qui a

svolgere (v., tra le altre, sentenze n. 25 del 1993, id., 1993, I,

1030, e n. 384 del 1991, id., 1991,1, 2960); giudizio in vista del quale, stando ai termini in cui la censura viene prospettata, si è

portati piuttosto a considerare, a smentita dell'assunto del ri

mettente, sia il fatto che non manca nella legge una specifica di

sposizione di copertura finanziaria delle spese derivanti dal de

nunciato art. 13, 8° comma, sia, infine, che la copertura stessa è

stata a suo tempo ritenuta adeguata anche dalla Corte dei conti,

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Page 5: sentenza 12 gennaio 2000, n. 5 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 19 gennaio 2000, n. 3); Pres. Vassalli, Est. Vari; Soc. Enichem (Avv. L. Spagnuolo Vigorita) c. Billi (Avv. Miscione);

1499 PARTE PRIMA 1500

nell'esercizio della funzione di referto quadrimestrale al parla mento sulle leggi di spesa (v. delibera n. 6/REF/93 del 5 no

vembre 1993). Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di

chiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale del

l'art. 13, 8° comma, 1. 27 marzo 1992 n. 257 (norme relative

alla cessazione dell'impiego dell'amianto), come modificato

dall'art. 1, 1° comma, d.l. 5 giugno 1993 n. 169 (disposizioni

urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto), convertito, con

modificazioni, nella 1. 4 agosto 1993 n. 271, sollevate, in riferi

mento agli art. 3 e 81, 4° comma, Cost., dal Tribunale di Ra

venna, e, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Pretore di Vicenza, con le ordinanze indicate in epigrafe.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 30

marzo 2001, n. 4706; Pres. Pontorieri, Est. Mazziotti Dì

Celso, P.M. Golia (conci, conf.); Santoro (Avv. Sculco) c.

Rossi e altro. Conferma App. Genova 3 marzo 1998.

CORTE DI CASSAZIONE;

Comunione e condominio — Condominio negli edifìci —

Amministratore — Nomina e revoca giudiziaria —

Spese del procedimento — Rimborso — Esclusione —

Fattispe cie (Cost., art. Ill; cod. civ., art. 1105, 1129; disp. att. cod.

civ., art. 64; cod. proc. civ., art. 91).

Le spese del procedimento di volontaria giurisdizione relativo

alla nomina o alla revoca dell'amministratore di condominio

ex art. 1129 c.c. o, comunque, promosso ai sensi dell'art.

1105, 4° comma, c.c., non possono essere liquidate dal giudi ce adito ai sensi degli art. 91 ss. c.p.c., ma devono rimanere a

carico del soggetto che le abbia anticipate assumendo l'ini

ziativa giudiziaria o interloquendo nel procedimento, il quale non può chiederne il rimborso neppure in separato giudizio (la Suprema corte, confermando la sentenza impugnata, ne ha

corretto la motivazione ai sensi dell'art. 384, 2° comma,

c.p.c., nella parte in cui aveva ritenuto che l'omessa pronun zia sulle spese potesse essere fatta valere mediante ricorso

per cassazione, ex art. Ill Cost., avverso il provvedimento di

nomina o di revoca dell'amministratore). (1)

(1-3) Entrambe le pronunzie si fondano sulla natura di volontaria

giurisdizione (e, quindi, non contenziosa in senso tecnico) del procedi mento di nomina o di revoca dell'amministratore di condominio da

parte dell'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 1129 c.c., pressoché co stantemente riconosciuta dalla giurisprudenza, se si esclude (quanto al

procedimento di revoca) Cass. 18 maggio 1996, n. 4620, Foro it., 1996, I, 2376, con nota di richiami: v., da ultimo, Cass. 23 febbraio 1999, n.

1493, id., 1999, I, 1462 (riportata anche in Giust. civ., 1999, I, 3018, con osservazioni di R. Triola), e 15 maggio 2000, n. 6249, Foro it., Mass., 591, ambedue nel senso della non ricorribilità per cassazione del decreto emesso in sede di reclamo dalla corte d'appello in ordine alla revoca dell'amministratore per sospetto di gravi irregolarità nel

l'espletamento del mandato. Sulla natura di volontaria giurisdizione del procedimento ex art.

1105, 4° comma, c.c., v., da ultimo, Cass. 8 settembre 1998, n. 8876, id., Rep. 1999, voce Comunione e condominio, n. 71; 14 agosto 1997, n. 7613, id., 1998, I, 1579, con nota di richiami. Riguardo alla nomina dell'amministratore di condominio da parte dell'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 1129, 1° comma, c.c., tuttavia, Cass. 13 novembre 1996, n. 9942, id., Rep. 1997, voce cit., n. 171, si esprime nel senso che (a differenza di quello di revoca ex art. 1129, 3° comma, c.c.) il decreto del tribunale non è reclamabile innanzi alla corte d'appello, trattandosi

II. Foro Italiano — 2001.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 21 feb

braio 2001, n. 2517; Pres. Iannotta, Est. Mazziotti Di Cel

so, P.M. Palmieri (conci, conf.); Leonardi (Avv. Rebuffat) c. Amendolagine e altri (Avv. Modica). Cassa App. Roma, decr. 28 maggio 1998.

Comunione e condominio — Condominio negli edifici —

Amministratore giudiziario — Nomina — Ricorso per cassazione — Inammissibilità — Statuizione sulle spese —

Ammissibilità — Fattispecie (Cost., art. Ill; cod. civ., art.

1129; disp. att. cod. civ., art. 64; cod. proc. civ., art. 91, 742).

Il provvedimento con cui la corte d'appello provvede in sede di

reclamo sul decreto di nomina di un amministratore giudizia rio del condominio, emesso dal tribunale a norma dell'art.

1129, 1° comma, c.c., non è impugnabile per cassazione ai

sensi dell'art. Ill Cost., neppure nel caso in cui vengano de

nunciati vizi in procedendo o difetti di giurisdizione o di com

petenza (nella specie, la corte d'appello aveva ritenuto non

suscettibile di reclamo il decreto emesso dal tribunale, in

quanto esplicazione di attività non giurisdizionale, ma ammi

nistrativa). (2) La statuizione giudiziale relativa alla condanna alle spese pro

cessuali, ancorché accedente a provvedimento reso dalla

corte d'appello in sede di reclamo avverso il decreto di no

mina di un amministratore giudiziario del condominio a nor

ma dell'art. 1129, 1° comma, c.c., può essere impugnata per cassazione ai sensi dell'art. Ill Cost. (3)

I

Svolgimento del processo. — Con atto notificato nel novem

bre 1992 Santoro Rosa conveniva in giudizio il condominio

«Residenza del mare» di Bordighera e Rossi Emilio esponendo: che, con ricorso ex art. 1129 c.c., essa istante aveva chiesto al

Tribunale di Sanremo la revoca dell'incarico conferito a Rossi

Emilio di amministratore del condominio convenuto; che il tri

bunale aveva revocato il Rossi dalla detta carica con decreto 5

dicembre 1988 confermato dalla Corte d'appello di Genova con

ordinanza 22 aprile 1989; che il Tribunale di Sanremo, su ricor

so di essa Santoro, con decreto 1° giugno 1989 aveva nominato

amministratore giudiziario Amoretti Mauro affidando a que

di un provvedimento di natura non giurisdizionale, ma amministrativa. Circa la puntualizzazione che la non ricorribilità per cassazione, ex

art. Ill Cost., dei provvedimenti emessi in sede di volontaria giurisdi zione non trova deroga neppure quando si intenda denunciare la irri tualità del procedimento, v., in particolare, Cass. 21 giugno 1999, n.

6241, id., 2000, I, 588, con nota di P. Gallo, e 2 ottobre 1997, n. 9636, id., 1998, I, 3634, con nota di richiami, entrambe in materia societaria

(art. 2409 c.c.). Difformemente, nel caso in cui la corte d'appello abbia

negato l'ammissibilità del reclamo ai sensi degli art. 739 e 742 c.p.c., v. tuttavia, da ultimo, Cass. 15 dicembre 2000. n. 15834, id., Mass., 1467.

Sul principio secondo cui il provvedimento reso dal giudice in sede di volontaria giurisdizione non deve contenere alcuna pronunzia sulle

spese del procedimento, attesa l'inapplicabilità degli art. 91 ss. c.p.c., essendo altrimenti suscettibile di impugnazione — limitatamente a que sta parte — mediante ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., v., con specifico riferimento al procedimento di revoca giudiziale del l'amministratore di condominio, Cass. 27 marzo 1998, n. 3246, id..

Rep. 1998, voce Camera di consiglio, n. 7; nonché, in tema di proce dimento ex art. 2409 c.c., Cass. 2 ottobre 1997, n. 9636, cit.; 16 gennaio 1997, n. 420. id., 1997, I, 423, con nota di richiami; 23 gennaio 1996, n. 498, id., 1996,1, 857; e, da ultimo, 24 novembre 2000, n. 15173, id.. Mass., 1391. In senso difforme, v. peraltro, tra le pronunzie di merito

più recenti in tema di revoca giudiziale dell'amministratore condomi niale, Trib. Parma, decr. 12 marzo 1999, id., Rep. 1999, voce Comu nione e condominio, n. 189 (a cui avviso la natura di volontaria giuris dizione del procedimento non esclude che il giudice possa statuire sulle relative spese, in base al principio della soccombenza), e Trib. Santa Maria Capua Vetere 23 luglio 1997, id., Rep. 1997, voce Spese giudi ziali civili, n. 54 (che tuttavia nella specie ha disatteso la regola del l'art. 91 c.p.c., ritenendo equo compensare le spese).

Sul procedimento di revoca dell'amministratore di condominio ai sensi del 3° comma dell'art. 1129 c.c., v. anche Cass. 23 agosto 1999, n. 8837, id., 2000, I, 1673, con nota redazionale di D. Piombo, che sot tolinea come legittimato a contraddire al ricorso proposto da taluno dei condomini sia, in questo caso, l'amministratore in proprio, e non il condominio.

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