sentenza 12 marzo 2002; Giud. Corder; Soc. Coop. fra portabagagli (Avv. Marinoni) c. Nordio ealtri (Avv. Azzarini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 10 (OTTOBRE 2002), pp. 2913/2914-2917/2918Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196865 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
È pacifico che il rapporto locativo di cui si tratta, sorto nei
decenni passati, subì ripetuti rinnovi taciti fino al 31 dicembre
1999, e non fu disdettato neppure per tale data.
11 contratto è pertanto venuto a ricadere nell'ambito applica tivo della 1. 9 dicembre 1998 n. 431, la quale, nell'ultimo com
ma dell'art. 2, prevede che «i contratti di locazione stipulati
prima dell'entrata in vigore della presente legge che si rinnovi
no tacitamente sono disciplinati dal 1° comma del presente arti
colo».
A sua volta, il 1° comma dell'articolo citato dispone che «le
parti possono stipulare contratti di locazione di durata non infe
riore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni, fatti salvi i casi in cui il locatore in
tenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le ope re di cui all'art. 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e
con le modalità di cui al medesimo art. 3. Alla seconda scadenza
del contratto, ciascuna delle parti ha diritto di attivare la proce dura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rin
novo del contratto, comunicando la propria intenzione con lette
ra raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere a mezzo
lettera raccomandata entro sessanta giorni dalla data di ricezione
della raccomandata di cui al secondo periodo. In mancanza di
risposta o di accordo il contratto si intenderà scaduto alla data di
cessazione della locazione. In mancanza della comunicazione di
cui al secondo periodo il contratto è rinnovato tacitamente alle
medesime condizioni».
11 problema da risolvere diventa dunque se il richiamo ope rato dall'ultimo comma dell'art. 2, che testualmente riguarda tutte le disposizioni del 1° comma, comporti l'applicabilità, ai
contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della nuova legge, anche della regola che limita a casi speciali la facoltà di disdetta
da parte del locatore dopo il primo quadriennio. Secondo l'intimata il rapporto locativo, che con la mancata
disdetta per la scadenza del 31 dicembre 1999 si era rinnovato
ai sensi della normativa sopracitata, avrebbe potuto essere di
sdettato, alla data del 31 dicembre 2003, solo in presenza dei
motivi di cui all'art. 3 della nuova disciplina. Tale tesi non appare condivisibile, in quanto la norma in esa
me identifica con riferimento alla stipulazione del contratto, cioè richiamando uno specifico evento storico, il quadriennio terminato il quale non è possibile la libera disdetta da parte del
locatore.
Ciò rende evidente come la norma in esame, pur facendo
parte del gruppo di regole richiamate in blocco dall'ultimo
comma dell'art. 2, non sia applicabile ai contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della nuova legge, trattandosi di rapporti
so dall'abitazione che, giunte alla scadenza transitoria desunta dagli art.
67 e 71 stessa legge (eventualmente prorogata ex art. 15 bis d.l. 9/82, convertito in 1. 94/82), si fossero tacitamente rinnovate, Cass. 2 novem
bre 1998, n. 10929, Foro it., Rep. 1999, voce Locazione, n. 233; 2 otto
bre 1997, n. 9627, id., Rep. 1997, voce cit., n. 202; 19 dicembre 1996, n. 11365, ibid., n. 204; 8 ottobre 1996, n. 8786, ibid., n. 203; 24 set
tembre 1996, n. 8442, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 173; 20 febbraio
1996, n. 1318, ibid., n. 174; 9 giugno 1994, n. 5618, id., Rep. 1995, vo
ce cit., n. 214; 16 giugno 1994, n. 5851, id., Rep. 1994, voce cit., n.
196; 9 marzo 1991, n. 2520, id., 1991,1, 3154, con nota di richiami.
Quanto al momento di operatività della disposizione dell'art. 2, ulti
mo comma, I. 431/98, l'orientamento prevalente è nel senso che ai fini
della sua individuazione occorra fare riferimento non solo alla scadenza
del contratto, ma anche alla scadenza del termine utile per la disdetta, di modo che, ove questo fosse già spirato alla data di entrata in vigore della 1. n. 431 cit. (30 dicembre 1998) e nessuna delle parti avesse co
municato tempestivamente la disdetta, il contratto verrebbe attratto nel
l'orbita della nuova disciplina non alla prima scadenza posteriore al 30
dicembre 1998, ma soltanto in caso di tacita rinnovazione alla successi
va scadenza (v. N. Izzo, cit.; S. Giove, op. loc. cit.; A. Mazzeo, op. loc.
cit. Di diverso avviso è, invece, S. Guarino, cit.). Se, poi, si tratti di lo
cazione stipulata in deroga al c.d. equo canone, ai sensi dell'art. 11,2°
comma, d.l. 333/92, come convertito nella 1. 359/92 (ipotesi riguardo alla quale cfr., da ultimo, Cass. 8 marzo 2002, n. 3431, e 15 gennaio 2002, n. 377, Foro it., 2002, I, 1342), non può dubitarsi che l'art. 2, ul
timo comma, 1. 431/98 debba trovare applicazione soltanto con riferi
mento alla seconda scadenza del contratto, operando invece, in relazio
ne alla prima scadenza, l'obbligo di rinnovo salvo giusta causa previsto dalla normativa sui c.d. patti in deroga (sul punto, cfr., in particolare, S.
Giove, op. loc. cit.).
Il Foro Italiano — 2002 — Porre 1-54.
in relazione ai quali non si realizza la fattispecie cui il legislato re ha condizionato l'esclusione della facoltà di disdetta.
Ed invero, al momento in cui il contratto perviene alla sua
prima scadenza quadriennale dopo l'entrata in vigore della nuo
va legge, il locatore potrà comunicare la disdetta (ove, beninte
so, ciò sia possibile ai sensi della normativa originariamente ap
plicabile al rapporto, che resta operativa ai sensi dell'art. 14, ul
timo comma, 1. 431/98), ovvero accedere ad un rinnovo: in que sto caso, decorso il nuovo termine di durata del rapporto, non si
verserà più nell'ipotesi della scadenza del primo quadriennio successivo alla stipulazione, e quindi il regime applicabile sarà
quello di cui al secondo periodo del 1° comma dell'art. 2 cit.
Tale lettura delle norme in esame, oltre ad apparire l'unica ri
spettosa della lettera della legge, trova conferma in due ordini di
considerazioni.
Sul piano formale, deve ritenersi che il legislatore, se avesse
voluto introdurre un regime diverso da quello testé delineato, avrebbe precisato nell'ultimo comma dell'art. 2 che il richiamo
al 1° comma per i contratti stipulati prima del vigore della nuo
va legge doveva intendersi a prescindere dalle limitazioni poste dalla prima parte della norma richiamata con riferimento alla
data della stipulazione del contratto.
Sul piano della ratio legis, va poi osservato che, nella nuova
disciplina delle locazioni abitative, la previsione di una durata
del rapporto estesa tendenzialmente per due quadrienni costitui
sce, come già era avvenuto con la normativa dei c.d. «patti in
deroga», una contropartita, per il conduttore, alla liberalizzazio
ne del canone, attuata compensando la maggiore onerosità del
rapporto con una ragionevole aspettativa di congrua durata dello
stesso. Nessuna esigenza di tal genere può invece porsi con rife
rimento ai contratti in cui, essendo già intervenuto un rinnovo, si è comunque superata la soglia minima di due quadrienni po sta dal legislatore.
Venendo quindi al rapporto per cui è causa, deve escludersi
che, per la scadenza del 31 dicembre 2003 (termine del qua driennio successivo al primo rinnovo tacito intervenuto sotto il
vigore della 1. n. 431 del 1998) la disdetta da parte del locatore
fosse possibile nei soli casi previsti dall'art. 3 della nuova leg
ge. La disdetta inviata per tale scadenza deve pertanto essere
ritenuta valida ed efficace.
TRIBUNALE DI VENEZIA; sentenza 12 marzo 2002; Giud.
Corder; Soc. Coop, fra portabagagli (Avv. Marinoni) c.
Nordio e altri (Avv. Azzarini).
TRIBUNALE DI VENEZIA;
Lavoro (rapporto di) — Licenziamento illegittimo — Sen
tenza di condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro — Esecuzione coattiva — Esclusione — Atto di precetto — Nullità (Cod. proc. civ., art. 431, 479, 480, 612, 615; 1. 15
luglio 1966 n. 604, norme sui licenziamenti individuali, art. 7; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e di
gnità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sin
dacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 18; 1. 11 maggio 1990 n. 108, disciplina dei licenziamenti indivi
duali, art. 1 ).
Poiché il precetto è atto, seppure prodromico, del procedimento esecutivo (e non atto esterno a questo), esso riflette i limiti
posti a tale procedimento con riferimento ali'eseguibilità coattiva della pretesa del creditore; pertanto deve essere di
chiarata la nullità del precetto il quale contenga l'ordine di
provvedere entro il termine di legge dalla notifica alla reinte
gra nei rispettivi posti di lavoro dei lavoratori intimanti. ( 1 )
(1)1.- Applicazione del principio enunciato in motivazione da Cass.
11 gennaio 1990, n. 46, Foro it., Rep. 1990, voce Esecuzione forzata in
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PARTE PRIMA
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato in data
20 agosto 2001 la Cooperativa fra portabagagli s.c.a.r.I. adiva il
Tribunale di Venezia, in funzione di giudice del lavoro, oppo nendosi al precetto notificatole da parte di Nordio Adriano e de
gli altri lavoratori indicati in epigrafe sulla base della sentenza
del Giudice del lavoro di Venezia n. 221/2001, con la quale essa
era stata condannata a reintegrare i predetti lavoratori nel loro
posto di lavoro, previo accertamento della illegittimità degli in
timati licenziamenti. Eccepiva l'opponente che la sentenza era
di mero accertamento e non di condanna e che il comando con
tenuto nel precetto, ovverosia quello di reintegrare i lavoratori
nel loro posto di lavoro, non era, per natura, suscettibile di ese
cuzione forzata. L'opponente chiedeva quindi la dichiarazione
di illegittimità/invalidità/inoperatività del precetto. Si costituivano gli opposti facendo rilevare che la sentenza
posta alla base del precetto conteneva la condanna alla reinte
gra, e quindi non era di mero accertamento, e che l'incoercibi
lità riguardava solo l'obbligo di riammissione in servizio del la
voratore e non la ricostituzione del rapporto di lavoro dal punto di vista economico, ricompresa nell'ordine di reintegra. I con
venuti chiedevano quindi il rigetto dell'opposizione. La causa, istruita documentalmente, veniva decisa all'udienza
del 15 gennaio 2002, come da dispositivo letto in udienza e al
legato agli atti.
Motivi della decisione. — L'opposizione è fondata.
11 primo motivo di opposizione, peraltro, è del tutto inconsi
stente, posto che è sufficiente leggere il dispositivo della sen
tenza n. 221/2001 per rendersi conto che siamo di fronte ad una
pronuncia di condanna e non solo di mero accertamento.
genere, n. 20 (Giust. civ., 1990, I, 947, con nota di B. Sassani, il quale reputa corretta la negazione di un'autonomia concettuale fra «precetta bilità» ed «eseguibilità»), peraltro relativa a fattispecie non perfetta mente identica, essendo in quel caso stato provveduto, nelle more del
giudizio, al ripristino integrale del trattamento retributivo. Il Tribunale di Venezia aderisce all'orientamento dominante, favore
vole a ravvisare l'insorgenza a carico del datore di lavoro — a seguito della sentenza di reintegrazione
— di un obbligo derivato complesso solo in parte suscettibile di esecuzione forzata (v., per gli opportuni ri
ferimenti, anche di dottrina, la nota redazionale a Trib. Latina, ord. 5 dicembre 1997, Foro it., 1999, I, 2117, e Riv. giitr. lav., 1999, II, 63, con nota di Frontini; contrario a tale ricostruzione, tuttavia, Sassani,
op. cit. Con riferimento alla reintegrazione nel posto di lavoro di un di
rigente statale, v. invece, da ultimo, Trib. Catania, ord. 13 ottobre 2000. Foro it., 2000, I, 3620, con nota di richiami). Nel caso odierno, a
quanto risulta, il precetto conteneva l'ordine di reintegra dei lavoratori senza ulteriori specificazioni, traducendosi nella pedissequa trascrizio ne del dispositivo della sentenza di condanna. Il Tribunale di Venezia osserva che, anche ad interpretare il precetto opposto — nella sua gene ricità — nel senso di un riferimento sia alla riammissione dei lavoratori nelle precedenti mansioni che alla corresponsione delle retribuzioni (e correlativa ricostituzione della posizione assicurativa-previdenziale), l'incoercibilità dell'obbligo di reintegra nelle mansioni si riverberereb be «inevitabilmente» sul profilo retributivo della vicenda, determinan do l'invalidità dell'intero atto. Non viene quindi considerata la possibi lità di un adempimento — e quindi di un'esecuzione — parziale ex art. 1181 c.c. (v., in senso contrario, Trib. Latina, ord. 5 dicembre 1997, cit.).
II. - «L'estrema deteriorabilità del bene protetto dalla normativa spe ciale — il posto di lavoro — stante il carattere dinamico e non statico, connaturato all'organizzazione del lavoro, ha rilevato nel tempo l'e norme difficoltà insita nell'attuazione di una tutela specifica, reinte
gratoria, a distanza di mesi od anni dal licenziamento, dall'estromissio ne dal posto di lavoro» (così la relazione della commissione per lo stu dio e la revisione della normativa processuale del lavoro, istituita con decreto 24 luglio 2000 del ministero della giustizia e del ministero del
lavoro, che si legge, unitamente al progetto di riforma redatto dalla stessa commissione, id., 2001, V, 317 ss.). Da ciò la proposta della commissione — in un più ampio quadro di interventi anche ordina mentali — di ridisegnare la tutela reintegratoria contro il licenziamento
ingiustificato nelle forme di un'azione tipica urgente a cognizione sommaria, destinata a concludersi con un'ordinanza avente attitudine all'irrevocabilità in difetto di reclamo (v. gli art. 2 e 3 dell'articolato, ibid., 319). A garanzia dell'attuazione effettiva del capo del provvedi mento (ordinanza o sentenza) di condanna alla reintegra, e quindi del l'effettività della tutela, è prevista una forte misura coercitiva di carat tere pecuniario, modellata sul sistema francese delle astreintes, per la cui attuazione è data al lavoratore la procedura cautelare degli art. 669 sexies ss. c.p.c., con la quale richiedere al giudice dell'ordinanza o della sentenza di reintegra la liquidazione delle somme dovute per i
giorni di ritardo (v. art. 4 dell'articolato).
Il Foro Italiano — 2002.
Fondato è invece il secondo motivo di opposizione. Occorre prendere le mosse dalle seguenti considerazioni.
Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo.
Il titolo esecutivo, per dar luogo all'esecuzione forzata, deve
avere ad oggetto un diritto certo, liquido ed esigibile. Il precetto è atto, seppure prodromico, del procedimento ese
cutivo, e non esterno ad esso, e dunque soffre dei limiti del pro cedimento esecutivo, avuto riguardo, ad esempio, alla eseguibi lità coercitiva della pretesa del creditore.
Da tutto ciò discende la necessità che il comando contenuto
nel precetto sia inequivoco, specifico e non generico. Ora, il precetto opposto recita: «intima e fa precetto ... di
provvedere entro dieci giorni dalla notifica del presente alla re
integra dei ricorrenti ... nei rispettivi posti di lavoro».
Il comando e il relativo obbligo sono quindi rappresentati unicamente dalla «reintegra nei rispettivi posti di lavoro».
E principio oramai consolidato in giurisprudenza e pacifico tra le parti (v. in modo esplicito note autorizzate dei convenuti
opposti depositate P8 gennaio 2002) quello che esclude la coer
cibilità e quindi la forzata eseguibilità della condanna alla rein
tegra del lavoratore intesa come reimmissione dello stesso nel
posto di lavoro.
Data la sostanziale inscindibilità tra precetto e procedimento di esecuzione forzata, alla quale si è accennato, il precetto op
posto, contenendo un comando incoercibile, non può che essere
dichiarato nullo, perché, così come formulato, non è in grado di
dare il via alla procedura esecutiva.
A tale conclusione si potrebbero frapporre due ostacoli: 1) il
comando contenuto nel precetto ricalca pedissequamente la
formula di condanna contenuta nella sentenza; 2) l'obbligo di
reintegra è obbligo complesso costituito non solo dall'obbligo del datore di lavoro di consentire il concreto ritorno del lavora
tore alle proprie mansioni, ma anche l'obbligo di corrispondere nuovamente la retribuzione e di ricostituire la relativa posizione assicurativa.
Il primo ostacolo è superabile con la seguente osservazione:
una cosa è l'accertamento in sede di cognizione del diritto sog
gettivo alla reintegra rei posto di lavoro, altra cosa è l'esecu
zione di tale diritto. S< in fase di cognizione è sufficiente che la
sentenza contenga la c ndanna alla reintegra nel posto di lavoro, senza ulteriori specifi tzioni, in fase di esecuzione, invece, pro
prio per la natura in <ercibile dell'obbligo di riammissione in
servizio del lavorato! , la mera ripetizione della formula di cui
alla pronuncia di coni.anna non sfugge ad una censura in termini
di invalidità. La seconda argomentazione, utilizzata dai convenuti-opposti
nelle citate note autorizzate, merita alcune precisazioni. Si possono seguire due percorsi interpretativi. Il primo si basa sul dato letterale contenuto nel precetto e
tende a trascurare le precisazioni fatte dai convenuti nelle note
autorizzate.
Il precetto, come abbiamo visto, contiene l'ordine di reintegra senza ulteriori specificazioni. Si potrebbe quindi essere autoriz
zati a ritenere che esso, dando per presupposto che la reintegra dà vita ad un obbligo complesso, contenga in sé tanto l'ordine
di riammettere i lavoratori nelle loro precedenti mansioni,
quanto l'ordine di pagare agli stessi le retribuzioni dalla data
della sentenza e di ricostituire la loro posizione assicurativa.
Se così fosse, il precetto sarebbe invalido. Infatti, l'invalidità
derivante dalla incoercibilità dell'obbligo di reintegra nelle
mansioni si riverbererebbe inevitabilmente sulla parte del pre cetto riguardante l'aspetto retributivo-assicurativo della reinte
gra. Tale conclusione esce vieppiù rafforzata dalle seguenti consi
derazioni: a) il precetto opposto non distingue tra i due aspetti
dell'obbligo complesso di reintegra e non fa il minimo riferi
mento all'aspetto retributivo-assicurativo, il quale, quindi, fini
sce per essere solo implicito, sotteso e presupposto; b) è di sola
re evidenza che l'aspetto preminente dell'ordine di reintegra è
quello relativo alla effettiva riammissione in servizio, laddove
l'obbligo di continuare a corrispondere la retribuzione (con i ri
flessi assicurativi) è solo conseguenza del primo, tanto da essere
infatti suscettibile di una c.d. coazione indiretta (Cass. 11 gen naio 1990, n. 46, Foro it., Rep. 1990, voce Esecuzione forzata in genere, n. 20).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Il secondo percorso interpretativo tende ad attribuire maggio re rilevanza alle precisazioni fatte dai convenuti in sede di note
autorizzate circa l'effettiva volontà sottesa all'ordine di reinte
gra contenuto nel precetto opposto. Nelle note autorizzate i convenuti hanno specificato che era
loro intenzione limitare la reintegra al solo aspetto retributivo
assicurativo. Tuttavia, di tale volontà non vi è traccia nel pre cetto. E il fatto che i convenuti lo abbiano dovuto specificare successivamente è indice delle carenze presenti nel precetto.
Se poi si pensa che l'aspetto retributivo-assicurativo della
reintegra porta con sé le questioni riguardanti l'effettiva retribu
zione mensile spettante ai lavoratori, la quantificazione dei
contributi e così via, non si può che concludere che il comando
contenuto nel precetto è del tutto insufficiente a dar corso al
l'esecuzione forzata. Troppi sono i passaggi logici imposti al
debitore (nonostante si tratti di datore di lavoro a doverosa co
noscenza delle retribuzioni e delle posizioni contributive) prima di giungere alla completa definizione del comando contenuto
nel precetto. In definitiva, qualsiasi sia l'angolo di visuale dal quale ci si
pone, il precetto contiene un comando incoercibile o del tutto
equivoco e generico, non in grado quindi di reggere il relativo
procedimento di esecuzione forzata.
Pertanto, l'opposizione va accolta e il precetto va dichiarato
nullo.
Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile
Concessioni governative (tassa sulle) — Tassa sulle società — Rimborso — Interessi — Questione manifestamente
inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 53; 1. 23 di cembre 1998 n. 448, misure di finanza pubblica per la stabi
lizzazione e lo sviluppo, art. 11).
E manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, 3° comma, 1. 23 dicembre 1998 n.
448, nella parte in cui ha previsto che sulle somme da rimborsa
re per indebito versamento della tassa di iscrizione e di rinnovo
dell'iscrizione delle società nel registro delle imprese, risultante
a seguito dell'applicazione dei commi 1° e 2° della stessa nor
ma, sono dovuti gli interessi nella misura del tasso legale vi
gente alla data di entrata in vigore di detta legge a decorrere
dalla data di presentazione dell'istanza, in riferimento agli art. 3
e 53 Cost. (1)
Corte costituzionale; ordinanza 6 dicembre 2001, n. 390
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 12 dicembre 2001, n. 48); Pres. Santosuosso, Est. Bile; Min. finanze c. Soc. Ponte Tresa
costruzioni; interv. Pres. cons, ministri. Ord. App. Palermo 21
giugno 2000 (G.U., la s.s., n. 50 del 2000).
(1) Con sentenza 2 marzo 1999, Foro it., 1999, 1, 1007, con nota di
richiami, il Tribunale di Palermo aveva ravvisato il contrasto con la
normativa comunitaria dell'art. 11, 3° comma, 1. 23 dicembre 1998 n.
448 (collegato alla finanziaria 1999), nella parte in cui stabilisce che
sulle somme dovute a titolo di rimborso della tassa di concessione go vernativa pagata dalle società per l'iscrizione nel registro delle imprese sono dovuti gli interessi nella misura del tasso legale vigente alla data
di entrata in vigore della stessa legge, conseguentemente escludendone
l'applicazione nel giudizio in corso. La corte d'appello palermitana, investita dell'impugnazione avverso
la sentenza, aveva ritenuto, da un lato, l'erroneità di tale soluzione a
fronte di Cass. 1° giugno 1999, n. 5313, id., Rep. 1999, voce Conces
sioni governative (tassa sulle), n. 41, che avrebbe escluso la possibilità
Il Foro Italiano — 2002.
di disapplicazione della norma per contrasto con la normativa comuni
taria, e, dall'altro, la non manifesta infondatezza della questione di co stituzionalità per contrasto con gli art. 3 e 53 Cost.
Ad avviso della Consulta, però, nella giurisprudenza della Cassazio ne non emerge alcuna affermazione circa l'insussistenza delle condi zioni per la non applicazione dell'art. 11,3° comma, 1. n. 448 del 1998, essendosi questa sempre limitata a prendere atto della sua sopravve nienza ed a farne applicazione, quale norma regolatrice della misura
degli interessi sulle somme oggetto del rimborso, senza prendere in al cun modo posizione sul problema
— evidentemente ad essa non sotto
posto — della compatibilità della norma con il diritto comunitario. In argomento, v. Trib. Messina 16 novembre 2000, id., 2001,1, 2067,
con nota di richiami cui si rinvia, per la quale contrasta con la normati va comunitaria — e va pertanto disapplicato — l'art. 11,3° comma, 1. 23 dicembre 1998 n. 448, nella parte in cui stabilisce la nuova discipli na degli interessi sul rimborso della tassa di concessione governativa.
Per i profili di diritto comunitario, cfr. Corte giust. 10 settembre
2002, cause riunite C-216/99 e C-222/99, in questo fascicolo, parte IV, 453, per la quale il diritto comunitario osta a che uno Stato membro adotti norme che subordinano la restituzione di un tributo dichiarato in
compatibile con il diritto comunitario da una sentenza della corte, o la cui incompatibilità con il diritto comunitario derivi da una sentenza del
genere, a condizioni riguardanti specificamente detto tributo e che sono meno favorevoli di quelle che si applicherebbero, in mancanza di tali
norme, alla restituzione del tributo di cui trattasi.
Ordinamento giudiziario — Tribunale di Siracusa — Istitu
zione di sezione distaccata presso il comune di Avola —
Questione manifestamente inammissibile di costituzionali
tà (Cost., art. 3, 24, 76, 113; r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, ordi
namento giudiziario, art. 48 bis; d.leg. 19 febbraio 1998 n. 51, norme in materia di istituzione del giudice unico di primo
grado, tab. A e B allegate).
È manifestamente inammissibile, in quanto irrilevante, la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 48 bis r.d. 30
gennaio 1941 n. 12 e delle tabelle A e B allegate al d.leg. 19
febbraio 1998 n. 51, nella parte in cui prevedono l'istituzione di
una sezione distaccata del Tribunale di Siracusa nel comune di
Avola, anziché in quello di Noto, in riferimento agli art. 3, 24, 76 e 113 Cost. (1)
Corte costituzionale; ordinanza 17 maggio 2001, n. 149
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 maggio 2001, n. 20); Pres. Santosuosso, Est. Capotosti; G.l. c. Comune di Noto (Avv.
Guarino); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Cara
mazza). Ord. Giud. pace Noto 30 marzo 2000 (G.U., la s.s., n.
23 del 2000).
(1) 11 giudice a quo rilevava, tra l'altro, l'irragionevolezza della scelta legislativa, avendo il comune di Avola una scarsissima consi stenza ed un bacino di utenza notevolmente più ridotto di quello di
Noto. 11 giudizio a quo aveva ad oggetto la richiesta di un'impresa appal
tatrice del servizio di pulizia dei locali destinati a sede degli uffici co
munali per effetto della riduzione della prestazione convenuta, disposta dal comune a seguito della soppressione della locale sezione distaccata
di pretura, per cui la corte rileva come il giudice, ai fini della decisione
della controversia, non deve fare applicazione delle disposizioni impu
gnate. Per la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità degli
art. 1 e 2, 1° comma, 1. 16 dicembre 1999 n. 479, nella parte in cui, con
riguardo ai giudizi civili pendenti davanti al pretore alla data del 30
aprile 1995 e rientranti nella competenza per valore del giudice di pace in base alla normativa vigente alla data di entrata in vigore della 1.
479/99, prevedono la competenza per territorio del giudice di pace del
luogo in cui ha sede l'ufficio giudiziario o la sezione distaccata dinanzi
a cui il giudizio è pendente alla data di entrata in vigore della legge stessa, v. Corte cost., ord. 12 aprile 2002, n. 112, Foro it., 2002, I, 1903, con nota di richiami.
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