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sentenza 12 novembre 1984, n. 1405; Pres. Biagi, Est. Ragoni; Min. finanze (Avv. dello Stato...

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sentenza 12 novembre 1984, n. 1405; Pres. Biagi, Est. Ragoni; Min. finanze (Avv. dello Stato Albenzio) c. Commissione tributaria di I grado di Grosseto Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 4 (APRILE 1985), pp. 171/172-177/178 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23178474 . Accessed: 24/06/2014 22:15 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.47 on Tue, 24 Jun 2014 22:15:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 12 novembre 1984, n. 1405; Pres. Biagi, Est. Ragoni; Min. finanze (Avv. dello StatoAlbenzio) c. Commissione tributaria di I grado di GrossetoSource: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 4 (APRILE 1985), pp. 171/172-177/178Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178474 .

Accessed: 24/06/2014 22:15

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PARTE TERZA

Rilevato che, attesa la generalità e l'astrattezza delle prescrizio ni del decreto impugnato, la costituzione di nuove tipologie di

beni ambientali, sfornita di ogni previa indagine relativa al

singolo bene, nei sensi di cui all'art. 1 1. 29 giugno 1939 n. 1497, non appare riconducibile all'esercizio di siffatto potere integrativo, di natura prettamente residuale;

Considerato che, quanto al temuto danno ambientale, avuto anche riguardo al provvedimento legislativo di sanatoria degli abusi edilizi in corso di esame da parte della camera dei

deputati, può idoneamente soccorrere la potestà, rimasta di perti nenza dello Stato, di inibire l'esecuzione o la prosecuzione di

lavori pregiudizievoli alle cose ed ai beni ambientali, del tutto

indipendentemente dalla loro inclusione o meno negli elenchi

regionali o dalla stessa sussistenza di vincoli in atto; Considerato che la introduzione di un vincolo generalizzato su

tutti i beni elencati nel decreto impugnato pare, allo stato,

configurare una altrettanto lata venerazione della potestà urba

nistica, riguardata nella sua fase di concreta traduzione in prassi da parte dei comuni, con riguardo alla necessità che, per l'e

dificazione su aree ricomprese nei vigenti strumenti urbanistici ed

assoggettate al cennato vincolo paesistico, sia acquisita la prescrit ta autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela dell'ambiente

(Cons. Stato, sez. V, 28 agosto 1981, n. 376, Foro it., Rep. 1981, voce Edilizia e urbanistica, n. 576; sez. VI 30 ottobre 1981, n. 54, id., Rep. 1982, voce Bellezze naturali, n. 27);

Ritenuto che, per tali ragioni, e considerando anche l'intervallo

di tempo necessario per l'individuazione da parte del Consiglio di

Stato del tribunale amministrativo competente, sembrano sussiste re gli estremi del danno grave ed irreparabile di cui all'art. 21 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, alla luce delle iniziative edilizie in

corso ad opera dei comuni ricorrenti, come emergenti dagli atti

prodotti; Per questi motivi, accoglie la suindicata domanda incidentale di

sospensione del provvedimento impugnato. (Omissis)

I

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO

SCANA; sentenza 12 novembre 1984, n. 1405; Pres. Biagi,

Est. Ragoni; Min. finanze (Aw. dello Stato Albenzio) c. Com

missione tributaria di I grado di Grosseto.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TO

SCANA; sentenza 12 novembre 1984, n. 1405; Pres. Biagi,

Valore aggiunto (imposta sul) — Verifica tributaria — Deroga al

segreto bancario — Poteri autorizzatori del presidente della

commissione tributaria di primo grado — Ricorso giurisdiziona le — Ammissibilità (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione e

disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, art. 51 bis). Valore aggiunto (imposta sul) — Verifica tributaria — Deroga al

segreto bancario — Provvedimenti autorizzatori del presidente della commissione tributaria di primo grado — Impugnabilità — Giurisdizione del giudice amministrativo — Sussistenza —

Legittimazione attiva e passiva del contribuente — Insussisten

za (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 51 bis; 1. 6 dicembre 1971

n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 21).

Valore aggiunto (imposta sul) — Verifica tributaria — Deroga al

segreto bancario — Poteri autorizzatori del presidente della

commissione tributaria di primo grado — Limiti — Discreziona

lità — Insussistenza — Fattispecie (D.p.r. 26 ottobre 1972 n.

633, art. 28, 37, 51, 51 bis).

È ammissibile il ricorso giurisdizionale avverso il diniego opposto dal presidente della commissione tributaria di primo grado alla

autorizzazione alla deroga del segreto bancario richiesta dal

l'amministrazione finanziaria dello Stato ai sensi dell'art. 51 bis

d.p.r. ». 633/72, in quanto sussiste la necessaria dualità sogget

tiva, per non essere il presidente della commissione tributaria

inquadrato, in quanto tale, nella struttura del ministero delle

finanze, ed in quanto, nell'esercizio di detto potere autorizzato

rio, egli agisce come organo amministrativo dotato di

propria autonomia e sottratto a vincoli gerarchici di qualsiasi natura. (1)

(1-4) Non risultano precedenti in termini. I. - L'art. 51 bis d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 è stato inserito

dall'art. 5 d.p.r. 15 luglio 19-82 n. 463, e, fino ad oggi, non ha

costituito oggetto di commento diretto da parte della dottrina o di decisioni dell'autorità giudiziaria.

Spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo il giudizio sulla impugnazione proposta dall'aministrazione finanziaria av

verso il diniego opposto dal presidente della commissione

tributaria di primo grado alla autorizzazione alla deroga al

segreto bancario richiesta ai sensi dell'art. 51 bis d.p.r. n.

633/72, stante la natura amministrativa di tale autorizzazione

sia oggettivamente, che soggettivamente; la suddetta autorizza

zione costituisce atto interno al procedimento amministrativo

di accertamento fiscale, in relazione al quale non sono configu rabili posizioni soggettive tutelabili attivamente o passivamente, e pertanto il contribuente, per la cui posizione è stata formula ta la richiesta di deroga al segreto bancario, oltre a non essere

legittimato attivamente all'impugnativa, non è qualificabile come

controinteressato rispetto alla domanda di annullamento avanza

ta dall'amministrazione finanziaria. (2)

L'organo titolare del potere di autorizzazione ai sensi dell'art. 51

bis d.p.r. n. 633/72 deve controllare esclusivamente la legittimi tà della richiesta dell'ufficio i.v.a, verificando l'effettiva esisten

za dei fatti allegati e la loro corrispondenza con quelli previsti nelle varie ipotesi dell'art. 51 bis; e, ove la verifica sia

positiva, è tenuto a rilasciare l'autorizzazione; è illegittimo,

pertanto, il diniego della autorizzazione che si basi su valuta

zioni di merito non richieste e non consentite dalla norma, anziché sul controllo di mera legittimità (nella specie,

l'ufficio i.v.a. aveva richiesto l'autorizzazione alla deroga al

segreto bancario nell'ambito delle indagini per l'accertamento di

presunte evasioni fiscali nei confronti del contribuente che

aveva presentato la dichiarazione di cui all'art. 28 d.p.r. n.

633/72 con un ritardo superiore a trenta giorni, onde la stessa

doveva considerarsi omessa ai sensi dell'art. 37, ult. comma, stesso d.p.r.; il presidente della commissione tributaria di primo

grado aveva negato l'autorizzazione motivando con la conside

razione che la presentazione, sia pure tardiva, della dichiarazio

ne avrebbe fatto venir meno il presupposto stabilito dalla lett.

a dell'art. 51 bis, in quanto gli elementi dai quali risultavano

corrispettivi superiori a cento milioni di lire erano stati desunti

dalla stessa dichiarazione del contribuente). (3)

La «autorizzazione» prevista nel cit. art. 51 bis per la deroga al

segreto bancario appare della stessa natura e funzione dell'altra « autorizzazione » richiesta dall'art. 52 d.p.r. 633/72 per la deroga al

segreto professionale: nel primo caso la competenza è attribuita al « presidente della commissione tributaria di primo grado territorialmen te competente » e concerne gli accessi presso « le aziende ed istituti di credito e l'amministrazione postale », nel secondo caso è attribuita al « procuratore della repubblica » e concerne gli accessi « nei locali destinati all'esercizio di arti o professioni, che non siano anche adibiti all'esercizio di attività commerciali o agricole, e in ogni caso per accedere in locali che siano adibiti anche ad abitazione».

Invece, l'accesso « negli esercizi pubblici e in ogni locale adibito a un'azienda industriale o commerciale » e « nei locali destinati all'eser cizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali »

sottoposte a verifica fiscale è consentito con caratteri di generalità degli art. 35 1. 7 gennaio 1979 n. 4 e 51-52 d.p.r. n. 633/72 previa semplice « autorizzazione che ne indica lo scopo » del capo dell'ufficio finanziario dal quale gli agenti accertatori dipendono (art. 52, 1° comma; cfr. anche art. 5 d.m. 16 luglio 1926 il quale prevede che la facoltà di accesso « nei locali destinati all'esercizio di industrie e di commerci » « sia demandata ai militari della guardia di finanza dagli ufficiali all'uopo preposti).

Un altro caso di deroga al segreto bancario, per la quale sia necessaria la preventiva « autorizzazione » del presidente della commis sione tributaria di primo grado, è previsto dall'art. 35 d.p.r. n. 600/73 in tema di accertamento delle imposte dirette (norma richiamata nella decisione del presidente commissione tributaria di II grado di Grosse

to) e concerne la possibilità da parte dell'amministrazione di chiedere agli istituti bancari copia dei conti intrattenuti con un contribuente.

II. - La problematica relativa agli interventi di organi del potere giudiziario nell'esercizio di attività amministrative (campo nel quale si deve inquadrare la « autorizzazione » prevista dall'art. 51 bis ed oggetto delle pronunzie in epigrafe) è stata affrontata dalla dottrina, in via generale, con riferimento ai procedimenti di volontaria giurisdizio ne; cfr. A. Visco, I procedimenti di giurisdizione volontaria, Roma, 1952, 11 ss. (l'a. ritiene trattarsi di «esercizio di giurisdizione»); A. Iannuzzi, Manuale della volontaria giurisdizione, (Milano, 1977, 1 ss. (l'a. ritiene di dover seguire la impostazione tradizionale secondo la quale trattasi di attività di amministrazione); G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1959, V, 297 ss. (l'a. ritiene ugualmente che si tratti di attività con « carattere sostanzialmente amministrativo »).

Nel campo specifico del diritto tributario il problema dell'intervento di organi dell'autorità giudiziaria nel procedimento di accertamento e riscossione fiscale, al di fuori della esplicazione dei poteri giurisdizio nali propri della funzione, è stato affrontato essenzialmente con riferimento: a) alla vidimazione da parte del pretore della ingiunzione fiscale ai sensi dell'art. 2 r.d. 14 aprile 1910 n. 639, vidimazione che è

Il Foro Italiano — 1985.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

II

COMMISSIONE TRIBUTARIA DI II GRADO DI GROSSETO; sentenza 20 agosto 1984; Pres. Nicosia; Min. finanze c. Com

missione tributaria di primo grado Grosseto.

Valore aggiunto (imposta sul) — Verifica tributaria — Deroga al

segreto bancario — Autorizzazione del presidente della commis

sione tributaria di primo grado — Impugnazione dinanzi al la commissione tributaria di secondo grado o al suo presiden te — Inammissibilità (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 51

bis).

L'autorizzazione alla deroga al segreto bancario da parte del

presidente della commissione tributaria di primo grado territo

rialmente competente ai sensi dell'art. 51 bis d.p.r. n. 633/72, è

atto di natura non giurisdizionale e, comunque, di carattere

ordinatorio e non decisorio, emesso nell'ambito del procedimento di accertamento dell'i.v.a.; è, pertanto, inammissibile l'immedia

ta e distinta impugnazione, avanti alla commissione tributaria di

secondo grado od al suo presidente, del provvedimento emesso

dal presidente della commissione di primo grado sull'istanza di

autorizzazione alla deroga del segreto bancario. (4)

unanimemente ritenuta « una funzione certificatrice di natura puramen te amministrativa », cioè avente la funzione di mero controllo di

regolarità formale dell'ingiunzione fiscale « che attiene soltanto all'ese

cutività dell'atto » (in materia v. in dottrina, da ultimo, G. Costanti

no, Le espropriazioni forzate speciali, Milano, 1984, 52 ss., e in

giurisprudenza, fra le tante, Cass. 19 gennaio 1979, n. 390, Foro it.,

Rep. 1979, voce Riscossione delle imposte, n. 86; 30 maggio 1978, n.

2732, ibid., n. 89; 2 settembre 1977, n. 3869, id., Rep. 1978, voce cit.,

n. 114; 30 marzo 1977, n. 1223, id., Rep. 1977, voce cit., n. 99; Trib.

Como 5 giugno 1976, ibid., n. 102, e per esteso Giur. it., 1977, I, 2,

729; sez. un. 9 ottobre 1967, n. 2339, Foro it., 1968, I, 1320, con nota

di richiami di dottrina e giurisprudenza sui problemi connessi alla

natura ed alla struttura dell'ingiunzione fiscale; su alcune fattispecie

particolari in materia cfr. anche Cass. 1° giugno 1976, n. 1973, id.,

1976, I, 2374, con nota di A. Noccelli; 22 luglio 1976, n. 2902, ibid.,

2101, con nota di M. Gagliardi; 11 luglio 1968, n. 2424, id., 1969, I,

484, con nota di richiami; 18 marzo 1968, n. 878, id., 1968, I, 3051, con osservazioni di F. Satta); b) alla autorizzazione del presidente della commissione tributaria di primo grado per la richiesta agli istituti

bancari di copia dei conti intrattenuti con il contribuente di cui al cit.

art. 35 d.p.r. n. 600/73, provvedimento ritenuto come meramente

« ordinatorio » ed « emesso nell'ambito del procedimento tributario di

accertamento delle imposte dirette » (cosi Cass. 19 marzo 1984, n.

1866, id., Mass., 369, e in Rassegna trib., 1984, II, 439; Fisco,

1984, 1983; Comm. trib. centr., 1984, II, 567, e che è da ritenere sia

quella cui fa riferimento, citandola probabilmente con la indicazione del

la data della decisione anziché di quella della pubblicazione, la decisione

del presidente della commissione tributaria di II grado di Grosseto in

epigrafe; parzialmente contraria Comm. trib. II grado Venezia 15 marzo

1982, Foro it., Rep. 1982, voce Tributi in genere, n. 472, che parla di

« un controllo preventivo di conformità dell'operato dall'amministrazione

finanziaria alle ipotesi previste nell'art. 35, demandato non ad un

organo agente in veste neutrale ma in funzione di giurisdizione »); in

dottrina, con riferimento specifico alla riforma della disciplina di

deroga del segreto bancario introdotta dal d.p.r. 15 luglio 1982 n. 463,

v. Casella, Il segreto bancario e il d.p.r. 15 luglio 1982 n. 463, in

Banca, borsa, ecc., 1983, I, 347, il quale rileva che le nuove ipotesi di

deroga al segreto bancario sono troppe generiche e, per questo motivo,

sono in definitiva rimesse all'apprezzamento discrezionale del presiden te della commissione tributaria; la citata sent. Comm. trib. II grado di

Venezia 15 marzo 1982 ha ritenuto non manifestamente infondata la

questione di legittimità costituzionale dell'art. 35 d.p.r. n. 600/73, per violazione dell'art. 10 1. delega 825/71, in riferimento agli art. 3, 53 e

76 Cost.; c) alla autorizzazione da parte del procuratore della

repubblica per gli accessi e le perquisizioni di cui al cit. art. 52 d.p.r. n. 633/72, attività per lo più ritenuta «dovuta» ed esplicata «dal

potere giudiziario nell'esercizio di un'attività amministrativa », avente

la funzione esclusiva di controllo della regolarità formale (legittimazio ne soggettiva e settore oggettivo di intervento) della richiesta degli

organi della p.a. e con la conseguenza della inapplicabilità delle norme

di rito previste dagli art. 224, 304 bis, 304 ter c.p.p. (cosi A. Dus,

L'imposta sul valore aggiunto, Torino, 1981, 709; B. Santamaria, Le

ispezioni tributarie, Milano, 1981, 80-81, che inquadra l'attività in

esame tra gli accertamenti e le ispezioni per motivi fiscali di cui al 2°

cpv. dell'art. 14 Cost.; G. Oliva, Verifiche ai professionisti, in

Bollettino trib., 1976, 273); alcuni, invece, introducono una differenzia

zione fra le autorizzazioni « generiche » di cui al 1° comma dell'art.

52, da considerare atti dovuti a contenuto amministrativo, e quelle « specifiche » di cui al 2" e 3° comma del citato articolo, da

considerare atti discrezionali da inquadrare nella « attività di polizia

giudiziaria, nei confronti della quale divengono pienamente operanti le norme del codice di procedura penale, e quindi in primo luogo la

presenza del difensore, a garanzia del diritto di difesa » (cosi R.

Perrone Capano, L'imposta sul valore aggiunto, Napoli, 1977, 596-601;

I

Diritto. — In via preliminare il collegio ritiene opportuno, attesa la novità della questione e stanti gli accenni al riguardo dell'amministrazione ricorrente, dare atto dell'ammissibilità del

presente ricorso in relazione ai profili di seguito evidenziati.

a) Non vi è dubbio, innanzitutto, sulla configurabilità della

dualità soggettiva necessaria per la proposizione del ricorso giu risdizionale.

Il presidente della commissione tributaria di primo grado, infatti, non è inquadrato, in quanto tale, nella struttura del

ministero delle finanze onde deve escludersi che qui l'amministra zione impugni un proprio atto, cioè che ricorre contro se stessa, con conseguente inammissibilità del gravame (ipotesi che, eviden

temente, si verificherebbe ove il potere autorizzatorio di cui

all'art. 51 bis d.p.r. 633/72 fosse, ad esempio, conferito, anziché al

suddetto organo, all'intendente di finanza).

D'altra parte, se non si ritenesse ammissibile il ricorso, il

diniego di autorizzazione bloccherebbe irrimediabilmente l'azione

amministrativa volta a contrastare l'evasione fiscale non potendo

ipotizzarsi, per quanto osservato, una possibilità di ricorso gerar chico al ministro delle finanze stante la peculiare posizione del

presidente della commissione tributaria di primo grado, in linea

generale, in quanto organo giurisdizionale, in particolare, con

riferimento alla fattispecie, in quanto titolare di un potere auto

rizzatorio conferitogli direttamente dalla legge nell'esercizio del

quale agisce come organo amministrativo dotato di una propria autonomia, sottratto a vincoli gerarchici di qualsiasi natura.

b) Con ciò, viene in rilievo il secondo profilo di ammissibilità

relativo, appunto, alla natura giuridica dell'atto di autorizzazione

alla deroga al segreto bancario emesso dal presidente della

commissione tributaria di primo grado. .

Ad avviso del collegio, la natura amministrativa di tale autoriz

zazione può essere agevolmente affermata sia oggettivamente, sulla

base della norma che la prevede e disciplina come momento

necessario del particolare procedimento di accertamento in sede

bancaria e postale, sia soggettivamente, trattandosi di atto adottato

dal presidente della commissione tributaria come organo ammini

strativo individuato espressamente dalla legge. È chiaro, del resto,

che se l'autorizzazione fosse adottata dal presidente della commis

sione tributaria nella sua qualità di organo giurisdizionale si

porrebbero seri problemi di legittimità costituzionale venendosi a

introdurre una nuova forma di giurisdizione speciale non prevista

e vietata dalla Costituzione.

c) Non può costituire, infine, motivo di inammissibilità la

mancata notifica del ricorso alla ditta in relazione alla quale è

stata formulata la richiesta di deroga al segreto bancario.

Ritiene, infatti, il collegio che il soggetto interessato dall'accer

tamento di cui all'art. 51, n. 7), d.p.r. n. 633/72, non sia

qualificabile come controinteressato rispetto alla domanda di

annullamento avanzata dall'amministrazione finanziaria in quanto,

a ben vedere, esso non trae alcun concreto e immediato vantaggio

dal diniego di autorizzazione oggetto di impugnativa cosi' da

R. Mancusi, La natura delle autorizzazioni previste dall'art. 52

d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, in Ross, iva, 1975, 1, 954); altri, infine,

ma sono la minoranza, ritengono trattarsi in ogni caso di attività

discrezionale inquadrabile in quella giurisdizionale delle « perquisizioni »

il che « comporta l'entrata in scena del codice di procedura penale »

(cosi G. Giuliani, L'accertamento delle violazioni dell'i.v.a., in Bollet

tino trib., 1973, 589-590; G. Nociti, I.v.a.: ammissibilità delle perquisi

zioni nelle aziende, id., 1-972, 1239). Sul problema della esistenza e dei

limiti di tutelabilità del segreto bancario, in fattispecie diversa da

quella in esame ma con notazioni di carattere generale, cfr. Pret.

Roma, ord. 9 febbraio 1984, Foro it., 1984, I, 1744, con nota di

richiami di M. Orsenigo. III. - Riassuntivamente, alla stregua delle decisioni in epigrafe, la

autorizzazione ex art. 51 bis è assimilabile per natura e funzione a

quella definita « generica » di cui all'art. 52, 1° comma, e può essere

definita, sulla scorta delle medesime decisioni, come attività di natura

amministrativa (ché, altrimenti « se l'autorizzazione fosse adottata

dal presidente della commissione tributaria nella sua qualità di organo

giurisdizionale si porrebbero seri problemi di legittimità costituzionale

venendosi a introdurre una nuova forma di giurisdizione speciale non

prevista e vietata dalla Costituzione », cosi si legge nella sentenza che

si riporta del T.A.R. Toscana) e priva di profili di discrezionalità

(« l'organo titolare del potere di autorizzazione deve controllare la

legittimità della richiesta verificando l'effettiva esistenza dei fatti

allegati e la loro corrispondenza con quelli previsti nelle varie ipotesi dell'art. 51 bis. Ove la verifica sia positiva, egli è tenuto senz'altro a

rilasciare l'autorizzazione », sempre dalla sent. T.A.R. n. 1405/84).

Il Foro Italiano — 1985 — Parte III-13.

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PARTE TERZA

potersi configurare un interesse giuridicamente tutelabile alla sua

conservazione.

Allo stesso modo, esso non potrebbe essere legittimato attiva

mente all'impugnativa dell'atto di rilascio dell'autorizzazione non

arrecando, questo, di per sé, svantaggio alcuno alla sua sfera

giuridica. Trattasi, infatti, in entrambi i casi (diniego o rilascio di

autorizzazione) di atti che impediscono o consentono una deter

minata attività di accertamento fiscale la quale, per sua natura, è

neutra e di carattere strumentale, potendo sfociare o meno in

successivi provvedimenti contro i quali, se lesivi, potrà, evidente

mente, essere proposta l'impugnativa. È innegabile, invece, che il diniego di autorizzazione incide

negativamente e immediatamente sull'interesse pubblico al corret

to e completo assolvimento degli obblighi tributari di cui è

titolare l'amministrazione finanziaria, impedendone l'attuazione, onde questa deve potersi avvalere del rimedio giurisdizionale.

Del resto, sono palesi le conseguente paralizzanti che si produr rebbero nell'azione dell'amministrazione finanziaria volta alla re

pressione dell'evasione fiscale, ove fosse consentito al soggetto interessato dall'accertamento di impugnare l'autorizzazione alla

deroga al segreto bancario (nei casi in cui questa sia stata

rilasciata dal presidente della commissione tributaria di primo

grado) o di opporsi, in veste di controinteressato (ammettendone la configurabilità) all'annullamento del diniego dell'autorizzazione

stessa. Né può sostenersi una disparità di trattamento rispetto all'amministrazione finanziaria ove si tengano presenti la diversa

posizione e il diverso e superiore interesse di cui questa è titolare.

Posto, infatti, che la concessione, in determinati casi, della

deroga al segreto bancario è finalizzata a rendere più efficace la lotta contro l'evasione fiscale conferendo, cosi, effettività all'obbli

go dei cittadini, costituzionalmente sancito, di concorrere alla

spesa pubblica, è evidente che l'amministrazione finanziaria è titolare del preminente interesse dello Stato a che tutti i cittadini

adempiano fedelmente il loro dovere di contribuenti, interesse per la cui più efficace tutela il legislatore ha ritenuto di prevedere ipotesi tassative di deroga al segreto bancario. Ed è in funzione di tale interesse che l'amministrazione è soggetto attivo (dotato del potere di iniziativa) dello speciale procedimento concernente la deroga onde, logicamente, deve poter contestare la legittimità dell'eventuale diniego di autorizzazione in quanto tale atto, pre cludendo la possibilità di esperire gli accertamenti di cui al n. 7 dell'art. 51 d.p.r. n. 633/72 e, quindi, l'ulteriore corso del

procedimento lede certamente e in via immediata l'interesse

pubblico di cui è portatrice pregiudicandone la realizzazione.

Rispetto al soggetto interessato dall'accertamento in sede banca

ria (o postale) l'autorizzazione di cui all'art. 51 bis d.p.r. n.

633/72 e, correlativamente, anche il diniego di autorizzazione,

costituiscono, peraltro, atti interni in relazione ai quali non sono

configurabili posizioni soggettive tutelabili attivamente o passiva mente (a seconda dei casi).

In ogni caso, tali atti, come si è visto, non producono, di per sé, riflessi negativi o positivi nella sfera giuridica del soggetto non

potendo ritenersi tali la sottoposizione ovvero la sottrazione dello stesso agli accertamenti previsti dall'art. 51, n. 7, d.p.r. 633/72, dal cui esito soltanto potranno, se mai, scaturire provvedimenti lesivi in relazione ai quali è assicurata la normale tutela giurisdi zionale. Posta, dunque, l'ammissibilità del ricorso, può passarsi all'esame del merito.

Il ricorso appare fondato. Invero, l'art. 51 bis d.p.r. 26 ottobre

1972 n. 633 (introdotto dall'art. 5 d.p.r. 5 luglio 1982 n. 463) preve de cinque ipotesi tassative di deroga al segreto bancario, verifican

dosi le quali gli uffici i.v.a. possono richiedere alle aziende e istituti

di credito e all'amministrazione postale i documenti, i dati e le no

tizie indicati al n. 7 del precedente art. 51, su conforme parere

dell'ispettorato compartimentale delle tasse e imposte indirette

sugli affari, previa autorizzazione del presidente della commissione

tributaria di primo grado territorialmente competente e possono,

altresì, accedere nei predetti uffici bancari e postali su autorizza

zione dell'ispettore compartimentale.

Il tratto unificante delle varie ipotesi è costituito dal fatto che

esse si fondano tutte su elementi oggettivi la cui presenza è

sufficiente per legittimare la presunzione di evasione consentendo

agli uffici i.v.a. di avvalersi, ove Io ritengano necessario e nei

modi e nelle forme stabiliti, della deroga al segreto bancario.

In altri termini, la norma non richiede alcuna indagine sul

comportamento pregresso o sui precedenti del contribuente da cui

possa desumersi la sua intenzione di evadere il tributo o,

quantomeno, la sua propensione all'evasione. Essa, realisticamente

e logicamente, àncora la possibilità di eseguire accertamenti

bancari al mero riscontro di determinati fatti (volume degli affari

superiore a determinati limiti e connesso all'inosservanza di

adempimenti formali, emissione o utilizzazione di fatture per

operazioni inesitenti, ecc.) sintomatici di presunta evasione e che,

perciò, giustificano il ricorso a uno strumento delicato qual è,

appunto, la deroga al segreto bancario.

D'altra parte è chiaro che ove dovesse aversi riguardo ad

elementi soggettivi (volontà del contribuente) la norma, a prescin dere dalla difficoltà di effettuare indagini in tal senso, sarebbe di

difficile applicazione con conseguente grave pregiudizio della lotta

all'evasione fiscale, la cui necessità nessuno, che creda nella

libertà, nella democrazia, nei principi espressi nella Costituzione,

può, fondatamente, contestare.

Verificandosi, dunque, i fatti indicati nell'art. 51 bis, l'ufficio

i.V.a. può, in base alla sua valutazione discrezionale e allegando la semplice sussistenza dei fatti stessi, chiedere la deroga al

segreto bancario. Correlativamente, l'organo titolare del potere di

autorizzazione deve controllare la legittimità della richiesta verifi

cando l'effettiva esistenza dei fatti allegati e la loro corrisponden za con quelli previsti nelle varie ipotesi dell'art. 51 bis. Ove la

verifica sia positiva, egli è tenuto, senz'altro a rilasciare l'auto

rizzazione.

Nella fattispecie viene in rilievo la prima ipotesi di deroga al

segreto bancario, prevista dalla lettera a) dell'art. 51 bis, la quale ricorre « quando il contribuente non ha presentato la dichiara zione di cui all'art. 28 e l'ufficio è in possesso di elementi dai

quali risulta che nell'anno di competenza ha effettuato operazioni

imponibili, non imponibili, non soggette o esenti da imposta per corrispettivi superiori a lire cento milioni ».

Da un lato, infatti, la ditta (in relazione alla quale è stata chiesta e negata la deroga al segreto bancario) ha presentato la

prescritta dichiarazione con ritardo superiore a trenta giorni onde la stessa deve ritenersi omessa a tutti gli effetti, ai sensi dell'ult. comma dell'art. 37 d.p.r. n. 633/72 e successive modificazioni: con ciò è, evidentemente, soddisfatta la prima condizione richiesta dall'art. 51, lett. a), del predetto d.p.r.

Dall'altro lato, risulta dalla stessa dichiarazione che la ditta in

questione ha compiuto, nell'anno 1982, operazioni per corrispettivi superiori a lire cento milioni, onde deve ritenersi verificata anche la seconda condizione.

Ritiene, al riguardo, il collegio che la dichiarazione, anche se deve considerarsi omessa, costituisce pur sempre, in forza del

principio factum infectum fieri nequit, un elemento oggettivo in

possesso dell'ufficio (costituente anche titolo per la riscossione dell'eventuale imposta) legittimamente utilizzabile per determinare il volume degli affari compiuti dal contribuente nell'anno di

competenza, senza bisogno di ricorrere a ulteriori elementi.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, risulta evidente

l'illegittimità del diniego impugnato. Esso, infatti, si basa essen zialmente sulla opinione che non è riscontrabile nella fattispecie quel « comportamento sintomatico di grande evasione » che solo

può giustificare la deroga al segreto bancario. Anzi, la stessa

presentazione della dichiarazione dimostra che la ditta, non aveva alcuna intenzione di sottrarre i propri affari alla tassazione i.v.a., come è confermato anche dai « precedenti fiscali del tutto modesti e comunque tali da non far ritenere che la ditta possa essere considerata evasore abituale ».

A parte l'ovvia considerazione che, stando cosi le cose, la ditta non ha nulla da temere da un accertamento in sede bancaria, osserva il collegio che quelle espresse nel diniego sono, palese mente, valutazioni di merito non richieste e non consentite dalla norma la quale, proprio per arginare l'incivile fenomeno dell'eva sione fiscale, ha previsto casi tassativi in cui è possibile ottenere la deroga al segreto bancario senza alcun riferimento alla volontà di evasione desumibile dal comportamente del contribuente, confe rendo al presidente della commissione tributaria di primo grado territorialmente competente il relativo potere autorizzatorio la cui esplicazione avviene sulla base di un controllo di mera legittimità, come dianzi precisato.

Del resto, è facile rilevare che, seguendo la ratio del provvedi mento impugnato, la richiesta di documenti, dati e notizie agli istituti di credito e alle amministrazioni postali, la quale è finalizzata chiaramente all'accertamento di un'evasione presunta, dovrebbe avere come presupposto un comportamento del contri buente (evidentemente da accertare) che faccia fondatamente ipotizzare che sia stata commessa o sia in atto una grave evasione fiscale rispetto alla quale gli accertamenti bancari avrebbero valore di semplice conferma. A giudizio del collegio, siffatta inversione procedimentale, non condivisibile sul piano della logica e della razionalità, si pone in insanabile contrasto con il più volte

Il Foro Italiano — 1985.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

citato art. 51 bis il quale, sostanzialmente, non fa altro che

individuare, attraverso la previsione delle cinque ipotesi tassative di deroga al segreto bancario, una serie di indici oggettivi costituenti presunzioni legali di evasione in considerazione dei

quali gli uffici i.v.a. hanno il potere di verificare, seguendo determinati schemi procedimentali, la corrispondenza di tali pre sunzioni con la realtà.

Né può il contenuto dei lavori preparatori (in particolare la

relazione ministeriale), cui si richiama l'atto di diniego, mutare il

significato risultante da una corretta interpretazione funzionale

della disposizione quale risulta dal testo e dalla ratio legis, posto che — come è stato esattamente rilevato dalla giurisprudenza amministrativa — le opinioni espresse in sede parlamentare, risultanti, appunto, dai verbali delle commissioni legislative e delle

discussioni parlamentari, dalle relazioni sui progetti di legge, sono

utilizzabili a fini interpretativi soltanto nel caso in cui la formula

normativa lasci adito a dubbi e perplessità (ciò che non ricorre

nel caso di specie) e sempre che consentano una interpretazione

compatibile con la stessa (cfr., Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre

1981, n. 1062, Foro it., Rep. 1982, voce Legge, n. 44).

Quanto, poi, all'ulteriore profilo della motivazione del provve dimento impugnato secondo cui non sembra coerente con il

contenuto della norma il fatto di avere utilizzato la dichiarazione

tardiva per stabilire l'ammontare delle operazioni, è sufficiente

richiamare le argomentazioni svolte aggiungendo che se alla

dichiarazione può farsi riferimento per evidenziare il compor tamento del contribuente, a maggior ragione la stessa può costi

tuire «elemento in possesso dell'ufficio» ai sensi dell'art. 51 bis, lett. a), d.p.r. n. 633/72.

Pertanto, il ricorso deve trovare accoglimento in ordine alle

proposte censure di violazione di legge ed eccesso di potere,

potendosi assorbire ogni altra questione non espressamente trat

tata.

Va, conseguentemente, annullato il diniego impugnato e dichia

rato l'obbligo del presidente della commissione tributaria di I

grado di Grosseto di rilasciare la richiesta autorizzazione.

(Omissis)

II

Fatto e diritto. — L'ufficio i.v.a. di Grosseto con nota n. 6049

del 24 settembre 1983 su conforme parere dell'ispettorato compar timentale delle tasse e delle imposte dirette sugli affari di Firenze

(nota 21048/388 i.v.a. del 22 settembre 1983), chiedeva al presi dente della commissione tributaria di primo grado, territorialmente

competente, l'autorizzazione alla deroga del segreto bancario ai

sensi dell'art. 51 bis d.p.r. n. 633/72 nei confronti della ditta

Pericci Alvaro con sede in Grosseto via Oberdan 17. Quest'ulti

ma, infatti, aveva presentato tardivamente la dichiarazione di cui

all'art. 28 d.p.r. 633 citato relativa all'anno 1982.

Il presidente della commissione tributaria di primo grado di

Grosseto, con provvedimento n. 3042 del 22 ottobre 1983, ha

negato l'autorizzazione richiesta.

Giova, ora, rilevare preliminarmente che lo stesso ricorrente ha

manifestato perplessità in ordine alla natura amministrativa o

giurisdizionale dell'atto impugnato, tanto che ha contemporanea

mente adito sia il T.A.R. Toscana che il presidente della commis

sione tributaria di secondo grado. In effetti, non si rinviene alcuna norma, nell'attuale ordina

mento tributario, che tratti del regime di impugnazione del

provvedimento adottato (in senso positivo o negativo) dal presi

dente della commissione tributaria di primo grado a mente

dell'art. 51 bis d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633. Ciò nonostante,

l'amministrazione ricorrente ha ritenuto di poter proporre impu

gnazione a questo organo giurisdizionale, trascurando però di

motivare l'assunta natura giurisdizionale dell'atto previsto dal

citato art. 5 bis e la stessa impugnabilità dell'atto.

Tanto premesso, si ritiene che il proposto ricorso sia inammis

sibile per un duplice ordine di motivi.

1) Il provvedimento autorizzatorio in questione si inserisce con

funzioni di controllo e garanzia nel procedimento amministrativo

previsto dal legislatore per l'accertamento, da parte dell'ufficio

i.v.a., di quelle evasioni d'imposta che abbiano un certo rilievo.

Ciò è sufficiente a rivelare la natura non giurisdizionale dell'atto

(come affermato anche in dottrina).

È appena il caso di ricordare che secondo la costante giuri

sprudenza e la unanime dottrina la qualità di organo giurisdizio

nale dell'autorità dalla quale l'atto promana non è sufficente a far

definire come « giurisdizionale » l'atto medesimo, avendo al riguar

do decisivo rilievo la funzione (autorizzativa di un atto ammini

strativo, nella specie esercitata) ed i fini che con l'attività si

intende conseguire (nel caso in esame il fine è palesemente costituito dal controllo immediato dell'esistenza, consistenza e

congruenza probatoria degli elementi che rendono ammissibile la

deroga al segreto bancario, salvo sempre il ben diverso controllo

sulla attività della p.a. esperibile una volta esaurito il procedimen to di accertamento in sede giurisdizionale).

2) Comunque si risolva il problema della natura del provvedi mento, anche a voler considerare atto giurisdizionale il provvedi mento autorizzatorio in questione, si tratta sempre di provvedi mento ordinatorio emesso nell'ambito del procedimento di accer

tamento dell'i.v.a.: esso quindi manca di natura decisoria (que st'ultima è indefettibile presupposto di ogni impugnazione) ed è

destinato a produrre i suoi effetti giuridici nell'ambito di quel

procedimento. In senso analogo si è espressa la Suprema corte (Cass. 9

dicembre 1983, n. 1866, Foro it., Mass., 1984, 369) in tema di dero

ga al segreto bancario nel procedimento ex art. 35 d.p.r. n. 600/73,

riguardante l'accertamento dell'imposta personale. Si deve, pertanto, concludere che — secondo il vigente ordina

mento — nel procedimento di accertamento dell'imposta in discus

sione non trova collocazione alcuna l'immediata e distinta impu

gnazione, avanti alla commissione tributaria di secondo grado od

al suo presidente, del provvedimento emesso dal presidente della

commissione di primo grado nell'istanza di autorizzazione alla

deroga del segreto bancario.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM

BARDIA; sezione i; sentenza 9 maggio 1984, n. 445; Pres.

Vaiano, Est. Giambartolomei; Soc. Ecomet (Avv. Sardo, Gre

co) c. Sindaco di Brugherio (Avv. Pucci).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOM

BARDIA; sezione I; sentenza 9 maggio 1984, n. 445; Pres.

Sanità pubblica — Inquinamento atmosferico — Ordinanza sinda

cale contingibile e urgente — Illegittimità — Fattispecie (R.d. 4

febbraio 1915 n. 148, t.u. della legge comunale e provinciale, art. 152, 153; r.d. 27 luglio 1934 n. 1265, t.u. delle leggi

sanitarie, art. 216, 217; 1. 13 luglio 1966 n. 615, provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico, art. 5, 20; d.p.r. 15 aprile 1971 n. 322, regolamento per l'esecuzione della 1. 13 luglio 1966 n. 615, recante provvedimenti contro l'inquinamento at

mosferico, limitatamente al settore delle industrie, art. 6, 7;

d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui

all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 102; 1. 23 dicembre 1978

n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 13, 32).

È illegittima per difetto dei suoi presupposti, anche se non viziata

per incompetenza, l'ordinanza contingibile e urgente che il

sindaco abbia emesso a tutela della pubblica salute, minacciata

dall'inquinamento atmosferico prodotto da uno stabilimento in

dustriale, sulla base di accertamenti ormai risalenti nel tempo, invece di esercitare i suoi poteri di vigilanza e di provocare il

provvedimento di chiusura dello stabilimento stesso da parte della giunta regionale. (1)

(1) La sentenza è riportata in Foro it., 1985, III, 66, con nota di richiami di R. Ferrara; ne riproduciamo la massima per pubblicare le osservazioni di P. Giampietro in merito al decreto del presidente del

consiglio dei ministri del 28 marzo 1983.

* * *

I limiti relativi agli inquinanti dell'aria nell'ambiente esterno,

(note minime al decreto del presidente del consiglio dei mini

stri 28 marzo 1983).

La prospettiva teorica, ampiamente condivisa anche dalla giurispru denza, in ordine al concorso fra la normativa sanitaria e la legislazio ne ambientale, secondo il meccanismo escogitato dall'art. 4, ult. comma, 1. n. 833/78 (1), ha avuto una soluzione di diritto positivo con ii

(1) È espressione dell'orientamento giurisprudenziale favorevole al concorso di tali distinti filoni legislativi, la sentenza del T.A.R. Lombardia 9 maggio 1984 n. 445, in epigrafe, la quale afferma, esplicitamente, nel terzo passo della parte motiva che la 1. n. 615/66 (ricompresa nelle c.d. leggi antinquinamento) « non ha sostituito in toto... le leggi sanitarie generali », con implicito riferimento al t.u. delle leggi sanitarie n. 1265/34.

È appena il caso di aggiungere, sul punto (cfr. anche le osservazioni

Il Foro Italiano — 1985.

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