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sentenza 13 giugno 1983, n. 161 (Gazzetta ufficiale 22 giugno 1983, n. 170); Pres. De Stefano, Rel....

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sentenza 13 giugno 1983, n. 161 (Gazzetta ufficiale 22 giugno 1983, n. 170); Pres. De Stefano, Rel. Gallo; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato La Porta) c. Regione Friuli-Venezia Giulia (Avv. Pacia) Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 6 (GIUGNO 1984), pp. 1477/1478-1479/1480 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23176105 . Accessed: 28/06/2014 09:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.33 on Sat, 28 Jun 2014 09:45:24 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 13 giugno 1983, n. 161 (Gazzetta ufficiale 22 giugno 1983, n. 170); Pres. De Stefano, Rel. Gallo; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato La Porta) c. Regione Friuli-Venezia

sentenza 13 giugno 1983, n. 161 (Gazzetta ufficiale 22 giugno 1983, n. 170); Pres. De Stefano,Rel. Gallo; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato La Porta) c. Regione Friuli-Venezia Giulia (Avv.Pacia)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 6 (GIUGNO 1984), pp. 1477/1478-1479/1480Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176105 .

Accessed: 28/06/2014 09:45

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

regionale, in tema di autonomia finanziaria, contabile e patrimo

niale, della regione Trentino-Alto Adige (art. 3, 23, 81 e 97 Cost,

e 4, 5, 16, 69 ss. dello statuto speciale Trentino-Alto Adige). Con il primo di detti decreti il ministro, richiamandosi all'art.

40 1. 30 marzo 1981 n. 119, ha disposto che gli enti pubblici di

cui agli art. 25 e 31 1. 5 agosto 1978 n. 468 (tra i quali le regioni

a statuto ordinario e speciale), nonché le province e i comuni

con popolazione superiore a ottomila abitanti e con bilancio di

entrata superiore a un miliardo di lire, non possano mantenere

disponibilità depositate a qualunque titolo presso le aziende di

credito, di cui all'art. 5 r.d.l. 12 marzo 1936 n. 375, per un

importo superiore al 12 per cento dell'ammontare delle entrate

previste dal bilancio di competenza degli enti medesimi. Ha

conseguentemente dettato tutta una serie di norme che disciplina

no gli obblighi di informazione posti a carico degli enti predetti in favore delle aziende di credito; i modi di afflusso delle

disponibilità degli enti stessi in contabilità speciali istituite presso

le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato; la sottoposizione

delle relative contabilità alle norme del r.d.l. 23 maggio 1924 n.

827; il riconoscimento a favore di tali contabilità di un interesse

annuo posticipato del 5 %; l'afflusso in dette contabilità di tutte

le assegnazioni, i contributi e quant'altro proveniente dal bilancio

dello Stato, fatta eccezione per i fondi di cui all'art. 38 dello

statuto della regione siciliana, nonché quelli destinati alle regioni

a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano.

Con il secondo decreto (5 maggio 1982) lo stesso ministro,

richiamandosi questa volta all'art. 35, 1° comma, 1. n. 119/81, ha

stabilito che le unità sanitarie locali, di cui all'art. 14 1. 25

dicembre 1978 n. 833, devono affidare la gestione del proprio

servizio di tesoreria a determinate istituzioni creditizie che ven

gono tassativamente indicate.

Nel ricorso la regione prospetta quattro motivi di conflitto: 1)

violazione da parte del d.m. 11 aprile 1981 e dell'art. 40 1. n.

119/81, della competenza legislativa secondaria in tema di ordi

namento dei comuni (art. 5, n. 1, dello statuto Trentino-Alto Adige,

art. 81 Cost, e art. 16 dello statuto Trentino-Alto Adige). 2)

Violazione, da parte dello stesso d.m. 11 aprile 1981 e dell'art. 40

1. n. 119/81, dell'autonomia contabile e finanziaria della regione

(art. 69 ss. dello statuto Trentino-Alto Adige), e dell'autonomia pa

trimoniale dell'ente. Disparità di trattamento e irragionevolezza del

la disciplina (art. 3 e 97 Cost.). 3) Violazione, da parte del d.m. pre

detto e del citato art. 40 1. n. 119/81, degli art. 23 Cost, e 16

dello statuto Trentino-Alto Adige, sempre in tema di autonomia

contabile, finanziaria e patrimoniale della regione. 4) Violazione,

da parte del d.m. 20 maggio 1981 e dell'art. 35 1. n. 119/81,

dell'art. 4, n. 7, e dell'art. 16 dello statuto Trentino-Alto Adige in

relazione all'art. 6 bis d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, cosi come

modificato dalla 1. 29 febbraio n. 33, e dell'art. 2 d.p.r. 28 marzo

1975 n. 474.

2. - Il ricorso, tuttavia, è inammissibile per non essere stato

notificato al presidente del consiglio dei ministri, bensì al mini

stro del tesoro.

Questa corte ha più volte affermato che i conflitti di attribu

zione tra lo Stato e regioni « devono svolgersi esclusivamente nel

contraddittorio del presidente del consiglio dei ministri, da un

lato, e del presidente della regione, dall'altro, di qualunque auto

rità dello Stato o della regione sia l'atto dal quale il conflitto deri

va » (sent. n. 6/57, Foro it., 1957, I, 195), disponendo in tal senso

gli art. 39 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 27 delle norme integrative 16

marzo 1956.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissibile

il conflitto di attribuzione promosso con il ricorso in epigrafe indicato dalla regione Trentino-Alto Adige.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 13 giugno 1983, n. 161

(Gazzetta ufficiale 22 giugno 1983, n. 170); Pres. De Stefano,

Rei. Gallo; Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato La Porta)

c. Regione Friuli-Venezia Giulia (Avv. Pacia).

Friuli-Venezia Giulia — Delega di attività extraistituzionale ad

amministratori locali — Corresponsione di indennità « una tan

tum » — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 97;

statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia, art. 5).

È infondata la questione di legittimità costituzionale della

l. reg. Friuli-Venezia Giulia 23 luglio 1980 e riapprovata

il 16 settembre 1980, recante norme per la corresponsione

di una indennità una tantum ad amministratori locali del

le zone terremotate per attività extraistituzionale svolta per

conto dell'amministrazione regionale, in riferimento all'art. 97

Cost., nonché agli art. 5, n. 4, dello statuto speciale per il

Friuli-Venezia Giulia e 4 d.p.r. 26 giugno 1965 n. 960. (1)

Diritto. — Il ricorso non è fondato.

La 1. reg. 16 settembre 1980 n. 98 bis avverte già nell'inti

tolizzazione della rubrica, e precisa poi all'art. 1, che si

tratta di indennità una tantum corrisposta a taluni sindaci,

presidenti di provincia, e presidenti di comunità montane e

collinari per « attività extra istituzionale » svolta dai predetti « quali funzionari delegati ■all'attuazione degli speciali e straordi

nari compiti di cui alle leggi regionali in materia di ricostruzione

delle zone colpite dagli eventi sismici del 1976 ».

Basterebbe già questo a rendere evidente che si tratta di

attività non confondibili con quelle « istituzionali » relative alla

cura degli interessi collettivi, sia pure concernenti la stessa opera di ricostruzione, che i detti amministratori hanno svolto nell'am

bito e nell'esclusivo interesse dell'ente cui sono preposti: attività

cui appunto fanno non meno esplicito riferimento la 1. reg.

originaria 13 luglio 1976 n. 31 e le successive proroghe, fino alla

1. reg. 18 agosto 1980 n. 36, che hanno concesso ai predetti un'indennità mensile straordinaria fino al 31 dicembre 1981.

Né la situazione muta quando si assuma in specifica considera

zione l'aspetto relativo al rapporto di delega di funzione da

regione ad ente locale.

È ben vero, infatti, che l'art. 11 dello statuto regionale prevede, com'è ovvio, la delegazione a province e comuni di funzioni

amministrative come espressione del normale esercizio delle fun

zioni regionali. Ma è evidente che si tratta delle ordinarie

funzioni istituzionali, che le regioni hanno appunto il potere di

delegare agli enti territoriali della propria circoscrizione.

La delega, invece, di cui si parla nell'art. 1 della legge

impugnata, è di ben altra natura. Essa intanto non si riferisce

agli enti, come quella dell'art. 11 ora citato, bensì alle persone

preposte a quelli e ad altri enti territoriali, e ad attività — come

si è detto — « extra-istituzionali », che gli stessi svolgono « per conto dell'amministrazione regionale quali funzionari delegati al

l'attuazione degli speciali e straordinari compiti di cui alle leggi

regionali in materia di ricostruzione delle zone colpite dagli eventi sismici del 1976 ».

Quali fossero in concreto siffatte speciali e straordinarie atti

vità extra-istituzionali che la regione, già prima, ma particolar mente dopo la 1. statale 8 agosto 1977 n. 546, delegava ai

singoli funzionari preposti a quegli enti, risulta dalle dispo sizioni legislative richiamate sia nell'atto di costituzione del

la regione che nella successiva memoria difensiva. Si tratta di

un servizio singolare di funzionario delegato quale « ordinatore

secondario di spesa »: servizio che l'amministrazione regionale dovrebbe svolgere direttamente a mezzo di propri « agenti conta

bili » o di propri « funzionari delegati » ai sensi degli art. 56 s. r.d.

18 novembre 1923 n. 2440, ma che eccezionalmente il legislatore

regionale ha consentito di attribuire anche a funzionari estranei

(1) Sulla peculiare figura di delegazione esaminata nella sentenza

sopra riportata (delega ad personam della funzione extraistituzionale di ordinatore secondario di spesa) non esistono specifici precedenti.

Per qualche riferimento, Corte cost. 5 luglio 1973 n. 112, Foro it., 1973, I, 2694, con nota di richiami, nella quale venne affermata

l'esigenza di una parità di disciplina, per quel che attiene allo svolgimento delle medesime funzioni, tra impiegati dell'ente cui la funzione appartiene ed impiegati che operano in posizione di « codi

pendenza » presso altro ente (nella specie, la regione siciliana). In dottrina, sul tema delle deleghe regionali agli enti locali, Roversi

Monaco, La delegazione amministrativa nel quadro dell'ordinamento

regionale, 1970; Orsi Battagline Le autonomie locali nell'ordinamen to regionale, 1974; Santini, Cammelli, Barbera, in Regione e

governo locale, 1980, n. 1, 21.

Sull'interpretazione e applicazione dell'art. 97 Cost, nella giurispru denza costituzionale in tema di pubblico impiego regionale, sent. 30

gennaio 1980, n. 10, Foro it., 1980, I, 597, con nota di richiami, commentata da Anzon e da Bartole, in Giur. costit., 1980, I, 70 e da

Pastori, in Le regioni, 1980, 453, la quale affronta diversi problemi relativi all'inquadramento nei ruoli organici delle regioni Lazio e

Campania del personale trasferito dallo Stato. In dottrina, Andreani, Il principio costituzionale del buon andamen

to della p.a., 1979; Correale, Regime di quiescenza del personale e

buon andamento nell'amministrazione, in Giur. costit., 1981, I, 1276; Mor, Alt ai rinvii fondati sui richiami di comodo all'art. 97 Cost., in

Le regioni, 1983, 1211 (nota alla sentenza qui riportata). Sulla natura e sulle funzioni dei commissari straordinari per gli enti

locali, Corte cost. 19 dicembre 1973, n. 178, Foro it., 1974, I, 1298, con nota di G. Volpe; sui controlli atipici dopo l'attuazione dell'art.

130 Cost., Corte cost. 24 luglio 1981, n. 149, id., 1982, I, 16; e 30

luglio 1981, n. 161, ibid., 15, con nota di richiami e osservazioni di G.

Volpe, commentate rispettivamente da G. Volpe, e V. Onida, in Le

regioni, 1981, 1274 e 1299.

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1479 PARTE PRIMA 1480

all'organizzazione regionale. La possibilità di tale deroga, infatti, è prevista dalla lett. h dell'art. 1 1. statale 8 agosto 1977 n. 546, dove è sancito che « con legge regionale saranno anche determi nate le modalità degli interventi e delle iniziative, nonché le

procedure relative, anche in deroga alle norme vigenti, ivi com

prese quelle sulla contabilità generale dello Stato ».

Ebbene, le dette delegazioni agli ordinatori secondari di spesa sono state effettuate mediante aperture di credito a loro nome (e non dunque degli enti), sulla base di particolari leggi regionali via via emanate, e gli ordinatori sono tenuti a risponderne perso nalmente e a rendere il conto direttamente alla regione.

In proposito, sono state richiamate le 1. reg. 7 giugno 1976 n.

17, 26 luglio 1976 n. 34, 14 agosto 1976 n. 38, 30 agosto 1976 n.

49, 20 giugno 1977 n. 30, 23 dicembre 1977 n. 63, le quali rispettivamente agli art. 11, 4 e 8, 5, 7, 14 e 16, 79, dispongono aperture di credito a favore dei sindaci, presidenti di amministra zioni provinciali o di comunità montane o collinari, allo scopo di

finanziare lavori di ricostruzione e di restauro, o per risanamento

di zone, o acquisti di aule, mobili, ecc.

Non si tratta, dunque, di duplicazione dell'indennità di cui alla

1. reg. 31/76 ss.

2. - Rileva, tuttavia, altresì l'avvocatura che queste ultime leggi

regionali hanno elargito un emolumento a compenso di compiti svolti « a tempo pieno » il quale, non essendo evidentemente

ulteriormente dilatabile, postula la ricomprensione nel suo ambito

di ogni altra attività conferita a detti amministratori. Tant'è vero, si soggiunge, che le ulteriori disposizioni contenute nella 1. reg. 18 agosto 1980 n. 36, che detta la nuova disciplina dell'indennità

straordinaria, esplicitamente prescrivono la non eumulabilità della

predetta con qualsiasi altra indennità, proprio perché corrispetti vo di un incarico a tempo pieno.

Il rilievo è penetrante ma non puntuale. A parte, infatti, la considerazione che esso sarebbe esclusiva

mente riferibile agli amministratori che lo hanno avuto conferito, l'ovvia indilatabilità del cosiddetto « tempo pieno » presuppone il

confronto con attività omogenee su di un piano quantitativo. Ma,

quando si tratti di attività qualitativamente diverse, non sussiste

incompatibilità con l'espletamento di quelle a tempo pieno. La

riprova si ha in una più attenta lettura proprio dell'art. 2, 2°

comma, dell'invocata 1. reg. 18 agosto 1980 n. 36, il quale effettivamente divieta la eumulabilità dell'indennità straordinaria

con qualsiasi altra indennità, ma sempreché si tratti di « indenni

tà previste per l'assolvimento di incarichi presso lo stesso ente o

presso enti, comunità, aziende, consorzi cui partecipi l'ente di

appartenenza ». S'è visto, invece, che si tratta di incarichi extrai

stituzionali di « ordinatori secondari di spesa », conferiti dalla

regione nell'ambito di attività sue proprie, di norma riferibili

all'area della sua stessa organizzazione.

Non esiste, pertanto, contrasto della legge impugnata con l'art.

97 Cost.

3. - Col secondo motivo, il governo ha investito anche l'art. 3

della legge in esame, in quanto estende i benefici di cui sinora si

è detto ai commissari nominati a seguito di scioglimento dei

consigli comunali o provinciali.

Secondo il ricorso, la norma contrasta con l'art. 4 d.p.r. 26

giugno 1965 n. 960 che riserva allo Stato i provvedimenti concernenti la sospensione e lo scioglimento dei consigli comunali

e provinciali, nonché la sospensione, rimozione e revoca dei

sindaci.

Sostiene, infatti, l'avvocatura che i commissari, ancorché organi straordinari dell'ente locale, desumono la loro investitura da un

atto statuale, che ne determina altresì lo status e la connessa

sfera di doveri e di diritti, anche in ordine al trattamento

economico.

Ma l'assunto non è accoglibile. Trattandosi, come la stessa avvocatura riconosce, dell'ipotesi di

sostituzione totale, e non ad acta, il commissario è sicuramente

organo dell'ente presso il quale viene inviato, benché di nomina

statale, per cui non sembra plausibile l'illazione che se ne vuole trarre. In nessun modo, infatti, interferisce nei poteri riservati allo Stato il riconoscimento da parte della regione di un compen so al commissario, per un'attività extra-istituzionale che egli presta per delega, quale ordinatore secondario di spesa, nell'esclu sivo interesse della regione ed in relazione ad attività di perti nenza dell'organizzazione amministrativa di questa. Se il commis sario può essere delegato, cosi come il sindaco, sembra anzi

giusto che l'onere di quell'attività ricada sull'ente nel cui interesse viene prestata: cosi come, del resto, ricadono sul comune o sulla

provincia le spese per l'indennità dovute al commissario e alla commissione straordinaria (art. 255 t.u. 1934).

È da escludere, pertanto, che la legge impugnata comporti, nel

suo art. 4, la dedotta violazione da parte della regione della riserva a favore dello Stato.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della 1. reg. Friuli-Vene zia Giulia 16 settembre 1980 impugnata con ricorso 1° ottobre 1980 dal presidente del consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 9 Cost., nonché agli art. 5, n. 4, statuto speciale della

regione Friuli-Venezia Giulia e 4 d.p.r. 26 giugno 1965 n. 960.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 12 giu

gno 1984, n. 3477; Pres. Mazzacane, Est. Corda, P.M. Fabi

(conci, conf.); A.n.a.s. (Avv. dello Stato Linguiti) c. Coscia

e Palladino (Avv. Acone). Conferma App. Napoli 6 aprile 1981.

Giurisdizione civile — Espropriazione per pubblico interesse —

Occupazione illegittima — Azione risarcitoria — Dichiarazione

di pubblica utilità — Scadenza dei termini per l'esecuzione dei

lavori — Successivo decreto di esproprio — Disapplicazione del

giudice ordinario — Estremi (L. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, art. 5; 1. 25 giugno 1865 n. 2359, sulle espropriazioni per causa di pubblica utilità, art. 13, 16).

Il giudice ordinario, investito della domanda di risarcimento danni

da occupazione illegittima, può disapplicare, siccome affetto da

illegittimità originaria, il decreto di esproprio emanato dopo la

scadenza dei termini per l'esecuzione dei lavori, e perciò impli cante la inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, in base

a « nuovo » provvedimento inidoneo a prorogarli perché già sca

duti e insuscettibile di equiparazione a ulteriore dichiarazione

di pubblica utilità in quanto privo dell'autonoma prefissione di

quei termini. (1)

Motivi della decisione. — Con il primo motivo (denunciando, ai

sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c, la violazione e falsa applicazione

degli art. 2, 3, 4 e 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, nonché

dell'art. 2 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, in relazione all'art. 1 c.p.c.) la ricorrente censura la sentenza nel punto in cui — per farne

discendere la (ritenuta) illegittimità del decreto di espropriazione intervenuto in corso di causa, in quanto emesso dopo scaduta

l'efficacia della dichiarazione di pubblica utilità e sulla base di un « nuovo » provvedimento che, però non poteva prorogare un

termine già scaduto — ha affermato che quel « nuovo » provve dimento non poteva avere valore di (nuova) dichiarazione di

pubblica utilità, poiché non si era « provveduto alla rinnovazione della procedura, cosi come espressamente previsto dal 3° comma

degli art. 13 e 16 1. 2359 del 1865 ». Da tale proposizione, sostiene la ricorrente, si evincerebbe che

gli appellanti avevano dedotto non tanto la carenza del potere espropriativo come vizio di legittimità del decreto di espropria zione (giacché non si era lamentata l'inesistenza del presupposto di astratta attribuzione di tale potere), quanto un semplice vizio del provvedimento (cioè del decreto di espropriazione), sia per l'illegittimità dell'atto presupposto (cioè del provvedimento dichia rativo della pubblica utilità), in quanto emesso senza l'osservanza delle forme prescritte dalla legge, sia per non essere stato il detto

provvedimento ablatorio preceduto dagli atti procedimentali pre visti dall'art. 16 della legge fondamentale sulle esproriazioni. Si

era, cioè, denunciato un « cattivo esercizio del potere »; di modo

che, essendo l'atto in questione idoneo a comprimere il diritto

soggettivo di proprietà, l'eventuale illegittimità (del decreto di

espropriazione) avrebbe inciso su una posizione di diritto affievo

lito, ossia di interesse legittimo, tutelabile davanti al giudice amministrativo. Il giudice ordinario, quindi, sarebbe stato carente di giurisdizione.

La censura è infondata. Gli attori Palladino e Coscia avevano

proposto una domanda di risarcimento dei danni per la illegitti ma occupazione; e tale domanda, incontestabilmente, doveva essere rivolta al giudice ordinario. Intervenuta, poi, in corso di

(1) Sulla disapplicazione degli atti amministrativi ex art. 5 1. n. 2248, ali. E, del 1865, Cass. 9 novembre 1983, n. 6622, Foro it., 1984, I, 1340, con osservazioni di C. M. Barone; adde, con riferimento alla co gnizione incidentale della Corte dei conti, giudice delle pensioni, sui provvedimenti relativi al servizio e al trattamento economico dell'im piegato, Cass. 10 gennaio 1984, n. 168 e 7 dicembre 1983, n. 7293, ibid., 1304, con ulteriori indicazioni.

Sulla incidenza della scadenza dei termini di efficacia della dichiara zione di pubblica utilità sul potere del giudice ordinario di dichiarare la illegittimità del decreto di esproprio nel frattempo emanato, in motivazione sez. un. 8 settembre 1983, n. 5516 {est. Corda), ibid., 492, con nota di richiami.

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