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sentenza 13 giugno 1995, n. 237 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 giugno 1995, n. 26); Pres....

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sentenza 13 giugno 1995, n. 237 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 21 giugno 1995, n. 26); Pres. Baldassarre, Est. Santosuosso; Guglieri c. Fall. soc. G.F.P.; Stilli c. Conservatore dei registri immobiliari di Pinerolo. Ord. Trib. Milano 6 ottobre 1994 e Trib. Pinerolo 14 ottobre 1994 (G.U., 1 a s.s., n. 1 del 1995) Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 12 (DICEMBRE 1995), pp. 3403/3404-3407/3408 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190676 . Accessed: 25/06/2014 09:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.106 on Wed, 25 Jun 2014 09:42:15 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 13 giugno 1995, n. 237 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 giugno 1995, n. 26); Pres. Baldassarre, Est. Santosuosso; Guglieri c. Fall. soc. G.F.P.; Stilli c. Conservatore

sentenza 13 giugno 1995, n. 237 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 21 giugno 1995, n. 26);Pres. Baldassarre, Est. Santosuosso; Guglieri c. Fall. soc. G.F.P.; Stilli c. Conservatore deiregistri immobiliari di Pinerolo. Ord. Trib. Milano 6 ottobre 1994 e Trib. Pinerolo 14 ottobre1994 (G.U., 1 a s.s., n. 1 del 1995)Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 12 (DICEMBRE 1995), pp. 3403/3404-3407/3408Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190676 .

Accessed: 25/06/2014 09:42

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3403 PARTE PRIMA 3404

non ritenersi vincolato da un preciso quadro normativo conte

nente regole di generale applicazione. 4. - Non cosi, invece, per il riconoscimento del servizio ai

fini della carriera, riguardo al quale la delega introduce due

determinanti distinzioni, precisando che il riconoscimento è even

tuale ed effettuato in analogia con le norme generali sul pubbli co impiego.

Ebbene, su tale ultimo punto deve escludersi l'esistenza di

un comune canone enucleabile dalla legislazione in materia di

pubblico impiego, al quale si possa attribuire la valenza di nor

ma generale sul riconoscimento, ai fini della carriera, dei servizi

prestati, tanto più ove si ponga mente al frazionato panorama normativo che si offriva al legislatore delegato. Anzi, i pochi

segmenti di legislazione qualificabili come regola — al di là del le contingenti discipline dettate per specifici settori — sembrano

limitare il riconoscimento ai casi di passaggi di carriera tra di verse amministrazioni, in presenza però di un'identità ordina

mentale che consenta di ravvisare una corrispondenza di quali fiche, ovvero addirittura all'ipotesi di omogeneità di carriera

per il servizio prestato anteriormente alla nomina (cfr. ad es.,

rispettivamente, gli art. 200 ss. d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3 e

26 1. 28 ottobre 1970 n. 775). Ed anche a voler spostare l'indagine circa la sopravvenienza

nel sistema di tale generale principio nel periodo successivo al l'emanazione del d.p.r. n. 382 del 1980, deve parimenti giun

gersi a conclusioni negative in ragione del progressivo abbando

no di una prospettiva di legificazione dei trattamenti e di reduc

tio ad unum del criterio di valutazione dei servizi, a favore

dell'opposto principio della contrattualizzazione espresso dalla

legge delega 23 ottobre 1992 n. 421. In proposito va anzi osservato che l'art. 1, 5° comma, d.leg.

3 febbraio 1993 n. 29 ha ulteriormente distinto il rapporto d'im

piego dei professori e ricercatori universitari, collegandolo espres samente a quell'autonomia dell'università che l'art. 33 Cost, ga rantisce e che questa corte ha più volte posto in luce (cfr. sen

tenza n. 281 del 1992, id., Rep. 1992, voce Istruzione pubblica, n. 54). Autonomia che, in subiecta materia, risulta evidente dal

l'intento del legislatore di avviare un regime nuovo e diverso

rispetto al previgente, mirato a privilegiare esclusivamente l'at

tività svolta all'interno dei comparti della ricerca e della didatti

ca. La previsione di cui al citato art. 12, con il riferimento a

tale attività, si distacca infatti nettamente e volutamente dalla

possibilità offerta in passato dagli art. 17 e 18 1. 18 marzo 1958

n. 311, che consentivano tra l'altro, a domanda, il computo dei servizi prestati nelle carriere di altri ruoli in qualifiche a

partire dal grado sesto del gruppo A. Soltanto in via transitoria

l'art. 36 del più volte citato d.p.r. n. 382 del 1980 riconosce, al 7° comma, la possibilità di fruire dell'inquadramento in base alle disposizioni vigenti al momento di entrata in vigore del d.p.r. medesimo.

5. - Il denunciato art. 103 d.p.r. n. 382 del 1980 ammette il riconoscimento del servizio prestato in una delle anzidette fi

gure di cui all'art. 7 1. n. 28 del 1980 (caratterizzate tutte, ripe tesi, dall'appartenenza all'università) nella misura di un terzo

per i professori ordinari, della metà per i professori associati e di due terzi per i ricercatori confermati (cfr., rispettivamente, 1°, 2° e 3° comma).

Dopo aver operato, nel 6° comma, il rinvio ai servizi prestati in altri ruoli a fini pensionistici (di cui s'è detto sub 2), il 7° comma aggiunge che «gli stessi periodi prestati nella scuola se condaria sono assimilati ai fini della ricostruzione di carriera

al servizio in una delle figure di cui all'art. 7 1. n. 28 del 1980». Alla luce delle descritte premesse, il richiamo a (inesistenti) prin cipi generali in tema di valutazione dei servizi, può leggersi sol

tanto nel senso di una certa discrezionalità quoad quantum del

riconoscimento, cosi che l'indicazione contenuta nel medesimo art. 12, secondo cui il servizio deve effettivamente essere presta to nell'università, conserva intatto il suo valore cogente e risul

ta tanto più perentoria se si considera la complessiva ratio della

delega, volta a valorizzare — ripetesi — l'autonomia della sfera

universitaria.

L'assimilazione — a fini di carriera — dell'insegnamento nel la scuola secondaria alle figure, squisitamente universitarie, di

borsisti, lettori, assistenti, ecc. di cui all'art. 7 vulnera quindi l'invocato art. 76 Cost., per la contraddizione con il dato te stuale (oltre che con il complessivo senso) della legge di dele

gazione.

Il Foro Italiano — 1995.

6. - La declaratoria d'illegittimità costituzionale dell'art. 103, 1° e 7° comma, in parte qua, comporta altresì, in via conse

guenziale, l'illegittimità anche del 2° e 3° comma, sempre in

relazione al 7° comma, con riguardo alla posizione dei profes sori associati e dei ricercatori confermati.

7. - Esula invece dalle finalità caducatone della decisione il denunciato art. 1, 3° comma, 1. n. 312 del 1980, trattandosi

d'una norma di mero rinvio, del tutto indifferente al denuncia

to vulnus e che viene in evidenza solo in quanto rende applica bile la disciplina dei professori universitari ai profili professio nali ivi elencati.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale dell'art. 103, 1° e 7° comma, d.p.r. 11 lu

glio 1980 n. 382 (riordinamento della docenza universitaria, re

lativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzati va e didattica), nella parte in cui, ai fini della ricostruzione di carriera dei professori di ruolo, rende valutabili i servizi prestati nella scuola secondaria, assimilandoli al servizio prestato in una delle figure di cui all'art. 7 1. 21 febbraio 1980 n. 28 (delega al governo per il riordinamento della docenza universitaria e

relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organiz zativa e didattica).

Dichiara — in applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n.

87 — l'illegittimità costituzionale dell'art. 103, 2° e 3° comma,

d.p.r. n. 382 del 1980, nella parte in cui, ai fini della ricostru

zione di carriera, rispettivamente, dei professori associati e dei

ricercatori confermati, rende valutabili i servizi prestati nella

scuola secondaria assimilandoli al servizio prestato in una delle

figure di cui all'art. 7 1. 21 febbraio 1980 n. 28.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 13 giugno 1995, n. 237

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 21 giugno 1995, n. 26); Pres. Baldassarre, Est. Santosuosso; Guglieri c. Fall. soc.

G.F.P.; Stilli c. Conservatore dei registri immobiliari di Pine rolo. Orci. Trib. Milano 6 ottobre 1994 e Trib. Pinerolo 14

ottobre 1994 (G.U., la s.s., n. 1 del 1995).

Sequestro conservativo, giudiziale e convenzionale — Sequestro conservativo — Termine per l'esecuzione — Decorrenza dalla

data della pronuncia — Questione infondata di costituziona

lità (Cost., art. 3, 24; cod. proc. civ., art. 675).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 675 c.p.c., nella parte in cui prevede che il termine per l'ese cuzione del sequestro inizia a decorrere dalla data del deposi to del provvedimento, anziché da quella della sua comunica

zione, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)

(1) L'ordinanza di rimessione Trib. Milano 6 ottobre 1994 è riportata in Foro it., 1994, I, 3528, con nota di richiami.

La Corte costituzionale ha già avuto modo di pronunciarsi per la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del l'art. 675 c.p.c. nella parte in cui fa decorrere il termine di esecuzione del sequestro dalla data del deposito del provvedimento e non invece dalla sua comunicazione (ord. 31 marzo 1988, n. 386, id., 1989, I, 1677; 15 maggio 1990, n. 258, id., Rep. 1991, voce Sequestro conservativo, n. 8), ma in questo caso viene chiamata ad affrontare la questione da un nuovo punto di vista, e cioè alla luce della nuova disciplina generale dei procedimenti cautelari, introdotta dalla 1. 26 novembre 1990 n. 353.

In particolare, i giudici di merito considerano il nuovo art. 669 octies

c.p.c., secondo cui il termine per instaurare il giudizio di merito a se

guito del rilascio ante causam del provvedimento cautelare, decorre dal la comunicazione dello stesso e non dal suo deposito, in conformità con i principi affermati dalla Corte costituzionale per i termini delle impugnative (vedi le pronunce citate nella nota a Trib. Milano, ord. 6 ottobre 1994).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - La questione sottoposta dal Tribunale di Mi

lano e dal Tribunale di Pinerolo all'esame della corte è se l'art.

675 c.p.p., nella parte in cui prevede che il termine per l'esecu

zione del sequestro cominci a decorrere dal deposito del provve dimento cautelare anziché da quello della sua formale comuni

cazione, sia in contrasto: — con l'art. 3 Cost, in quanto discrimina irragionevolmente

il sequestrante rispetto a colui che ricorra ad altre misure caute

lari in ordine alle quali, ai sensi dell'art. 669 octies, il termine per l'inizio del giudizio di merito decorre dalla formale comuni cazione del provvedimento, se la pronuncia è avvenuta fuori

udienza; — con l'art. 24 Cost, in quanto il diritto di difesa del seque

strante viene reso meno agevole imponendosi ad esso l'eccessivo

onere di informarsi continuamente in cancelleria dell'avvenuto

deposito del provvedimento cautelare.

2. - Deve anzitutto dichiararsi l'inammissibilità dell'atto di

costituzione del fallimento della s.p.a. G.F.P. in quanto deposi tato il 12 aprile 1995 oltre il termine di venti giorni dalla pub blicazione sulla Gazzetta ufficiale dell'ordinanza di rimessione

avvenuta il 4 gennaio 1995.

3. - Vanno inoltre riunite in un solo giudizio le ordinanze

emesse dal Tribunale di Milano e dal Tribunale di Pinerolo, in quanto relative alla stessa questione.

4. - Sempre con riferimento agli art. 3 e 24 Cost., la questio ne era già stata sollevata con ordinanza 1° ottobre 1982 dal

Tribunale di Palermo, e ritenuta da questa corte manifestamen

te infondata con ordinanza 31 marzo 1988, n. 386 (.Foro it.,

1989, I, 1677) per le seguenti considerazioni: a) che, nell'istitui

re un termine di efficacia di trenta giorni del provvedimento di sequestro, alla cui scadenza cessa l'autorizzazione ad eseguire il sequestro stesso, il legislatore ha giustamente posto, a carico

della parte interessata alla misura cautelare, un preciso onere

di diligenza strettamente connesso con la natura di detta misura

che esige una rapida esecuzione; b) che l'adempimento di tale

onere di diligenza implica preliminarmente, per un evidente nes so logico, che il sequestrante — nella ipotesi in cui il provvedi mento venga emesso fuori dall'udienza — segua lo svolgimento della procedura da lui messa in moto e venga cosi' a conoscenza

dell'avvenuto deposito del provvedimento richiesto; c) che la

previsione di un attivo impegno della parte istante nell'infor

marsi sull'esito del procedimento da essa promosso, non può certo considerarsi intrinsecamente irrazionale perché intimamente

connesso alla sua richiesta, sicché non è configurabile alcuna

violazione del diritto di difesa. 5. - In realtà, la questione oggetto dell'ordinanza del 1982

non è del tutto identica a quelle ora sollevate dai Tribunali di

Milano e di Pinerolo, dal momento che con la precedente si

denunziava anche l'ingiustificata disparità di trattamento a se

conda che il sequestro fosse stato pronunciato in udienza o fuo

In contrasto con quella parte della dottrina che ritiene di poter esten

dere la disposizione dell'art. 669 octies c.p.c. anche al termine per l'ese cuzione del sequestro ex art. 675 c.p.c., il Tribunale di Milano esclude

tale possibilità e conseguentemente sostiene la non manifesta infonda tezza della questione di costituzionalità dell'art. 675 c.p.c., alla luce

del principio generale secondo cui i termini per le impugnative o per altre attività processuali decorrono solo dal momento della comunica

zione del provvedimento alla parte onerata. La Corte costituzionale respinge però la questione sollevata, e ciò

perché ritiene che le diversità esistenti tra le varie misure cautelari per mettano al legislatore di dettare discipline parzialmente difformi.

In particolare, ritiene che il termine di efficacia del sequestro di cui

all'art. 675 c.p.c. sia giustificato sia dall'esigenza di bilanciare la posi zione del sequestrante con quella del sequestrato — il quale ultimo non

deve essere eccessivamente pregiudicato dal provvedimento cautelare —

sia dal fatto che non può essere considerato troppo gravoso l'onere che incombe sul sequestrante di seguire con attenzione lo svolgimento del procedimento da lui stesso instaurato, in modo da avere tempestiva conoscenza dell'avvenuta emanazione del provvedimento, tenuto conto

anche del fatto che la mancata esecuzione entro il termine di legge non

gli impedisce di proporre una nuova istanza di sequestro. Per i precedenti giurisprudenziali e per le posizioni sostenute dalla

dottrina, vedi la nota a Trib. Milano, ord. 6 ottobre 1994, cit. Ai ri chiami di tale nota va però aggiunto che Carpi-Colesanti-Taruffo (Com mentario breve al codice di procedura civile, Padova, 3" ed., 1994,

1377) hanno recentemente escluso l'estensione della disposizione del

l'art. 669 octies all'art. 675 c.p.c., ritenendo giustificata una differenza

di disciplina tra le due fattispecie, in conformità con la soluzione adot

tata dalla pronuncia in epigrafe.

Il Foro Italiano — 1995.

ri udienza, peraltro con un'arbitraria discriminazione delle parti in relazione al fatto del tutto casuale della maggiore o minore

tempestività della comunicazione.

Inoltre, a notevole distanza di tempo, gli attuali giudici ri

mettenti ravvisano nuovi elementi sopravvenuti (in particolare la 1. n. 353 del 1990 di riforma del codice di procedura civile) che giustificano una rivisitazione del problema.

6. - Il Tribunale di Milano non ignora che, nel vigore della

disciplina anteriore alla novella del 1990, per un verso la Corte

di cassazione riteneva che il termine di trenta giorni per l'esecu

zione del sequestro decorresse dal momento del deposito del

provvedimento in cancelleria, e per altro verso che la Corte co

stituzionale aveva dichiarato — come già ricordato — manife

stamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 675

c.p.c. in relazione agli art. 3 e 24 Cost. Rileva ancora il giudice a quo che alcuni interpreti della nuova disciplina superano la

disposizione del menzionato art. 675 ritenendo possibile l'appli cazione — anche all'ipotesi del termine per l'esecuzione del se

questro — del nuovo criterio di decorrenza previsto dall'ultimo

comma dell'art. 669 octies, e cioè «dalla pronuncia dell'ordi

nanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comuni

cazione».

Il Tribunale di Milano tuttavia esclude la possibilità di far

luogo a tale applicazione in via meramente interpretativa, e ri

tiene la non manifesta infondatezza della questione di costitu

zionalità dell'art. 675 c.p.c., alla luce delle sopravvenute norme

del codice di procedura civile, di altri principi desumibili dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e di alcuni orientamenti

della dottrina e della giurisprudenza di merito.

In particolare si osserva che, se la ratio legis della novellazio

ne in materia di procedimenti cautelari è stata quella di una

razionalizzazione e di una uniformità di tutti i procedimenti stessi, e se l'orientamento della Corte costituzionale appare chiaramente

indirizzato verso il principio generale secondo il quale i termini

per gravami o altre attività processuali da compiere a pena di

inefficacia scattano solo dal momento in cui alla parte «onera

ta» è data formale comunicazione dell'esistenza del provvedi mento giudiziario da impugnare o da eseguire, appare inspiega bile la mancata riforma dell'art. 675; la disposizione, pertanto, risulterebbe in contrasto: a) con l'art. 3 Cost, per disparità di

trattamento rispetto alla disciplina di altri procedimenti cautela

ri, ai quali si applicano le regole dettate circa la decorrenza

dei termini dagli art. 669 octies e novies c.p.c.; b) con l'art.

24 Cost, in quanto rende meno agevole il diritto di difesa del

sequestrante rispetto ai ricorrenti di altri procedimenti, che non

hanno l'onere di informarsi quotidianamente in cancelleria sul

l'avvenuto deposito del provvedimento. 7. - Il Tribunale di Pinerolo solleva la stessa questione di

costituzionalità osservando in particolare: a) «che l'attuale for

mulazione dell'art. 669 octies, 3° comma, c.p.c. denota come

il legislatore abbia inteso assicurare l'esercizio del diritto di di

fesa si da evitare l'inefficacia dei provvedimenti cautelari pro nunciati fuori udienza qualora venga omessa la tempestiva in

staurazione del giudizio di merito da parte di chi non è stato informato dell'avvenuta pronuncia di detti provvedimenti, di

modo che non sussiste più un generale onere di diligenza che

impone alla parte interessata di attivarsi per conoscere la deci

sione del giudice onde evitare decadenze»; b) «che la 1. 26 no

vembre 1990 n. 353 ha disciplinato in modo unitario i procedi menti cautelari e che la necessità di rapida esecuzione sussiste

tanto per i sequestri quanto per le altre misure cautelari (in par ticolare i provvedimenti di urgenza ex art. 700 c.p.c.), con la

conseguenza che la disposizione dettata dall'art. 675 c.p.c. per

i soli sequestri non pare più avere oggettiva giustificazione e

può cosi ravvisarsi un'ingiustificata disparità di trattamento tra

chi intenda eseguire le diverse misure cautelari».

8. - La questione non è fondata.

È pur vero che la 1. 26 novembre 1990 n. 353 inserisce nel

capo III del libro IV del codice di procedura civile una sezione

prima, contenente norme generali relative a tutti i procedimenti

cautelari (tra le quali quella sulla nuova decorrenza del termine

per l'inizio della causa di merito); e che tali disposizioni si di chiarano (nell'art. 669 quaterdecies) applicabili anche ai prov

vedimenti della sezione seconda (relativa al sequestro), mentre

solo per altri provvedimenti sono applicabili «in quanto compa

tibili»; ma ciò non toglie che, per la disomogeneità delle varie

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3407 PARTE PRIMA 3408

misure cautelari, nulla impedisca al legislatore di modulare di

versamente alcuni aspetti dei vari procedimenti con speciali norme.

In effetti, non uniformi sono le discipline relative ai vari tipi di sequestro, e — per quanto qui interessa — diverse sono le

norme che concernono le distinte ipotesi di inefficacia del prov vedimento di sequestro: a) quella del mancato inizio del proce dimento di merito nel termine perentorio che, per l'art. 669 oc

ties, ultimo comma, «decorre dalla pronunzia dell'ordinanza se

avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione»; b) e l'ipotesi di mancata esecuzione del provvedimento stesso nel

termine decorrente in ogni caso dalla pronuncia. Se quindi non si ravvisano elementi di ingiustificato tratta

mento, occorre, piuttosto, verificare se la diversa disciplina che

il riformatore del 1990 ha voluto mantenere per questa seconda

ipotesi di termine sollecitatorio risulti irragionevole o contra

stante con altri principi costituzionali.

9. - In proposito, l'ordinanza di rimessione fa leva su alcuni

principi affermati anche recentemente da questa corte, tra i quali vanno particolarmente considerati i seguenti: a) anche se il di

ritto di difesa può variamente atteggiarsi in funzione delle pecu liari caratteristiche dei diversi tipi di procedimento e delle esi

genze di giustizia, esso deve essere assicurato in modo effettivo

ed adeguato alle circostanze; in applicazione di tale principio è stato infatti ritenuto che i termini previsti per il gravame di

provvedimenti o per compiere atti processuali, la cui omissione

determini pregiudizio, decorrano dalla tempestiva ed effettiva

conoscibilità dell'esistenza di detti eventi (sentenze n. 68 del 1994,

id., 1994, I, 1659 e n. 223 del 1993, id., 1993, I, 2779); b) nel quadro del diritto di difesa e con riferimento ad ipotesi in

cui un termine sia stabilito per il compimento di atti la cui omis

sione importi un pregiudizio per situazione soggettiva giuridica mente tutelata, la garanzia di cui all'art. 24 Cost, deve esten

dersi alla conoscibilità del momento iniziale di decorrenza del

termine stesso, al fine di assicurarne all'interessato l'utilizzazio

ne nella sua interezza (sentenze nn. 223 del 1993, cit. 303 del

1985, id., 1985, I, 3066; 155 del 1980, id., 1981, I, 1; 14 del 1977, id., 1977, I, 259; 255 del 1974, id., 1975, I, 12); c) non può reputarsi legittimo un criterio per il quale il decorso di un

termine sia ricollegato ad un evento la cui conoscibilità può ottenersi con l'impiego di una diligenza più che normale fino

al punto di un controllo giornaliero (sentenze nn. 14 del 1977, cit.; 15 del 1977, id., 1977, I, 278; 34 del 1970, id., 1970, I, 681); d) la comunicazione del provvedimento è necessaria per il decreto di fissazione dell'udienza di discussione (sentenze nn.

120 del 1986, id., 1986, I, 1753 e 14 del 1977, cit.), e, in tema di procedure concorsuali, riguardo al deposito dello stato passi vo (sentenze nn. 538 del 1990, id., 1992, I, 602, e 102 del 1986, id., 1986, I, 1762), alla omologazione o rigetto del concordato preventivo (sentenza n. 255 del 1974, cit.), alla liquidazione del

compenso ad ausiliari (sentenza n. 303 del 1985, cit.). 10 . - Tuttavia questa linea tendenziale della giurisprudenza

costituzionale circa la decorrenza dei termini dalla comunica

zione dell'atto non impedisce di ritenere, da una parte, che nel la presente ipotesi sussistano quelle peculiari caratteristiche del

procedimento e quelle esigenze di giustizia che giustificano la

decorrenza del termine di esecuzione dal momento dell'emissio

ne della pronunzia di concessione del sequestro, e, dall'altra, che la conoscibilità dell'esistenza del provvedimento non richie

da nella specie un eccessivo onere per l'interessato al di là della normale diligenza.

Sotto il primo profilo, premesso in generale che è legittimo

«imporre all'esercizio di facoltà o poteri processuali limitazioni

temporali, al fine dell'accelerazione del corso della giustizia»

(ord. n. 900 del 1988, id., 1989, 2031), va rilevata in particolare l'esigenza di un bilanciamento degli interessi del sequestrante con quelli del soggetto passivo del sequestro, la cui grave situa

zione non può essere protratta oltre una durata rigorosamente limitata.

Ove il termine di esecuzione di questo provvedimento caute

lare concesso fuori udienza dovesse decorrere dalla sua comuni

cazione più o meno tempestiva, si determinerebbe, non solo una ulteriore perdita di tempo per entrambe le parti, ma si toglie rebbe al soggetto passivo la garanzia di un breve termine decor

rente dal momento fisso della pronuncia.

Il Foro Italiano — 1995.

Quanto al profilo degli interessi del sequestrante, l'onere del

la sua attivazione — oltre a rispondere alla natura particolar mente urgente del procedimento — non può considerarsi ecces

sivamente gravoso, data la evidente attenzione al sollecito acco

glimento della sua istanza; senza contare che la mancata

esecuzione entro detto termine non gli impedisce di reiterare

la richiesta.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale

dell'art. 675 c.p.c. sollevata dai Tribunali di Milano e Pinerolo, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., con le ordinanze indicate

in epigrafe.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 maggio 1994, n. 183

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 25 maggio 1994, n. 22); Pres. Casavola, Est. Mengoni; Di Lazzaro (Aw. Resta, Sco

ca); interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Freni). Ord.

App. Roma 25 settembre 1993 (G.U., la s.s., n. 51 del 1993).

Adozione e affidamento — Convenzione europea in materia di

adozione di minori — Persona singola — Ammissibilità —

Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 29, 30; 1. 22 maggio 1974 n. 357, ratifica ed esecuzione della conven zione europea in materia di adozione di minori, firmata a

Strasburgo il 24 aprile 1967: convenzione, art. 2).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

2 l. 22 maggio 1974 n. 357, nella parte in cui, dando esecu

zione all'art. 6 della convenzione europea in materia di ado

zione di minori, firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967, per mette senza limiti l'adozione di un minore da parte di un

solo adottante, in riferimento agli art. 3, 29 e 30 Cost. (1)

(1, 6) Le decisioni si inseriscono in una vicenda che ha avuto ampio rilievo di cronaca avendo per protagonista l'attrice Dalila Di Lazzaro ed il suo intendimento di pervenire, quale persona singola, all'adozione di un minore sulla base degli stessi presupposti e con gli stessi effetti

previsti per i coniugi, vicenda che sul piano processuale può cosi riassu mersi: proposto ricorso con cui si chiedeva che venisse disposta nei con fronti della Di Lazzaro l'adozione di un minore sulla base della 1. 357/74 di ratifica della convenzione europea di Strasburgo sull'adozione di mi

nori, il Tribunale per i minorenni di Roma, con decreto 22 marzo 1993 (Foro it., Rep. 1993, voce Adozione, n. 67, e Giust. civ., 1993, I, 2821, con nota di Beghe Loreti; Giur. it., 1994, I, 2, 234, con nota di Lenti-Rossi Carleo, e Dir. famiglia, 1993, 165) dichiarava inammissi bile la domanda di adozione, non essendo l'art. 6 della convenzione norma di applicazione immediata; il decreto veniva impugnato con re clamo e la corte d'appello con ordinanza 25 settembre 1993 (Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 67, e Giust. civ., 1993, I, 2821, con nota di Beghe Loreti; Nuove leggi civ., 1994, con nota di Dogliotti) solle vava questione di legittimità costituzionale di tale disposizione «nella

parte in cui permette senza limiti l'adozione di un minore da parte di un solo adottante» dichiarata infondata dalla Corte costituzionale, con sentenza 16 maggio 1994, n. 183 in epigrafe, annotata da Bonamo re e Guglielmi, in Giust. civ., 1994, 2107; Cristiani, in Nuova giur. civ., 1994, I, 605; Fioravanti, in Nuove leggi civ., 1994, 1418. Prose guito il giudizio innanzi al giudice a quo, questo, riconfermata l'inter

pretazione della normativa pattizia già posta a base dell'ordinanza di rimessione (interpretazione respinta dal giudice delle leggi), con decreto 28 novembre 1994 (Giust. civ., 1995, 252, con nota di Beghe Loreti e Orlandi; Dir. famiglia, 1995, 174, con nota di Dogliotti, e 1995, 517, con osservazioni di Astone, L'adozione del minore da parte del

singolo, Emanuele, Nuove prospettive in tema di adozione del single, e Gosso, Il «caso Di Lazzaro» ed il gioco delle tre carte) ha accolto il reclamo e dichiarato la ricorrente «legittimata a proporre doman da di adozione»; la decisione 7950 in epigrafe, pronunciata su

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