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sentenza 13 marzo 1980, n. 78; Pres. Felici, Est. Perri; Ospedale civile Lanciarini di Sassocorvaro...

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sentenza 13 marzo 1980, n. 78; Pres. Felici, Est. Perri; Ospedale civile Lanciarini di Sassocorvaro (Avv. Bartolomei) c. Ente ospedaliero C. Belli di Macerata Feltria (Avv. Borgogelli, Mezzanotte), Comitato regionale di controllo Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1981), pp. 471/472-475/476 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23172642 . Accessed: 28/06/2014 09:29 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.188 on Sat, 28 Jun 2014 09:29:09 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 13 marzo 1980, n. 78; Pres. Felici, Est. Perri; Ospedale civile Lanciarini di Sassocorvaro (Avv. Bartolomei) c. Ente ospedaliero C. Belli di Macerata Feltria (Avv. Borgogelli,

sentenza 13 marzo 1980, n. 78; Pres. Felici, Est. Perri; Ospedale civile Lanciarini di Sassocorvaro(Avv. Bartolomei) c. Ente ospedaliero C. Belli di Macerata Feltria (Avv. Borgogelli, Mezzanotte),Comitato regionale di controlloSource: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1981), pp. 471/472-475/476Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172642 .

Accessed: 28/06/2014 09:29

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PARTE TERZA 472

sulla esecuzione delle opere in cemento armato, per ottenere

l'immediata cessazione dei lavori che erano proseguiti malgrado in precedenza lo stesso sindaco avesse emanato altri prov vedimenti a tal fine (nella specie, erano rimasti senza effetto una ordinanza di sospensione dei lavori, una ordinanza di

demolizione, una ulteriore diffida a sospendere i lavori, e l'invio

al prefetto di un processo verbale di contravvenzione). (1) È legittimo il provvedimento contingibile e urgente (nella specie,

ordinanza di sequestro del cantiere per la costruzione di un

edificio privo di concessione, e in violazione delle norme sulla

esecuzione delle opere in cemento armato) emesso dal sindaco,

malgrado il prefetto, pur avendone la possibilità, non sia in

tervenuto tempestivamente. (1)

Il Tribunale, ecc. — Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo si deduce l'insussistenza dei presupposti della contingibilità ed urgenza richiesti dalla legge per l'emana

zione dell'ordinanza ex art. 153 t. u. 4 febbraio 1915 n. 148 e il

difetto di motivazione, sul rilievo che la costruzione di un

edificio, ancorché in violazione della legge 5 novembre 1971 n.

1086 sull'esecuzione delle opere in cemento armato, sarebbe un

fatto del tutto normale e che, comunque, il provvedimento di

sequestro del cantiere adottato dal sindaco di Prossedi non

sarebbe suscettibile di ovviare all'asserito pericolo per la pubblica incolumità. Al riguardo va, anzitutto, precisato in punto di fatto

che la costruzione de qua, oltre ad essere in contrasto con le

norme che disciplinano le costruzioni in cemento armato, è stata

iniziata dal ricorrente senza la prescritta concessione edilizia ed

aveva perciò già formato oggetto dell'ordinanza di sospensione dei

lavori n. 3 del 13 aprile 1979, dell'ordinanza di demolizione n. 5

del 23 aprile 1979, nonché dell'ulteriore ordinanza n. 6 del 26

aprile 1979, con cui il Bernazza era stato diffidato a sospendere i

lavori relativi alle strutture in cemento armato, seguita dall'invio

in data 27 aprile 1979 al prefetto di Latina di un processo verbale di contravvenzione. Tali ordinanze sono rimaste tutte

ineseguite. Ciò premesso, risulta evidente, in base al pregresso iter proce

dimentale, che il comportamento del ricorrente, costituendo viola

zione di prescrizioni contenute in due distinti sistemi normativi

ed essendo, per di più, continuato nonostante l'esercizio da parte del sindaco di Prossedi dei normali poteri conferitigli sia dalla

vigente normativa urbanistica che da quella in materia di opere in cemento armato, aveva dato luogo ad una situazione di

particolare pericolosità ed urgenza, alla quale non potevasi ovvia

re con la necessaria rapidità ed efficacia mediante gli strumenti

ordinari previsti dall'ordinamento per la tutela dei diversi fini di

interesse pubblico propri dei predetti sistemi normativi.

Quanto all'affermazione che il sequestro del cantiere non sareb

be misura idonea ad eliminare il supposto pericolo, va precisato che nella particolare situazione venutasi a creare lo stato di

pericolo derivava non tanto dalla illegittimità delle opere già

eseguite quanto, soprattutto, dall'inosservanza da parte del ricor

rente di tutti i provvedimenti adottati dal sindaco al fine di

impedire il completamento di strutture che, per la loro difformità

alle prescrizioni di cui alla citata legge n. 1086 del 1971, oltre che

per il carattere abusivo dell'intera costruzione, non fornivano

alcuna garanzia di sicurezza. L'ordinanza impugnata, impedendo la continuazione dei lavori, si palesa quindi, perfettamente con

grua, in rapporto alla peculiarità della situazione alla quale occorreva far fronte.

(1) Non risultano precedenti specifici. Per un caso nel quale il sindaco è intervenuto in materia urbanistica

esercitando i propri poteri di ordinanza, Cons, giust. amm. sic. 22 ottobre 1971, n. 420, Foro it., Rep. 1972, voce Sindaco, n. 5, che ha affermato la legittimità dell'ordinanza di demolizione in via di contin

gibilità e urgenza di un edificio costruito in violazione delle norme

urbanistiche, delle norme antisismiche e delle norme per l'esecuzione delle opere in cemento armato, perché pericoloso.

V. pure, nella motivazione, Cass., Sez. un., 30 luglio 1980, n. 4883, id., 1980, I, 2413, con nota di richiami.

Per qualche altro riferimento, T.A.R. Campania 15 febbraio 1978, n.

125, id., 1979, III, 49, con nota di richiami, che ha dichiarato illegittimi i provvedimenti, tra i quali un'ordinanza contingibile e urgente, con i quali il sindaco tenta di impedire la costruzione di una centrale elettrica a turbogas, la cui localizzazione era stata regolarmen te determinata.

(2) La giurisprudenza è consolidata nel senso che è illegittimo il provvedimento di requisizione, ex art. 7 legge 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, che il sindaco abbia emesso, in difetto di una urgenza tale da non consentire il tempestivo intervento del prefetto: Cons. Stato, Ad. plen., 11 novembre 1980, n. 47, e T.A.R. Lazio, Sez. I, 9 maggio 1979, n. 444, Foro it., 1981, III, 225, con nota di richiami.

Però questa limitazione non vale per le ordinanze contingibili e urgenti, come afferma la sentenza ora riportata: T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 18 ottobre 1979, n, 174, id., 1981, III, 371, con nota di richiami.

Ugualmente infondato è il secondo motivo.

II carattere sussidiario del potere del sindaco, rispetto a quello

spettante in via primaria al prefetto, è stato affermato dalla

giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr., da ultimo, Sev. V 18

gennaio 1977, n. 21, Foro it., Rep. 1977, voce Requisizione, n. 3; Sez. IV 7 febbraio 1978, n. 72, id., Rep. 1978, voce cit., n. 10), contrariamente a quanto sembra affermare il ricorrente, pur nella

non chiara formulazione della censura, in relazione ai provvedi menti d'urgenza di cui all'art. 7 legge 20 marzo 1865 n. 2248, ali.

E, e quindi a un potere diverso da quello di ordinanza contingibi le ed urgente attribuito al sindaco dall'art. 153 t. u. 1948 del 1915

in materia di edilità, polizia locale, sanità e sicurezza pubblica. Né le attribuzioni del prefetto in materia di opere in cemento

armato escludono l'emanazione di ordinanze sindacali contingibili ed urgenti, allorché sussiste, come nella specie, una situazione di

assoluta emergenza non eliminabile con il ricorso agli ordinari

mezzi di tutela. È pertanto irrilevante che l'amministrazione

comunale sia venuta a conoscenza della costruzione abusiva fin

dal 20 aprile 1979 e cioè otto giorni prima dell'emanazione del

provvedimento impugnato, periodo che si assume sufficiente a

consentire il tempestivo intervento del prefetto, in quanto, come

si è visto, la situazione di pericolo e la correlativa urgenza di

porvi rimedio sono state determinate essenzialmente dal successi

vo comportamento del ricorrente che ha proseguito i lavori

nonostante i provvedimenti repressivi di carattere ordinario adot

tati dal sindaco.

Con il terzo motivo il ricorrente assume che il provvedimento di sequestro, per la sua finalità, può essere emanato esclusivamen

te dall'autorità giudiziaria. La tesi non può essere condivisa, non risultando affatto ignoti

all'ordinamento giuridico casi di sequestro di beni privati disposto dall'autorità amministrativa in attesa dei provvedimenti definitivi

(cfr. art. 1, 1° comma, legge 30 aprile 1962 n. 283; art. 101, 168, ult. comma, 188, 3° comma, 189, 4° comma, t. u. 27 luglio 1934

n. 1265). Ciò posto, non può escludersi in via di principio che

nell'esercizio del potere di ordinanza contingibile ed urgente, concretantesi nell'adozione di provvedimenti non determinati nel

loro contenuto dalla norma attributiva del potere, il sindaco possa discrezionalmente disporre il sequestro del cantiere, ove ciò sia

richiesto dall'esigenza di far cessare immediatamente un'attività

costruttiva pericolosa e quindi dall'impossibilità di attendere il

tempo necessario per l'utilizzazione degli strumenti ordinari per la

tutela dell'interesse pubblico. Il ricorso va, pertanto, respinto. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LE

MARCHE; sentenza 13 marzo 1980, n. 78; Pres. Felici, Est.

Perri; Ospedale civile Lanciarini di Sassocorvaro (Avv. Barto

lomei) c. Ente ospedaliero C. Belli di Macerata Feltria (Avv. Borgogelli, Mezzanotte), Comitato regionale di controllo.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LE

MARCHE; sentenza 13 marzo 1980, n. 78; Pres. Felici, Est.

Sanità pubblica — Ente ospedaliero — Impugnazione di delibe

razione di altro ente ospedaliero — Annullamento da parte del comitato di controllo per difetto di legittimazione — Ille

gittimità (Legge 12 febbraio 1968 n. 132, enti ospedalieri e

assistenza ospedaliera, art. 10, 16; legge reg. Marche 7 no

vembre 1974 n. 33, norme per il funzionamento dell'organo di controllo della regione sugli atti degli enti locali, art. 20).

Giustizia amministrativa — Ente ospedaliero — Ricorso avverso

deliberazione di ente ospedaliero limitrofo — Ammissibilità —

Fattispecie (D.l. 8 luglio 1974 n. 264, norme per l'estinzione

dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospe

dalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l'avvio della

riforma sanitaria, art. 6; legge 17 agosto 1974 n. 386, conver

sione in legge, con modificazioni, idei d. 1. 8 luglio 1974 n.

264, art. unico). Sanità pubblica — Ente ospedaliero — Istituzione di una nuova

divisione — Assenza di inderogabili esigenze delle comunità

locali — Illegittimità (D. 1. 8 luglio 1974 n. 264, art. 6; legge 17 agosto 1974 n. 386, art. unico).

È illegittimo l'annullamento da parte del comitato regionale di

controllo della deliberazione con la quale un ente ospedaliero decide di ricorrere contro la deliberazione di altro ente ospeda liero suscettibile di determinare una contrazione della propria attività assistenziale, basato sull'affermazione del difetto di legit timazione dell'ente al ricorso. (1)

(1) Cfr., da ultimo, Cass. 2 giugno 1980, n. 3591, Foro it., 1980, I, 2790, con ampia nota di richiami, in tema di sottoposizione al

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

È ammissibile il ricorso con il quale un ente ospedaliero impugna la deliberazione con la quale un ente ospedaliero limitrofo istituisce una nuova divisione specialistica, suscettibile di de

terminare una contrazione dell'attività assistenziale dell'ente

ricorrente. (2) È illegittima la deliberazione con la quale un ente ospedaliero

istituisce una nuova divisione specialistica, se essa non è giu stificata con inderogabili esigenze di assistenza sanitaria delle comunità locali che non possano essere soddisfatte mediante

utilizzazione di analoghe strutture esistenti in ospedali limitrofi, non essendo sufficiente a giustificare la deroga al divieto legisla tivo di istituire nuove strutture ospedaliere il fine di migliorare la quantità e la qualità delle prestazioni ospedaliere. (3)

Il Tribunale, ecc. — Come si è esposto in narrativa, con il

primo ricorso in esame (n. 754 del 1974) l'ospedale civile Lancia rmi di Sassocorvaro è insorto contro la deliberazione dell'ente

ospedaliero C. Belli di Macerata Feltria 2 ottobre 1974 n. 59, concernente la istituzione della divisione di ostetricia e ginecolo gia. Con il secondo ricorso (n. 15 del 1975) il medesimo ospedale ha impugnato il provvedimento 28 novembre 1974 n. 33509-4-0/8 mediante il quale la sezione speciale di Pesaro del comitato

regionale di controllo ha invalidato la propria deliberazione 18

novembre 1974 n. 275 recante l'autorizzazione a promuovere l'anzidetto giudizio.

Ritiene, in via preliminare, il collegio che i due ricorsi, con

giuntamente trattati alla pubblica udienza, per la loro evidente

connessione possono essere riuniti ai fini di un'unica decisione, ai sensi dell'art. 52 del regolamento di procedura 17 agosto 1907 n.

642, richiamato dall'art. 19 legge 6 dicembre 1971 n. 1034.

Osserva, poi, il collegio che la decisione sul secondo precede la

prima impugnazione: solo nell'ipotesi di accoglimento di tale ricorso potrà procedersi, infatti, all'esame del primo gravame. Ed

invero soltanto l'annullamento del provvedimento dell'organo di

controllo che ha invalidato la determinazione ospedaliera di pro muovere il primo giudizio potrebbe consentire una valida costitu zione della parte ricorrente nel giudizio stesso.

Ciò posto, ritiene il collegio che il secondo dei suindicati ricorsi sia fondato e debba essere accolto.

Giova premettere, al riguardo, che in forza del combinato

disposto dell'art. 20 legge reg. 7 novembre 1974 n. 33 e degli art.

16 e 10 legge 12 febbraio 1968 n. 132 le deliberazioni degli enti

ospedalieri di stare o resistere in giudizio sono soggette al solo

controllo di legittimità, a differenza della precedente legislazione che prevedeva anche il controllo di merito su tali deliberazioni

prescrivendone l'approvazione. Già la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. V 27 settembre 1954, n. 951, Foro it., Rep. 1954, voce Liti comunali, n. 9; 19 settembre 1951, n. 822, id., Rep.

1951, voce Giustizia amministrativa, n. 230), vigendo la prescrizio ne legislativa dell'approvazione per tali deliberazioni, ha stabilito

che i ricorsi contro il diniego di autorizzazione a stare in giudizio non esigono addirittura l'approvazione dell'organo di controllo

come condizione di ammissibilità del ricorso giurisdizionale. E

controllo del Co.re.co. delle deliberazioni del consiglio comunale che autorizzano il sindaco a stare in giudizio.

Sul problema più generale non pare dubbio che, con la costituzione dell'ordinamento regionale, siano i Co.re.co. ad esercitare il controllo

(ordinariamente di legittimità) sulle deliberazioni degli ospedali: cfr., a titolo indicativo, T.A.R. Molise 30 gennaio 1979, n. 13, id., Rep. 1979, voce Regione, n. 200; T.A.R. Lombardia 22 febbraio 1978, n. 128, id., Rep. 1978, voce cit., n. 174; T.A.R. Piemonte 10 febbraio 1976, n. 54, id., 1977, III, 225, con nota di C. Montanari. In dottrina, cfr. A. Barbera, I controlli sugli enti ospedalieri, Milano, 1973, e L. Paladin, Diritto regionale, Padova, 1979, 196 ss.

(2-3) La sentenza non appare in sintonia con l'indirizzo restrittivo

già propugnato dal Consiglio di Stato; cfr., infatti, Sez. II 13 aprile 1976, n. 327/75, Foro it., Rep. 1978, voce Giustizia amministrativa, n.

615, secondo cui è inammissibile per difetto di interesse il ricorso

proposto da un ente ospedaliero contro l'erezione in ente ospedaliero di altri ospedali della provincia. Per un orientamento che sembra essere

più largo (ma i soggetti ai quali si riconosce un interesse personale e diretto non sono enti ospedalieri) cfr. invece Cons. Stato, Sez. V, 6

aprile 1979, n. 171, id., 1980, III, 121, con nota di richiami (sull'inte resse di un primario ospedaliero ad evitare lo smembramento del

reparto al quale è preposto) e T.A.R. Puglia 10 gennaio 1978, n. 14, id., 1979, III, 287, con nota di richiami (sull'interesse al ricorso di una

regione contro la deliberazione di un ente ospedaliero in materia di

inquadramento del personale). Sul punto, poi, dell'illegittimità dei provvedimenti di ristrutturazione

delle divisioni ospedaliere, ivi compreso il caso dell'istituzione di una nuova divisione, quando non ci si trovi al cospetto di puntuali esigenze dell'assistenza sanitaria e ospedaliera, da indicarsi in motiva

zione, cfr. ancora Cons. Stato, Sez. V, 6 aprile 1979, n. 171, id., 1980, III, 121, con nota di richiami.

sempre in ordine al provvedimento di approvazione ha sancito, altresì, che in ogni caso lo stesso organo di controllo doveva esercitare il relativo potere con estrema cautela limitandosi ad una mera delibazione delle ragioni dell'ente a ricorrere o a resistere in giudizio, potendo rifiutarsi l'approvazione solo nel caso in cui l'eventuale soccombenza avesse arrecato grave pregiu dizio all'ente controllato (Sez. V 2 dicembre 1961, n. 691, id., Rep. 1962, voce Liti comunali, n. 49).

Ma, come si è detto sopra, secondo la vigente disciplina legislativa dei controlli amministrativi sugli atti degli enti ospeda lieri le deliberazioni di stare o resistere in giudizio non sono più soggette a speciale approvazione, ma solo al controllo di mera

legittimità. Ed è, appunto, nell'esercizio di tale potere di controllo che la sezione di Pesaro ha pronunciato l'annullamento della deliberazione dell'ospedale di Sassocorvaro di stare in giudizio con il primo ricorso. Senonché siffatta determinazione negativa si fonda sull'affermazione che il medesimo ospedale « non ha ti tolo di legittimazione del ricorrente in quanto manca un suo interesse al ricorso ». Cosi' motivando l'invalidazione della delibe razione de qua l'autorità di vigilanza si è, però, sostituita al giudice nell'esame — ad essa non consentito — delle questioni giuridiche attinenti alla controversia giudiziaria che l'ente inten deva promuovere.

Il collegio ritiene ciò sufficiente perché il provvedimento sia inficiato dai dedotti vizi di illegittimità e per disporre di conse

guenza l'annullamento.

Con la rimozione del medesimo provvedimento la costituzione in giudizio dell'ospedale, necessaria per la proposizione del primo ricorso, deve ritenersi valida fin dal primo momento producendo il presente annullamento effetto retroattivo.

Può scendersi, quindi, all'esame della prima impugnazione, che investe la deliberazione 2 ottobre 1974 n. 59 dell'intimato ente

ospedaliero C. Belli di Macerata Feltria. In linea pregiudiziale va disattesa l'eccezione formulata da

quest'ultimo con la quale è stato dedotto il difetto di interesse del ricorrente ospedale ad agire in questa sede.

Ed invero l'espresso richiamo fatto dall'art. 6, lett. a, d. 1. 8 luglio 1974 n. 264 agli « ospedali limitrofi » individua in questi ultimi i possibili centri di soddisfacimento dei pubblici interessi locali di assistenza sanitaria configurando conseguentemente negli stessi nosocomi i soggetti titolari di una posizione qualificata particolare e differenziata, presupposto questo indispensabile per l'insorgere di situazioni giuridiche di interesse legittimo.

Occorre, in particolare, osservare che in caso di attività con fluenti in un identico settore amministrativo (come quello sanita^ rio) l'esigenza di organizzazione e di coordinamento dei servizi (accentuata sempre più nell'ordinamento) investe i vari centri di attività e tocca una loro sfera di primaria importanza per il buon andamento della pubblica amministrazione. È ovvio che l'esigenza stessa si articola nella duplice necessità di evitare il moltiplicarsi di attività superflue o sovrabbondanti (congestione positiva) o il verificarsi di vuoti e carenze funzionali (lacune di intervento).

Tale interesse, allorché si tratti di organi interni del settore, converge e si risolve nel centro di imputazione formale direttiva dell'attività, dovendo la questione essere considerata nel quadro del meccanismo o dell'articolazione intrinseca di valutazione strut turale e funzionale del servizio. In siffatta ipotesi manca un interesse legittimo esterno di abilitazione allo svolgimento della tutela giurisdizionale.

Diversamente deve, però, dirsi quando il settore si distribuisca in più enti dotati di personalità giuridica e forniti di singole sfere di distinta soggettività. Il turbamento del campo organizzativo dà luogo, in tale caso, alla lesione di una posizione qualificata esterna che si incentra nella tutela della propria sfera di azione nei confronti degli altri soggetti pubblici e degli utenti. In questo ambito resta, appunto, ricompresa l'azione dei singoli ospedali ove abbia avuto luogo il riconoscimento previsto dall'art. 4 legge 12 febbraio 1968 n. 132.

Ne discende che, sussistendo tale personalità, la garanzia del corretto dimensionamento amministrativo dà luogo ad un interesse

legittimo a far valere vizi di violazione delle norme vigenti, di

incompetenza o di eccesso di potere. Nella specie si è verificata una lesione della sfera giuridica

dell'ente istante, in quanto il provvedimento impugnato con l'isti tuzione di una nuova divisione specialistica nel limitrofo nosoco mio è suscettibile di determinare — con la contrazione dell'ambi to della sua attività assistenziale ospedaliera — un palese pregiu dizio nei confronti della propria pregressa posizione. Sussiste nel caso concreto anche l'interesse processuale, giacché la rimozione del lamentato errore comporta, per necessità, riflessi utili circa il

proficuo inserimento dell'ente nel quadro organizzativo. Il ricorso è, dunque, ammissibile.

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PARTE TERZA

Nel merito osserva il collegio che fondato si appalesa il primo motivo di impugnazione con il quale viene dedotta la violazione e

falsa applicazione dell'art. 6 d. 1. 8 luglio 1974 n. 264.

Va fatto presente, a questo riguardo, che la predetta norma

dopo un riferimento all'art. 117 Cost, stabilisce limiti con poche

deroghe all'attività ospedaliera demandando alle regioni, nell'eser

cizio delle loro funzioni in materia, il compito di emanare

disposizioni per il rispetto della disciplina contenuta nel medesi

mo articolo con l'osservanza del « principio legislativo » da que sto fissato.

L'intento della norma è quello di porre un argine alle spese

degli enti ospedalieri e di conservare nello stato attuale le

strutture sanitarie allo scopo di apportare solo al momento del

l'entrata in vigore della riforma sanitaria — che, appunto, costi

tuisce il termine finale dell'efficacia dei previsti divieti — tutte le

modifiche e le innovazioni richieste.

Tra l'altro la norma in esame non consente la istituzione di

nuove divisioni ospedaliere, salvo che sussistano ragioni evidenzia

te da specifiche ed inderogabili esigenze sanitarie che non possano trovare adeguato soddisfacimento in altro modo.

In particolare la possibilità di istituire nuove strutture è condi

zionata alla presenza dei seguenti estremi, che si pongono tra loro

non in via alternativa bensì complementare: a) esigenze indero

gabili e specifiche di assistenza sanitaria a favore delle comunità

locali; b) impossibilità di soddisfare tali esigenze mediante la

utilizzazione di analoghe strutture esistenziali in ospedali limitrofi.

Ne deriva che la nuova istituzione può trovare giustificazione solo quando si riveli diretta a soddisfare in modo precipuo le

menzionate necessità, le quali, a loro volta, devono rivestire il

carattere dell'inderogabilità, per cui si deve ritenere non ammissi

bile ogni rinvio a soluzione differente dall'intervento organizzato rio richiesto.

Devesi, pertanto, escludere che il fine del miglioramento quanti tativo o qualitativo delle prestazioni ospedaliere possa costituire

motivo valido a giustificare la nuova istituzione di strutture e,

quindi, a superare il divieto legislativamente imposto.

Sotto i suindicati profili nessuna puntuale indicazione contiene,

però, l'impugnata deliberazione dell'ente ospedaliero di Macerata

Feltria riguardante la trasformazione in divisione della sezione

autonoma di ostetricia e ginecologia. La medesima deliberazione

si limita, infatti, ad affermare genericamente che « l'iniziativa

merita un'attenta considerazione poiché investe un campo sociale

dei più delicati, mentre in sede di legittimità sembra difficile

poter valutare dove finisce e dove inizia l'influenza di altri

nosocomi con servizi sanitari del genere », e che, inoltre, « l'ini

ziativa contiene tutti i crismi dell'utilità e della possibilità reale in

una prospettiva di serio sviluppo e di comodo vantaggio per le

popolazioni ricadenti nella sfera di azione del nostro nosocomio ».

Né assolve all'onere di giustificare in modo puntuale e circo

stanziato la deroga ai previsti divieti di istituire nuove strutture

ospedaliere l'asserita « difficoltà di trovare professionisti qualifica ti intenzionati a prestare la loro opera nelle sezioni o quanto meno di rimanervi, mentre invece per le divisioni il discorso è

completamente l'opposto ».

Tanto basta per poter accogliere anche questo ricorso senza che

occorra esaminare le altre censure che restano evidentemente

assorbite. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione I; sentenza 27 febbraio 1980, n. 209; Pres.

Tozzi, Est. La Medica; Comune di Tuscania (Avv. Scoca) c.

Commissione centrale per la finanza locale, Min. interno.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione I; sentenza 27 febbraio 1980, n. 209; Pres.

Comune e provincia — Trattamento del personale — Delibera

zione di attuazione degli accordi sindacali nazionali — Adatta

mento alle esigenze locali — Diniego di approvazione del

la commissione centrale per la finanza locale — Approva zione «ex lege» (Legga 6 dicembre 1971 n. 1034, istitu

zione dei tribunali amministrativi regionali, art. 23; d. 1. 29

novembre 1977 n. 946, provvedimenti urgenti per la finanza lo

cale, art. 6; legge 27 febbraio 1978 n. 43, conversione in legge, con modificazioni, del d. 1. 29 dicembre 1977 n. 946, art. 1).

Deve ritenersi approvata ex lege la deliberazione comunale sul

trattamento del personale dipendente, adottata in applicazione

degli accordi sindacali nazionali, adattandoli alle esigenze locali, non approvata dalla commissione centrale per la finanza locale,

a causa della sua difformità da tali accordi nazionali, ancorché non eseguita per questa ragione prima del 1" gennaio 1978. (1)

Il Tribunale, ecc. — Ritiene il collegio di dover preliminarmen te esaminare se per effetto della entrata in vigore della legge 27 febbraio 1978 n. 43 l'interesse del ricorrente abbia avuto, con formemente a quanto dispone l'art. 23, uh. comma, legge 6 dicembre 1971 n. 1034, piena ed integrale soddisfazione.

In base al terz'ultimo ed al penultimo comma dell'art. 6 della citata legge di conversione del d.l. n. 496 del 1977 le ipotesi previste concernono, da un lato, le deliberazioni di recepimento degli accordi nazionali A.n.c.i.-U.p.i.-sindacati per il triennio 73-76 adottate ed eseguite entro il 31 dicembre 1977 nonostante la mancata approvazione anche parziale da parte della commissione centrale della finanza locale, e, dall'altro, quelle adottate ma non

approvate né eseguite entro il medesimo termine.

Trattasi in sostanza di ipotesi che si differenziano solo per i] fatto che le prime sono state eseguite, le seconde no.

Ora, poiché il legislatore nella prima ipotesi ha disposto che « resta ferma l'efficacia » di dette deliberazioni, mentre nella

seconda ha detto che « l'efficacia delle predette deliberazioni avrà

luogo a far tempo dal 1° gennaio 1978», il problema da risolvere è quello di stabilire se con il termine « efficacia » si sia voluto far esclusivo riferimento alla conseguenza immediata che scaturi

sce dall'intervento, sia pure ope legis, di un atto di approvazione, oppure se con lo stesso si sia voluto incidere anche sulla decorrenza delle deliberazioni per le quali si era ritenuto di far

intervenire legislativamente il prescritto atto positivo di controllo che ne condizionava l'efficacia.

La prima soluzione appare senz'altro la più fondata innanzitut to perché, se l'intervento del legislatore si fosse limitato alla

decorrenza, lo stesso sarebbe stato quanto meno superfluo, in

quanto è ovvio che la decorrenza delle deliberazioni già eseguite non poteva non coincidere con quella stabilita nelle deliberazioni stesse.

La portata della norma relativa alla predetta ipotesi va invece

oltre, in quanto è evidente che nel caso di esecuzione di delibera zioni non approvate queste ultime sarebbero sempre esposte ad un eventuale annullamento o ex officio oppure su ricorso. Inoltre, e la cosa non è di trascurabile importanza data la vastità del

fenomeno, gli amministratori locali che avevano consentito l'ese cuzione di deliberazioni di spesa non regolarmente approvate sarebbero senz'altro incorsi in responsabilità penali e contabili.

Se, pertanto, queste erano le vere esigenze cui voleva provvede re il comma in questione, non può dubitarsi che l'espressione « è ferma l'efficacia...» è diretta specificamente a munire dette deliberazioni di un'approvazione tardiva in sanatoria. In altri termini se il vero fine del legislatore era quello di sanare le

situazioni illegittime di fatto esistenti, e cioè le deliberazioni

eseguite nonostante la mancata approvazione, non può dubitarsi che l'unico mezzo a sua disposizione fosse quello di disporre, sia

pure attraverso l'espressione apparentemente non chiara « è fer ma l'efficacia » una approvazione tardiva in sanatoria, e cioè una

approvazione che retroagendo al momento della esecuzione di dette deliberazioni sanasse tutto il periodo intercorrente dalla esecuzione stessa alla entrata in vigore della citata legge.

Poiché una analoga esperienza non si poneva per quelle delibera zioni adottate entro lo stesso termine ma non approvate e, quindi, non eseguite, il legislatore nel comma successivo si è limitato solo a dire che: « l'efficacia avrà luogo a far tempo dal 1° gennaio

(1) Sull'interpretazione dell'art. 6 d. 1. 29 novembre 1977 n. 946, nel testo modificato dalla legge di conversione 27 febbraio 1978 n. 43, v. Cons. Stato, Sez. IV, 8 luglio 1980, n. 756, Foro it., Rep. 1980, voce Comune, nn. 165, 175; T.A.R. Sicilia, Sez. Catania, 24 aprile 1980, n. 442, Trib. amm. reg., 1980, I, 2831; T.A.R. Sardegna 5 dicembre 1979, n. 439, ibid., 844; T.A.R. Abruzzo, Sez. L'Aquila, 27 settembre 1979, n. 86, id., 1979, I, 3567; T.A.R. Lazio, Sez. I, 14 marzo 1979, n. 256, e 13 settembre 1978, n. 790, Foro it., Rep. 1979, voce cit., nn. 117, 119; 12 luglio 1978, n. 675, id., 1979, III, 545, con nota di richiami.

L'art. 2 del medesimo decreto-legge, nel testo modificato dalla legge di conversione, dispone anche una approvazione in sanatoria dei bilanci comunali: Corte conti, Sez. riun., 20 luglio 1979, n. 219/A, id., 1980, III, 521, con nota di richiami.

Sul perdurare delle competenze in sede di controllo della commissio ne centrale per la finanza locale, anche dopo l'istituzione dei comitati regionali di controllo in attuazione dell'art. 130 Cost., Cons. Stato, Sez. IV, 10 giugno 1980, n. 641, id., Rep. 1980, voce Giustizia ammini strativa, n. 315; 18 novembre 1980, n. 1069, Cons. Stato, 1980, I, 1526; T.A.R. Abruzzo, Sez. Pescara, 26 giugno 1979, n. 38, Trib. amm. reg., 1979, I, 2829; nonché, con diretto riferimento alla disciplina disposta al riguardo dall'art. 6 d. 1. n. 946 del 1977, e della relativa legge di conversione, Sez. Pescara 24 ottobre 1978, n. 195, Foro it., 1980, III, 220, con nota di richiami.

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