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sentenza 14 aprile 1986, n. 88 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 23 aprile 1986, n. 16); Pres....

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sentenza 14 aprile 1986, n. 88 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 aprile 1986, n. 16); Pres. Paladin, Rel. Ferrari; Soc. So.chi.mi.si. (Avv. Maniscalco Basile) c. I.n.a.i.l. (Avv. Napulitano); interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Palermo 22 giugno 1978 (G. U. n. 24 del 1979) Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1986), pp. 1765/1766-1769/1770 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23180717 . Accessed: 28/06/2014 10:34 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.34 on Sat, 28 Jun 2014 10:34:11 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 14 aprile 1986, n. 88 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 23 aprile 1986, n. 16); Pres. Paladin, Rel. Ferrari; Soc. So.chi.mi.si. (Avv. Maniscalco Basile) c. I.n.a.i.l.

sentenza 14 aprile 1986, n. 88 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 aprile 1986, n. 16); Pres.Paladin, Rel. Ferrari; Soc. So.chi.mi.si. (Avv. Maniscalco Basile) c. I.n.a.i.l. (Avv. Napulitano);interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Palermo 22 giugno 1978 (G. U. n. 24 del 1979)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1986), pp. 1765/1766-1769/1770Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180717 .

Accessed: 28/06/2014 10:34

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Page 2: sentenza 14 aprile 1986, n. 88 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 23 aprile 1986, n. 16); Pres. Paladin, Rel. Ferrari; Soc. So.chi.mi.si. (Avv. Maniscalco Basile) c. I.n.a.i.l.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ammessi o no — debbono essere dal curatore notiziati mediante

raccomandata con avvisi di ricevimento. 7. - Postoché, ai sensi dell'art. 100 (impugnazione dei crediti

ammessi), « Entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria ciascun creditore può impugnare i crediti ammessi

con ricorso al giudice delegato » (1° comma) « Il giudice fissa

con decreto l'udienza in cui le parti e il curatore devono

comparire davanti a lui, nonché il termine perentorio per la

notificazione del ricorso e del decreto al curatore ed ai creditori i

cui crediti vengono impugnati, le parti si costituiscono a norma dell'art. 98, 3° comma » (2° comma) e « Per l'istruzione e la

decisione delle impugnazioni si applicano le disposizioni dell'arti

colo precedente e il giudizio deve essere riunito a quello sulle

opposizioni » (4° comma), la declaratoria d'incostituzionalità del

l'art. 98, 1° comma — ove si rifletta che non sempre sono

spiegate anche opposizioni di creditori in tutto o in parte esclusi

e ammessi con riserva e, pertanto, non si realizza la riunione del

giudizio di impugnazioni con quello delle opposizioni — questa corte non può non giovarsi dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87

per porre nel secondo capo della decisione che va ad adottare

l'art. 100, 1° comma, all'unisono con il capo prima dichiarativo

dall'incostituzionalità dell'art. 98, 1° comma.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti gli incidenti

iscritti ai nn. 503 r.o. 1982 e 544 r.o. 1984, 1) dichiara l'illegitti mità costituzionale dell'art. 98, 1° comma, r.d. 16 marzo 1942 n.

267 (disciplina del fallimento, del concordato preventivo, del

l'amministrazione controllata e della liquidazione coatta ammini

strativa) nella parte in cui stabilisce che i creditori esclusi o

ammessi con riserva possono fare opposizione entro quindici

giorni dal deposito dello stato passivo anziché dalla data di

ricezione delle raccomandate con avviso di ricevimento con

le quali il curatore deve dare notizia dell'avvenuto deposito ai creditori che hanno presentato domanda di ammissione al

passivo; 2) ai sensi dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87 dichiara

l'illegittimità costituzionale dell'art. 100, 1° comma, r.d. 16 marzo

1942 n. 267, nella parte in cui ciascun creditore può impugnare i

crediti ammessi con ricorso al giudice delegato entro quindici

giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria anziché dalla

data di ricezione delle raccomandate con avviso di ricevimento

con le quali il curatore deve dare notizia dell'avvenuto deposito ai creditori che hanno presentato domanda di ammissione al

passivo.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 aprile 1986, n. 88

(Gazzetta ufficiale, V serie speciale, 23 aprile 1986, n. 16);

Pres. Paladin, Rei. Ferrari; Soc. So.chi.mi.si. (Avv. Mani

scalco Basile) c. I.n.a.i.l. (Avv. Napulitano); interv. Pres.

cons, ministri. Ord. Pret. Palermo 22 giugno 1978 (G. U. n. 24

del 1979).

Corte costituzionale — Potere regolamentare della corte — Fon

damento (L. 11 marzo 1953 n. 87, costituzione e funziona

mento della Corte costituzionale, art. 22).

Corte costituzionale — Giudizi incidentali — Sopravvenuta com

posizione della lite — Irrilevanza sul processo costituzionale

(Norme integrative per i giudizi avanti la Corte costituzionale

16 marzo 1956, art. 22).

Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Contributi assicu

rativi — Determinazione — Criteri — Questione infondata di

costituzionalità (Cost., art. 23, 35; r.d. 17 agosto 1935 n. 1765,

disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul

lavoro e delle malattie professionali, art. 49; d.l. c.p.s. 25 gennaio 1947 n. 14, provvedimenti in materia di assicurazione obbligato

ria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali,

art. 6).

Le « norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costitu

zionale », adottate dalla corte stessa ai sensi dell'art. 22, 2"

comma, l. 11 marzo 1953 n. 87, costituiscono svolgimento e

integrazione della legge medesima, la quale a sua volta costi

tuisce svolgimento e integrazione delle leggi cost. 9 febbraio 1948

n. 1 e 11 marzo 1953 n. 1. (1)

(1) Sulla potestà normativa della Corte costituzionale, che non riguar da soltanto la sua organizzazione interna, ma altresì la disciplina proces suale relativa ai giudizi appartenenti alla sua competenza, cfr. i

richiami in calce alla decisione della corte stessa 16 dicembre 1985, n.

Il Foro Italiano — 1986.

Ai sensi dell'art. 22 delle norme integrative per i giudizi davanti

alla Corte costituzionale, l'estinzione del processo nel quale la

questione è stata sollevata non influisce sullo svolgimento del

processo costituzionale incidentale. (2) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 49, 2°

comma, r.d. 17 agosto 1935 n. 1765, come modificato dall'art. 6

d.l. c.p.s. 25 gennaio 1947 n. 14, nella parte in cui stabilisce che

le tariffe dei premi e dei contributi per l'assicurazione contro gli

infortuni debbono essere determinate dall'ente impositore, e ap

provate con decreto ministeriale, in modo da comprendere l'one

re finanziario previsto corrispondente agli infortuni del periodo di assicurazione, in riferimento agli art. 23 e 35 Cost. (3)

Diritto. — 1. - In accoglimento delle richieste avanzate dal

l'I .n.a.i.l., il Pretore di Palermo emetteva due decreti ingiuntivi il

13 agosto 1975 ed altri due l'8 aprile 1976, intimando alla So

cietà chimica mineraria siciliana (So.chi.mi.si.) di corrispondere all'I.n.a.i.l. varie somme (rispettivamente, di lire 185.972.011,

1.527.110, 111.116.380 e 382.200) per premi non versati relativa

mente agli anni dal 1967 al 1975, nonché per addizionali, rivalse,

penalità ed interessi legali. Avverso i suddetti decreti ingiuntivi la

società intimata proponeva opposizione ed in tale sede, su solleci

tazione della So.chi.mi.si., il Pretore di Palermo, con ordinanza

emessa il 22 giugno 1978 (r.o. n. 521 del 1978), sollevava, in

riferimento agli art. 23 e 35 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 49, 2° comma, r.d. 17 agosto 1935 n. 1765

(disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul

lavoro e delle malattie professionali), come modificato dall'art. 6

d.l.c.p.s. 25 gennaio 1947 n. 14 (provvedimenti per l'assicurazione

obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie profes

sionali).

2, id., 1986, I, 870, che ha respinto un ricorso in materia di rapporto d'impiego dei suoi dipendenti, affermando l'insindacabilità dei regola menti adottati dalla corte.

La sentenza che si riporta non prende esplicitamente posizione sulle varie tesi addotte dalla dottrina per giustificare questa forma di attività

normativa, concernente materie che la Costituzione sembra riservare alla legge o addirittura alla legge costituzionale, ma è comunque fermamente orientata nel senso di riaffermarne la piena operatività.

Sulle diverse forme di attività normativa svolte da organi giudiziari, in una prospettiva comparatistica, cfr. A. Pizzorusso, Corso di diritto

comparato, Milano, 1983, 245-247.

(2) Nel senso che il requisito della rilevanza, ancorché non esplici tamente previsto dall'art. 134 Cost., né dall'art. 1 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1, sia tuttavia intrinseco ad un sistema di controllo incidentale

di costituzionalità delle leggi cfr., da ultimo, M. Luciani, Le decisioni

processuali e la logica del giudizio costituzionale incidentale, Padova,

1984, 101-102 e nota 39, ove viene richiamata, tra l'altro, l'opinione che fu espressa in tal senso da P. Calamandrei, L'illegittimità costituzionale delle leggi nel processo civile, 1950, 48. Sulla costituziona

lità dell'art. 23 1. 11 marzo 1953 n. 87, nella parte in cui prevede il

requisito della rilevanza, Corte cost. 9 giugno 1971, n. 130, Foro it.,

1971, I, 2447, commentata da F. Modugno, Sulla pretesa incostituzio nalità del requisito della « rilevanza » per le « quaestiones legitimita

tis», in Giur. costit., 1971, 1218. Dato che la corte abitualmente restituisce al giudice a quo, per il

riesame della rilevanza, le questioni aventi ad oggetto disposizioni o

norme con riferimento alle quali sia intervenuto uno ius superveniens, la riaffermazione della disposizione di cui all'art. 22 delle norme

integrative fa supporre che essa intenda che il requisito della rilevanza

vada valutato con riferimento al momento della pronuncia dell'ordi nanza di rimessione per quanto concerne l'apprezzamento della situa

zione di fatto che viene in considerazione nel giudizio a quo, ma vada

invece valutato con riferimento al momento in cui la corte decide la

questione, per quanto concerne la situazione di diritto, applicandosi cosi il principio iura novit curia non soltanto con riferimento alle

norme-parametro, ma altresì' alle norme-oggetto del controllo di costitu

zionalità. L'ordinanza 22 giugno 1978 del Pretore di Palermo è massimata

in Foro it., 1979, I, 1102, con nota di richami, e si legge integralmente in Giur. costit., 1979, II, 187. In proposito v., anche, Cass. 20

dicembre 1977, n. 5556, Foro it., 1978, I, 352, con osservazioni di

C. M. Barone, pronunciata fra le stesse parti, che ha affermato la

giurisdizione del giudice ordinario su una controversia di analogo contenuto [A. Pizzorusso]

(3) La manifesta infondatezza della questione era già stata ritenuta da

Cass. 7 luglio 1983, n. 4589, Foro it., 'Rep. 1984, voce Infortuni sul

lavoro, n. 192.

Per riferimenti in tema di premio assicurativo contro gli infortuni sul

lavoro, cfr. Corte cost. 16 dicembre 1982, n. 222, e Cass. 27 maggio 1982, n. 3252, id., 1983, I, 14, con nota di richiami.

Sull'art. 23 Cost., cfr., da ultimo, Corte cost. 5 febbraio 1986, n.

34, id., 1986, I, 608, con nota di richiami, cui adde A. Fedele, in Commentario della Costituzione, diretto da G. Branca, Bologna-Ro ma, 1978, sub art. 23.

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1767 PARTE PRIMA 176S

2. - L'impugnato art. 49 r.d. n. 1765 del 1935, dopo avere

statuito nel 1° comma che « le tabelle dei coefficienti per il

calcolo dei valori capitali attuali delle rendite di inabilità e di

quelle a favore dei superstiti », da adottarsi dall'I.n.a.i.l., vanno

sottoposte all'approvazione del ministero del lavoro e della previ denza sociale, prescrive nel 2° comma che « le tariffe dei primi e

dei contributi debbono essere determinate in modo da compren dere l'onere finanziario, previsto corrispondente agli infortuni del

periodo di assicurazione ». E con riguardo alla controversia che ha originato la questione in esame, le tariffe per l'industria

esercente attività di estrazione dello zolfo erano state determinate, sulla base delle tabelle dei coefficienti adottate il 15 marzo 1960, con delibera del consiglio di amministrazione dell'I .n.a.i.l. 24

ottobre 1962, approvata con decreto ministeriale il 3 novembre

dello stesso anno.

3. - Ad avviso del giudice a quo, la disposizione di cui al

trascritto 2° comma sarebbe costituzionalmente illegittima. L'art.

23 Cost., infatti, stabilisce che « nessuna prestazione ... patrimo niale può essere imposta se non in base alla legge », la quale

può, sf, demandare l'esercizio di tale potere alla p.a., purché stabilisca elementi e criteri che indichino i presupposti, sia

soggettivi che oggettivi, la misura della prestazione, i controlli. A

sua volta, questa corte ha costantemente precisato — e l'ordinan

za invoca all'uopo numerose sentenze, facendo proprie afferma

zioni ivi contenute — che la legge la quale imponga una

prestazione patrimoniale è legittima, soltanto qualora contenga i

criteri ed i limiti idonei a circoscrivere l'esercizio del potere

impositivo. Nella specie, viceversa, risulterebbe prevista la misura minima

della prestazione, non anche quella massima, e la omessa previsione di questa, cioè di alcun criterio idoneo a determinarla, da parte del

legislatore renderebbe illimitata la potestà dell'ente previdenziale e del ministero, in quanto li facoltizzerebbe a stabilire la misura

massima con assoluta discrezionalità, offendendo cosi la riserva di

legge di cui all'art. 23 Cost, e disattendendo l'interpretazione di

questa corte. E non sarebbe possibile — osserva ancora il giudice

a quo — interpretare la disposizione impugnata « nel senso che

l'onere finanziario corrispondente agli infortuni del periodo di

assicurazione costituisca non soltanto il limite minimo, ma anche

il limite massimo, cui dovevano essere commisurate le tariffe dei

premi e dei contributi », giacché « il termine ' comprendere

' non

è sinonimo di ' corrispondere ', né esprime l'obbligo di un'egua

glianza tra tariffe ed onere finanziario ». Del resto — soggiunge

l'ordinanza —, la prova della fondatezza della denunciata illegit

timità è offerta dallo stesso legislatore, che ha modificato la

disposizione del 1935 con l'art. 40, 3° comma, d.p.r. 30 giugno

1965 n. 1124 (t. u. delle disposizioni per l'assicurazione obbligato

ria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali). Tale articolo, infatti, prescrivendo che « la tariffa stabilisce tassi

di premio nella misura corrispondente al rischio medio nazionale

delle singole lavorazioni assicurate », ha introdotto un criterio

che si pone come limite all'ente impositore nella determinazione

della misura massima: il criterio, cioè, che questa corrisponda al

rischio medio nazionale, con conseguente preclusione per

l'I .n.a.i.l. di fissare tassi superiori di premio. E proprio in

applicazione e per effetto di tale criterio, la misura dei premi e

dei contributi nelle lavorazioni di estrazioni dello zolfo è scesa

dal 252 per mille al 150 per mille dei salari.

Sarebbe, insomma, sulla base dell'impugnata disposizione del

1935, poi modificata nel 1965, che l'I.n.a.i.l. ha potuto stabilire

premi maggiori di quelli occorrenti per coprire i rischi. E tale

maggiorazione — si afferma da ultimo in ordinanza —, poiché « lungi dal tutelare il lavoro e le attività industriali finisce in

concreto con l'ostacolarlo e scoraggiarlo », violerebbe altresì l'art.

35 Cost.

4. - Preliminare all'esame del merito è l'eccezione di cessazione

della materia del contendere, proposta dalla difesa dell'I .n.a.i.l.

con la memoria depositata nell'imminenza della discussione orale

della causa. Ivi si sostiene che la lite si sarebbe estinta in

pendenza del giudizio costituzionale, dato che « a seguito della 1.

reg. sic. 28 dicembre 1979 n. 256 (art. 18) nonché della 1. statale

n. 155 del 1981 (condono delle sanzioni in materia di pagamento contributi e premi assicurativi), i crediti dell'istituto sono stati

onorati ». Vero è — si soggiunge — che, ai sensi dell'art. 22 delle

norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, « le norme sulla ... estinzione del processo non si applicano ai

giudizi davanti alla Corte costituzionale neppure nel caso in cui,

per qualsiasi causa, sia venuto a cessare il giudizio rimasto

sospeso davanti all'autorità giurisdizionale, che ha promosso il

giudizio di legittimità costituzionale », ma vero altresì che trattasi

Il Foro Italiano — 1986.

di « una norma interna di carattere di regolamentazione proces suale », che non può « superare il disposto della legge », la quale richiede che le questioni di legittimità costituzionale siano rile

vanti, prima che non manifestamente infondate. E la corte nel

caso di specie non potrebbe, in conseguenza delle leggi testé

menzionate, non rinviare la questione al giudice a quo per il

riesame della rilevanza, stante che questa va valutata, al pari di

quanto accade nell'ipotesi di ius superveniens, « al momento della

decisione di costituzionalità ».

L'eccezione va rigettata. Le norme integrative per i giudizi davanti a questa corte sono, come del resto esplicitamente dice lo

stesso titolo dell'atto normativo in parola, svolgimento ed integra zione della 1. 11 marzo 1953 n. 87 (norme sulla costituzione e sul

funzionamento della Corte costituzionale e successive modifica

zioni), la quale a sua volta è svolgimento ed integrazione delle leg

gi cost. 9 febbraio 1948 n. 1 (norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d'indipendenza della Corte costitu

zionale) e 11 marzo 1953 n. 1 (norme integrative della Costitu

zione concernenti la Corte costituzionale). E come la suddetta

legge ordinaria, disponendo (art. 23) che, per potersi sollevare

questioni di legittimità costituzionale, occorre che « il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione » di

essa, ha introdotto il requisito della rilevanza, che non era

previsto, né dalla Costituzione, né dalle due summenzionate leggi costituzionali, così l'art. 22 delle norme integrative adottate da

questa corte ha coerentemente statuito su un tema non previsto dalla 1. n. 87 del 1953, cioè in ordine agli effetti dell'estinzione

del processo sui giudizi rimasti sospesi davanti al giudice che ha

promosso il giudizio di legittimità costituzionale.

5. - La questione di legittimità costituzionale di una legge che

attribuisca ad un'autorità amministrativa l'esercizio del potere di

imposizione è stata ripetute volte affrontata da questa corte.

Sollevata sempre in riferimento al solo art. 23 Cost. — ma anche

in riferimento, una volta all'art. 53 (sent. n. 27 del 1979, Foro it.,

1979, I, 1658) ed altra volta all'art. 42 Cost. (sent. n. 30

del 1957, id., 1957, I, 503) —, viene con l'ordinanza in

esame proposta dal Pretore di Palermo in riferimento, sia al

l'art. 23, sia all'art. 35 Cost. E questa corte, sin dalla sua

prima sentenza in materia (n. 4 del 1957, id., 1957, I, 202), ha avuto cura di enunciare in linea di principio che la leg ge la quale conferisca l'esercizio del potere impositivo è con

forme a Costituzione, sempre che non lasci all'arbitrio dell'en

te o dell'organo impositore la determinazione della prestazione. Più propriamente ha statuito, e ribadito, che l'arbitrio non ricorre

neppure nel caso in cui la legge non stabilisca la misura massima

della prestazione imponibile, quando contenga l'indicazione di criteri limitativi della discrezionalità dell'organo o ente impositore, cioè tali che, anche se valutati nel loro complesso, risultino idonei alla determinazione della prestazione.

6. - Alla luce della sopra riassunta giurisprudenza, su cui tuttavia il giudice a quo poggia la sua censura, la questione appare destituita di ogni fondamento.

Sembra, infatti, a questa corte che l'impugnata disposizione —

posto pure, contrariamente a quanto sostiene l'avvocatura dello

Stato, che non esprima la misura massima — contiene il criterio idoneo a determinarlo, quale è appunto quello, di dubbio caratte re tecnico, consistente nel vincolare l'ente impositore a rapporta re, ai fini della determinazione delle tariffe, il coacervo dei premi e dei contributi agli infortuni del periodo di assicurazione, cioè all'andamento infortunistico. Risultando cosi delimitata la discre zionalità dell'I.n.a.i.l., rimane escluso l'arbitrio nell'esercizio del

potere impositivo in parola. Tanto più che ai sensi del d.l.c.p.s. 13 maggio 1947 n. 438 (composizione e competenza degli organi amministrativi dell'I.n.a.i.l.) spetta al comitato tecnico dell'istituto,

composto anche di sette esperti particolarmente competenti nel

campo dell'assicurazione (art. 6), oltre che di far proposte in ordine ai sistemi speciali per la determinazione dei premi e contributi assicurativi per singole categorie professionali, di dare

parere sulle modificazioni alla misura dei premi e dei contributi

assicurativi, nonché di determinare i criteri per la raccolta e la elaborazione delle notizie statistiche in materia (art. 7). Vale ricordare altresì che la Corte di cassazione ha ritenuto manife stamente infondata la questione in oggetto. Né vale replicare che la prova dell'asserita violazione dell'art. 23 Cost, sarebbe offerta dallo stesso legislatore, il quale ha modificato la formulazione del 2° comma dell'art. 49 r.d. n. 1765 del 1935, precisando nell'art. 40, ult. comma, delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124) che i tassi di premio vanno stabiliti nella misura corrispondente al « rischio medio nazionale delle singole

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

lavorazioni assicurate ». Cosi disponendo, infatti, nel menzionato decreto presidenziale, il legislatore non ha sostanzialmente mo dificato la disciplina, giacché si è limitato a riprodurre quanto era

già esplicitamente contenuto nel d.m. 3 novembre 1962 (par. 3), che appunto prevedeva la rapportazione dei tassi di premio al « rischio medio nazionale ».

In quanto, da ultimo, alla doglianza formulata in riferimento all'art. 35 Cost., trattasi palesemente di censura correlata all'asse rita assoluta discrezionalità dell'ente impositore, che pertanto viene travolta unitamente alla censura di violazione dell'art. 23 Cost, che dovrebbe sorreggerla.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 49, 2° comma, r.d. 17 agosto 1935 n. 1765, come modificato dall'art. 6 d.l.c.p.s. 25 gennaio 1947 n. 14, sollevata con l'ordinanza in epigrafe dal

Pretore di Palermo in riferimento agli art. 23 e 35 Cost.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 marzo 1986, n. 40

■(Gazzetta ufficiale, 1" serie speciale, 12 marzo 1986, n. 10); Pres. e rei. Paladin; Fabbrini ed altri c. Min. finanze; interv.

Pres. cons, ministri. Ord. Pret. La Spezia 29 marzo 1978 (G. U.

n. 354 del 1978).

Impiegato dello Stato e pubblico — Assunzioni temporanee —

Risoluzione di diritto allo scadere dei novanta giorni —

Conversione del contratto in rapporto a tempo indeterminato —

Inapplicabilità — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 4, 35, 97; 1. 18 aprile 1962 n. 230, disciplina del

contratto di lavoro a tempo determinato, art. 2; d.p.r. 31 marzo

1971 n. 276, assunzioni temporanee di personale presso le

amministrazioni dello Stato, art. 1, 4).

È infondata, in riferimento agli art. 3, 4, 35 e 97 Cost., la

questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, 1" comma, lett.

b, limitatamente alle parole « al compimento dei quali il

rapporto è risolto di diritto », e dell'art. 4 d.p.r. 31 marzo 1971

n. 276, che, con riferimento alle assunzioni temporanee di

personale nell'amministrazione dello Stato, dispongono la nul

lità delle assunzioni effettuate in violazione della disciplina dettata dagli art. 1 - 3 del predetto decreto, anziché la con

versione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indetermi

nato, come avviene per il lavoro a termine di diritto privato ex l. n. 230/62, attese sia le innegabili persistenti differenze che

intercorrono fra l'impiego privato e quello pubblico sia la desti

nazione a soddisfare esigenze di carattere eccezionale delle as

sunzioni ex d.p.r. n. 267/71 sia l'opportunità di evitare favori tismi nelle assunzioni senza concorso pubblico. (1)

Diritto. — 1. - Preliminarmente, va respinta l'eccezione d'inam

missibilità promossa dall'avvocatura dello Stato in base al rilievo che il Pretore di La Spezia non potrebbe comunque fare applica zione delle norme invocate dai ricorrenti, ossia della 1. 18 aprile 1962 n. 230, sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato. Affinché sussista la rilevanza d'una impugnazione incidentale, è infatti sufficiente che la questione sollevata investa la norma o le norme applicabili — allo stato attuale dell'ordina mento — per la risoluzione del giudizio a quo.

Né la conclusione può mutare, d'altra parte, in vista della

circostanza che il Pretore di La Spezia è stato adito ex art. 700

c.p.c., mediante una serie di ricorsi proposti nei confronti del ministero delle finanze. Sul punto, infatti, il giudice a quo ha

(1) L'ordinanza di rimessione leggesi in Foro it., 1979, I, 285, con nota di richiami: la corte ha deciso la questione di costituzionalità

dopo otto anni esatti dalla rimessione, avvenuta per di più in sede di

procedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c.: se veramente i timori di un danno grave e irreparabile sussistevano all'epoca, c'è da pensare che, all'attualità, i ricorrenti o hanno trovato un altro lavoro o si so no... consunti d'inedia!

Sul rapporto di lavoro a termine con la p.a., v. Cass. 18 novembre 1982, n. 6178, id., 1984, I, 549, con nota di Di Stefano.

Per una fattispecie di merito analoga a quella sottoposta all'esame del Pretore di La Spezia, v. Cass., sez. un., 14 dicembre 1983, n. 7370, ibid., 1898, con nota di Di Ciommo (che si è pronunziata per la carenza di giurisdizione dell'a.g.o. ad emettere il provvedimento ex art. 700 c.p.c. invocato nei confronti della p.a. per evitare il danno derivante dalla cessazione del rapporto d'impiego a tempo determina

to) [G. Albenzio].

Il Foro Italiano — 1986.

motivato ampiamente. E la sentenza 28 giugno 1985 n. 190 (Foro

it., 1985, I, 1881), con cui questa corte ha riconosciuto al

giudice amministrativo la potestà di adottare provvedimenti d'ur

genza nelle controversie patrimoniali in materia di pubblico

impiego, non basta a far ritenere inammissibile la questione in

esame, sebbene prospettata ad opera di un giudice civile. 2. - Nondimeno, l'impugnativa non si dimostra fondata, sotto

nessuno degli aspetti sui quali ha insistito l'ordinanza di rimes sione.

La giurisprudenza di questa corte è tuttora costante nel senso che non vale far richiamo, per ipotizzare illegittime disparità di

trattamento, al solo dato della « tendenziale convergenza » delle

discipline rispettivamente riguardanti il lavoro privato ed il pub blico impiego. Certo è che tale convergenza s'è ulteriormente accentuata negli ultimi anni, soprattutto in virtù della « legge quadro » 29 marzo 1983 n. 93. Ma, anche nel periodo successivo all'emissione dell'ordinanza predetta, la corte ha messo in luce le « differenze che tuttora intercorrono tra impiego privato ed im

piego pubblico » (si vedano le sent. 5 aprile 1984, n. 90 id., 1984, I, 1987; 10 marzo 1983, n. 46, id., 1983, I, 2096; 17 dicembre

1981, n. 193, id., 1982, I, 644; 5 maggio 1980, n. 68, id., 1980, I, 1553).

Ciò che più conta, nell'ambito del particolare ordinamento

dell'impiego pubblico l'impugnato d.p.r. 31 marzo 1971 n. 276

presenta un carattere spiccatamente derogatorio: come risulta sia dal suo preambolo, là dove si sottolinea la temporaneità delle assunzioni delle quali si tratta, in quanto destinate a soddisfare

«esigenze di carattere eccezionale», sia dalla lett. a dell'art. 1, con cui si ribadisce che « le assunzioni temporanee devono essere

giustificate da esigenze indilazionabili e determinate nella dura ta ». Il che rende ancor meno sostenibile la richiesta del giudice a quo, intesa ad allargare di molto la portata di tale disciplina, alterando la stessa natura dei rapporti da essa regolati, in vista di una legge di cui generalmente la dottrina disconosce la presente adeguatezza, come quella recante il n. 230 del 1962.

Si consideri ancora che l'invocato art. 97 Cost., non solo non concorre a sorreggere la proposta censura, ma anzi fornisce

argomenti per respingerla. Da un lato, lo stesso Pretore di La

Spezia individua esattamente la ragion d'essere del contestato art.

1, 1° comma lett. b, sulla risoluzione di diritto del rapporto allo scadere del prescritto termine, nell'opportunità di porre « un freno ad assunzioni senza concorso, indiscriminate, clientelari, destinate a trasformarsi in assunzioni a tempo indeterminato con

pregiudizio per la p.a. e l'erario ». D'altro lato, diversamente ne deriverebbero situazioni di privilegio e violazioni del principio d'imparzialità, in netto contrasto con quel sistema di elenchi e di

precedenze dei vari aspiranti, che è stato congegnato dall'art. 3 del d.p.r. n. 276, ai fini delle nuove assunzioni straordinarie.

Ciò basta ad imporre il rigetto dell'impugnativa. E nulla

aggiunge, a sostegno della conclusione opposta, il generico ri chiamo agli art. 4 e 35 Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 1, 1° comma, lett. b, limitatamente alle parole « al compimento dei quali il

rapporto è risolto di diritto», e 4 d.p.r. 31 marzo 1971 n. 276

(« assunzioni temporanee di personale presso le amministrazioni dello Stato »), sollevata dal Pretore di La Spezia, in riferimento

agli art. 3, 4, 35 e 97 Cost., con l'ordinanza indicata in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 5 febbraio 1986, n. 31

(.Gazzetta ufficiale, 1* serie speciale, 12 febbraio 1986, n. 6); Pres. Paladin, Rei. Dell'Andro; Casciola ed altri (Avv. Comi

to), Mariani (Avv. Persiani) c. I.n.p.s. (Avv. Rainone Tripputi, Belloni, Vario, Renzui.lo, Ausenda); interv. Pres. cons, mini stri (Avv. dello Stato Ferri). Ord. Pret. Cuneo 1° agosto 1978

(G.U. n. 45 del 1979); Trib. Prato 13 dicembre 1978 (G.U. n. 87 del 1979); Pret. Ancona 2 marzo 1979 (G.U. n. 175 del

1979); Pret. Cuneo 30 maggio 1979 (G.U. n. 353 del 1979); Trib. Lecce 2 novembre 1978 (G.U. n. 15 del 1980); Pret. Fer rara 20 maggio 1980 (G.U. n. 263 del 1980); Trib. Brindisi 6

giugno 1980 (G.U. n. 325 del 1980); Pret. Bologna 7 luglio 1982

(G.U. n. 53 del 1983).

Previdenza sociale — Minimi pensionistici — Determinazione —

Differenziazione tra lavoratori autonomi e dipendenti — Que stioni infondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 38; 1. 3 giugno 1975 n. 160, norme per il miglioramento dei trattamenti

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