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sentenza 14 aprile 2004; Giud. Mondini; Paltrinieri e altri (Avv. Di Grazia) c. Soc. Enel (Avv.Grassi, Passeggio, Maione, Cattani)Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 4 (APRILE 2005), pp. 1267/1268-1277/1278Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200719 .
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PARTE PRIMA
TRIBUNALE DI LUCCA; sentenza 14 aprile 2004; Giud.
Mondini; Paltrinieri e altri (Avv. Di Grazia) c. Soc. Enel
(Avv. Grassi, Passeggio, Maione, Cattani).
TRIBUNALE DI LUCCA;
Ambiente (tutela dell') — Inquinamento elettromagnetico — Provvedimenti inibitori — Limiti (Cost., art. 32; 1. 22 febbraio 2001 n. 36, legge quadro sulla protezione dalle espo sizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici;
d.p.c.m. 8 luglio 2003, fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezio ne della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, ma
gnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra
100 kHz e 300 GHz).
Non è fondata la richiesta di provvedimenti inibitori avverso
condotte che producono emissioni elettromagnetiche di cui
sia asserita la pericolosità, ma di cui non sia emersa la esor
bitanza dai limiti pósti dalla l. 22 febbraio 2001 n. 36 e dal d.p.c.m. 8 luglio 2003; soltanto in caso di comprovata inade
guatezza dei suddetti limiti sarebbe possibile un intervento
giudiziale ispirato al principio comunitario di massima tutela
possibile. (1)
II
TRIBUNALE DI PALERMO; ordinanza 10 marzo 2004; Pres.
Monteleone, Rei. De Gregorio; Questura di Palermo c. Sar
no e altro (Avv. Palmigiano).
Ambiente (tutela dell') — Inquinamento elettromagnetico — Tutela anticipatoria — Fattispecie (Cost., art. 32; 1. 22
febbraio 2001 n. 36; d.p.c.m. 8 luglio 2003).
Sono fondate le domande volte ad ottenere una tutela c.d. anti
cipatoria, qualora abbiano ad oggetto impianti che anche
solo potenzialmente possono superare i limiti posti dalla l. 22
febbraio 2001 n. 36 e dal d.p.c.m. 8 luglio 2003, qualora sia
ravvisabile un periculum per la salute della popolazione (nella specie, sulla base del principio precauzionale a tutela
della salute generale è stata decisa la rimozione delle antenne
appartenenti ad una questura anche in mancanza del supera mento dei valori-soglia di esposizione). (2)
(1-2) Le due pronunce in rassegna aderiscono all'orientamento favo revole al riconoscimento in capo al giudice del potere di assicurare il
rispetto del diritto alla salute previsto dall'art. 32 Cost., divergendo, pe raltro, nella soluzione accolta in caso di condotte che determinano l'e missione di onde elettromagnetiche inferiori ai limiti massimi fissati dall'ordinamento (sul punto, v. Cass. 27 luglio 2000, n. 9893, Foro it., 2001, I, 141, con nota di R. Falco, che ha riconosciuto al giudice ordi nario il potere di intervenire avverso condotte che pure non superino i limiti fissati in sede normativa).
Nella prima massima, infatti, il Tribunale di Lucca si è dimostrato
più cauto nell'ammettere la possibilità di pronunce inibitorie del giudi ce ordinario in caso di presunte inadeguatezze delle soglie di legge, sancendo che sia «ipotesi logicamente non assurda stante il carattere
generale di ogni previsione normativa, ma certo assolutamente impro babile dato che nessuno studio scientifico ha mai attestato la dannosità delle radiazioni neppure per valori superiori se non di molto rispetto a
quelli individuati da! d.p.c.m. 8 luglio 2003». In senso conforme, rela tivamente all'interpretazione del principio di precauzione nell'eserci zio, però, del potere amministrativo di ordinanza, v. Tar Veneto, sez. Ili, 28 novembre 2001, n. 4131, id., Rep. 2003, voce Comune, n. 472, ove si precisa che, nell'ambito dell'inquinamento elettromagnetico, possono essere emanati provvedimenti urgenti a tutela della salute pub blica, qualora il danno non sia solo ipotetico o meramente ipotizzabile, ma abbia un certo grado di certezza; in particolare, il principio di pre cauzione comporta di per sé la fissazione di elevate soglie di cautela, ossia di livelli di emissione per cui la probabilità dell'evento dannoso è valutata anche se notevolmente ridotta, proprio in rapporto al bene che s'intende tutelare, anche se la probabilità non può divenire insignifi cante. Di conseguenza, qualora la normativa abbia stabilito una soglia di cautela, fissando dei limiti, l'utilizzo di soglie più restrittive rispetto a quelle che, per scelta normativa appaiano già probabilisticamente basse, deve risultare oggetto d'indagini scientifiche e istruttorie parti colarmente accurate.
La seconda massima, invece, si uniforma all'orientamento già espresso da Trib. Venezia, ord. 14 aprile 2003, ibid., voce Sanità pub
II Foro Italiano — 2005.
I
Fatto e diritto. — 1. - Con atto di citazione notificato il 3
marzo 1999, Emanuele Paltrinieri unitamente ad altri sessanta
cinque suoi vicini di casa, residenti in Lucca in prossimità del
tracciato degli elettrodotti Vinchiana-Filettole e Torri te-Ronco, le cui linee sono percorse da una corrente di 132 Kv con fre
quenza di 50 Hz, lamentando che il campo magnetico prodotto
dall'energia, costantemente superiore all'interno delle abitazio
blica, n. 797; v. altresì Tar Puglia, sez. I, 12 giugno 2002, n. 2784, id.,
Rep. 2002, voce Comune, n. 467, e sede Lecce, sez. I, 6 marzo 2002, n. 1027, ibid., voce Telefono e comunicazioni, n. 35, secondo cui l'ap plicazione del principio di precauzione non può prescindere da una considerazione fondamentale, ossia l'assenza di conoscenze scientifi che certe sugli effetti a lungo termine sulla salute umana, derivanti dalle esposizioni alle radiazioni, per cui non può asserirsi che i valori limite minimi fissati dalla normativa statale siano assolutamente pru denziali. Le suddette decisioni, peraltro, richiamano la già citata pro nuncia di Cass. 27 luglio 2000, n. 9893. La corte, in particolare, con riferimento ai limiti fissati dal d.p.c.m. 23 aprile 1992 (ormai abrogato a seguito dell'entrata in vigore del d.p.c.m. 8 luglio 2003), ha affer mato che, data la natura ed i presupposti di tale atto, esso ha il valore di impedire che possa essere tenuta una condotta che vi contrasti, men tre non ha il potere di rendere di per sé lecita la condotta che vi si uni
formi, poiché tali limiti sono adeguati allo stato delle conoscenze circa i possibili effetti negativi dei fenomeni presi in considerazione ed è la stessa legge primaria che prevede che debbano essere oggetto di pe riodica revisione. Di conseguenza, il giudice ordinario deve accertare, nel corso di un processo, se sulla base delle conoscenze scientifiche
acquisite nel momento in cui si tratta di decidere sulla domanda, avuto
riguardo anche alla situazione del caso concreto, vi sia pericolo per la conservazione dello stato di salute, ancorché tale esposizione si de termini nel rispetto dei limiti massimi stabiliti dalla disciplina di rango secondario vigente al momento della decisione.
In dottrina, sul rapporto tra principio di precauzione e ruolo del giu dice, particolarmente interessante è l'opinione di F. Merusi, Dal fatto incerto alla precauzione la legge sull'elettrosmog, in Foro amm., 2001, 221, che partendo dal presupposto che non c'è certezza sul fatto, teme che «ogni giudice si sente legittimato ad interpretare il fatto e a trarre
dall'interpretazione di un fatto incerto le più disparate conseguenze giuridiche», secondo lo schema della sussunzione del fatto incerto in
fattispecie già previste dall'ordinamento. La 1. 36/01 ed il principio di
precauzione, invece, imporrebbero di seguire una diversa impostazione, rinunciando alla qualificazione del fatto incerto, tramite la fissazione di standard di tutela. In senso parzialmente difforme, v. l.M. Marino, Prime considerazioni sulla disciplina «interna» di Ogm e Mogm, in R. Ferrara-N. Olivetti Rason (a cura di), Gli organismi geneticamente modificati, Padova, 2003, 227 ss., secondo cui il principio di precau zione si costruirebbe giuridicamente «anche a prescindere dalla disci
plina amministrativa della materia, nel senso che la disciplina ammini strativa può essere messa in discussione qualora vengano dimostrati, comunque, ragionevoli rischi per la salute». Secondo l'a., in particola re, l'acquisizione di nuove informazioni circa la presunta pericolosità di condotte, precedentemente non ritenute tali, giustificherebbe un in tervento del giudice, seppur necessariamente caso per caso, al fine di
garantire l'effettività della tutela del diritto alla salute, interpretando il «rischio» come fonte autonoma del diritto di fronte alle incertezze scientifiche. Peraltro, le due teorie potrebbero trovare un punto di in contro proprio in considerazione dell'eventuale acquisizione di nuovi fatti che comprovino il pericolo di condotte pur non esorbitanti dai li miti imposti dal legislatore. Si può, infatti, presumere che il timore
espresso da Merusi possa venire meno qualora, dopo la fissazione degli standard in sede normativa, il progresso scientifico provi il rischio cor relato a fattispecie in precedenza non considerate. Ciò, del resto, costi tuisce l'essenza stessa del principio di precauzione che si basa sull'ac
quisita consapevolezza di una scienza «incerta» (sul punto, v. M. Tal
lachini, Ambiente e diritto della scienza incerta, in Ambiente e diritto a cura di S. Grassi, M. Cecchetti e A. Andronio, Firenze, 1999, 57 ss.) e
proprio per questo soggetta a continue evoluzioni e «aggiustamenti». V., inoltre, sull'argomento, F. Fonderico, Tutela dall'inquinamento elettromagnetico e amministrazione «precauzionale», in Giornale dir.
amm., 2004, 335 ss., secondo cui l'ordinamento italiano ha inteso il
principio di precauzione come «regola del procedere» (ossia «obbligo di presa in considerazione dell'incertezza scientifica nell'ambito del l'analisi di rischio») che si concretizza nell'adozione dei valori-soglia di competenza statale. Pur con questa premessa, l'a. ritiene che né la
disciplina legislativa, né la sua applicazione pratica possono ritenersi sufficienti per garantire il diritto alla tutela dell'ambiente e della salute e, di conseguenza, ritiene che sia possibile un sindacato giurisdizionale sui valori-soglia, anche se esso dovrà atteggiarsi in maniera diversa a seconda che si tratti di «limiti di esposizione» o piuttosto «valori di at
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ni agli 0,2 microtesla, poneva a rischio la loro salute, conveni
vano in giudizio l'Enel, proprietaria degli impianti, perché, «ac
certato o comunque non escluso il nesso di causalità tra i campi
magnetici.,. e la possibile insorgenza di un danno alla salute,
capace di manifestarsi sotto varie forme di malattia» ... fosse
ordinato alla convenuta «di togliere le linee elettriche ... o co
munque di eliminare gli effetti nocivi dei relativi campi magne tici ponendoli sotto una soglia di massima sicurezza» con; «in
subordine» condanna della società «a risarcire il danno alla sa
lute che gli attori sono sfati costretti e continueranno a subire fi
no al momento in cui non cesserà l'esposizione nociva ai campi
magnetici» (quest'ultima, subordinata, domanda è stata poi
espressamente rinunciata). L'Enel si costituiva; evidenziava che le linee erano perfetta
mente in regola con i parametri di sicurezza di cui d.p.c.m. 23
aprile 1992 e che il rischia paventato dagli attori era in realtà un
mero sospetto privo di riscontri giacché nessuno studio scienti
fico aveva dimostrato la nocività delle radiazioni elettromagne tiche; chiedeva pertanto il rigetto della domanda.
Con comparsa del 21 settembre 2000, interveniva in causa la
soc. Terna, costituita in attuazione dell'art. 13 d.leg. 16 marzo
1999 n. 79 e succeduta a titolo particolare all'Enel nella pro
prietà dei due elettrodotti in questione; la società, nella compar sa, faceva proprie le difese della convenuta, successivamente,
eccepiva il difetto di giurisdizione di questo tribunale.
La causa è stata istruita a mezzo di produzioni documentali e
di c.t.u.; all'udienza del 9 gennaio 2004 le parti hanno rasse
gnato le conclusioni trascritte in epigrafe. 2. - La domanda nel merito va disattesa; preliminarmente è
comunque opportuno esaminare l'eccezione di difetto di giuris dizione sollevata dalla società intervenuta giacché tale eccezio
ne, sulla quale le parti si sono soffermate, presenta profili pro blematici che meritano chiarimento.
La Terna ha sostenuto che la presente controversia spetta al
tenzione» o «obiettivi di qualità». Nel primo caso, infatti, poiché si tratta di meri accertamenti tecnici di fatti semplici, il sindacato potrà essere più intenso, diversamente da quanto potrà avvenire per la secon da ipotesi, «frutto di apprezzamenti e valutazioni tecniche su fatti com
plessi, operate da amministrazioni specializzate in relazione a concetti
giuridici indeterminati, come il principio di precauzione». Per ciò che concerne, nello specifico, il principio di precauzione e la
disciplina degli Ogm, v. Tar Lazio, sez. I, 29 novembre 2004, n. 14477, in questo fascicolo, parte terza, con nota di Ant. Barone, resa nella vi cenda di cui a Corte giust. 9 settembre 2003. causa C-236/01, Foro it., 2004, IV, 245, con osservazioni di Ant. Barone, ove la corte ha sancito che gli Stati nazionali possono adottare misure di salvaguardia (ex art. 2 del regolamento Ce 258/97) soltanto qualora la valutazione dei rischi riveli indizi specifici i quali, senza escludere l'incertezza scientifica,
permettano ragionevolmente di concludere che l'attuazione di tali mi sure è necessaria al fine di evitare che siano offerti sul mercato nuovi
prodotti alimentari potenzialmente pericolosi per la salute umana. Per un approfondimento sul principio di precauzione nel diritto co
munitario. cfr., ex multis, L. Kramer, Manuale di diritto comunitario
per l'ambiente, Milano, 2002; N. De Sadeleer, Environmental princi ples: from political slogan to legal rules, Oxford, 2002; Id., Les princi pes du polluer-payer, de prévention et de précaution, Bruxelles, Paris, 1999; S. Cassese (a cura di), Diritto ambientale comunitario, Milano, 1995; A.C. Kiss-D. Shelton, Manual of European Evironmental Law,
Cambridge, 1993, 35. Sul principio di precauzione, nell'ambito della ripartizione di com
petenze tra Stato e regioni in materia di trattamenti terapeutici, v. Corte cost. 26 giugno 2002, n. 282, Foro it., 2003,1, 394, con osservazioni di A. Gragnani, Principio di precauzione, libertà terapeutica e riparti zione di competenze tra Stato e regioni, in cui l'a. chiarisce come «il
principio di precauzione determina l'intervento pubblico di protezione di alcuni diritti, quale ad esempio il diritto alla salute, con conseguente limitazione di altri diritti costituzionali, ad esempio l'iniziativa econo mica privata, in casi nei quali le conoscenze scientifiche consentono
soltanto di ipotizzare, ma non dimostrano, l'esistenza di un grave peri colo come conseguenza di una determinata attività e, d'altra parte, esi
genze di effettività impongono l'anticipazione dell'azione di tutela senza che sia possibile attendere la prova scientifica della realtà dei ri
schi ipotizzati dato che essi non potrebbero essere adeguatamente ri
mossi attraverso interventi successivi». Sulla localizzazione degli impianti di telefonia mobile e sui poteri
regolamentari dei comuni al fine di minimizzare l'esposizione della
popolazione ai campi elettromagnetici, v. Cons. Stato, sez. VI, 21 gen naio 2005, n. 100, e 10 febbraio 2003, n. 673, in questo fascicolo, parte terza, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 2005.
giudice amministrativo richiamando, inizialmente, gli art. 33, lett. a), d.leg. 80/98 e 7 1. n. 205 del 2000 (verbale udienza 9
gennaio 2004), poi (comparsa conclusionale del 9 marzo 2004)
gli art. 4 e 5 1. 20 marzo 1885 n. 2248, ali. £ (legge abolitiva del contenzioso amministrativo); gli attori ritengono la causa ben
radicata avanti (questo) giudice ordinario evidenziando l'inap
plicabilità del d.leg. 80/98 e della 1. n. 205 e richiamando co
munque il disposto dell'art. 7 medesima legge laddove è previ sto che sono escluse dalla giurisdizione amministrativa in mate
ria di servizi pubblici le controversie relative al risarcimento del
danno alla salute.
Il nodo va risolto come segue. Il criterio generale di riparto di giurisdizione per ogni contro
versia riguardante un potere pubblico (pubblica amministrazio
ne in senso tradizionale e soggetti equiparati), è legato alla con
trapposizione diritti soggettivi-interessi legittimi, spettando al
giudice ordinario conoscere degli uni, al giudice amministrativo
conoscere degli altri. Questo criterio è derogato nei casi in cui,
per espressa previsione di legge, su una data materia il giudice ordinario abbia giurisdizione anche per gli interessi legittimi o il giudice amministrativo abbia giurisdizione anche per i diritti soggettivi (casi di c.d. giurisdizione esclusiva).
La 1. 20 marzo 1885 n. 2248, ali. E, all'art. 2 («sono devolute
alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e
tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile
o politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione, e ancorché siano emanati provvedimenti del
potere esecutivo o dell'autorità amministrativa») fissa il limite
«esterno» della giurisdizione ordinaria rispetto alla pubblica amministrazione e ai successivi art. 4 e 5 (ai sensi dei quali,
«quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell'autorità amministrativa, i tribunali si limite
ranno a conoscere degli effetti dell'atto stesso in relazione al
l'oggetto dedotto in giudizio. L'atto amministrativo non potrà essere revocato o modificato
se non sovra ricorso alle competenti autorità amministrative, le
quali si conformeranno al giudicato dei tribunali in quanto ri
guarda il caso deciso», e, rispettivamente, «in questo come in
ogni altro caso, le autorità giudiziarie applicheranno gli atti
amministrativi ed i regolamenti generali e locali in quanto siano
conformi alle leggi») stabilisce quali sono i poteri che il giudice ordinario (cui, in base al ricordato art. 2, spetti di decidere di
una certa causa) può esercitare sugli atti amministrativi e sui
comportamenti assimilabili ad essi (c.d. limiti «interni» della
giurisdizione ordinaria). Il diritto alla salute è un diritto soggettivo fondamentale, ri
conosciuto immediatamente dalla Costituzione (art. 32), invio
labile. -
Esso, stanti questi caratteri, non è comprimibile da parte della
pubblica amministrazione; la pubblica amministrazione è, ri
spetto a tale diritto, sfornita di potere. Ciò conduce, avendo riguardo al criterio generale di riparto di
giurisdizione, al radicarsi di ogni questione involgente il diritto
alla salute di fronte al giudice ordinario; conduce altresì a nega re la configurabilità di limiti «interni» per i poteri del giudice ordinario non essendo pensabile che una legge ordinaria (la leg
ge abolitiva del contenzioso amministrativo) possa porre limiti
alla tutela di un diritto che la Costituzione configura come in
comprimibile (v. Cass. 2092/92, Foro it., 1992,1, 2123: «Qualo ra la pubblica amministrazione, nell'installazione di un im
pianto di depurazione con inosservanza delle distanze minime
prescritte, leda il diritto di salute del proprietario del fondo vici
no, a quest'ultimo deve riconoscersi la facoltà di adire il giudice ordinario non soltanto con azione risarcitoria, ina anche con ri
chiesta di condanna alla rimozione dell'opera, atteso che quel fatto lesivo, rispetto ad un diritto non suscettibile di affievoli
mento, non è ricollegabile ad atti o provvedimenti amministrati
vi e si configura come attività materiale illecita»; Cass., sez. un.,
6 ottobre 1979, n. 5172, id., 1979, I, 2302; «L'art. 32 Cost., ol tre che ascrivere alla collettività generale la tutela promozionale della salute dell'uomo, configura il relativo diritto come diritto
fondamentale dell'individuo e lo protegge in via primaria, in
condizionata e assoluta come modo d'essere della persona uma
na. Il collegamento dell'art. 32 con l'art. 2 Cost, attribuisce al
diritto alla salute un contenuto di socialità e di sicurezza, tale
che esso si presenta non solo come mero diritto alla vita e, al
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PARTE PRIMA 1272
l'incolumità fisica, ma come vero e proprio diritto all'ambiente
salubre che neppure la pubblica amministrazione può sacrificare
o comprimere, anche se agisca a tutela specifica della salute
pubblica. Da tale configurazione deriva che il diritto alla salute
nel suo duplice aspetto è tutelabile giurisdizionalmente davanti
al giudice ordinario anche contro la pubblica amministrazione le
cui attività lesive devono considerarsi poste in essere in difetto
di poteri»). In materia di servizi pubblici, il d.leg. 31 marzo 1998 n. 80
aveva istituito un ambito di giurisdizione amministrativa esclu
siva. Tale decreto, emanato nell'esercizio della delega posta dall'art. 11, 4° comma, 1. 15 marzo 1997 n. 59 (delega al gover no per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti
locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la
semplificazione amministrativa), all'art. 33, stabiliva infatti che
«sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice ammini
strativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi...
Tali controversie sono, in particolare, quelle: a)..f) riguar danti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura
patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi..lo
stesso articolo precisava che dalla generale devoluzione erano
escluse le «controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona ...».
La controversia qui in esame è stata introdotta vigente la di
sposizione appena citata.
In riferimento a tale disposizione, la domanda avrebbe dovuto
essere proposta non in questa sede ma davanti al giudice ammi
nistrativo trattandosi di domanda afferente il «servizio pubblico elettricità» e (di domanda) «non meramente risarcitoria». Si e
videnzia infatti che gli attori hanno intentato un'azione inibito
ria (hanno chiesto la rimozione dei tralicci o adozione degli in
terventi per ridurre l'emissione di radiazioni elettromagnetiche) volta a far cessare il comportamento lesivo dell'Enel e che l'a
zione inibitoria non è una ipotesi di azione di risarcimento in
forma specifica ex art. 2058 c.c. [l'opinione contraria, sebbene
sostenuta frequentemente in giurisprudenza, sia ordinaria che
amministrativa (v., di recente, per due casi relativi a radiazioni
prodotte da campi magnetici e ritenute dai ricorrenti potenzial mente lesive della propria salute, Trib. Como, ord. 22 gennaio 2002, id., 2003, I, 1606; Cons. Stato, sez. VI, ord. 4 giugno 2002, n. 2329, id., Rep. 2003, voce Telefono e comunicazioni, n.
48), e in dottrina, non è condivisibile giacché omette di tener
conto delle differenze fra tutela inibitoria e tutela risarcitoria (la
prima postula il fatto illecito e il danno, la seconda postula un
fatto illecito temuto o non esaurito e il pericolo di un danno) e
assume che il risarcimento in forma specifica possa avere per contenuto la condanna ad un facere specifico, in linea con opi nione diffusa ma ritenuta erronea dalla dottrina più rigorosa che
ribadisce la differenza fra tutela risarcitoria e tutela reale e da
un settore della giurisprudenza ordinaria e dello stesso Consi
glio di Stato (18 giugno 2002 n. 3338, ibid., voce Giustizia am ministrativa, n. 948)] (v., condivisibilmente, nel senso della giu risdizione amministrativa, per fattispecie analoga a quella qui in
discussione, Trib. Aosta, ord. 29 giugno 2001, id., Rep. 2001, voce Sanità pubblica, n. 708; v., altresì, Trijp. Palermo, ord. 27
agosto 2001, id., Rep. 2002, voce cit., n. 665; Trib. Treviso, ord.
3 agosto 2001, ibid., n. 666; Trib. Aosta, ord. 31 luglio 2001, ibid., n. 667; Trib. Avellino, ord. 14 settembre 2001, ibid., n.
664). La Corte costituzionale, con sentenza 17 luglio 2000, n. 292
(id., 2000, I, 2393), ha dichiarato l'illegittimità, per eccesso dai limiti della delega, dell'art. 33, 1°, 2°, 3° comma, d.leg. 31 mar
zo 1998 n. 80 ed ha così cancellato retroattivamente (1. 11 mar
zo 1953 n. 87, art. 30: «Le norme dichiarate incostituzionali non
possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblica zione della decisione») lo spazio di giurisdizione amministrativa esclusiva delineato da tale articolo.
Con la riespansione del criterio generale di riparto, la pre sente controversia risulta ben radicata di fronte a questo tribu
nale.
Questa conclusione non è toccata dalla 1. 21 luglio 2000 n.
205. Non può condividersi infatti la tesi secondo cui l'art. 7 [modi
fiche al d.leg. 31 marzo 1998 n. 80; «Al d.leg. 31 marzo 1998 n.
80, sono apportate le seguenti modificazioni: a) l'art. 33 è so
stituito dal seguente: Art. 33- 1. Sono devolute alla giurisdi zione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie
in materia di pubblici servizi... Tali controversie sono, in par
li. Foro Italiano — 2005.
ticolare, quelle ... e) riguardanti le attività e le prestazioni di
ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espleta mento di pubblici servizi..., con esclusione .... delle controver
sie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona
...»], essendo destinato a sanare l'eccesso di delega del decreto
legislativo e facendo all'uopo corpo con esso, imporrebbe di ri
tenere, atteso il disposto dell'art. 45, 18° comma, medesimo de
creto («le controversie di cui agli art. 33 e 34 del precedente de
creto sono devolute al giudice amministrativo a partire dal 1°
luglio 1988»), (ri)attratte alla giurisdizione amministrativa tutte
le controversie in materia di servizi pubblici introdotte dopo il
1° luglio 1998. La tesi in esame, la quale condurrebbe ad affermare il difetto
di giurisdizione di questo tribunale in forza del rinnovato vigore dell'art. 33, si scontra con il rilievo che dai lavori parlamentari
(segnatamente dall'ordine del giorno votato dalla commissione
affari costituzionali della camera, in data 19 luglio 2000) traspa re che il legislatore ha postulato il carattere non retroattivo del
l'art. 7. La norma, entrata in vigore ed efficace dal 10 agosto 2000, non ha, come detto, alcuna incidenza nel caso che occupa
posto che la presente controversia è stata esattamente radicata
qui fin dal 3 marzo 1999 e che, ai sensi dell'art. 5 c.p.c., la
«giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla
legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della
proposizione della domanda e non hanno rilevanza rispetto ad
esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesi
mo».
Il problema preliminare di rito è risolto; l'eccezione di (ca renza di giurisdizione) è infondata; è possibile passare al merito.
La domanda, come detto, non può trovare accoglimento. Il dato di fatto rilevante e incontroverso è che il valore del
campo magnetico «effettivo» prodotto dai due elettrodotti in
questione, nei punti di massima intensità (via Amendola dove le
linee si incontrano), si assesta intorno agli 0,2 microtesla, tal
volta li supera senza mai raggiungere gli 0,3 microtesla (v. rela
zioni, provvisoria e definitiva, del c.t.u. L. Giuliani in data 31 luglio 2001 e in data 7 gennaio 2004, quest'ultima a differenza
della prima redatta con entrambe le linee in funzione, le cui ri
sultanze, recepite dalle parti, attinte tenendo conto della docu
mentazione agli atti, sono rigorosa elaborazione dei dati rilevati
sui luoghi mediante accertamenti strumentali). Il quadro normativo entro il quale questi dati vanno sussunti
era costituito, fino all'entrata in vigore del d.p.c.m. 8 luglio 2003, dal d.p.c.m. marzo 1992 ed è oggi dato dalla 1. 22 feb
braio 2001 n. 36 e dal richiamato d.p.c.m. 8 luglio 2003. II d.p.c.m. 23 aprile 1992 («Limiti massimi di esposizione ai
campi elettrico e magnetico generati alla frequenza industriale
nominale (50 Hz) negli ambienti abitativi e nell'ambiente ester
no»), stabiliva (art. 4) per il campo elettrico il limite di 5 kV/m e per l'induzione magnetica il limite dei 100 microtesla e impo neva (art. 5) che le linee elettriche aeree esterne a 132 kV (come
quelle dei due elettrodotti che interessano) fossero poste a non
meno di m 10 dai fabbricati.
Gli impianti in questione risultano incostantemente essere
stati nei limiti tracciati da questa normativa.
Il d.p.c.m. del 1992 aveva esclusivo riguardo agli effetti acuti
delle radiazioni non ionizzanti (i limiti sopra ricordati erano in
fatti mutuati dalle linee guida dell'Irpa e dell'associazione in
ternazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti, relative appunto ai soli effetti acuti dell'esposizione).
Il d.p.c.m. 23 aprile 1992 è stato abrogato dagli art. 16 1. 22
febbraio 2001 n. 36 (legge quadro sulla protezione dalle esposi zioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) e 8 del
d.p.c.m. 8 luglio 2003 (recante «fissazione dei limiti di esposi zione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici
e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettro
dotti»). La 1. 36/01 è finalizzata (art. 1) a proteggere la salute della
popolazione dagli effetti sia acuti che di lungo periodo del l'esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici,
elettromagnetici, e, specificamente, ad attivare misure di cautela
da adottare in applicazione del principio di precauzione di cui
all'art. 174, par. 2, del trattato istitutivo dell'Unione europea («La politica della Comunità in materia ambientale mira a un
elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle si
tuazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
principi di precauzione ... »); in questa prospettiva, l'art. 3, dato il concetto di esposizione («condizione di una persona sog
getta a campi elettrici, magnetici, elettromagnetici, o a correnti
di contatto di origine artificiale»), definisce quelli di limite di esposizione («valore di campo elettrico, magnetico, elettroma
gnetico, considerato come valore di immissione, definito a tu
tela della salute da effetti acuti che non deve essere superato in
nessuna condizione ...») e di valore di attenzione («valore di
campo elettrico, magnetico, elettromagnetico che non deve esse
re superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adi
biti a permanenze prolungate ... Esso costituisce misura di
cautela ai fini della protezione da possibili effetti a lungo termi
ne ...») e l'art. 4 rimette la determinazione quantitativa del li
mite e del valore suddetti ad un decreto del presidente del con
siglio dei ministri da emanarsi su proposta del ministro dell'am
biente di concerto con il ministro della sanità e sentiti il comi
tato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell'in
quinamento elettromagnetico e le competenti commissioni par lamentari.
Il decreto è stato emanato 1*8 luglio 2003; esso, redatto sulla
base del parere del consiglio di sanità 24 giugno 2002 e della
dichiarazione del comitato internazionale di valutazione per
l'indagine sui rischi sanitari derivanti dall'esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (Cem), fissa (art. 3) i li
miti di esposizione in 100 microtesla per l'induzione magnetica e 5 Kv/m per il campo elettrico intesi come valori efficaci e as
sume come valore di attenzione per l'induzione magnetica, «a
titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti a
lungo termine eventualmente connessi con l'esposizione ai
campi magnetici generati alla frequenza di rete nelle aree gioco
per l'infanzia, negli ambienti abitativi, in ambienti scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze non inferiori alle quattro ore
giornaliere», il valore di «10 microtesla da intendersi come me
diana dei valori nell'arco delle ventiquattro ore nelle normali
condizioni di esercizio».
Inquadrato e valutato il dato di fatto di cui sopra all'interno di
questo contesto normativo, emerge il rispetto dei parametri di
legge. Da ciò l'infondatezza della domanda.
Tenuto conto che le disposizioni vigenti (1. 36/01 e d.p.c.m. 8
luglio 2003) sono orientate al principio di precauzione nella
protezione della salute e definiscono limiti cautelativi per
l'esposizione alle radiazioni sulla scorta di indicazioni di organi tecnico-sanitari qualificati (consiglio di sanità e Cem) in rela
zione a fattori di rischio non riscontrati ma solo ipotizzati, in li
nea generale non vi è spazio per fondate richieste di provvedi menti inibitori avverso condotte di cui è asserita (dai richieden
ti) la pericolosità ma di cui è emersa la non esorbitanza da quei limiti; peraltro, se in una specifica, concreta situazione risultas
se l'inadeguatezza delle soglie di legge (ipotesi logicamente non
assurda stante il carattere generale di ogni previsione normativa, ma certo assolutamente improbabile dato che nessuno studio
scientifico ha mai attestato la dannosità delle radiazioni neppure
per valori superiori, se non di molto, rispetto a quelli individuati
dal d.p.c.m. 8 luglio 2003), la disciplina normativa potrebbe es
sere restrittivamente superata con intervento giudiziale ispirato al principio comunitario di massima tutela della salute; dovreb
be tuttavia trattarsi di inadeguatezza comprovata il che nel caso
di specie non è.
La domanda è respinta.
II
Il reclamo del ministero dell'interno (di seguito ministero) è
infondato, per quanto appresso specificato. Preliminarmente, è da disattendere l'eccezione dei resistenti
di intempestività della proposizione del suddetto reclamo.
Al proposito è bene sottolineare che il termine «breve» di cui
all'art. 739, 2° comma, c.p.c. (che si applica anche ai reclami
cautelari, giusto il rinvio operatovi dall'art. 669 terdecies c.p.c.) — e cioè il termine di dieci giorni «dalla notificazione» (se il
provvedimento reclamando «è dato in confronto di più parti») —
opera esclusivamente nell'ipotesi in cui del provvedimento medesimo sia stata eseguita la notificazione su istanza di una
delle parti: non anche, invece, allorquando la comunicazione
notificazione sia avvenuta ad opera, o su istanza, del cancelliere
Il Foro Italiano — 2005.
(ché, in tal caso, opererà il termine «lungo» di cui all'art. 327
c.p.c., la previsione del quale ha portata generale). Il principio citato, invero, è stato affermato dalle sezioni unite
della Cassazione, con sentenza 29 aprile 1997, n. 3670 (Foro it.,
1997, I, 3531), in cui si legge che «la notificazione del provve dimento ... è idonea a far decorrere il termine di dieci giorni
per la proposizione del reclamo, unicamente quando sia stata ef
fettuata ad istanza di una delle parti». Nella specie, non consta — nemmeno in termini di mera alle
gazione — che l'ordinanza reclamata sia stata oggetto di una
notificazione ad impulso di parte: l'unica notificazione che ri
sulta essere stata eseguita è stata infatti disposta dalla cancelle
ria di questo tribunale, sicché il citato termine di dieci giorni non è mai stato operante.
Sempre in linea preliminare, va pure disattesa l'eccezione da
ultimo proposta (anzi, meramente accennata, nel corso della di
scussione di cui all'udienza innanzi al collegio del 13 febbraio
2004) dal ministero, di difetto di giurisdizione del giudice ordi nario. Premesso che l'avvocatura non ha nemmeno sommaria
mente indicato i presupposti del dedotto difetto, per la risolu
zione della questione è necessario inquadrare il merito della
controversia, e cioè essenzialmente quali sono le condotte de
nunziate e la tutela richiesta.
E sin dal ricorso introduttivo, Lucio Sarno e Vincenzo Viola,
quali proprietari degli immobili siti all'ultimo piano dello sta bile del cittadino corso Vittorio Emanuele n. 492, confinante
con la parte retrostante degli edifici dove sono ubicati gli uffici
della questura, in piazza Vittoria n. 8, deducevano che sul tetto
di quest'ultimo palazzo sono installate stazioni radio base, con
numerosissime antenne, poste a pochi metri di distanza dalla
terrazza di proprietà del Sarno e dall'appartamento del Viola.
Affermando l'elevata pericolosità di tali antenne (con emis
sione di onde elettromagnetiche ben al di sopra dei limiti di leg
ge), potenzialmente foriere di gravissimi danni ai ricorrenti e
alle loro famiglie, chiedevano l'eliminazione delle stesse, o, in
subordine l'adozione di opportuni accorgimenti atti a fare cessa
re il superamento del limite consentito per le emissioni. Nulla
veniva aggiunto dalla difesa erariale che — con difesa assai
scarna, in verità — si limitava a contestare genericamente le av
verse pretese e a chiederne il rigetto. Ora, allorché la domanda trovi fondamento in un comporta
mento meramente materiale della pubblica amministrazione (in
questo caso, posizionamento delle antenne: senza che la resi
stente-odierna reclamante abbia mai fatto riferimento a provve dimenti che disponessero la collocazione, né precisato esatta
mente tutti gli usi cui dette sono adibite) lesivo di diritti sogget tivi, questa può essere condannata ad un facere, non ritenendosi
operanti, in tale circostanza, i limiti ai poteri del giudice ordina
rio di cui all'art. 4 1. n. 2248 del 1865, ali. E. In altri termini, ed anche a mente delle previsioni della 1. n.
205 del 2000 (sul riparto di giurisdizione) sussiste la giurisdi zione del giudice ordinario nei confronti della pubblica ammini
strazione proprio quando il comportamento perseguito dalla
medesima non si ricolleghi ad un formale provvedimento am
ministrativo, emesso nell'ambito e nell'esercizio di poteri auto
ritativi e discrezionali ad essa spettanti (di fronte ai quali le po sizioni soggettive del privato hanno natura non di diritto sog
gettivo, bensì di interessi legittimi, tutelabili, quindi, davanti al
giudice amministrativo), ma si concreti e si risolva in una mera
attività materiale, disancorata e non sorretta da atti o provvedi menti amministrativi formali.
Ne consegue che solo ove dette azioni siano proposte in rela
zione a comportamenti attuati in esecuzione di poteri pubblici o
comunque di atti amministrativi, va dichiarato il difetto di giu risdizione del giudice ordinario (cfr, Cass., sez. un., 17 aprile
2003, n. 6189, id., Rep. 2003, voce Possesso, n. 61): circostan
za, quest'ultima, neppure dedotta nel caso di specie. Venendo al merito, va in primis evidenziato che le questioni
in tema di antenne, elettrosmog e danno alla salute vanno risolte
alla luce della legge quadro sulla protezione da esposizione a
campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici n. 36 del 22 feb
braio 2001 (pubblicata in G.U. n. 55 del 7 marzo 2001), come
peraltro già evidenziato dalle parti. In ordine ai limiti di esposi
zione, l'art. 4, 2° comma, lett. a), di tale legge rinvia ad un de
creto del presidente del consiglio dei ministri, ora entrato in vi
gore: trattasi del d.p.c.m. del 18 luglio 2003 (pubblicato su G.U.
n. 199 del 28 agosto 2003), in cui i limiti di esposizione e valori
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PARTE PRIMA 1276
di attenzione (art. 3, 2° comma, d.p.c.m. in esame, e relativa ta
bella) ricalcano le disposizioni di cui al decreto interministeriale
381/98 — regolamento recante norme per la determinazione dei
tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana — ema
nato in attuazione della delega contenuta nell'art. 1, 6° comma, lett. a), n. 15,1. 249/79.
In particolare, l'art. 4, 2° comma, decreto interministeriale
cit. prevede che, in corrispondenza di edifici adibiti a perma nenze non inferiori a quattro ore, non devono essere superati i
seguènti valori, indipendentemente dalla frequenza: 6 V/M per il campo elettrico, 0,016 A/m per il campo magnetico e per le
frequenze comprese tra 3 MHz e 300 GHz, 0.10 W/m2per la den
sità di potenza; come detto, questi valori di attenzione sono oggi
riproposti nel d.p.c.m. attuativo della legge quadro (segnata mente, alla tabella 2 del decreto).
Dal provvedimento impugnato emerge che: 1) dalle rileva
zioni effettuate dal centro di ricerche sistemi elettrici di potenza del Cnr — università di Palermo (organo particolarmente quali ficato, e della cui attendibilità non è dato dubitare) risulta ac
certato il superamento dei valori di attenzione, e per percentuali elevatissime (alcune rilevazioni hanno dato conto di valori supe riori del duecento per cento di quelli massimi: cfr. relativa do
cumentazione prodotta dai ricorrenti in prime cure); 2) la c.t.u.
espletata non ha dato conto di tale superamento, ma emerge dal
l'elaborato del c.t.u. che le potenzialità dell'impianto sono tali
da consentire facilmente il superamento dei valori di attenzione;
3) è certa, e documentata dalle fotografie in atti, la particolare vicinanza delle antenne (ivi comprese quelle definite dal c.t.u.
come onnidirezionali, ovvero quelle la cui potenzialità di se
gnale può interessare i locali dei ricorrenti) dalle abitazioni
tanto di Sarno che di Viola; 4) la parte resistente non ha in alcun
modo specificato e documentato se e quali antenne sono effetti
vamente indispensabili per le attività d'istituto; 5) nessuno degli
accorgimenti tecnici adottabili è tale da scongiurare il pericolo di inquinamento atmosferico ad eccezione della rimozione delle
antenne (ovvero dalla sostituzione delle stesse, e magari dalla
allocazione in punti maggiormente distanti dalle abitazioni). Ciò posto, le doglianze del ministero si incentrano, essen
zialmente, sull'assenza di periculum, contestando che l'astratta
idoneità delle apparecchiature a superare i limiti elettromagneti ci potesse condurre all'accoglimento della pretesa cautelare.
Ed in ogni caso, deduce: la regolarità degli impianti, anche in
ragione di misurazioni disposte dalla unità sanitaria locale; la
particolare rilevanza degli stessi, destinati all'espletamento del
servizio pubblico cui è preordinata l'attività della questura. Per affrontare compiutamente le questioni poste al vaglio del
collegio, va premesso che la tutela c.d. anticipatoria, quale
quella chiesta e accordata nel caso di specie (laddove, cioè, il
contenuto del provvedimentò cautelare è idoneo ad anticipare in
toto gli effetti della decisione di merito) rappresenta uno degli strumenti cautelari vigenti nel nostro ordinamento, accanto ai
provvedimenti cautelari conservativi. Tale distinzione, nata in
dottrina, ha avuto l'esplicito avallo del legislatore della riforma
del diritto processuale societario, laddove gli art. 23, 1° e 5°
comma, e 24, 4° comma, d.leg. 5/03, attribuiscono appunto rile
vanza alla distinzione, finora meramente teorica, tra provvedi menti cautelari anticipatori e provvedimenti cautelari conserva
tivi, in funzione della sopravvivenza degli effetti dei medesimi
nel caso in cui il giudizio di merito non sia instaurato o si estin
gua; dette ipotesi estreme (provvedimenti d'urgenza totalmente
anticipatori della pronuncia di merito), oltre che nella prassi
giurisprudenziale, si intravedono anche in talune norme sostan
ziali, come ad esempio nei casi previsti dall'art. 1469 sexies c.c.
Ciò detto, è evidente che per potersi adottare un provvedi mento tanto incisivo sulle posizioni giuridiche soggettive in
considerazione, queste ultime devono essere vagliate attenta
mente, e il bilanciamento di interessi deve essere tale per cui ri
spetto ad un gravissimo pericolo può giustificarsi l'adozione di
una cautela estrema.
Tornando proprio alla tematica dell'inquinamento atmosferi
co da elettrosmog (o, secondo altra interpretazione, delle immis
sioni di campi elettromagnetici), non può sottacersi che il vaglio del decidente deve essere quanto mai rigoroso, nell'ottica della
tutela del bene salute cui la normativa di riferimento è preordi nata. Non è un caso, difatti, che la legge quadro n. 36 del 2001
sia intitolata «sulla protezione da esposizione a campi elettrici,
magnetici ed elettromagnetici», a riprova della necessità di
Il Foro Italiano — 2005.
proteggere la popolazione dalle immissioni moleste; che il de
creto del presidente del consiglio dei ministri sia stato adottato
all'esito di una istruttoria in cui sono intervenuti il ministro
della salute e il comitato internazionale di valutazione per l'in
dagine sui rischi sanitari derivanti dall'esposizione ai campi
elettromagnetici; che oggetto della normativa sono gli impianti
per qualsiasi uso, civile, militare e di forza di polizia, a riprova della particolare pregnanza che viene assegnata alla salute anche
rispetto ad altri valori primari della collettività (quali la sicurez
za pubblica, la sicurezza nazionale, ecc.). Ed i limiti adottati na
scono dai risultati raggiunti dalla comunità scientifica sugli ef
fetti acuti e cronici dell'esposizione, valorizzando comunque le
ancora insoddisfacenti (dal punto di vista quantitativo) cono
scenze mediante una scelta di cautela (adottando, cioè, criteri
rigorosi, che possano attenuare al massimo il rischio di esposi zioni pericolose).
In tema di competenza, la legge del 2001 ha attribuito (art. 4, ultimo comma), ai comuni il potere di adottare un regolamento
per «assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale
degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai
campi elettromagnetici. La legge quadro si conclude, poi, con la previsione di appo
site sanzioni amministrative — salvo che il fatto non costituisca
reato — per coloro che superino i limiti di esposizione e di at
tenzione fissati mediante decreto del presidente del consiglio dei
ministri, nonché non rispettino le caratteristiche tecniche degli
impianti e la localizzazione dei tracciati (art. 15, 1° e 2° com
ma). Ad esse si applica poi la sanzione accessoria ed obbligato ria — in caso di inosservanza delle prescrizioni previste ai fini
della tutela dell'ambiente e della salute — della sospensione
degli atti autorizzatori accordati ed in caso di recidiva quella della revoca degli atti suddetti (art. 15, 4° comma). Significativa è, infine, la previsione in base alla quale per le sanzioni pecu niarie previste dalla legge quadro non è ammesso il pagamento in misura ridotta ai sensi dell'art. 16 1. 24 novembre 1981 n. 689
(art. 15, 7° comma). A fronte di tale quadro normativo e degli obiettivi perseguiti
dal legislatore, vanno poi letti taluni arresti giurisprudenziali, volti appunto a tale massimizzazione della tutela.
Particolarmente importante, per il caso in esame, risulta la
pronuncia del Supremo collegio 9893/00 {id., 2001, I, 141), per cui la tutela giudiziaria del diritto alla salute in confronto della
pubblica amministrazione può essere preventiva e dare luogo a
pronunce inibitorie se, prima ancora che l'opera pubblica venga messa in esercizio nei modi previsti, sia possibile accertare, considerando la situazione che si avrà una volta iniziato l'eser
cizio, che nella medesima situazione è insito un pericolo di
compromissione per la salute di chi agisce in giudizio (nel caso
affrontato, veniva in rilievo la costruzione di un elettrodotto a
distanza di circa trenta metri da un'abitazione, il cui proprietario chièse che fosse accertata la pericolosità dell'opera ed il danno
derivante alla salute per l'esposizione ai campi elettromagneti ci).
Nel caso dell'immobile della questura, emerge dalla c.t.u.
espletata che quelle contestate sono antenne che producono on
de elettromagnetiche c.d. ad alta frequenza, che si irradiano nel
l'ambiente circostante sia sul piano orizzontale che su quello verticale. E sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, a di
stanza dalla sorgente, i campi elettromagnetici si distribuiscono
su superfici sempre più ampie, e l'intensità di essi diminuisce
man mano che essi si propagano (cfr. relazione del c.t.u.). Dun
que, è evidente che la concentrazione massima delle radiazioni
si ha appunto nei luoghi immediatamente vicini alle antenne,
quali le abitazioni Sarno e Viola, posizionate a ridosso dell'edi
ficio della questura, e a pochi metri di esso.
Tornando all'elemento del periculum, tre sono le valutazioni
che consentono di confermare il provvedimento impugnato. 1) La prima nasce proprio dalle considerazioni che emergono dalla
c.t.u.: se è vero, come peraltro invocato dalla difesa erariale, che
l'esperto nominato dal giudice non ha registrato alcun supera mento dei valori di legge, è pur vero che questi ha sottolineato
l'idoneità degli impianti a tale superamento. In altre parole, è
emerso che le antenne in uso alla questura potenzialmente pos sono superare i valori di cui (oggi) al d.p.c.m. 8 luglio 2003. 2) Il
c.t.u. ha quindi confermato che i risultati del Cerisep - Cnr del
l'università di Palermo sono veritieri, nel senso dell'idoneità di
quegli impianti a raggiungere quegli enormi valori registrati
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
prima dell'instaurazione del contraddittorio. È dunque evidente
che quei risultati, non precisamente e inequivocabilmente conte
stati dal ministero, sono attendibili, e confermano l'assunto dei
resistenti, secondo cui il pericolo non è meramente astratto, ma
concreto. 3) Il ministero non ha prodotto alcun documento, atto
autorizzativo, certificato tecnico, ecc., dal quale desumere la
piena conformità degli impianti ai requisiti di legge. Ma vi è di più: non ha documentato in alcun modo che sia stato seguito l'iter amministrativo-sanitario (limitandosi al dire che la Usi 6
ha eseguito delle misurazioni, senza specificare quando, a che
titolo, ecc.) normativamente imposto (anche dalla 1. 36/01, per
quanto dinanzi ricordato) prima dell'installazione di antenne
onnidirezionali ad alta frequenza, quali quelle posizionate sui
tetti dell'edificio della questura. In definitiva, potendosi inquadrare la fattispecie in esame
nell'alveo dell'art. 844 c.c. sulle c.d. immissioni intollerabili
(tali potendosi considerare, ormai per costante interpretazione, anche quelle non direttamente percepibili dai sensi dell'essere
umano, ma comunque potenzialmente lesive per la sua salute:
cfr., per tutte, Cass., sez. un., 15 ottobre 1998, n. 10186, id.,
1999,1, 922), il superamento dei valori imposti dalla legge, con
attività che risulta essere meramente materiale da parte del
l'amministrazione, in uno al sostanziale silenzio della recla
mante su quest'ultimo profilo, non possono che condurre alla
conferma dell'impugnata ordinanza.
TRIBUNALE DI BENEVENTO; sentenza 22 marzo 2004; Giud. Ricci; Consorzio agrario provinciale di Benevento
(Avv. Fimmanò, Megna) c. Federazione italiana consorzi
agrari (Avv. Briguglio).
TRIBUNALE DI BENEVENTO; (~±i 11A D mriT' fiftrnrt/i
Prescrizione e decadenza — Interruzione della prescrizione — Consegna dell'atto introduttivo del giudizio all'uffi ciale giudiziario — Esclusione (Cod. civ., art. 2943).
Pur dopo Corte cost. n. 477 del 2002, la consegna dell'atto in
troduttivo del giudizio all'ufficiale giudiziario al fine della
notificazione, se vale ad impedire decadenze processuali per il notificante, non è sufficiente a produrre l'effetto interrutti
vo della prescrizione, che presuppone la conoscenza o cono
scibilità dell'atto da parte del destinatario. (1)
II
TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 1° settembre 2003; Giud.
Salvio; F. (Avv. Vitalone) c. M. (Avv. Vaccarella, Brigu
glio), B. e altra (Avv. Mannarino, Fera).
Prescrizione e decadenza — Interruzione della prescrizione — Consegna dell'atto introduttivo del giudizio all'uffi
ciale giudiziario (Cod. civ., art. 2943).
In conseguenza di Corte cost. n. 477 del 2002, la consegna del
l'atto introduttivo del giudizio all'ufficiale giudiziario alfine della notificazione è sufficiente a produrre l'effetto interrutti
vo della prescrizione. (2)
(1-2) Non constano precedenti in termini. Le due sentenze danno soluzioni opposte al problema se, in conseguenza di Corte cost. 26 no vembre 2002, n. 477, Foro it., 2003, I, 13, con nota di R. Caponi, La
notificazione a mezzo posta si perfeziona per il notificante alla data di
consegna all'ufficiale giudiziario: la parte non risponde delle negli genze dei terzi, citata nella motivazione delle sentenze in epigrafe, la
Il Foro Italiano — 2005.
I
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 19 giugno 2001 il Consorzio agrario provinciale (Cap) di Be nevento in liquidazione coatta amministrativa conveniva in giu dizio la Federazione italiana consorzi agrari in concordato pre ventivo, in persona del liquidatore pro tempore, esponendo
quanto segue: il Cap di Benevento era stato ammesso alla pro cedura di amministrazione controllata con decreto del Tribunale
prescrizione del diritto dedotto in giudizio si interrompe già al mo mento della consegna all'ufficiale giudiziario dell'atto introduttivo.
* * *
Interruzione della prescrizione con la consegna della citazione all'ufficiale giudiziario (e retroattività della sanatoria).
I. - Nel procedimento di notificazione di un atto, fin dal momento in cui questo è consegnato all'ufficiale giudiziario si produce l'effetto
preliminare di sancire, a vantaggio del notificante, l'osservanza di un termine pendente (in senso lato).
Questo è l'aspetto centrale dell'indirizzo avviato da Corte cost. 26 novembre 2002, n. 477, cit., e seguito da Corte cost. 23 gennaio 2004, n. 28, Foro it., 2004,1, 645, con nota di R. Caponi, Sul perfezionamento della notificazione nel processo civile (e su qualche disattenzione della Corte costituzionale)', 2 aprile 2004, n. 107, ibid., 1321, con nota di R.
Caponi, Sul perfezionamento della notificazione e l'iscrizione della causa a ruolo.
II. - La prima sentenza in epigrafe esclude che questo indirizzo si ap plichi all'ipotesi in cui il termine pendente sia di prescrizione, poiché «l'effetto interruttivo della prescrizione [. ..] esige, per la propria pro duzione, che il debitore abbia conoscenza (legale, non necessariamente
effettiva) dell'atto giudiziale del creditore, e cioè che questo sia portato nella sua sfera di conoscenza o conoscibilità, conformemente alla natu ra recettizia degli atti presi in considerazione dall'art. 2943 c.c.».
Questa tesi argomenta dalle norme di diritto civile sugli atti recettizi, secondo le quali le dichiarazioni dirette ad una persona determinata
producono effetto dal momento in cui esse pervengono nella sfera di conoscibilità del destinatario (art. 1334 s. c.c.).
Per conferire maggiore forza persuasiva alla propria conclusione, il Tribunale di Benevento avrebbe potuto richiamare Cass. 14 agosto 1997, n. 7617, id., Rep. 1998, voce Prescrizione e decadenza, n. 74, se condo cui la rinnovazione ex art. 291 c.p.c. della notificazione di un atto di citazione nullo non è idonea a determinare l'effetto interruttivo della prescrizione con decorrenza retroattiva dalla data della notifica zione invalida. Sul carattere retroattivo della sanatoria prevista dall'art. 291 c.p.c. prevarrebbe infatti il carattere recettizio dell'atto di citazio ne. Pertanto l'effetto interruttivo della prescrizione si produrrebbe solo dal momento in cui l'atto perviene validamente nella sfera di conosci bilità del convenuto.
III. - Ci si domanda se questa soluzione sia condivisibile: se cioè le
regole civilistiche sul momento in cui gli atti recettizi producono i loro
effetti possano restringere la portata dell'orientamento della giurispru denza costituzionale ricordato all'inizio di questa nota.
La risposta è negativa. L'autonomia del diritto processuale rispetto al diritto sostanziale mette in guardia da automatiche trasposizioni di so luzioni dal diritto civile al processo. È indubbio che l'effetto interrutti vo della prescrizione sia collegato al perfezionamento del procedimento di notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, ma tale effetto, al
pari dell'impedimento della decadenza, deve essere provvisoriamente anticipato al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, poiché secondo la Corte costituzionale la tutela del diritto di agire e di difendersi in giudizio impone di neutralizzare il rischio di addebitare al notificante diligente l'esito intempestivo del procedimento di notifica
zione, che dopo la consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario è sottratto
al suo controllo. La salvaguardia delle garanzie costituzionali del processo civile offre
una solida giustificazione della diversità di disciplina tra atti giudiziali ed atti stragiudiziali, cioè della mancata applicazione ai primi delle re
gole civilistiche sul momento in cui gli atti recettizi producono i loro
effetti (contra, pur problematicamente, Dalmotto, Difficoltà interpre tative poste della nuova regola sulla scissione del perfezionamento della notifica postale, in <www.judicium.it>, par. 5.2), senza peraltro che tale diversità di disciplina recida il collegamento tra l'interruzione
della prescrizione ed il perfezionamento del procedimento di notifica
zione, poiché l'effetto interruttivo provvisoriamente anticipato a van
taggio del notificante si consolida definitivamente con tale perfeziona
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