sentenza 14 gennaio 1986, n. 6 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 29 gennaio 1986, n. 4);Pres. Paladin, Rel. Malagugini; Piombini c. Regione Emilia-Romagna; interv. Pres. cons.ministri. Ord. T.A.R. Emilia-Romagna 9 febbraio 1977 (G. U. n. 306 del 1977)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 9 (SETTEMBRE 1986), pp. 2109/2110-2111/2112Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180630 .
Accessed: 28/06/2014 17:21
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 193.142.30.116 on Sat, 28 Jun 2014 17:21:35 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 gennaio 1986, n. 6 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 29 gennaio 1986, n. 4); Pres. Paladin, Rei. Malagugini; Piombini c. Regione Emi lia-Romagna; interv. Pres. cons, ministri. Ord. T.A.R. Emi lia-Romagna 9 febbraio 1977 (G. U. n. 306 del 1977).
Regione — Personale statale trasferito alle regioni — Perdita degli assegni già goduti — Questione infondata di costitu zionalità (Cost., art. 3, 76, 97; d.p.r. 14 gennaio 1972 n. 5, trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni am ministrative statali in materia di tramvie e linee automobilisti che di interesse regionale e di navigazione e porti lacuali e dei relativi personali e uffici, art. 21, 22).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 d.p.r. 14 gennaio 1972 n. 5, in riferimento agli art. 3, 76 e 97 Cost., in quanto fondata sull'errata interpretazione che gli assegni goduti dal personale statale trasferito alle regioni deb bano essere ulteriormente corrisposti anche nel caso in cui il trat tamento economico attribuito dalla normativa regionale risulti pari o superiore a quello complessivo già goduto presso l'am ministrazione statale. (1)
Diritto. — 1. - Il T.A.R. per l'Emilia-Romagna con ordinanza emessa il 9 febbraio 1977, ha sollevato questione di legittimità
(1) I. - L'ordinanza di rimessione è massimata in Foro it., 1978, III, 79, con nota di richiami, cui adde, con riferimento alla posizione della giurisprudenza amministrativa, che si è sempre espressa nel senso di una interpretazione della norma di cui all'art. 22 d.p.r. n. 5/72 nei limiti del principio generale del divieto di reformatio in peius della retribuzione del pubblico impiegato: Cons. Stato, sez. VI, 29 settembre 1984, 546, id., Rep. 1984, voce Regione, n. 158; sez. IV 15 dicembre 1978, n. 1226, id., Rep. 1979, voce cit., n. 163.
In generale sul principio e sui limiti del divieto di reformatio in peius, v., da ultimo, Corte cost. 23 maggio 1985, n. 153, id., 1986, I, 884 (citata nella sentenza in epigrafe che ha riconosciuto la portata generale del principio); Cons. Stato, sez. VI, 6 luglio 1984, n. 424, id., Rep. 1984, voce Impiegato dello Stato, n. 627; sez. V 23 giugno 1984, n. 490, ibid., n. 628; 25 marzo 1983, n. 113, id., Rep. 1983, voce cit., n. 679.
Per casi particolari di disciplina del trattamento economico del pubblico impiegato passato ad altra amministrazione, v. Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 1985, n. 64, id., 1985, III, 189 (in tema di attribuzione degli aumenti periodici maturati); Corte conti, sez. Ili, ord. 3 novembre 1982, id., 1984, III, 275 (in tema di cumulabilità dei benefici combattentistici), con nota di richiami; Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 1978, n. 116, id., 1979, III, 164 (in tema di conservazione dell'indennità di funzione dirigenziale), con nota di richiami.
Per un'ampia rassegna dei poteri delle regioni in ordine all'inqua dramento del personale trasferito dallo Stato, v. Corte cost. 29 settembre 1983, nn. 277-278, id., 1984, I, 2094, con nota di G. Volpe, cui adde, in dottrina, G. Pastori, Ancora su autonomia organizzativa regionale e posizioni acquisite del personale trasferito, in Le regioni, 1984, 124.
II. - La decisione in epigrafe costituisce, inoltre, una indiretta conferma del principio, unanimemente applicato nell'ambito dell'impie go privato, della normale riassorbibilità degli assegni ad personam e dei superminimi nell'ambito del lavoro subordinato, in occasione del passaggio del dipendente ad una categoria superiore ovvero dell'appli cazione di una nuova regolamentazione, individuale o collettiva, del rapporto, salvo che non si tratti di eccedenze retributive erogate intuitus personae in ragione di una singolare valutazione delle speciali condizioni personali del lavoratore, in termini di maggiore apporto di professionalità nell'espletamento degli incarichi affidati, rispetto al normale standard proprio della qualifica ricoperta, ed in considerazione dei conseguenti maggiori vantaggi che il datore di lavoro ne consegue.
Per l'affermazione del principio generale che la determinazione della retribuzione spettante al lavoratore debba avvenire in base al criterio dell'assorbimento (nel trattamento globale più favorevole) e non del cumulo dei minimi tabellari e dei compensi pattuiti individualmente: Cass. 22 febbraio 1985, n. 1600, Foro it., 1985, I, 1316, con nota di richiami.
Con specifico riferimento ai superminimi ed alle condizioni eccezio nali richieste per la loro conservazione: Cass. 19 dicembre 1985, n. 6511, id., Mass., 1202; 28 luglio 1984, n. 4505, id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n. 1476; 24 febbraio 1984, n. 1347, ibid., n. 1360; 24 gennaio 1984, n. 602, ibid., n. 1372; 8 febbraio 1982, n. 746, id., Rep. 1982, voce cit., n. 1274; 25 ottobre 1978, n. 4855, id., Rep. 1980, voce cit., n. 936 (per la manifesta infon datezza dell'eccezione di legittimità costituzionale sollevata in or dine alla riassorbibilità del superminimo); 17 giugno 1968, n. 1971, id., 1968, I, 2651 e 19 maggio 1967, n. 1088, ibid., 1063.
In dottrina, sull'argomento, v. Minervini, I superminimi individuali ed il tema del riassorbimento, in Riv. it. dir. lav., 1983, I, 750; Meucci, Le condizioni e i limiti per l'assorbimento dei superminimi, in Lavoro e prev. oggi, 1978, 115.
costituzionale dell'art. 22 d.p.r. 14 gennaio 1972 n. 5, prospettan
done il contrasto con gli art. 3, 97 e 76 Cost.
Il disposto di legge denunziato stabilisce che « il personale
dipendente dal ministero dei trasporti e dell'aviazione civile
assegnato alle regioni ed in servizio alla data del trasferimento
delle funzioni amministrative conserva ad personam i benefici
goduti a qualsiasi titolo alla data medesima ».
Il T.A.R. rimettente ritiene indubitabile che il trattamento cui
si riferisce il censurato art. 22 « si aggiunge a quello che il
personale ivi previsto viene a percepire dalle regioni a statuto
ordinario» ma dubita che la norma, cosi interpretata, contrasti
con gli indicati parametri costituzionali.
2. - La questione di legittimità costituzionale in oggetto è
infondata, poiché riposa su di una errata premessa interpretativa.
Va innanzitutto considerato che il principio del mantenimento
delle posizioni economiche e di carriera del personale statale
messo a disposizione delle regioni è un principio generale della
legislazione che ha disposto il primo trasferimento delle funzioni
amministrative alle regioni stesse, del resto in armonia con quell'an
cor più generale divieto della reformatio in peius del trattamento
dei dipendenti pubblici al mutare della amministrazione di appar
tenza, al quale ancora recentemente ha fatto cenno questa corte
(sent. n. 153 del 1985, Foro it., 1986, I, 884). Anche il d.p.r. n. 5,
come gli altri coevi, contiene una norma (l'art. 21) che espressa mente sancisce tale principio, imponendo alla legge regionale che
dispone l'inquadramento nei ruoli della regione del personale
trasferito, di salvaguardare appunto « le posizioni di carriera ed
economiche già acquisite » da tale personale.
A fronte di questa generale previsione, l'art. 22 non ha la
funzione di assicurare in particolare al personale proveniente dai
ruoli del ministero dei trasporti il mantenimento di benefici
economici già acquisiti quale che sia il trattamento economico
preveduto dalle leggi regionali. Più modestamente la norma
intende semplicemente, da un lato, garantire in via transitoria al
personale ivi previsto, nelle more dell'inquadramento nei ruoli
regionali, il mantenimento dei benefici già acquisiti; dall'al
tro, precisare che, all'atto dell'inquadramento, nel calcolo del
trattamento già goduto da quel personale debbano essere con
siderati anche i benefici ad esso riconosciuti a titolo particola re dalle leggi dello Stato, sf che il trattamento economico
complessivo spettante e prima e dopo l'inquadramento non possa essere inferiore a quello percepito presso l'amministrazione dello
Stato in quanto comprensivo dei detti benefici particolari.
Nella specie, i benefici in questione consisterebbero, come già
ricordato, nell'assegno mensile e nell'assegno ad personam di cui
all'art. 4, 1° e 2° comma, d.p.r. n. 1090 del 1966, per come
modificato dalla 1. n. 14 del 1967: assegni che, dunque, se pure debbono essere calcolati ai fini della determinazione del tratta
mento economico del personale messo a disposizione delle regio ni, non possono certo essere ulteriormente corrisposti qualora (come accade nel caso di specie) il tratttamento economico
attribuito dalla normativa regionale risulti pari o addirittura
superiore a quello complessivo già goduto presso l'amministrazio
ne dello Stato.
La contraria interpretazione prospettata dal giudice a quo, non
può del resto non scontrarsi con la recente giurisprudenza del
Consiglio di Stato, che, riconosciuta la natura di norma transito
ria dell'art. 22 d.p.r. n. 5 del 1972, ritiene che esso confermi il
principio di cui al precedente art. 21, ed esclude che i benefici economici richiamati dall'art. 22 possano considerarsi aggiuntivi rispetto al comune trattamento economico previsto dalla normati va regionale ove questo non sia deteriore rispetto al trattamento
goduto presso l'amministrazione statale.
In altri termini, la norma impugnata preclude alla regione la
possibilità di corrispondere al personale trasferito un trattamento inferiore allo stipendio percepito presso l'amministrazione statale
più gli assegni, ma non vale certo da garanzia di un ulteriore
aggiuntivo privilegio, qualora Io stipendio regionale sia pari o addirittura superiore all'altro. Conclusione, questa, che è confer mata anche dal fatto che lo stesso legislatore statale ha abolito
per i dipendenti della direzione generale M.C.T.C. ancora in servizio presso il ministero dei trasporti, gli assegni di che
trattasi, sostituendoli con il generale assegno perequativo ex lege 15 novembre 1973 n. 734 (art. 22, in riferimento all'art. 1), e
prevedendo che l'eventuale differenza fra i primi ed il secondo sia conservata a titolo di assegno ad personam riassorbibile. Il che rende evidente, come già rilevato dalla menzionata giurispru denza amministrativa, l'inaccettabilità dell'interpretazione che so stenesse per il solo personale trasferito alle regioni l'esistenza di un diritto al mantenimento di quegli assegni in eccedenza sullo
stipendio.
Il Foro Italiano — 1986.
This content downloaded from 193.142.30.116 on Sat, 28 Jun 2014 17:21:35 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
2111 PARTE PRIMA 2112
Cosi interpretata, la norma impugnata non dà origine ad alcuna
disparità di trattamento, e perciò si sottrae, con piena evidenza, alle censure di legittimità costituzionale prospettate dal giudice a
quo. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata,
nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 d.p.r. 14 gennaio 1972 n. 5, sollevata dal T.A.R. per l'Emilia-Romagna in riferimento agli art. 3, 76 e 97 Cost., con l'ordinanza indicata in epigrafe.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 23 luglio 1986, n. 4725; Pres. Chiavelli, Est. O. Fanelli, P. M. Benanti
(conci, conf.); I.n.p.s. <Avv. Benenati) c. Bove (Avv. Agostini).
Conferma Trib. Siena 24 giugno 1983.
CORTE DI CASSAZIONE;
Previdenza sociale — Trasmissione omessa o tardiva del certifica to di malattia — Conseguenze sull'indennità di malattia (Cod. civ., art. 1886, 1913, 1915; d.l. 30 dicembre 1979 n. 663,
provvedimenti per il finanziamento del servizio sanitario nazio
nale, per la previdenza, per il contenimento del costo del lavoro e per la proroga dei contratti stipulati dalle p.a. in base alla 1. 1° giugno 1977 n. 285, sull'occupazione giovanile, art. 2; 1. 29 febbraio 1980 n. 33, conversione in legge, con modifica
zioni, del d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, art. 1; 1. 23 aprile 1981 n. 155, adeguamento delle strutture e delle procedure per la
liquidazione urgente delle pensioni e per i trattamenti di
disoccupazione e misure urgenti in materia previdenziale e
pensionistica, art. 15).
L'omissione o il ritardo colposo nell'invio all'I.n.p.s. del cer
tificato di inizio di malattia determina soltanto la riduzione dell'indennità di malattia del prestatore di opera assente dal lavoro per infermità nella misura del pregiudizio sofferto dal l'istituto assicuratore a causa dell'omissione o del ritardo stessi, ex art. 1886 e 1915 c.c. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 aprile 1986, n. 2494; Pres. Franceschelli, Est. Palazzolo, P.M. Nicita
(conci, conf.); Cordini (Avv. Maffioletti) c. I.n.p.s. <Avv. Be
nenati). Conferma Trib. Milano 30 giugno 1982.
Previdenza sociale — Trasmissione omessa del certificato di
malattia — Conseguenze sull'indennità di malattia (Cod. civ., art. 1886, 1913, 1915; d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, art. 2; 1. 29 febbraio 1980 n. 33, art. 1; 1. 23 aprile 1981 n. 155, art.
15).
Il lavoratore assente dal servizio per malattia, che ometta di inviare all'I.n.p.s. nel termine previsto il certificato di malattia, non ha diritto alla relativa indennità economica. (2)
(1-2) Trib. Milano 30 giugno 1982, confermata da Cass. 2494/86 in
epigrafe, è massimata in Foro it., Rep. 1983, voce Previdenza sociale, n. 803.
Cass. 2494/86 si conforma al recente indirizzo (Cass. 5392 e
2869/85, id., 1986, I, 472, con nota di richiami e nota critica di L. De Angelis, La lotta all'assenteismo: l'omessa o ritardata trasmissione del certificato di malattia, e, rispettivamente, id., 1985, I, 1985, con nota di richiami) che ha innovato la precedente giurisprudenza di
legittimità richiamata nelle due decisioni, formatasi però su fattispecie cui non era applicabile la normativa degli art. 2. d.l. 663 del 1979, convertito, con modificazioni, nella 1. 33 del 1980, e 15 1. 155 del 1981. Cass. 4725/86 sopra riportata se ne discosta, invece, consapevol mente, creando sul punto contrasto la cui soluzione è già stata deferita alle sezioni unite.
Sono da segnalarsi, nella decisione più recente, gli obiter dicta
relativi all'invio del certificato di continuazione di malattia, per il
quale « a maggiore ragione valgono » le considerazioni riassunte in
massima; e quello attinente l'incidenza della mancata o ritardata trasmissione del certificato stesso sul piano della prova del fatto costitutivo del diritto (malattia e suo grado invalidante).
In dottrina, cfr., inoltre, la nota adesiva di Cass. 5392/85 cit., di M.
Genghini, Indennità di malattia e omesso o ritardato inoltro all'I.n.p.s. del certificato medico, in Mass. giur. lav., 1985, 555.
Nella materia affine dell'omesso invio al datore di lavoro della certifica zione sanitaria, cfr. Pret. Roma 19 dicembre 1985, che sarà riportata in un prossimo fascicolo.
Cass. 3 aprile 1986, n. 2305, inedita a quel che consta, ha affermato
I
Motivi della decisione. — (Omissis). Con l'unico motivo di
ricorso, denunciandosi violazione degli art. 1913 e 1915 c.c. e
dell'art. 2 d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, quale risulta dalla legge di conversione 29 febbraio 1980 n. 33 e dalla 1. 23 aprile 1981 n.
155, art. 15, si sostiene che il cosiddetto obbligo di avviso di
sinistro previsto, per il contratto di assicurazione, dall'art. 1913
c.c., trasposto nel campo dell'assicurazione sociale di malattia ha
la funzione di porre l'istituto assicuratore in grado di svolgere gli
opportuni accertamenti con la necessaria immediatezza, funzione
ben diversa da quella propria dell'avviso con riguardo alle
assicurazioni private contro i danni in generale; cosicché quello di tempestiva trasmissione della certificazione di malattia non può
qualificarsi obbligo, ma è un onere, alla cui inosservanza conse
gue per il soggetto onerato l'impossibilità di acquisto del diritto.
Vale a dire che, se l'adempimento è stato del tutto omesso, l'assicurato nulla può pretendere per indennità di malattia; men
tre, se è stato solo ritardato, purché però pur sempre nel corso
della malattia, quando i controlli possono essere ancora svolti con
qualche utilità, il diritto all'indennità può essere posto in discus
sione limitatamente alle giornate di ritardo.
La censura è infondata. L'omesso o ritardato invio del certifica
to medico di inizio (o di continuazione) di malattia all'istituto
assicuratore, al fine di attivare la procedura di erogazione dell'in
dennità di malattia, era prima dell'entrata in vigore del d.l. 30
dicembre 1979 n. 663, convertito nella 1. 29 febbraio 1980 n. 33,
privo di specifica dsciplina normativa, onde doveva farsi capo in
virtù del rinvio disposto dall'art. 1886 c.c. alla disciplina generale del codice, e, cioè, per quanto riguarda la specifica questione
oggetto dell'attuale controversia, agli art. 1913 e 1915 c.c.
Essendosi sul punto verificato un contrasto nella giurisprudenza di questa sezione lavoro (nel senso che secondo alcune decisioni
al mancato (o ritardato) invio del certificato medico segue l'au
tomatica perdita del diritto all'indennità; mentre secondo altre
l'omissione colposa determina soltanto la riduzione dell'indennità
nella misura del pregiudizio sofferto dall'istituto assicuratore a
cagione di quella omissione) le sezioni unite, con sentenza 13
giugno 1980, n. 3749 (Foro it., 1980, I, 2467) con riguardo al
mancato invio del certificato d'inizio (problema che ritenevano
diverso da quello dell'invio del certificato di continuazione della
malattia, peraltro estraneo alla specie e perciò non esaminato) aderivano alla seconda tesi, osservando che, sia la comunicazione
oggetto di una vera e propria obbligazione contrattuale o lo sia
di un mero onere, la sua mancanza può far presumere solo colpa, non anche dolo, la cui allegazione e dimostrazione rimangono a
carico dell'ente assicuratore, sicché non può ritenersi avverata la
fattispecie decadenziale automatica prevista dal 1° comma dell'art.
1915 per il caso, appunto, di dolosa omissione; e precisando che,
ritenendosi, com'è certo, che l'art. 1915, 2° comma, si riferisce ad un
pregiudizio di carattere economico patrimoniale, sofferto dall'assi
curatore per effetto della omessa o ritardata (oltre il termine di
tre giorni fissato dall'art. 1913) comunicazione del (verificarsi del) rischio assicurato, non è consentito ritenere che, nella (e per effetto della) trasposizione dal settore delle assicurazioni private a
quello delle assicurazioni sociali, tale elemento della fattispecie legale si snaturi fino a diventare altro da se, assumendo come suo termine di riferimento non più il dato (statico) del patrimonio del debitore (l'assicuratore) al fine di assolvere al suo interno una
funzione riequilibratrice, in rapporto di assoluta omogeneità con
la prestazione dal medesimo debitore dovuta (l'indennità), bensì'
il momento (dinamico) dell'attività di controllo) che è del tutto
eterogenea rispetto a tale prestazione e puramente strumentale ad
essa, laddove la (erogazione della) prestazione medesima e non il
(compimento del) controllo costituisce il compito istituzionale del
l'ente assicuratore.
A tale orientamento la successiva giurisprudenza si adeguava
(Cass. 24 febbraio 1984, n. 1341, 27 febbraio 1984, n. 1416, 18 apri
le 1984, nn. 2530, 2531, e 3 novembre 1984, n. 5737, id., Rep. 1984,
voce Previdenza sociale, nn. 540, 536, 534, 533) fino a che non so
pravveniva il citato d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, convertito nella
1. 29 febbraio 1980 n. 33, il cui art. 2, 2° comma, dichiarava il la
che l'omesso invio del certificato previsto dal contratto collettivo nel
termine ivi fissato, incide, come ogni inadempimento, sulla sorte del
rapporto di lavoro e può legittimare il licenziamento per giusta causa, dovendosi tenere, però, necessariamente conto dell'elemento soggettivo del comportamento del lavoratore. In tale pronuncia si precisa pure che detto termine non costituisce né un limite per l'esercizio del
diritto, né per la sopravvivenza del diritto al suo mancato esercizio, e che esso non è termine di decadenza o di prescrizione.
Il Foro Italiano — 1986.
This content downloaded from 193.142.30.116 on Sat, 28 Jun 2014 17:21:35 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions