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sentenza 14 gennaio 1986, n. 8 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 22 gennaio 1986, n. 3); Pres....

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sentenza 14 gennaio 1986, n. 8 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 22 gennaio 1986, n. 3); Pres. Paladin, Rel. Greco; Loi c. I.n.p.s. Ord. App. Cagliari 23 maggio 1978 (G. U. n. 24 del 1979) Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 2 (FEBBRAIO 1986), pp. 319/320-321/322 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23180475 . Accessed: 25/06/2014 10:39 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.214 on Wed, 25 Jun 2014 10:39:05 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 14 gennaio 1986, n. 8 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 22 gennaio 1986, n. 3); Pres. Paladin, Rel. Greco; Loi c. I.n.p.s. Ord. App. Cagliari 23 maggio 1978 (G. U. n.

sentenza 14 gennaio 1986, n. 8 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 22 gennaio 1986, n. 3);Pres. Paladin, Rel. Greco; Loi c. I.n.p.s. Ord. App. Cagliari 23 maggio 1978 (G. U. n. 24 del 1979)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 2 (FEBBRAIO 1986), pp. 319/320-321/322Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180475 .

Accessed: 25/06/2014 10:39

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PARTE PRIMA

prima civile della Corte di cassazione ha accolto il terzo e il

quarto motivo rinviando la causa per nuovo esame ad altra

sezione della Corte d'appello di Torino, ed ha respinto i due

primi motivi, osservando, a proposito del primo, in punto di

diritto che, data l'importanza del tentativo di conciliazione e,

quindi, dell'udienza presidenziale, nella quale viene il tentativo

esperito, « non può essere consentito di privare il convenuto del

suo diritto (di difesa, costituzionalmente garantito) a comparire ed a tutelare i suoi interessi nella fase presidenziale » e che

« pertanto, ove non venga provata la sussistenza di un grave motivo che giustifichi l'assenza del convenuto (malattia che impe disca alla parte di recarsi all'udienza, detenzione, emigrazione, ecc.), deve considerarsi pienamente legittima la prosecuzione del

processo di divorzio e compiutamente valida la pronuncia resa, nonostante il mancato espletamento del tentativo ».

Fermati questi punti di diritto, cosi prosegui la motivazione della sezione I civile della Cassazione: « nella ipotesi di specie —

poiché non è stata fornita (ritualmente e tempestivamente) la dimostrazione della malattia dell'Arneodo che aveva impedito a

questa di essere presente all'udienza presidenziale dell'I 1 dicem bre 1971 (nella quale il presidente del tribunale, a seguito della

mancata comparsa della convenuta, ha affidato a questa la figlia minore ed ha fissato l'udienza di comparizione innanzi al giudice istruttore) in quanto il certificato medico attestante la malattia

dell'Arneodo e l'impossibilità per la stessa di recarsi all'udienza è stato consegnato al presidente del Tribunale di Torino dall'agen zia di recapito espressi F. Defendini, via S. Teresa 19 F, Torino, cui era stato affidato per la trasmissione, in data 21 dicembre

1971 (come risulta dal timbro apposto dall'agenzia recapiti per l'annullamento dei francobolli postali apposti sulla busta, sulla

quale è anche il visto di ricezione del cancelliere capo dott. Liborio Lo Gance), e cioè ben dieci giorni dopo che la fase

presidenziale si era oramai compiuta — deve ritenersi che, in mancanza della prova (tempestiva e rituale), da parte del coniuge convenuto non comparso, del legittimo e grave impedimento che

non gli aveva consentito la comparizione alla udienza presidenzia le — validamente il procedimento di divorzio sia proseguito passando dalla fase presidenziale a quella istruttoria, nonostan te l'omissione del tentativo di conciliazione a quella istrut toria (tra l'altro, non consentito neppure innanzi al giudi ce istruttore per non essersi presentato il coniuge convenuto all'udienza fissata per l'interrogatorio libero delle parti), e che

conseguentemente la sentenza di divorzio sia stata validamente resa ».

2. - Ravvisando in tali rilievi un errore di fatto, quale descritto nel n. 4 dell'art. 395 c.p.c., la Arneodo si rivolse di bel nuovo alla Corte di cassazione con ricorso depositato il 17 dicembre 1981 e notificato il 4 e I'll dicembre precedenti rispettivamente all'Alternano personalmente e al difensore di lui per la revocazio ne della sentenza denunciando la necessità di estendere, attraver so l'intervento della Corte costituzionale, il rimedio della revoca zione previsto nella prima parte di quell'articolo solo per le sentenze dei giudici di merito, potendo essere anch'esse affette da

errore, specialmente dopo che alla Corte di cassazione è stato attribuito il controllo sui vizi in procedendo.

Replicò il resistente Felice Alternano che l'istanza non poteva essere presa in considerazione sia perché il ricorso gli era stato notificato presso il proprio difensore e domiciliatario dopo i trenta giorni prescritti, a pena di decadenza dall'art. 396, 2°

comma, c.p.c., sia perché essa era comunque manifestamente infondata per non essere consentita la revocazione delle sentenze della Cassazione, sottratte a tutti i mezzi d'impugnazione.

Con la ordinanza di rimessione te sezioni unite, cui la tratta zione della domanda era stata assegnata, hanno ritenuto che non vi fosse materia per porre un problema di tempestività del

ricorso, in quanto a parte ogni altra più complessa dichiarazione, i termini di decadenza per atti da compiersi, dopo il 1° dicembre

1981, a mezzo degli ufficiali giudiziari del distretto di Roma, sono stati prorogati, con d.m. 11 dicembre 1981, pubblicato nella C.U. 14 dicembre 1981, n. 342, di quindici giorni dalla data di

pubblicazione, nella stessa Gazzetta, del successivo decreto che avrebbe accertato l'esaurimento di uno sciopero allora in atto

presso l'ufficio unico di quel distretto; e nella specie l'impugna zione è stata notificata nei limiti di tale proroga. Ha poi giudicato rilevante la questione sulla duplice constatazione che « l'errore revocatorio è concepibile anche con riguardo alla sen tenza di cassazione e che appunto in esso sembra essere incorsa la sentenza n. 5874/81 » per ciò che « l'anomalia rilevante in

revocazione afferisce a profili meramente processuali purché inci

li. Foro Italiano — 1986.

denti sulla sorte della domanda o di un capo di essa e non su

mere preclusioni o nullità verificatesi all'interno del processo ».

Di tal che « la revocabilità della sentenza di cassazione non può essere negata a priori, non essendovi sostanziale diversità, ad

esempio, fra la sentenza di un giudice di merito e la sentenza di

cassazione quando entrambe concludano la lite per ragioni pro cessuali ». (Omissis)

Diritto■ — 3.1. - Postoché il dispositivo del provvedimento del

giudice va inteso in correlazione con la motivazione dello stesso, il dispositivo della ordinanza di rimessione sottopone al giudizio di questa corte il problema della revocabilità (non di ogni e

qualsiasi sentenza della Corte di cassazione, sibbene) di sentenza

resa su ricorso basato sul n. 4 dell'art. 360 c.p.c.; problema

questo che sol si poneva e poteva porsi nella specie in cui la

sezione I civile della Cassazione, con la sent. 7 novembre 1981, n.

5874, aveva reietto il primo motivo del ricorso, basato dalla

Arneodo sull'errore in cui la Corte d'appello di Torino era

incorsa con dire ritualmente svolta la udienza presidenziale preli minare alla istruzione, e alla decisione della domanda di cessa

zione degli effetti civili del matrimonio concordatario, sol per aver tenuto conto di una sola delle missive dalla Arneodo

racchiuse in due buste affidate ad una azienda recapiti di Torino.

Pertanto la sentenza che questa corte va a pronunciare incide

sulla sola revocabilità di sentenze dalla Cassazione rese su ricorsi

basati sul n. 4 dell'art. 360 c.p.c. vuoi perché questo è il tema del

giudizio a quo vuoi perché tale e non altra è la questione

d'illegittimità costituzionale prospettata dalle sezioni unite civili

della Cassazione.

3.2. - Contenuta nei limiti imposti dal principio della corri

spondenza tra chiesto e pronunciato, la questione non può non

dirsi fondata perché il diritto di difesa, in ogni stato e grado del

procedimento garantito dall'art. 24, 2° comma, Cost., sarebbe

gravemente offeso se l'errore di fatto, cosi come descritto nell'art.

395, n. 4, non fosse suscettibile di ejnenda sol per essere stato

perpetrato dal giudice cui spetta il potere-dovere di nomofilachia.

Né le peculiarità del magistero della Cassazione svuotano di

rilevanza il comandamento di giustizia che di per sé permea la

ripetuta disposizione del codice di rito civile, perché l'indagine

cognitoria cui dà luogo il n. 4 dell'art. 360 non è diversa da

quella condotta da ogni e qualsiasi giudice di merito allorquando scrutina la ritualità degli atti del processo sottoposto al suo

esame.

4. - L'autorità della sentenza che la corte va a pronunciare non

va oltre la specie concreta che ha consentito alle sezioni unite di

provocarla: l'eliminazione, cioè, dell'esclusione della sentenza di

cassazione resa su ricorso basato su error in procedendo di cui

all'art. 360 c.p.c., mentre le modalità della proposizione della

domanda di revocazione di tali sentenze della corte regolatrice affette dal vizio descritto nell'art. 394, n. 4, c.p.c. e il modus

procedendi sono stati verificati nella sent. 5874/81 della sezione I

civile della Cassazione e nella ordinanza di rimessione e, pertan to, il vigore di tali verifiche non va oltre l'area nella quale sono state effettuate. Spetta quindi al potere legislativo di colmare la

lacuna, in quanto necessario, e auspica questa corte che la

propria non sia vox clamans in deserto anche perché l'estrema

rarità delle vicende, in cui si è imputata a giudici di merito la

commissione del motivo di revocazione di cui all'art. 395, n. 4, non fa temere aumento di accessi alla Corte di cassazione.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, vista l'ordinanza 8 febbraio 1983, n. 101 delle sezioni unite civili della Corte di

cassazione (n. 234 r.o. 1983), dichiara l'incostituzionalità dell'art.

395, 1" parte, e n. 4 c.p.c. nella parte in cui non prevede la

revocazione di sentenze dalla Corte di cassazione rese su ricorsi

basati sul n. 4 dell'art. 360 c.p.c. e affette dall'errore di cui al n.

4 dell'art. 395 dello stesso codice.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 gennaio 1986, n. 8

(Gazzetta ufficiale, 1" serie speciale, 22 gennaio 1986, n. 3); Pres. Paladin, Rei. Greco; Loi c. I.n.p.s. Ord. App. Cagliari 23 maggio 1978 (G. U. n. 24 del 1979).

Previdenza sociale — Assegni familiari — Genitore a carico avente redditi propri — Incostituzionalità (Cost., art. 3; 1. 30

aprile 1969 n. 153, revisione degli ordinamenti pensionistici e

norme in materia di sicurezza sociale, art. 43).

È illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 43, 2° comma, l. 30 aprile 1969 n. 153, nella parte in cui — per il periodo

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

antecedente alla modifica introdotta dall'art. 6 d.l. 30 giugno 1972 n. 267, convertito in l. 11 agosto 1972 n. 485 —

prevede, in ipotesi di redditi propri del genitore a carico, diversi limiti ostativi al conseguimento degli assegni familiari a

seconda che si tratti o meno di redditi derivanti esclusiva

mente da pensione. (1)

Diritto. — La Corte d'appello di Cagliari, con l'ordinanza in

epigrafe (r.o. n. 533/78), dubita della legittimità costituzionale

dell'art. 43, 1° e 2" comma, 1. 30 aprile 1969 n. 153 (revisione

degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza

sociale) e dell'art. 6 d.l. 30 giugno 1972 n. 267 (miglioramenti ad

alcuni trattamenti pensionistici ed assistenziali), convertito, con

modificazioni, nella 1. 11 agosto 1972 n. 485, in riferimento agli art. 3 e 38 Cost.

L'art. 43 1. n. 153/69, prima della modificazione avvenuta con

le leggi successive che avevano, dal 1° luglio 1972, unificato i

limiti reddituali per il periodo anteriore alla detta data, per

l'erogazione degli assegni familiari a favore del genitore a carico

(nella specie, la madre della ricorrente), richiedeva la titolarità di

redditi misti (nella specie, da pensione, fabbricati e coltivazione

terreni) per un ammontare non superiore a lire 21.000 mensili,

mentre, per il reddito da sola pensione, il limite era di lire 30.000

mensili.

La corte remittente, ricordata la funzione degli assegni fa

miliari come integrativa del salario, ha rilevato una ingiu stificata ed irrazionale disparità di trattamento in danno dei

titolari di redditi misti (violazione dell'art. 3 Cost.) e la frustazio

ne della garanzia di idonee provvidenze in favore di cittadini

inabili e sprovvisti di mezzi (art. 38 Cost.).

La questione è fondata. Questa corte, con sent. n. 128/75 (Foro

it., 1975, I, 1905), ha già ritenuto la parziale illegittimità costitu

zionale, per contrasto con l'art. 3 Cost., tra le altre, anche delle

norme ora denunciate, considerando che: a) il legislatore, in

attuazione dell'art. 38, 2° comma, Cost., aveva realizzato, sia pure con gradualità nel tempo, il miglioramento dei trattamenti pen sionistici ed assistenziali con riguardo all'assistenza di un coniuge a carico, stabilendo un importo di reddito ritenuto insufficiente

all'autonomo sostentamento della persona a carico e ciò con

riferimento alle esigenze minime di vita e, ragionevolmente, non

aveva potuto istituire una differenza di trattamento in rapporto

all'origine o provenienza del reddito; b) per il periodo precedente

non esisteva plausibile motivo che potesse ragionevolmente spie

gare la pretesa eccezione, in rapporto all'origine pensionistica del

reddito come causa giustificativa di una elevazione del limite di

legge e validi motivi che potessero sorreggere una differenziazione

in ragione della provenienza del reddito; c) in altri termini, posto un limite come indice dell'insufficienza del reddito del familiare

per il suo mantenimento autonomo, rimaneva del tutto irrilevante

il riferimento alla natura ed alla provenienza dei redditi.

In conclusione, la corte affermava l'irrazionalità del diverso

trattamento attuato dalle disposizioni denunciate, con la distin

zione tra i redditi derivanti esclusivamente da pensione e quelli di

altra natura o provenienza, distinzione che, ormai, lo stesso

legislatore aveva abolito richiedendo, con il 2° comma dell'art. 6,

un'unica misura limite per i redditi o proventi di qualsiasi natura

(art. 6, 2° comma, d.l. n. 267/72, conv. in 1. n. 485/72).

Potendosi porre, a fondamento della decisione della fattispecie, le stesse considerazioni innanzi richiamate, deve, quindi, dichia

rarsi la parziale illegittimità dell'art. 43, 2° comma, 1. 30 aprile 1969 n. 153, per contrasto con il principio di eguaglianza sancito

dallo stesso art. 3 Cost.

Resta assorbita ogni altra considerazione in ordine alla denun

ciata violazione dell'art. 38 Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, dichiara la illegittimi

tà costituzionale dell'art. 43, 2" comma, 1. 30 aprile 1969 n. 153,

nella parte in cui, per ipotesi di redditi del genitore a carico non

derivanti esclusivamente da pensione, stabilisce un limite ostativo

al conseguimento del diritto agli assegni familiari diverso da

quello previsto per i redditi derivanti esclusivamente da pensione.

(1) L'ordinanza di rimessione, App. Cagliari 23 maggio 1978, è

riassunta in toro it., Rep. 1979, voce Previdenza sociale, n. 660.

In motivazione si evidenzia come le norme denunciate in parte siano

state già dichiarate incostituzionali da Corte cost. 28 maggio 1975, n.

128, id., 1975, I, 1905, con nota di richiami. In tema di assegni familiari, per riferimenti, cfr. Corte cost. 17

aprite 1985, n. 105, id., 1985, 1, 2864, con nota di richiami, e Corte

cost, ly dicembre 1984, n. 891, ibid., 358, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1986.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 gennaio 1986, n. 4

(Gazzetta ufficiale, 1* serie speciale, 22 gennaio 1986, n. 3); Pres. Paladin, Rei. Ferrari; ric. Intelligente; interv. Pres. cons,

ministri. Ord. sez. sorveglianza Bologna 4 ottobre 1983 (G. U. n. 259 del 1984).

Ordinamento penitenziario — Sezione di sorveglianza — Natura

di giudice speciale — Esclusione — Organo specializzato —

Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 102; 1. 26

luglio 1975 n. 354, norme sull'ordinamento penitenziario e sulla

esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, art. 68,

70).

È infondata, in riferimento all'art. 102 Cost., la questione di

legittimità costituzionale dell'art. 70 in relazione all'art. 68 l. 26 luglio 1975 n. 354, dovendosi ritenere che tale normativa

configuri la sezione di sorveglianza non come giudice speciale ma come organo specializzato appartenente alla giurisdizione ordinaria. (1)

Diritto- — 1. - La sezione di sorveglianza di Bologna, reputan do che la disciplina instaurata in materia con la riforma di cui alla 1. 26 luglio 1975 n. 354, peraltro modificata con la 1. 12

gennaio 1977 n. 1, le abbia conferito natura di giudice speciale piut tosto che di sezione specializzata, denuncia l'illegittimità della pro

pria costituzione. Ed al riguardo essa dedica larga parte della sua

motivazione ai magistrati di sorveglianza.

Si legge, infatti, nell'ordinanza: che questi, « presenti in sole 56

sedi..., sono totalmente autonomi, organizzativamente, funzio

nalmente, amministrativamente rispetto ai tribunali ' presso

' i

quali sono costituiti »; che in tal senso si pronunciò il Consiglio

superiore della magistratura, quando, con deliberazione 8 marzo

1978, « riconobbe sciolto da ogni legame organico l'ufficio di

sorveglianza rispetto al tribunale » e « ne riaffermò la completa autonomia funzionale, organizzativa, amministrativa e finanziaria, anche in rapporto al suo carattere policircoscrizionale »; che « l'espressione

* presso il tribunale

' di cui all'impugnato art. 68 è

priva di significato funzionale essendo diretta ad indicare la mera

coincidenza della sede, di luogo geograficamente inteso »; che,

« mentre prima della riforma le più limitate funzioni del giudice di sorveglianza erano organizzate all'interno dell'organo-tribuna le », con la riforma si è, viceversa, creato « un assetto istituzionale

nuovo », in conseguenza del quale « il giudice di sorveglianza è

stato per cosi' dire espulso dal tribunale » e costituito « in

autonomo organo totalmente esterno al tribunale »; che « nella

prassi in concreto degli uffici di sorveglianza si è vieppiù accen

tuata la condizione di totale separazione e autonomia rispetto agli

organi giudiziari ordinari, anche con sempre più frequenti siste

mazioni logistiche in edifici distinti »; che « perciò è stata data

vita ad un modello organizzativo — ufficio di sorveglianza —

totalmente innovativo, con circoscrizioni pluricircondariali, secon

do ritagli geografici talvolta capricciosi, sempre poco funzionali,

privi, come si è detto, di rapporti orizzontali con gli organi

ordinari-tribunali, ma collegati tra loro ». E « non pare sufficien

te » — conclude l'ordinanza sul punto — « a far rientrare nel

sistema degli ' organi giudiziari ordinari

' né il potere di vigilanza

del presidente della corte d'appello ..., né il potere di tempora nea destinazione — cioè applicazione — affidata allo stesso

(I) L'ordinanza di rimessione Sez. sorveglianza Bologna 4 ottobre 1983 si legge in Foro it., 1984, II, 584, con nota di richiami, tra i quali,

in tema di componenti non togati delle sezioni agrarie, cfr. la nota di ri chiami di Cea, id., 4984, I, 240.

La decisione appare coerente con la precedente giurisprudenza costituzionale e segnatamente con Corte cost. n. 76/61, id., 1962, I, 5, con nota di richiami, menzionata in motivazione, di cui vengono applicati i criteri enunciati per la discriminazione delle sezioni specia lizzate rispetto ai giudici speciali. Particolare attenzione merita però, anche per i suoi aspetti di novità, la decisa valorizzazione del

collegamento istituzionale con il Consiglio superiore della magistratura quale «sicuro indice di riconoscimento della giurisdizione ordinaria».

In dottrina, cons, altresì Bartole, Sezioni specializzate e magistratu ra ordinaria (nota a Corte cost. n. 76/61), in Giur. costit., 1961, I, 1343; Lotito, Sulla riforma del provvedimento della sezione di

sorveglianza in tema di provvedimento di revoca anticipata delle misure di sicurezza, in Nuovo diritto, 1980, 281; Giostra, Il procedi mento di sorveglianza nel sistema processuale penale, Milano, 1983, 157; Di Gennaro-Bonomo-Breda, Ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione, Milano, 1980, 309; Guarneri, Giudice di

sorveglianza (dir. pen.), voce del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1980, III, 976; Tartaglione, Il procedimento speciale dinanzi la ma

gistratura di sorveglianza, in Giust. pen., 1976, fase. 12 bis, 285.

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