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sentenza 14 marzo 1984, n. 68 (Gazzetta ufficiale 21 marzo 1984, n. 81); Pres. Elia, Rel. Roehrssen;...

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sentenza 14 marzo 1984, n. 68 (Gazzetta ufficiale 21 marzo 1984, n. 81); Pres. Elia, Rel. Roehrssen; Soc. S.i.c.e. c. Comune di Reggio Calabria; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato De Francisci). Ord. T.A.R. Calabria 20 aprile 1977 (Gazz. uff. 21 dicembre 1977, n. 347) Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 4 (APRILE 1984), pp. 905/906-907/908 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175935 . Accessed: 25/06/2014 10:24 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.49 on Wed, 25 Jun 2014 10:24:17 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 14 marzo 1984, n. 68 (Gazzetta ufficiale 21 marzo 1984, n. 81); Pres. Elia, Rel.Roehrssen; Soc. S.i.c.e. c. Comune di Reggio Calabria; interv. Pres. cons. ministri (Avv. delloStato De Francisci). Ord. T.A.R. Calabria 20 aprile 1977 (Gazz. uff. 21 dicembre 1977, n. 347)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 4 (APRILE 1984), pp. 905/906-907/908Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175935 .

Accessed: 25/06/2014 10:24

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905 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 906

CORTE COSTITUZIONALE; CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 29 marzo 1984, n. 80

(Gazzetta ufficiale 4 aprile 1984, n. 95); Pres. Elia, Rei.

Reale; Scaletti e altri; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello

Stato Onufrio). Orci. Trib. Roma 19 novembre ,1982 e 29 no

vembre 1982 (Gazz. uff. 29 giugno 1983, n. 177); Trib. Cosenza

2 giugno 1983 (id. 28 dicembre 1983, n. 355).

Libertà personale dell'imputato — Tribunale della libertà — Rie

same dei mandati e degli ordini di cattura o di arresto — De

correnza del termine per il difensore — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. proc. pen., art. 263 bis-, 1. 12 agosto 1982 n. 532,

disposizioni in materia di riesame dei provvedimenti restrittivi

della libertà personale e dei provvedimenti di sequestro. Misure

alternative alla carcerazione preventiva, art. 7).

È illegittimo, per violazione dell'art. 24, 2° comma, Cost., l'art.

263 bis, 2° comma, c.p.p., come sostituito dall'art. 7 /. 12

agosto 1982 n. 532, nella parte in cui dispone che il termine di

cinque giorni per la richiesta di riesame da parte del difensore

dell'imputato detenuto decorra dall'esecuzione del provvedimen

to, anziché dalla sua notifica al difensore o comunque da

quando egli abbia conoscenza del provvedimento stesso. (1)

Diritto. — Le due ordinanze del Tribunale di Roma e quella del Tribunale di Cosenza riassunte in narrativa propongono alla

corte la stessa questione di legittimità costituzionale. I relativi

giudizi vanno quindi riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - La 1. 12 agosto 1982 n. 532 (disposizioni in materia di

riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale e dei

provvedimenti di sequestro. Misure alternative alla carcerazione

preventiva) ha, tra l'altro, con l'art. 7 modificato l'art. 263 bis

c.p.p. e con l'art. 8 inserito l'art. 263 ter c.p.p.

Queste due norme, le quali insieme con l'art. 263 quater introducono e regolano l'istituto del riesame dei mandati di

cattura degli ordini di arresto, dispongono che contro i detti

provvedimenti (nonché quelli sostitutivi della custodia in carcere

o di revoca degli stessi) « l'imputato o il suo difensore possono

proporre richiesta di riesame, anche nel merito »; che la richiesta,

quando si tratti di imputato detenuto, deve essere proposta entro

cinque giorni dall'esecuzione del provvedimento; che l'autorità

che ha emesso il provvedimento, appena le perviene richiesta di

riesame e non oltre ventiquattro ore, la trasmette con gli atti

del procedimento o copia di essi al tribunale del capoluogo di provincia (correntemente definito « tribunale della libertà ») in

cui ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento stesso; che il

tribunale entro tre giorni dal ricevimento dell'atto (prorogabili di

altri tre giorni con decreto motivato) conferma o revoca il

provvedimento, e se non decide entro i termini indicati, il mandato

o l'ordine di cattura o di arresto cessa di avere efficacia.

Nel rilevare la novità di questo istituto dottrina e giurispruden

za, discordi circa il suo inquadramento, sono concordi nell'esclu

dere che si tratti di appello, in ragione dell'effetto totalmente e

incondizionatamente devolutivo, anche in mancanza di motivi,

della richiesta di riesame; mentre è pacifico, perché, come si è

ricordato, espressamente indicato dalla norma, che la richiesta di

riesame può essere proposta dall'imputato o dal suo difensore.

3. - Ora i giudici rimettenti — più precisamente il Tribunale di

Roma impugnando il nuovo testo dell'art. 263 bis c.p.p., il

(1) L'ordinanza di rimessione Trib. Roma 19 novembre 1982 si legge in Foro it., 1982, II, 528, con nota di richiami.

Come è ricordato in motivazione, l'essenzialità della difesa tecnica era già stata affermata più volte e da ultimo da Corte cost. 22

dicembre 1980, n. 188, id., 1981, I, 318, con nota di richiami, che aveva dichiarato infondata la questione di costituzionalità degli art. 125 e 128 c.p.p., per i quali l'imputato deve, a pena di nullità, essere assistito dal difensore, salvo che si tratti di coiitravvenzione punibile con l'ammenda non superiore a lire 3.000 o con l'arresto non superiore ad un mese, anche se comminati congiuntamente.

Nella giurisprudenza costituzionale è presente peraltro anche il

principio per cui il diritto di difesa, nelle modalità del suo esercizio,

può essere « diversamente regolato ed adattato alle speciali esigenze dei singoli procedimenti, purché non ne siano pregiudicati lo scopo e le funzioni » (Corte cost. 15 novembre 1972, n. 159, id., 1972, I, 3314, con nota di richiami). L'affermazione è testualmente citata in motiva

zione; la conclusione che si raggiunge è però che la normativa

impugnata, più che adattare l'esercizio del diritto di difesa, finisce di

fatto col negarlo. In dottrina, nel senso che la brevità del termine, unita alla assenza

di una informazione adeguata e tempestiva, rendeva estremamente difficile l'opera del difensore, cons. Illuminati, in Legislazione pen., 1983, I, 102. Fanno riferimento alla questione decisa con la sentenza

riportata, ma senza prendere posizione sul punto, Di Nanni-Fu

sco-Vacca, Il tribunale della libertà, Napoli, 1983, 170. Cons, altresì

Goldoni, La tutela della libertà dell'imputato, Roma, 1983, 33; Verde-Pacifico, Il tribunale della libertà, Roma, 1983, 43.

Tribunale di Cosenza impugnando l'art. 7 1. 12 agosto 1982 n.

532 che lo ha sostituito al precedente testo — dubitano che sia

conforme al diritto costituzionale di difesa nonché al principio di

eguaglianza, che il termine di cinque giorni per proporre la

richiesta di riesame del provvedimento restrittivo decorra anche

per il difensore, oltre che per l'imputato, dall'esecuzione del

provvedimento stesso, del quale il difensore può non essere

ancora a conoscenza.

4. - La questione è fondata.

La corte ha stabilito in molte decisioni (da ultimo nelle

sentenze nn. 162 del 1975, Foro it., 1975, I, 2426; 125 del 1979,

id., 1979, I, 2513; 188 del 1980, id., 1981, I, 318) l'essenzialità

della difesa tecnica ai fini del rispetto dell'art. 24 Cost., anche

se ha ritenuto che il diritto di difesa, quanto alle modalità del

suo esercizio, possa essere dal legislatore « diversamente rego lato ed adattato alle speciali esigenze dei singoli procedimenti,

purché non ne siano pregiudicati lo scopo e le funzioni » (sent, n. 159 del 1972, id., 1972, I, 3314).

Ora, come sostanzialmente osservano le ordinanze di rimessio

ne, l'art. 263 bis c.p.p. da una parte ammette il difensore a

proporre la richiesta di riesame, dall'altra non gli assicura l'eser

cizio di questo diritto tutte le volte che egli non abbia cognizione del provvedimento prima della scadenza del termine per la

richiesta o che la abbia in immediata prossimità di essa.

Né valgono — a negare la fondatezza della questione — le

argomentazioni della difesa del presidente del consiglio relative

da una parte alla limitata funzione che, nello speciale procedi mento di riesame, ha la difesa tecnica in quanto non è necessario

corredare di motivi la richiesta e inoltre l'opera del difensore è

limitata dalla non conoscenza degli atti coperti da segreto istrut

torio; dall'altra al carattere di urgenza del procedimento; e infine

alla affermata rarità dei casi nei quali il difensore non ha

tempestiva conoscenza del provvedimento stesso.

A parte ogni altra considerazione, infatti, sta quella di per sé

decisiva che è lo stesso legislatore a riconoscere, nel procedimen to di cui trattasi, il diritto alla difesa tecnica. Non poteva quindi

negarne l'esercizio in tutte le situazioni nelle quali il difensore

non abbia potuto avere conoscenza del provvedimento restrittivo

prima della scadenza del termine fissato o l'abbia avuta in

prossimià della scadenza stessa. Da ciò una sostanziale violazione

del diritto di difesa e quindi dell'art. 24, 2° comma, Cost.

La riconosciuta fondatezza della questione in riferimento all'art.

24 Cost, esime la corte dall'esame di essa con riferimento all'art.

3 Cost., altro parametro indicato nella ordinanza di rimessione.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 263 bis, 2° comma, c.p.p., come sostituito

dall'art. 7 1. 12 agosto 1982 n. 532, nella parte in cui dispone che

il termine di cinque giorni per la richiesta di riesame da parte del difensore dell'imputato detenuto decorra dall'esecuzione del

provvedimento, anziché dalla sua notifica al difensore o comun

que da quando egli abbia conoscenza del provvedimento stesso.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 marzo 1984, n. 68

(Gazzetta ufficiale 21 marzo 1984, n. 81); Pres. Elia, Rei.

Roehrssen; Soc. S.i.c.e. c. Comune di Reggio Calabria; interv.

Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato De Francisci). Orci.

T.A.R. Calabria 20 aprile 1977 (Gazz. uff. 21 dicembre 1977,

n. 347).

Edilizia e urbanistica — Abusi edilizi — Sanzioni amministrative

— Retroattività — Questione infondata di costituzionalità (Cost.,

art. 25; 1. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità

dei suoli, art. 15, 21).

È infondata là questione di legittimità costituzionale degli art. 15

e 21 l. 28 gennaio 1977 n. 10, nella parte in cui non escludono

l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dallo stesso

art. 15 agli abusi edilizi commessi prima dell'entrata in vigore

della menzionata legge, in riferimento all'art. 25, 2° comma,

Cost. (1)

(1) L'ordinanza del T.A.R Calabria 20 aprile 1977, che ha sollevato la questione di costituzionalità ora dichiarata infondata dalla corte, è massimata in Foro it., 1978, III, 155, con nota di richiami.

La motivazione della riportata sentenza si articola attraverso i

seguenti passaggi: a) il principio della irretroattività delle leggi è stato costituzionalizzato solo con riguardo alla materia penale, mentre per le restanti materie la osservanza del principio stesso è rimessa alla

prudente valutazione del legislatore; b) la materia considerata dall'art. 15 1. n. 10 del 1977 non ha nulla a che vedere con quella penale in

quanto la norma de qua prevede e disciplina esclusivamente

Il Foro Italiano — 1984 — Parte I-59.

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PARTE PRIMA

Fatto. — Con ordinanza emessa il 20 aprile 1977 il T.A.R. per la Calabria — nel corso di un giudizio promosso dalla soc. S.i.c.e.

contro il comune di Reggio Calabria — ha sollevato questione di

legittimità costituzionale degli art. 15 e 21 1. 28 gennaio 1977 n.

10, in riferimento all'art. 25, 2° comma, Cost., in quanto non

escludono espressamente l'applicazione retroattiva delle nuove san

zioni amministrative introdotte.

Nell'ordinanza si espone quanto segue. La S.i.c.e. aveva in corso la costruzione di due corpi di

fabbricati nel comune di Reggio Calabria, i cui lavori erano stati

sospesi con ordinanza sindacale. Successivamente il sindaco di

Reggio Calabria aveva ordinato la demolizione dei due corpi di

fabbrica anzidetti, ai sensi degli art. 31 e 32 1. urbanistica n. 1150

del 1942 e successive modificazioni, e dell'art. 15 1. 28 gennaio 1977 n. 10, recante norme per la edificabilità dei suoli, nel

presupposto che la soc. S.i.c.e. avesse eseguito abusivamente le

opere edilizie da demolire.

Contestualmente il sindaco avvertiva che nel caso di mancata

demolizione le opere sarebbero state acquisite gratuitamente al

patrimonio indisponibile del comune, onde essere utilizzate ai fini

pubblici ai sensi dell'art. 15 1. n. 10 del 1977.

La S.i.c.e. ricorreva al T.A.R. chiedendo l'annullamento del

provvedimento, deducendo in particolare la erronea e falsa appli cazione dell'art. 15 1. n. 10 del 1977, in quanto il nuovo sistema

sanzionatorio previsto dalla 1. n. 10 non sarebbe stato applicabile alla fattispecie, verificatasi prima dell'entrata in vigore della legge

suddetta.

Nell'ordinanza di rimessione, premesso quanto sopra, si afferma

che gli art. 15 e 21 1. n. 10 del 1977 danno carattere retroattivo

alle nuove sanzioni previste, cosi ponendosi in contrasto con l'art.

sanzioni di carattere amministrativo; c) la giurisprudenza ammi

nistrativa è consolidata nel ritenere che le sanzioni di cui al

ripetuto art. 15 non si applicano a costruzioni portate a compimento

prima dell'entrata in vigore della 1. n. 10 del 1977.

Si tratta di proposizioni che trovano puntuale riscontro nella

giurisprudenza, in quanto: 1) il rilievo riassunto sub a) è del tutto

pacifico (in aggiunta ai precedenti richiamati in motivazione, si

possono consultare, fra le tante, Cass. 24 marzo 1981, n. 1703, id.,

Rep. 1981, voce Legge, n. 63, e, per riferimenti, Corte cost. 15

febbraio 1980, n. 13, id., 1980, I, 569, con nota redazionale); 2) l'enunciazione sub b) si allinea con le acquisizioni di Cons. Stato, sez.

V, 10 luglio 1981, n. 359, id., Rep. 1981, voce Edilizia e urbanistica,

n. 797, e di T.A.R. Abruzzo 31 luglio 1982, n. 215, id., 1983, III, 29,

con nota di richiami, che esclude la possibilità di ricondurre le

sanzioni amministrative dell'abusivismo edilizio (su cui De Roberto,

Appunti sulle sanzioni urbanistiche, in Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato, 1981, II, 965 ss.; nonché, per un riesame della

giurisprudenza della Cassazione sul riparto delle giurisdizioni, Cannada

Bartoli, Sanzioni amministrative e tutela giurisdizionale, in Le sanzio

ni amministrative, 1982, 152 ss.) fra quelle previste dalla 1. 24

novembre 1981 n. 689, sommariamente esaminate da Corte cost. 18

aprile 1983, n. 90, Foro it., 1983, I, 1787, e approfonditamente conside

rate da Travi, Sanzioni amministrative e pubblica amministrazione,

1983, 57 ss.; 3) l'affermazione del punto c) ricorda infine la ormai con

solidata tendenza interpretativa dei giudici amministrativi, di cui sono

recente espressione Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 1983, n. 150, Cons.

Stato, 1983, I, 545; 10 luglio 1981, n. 351, Foro it., Rep. 1981, voce

cit., n. 771; T.A.R. Sicilia 23 gennaio 1980, n. 82, id., 1981, III, 358, con nota di richiami, anche dottrinali, ai quali si possono aggiungere, Lo Jacono, Sanzioni reali e sanzioni personali in materia edilizia, in

Studi, cit., 997 ss., spec. 1006; Calvani, Le sanzioni amministrative,

ecc., 1979, 62-69. Gli orientamenti ora ribaditi dalla Corte costituzionale, subiscono,

peraltro, qualche precisazione nelle due decisioni della VI sezione del

Consiglio di Stato 28 giugno 1982, n. 317, Foro it., Rep. 1982, voce

cit., n. 769, e 31 maggio 1982, n. 275, ibid., n. 770 (annotata da M. A.

Sandulli, in Riv. giur. edilizia, 1982, I, 943) che, con riferimento alle

sanzioni previste dall'art. 20 bis 1. prov. Trento 6 settembre 1971 n.

12, affermano, non senza ribadire di mantenersi in linea con la

tendenza dianzi ricordata sub c), che in materia di sanzioni ammini

strative non vige il divieto di retroattività che la Costituzione pone solo per le leggi penali, per cui, per determinare la sfera di applicabili tà della disciplina sanzionatoria sopravvenuta in materia di illeciti

edilizi, deve aversi riguardo non alla data della costruzione abusiva

ma al momento in cui l'amministrazione opera la scelta (peraltro non

irretrattabile) tra demolizione e sanzione alternativa; pertanto, la

sanzione pecuniaria è applicabile ogni qualvolta, dopo l'entrata in

vigore della nuova disciplina sanzionatoria, l'amministrazione decida di

non procedere alla demolizione di un edificio del quale permanga il

carattere abusivo. Un sistema di sanzioni amministrative retroattive è previsto anche

dal disegno di legge n. 833, approvato dalla camera ed ora all'esame

del senato, concernente la sanatoria delle opere edilizie abusive. L'oblazione è infatti consentita unicamente per le costruzioni ultimate

alla data del 1° ottobre 1983, ma se nel termine di 90 giorni dall'entra ta in vigore della legge non viene presentata la domanda di sanatoria, o non viene effettuata l'oblazione, gli autori delle opere abusive sono

soggetti alle sanzioni previste al capo I della legge medesima.

25 Cost, che vieterebbe la retroattività non soltanto delle norme

penali, ma di tutte le norme punitive. (Omissis) Diritto. — 1. - La corte è chiamata a risolvere la questione se

gli art. 15 e 21 1. 28 gennaio 1977 n. 10 (« norme per l'edificabilità dei suoli »), non escludendo esplicitamente la loro

applicabilità a fatti commessi anteriormente alla entrata in vigore della legge, siano in contrasto con l'art. 25, 2° comma, Cost.

La questione non è fondata.

2. - La giurisprudenza di questa corte ha costantemente afferma

to (sent. nn. 29 del 1961, Foro it., 1961, I, 1061; 46 del 1964, id.,

1964, I, 1527, e, da ultimo, 194 del 1976, id., 1977, I, 23, e 13

del 1977, id., 1977, I, 259) che il principio della irretroattività delle leggi è stato costituzionalizzato soltanto con riguardo alla materia penale, mentre per le restanti materie la osservanza del

principio stesso è rimessa alla prudente valutazione del legislatore. Nel caso di specie si è al di fuori della materia penale, dato che

l'art. 15 1. 28 gennaio 1977 n. 10 prevede e disciplina esclusiva mente sanzioni di carattere amministrativo.

D'altro canto è anche da osservare che la giurisprudenza amministrativa è consolidata nella affermazione che le sanzioni

amministrative di cui al ripetuto art. 15 non sono applicabili a

costruzioni portate a compimento prima della entrata in vigore della 1. n. 10 del 1977.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata la

questione di legittimità costituzionale degli art. 15 e 21 1. 28

gennaio 1977 n. 10 (« norme per l'edificabilità dei suoli »), sollevata con ordinanza 20 aprile 1977 dal T.A.R. per la Calabria, in riferimento all'art. 25, 2° comma, Cost.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 7 marzo 1984, n. 51 (Gaz zetta ufficiale 14 marzo 1984, n. 74); Pres. Elia, Rei. Conso;

Tagliaferri e altro; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Trib Fi

renze 10 giugno 1982 (due) (Gazz. uff. 19 gennaio 1983, n. 18).

Ordinamento penitenziario — Remissione del debito — Istanza — Termini perentori per la presentazione — Questione inam

missibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; 1. 11 marzo 1953

n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento della Cor

te costituzionale, art. 23; 1. 26 luglio 1975 n. 354, norme sul

l'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure pri vative e limitative della libertà, art. 56; d.p.r. 29 aprile 1976

n. 431, approvazione del regolamento di esecuzione della 1.

26 luglio 1975 n. 354, art. 96; d.p.r. 24 maggio 1977 n. 339, modifiche al regolamento di esecuzione della 1. 26 luglio 1975

n. 354, approvato con d.p.r. 29 aprile 1976 n. 431, art. 9).

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.

56 l. 26 luglio 1975 n. 354 e dell'art. 96 d.p.r. 29 apri le 1976 n. 431 (regolamento di esecuzione dell'ordinamento

penitenziario), come modificato dall'art. 9 d.p.r. 24 maggio 1977 n. 339, sollevata con riferimento agli art. 2 e 24 Cost, nei

riguardi di atto privo di forza di legge, nella parte in cui preve de termini perentori per la presentazione dell'istanza per la

remissione del debito per le spese di mantenimento in carcere e

per quelle processuali, oppure non stabilisce la sospensione ex

lege di tutte le esecuzioni civili per il recupero dei crediti, in at

tesa della maturazione dei termini. (1)

(1) L'ordinanza di rimessione Trib. Firenze 10 giugno 1982 è massimata in Foro it., 1983, II, 442.

La natura regolamentare del d.p.r. n. 431/76 non è contestata e trova anzi riconoscimento in Cass. 20 novembre 1979, Viavarro, Lo Conte e Ayra, id., Rep. 1980, voce Ordinamento penitenziario, nn. 85, 87, 90 e Cass. 16 aprile 1982, Carcereri, Riv. pen., 1983, 430, che hanno ritenuto la disciplina dei termini armonicamente integrativa dell'ordinamento penitenziario. La stessa premessa è affermata anche da Trib. Frosinone 3 aprile 1979, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 58, commentata da Lotito, in Nuovo diritto, 1979, 521, il quale però, nel sottolineare che la natura dell'atto impedisce di proporre giudizio di

costituzionalità, disapplica l'art. 96 d.p.r. n. 431/76 nella parte in cui introduce a pena di decadenza il termine di tre mesi dalla dimissione per la richiesta di remissione del debito, perché in contrasto con l'art. 56 1. n. 354/75, che nulla dispone al riguardo.

D'altra parte il carattere perentorio dei termini previsti dall'art. 96 cit. è stato ripetutamente affermato; cfr. da ultimo Cass. 20 novembre 1979, Ciavarro, cit., e Cass. 19 febbraio 1982, Capovilla, Riv. pen. 1983, 110 (contra, isolatamente, Trib. Padova 9 maggio 1977, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 77).

In questa situazione, Trib. Firenze 10 giugno 1982 ha cercato di portare la materia all'esame della Corte costituzionale, impugnando il combinato disposto dell'art. 56 1. n. 354/75 e dell'art. 96 d.p.r. n. 431/76. La corte definisce questa operazione «un accorto, ma non sufficiente, tentativo di aggirare l'ostacolo derivante dalla natura della

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