sentenza 14 ottobre 1986; Giud. Bruccoleri; Pardeller (Avv. Rainer) c. Soc. Garage Olympia(Avv. Steiner)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 5 (MAGGIO 1987), pp. 1625/1626-1629/1630Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178729 .
Accessed: 24/06/2014 23:35
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 195.78.108.163 on Tue, 24 Jun 2014 23:35:15 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
mento di cancellazione dell'iscrizione emesso dalla commissione
regionale, occorre risalire ai criteri fissati dal codice di procedura civile.
Poiché la predetta commissione regionale assume nell'ordina
mento una propria soggettività di diritto pubblico in quanto col
legio incaricato dell'esercizio della pubblica funzione di controllo
sulla corretta tenuta degli albi delle imprese artigiane, la compe tenza a conoscere dell'impugnazione degli atti da essa emessi spetta anzitutto al tribunale del luogo in cui risiede, a norma dell'art.
18 c.p.c., il quale regola il cosiddetto foro generale delle persone
fisiche, attribuendo la competenza territoriale a conoscere delle
controversie, in cui esse sono convenute, al giudice del luogo in
cui esse risiedono.
Nella specie sembra applicabile l'art. 18 c.p.c. e non l'art. 19
(anche se le conclusioni non muterebbero), dato che nella predet ta commissione non può sicuramente configurarsi una persona
giuridica, ma deve ravvisarsi un collegio di persone fisiche, la
cui sede è quella della istituzionale riunione.
Nella fattispecie la predetta sede è nella città di Genova e, con
seguentemente, la competenza per territorio a conoscere e decide
re sulla presente controversia appartiene a questo tribunale.
Nel merito l'impugnazione non è fondata. Dalle stesse dichia
razioni dell'impugnante contenute nell'atto introduttivo di questo
procedimento e dai risultati dell'indagine compiuta dalla commis
sione provinciale, comunicati dal suo rappresentante all'odierna
udienza, si ricavano sufficienti elementi di prova in ordine alla
prevalenza dell'attività commerciale esercitata dalla impugnante
rispetto all'attività artigianale di autotrasporto e, quindi, idonei
elementi di giustificazione dell'impugnato provvedimento con cui
è stata disposta la cancellazione dell'iscrizione dall'albo, in appli cazione degli art. 3 e 7 1. n. 443/85.
Già la descrizione dei fatti evolutivi dell'attività economica fat
ta dall'impugnante consente di pervenire a risultati decisivi. So
stiene la società che, pur essendo sorta con lo scopo di esercitare
artigianalmente l'attività di autotrasporto di cose e in particolare di cemento e sabbia da Genova e per Genova, a causa della crisi
nel settore edilizio, provocata dalla legge Bucalossi n. 10/77 (e,
quindi, si osserva marginalmente, ben prima della costituzione
della società, avvenuta il 30 dicembre 1983), le attività principali
dell'impresa entrarono in crisi perché non sempre e non facil
mente era possibile ottenere il pieno carico degli autocarri nei
viaggi di andata o di ritorno, secondo che il trasporto iniziava
o finiva a Genova. Allo scopo di rendere economicamente conve
niente l'attività di trasporto la società decise di utilizzare soprat tutto i viaggi di ritorno a Genova degli autocarri per il trasporto
per conto proprio di materiale edilizio che era possibile e conve
niente smerciare a Genova. Iniziò cosi un'attività commerciale
complementare a quella di trasporto che, sebbene sia sviluppata, non ha mai assunto carattere prevalente su quella di produzione del servizio di autotrasporto, anche perché in quest'ultima hanno
continuato ad essere impiegati quattro automezzi pesanti del va
lore di diverse centinaia di milioni di lire con due dipendenti oltre
a tre soci forniti tutti di patente di guida, mentre nell'attività
commerciale è stata sempre impiegata solo l'attività di uno solo
dei soci.
In questa descrizione, come si diceva poco prima, sono conte
nute informazioni utili per il giudizio di prevalenza dell'attività
commerciale su quella artigianale. Infatti, poiché l'attività di tras
porto è stata impiegata almeno al 50% ai fini del commercio,
ove si voglia seguire la tesi della società secondo cui le merci
trattate venivano trasportate a Genova utilizzando i viaggi di ri
torno a Genova degli automezzi o da Genova utilizzando i viaggi di andata per caricare merce fuori Genova, alla predetta percen tuale di attività deve poi aggiungersi quella di custodia, ammini
strazione e vendita delle merci stesse a Genova.
L'attività commerciale, dunque, si è avvalsa oltre che dell'atti
vità lavorativa degli autisti, che trasportavano le merci destinate
al commercio dell'impresa, almeno nella stessa misura in cui se
ne giovava l'attività artigiana, anche dell'attività del socio prepo
sto esclusivamente all'esercizio del commercio.
Sembra evidente che l'attività dei predetti autisti, insieme con
l'utilità ricavata dall'uso degli automezzi impiegati per il traspor
to delle cose destinate al commercio debbano essere imputate al
commercio, perché essendo strumentali rispetto ad esso, ne han
no costituito i relativi costi.
A questo punto della disamina è già possibile comparare, con
risultati rilevanti a favore della legittimità del provvedimento im
II Foro Italiano — 1987.
pugnato, le due attività economiche esercitate dalla società.
Da un lato si ha l'attività di autotrasporto in cui vengono uti
lizzati gli automezzi e impiegati gli autisti, attività che si esaurisce
con lo spostamento nello spazio delle cose trasportate; dall'altro
si ha la stessa attività di autotrasporto, di cui sono complementa ri le ulteriori attività di custodia, amministrazione e vendita delle
merci con l'impiego di altri capitali, costituiti almeno dagli speci fici spazi di custodia e amministrazione, e di ulteriore la
voro.
Confrontate le predette attività sul piano puramente quan
titativo, la prevalenza della seconda sulla prima appare evi
dente.
Essa è confermata anche dal confronto dei valori dei relativi
volumi di affari; la commissione provinciale ha accertato per il
1985, e la società ha riconosciuto, che la società ha avuto un
volume di lire 467.776.000 per il commercio, un volume di lire
46.579.705 per l'autotrasporto ed un volume di lire 18.532.000
per attività diverse.
È vero che il valore del volume relativo al commercio risulta
dalla somma di tutti i costi relativi, compresi il costo del traspor to e il costo delle merci, mentre il volume relativo al trasporto
comprende solo il costo del trasporto e quindi i predetti valori
non sono direttamente comparabili, al fine di ricavarne segni rile
vanti di prevalenza dell'una attività sull'altra, perché potrebbero, in termini di reddito, aver prodotto risultati non proporzionali e maggiori per l'attività di trasporto che, quindi, potrebbe essere
considerata prevalente. Tuttavia, nel valutare i costi dell'attività
commerciale, al netto di quelli di trasporto che devono valutarsi
in misura non inferiore ai costi dell'attività di autotrasporto, es
sendo questa, come si è detto, partecipe al 50% dell'attività com
merciale, si consegue un valore di circa lire 420.000.000, il quale
rappresenta, indipendentemente dall'utile conseguito, un impiego di capitale aggiuntivo a quello proprio dell'impresa di autotras
porto e di entità sicuramente rilevante.
In altri termini, ove si volesse determinare il capitale e il lavoro
impiegato dalla società nelle due attività economiche, mentre in
quelli relativi all'impresa di trasporto si dovrebbe calcolare la metà
del valore degli automezzi e la metà del valore degli immobili
destinati alla custodia degli automezzi, in quelli relativi all'impre sa commerciale si dovrebbe calcolare, oltre che lo stesso valore
sopra indicato, anche il valore del capitale destinato all'acquisto delle merci, alla loro custodia e amministrazione; in base a que sto calcolo, sia in termini di quantità sia in termini di valore, la prevalenza della attività commerciale risulta ancora del tutto
evidente.
PRETURA DI VIPITENO; PRETURA DI VIPITENO; sentenza 14 ottobre 1986; Giud. Bruc
coleri; Pardeller (Avv. Rainer) c. Soc. Garage Olympia (Aw.
Steiner).
Vendita — Vendita di autovettura — Prezzo — Determinazione
con riferimento al listino in vigore ai momento della consegna — Scadenza del termine essenziale di consegna
— Au
mento successivo del prezzo — Inefficacia (Cod. civ., art. 1453,
1474).
In un contratto di vendita di autoveicolo con la clausola «il prez
zo è quello risultante dal listino in vigore al momento della
consegna», il venditore non può pretendere il pagamento degli
aumenti di prezzo intervenuti dopo la scadenza del termine di
consegna indicato dalle parti come essenziale e deve restituire
al compratore quanto sia stato eventualmente pagato a tale
titolo. (1)
(1) Non risultano precedenti in termini.
Nondimeno, l'ipotesi in cui il prezzo dell'auto venduta sia ancorato
al listino del venditore in vigore al momento della consegna della cosa
costituisce prassi corrente nel settore della vendita di autovetture. A fron
te dell'asserita nullità della vendita in cui la determinazione successiva
del prezzo sia lasciata esclusivamente all'arbitrio di una delle parti, la
dottrina più autorevole ha ammesso generalmente la validità della clauso
This content downloaded from 195.78.108.163 on Tue, 24 Jun 2014 23:35:15 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1627 PARTE PRIMA 1628
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 19 dicembre 1985, Pardeller Robert conveniva in giudizio, in
nanzi a questo pretore, la s.r.l. Garage Olympia di Cardano, con
cessionaria della Mercedes Benz per l'Alto Adige, ed esponeva che con contratto stipulato a Vipiteno il 22 aprile 1985 egli aveva
ordinato presso la società convenuta un'autovettura Mercedes
190/E per il prezzo di lire 25.000.000, versando contestualmente
l'importo di lire 2.000.000 a titolo di deposito cauzionale. Decor
la in questione. Riferendosi alla contrattazione praticata dalla Fiat, Rubi
no, La compravendita, in Trattato diretto a Cicu e Messineo, Milano, 1971, 246, nota 12, giustifica la validità della clausola «perché, data la
particolare importanza di questa impresa nel settore automobilistico, il suo prezzo determina il mercato, è, esso stesso, prezzo corrente: sicché, con quella clausola, il venditore non fa che riferirsi a quello che sarà il prezzo corrente nel giorno della consegna». E già Vivante, Trattato di diritto commercialet, Milano, 1926, IV, 171, ammetteva la riferibilità del prezzo al listino del venditore da pubblicarsi, in quanto tali prezzi sarebbero stati applicabili in via generale a tutta la clientela. V. altresì', in questo senso Osti, Contratto, voce del Novissimo digesto, Torino, 1959, IV, 505. Seguendo la medesima logica Bianca, La vendita e la permuta, in Trattato diretto da Vassalli, Torino, 1972, 464 e nota 13, specifica che la determinazione da parte del venditore non dovrebbe trovare osta coli ove «siano stabiliti criteri obiettivi che restringano l'arbitrio dell'inte
ressato»; il prezzo di listino al momento della consegna — prosegue l'a. — «si giustifica nei limiti in cui esso esprima il prezzo usuale del vendito
re, escludendo quindi il pericolo di un abuso individuale (ma non certo il pericolo di un abuso di mercato)».
In senso contrario, v. Guglielmucci, La clausola «prezzo in vigore al momento della consegna», in Giur. it., 1973, IV, 225, 234, a cui dire la presenza della clausola in esame «importa una sostanziale indetermina bilità del prezzo ed è causa di nullità del contratto». Cfr., in questa dire
zione, la dottrina francese, che ritiene in tale ipotesi l'efficacia del contratto di vendita subordinata al consenso del compratore di pagare il (diverso) prezzo risultante dal listino del venditore valido al momento della conse
gna. In caso contrario la vendita non può avere effetto perché il prezzo rimesso all'unilaterale determinazione del venditore risulterebbe ni déter miné ni déterminable (cfr. H. e L. Mazeaud e J. Mazeaud, Legon de droit civif, III, Paris, 1979, 130, ove è richiamata la giurisprudenza con forme sul punto).
Del tutto diverso è l'approccio tedesco-occidentale al problema della validità ed efficacia della c.d. Tagespreisklausel.
Facendo leva sul § 9 AGB-Gesetz (sono inefficaci le clausole contenute in condizioni generali di contratto quando pregiudicano in misura irra
gionevole l'aderente con violazione del principio di buonafede), la giuris prudenza di merito e di legittimità ha sottoposto la Tagespreisklausel (re golarmente presente nei moduli sottoscritti dagli acquirenti di autovetture
nuove), ad un severo controllo di liceità, ammettendone la «sopravviven za» soltanto nel caso in cui al diritto del venditore di far valere le modifi che del prezzo di listino intervenute fra il momento dell'acquisto e quello della consegna dell'auto faccia riscontro la facoltà dell'acquirente di svin colarsi dal proprio impegno (mediante l'esercizio del c.d. Vertragslósung srecht) ove non intenda aderire al prezzo di listino. Sull'esame dell'articolata vicenda giurisprudenziale della Tagespreisklausel, cfr. Dalbosco, La «Ta
gespreisklausel» nell'esperienza giuridica tedesca, in Riv. dir. civ., 1986, 91. Più in generale, sui meccanismi contrattuali di adeguamento del cor
rispettivo nei contratti di durata o comunque ad esecuzione differita, alla luce dell'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale maturata negli anni recenti in Germania, v. Macario, L'efficacia delle clausole di modifica zione de! prezzo («Preisanpassungsklauseln») nella recente giurisprudenza del Bundesgerichtshof, in Foro it., 1986, IV, 333.
Merita infine di essere segnalata la decisione OLG Frankfurt 14 mag gio 1985 (di cui è menzione in Entscheidungen zum Wirtaschaftsrecht, 1986, 321, con breve commento di Graf von Westphalen) che affronta, per la prima volta, l'esame di efficacia, ai sensi e per gli effetti di cui al § 9 AGB-Gesetz, della clausola inserita in un contratto di leasing con cui il concedente si riserva il diritto di modificare l'entità delle rate in
conseguenza delle modificazioni dell'assetto del mercato finanziario (ad esempio, a séguito della modifica del tasso ufficiale di sconto) prodottesi fra il momento della conclusione del contratto e la consegna del bene
pattuito: facendo eco alla giurisprudenza formatasi in tema di Tagespreis klausel, la corte «riafferma» il principio dell'inefficacia della clausola (a quanto pare tipica del contratto di leasing: cfr. Graf von Westphalen, Der Leasingvertrag1, Kòln, n. 210 ss.) causa l'unilateralità del suo fun zionamento; il fattore «sanante» sarebbe dato anche qui dalla previsione esplicita della facoltà di recesso per l'utilizzazione ove l'aumento superi un certo margine di tolleranza. La soluzione lascia adito a più d'una perplessità quanto alla sua operatività concreta, posto che sia nel caso del contratto di leasing sia nell'acquisto di una autovettura la possibilità di recedere realizza in misura assai ridotta l'interesse dell'utilizzatore ov vero, rispettivamente, del compratore; da altro punto di vista, non offre risposta immediata al problema relativo all'entità del prezzo da pagare ove la consegna avvenga dopo la scadenza del termine da ritenersi essen ziale nell'interesse del compratore. [F. Macario]
Il Foro Italiano — 1987.
so il termine di consegna, fissato in tre mesi dall'ordine, la vendi
trice — dopo ripetuti solleciti — con lettera 30 settembre 1985
si era impegnata inderogabilmente a fornire il veicolo entro il
mese di ottobre dello stesso anno. Di fatto l'autovettura, del cui
arrivo esso attore ara stato avvertito il 7 novembre, previo esple tamento delle operazioni di immatricolazione, gli era stata conse
gnata il giorno 18 novembre e la venditrice aveva preteso il
pagamento degli aumenti di prezzo nel frattempo intervenuti, senza
di che non gli sarebbe stato consentito di ritirare il veicolo. Tanto
premesso, il Pardeller chiedeva la restituzione della somma di lire
2.000.000, pari all'aumento del prezzo intervenuto dopo la sca
denza del termine vincolante di consegna, nonché il risarcimento
dei danni che indicava in lire 1.000.000.
La convenuta resisteva alla domanda, deducendo che in base
alle condizioni generali di contratto l'acquirente non aveva titolo
per chiedere il risarcimento dei danni, poiché il ritardo della con
segna, tra l'altro di modestissima entità, non era dipeso da colpa
grave. Rilevava, inoltre, che il Pardeller all'atto del ritiro dell'au
tovettura, non aveva sollevato obiezioni di sorta. Contestava, in
fine, l'entità della somma pretesa da controparte. (Omissis) Motivi della decisione. — L'attore ha svolto azione di ripeti
zione di indebito, limitandola alla maggiore somma corrisposta
per effetto di aumenti del listino prezzi intervenuti posteriormen te alla scadenza del termine di consegna del veicolo (ottobre 1985). La domanda è fondata e va accolta.
Occorre premettere che l'art. 3 delle condizioni generali di ven
dita, predisposte a stampa sul retro dell'ordine, in base al quale «il prezzo è quello risultante dal listino in vigore al momento
della consegna dell'autoveicolo» va interpretato in stretta correla
zione con il successivo art. 4. Questo, alla lett. a), stabilisce che
la data presumibile di consegna, se apposta al contratto, ha valo
re puramente indicativo e non vincola il venditore. Segue, alla
lett. b) dello stesso articolo, la previsione, in favore dell'acqui
rente, della sola facoltà di recesso qualora la consegna non av
venga nei 120 giorni successivi alla scadenza del termine di cui
alla lett. a). Il congegno contrattuale, a parere del giudicante, non può che mutare radicalmente se, in deroga alle condizioni
generali venga posto a carico del venditore un termine vincolante
di adempimento, ancorché non essenziale. In tal caso, il mancato
rispetto del termine facoltizza il creditore, in conformità ai prin
cipi generali (art. 1453 c.c.) a scegliere fra la risoluzione del con
tratto e l'adempimento (ovviamente alle condizioni pattuite con
riferimento alla scadenza del termine medesimo). Né l'accettazio
ne di un adempimento tardivo implica rinuncia al mantenimento
delle anteriori condizioni contrattuali per ciò che attiene alla con
troprestazione dovuta.
Nel caso di specie, il termine indicativo di consegna dell'auto
vettura, originariamente fissato in tre mesi dall'ordinazione (22
aprile 1985), è stato sostituito dalla stessa società venditrice —
dopo la sua scadenza — con un nuovo termine, questa volta vin
colante.
Inequivoco è, in tal senso, il contenuto della lettera 30 settem bre 1985 con la quale il Garage Olympia — richiamando e con
fermando il contenuto di un colloquio telefonico con il Pardeller
(«wie telefoncisch besprochen») si obbligava a consegnare il vei
colo inderogabilmente («verbindlicher Liefertermin») entro il me se di ottobre 1985. L'assunto della convenuta, secondo il cui detto
termine (se non rispettato), integrando il punto b) dell'art. 4 delle
condizioni generali di vendita, altro scopo non avrebbe avuto che
quello di anticipare l'esercizio della facoltà di recesso da parte dell'acquirente, non trova il benché minimo riscontro nella lette ra citata. Gli è che al Pardeller (e le telefonate di sollecito lo
confermano) premeva ricevere l'autovettura e non invece recede
re anzitempo dal contratto. A parte ciò, riesce difficile sul piano logico inserire il nuovo termine di consegna in una clausola rivol ta unicamente a disciplinare gli effetti del decorso un certo
tempo dalla scadenza dell'originario termine puramente indi cativo.
E, dunque, la nuova pattuizione, facendo venir meno la stretta correlazione di cui si è detto fra la clausola 3 (che ragguagliava il prezzo al listino in vigore e il momento della consegna) e la clausola 4 (concernente la facoltà di recesso da parte dell'acqui rente) ha fatto si che il prezzo dovesse determinarsi con riguardo al termine finale di adempimento (salvo che la consegna non av venisse anteriormente).
In altre parole, l'infruttuoso decorso del nuovo termine, oltre che a conservare all'acquirente la facoltà di recesso (unico rime
This content downloaded from 195.78.108.163 on Tue, 24 Jun 2014 23:35:15 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dio già previsto nelle condizioni generali) gli attribuiva anche quella di esigere l'adempimento al prezzo di listino in vigore al tempo della scadenza.
Quanto alla clausola di esonero da responsabilità del conces
sionario o del venditore per ritardi nella consegna dovuti a qual siasi motivo (cfr. punto 4, lett. a, delle condizioni generali di
vendita), è da osservare che essa è nulla ex art. 1229, 1° comma,
c.c., perlomeno nella parte in cui — data la formula estremamen
te ampia — finisce per ricomprendervi anche situazioni riferibili
a colpa grave. E dunque, la convenuta avrebbe dovuto quanto meno provare che il ritardo non era riconducibile a una tale pre
visione, ma sul punto non ha svolto deduzioni di sorta, né attività
istruttoria.
Da quanto esposto discende che, essendo stato consegnato il
veicolo nel mese di novembre e quindi oltre il termine vincolante, la venditrice e tenuta a restituire le maggiorazioni di prezzo inter
venute in data posteriore al 31 ottobre 1985 e di fatto pretese. Dai listini versati in atti dall'attore ed in parte anche dal con
venuto si evince che vi fu una variazione prezzi decorrente ap
punto dal 1° novembre 1985. Per il calcolo della differenza
spettante al Pardeller, occorre quindi determinare il prezzo del
veicolo al tempo della scadenza del termine vincolante di conse
gna (31 ottobre 1985). Esso risulta di complessive lire 26.698.700, i.v.a. inclusa (prezzo base lire 24.603.000 - accessori lire 2.495.700
+ 500.000 - per trasporto e immatricolazione - lire 900.000 - quale sconto previsto in contratto).
Essendo stato fatturato e corrisposto l'importo di lire 28.000.000, la maggiorazione è di lire 1.301.300. Detta somma va attribuita
all'attore con interessi legali e rivalutazione monetaria dal 21 no
vembre 1985 (data di costituzione in mora) al saldo.
Non si riconosce l'ulteriore danno di lire 1.000.000 -
asseritamente subito dal Pardeller per la ritardata consegna del
l'autovettura, in difetto di prova sul pregiudizio economico che
ne sarebbe derivato. (Omissis)
PRETURA DI ROMA; ordinanza 5 luglio 1986; Est. Giuliani; Soc. Fidia c. Lega anti-vivisezione.
PRETURA DI ROMA;
Provvedimenti di urgenza — Società farmaceutica —
Propagan da antivivisezione — Rispetto della verità oggettiva — Pregiu dizio all'identità personale — Esclusione (Cost., art. 2, 21; cod.
proc. civ., art. 700).
Va respinta la richiesta di provvedimento cautelare atipico avan
zata da società farmaceutica che lamenti l'attività di propagan da antivivisezione di un movimento d'opinione che, non violando
la verità storica oggettiva, prospetti valutazioni secondo cri
teri dettati o influenzati dalla particolare ottica di par te. (1)
(1) L'ordinanza si distingue per la precisa diffusione con cui affronta il tema e per la dovizia dei richiami di giurisprudenza. Quest'ultima, negli anni più recenti, ha spesso avuto occasione di pronunciarsi sull'argomen to della propaganda posta in essere da movimenti politici e d'opinione; e l'indirizzo appare sostanzialmente univoco nel senso di riconoscerne la liceità quando essa si attenga alla verità storica oggettiva.
La consacrazione dell'identità personale, ad opera di Cass. 22 giugno 1985, n. 3769, Foro it., 1985, I, 2211, mette in esponente l'interesse a non vedere alterato o travisato il proprio patrimonio intellettuale, politi co, sociale, ecc. Inoltre, Trib. Roma, ord. 19 settembre 1984, id., Rep. 1984, voce Persona fisica e diritti della personalità, n. 54, va oltre, affer
mando che gli addebiti lamentati violano tale diritto della personalità so
lo quando distorcono la globalità e l'essenzialità dell'identità, determinando
in altri un giudizio di disvalore. Ma, nel caso di propaganda posta in
essere da movimenti d'opinione, il giudizio di disvalore è proprio lo stru
mento lecito per il conseguimento del fine ultimo cui tale attività è rivol ta: raggiungere un obiettivo politico tramite il coinvolgimento e
l'aggregazione (fisica e/o ideologica) di una audience quanto più vasta
possibile. In argomento è notevole l'ordinanza 15 settembre 1984 del Tri
bunale di Roma (id., 1984, I, 2592), in cui si afferma la liceità della manifestazione di un giudizio politico nell'esercizio della libertà di propa ganda, indipendentemente dalla sua esattezza.
Il Foro Italiano — 1987.
Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato il 13 maggio 1986, la s.p.a. Fidia adiva questo pretore premettendo: a) di essere una
società farmaceutica specializzata nel settore dei farmaci per il
sistema nervoso; b) che pur essendo i propri laboratori impegna ti nello sviluppo delle tecniche di ricerca complementari alla spe rimentazione sull'animale, quest'ultima rimaneva allo stato attuale
insostituibile sia per la ricerca di nuovi farmaci sia per i controlli
biologici dei farmaci già prodotti, garantendo cosi la necessaria
sicurezza ai prodotti destinati alla salute dell'uomo; c) che essa
istante, per ovviare alla pressoché totale importazione dall'estero
degli animali da esperimento, aveva ritenuto opportuno propor re, con il consenso dell'amministrazione del comune di S. Pietro
al Natisone (Udine), l'istituzione in loco di un centro di alleva
mento capace di assicurare il rispetto dei requisiti igienici di ap
provvigionamento e di alimentazione necessari al mantenimento
degli animali stessi, nonché di arrecare indubbi vantaggi all'occu
pazione nella zona ed alla qualificazione professionale, restando
esclusa dall'iniziativa la benché minima attività di ricerca medico
scientifica con sperimentazione sugli animali; d) che la Lega anti
vivisezione (L.A.V.), a mezzo la distribuzione in specie di volan
tini di vario genere tra il pubblico e l'affissione di manifesti mu rali in varie città italiane (in primis a Roma), sulla base di una
distorta rappresentazione della realtà, aveva instaurato una diffu
sa attività di propaganda la quale siccome tesa a boicottare la
vendita dei farmaci Fidia, a fornire apprezzamenti infondati sulle
qualità terapeutiche dei farmaci stessi e a mettere in definitiva
in discussione il valore scientifico dell'attività della ricorrente, con
cretava un'ipotesi di lesione del diritto della stessa a veder rispet tata la propria identità personale.
Tanto premesso, la s.p.a. Fidia chiedeva che fosse ordinato
alla L.A.V. di cessare l'uso denigratorio dell'altrui denominazio
ne in ogni pubblicazione comunque rivolta al pubblico, ordinan
do altresì la distruzione di tutto il materiale già stampato. Costituitasi in giudizio, la resistente contestava il fondamento
del ricorso, chiedendone il rigetto. Il pretore si riservava di provvedere come da separata ordinanza.
Deve preliminarmente osservarsi che il diritto all'identità per sonale, inteso esattamente, secondo la configurazione accolta or
mai dalla stessa giurisprudenza di legittimità (Cass. 22 giugno
1985, n. 3769, Foro it., 1985, I, 2211), come l'interesse del sog
getto a veder rispettato dai terzi il proprio modo di essere nella
realtà sociale ovvero ad essere rappresentato nella vita di relazio
ne senza che sia alterato, travisato, offuscato il proprio patrimonio sociale e professionale, è stato tuttavia opportunamente correlato,
Tali affermazioni estreme trovano giustificazione nella peculiarietà del fenomeno dei giudizi politici, in cui una prassi quarantennale ha visto
susseguirsi le più efferate battaglie verbali; ed è interessante instaurare un confronto con il più generale discorso riguardante le condizioni che devono ricorrere perché la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell'onore possa considerarsi lecita espressione del diritto di cronaca.
A tal proposito rimane insuperata Cass. 18 ottobre 1984, n. 5259, id., 1984, I, 2711, con osservazioni di R. Pardolesi, secondo la quale tali condizioni consistono: 1) nell'attività sociale dell'informazione; 2) nella verità oggettiva, o anche solo putativa, purché frutto di diligente lavoro di ricerca; 3) nella forma civile dell'esposizione dei fatti e della loro valu tazione, che non ecceda lo scopo informativo da conseguire e sia impron tata a leale chiarezza, evitando forme di offesa indiretta.
Le fattispecie comparate si discostano solo rispetto all'ultima condizio ne richiesta: ciò è naturale ove si consideri la sostanziale differenza tra lo scopo informativo «neutro», che il giornalista si prefigge nella sua attività di media e lo scopo di induzione ideologica che ha invece il movi mento d'opinione, fermo restando, in entrambi i casi, il limite costituito
dall'offesa, diretta o meno che sia. Altro principio posto in rilievo, e già materia di pronunce giurispru
denziali, è quello riguardante la propaganda che verta su di un argomen to o fenomeno i cui esiti non siano, allo stato, precisamente valutabili; in tal caso non è possibile invocare la violazione della verità storica (nel caso di specie, si contestava l'utilità per l'uomo della sperimentazione animale) perché si è in presenza di elementi incerti, che sono fertile terre no per l'esercizio più estemporaneo del diritto di manifestazione del pen siero (Pret. Roma, ord. 30 aprile 1981, 6 maggio 1981 e 11 maggio 1981, id., 1981, I, 1737).
Né, per un diverso avviso, si può far perno sulla vivacità della termino
logia o sui toni, spesso ferventi, che in tali occasioni vengono adot
tati, perché ciò appartiene alla normale prassi dei movimenti di opi nione.
Per la dottrina, v. riassuntivamente F. Mastropaolo, Identità perso nate e manifestazione del pensiero - Strumenti di tutela, in Dir. informa zione e informatica, 1985, 583. [P. Nappi]
This content downloaded from 195.78.108.163 on Tue, 24 Jun 2014 23:35:15 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions