sentenza 15 aprile 1987, n. 133 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 29 aprile 1987, n. 18);Pres. La Pergola, Rel. Ferrari; Accoroni e altri c. Min. pubblica istruzione e altro; Colaci e altric. Min. pubblica istruzione e altri; Palermo e altri c. Min. pubblica istruzione e altri; Caputo ealtri c. Min. pubblica istruzione e altri; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Braguglia,Imponente). Ord. T.A.R. Laz ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2293/2294-2295/2296Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178984 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
lettino delle commissioni, mercoledì 13 gennaio 1982), si sostenne
tra l'altro che l'esercizio della libera scelta tra strutture sanitarie
pubbliche e private garantita al cittadino dagli art. 19 e 25 1.
23 dicembre 1978 n. 833, sarebbe reso più difficile dall'art. 3
d.l. cit., che configurerebbe strutture private convenzionate come
subalterne di quelle pubbliche, con l'effetto paventato di attuare
una completa statalizzazione del settore sanitario.
Come si vede, gli argomenti del pretore remittente riecheggia
no queste preoccupazioni.
Ma, come nella sede parlamentare fu ribadito dal rappresen
tante del governo, scopo di quel disegno di legge n. 3005 era
la razionalizzazione e il contenimento della spesa sanitaria, e tale
ratio legis appare a questa corte perseguita in forme non irragio
nevoli.
Il disposto dell'impugnato art. 3 regola infatti un sistema cor
rettamente integrato di strutture sanitarie pubbliche e private con
venzionate, dalle quali ultime il cittadino è autorizzato dalla U.s.l.
competente ad ottenere, a spese della collettività, prestazioni che
le prime non sono in grado di soddisfare nel termine di tre gior
ni. Con tale disciplina la struttura pubblica è stimolata a rendere
servizi utilizzando al massimo le proprie potenzialità, garanten
dosi a quella privata convenzionata l'intervento integrativo, fer
mo restando il diritto del cittadino di rivolgersi al mercato privato
a proprie spese. In un tale sistema equilibrato e finalizzato alla
tutela del diritto fondamentale alla salute non è ravvisabile alcun
disegno di statalizzazione emarginatrice dell'iniziativa economica
privata, né di discriminazione di lavoratori nel settore sanitario
privato rispetto a quello pubblico.
Quanto alla pretesa violazione del principio della riserva di leg
ge, essa non è riscontrabile nella specie, sia perché il decreto leg
ge contenente la norma censurata è stato regolarmente convertito
in legge, sia perché non è ravvisabile in materia l'introduzione
di un regime di statalizzazione o di monopolio pubblico, richie
dente apposita ed eplicita legislazione.
2. - Il Pretore di Pesaro, all'ordinanza del 4 marzo 1983, ritie
ne che la norma impugnata leda gli art. 3 e 32 Cost.
Quanto all'asserito contrasto con l'art. 32 Cost., essendo esso
motivato con il richiamo ad ordinanze di altri giudici, questa cor
te non può non ribadire che «la motivazione di ogni provvedi
mento giurisdizionale deve invece risultare da un'autonoma e
diretta valutazione del giudice; che, del resto, l'art. 23 1. n. 87
del 1953, contenente «norme sulla costituzione ed il funziona
mento della Corte costituzionale», prescrive che il giudice a quo
riferisce i termini ed i motivi della questione di legittimità costitu
zionale, della quale egli è tenuto a delibare la non manifesta in
fondatezza e la rilevanza ai fini del decidere» (cfr. Corte cost.,
ord. n. 96 del 1979, Foro it., 1979, I, 2534). Pertanto la questio
ne in riferimento all'art. 32 Cost, va dichiarata inammissibile.
2.1. - In ordine alla ipotizzata violazione del principio di egua
glianza di cui all'art. 3 Cost., per essere i cittadini discriminati
sulla base delle loro condizioni economiche, essendo inibito «alla
stragrande maggioranza» di essi di servirsi delle prestazioni sani
tarie private per il loro elevatissimo costo, la questione è infondata.
Non esiste un principio costituzionale che garantisca la astratta
libertà di scelta tra medicina privata e strutture sanitarie pubbli
che. L'istituzione del servizio sanitario nazionale è finalizzata a
rendere effettivo e regolato l'esercizio del diritto fondamentale
alla salute a spese della intera collettività nazionale, ivi compreso
l'utente, a favore del quale se ne individualizzano le prestazioni.
Dalla legge non si distingue tra cittadini a seconda delle condizio
ni economico-sociali, essendo anzi essi posti in piena posizione
di parità rispetto al servizio pubblico o privato convenzionato
offerto. Se, nel fatto, taluno ritenga di preferire il libero mercato
delle prestazioni sanitarie private ciò tocca un profilo estraneo
alla previsione legale e da questa in alcun modo condizionato.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi in
epigrafe, a) dichiara non fondata la questione di legittimità costi
tuzionale dell'art. 3 d.l. 26 novembre 1981 n. 678 (recante modi
fiche alla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale), convertito
nella 1. 26 gennaio 1982 n. 12, sollevata, in riferimento agli art.
3, 1° comma, 4, 1° comma, e 77 Cost., dal Pretore di Fermo
e dal Pretore di Pesaro con le ordinanze indicate in epigrafe;
b) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dello stesso art. 3 d.l. 26 novembre 1981 n. 678, sollevata, in
riferimento all'art. 32 Cost., dal Pretore di Pesaro con l'ordinan
za del 4 marzo 1983.
Il Foro Italiano — 1987 — Parte /-150.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 aprile 1987, n. 133
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 29 aprile 1987, n. 18);
Pres. La Pergola, Rei. Ferrari; Accoroni e altri c. Min. pub
blica istruzione e altro; Colaci e altri c. Min. pubblica istruzio
ne e altri; Palermo e altri c. Min. pubblica istruzione e altri;
Caputo e altri c. Min. pubblica istruzione e altri; interv. Pres.
cons, ministri (Avv. dello Stato Braguglia, Imponente). Ord.
T.A.R. Lazio 16 maggio 1979 (due) (G.U. n. 43 del 1980 e n. 248 del 1981), 22 gennaio 1979 (G.U. n. 158 del 1981), 19 novembre 1979 - 10 settembre 1980, n. 831 (G.U. n. 239 del
1983).
Istruzione pubblica — Insegnanti c.d. «diciassettisti» — Immis
sione in ruolo — Presupposti — Interpretazione della legge con
atti amministrativi da parte della p.a. — Questione infondata
di costituzionalità (Cost., art. 3, 97; 1. 30 luglio 1973 n. 477,
delega al governo per l'emanazione di norme sullo stato giuri
dico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente
della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello
Stato, art. 17). Istruzione pubblica — Insegnanti c.d. «diciassettisti» — Immis
sione in ruolo — Graduatorie — Posti in ruolo e posti disponi
bili — Errata identificazione — Questione infondata di
costituzionalità (Cost., art. 3, 97; 1. 30 luglio 1973 n. 477, art.
17; 1. 14 agosto 1974 n. 391, integrazione dell'art. 17 1. 30 lu
glio 1973 n. 477, art. unico).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17
I. 30 luglio 1973 n. 477, concernente i presupposti per l'immis
sione in ruolo degli insegnanti (c.d. «diciassettisti») incaricati
a tempo indeterminato nelle scuole secondarie ed artistiche, in
riferimento agli art. 3 e 97 Cost., in quanto trattasi di censure
mosse non già alla legge bensì alla applicazione fattane dalla
p.a. con circolari, ordinanze e istruzioni ministeriali. (1)
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17
I. 30 luglio 1983 n. 477 e dell'art, unico l. 14 agosto 1974 n.
391, concernenti la individuazione, ai fini della immissione in
ruolo, degli insegnanti (c.d. «diciassettisti») incaricati a tempo
indeterminato nelle scuole secondarie ed artistiche, in riferimento
agli art. 3 e 97 Cost., in quanto le argomentazioni delle ordi
nanze di rimessione sono viziate dalla errata confusione dei due
diversi concetti di «posto in organico» e di «posto disponibile
in una determinata scuola». (2)
Diritto. — 1. - Il T.A.R. Lazio — con quattro ordinanze emes
se tutte nel 1979, e precisamente: il 16 maggio (r.o. 913/79 e
298/81), il 22 gennaio (r.o. 137/81) ed il 19 novembre (r.o. 284/83) — ha impugnato, denunciandone il contrasto con gli art. 3 e 97
Cost., l'art. 17 1. 30 luglio 1973 n. 477 («delega al governo per
l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale diretti
vo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, ele
(1-2) Le ordinanze di rimessione sono, nell'ordine, in Foro it., 1980,
III, 278; id., Rep. 1982, voce Istruzione pubblica, n. 204 (e in Giur.
costit., 1981, II, 927); Foro it., 1981, III, 662; id., Rep. 1981, voce cit.,
n. 149 (e in Trib. amm. reg., 1980, I, 3505).
La corte torna nuovamente sulla tormentata disciplina della posizione
dei c.d. «diciassettisti», dopo le sent. 20 marzo 1978, n. 25 e n. 24, Foro
it., 1978, I, 1076, con nota di richiami; per ogni altro riferimento cfr.
note citate id., 1981, III, 662 e 1980, III, 278, cui adde le ulteriori deci
sioni emesse dal Consiglio di Stato a conferma dell'orientamento assunto
in materia: sez. VI 24 novembre 1983, n. 846, 2 novembre 1983, n. 784
e n. 769, id., Rep. 1984, voce cit., nn. 178, 174, 172; sez. I 19 marzo
1982, n. 1086/75, ibid., n. 171; sez. II 18 novembre 1981, n. 948/80,
ibid., n. 169; sez. VI 16 luglio 1983, n. 593 e 9 maggio 1983, n. 338,
id., Rep. 1983, voce cit., nn. 209, 218 (sul concetto di «posto ora
rio» e sulla natura di norma «di stretta osservanza» dell'art. 17 1. 477/73);
sez. VI 15 dicembre 1982, n. 680, ibid., n. 196 (sulla ratio della
norma). Sulla problematica dell'inquadramento in ruolo dei docenti «precari»
della scuola (efficacemente descritto negli atti processuali del giudizio
conclusosi con la decisione in epigrafe come «una forma raffinata d'e
strazione a sorte» e «una incessante serie di espedienti»), cfr. Corte cost.
5 novembre 1986, n. 219, id., 1987, I, 1033, con nota di richiami.
Sulla inammissibilità delle questioni di costituzionalità aventi ad ogget
to atti privi di forza di legge, Corte cost. 29 settembre 1983, n. 287,
id., 1984, I, 620, con nota di richiami.
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2295 PARTE PRIMA 2296
meritare, secondaria e artistica dello Stato») e l'art, unico 1. 14
agosto 1974 n. 391 («integrazione dell'art. 17» della predetta 1.
n. 477 del 1973). Risultando le censure rivolte alle medesime di
sposizioni, i relativi giudizi vanno riuniti e definiti con unica
sentenza.
2. - Sono due le questioni che vengono sottoposte al giudizio
della corte. Esse fanno parte di quell'inesauribile contenzioso ger minato a causa e nell'ambito del fenomeno del c.d. «precariato»
nella scuola, la cui genesi può collocarsi addirittura verso la metà
degli anni '50 e cui negli anni successivi il legislatore tentò di
porre riparo con una incessante serie di espedienti: la sostituzione
dei concorsi per esami con quelli per soli titoli; l'inquadramento in ruolo degli abilitati con un certo numero di anni di servizio;
la trasformazione degli incarichi annuali in incarichi a tempo in
determinato; l'introduzione del principio della non licenziabilità;
la creazione degli istituti del «posto orario» e della «utilizzazio
ne». Soprattutto, poiché si era formata una massa di insegnanti a titolo precario, che premeva ed urgeva per la propria sistema
zione a titolo definitivo, vennero istituite graduatorie nazionali
ad esaurimento, che garantivano la graduale immissione in ruolo
degli insegnanti appartenenti a determinate categorie. All'uopo,
fu disposto che venisse riservata a questi un'aliquota dei posti vacanti all'inizio di ogni anno — fissata poi (art. 4, 3° comma,
1. n. 477 del 1973) nella misura del 50% — e si stabilì il criterio
dello scorrimento delle graduatorie, in maniera che gli insegnanti ivi iscritti potessero man mano venire collocati nei ruoli.
2.1. - Era questo il sistema vigente in materia, quando con
la 1. n. 477 del 1973 — e precisamente con l'art. 17, 1° e 2°
comma, onde vennero denominati «diciassettisti» quanti ne bene
ficiarono — fu disposto che «gli insegnanti incaricati a tempo indeterminato nelle scuole secondarie e artistiche che abbiano già
conseguito il titolo di abilitazione... e che nell'anno scolastico
1973-74 occupino una cattedra o posto orario sono nominati in
ruolo, con decorrenza 1° ottobre 1974» e «mantengono la catte
dra o il posto che attualmente ricoprono». Poco più di un anno
dopo, tale disposizione è stata integrata con l'art, unico 1. n. 391
del 1974, ai sensi del quale (1° comma) «gli insegnanti di ruolo
della scuola media utilizzati negli istituti e scuole di istruzione
secondaria superiore... possono chiedere di essere immessi nei ruoli
dei predetti istituti per le cattedre o posti orario in cui sono utiliz
zati per l'anno scolastico 1973-74, sempre che siano in possesso della relativa abilitazione» e la loro «immissione in ruolo ha ef
fetto dal 1° ottobre 1974», soggiungendosi (2° comma) che il
personale non utilizzato «nelle scuole di titolarità viene impiegato nell'ambito della provincia nell'insegnamento proprio della stessa
cattedra o posto orario e, ove ciò non sia possibile, nell'insegna mento di materie affini anche in istituti e scuole di grado inferio
re». Insomma, in virtù dell'art. 17, gli incaricati nelle scuole
secondarie nell'anno 1973-74 vennero immessi in ruolo, con de
correnza 1° ottobre 1974; in virtù dell'articolo unico, vennero
immessi nei ruoli delle scuole secondarie superiori, con la stessa
decorrenza, gli insegnanti di ruolo nelle scuole medie, che fossero
stati utilizzati in quelle secondarie superiori nell'anno 1973-74.
3. - La questione sollevata per prima dal giudice a quo — con
ordinanza (n. 137/81) pervenuta a questa corte il 18 febbraio 1981, benché emessa il 22 gennaio 1979 — riguarda il caso di insegnan ti abilitati ed incaricati a tempo indeterminato per l'insegnamen to di applicazioni tecniche maschili ai quali fu negata l'immissione
in ruolo, benché fossero stati utilizzati, nell'anno scolastico
1973-74, in prevalenza per l'insegnamento effettivo e solo in par te per altre attività.
Il T.A.R. Lazio, ritenendo «infondata la tesi restrittiva» soste
nuta dal Consiglio di Stato, ed «ormai prevalente», secondo cui
«per aversi un posto orario non solo è necessario un determinato
numero di ore di insegnamento... ma occorre anche che esse sia
no relative ad insegnamenti compresi nella stessa classe di con
corso», formula l'esplicita richiesta di una nuova e diversa
interpretazione dell'impugnato art. 17. Ma la corte non ravvisa
motivo di discostarsi sul punto dalla consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, che essa ha fatto propria con la sentenza
n. 24 del 1978 (Foro it., 1978, I, 1076). In fondo, le censure
risultano mosse, non già alla legge, bensì all'applicazione — asse
ritamente distorta — che ne è stata fatta con circolari, ordinanze, istruzioni ministeriali. È ad opera di queste, infatti, che è stata
posta la limitazione della «stessa classe di concorso» e che è stato
Il Foro Italiano — 1987.
riconosciuto il beneficio dell'immissione in ruolo, oltre che agli
insegnanti impiegati nel doposcuola, nelle classi differenziate, nei
corsi di aggiornamento, nei corsi serali, ecc., persino a chi non
occupasse — ma soltanto «avesse titolo» per occupare — una
cattedra o posto orario. Se cosi è, le asserite violazioni dei princi
pi d'eguaglianza e dell'onere di buona amministrazione non di
scendono tanto dall'art. 17, quanto da atti amministrativi, sui
quali il giudice delle leggi non può esercitare alcun sindacato.
La questione deve, quindi, dichiararsi infondata.
4. - Con le altre tre ordinanze — due delle quali (r.o. 288/81
e 284/83) sono pervenute a questa corte, rispettivamente, nel 1981
e nel 1983, benché tutte emesse nel 1979 — si imputa all'art.
17 1. n. 477 del 1973 ed all'art, unico 1. n. 391 del 1974 di avere
privilegiato, fra gli insegnanti inclusi nelle medesime graduatorie ad esaurimento, quelli che avevano ottenuto nell'anno scolastico
1973-74 una cattedra o un posto orario, violando cosi in danno
dei ricorrenti l'ordine risultante dalle graduatorie ed il criterio
dello scorrimento di queste. Ed anche a riguardo di tale questio ne si chiede di volere adottare un'interpretazione nuova e diversa
da quella del Consiglio di Stato, il quale ebbe a statuire che tutte
le cattedre e tutti i posti orario occupati dai «diciassettisti» dove
vano essere — e, quindi, legittimamente furono — attribuiti a
questi ultimi.
Ma osserva in contrario il giudice a quo che detta interpreta zione comporta «violazione degli art. 3 e 97 Cost, sotto il profilo che l'immissione in ruolo dei diciassettisti non consegue, ma pre cede il reperimento dei posti in organico». Questi sarebbero stati
reperiti solo alla data del 31 marzo 1976, e pertanto — si afferma
nelle ordinanze — non potrebbe negarsi il contrasto con l'art.
97 Cost, della disciplina che ha disposto l'immissione in ruolo
dei «diciassettisti» con decorrenza 1° ottobre 1974. Stando cosi
le cose, dovendosi cioè riferire alla data del 31 marzo 1976 «il
reperimento dei posti da assegnare, non sembra» — prosegue il
T.A.R. Lazio — «che possa negarsi che a tale data..., ai fini
dell'attribuzione del 50% dei posti disponibili e vacanti all'inizio
di ogni anno ai beneficiari delle leggi speciali, la situazione degli inclusi nelle graduatorie nazionali si presentava eguale a quella dei già immessi in ruolo ai sensi dell'art. 17 ma ancora in attesa
del reperimento delle sedi da assegnare». Al riguardo, non può non convenirsi con l'avvocatura dello
Stato, quando rileva che «il tribunale amministrativo ha confuso
i due diversi concetti di posto in organico e di posto disponibile in una determinata scuola»: per posto in organico si deve inten
dere «un'entità esistente nell'ambito di una dotazione complessi va numericamente determinata» e per posto disponibile «un'entità
localizzabile in una sede precisa». Alla luce di tale chiarimento,
risulta palese l'errore nel quale è caduto il giudice rimettente nel
l'assumere come comune referente temporale, sia per i diciassetti
sti, sia per i ricorrenti, la data del 31 marzo 1976 all'evidente
scopo di dare una qualche consistenza alla denunciata disparità di trattamento, pur se il decreto ministeriale invocato dallo stesso
giudice indicasse esplicitamente detta data «ai fini dell'assegna zione definitiva della sede», non già dell'immissione in ruolo. Ed
è conseguente alla rilevata confusione la contraddittorietà delle
ordinanze nelle parti in cui, dopo avere equiparato i ricorrenti
ai «diciassettisti», questi vengono definiti «già immessi in ruolo
ai sensi dell'art. 17 ma ancora in attesa del reperimento delle
sedi da assegnare». Risultando pertanto viziata l'argomentazione su cui fondamentalmente si regge la denunciata violazione degli art. 3 e 97 Cost., non può accogliersi la richiesta di reinterpreta zione degli impugnati articoli nel senso prospettato dal T.A.R.
Lazio, e pertanto anche la questione in esame va dichiarata in
fondata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi di
cui alle ordinanze in epigrafe: a) dichiara non fondata la questio ne di legittimità costituzionale dell'art. 17 1. 30 luglio 1973 n.
477 («delega al governo per l'emanazione di norme sullo stato
giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente
della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Sta
to»), sollevata, in riferimento agli art. 3 e 97 Cost., dal T.A.R.
Lazio (r.o. 137/81); ti) dichiara non fondata la questione di legit timità costituzionale degli art. 17 1. 20 luglio 1973 n. 477 e del
l'art. unico 1. 14 agosto 1974 n. 391 («integrazione dell'art. 17
della predetta 1. n. 477 del 1973), sollevata, in riferimento agli art. 3 e 97 Cost., dal T.A.R. del Lazio (r.o. 913/79, 298/81 e
284/83).
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