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sentenza 15 dicembre 1994; Pres. Turchetti, Est. Rossetti; De Valeris (Avv. Caputo) c. Palmulli e...

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sentenza 15 dicembre 1994; Pres. Turchetti, Est. Rossetti; De Valeris (Avv. Caputo) c. Palmulli e altro (Avv. Spinelli Giordano) Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 2 (FEBBRAIO 1995), pp. 667/668-675/676 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188856 . Accessed: 25/06/2014 00:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.163 on Wed, 25 Jun 2014 00:57:14 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 15 dicembre 1994; Pres. Turchetti, Est. Rossetti; De Valeris (Avv. Caputo) c. Palmulli ealtro (Avv. Spinelli Giordano)Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 2 (FEBBRAIO 1995), pp. 667/668-675/676Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188856 .

Accessed: 25/06/2014 00:57

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PARTE PRIMA

in relazione alle quali ben può emergere l'esigenza di una tutela

cautelare ante causam) quella deroga è isolata;

bf) di nessun rilievo è il fatto che il potere di iniziativa sia

limitato alla fase cautelare ante causam, in quanto l'esistenza

di un sistema di rimedi (reclamo, revoca, assorbimento nella

sentenza di merito) — in tutto coincidenti con quelli ordinari

dall'ordinamento predisposti per i procedimenti a domanda —, non elimina l'irragionevolezza della norma né (in quanto rimedi

successivi) il rischio del venir meno della terzietà del giudice;

bg) la già sottolineata attribuzione (in via di regola generale) della legittimazione ad agire al curatore, organo preposto al fal

limento (v. rubrica del capo II del titolo II della legge fallimen

tare, di cui fa parte la sezione dedicata al curatore), pubblico ufficiale (art. 30 1. fall.), soggetto cui è affidata «l'amministra

zione del patrimonio fallimentare sotto la direzione del giudice

delegato» (art. 31 1. fall.), fa si che nel caso di specie non sorga un problema analogo a quello di cui alla sent. Corte cost. 133/93,

cit., un'eventuale pronuncia caducatoria del giudice delle leggi non dando luogo a vuoti che solo il legislatore nella sua discre

zionalità può colmare ma consentendo semplicemente l'espan sione degli ordinari poteri del curatore; la cura del pubblico interesse involto dalla fattispecie risulterebbe non meno garanti

ta, e ciò sia per la qualità del soggetto cui quella cura è rimessa

sia per la funzione di direzione e controllo svolta dal giudice

delegato, al quale tra l'altro compete l'integrazione dei poteri anche processuali del curatore, attraverso l'autorizzazione ad

agire in giudizio (e non potendo certo sostenersi che una minore

intensità nella cura dell'interesse possa derivare dal fatto che

competente ad emettere i provvedimenti de quìbus sarebbe il

giudice designato dal presidente del tribunale ex art. 669 ter

c.p.c.); c) sulla base di quanto fin qui esposto risulta non manifesta

mente infondata la questione di legittimità costituzionale pro

spettata; la medesima è anche rilevante in quanto, qualora non

fossero rimessi gli atti alla corte, divrebbe trovare applicazione nella fattispecie proprio la disposizione della cui legittimità que sto collegio dubita; infatti, l'ordinanza impugnata con reclamo

è stata emanata dal giudice delegato in forza dei poteri attribui

tigli dall'art. 146 1. fall, e, giusta l'interpretazione della medesi

ma offerta (interpretazione accolta dalla prevalente giurispru denza di merito), le eccezioni di carenza di giurisdizione (id est:

di potere) e di incompetenza del giudice delegato sollevate dal reclamante dovrebbero essere respinte; si aggiunga che gli ulte

riori motivi di reclamo appaiono infondati (il motivo incentrato

sulla carenza di legittimazione ad agire del curatore nella causa

di merito, in quanto l'azione a cautela della quale è stato con

cesso il sequestro è quella di responsabilità ex art. 2393 e 2394

c.c. e non quella di responsabilità per nuove operazioni ai sensi dell'art. 2449, 1° comma c.c.; il motivo fondato sull'insussi

stenza dei presupposti del fumus boni iuris e del periculum in

mora in quanto emerge dagli atti e in particolare dalla relazione del curatore la prova sommaria della responsabilità degli ammi

nistratori e sindaci e quindi anche del reclamante mentre la stes sa misura del credito vantato — 8 miliardi — e l'apparente non titolarità di beni aggredibili è chiaro indice del pericolo di per dere le garanzie del credito), il che rende ancor più rilevante la questione della legittimità dell'art. 146 cit.; si osserva, infine, come nessuna incidenza abbia sulla rilevanza della questione il fatto che l'esercizio del potere cautelare da parte del giudice delegato sia stato nella specie genericamente sollecitato dal cu ratore con l'atto con cui richiedeva l'autorizzazione ad agire in giudizio; infatti, anche a prescindere dal rilievo che non si è di fronte ad una istanza in senso proprio, è pacificamente ritenuto dalla migliore dottrina in tema di pronuncia d'ufficio che allorquando l'inziativa è officiosa l'eventuale richiesta di terzi degrada a mera denuncia;

per questi motivi, visto l'art. 23 1. 11 marzo 1953 n. 87, di chiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 146, 3° comma, r.d. 16 mar zo 1942 n. 267, nella parte in cui prevede che prima dell'inizio della causa di merito le misure cautelari strumentali rispetto al l'azione di responsabilità contro gli amministratori e sindaci pos sono essere disposte d'ufficio dal giudice delegato ai fallimenti anziché su ricorso del curatore secondo le norme ordinarie, in

riferimento all'art. 3, 24, 2° comma, coordinato con l'art. 3, 101, 2° comma, Cost.;

ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costitu

zionale; (omissis)

Il Foro Italiano — 1995.

TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 15 dicembre 1994; Pres. Tur

chetti, Est. Rossetti; De Valeris (Avv. Caputo) c. Palmulli

e altro (Aw. Spinelli Giordano).

TRIBUNALE DI ROMA;

Circolazione stradale — Circolazione di veicoli — Presunzione

di colpevolezza — Conducente — Terzi trasportati — Esten

sione (Cod. civ., art. 1681, 2043, 2054). Danni in materia civile — Risarcimento — Interessi legali —

Corresponsione (Cod. civ., art. 2043, 2058).

Posto che l'art. 2054 c.c. è norma speciale rispetto all'art. 2043

c.c. e che i trasportati di cortesia rientrano nel novero dei

danneggiati di cui all'art. 2054 c.c., la presunzione di colpe

volezza che tale norma pone a carico del conducente di un

veicolo senza guida di rotaie sì estende anche a favore di

costoro. (1)

(1) La pronuncia si pone in contrasto rispetto alla prevalente giuri sprudenza relativa all'ambito applicativo della presunzione di colpevo lezza prevista dall'art. 2054 c.c. a carico del conducente e del proprieta rio di un autoveicolo. Infatti, l'orientamento assolutamente maggiorita rio, sia di merito che di legittimità (Cass. 16 giugno 1990, n. 6059, Foro it., Rep. 1990, voce Trasporto (contratto di), n. 13; 11 gennaio 1988, n. 39, id., Rep. 1988, voce Circolazione stradale, n. 157; 16 no vembre 1987, n. 8384, ibid., 158; 16 novembre 1987, n. 8382, id., 1988, I, 1942; 19 agosto 1983, n. 5422, id., Rep. 1984, voce cit., n. 51; App. Cagliari 21 luglio 1989, id., Rep. 1991, voce Responsabilità civile, n.

63; Trib. Cagliari 20 giugno 1993, id., Rep. 1993, voce cit., n. 59; Trib. Torino 28 marzo 1990, id., Rep. 1991, voce Circolazione stradale, n. 174; Trib. Palermo 27 novembre 1989, id., Rep. 1990, voce cit., n. 94; Trib. Lodi 31 ottobre 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n. 161), afferma che le disposizioni contenute nell'art. 2054 c.c. (in ordine alla

responsabilità del vettore e del proprietario del veicolo) trovano appli cazione solo per i danni cagionati dalla circolazione del veicolo ai terzi estranei e non già ai trasportati di cortesia, rispetto ai quali opera la

regola generale dettata dall'art. 2043 c.c. La pronuncia in epigrafe ripercorre analiticamente le ragioni che hanno

indotto la giurisprudenza ad assumere questa posizione. La sentenza

capostipite di questo orientamento viene individuata in Cass. 9 novem bre 1955, n. 3683, id., Rep. 1955, voce cit., n. 95, che ha enunciato le seguenti argomentazioni a sostegno della sua tesi:

1) l'art. 2054 c.c. richiede l'assenza di un rapporto materiale con la circolazione del veicolo. Questo presupposto non sussiste rispetto al terzo trasportato di cortesia, che «è danneggiato non dalla circolazione

(intesa come agente esterno) ma in occasione di essa»; 2) l'art. 2054 c.c. è posto a tutela dei terzi che, a differenza dei tra

sportati di cortesia, subiscono gli incommoda della circolazione dei vei

coli, senza godere dei relativi commoda; 3) i trasportati di cortesia si trovano in una posizione più vantaggiosa

rispetto ai terzi non trasportati, sia perché possono più facilmente pro vare la colpa del conducente del veicolo, sia perché sono in condizioni di valutare preventivamente il rischio a cui si sottopongono consenten do al trasporto.

La giurisprudenza (Cass. 16 novembre 1987 n. 8384, cit.; 16 novem bre 1987, n. 8382, cit.; 19 agosto 1983, n. 5422, id., Rep. 1983, voce

cit., n. 47; 18 novembre 1981, n. 6114, id., Rep. 1982, voce cit., n.

81; Trib. Termini Imerese 9 giugno 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n. 162; Trib. Roma 23 settembre 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n.

84) ha applicato il suddetto principio all'ipotesi di scontro tra autovei coli: nel caso in cui sia stata riconosciuta la responsabilità solidale di entrambi i conducenti delle autovetture implicate, il terzo trasportato da uno di essi può invocare la presunzione di responsabilità di cui al l'art. 2054 c.c. solo nei confronti dell'altro vettore, che è tenuto a risar

cigli integralmente il danno. Infatti, la presunzione di equivalenza del danno prodotto da ciascuno dei conducenti, ai sensi dell'art. 2054, 2°

comma, opera solo nei rapporti interni tra i coautori. Pertanto, il con ducente che ha provveduto a risarcire per l'intero il terzo trasportato può esercitare l'azione di regresso nei confronti del coautore, nella mi sura determinata dall'entità delle rispettive colpe e delle conseguenze dannose derivate. Il terzo trasportato può anche agire ex art. 2043 c.c. nei confronti del proprio conducente, avendo, però, l'onere di provare la colpa. In particolare, v. Cass. 29 marzo 1983, n. 2278, id., Rep. 1983, voce Giudizio (rapporto), n. 37, secondo la quale, data l'identità concettuale tra la colpa penale e civile, il terzo trasportato non può promuovere un'azione risarcitoria ex art. 2043 c.c. nei confronti del conducente dell'autoveicolo, che sia stato assolto per insufficienza di

prove dal reato di lesioni colpose. Sul punto si è pronunciata anche la Corte costituzionale (sentenza

17 dicembre 1981, n. 192, id., 1982, I, 367, con nota di Pardolesi), che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità dell'art. 2054, 3° comma, c.c., nella parte in cui non concede al terzo trasportato a titolo di cortesia l'azione di risarcimento nei confronti del proprieta rio del veicolo, anche quando sia provata la colpa del conducente. Il

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Sulle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno e riva

lutate in base agli indici Istat, vanno corrisposti gli interessi

legali, come remunerazione per il mancato godimento del be

ne soppresso dal fatto illecito altrui. (2)

Motivi della decisione. — 1. - Che il sinistro nel quale rimase coinvolta Paola De Valeris sia storicamente accaduto, non è

dubitabile: lo dimostrano ex art. 2729 c.c. la documentazione

medica in atti; le richieste di risarcimento fatte inviare dall'at

trice alla società convenuta; l'omessa risposta del convenuto al

l'interrogatorio deferitogli (con atto notificato il 5 luglio 1993).

Nondimeno, alcuna prova è stata raccolta in merito alla re

sponsabilità del conducente nella causazione del sinistro stesso.

2. - È ben nota a questo collegio la costante e uniforme giuris

prudenza della Suprema corte, secondo la quale «per i danni

presupposto da cui muove la Consulta è costituito dall'unitarietà del

disposto di cui all'art. 2054 c.c., che ruota attorno alla presunzione di responsabilità del conducente (in obiter viene richiamato l'orienta mento giurisprudenziale dominante che nega l'applicabilità della pre detta presunzione a favore del terzo trasportato di cortesia). Pertanto, nel momento in cui la colpa del conducente risulti accertata in concre

to, poiché riemerge il regime normale di cui all'art. 2043 c.c., non è

più operante il principio di estensione della responsabilità al proprieta rio del veicolo, sancito dall'art. 2054, 3° comma.

Estendendo la presunzione di colpevolezza del conducente di un au toveicolo senza guida di rotaie anche a favore dei terzi trasportati (co me aveva già fatto Trib. Barcellona Pozzo di Gotto 9 dicembre 1993,

pres. D'Amico, est. Rocco, Aricò c. Gervasi, e, prima ancora, un isola to Trib. Firenze 25 ottobre 1990, id., Rep. 1991, voce Circolazione stra

dale, n. 171), la pronuncia del Tribunale di Roma accoglie le sollecita zioni provenienti dalla dottrina (Pahdolesi, nota a Corte cost. 17 di cembre 1981, cit.) in favore di una visione affrancata da 'asfittici

formalismi' e, quindi, più aderente alle reali esigenze di tutela dei sog

getti danneggiati dalla circolazione stradale. Le critiche mosse dalla pronuncia in rassegna al consolidato orienta

mento giurisprudenziale sul punto possono cosi riassumersi:

a) la formulazione letterale dell'art. 2054 c.c. ('danno prodotto a per sone e a cose dalla circolazione del veicolo') non esclude l'applicabilità della presunzione di colpevolezza nei confronti dei trasportati di corte

sia, posto che non si può ragionevolmente negare la sussistenza di un

nesso eziologico tra la circolazione del veicolo e il danno subito dal

trasportato; b) la ratio sottesa dall'art. 2054 c.c. è non solo quella sostanziale

di assicurare il maggiore ristoro a! danneggiato (la norma grava il con

ducente dell'obbligo di fare tutto il possibile per evitare il danno), ma anche quella processuale di semplificare l'onere della prova posto a ca

rico dei medesimo, accelerando cosi la soluzione delle controversie.

c) la giustificazione posta a base della predetta esclusione, a tenore

della quale il trasportato è in grado di rappresentarsi preventivamente il rischio e di evitarlo, 'contrasta con i dati dell'esperienza e della logi

ca', posto che il predetto ragionamento potrebbe estendersi anche a

'chi si immette nel flusso della circolazione a piedi o in auto'. Il Tribu nale di Roma osserva, inoltre, che l'accettazione del rischio costituisce

causa di giustificazione solo quando il rischio accettato sia «normale,

prevedibile e adeguato rispetto all'attività per cui si presta il consenso».

Ora, non può ragionevolmente sostenersi che il trasportato di cortesia abbia previsto e accettato il rischio di subire lesioni gravi alla propria persona o di morire. Né, alla luce della multiforme varietà di circostan

ze che normalmente accompagnano un sinistro stradale, è dato pensare che il trasportato di cortesia possa provare la colpa del vettore più fa

cilmente rispetto al terzo non trasportato. Si fa strada, cosi, la consapevolezza dello stridente contrasto esisten

te tra la posizione deteriore attribuita dall'orientamento giurispruden ziale dominante al trasportato di cortesia e la normativa sull'assicura zione obbligatoria, che si ispira a finalità solidaristiche, perseguite «at

traverso una distribuzione mutualistica del rischio» (Corte cost. 1° marzo

1973, n. 24, id., 1973, I, 2010). Segnatamente, i giudici di Roma osser

vano che solo estendendo la presunzione di cui all'art. 2054 c.c. ai tra

sportati di cortesia, la loro posizione verrebbe parificata a quella dei

trasportati a titolo contrattuale, garantiti dalla semplificazione probato ria di cui all'art. 1681 c.c.: verrebbe cosi ristabilita 'la simmetricità e

armonia del sistema normativo'.

(2) La massima si conforma all'orientamento giurisprudenziale domi

nante in tema di risarcimento del danno extracontrattuale ribadendo

che sul credito risarcitorio non solo deve operarsi (secondo il criterio

della taxatio) la rivalutazione secondo l'indice Istat, ma vanno anche

computati gli interessi legali, a titolo di remunerazione del danneggiato

per il mancato godimento del bene soppresso dal fatto illecito altrui.

Per un'ampia e aggiornata ricognizione dei problemi connessi a tale

impostazione, v. F. D'Aquino, Verso il tramonto dei crediti di valore? in Foro it., 1994, I, 2628.

Il Foro Italiano — 1995.

causati alle persone trasportate a titolo di cortesia non può in

vocarsi la presunzione di colpa, di cui all'art. 2054 c.c., contro

il vettore, che deve rispondere a norma dell'art. 2043 c.c.».

Tale giurisprudenza è stata in più occasioni condivisa anche

da questo tribunale (cfr., ex plurimis, Trib. Roma 23 settembre

1981, Foro it., Rep. 1982, voce Circolazione stradale, n. 84).

Nondimeno, dopo aver riesaminato ab imis l'intera questio

ne, e collazionato il quadro normativo (interno e comunitario) con la giurisprudenza della Corte costituzionale, questo tribu

nale è indotto a ritenere che il principio sopra enunciato, ora

mai, non possa più essere condiviso.

È opportuno in primo luogo osservare come, nel sostenere

il principio in esame, la Suprema corte abbia sempre riprodotto

(dalla sent. 1747/65 id., Rep. 1965, voce cit., n. 244, alla sent.

12125/90, id., Rep. 1990, voce cit., n. 174; ma si vedano anche, nelle motivazioni, Cass. 1161/65, id., Rep. 1965, voce cit., n.

241; 2657/66, id., Rep. 1966, voce Trasporto, n. 3; 614/66,

ibid., voce Circolazione stradale, n. 362; 496/68, id., Rep. 1968, voce cit., n. 496; 2142/69, id., Rep. 1969, voce Trasporto, n.

9; 2367/69, ibid., n. 10; 732/70, id., Rep. 1970, voce cit., n. 732; 1814/71, id., 1971, I, 2787; 2678/71, id., Rep. 1971, voce Circolazione stradale, n. 147; 3776/71, ibid., n. 141; 686/72,

id., Rep. 1972, voce cit., n. 70; 2106/74, id., Rep. 1974, voce

cit., n. 152; 1287/78, id., Rep. 1978, voce cit., n. 64; 5355/78, ibid., voce Trasporto (contratto di), n. 23; 1767/79, id., Rep.

1979, voce Circolazione stradale, n. 77; 5422/83, id., Rep. 1984,

voce cit., n. 31; 8384/87, id., Rep. 1987, voce cit., n. 186; 39/88,

id., Rep. 1988, voce cit., n. 157; 6059/90, id., Rep. 1990, voce

Trasporto (contratto di), n. 13) le medesime motivazioni adot

tate da Cass. 3683/55 (id., Rep. 1955, voce Circolazione strada

le, n. 95), ovvero dalla sentenza capostipite di questa linea in

terpretativa. Tale riproduzione di argomentazioni appare pedis

sequa, talora anche sintatticamente; al punto che nelle sentenze

più recenti il problema della inapplicabilità al trasportato di cor

tesia della presunzione di cui all'art. 2054 c.c. viene risolto in

poche, tralaticie battute: «L'art. 2054 c.c. (...) è norma di dirit

to singolare, predisposta per meglio tutelare i terzi estranei al

l'uso del veicolo (...). Essa, pertanto, non può trovare applica zione in favore delle persone trasportate a titolo di cortesia,

non potendo le stesse essere assimilate (...) ai terzi estranei alla

circolazione» (Cass. 1767/79, cit.). Orbene, riducendo in epitome la copiosa giurisprudenza di

legittimità sopra elencata, si rileva che la inapplicabilità della

presunzione di cui all'art. 2054 c.c. al trasportato di cortesia

viene fondata su una basilare osservazione: terzi estranei alla

circolazione e trasportati di cortesia sono due categorie eteroge

nee, per le quali il legislatore ha voluto discipline normative

(e forme di tutela) diverse.

Questa conclusione, a sua volta, viene sostenua (talora alter

nativamente, talora congiuntamente) con quattro argomentazioni,

e sempre con quelle:

1) L'art. 2054. presuppone l'assenza di un rapporto materiale

con la circolazione del veicolo. I trasportati di cortesia, invece,

sono danneggiati non dalla circolazione (intesa quale agente ester

no) ma in occasione di essa: ne consegue che non sussisterebbe

quella assenza di rapporto materiale con la circolazione stessa,

voluta dall'art. 2054 c.c.

2) L'art. 2054 c.c., attraverso la presunzione, pone a carico

del conducente un onere di maggior diligenza, al fine di tutelare

i terzi che, al contrario dei trasportati di cortesia, godono solo

gli incommoda della circolazione, ma non i commoda.

3) L'art. 2054 c.c., attraverso la presunzione, intende tutelare

maggiormente soltanto i terzi non trasportati, perché per essi

è più difficile provare la colpa del conducente, mentre tale pro

va sarebbe più facilmente raggiungibile dal trasportato di cortesia.

4) I trasportati di cortesia, al contrario dei terzi non traspor

tati, sono in grado di valutare preventivamente il rischio cui

si espogono, e dunque consentendo al trasporto accettano il ri

scho del sinistro. (Tutte queste argomentazioni si trovano sillo

gizzate in Cass. 1814/71, cit., ma, come detto, sono state sem

pre sostanzialmente ripetute senza modificazioni o elaborazio

ni: si vedano, ad es., Cass. 686/72 e 1767/79, cit.). Corollario indefettibile di tale assetto ricostruttivo è la natura

extracontrattuale del danno subito dal trasportato di cortesia,

sicché il vettore deve rispondere ex art. 2043 c.c., con conseguen

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PARTE PRIMA

te onere di provare l'elemento soggettivo dell'illecito a carico

del trasportato stesso, come stabilito dalla «storica» Cass.

2635/51 (id., 1951, I, 1487). Tuttavia, al fine di delimitare chiaramente il campo d'indagi

ne, va premesso che qualificare come extracontrattuale il rap

porto tra vettore e trasportato di cortesia non sembra determi

nante per ritenere inapplicabile a quest'ultimo l'art. 2054 c.c.

La preesistenza o meno d'un vincolo contrattuale, rispetto alla commissione dell'illecito, non è infatti elemento idoneo ad

escludere l'applicazione di una norma dagli effetti processuali,

quale quella sulla presunzione. In altri termini, ritenere inappli cabile ai rapporti tra vettore e trasportato di cortesia l'art. 1681

c.c. non vale a ritenere applicabile unicamente l'art. 2043 c.c.

Posto infatti che l'art. 2043 c.c. e l'art. 2054 c.c. sono in rap

porto di specialità, resta da analizzare se la fattispecie concreta

che si realizza allorché un trasportato di cortesia subisca danni

alla persona sia ricompresa o meno nella fattispecie astratta di

cui all'art. 2054 c.c.

Venendo dunque all'esame delle argomentazioni addotte a so

stegno della tesi che esclude l'applicabilità dell'art. 2054 c.c.

al trasportato di cortesia, si osserva:

1) affermare che l'art. 2054 c.c. presupponga l'assenza di un

rapporto materiale tra la circolazione del mezzo ed il danneg

giato, e che quindi il trasportato di cortesia non sia terzo rispet to alla circolazione del veicolo, può ragionevolmente escludersi,

perché:

a) l'art. 2054 c.c. parla genericamente di «danno prodotto a persone o cose», senza alcuna distinzione;

ti) ritenere che il trasportato di cortesia non sia terzo rispetto alla circolazione del veicolo, induce la Suprema corte ad affer

mare che egli sia danneggiato non già dalla circolazione, sibbe

ne in occasione della circolazione del veicolo. Sottoponendo ta

le argomentazione alla verifica di un argumentum a contrario, si perviene ad un risultato non accettabile: il trasportato di cor

tesia, essendo danneggiato non dalla circolazione ma in occa

sione di questa, neanche se provasse la colpa del conducente

avrebbe diritto al risarcimento, perché l'occasionalità (in luogo della causalità diretta) escluderebbe addirittura il nesso causale

tra condotta illecita ed evento dannoso. La inaccettabilità evi

dente della conseguenza dimostra che quello qui criticato è un

falso sillogismo, perché è falsa la premessa maggiore (e dunque non di un sillogismo si tratta, sibbene di un entimema, gnoseo

logicamente inutile);

c) dall'analisi comparata delle altre norme che, nel medesimo

titolo IX del libro IV c.c., regolano le ulteriori ipotesi di re

sponsabilità c.d. aggravata, e dall'esame della giurisprudenza formatasi sulle stesse (art. 2050, 2051, 2052, 2053 c.c.), si rileva

che per nessuna delle ipotesi di colpa presunta ivi previste, al fine di applicare la presunzione di colpa, si richiede la assoluta

assenza di ogni rapporto materiale tra il danneggiato ed il pre sunto (in senso tecnico) responsabile. Cosi, ad es., si ammette

la risarcibilità del danno subito dal fruitore dell'attività perico losa altrui; ovvero del danno subito dal proprietario dei locali

ove era riposta o collocata, anche per mera cortesia, la cosa in custodia. In queste ipotesi dunque l'interpretazione consoli

data del bloco normativo non pretende, per l'applicazione della

presunziuone, l'assenza di ogni rapporto materiale tra danneg giato e cosa od attività dannosa. Non si vede dunque perché alla previsione di cui all'art. 2054 c.c., omogenea a quelle di

cui agli articoli che precedono quanto alla ratio, debba essere riservata una diversa interpretazione.

2) Si afferma poi che i trasportati di cortesia non hanno dirit to alla maggior tutela di cui all'art. 2054 c.c., perché essi godo no i commoda, e non solo gli incommoda della circolazione del veicolo.

In merito a tale argomento deve osservarsi come né l'erme neutica letterale, né quella logico-sistematica consentono di in

ferire tale conclusione dalla norma citata.

Non la prima, perché la distinzione tra fruitori dell'utile, e

percettori dell'inutile della circolazione, non è con evidenza nel la lettera della legge. Non la seconda, perché la finalità perse guita dal legislatore con l'introduzione di presunzioni iuris tan tum è di norma quella di favorire il soggetto onerato da una

prova particolarmene onerosa; ovvero quella di accelerare la so

luzione delle controversie. La lettura comparata del blocco nor

mativo composto dagli art. 2050-2054 c.c. fa invece escludere

Il Foro Italiano — 1995.

che il legislatore, con le presunzioni ivi previste, abbia voluto

in qualche modo rendere deteriore la posizione di chi trae un

beneficio purchessia dalla cosa o dalla attività che si rileva poi fonte di danno.

Per contro, la ritenuta ratio acceleratoria delle controversie

è frustrata dalla inapplicabilità dell'art. 2054 c.c. al trasportato di cortesia, in quanto questi è in ogni caso e comunque tenuto

a provare coi mezzi ordinari la colpa del vettore.

3) Per il terzo argomento addotto a sostegno della tesi qui

criticata, i trasportati di cortesia non hanno diritto alla maggior tutela di cui all'art. 2054 c.c., perché per essi è più facile prova re la colpa del vettore.

In realtà, tale conclusione è affatto opinabile: infatti, le infi

nite circostanze di tempo e di luogo in cui può verificarsi un

sinistro stradale, e la possibilità della presenza di testimoni ocu

lari, sono assolutamente identiche tanto per i terzi, quanto per i trasportati. Né il trasportato di cortesia può agevolmente pro vare il difetto di manutenzione del veicolo ex art. 2054 , 4°

comma c.c.

Non sarà inutile aggiungere che secondo Cass. 3683/55, cit.

(come si è detto, pronuncia la quale ha fornito alla successiva

giurisprudenza di legittimità larga parte degli argomenti a soste

gno della tesi qui disattesa) i terzi estranei all'uso del veicolo

abbisognavano di maggior tutela non solo per la «intuitiva mag

giore difficoltà, per essi, di dimostrare la colpa del conducen

te», ma anche per la difficoltà di «conseguire da esso, spesso

impossidente, il dovuto risarcimento».

Tale ultimo argomento, di rilevante peso nell'interpretazione dell'art. 2054, 3° comma, c.c. affermata dalla citata decisione

della Suprema corte, è ovviamente venuto meno sin dal 1969, con l'introduzione del sistema dell'assicurazione obbligatoria; esso tuttavia per una sorta di «viscosità giudiziaria», comune

anche agli ordinamenti — come il nostro — che ignorano la

regola dello stare decisis, ha lasciato una traccia apprezzabile

nell'interpretazione della norma. In altri termini, l'interprete non

può escludere che, venuta meno la realtà socioeconomica che

giustificava una certa interpretazione della norma, tale interpre tazione sia nondimeno sopravvissuta per obliterazione del con

testo che l'aveva prodotta.

4) Si afferma, infine, che i trasportati di cortesia non hanno

diritto alla maggior tutela di cui all'art. 2054 c.c., perché essi

sono in grado di valutare preventivamente il rischio cui si espon

gono, rischio da essi accettato nel momento in cui salgono sul

veicolo.

Ora, l'accettazione del rischio, in astratto, in tanto esclude

la possibilità di ottenere il risarcimento, in quanto elide il dan

no risarcibile: più esattamente, l'accettazione del rischio dovrebbe

incidere sulla ingiustezza del danno, rendendo la condotta astrat

tamente illecita giustificata dalla intervenuta assunzione del

rischio. Tuttavia, l'accettazione del rischio (e quindi l'esclusione della

responsabilità del danneggiarne per assenza della ingiustezza del

danno), può operare come causa di giustificazione nelle ipotesi in cui il rischio accettato sia normale, ragionevolmente prevedi bile, e logicamente adeguato rispetto all'attività alla quale si

presta il consenso (si pensi ad es. all'attività sportiva, all'attivi

tà circense, agli spettacoli di intrattenimento, ecc.). In tutte queste ipotesi, infatti, può effettivamente ritenersi

che il soggetto il quale presti consenso all'attività pericolosa si

sia prefigurato — o almeno avrebbe dovuto farlo, secondo la

prudenza comune — tutti i rischi che potevano derivarne, ac

cettandoli,

Viceversa, rispetto alla circolazione stradale, il rischio di un

sinistro (e di danni alla persona), benché purtroppo non remo

to, è assolutamente eterodosso rispetto agli intenti del traspor tato, che sono quelli di spostarsi più celermente, non certo quelli di accettare un evento dannoso.

Aggiungasi che da un sinistro stradale talora derivano deva

stanti conseguenze assolutamente straordinarie rispetto all'atti vità «circolazione», come ad es. rilevanti perdite anatomiche.

OFa, anche a voler considerare evento normale (e quindi pre vedibile ed accettato), rispetto alla circolazione, un piccolo urto tra autovetture con modeste conseguenze, è certamente abnor

me ritenere che il trasportato di cortesia abbia previsto, valuta

to, e scientemente accettato il rischio di dover subire devastanti

lesioni alla propria persona.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Del resto, ragionando a contrario, dovrebbe affermarsi che — in ragione della rilevanza che ha oggi il fenomeno della cir

colazione degli autoveicoli — chiunque decida di attraversare

a piedi una strada trafficata accetti preventivamente il rischio

di un investimento: il che è, con evidenza, non sostenibile.

In verità, potrebbe parlarsi di accettazione del rischio in sen

so tecnico, con riferimento al trasportato di cortesia, unicamen

te nelle ipotesi in cui questi fosse a conoscenza ad es. della

spericolatezza del conducente; ovvero della sua inesperienza; ov

vero del suo stato di ebbrezza; ovvero ancora nel caso in cui

proprio il trasportato di cortesia avesse incitato il vettore a te

nere una guida pericolosa. In tutti questi casi, infatti, può legittimamente affermarsi che

il trasportato di cortesia abbia potuto prefigurarsi ed accettare

un evento (il sinistro) non anomalo né eccezionale rispetto ad

una guida pericolosa. Nelle ipotesi normali, per contro, non può parlarsi di accetta

zione del rischio, essendo l'evento (il sinistro) non anomalo né

eccezionale rispetto ad una condotta di guida ortodossa.

Tutto ciò premesso, può dunque cercarsi di ricostruire la fat

tispecie astratta di riferimento come segue:

a) l'art. 2054 c.c. è norma speciale rispetto all'art. 2043 c.c.,

e l'elemento di specialità è rappresentato non dalla necessità

di maggiormente tutelare (solo) i terzi danneggiati, ma dal mez

zo col quale è arrecata l'offesa: la «circolazione» nell'art. 2054

c.c., rispetto al generico «cagionare» di cui all'art. 2043 c.c.

b) In ogni caso, i trasportati di cortesia possono essere ricom

presi tra i danneggiati cui fa riferimento l'art. 2054 c.c., per: — l'ermeneutica letterale: la generale ed ampia previsione di

cui all'art. 2054 c.c. non distingue la posizione dei trasportati di cortesia;

— l'ermeneutica storica: l'art. 2054 c.c. aveva il suo prece

dente nell'art. 220 t.u. 8 dicembre 1933 n. 1740 (codice della

strada), che a sua volta derivava dall'art. 5 1. 30 giugno 1912

n. 739 (che per la prima volta introdusse nel nostro ordinamen

to la presunzione oggi prevista dall'art. 2054 c.c.). In ambedue

queste norme, non si faceva alcuna distinzione tra trasportato di cortesia e terzo esterno alla circolazione;

— l'ermeneutica comparatistica: l'art. 5 1. 739/12, già citata,

derivava pressoché integralmente dall'art. 1384, al 1, del Code

Napoléon. In quell'ordinamento giuridico, un tempo, si esclu

deva l'applicabilità della presunzione di colpa del vettore a fa

vore del trasportato di cortesia, sulla base di una considerazio

ne eminentemente morale: ripugnava cioè che chi rendeva un

servigio gratuito potesse rispondere del risarcimento, anche sen

za colpa. Tuttavia la giurisprudenza d'oltralpe, ferma restando

la lettera dell'art. 1384, al. 1, del Code, ha sin dal 1968 ritenuto

che la presunzione ivi prevista dovesse applicarsi anche contro

il custode del veicolo (ovvero, chi nel caso concreto era alla

guida al momento del sinistro); — l'ermeneutica sistematica: tutta la disciplina della respon

sabilità derivante dalla circolazione stradale, pur continuando

ad essere fondata sul principio della responsabilità per colpa,

presenta dei rilevantissimi profili solidaristici, ovvero di fonda

zione della responsabilità sulla esposizione al rischio (di volta

in volta, da parte del conducente, del proprietario, dell'utilizza

tore o usufruttuario). La stessa Corte costituzionale, con la sent. 24 del 1973 (id.,

1973, I, 2010), ha espressamente affermato che «la vera finalità

del sistema di cui alla 1. 990/69 non sta nel salvaguardare il

patrimonio del responsabile, ma piuttosto, attraverso una di

stribuzione mutualistica del rischio, nel garantire il risarcimento

del danneggiato». E la corte cita proprio l'art. 2054 c.c. (unita

mente all'art. 18 1. 990/69) come il mezzo prescelto per «raffor

zare la protezione del danneggiato». Il legislatore ha voluto cioè,

afferma ancora la corte, perseguire «finalità di ordine sociale»,

non soltanto regolare rapporti patrimoniali tra i consociati.

Il conseguimento di queste finalità appare dunque gravemen

te frustrato dalla ritenuta inapplicabilità della presunzione di

cui all'art. 2054 c.c. al trasportato di cortesia, una volta am

messo che questi è null'altro che una persona danneggiata dalla

circolazione del veicolo: come avverte peraltro il medesimo sen

so comune.

Si deve aggiungere che la originaria redazione dell'art. 1 della

1. 990/69 poteva effettivamente ingenerare dubbi sulla parifica

zione dei terzi esterni ai trasportati di cortesia, prevedendo per

essi una disciplina differenziata.

Il Foro Italiano — 1995.

Tuttavia, tale norma, dopo le modifiche apportate con le leg

gi 39/77 e 142/92, non distingue più i trasportati di cortesia

dagli altri trasportati, e tutti costoro dai terzi esterni.

Questa modifica normativa, in una visione non parcellizzata

dell'ordinamento, non fa che corroborare l'interpretazione fin

qui esposta, di una completa exaequatio tra terzi esterni e tra

sportati di cortesia.

In questo modo, inoltre, il sistema normativo consegue una

sua simmetricità ed armonia, in quanto tutti i trasportati riceve

rebbero la medesima tutela: se trasportati a titolo contrattuale,

dall'art. 1681 c.c.; se trasportati a titolo di cortesia, dall'art.

2054 c.c.; e si eliminerebbe altresì' l'eteroclito ghirigoro di pro blemi istruttori e probatori, che fatalmente sorge dall'interpre

tazione tradizionale, nel caso di sinistri che vedano coinvolti

più veicoli e più trasportati. E ciò appare in perfetta sintonia

con la ritenuta ratio dell'art. 2054 c.c., che è quella da un lato

di tutelare il danneggiato; dall'altro lato di faciliatre l'accerta

mento della responsabilità. Per completezza d'esame, deve infine osservarsi che i termini

della questione, come sin qui esposti, non appaiono modificati

dalla sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 1981 (id.,

1982, I, 6). Con tale decisione, il giudice delle leggi dichiarò non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

2054, 3° comma, nella parte in cui tale norma non consente

al trasportato di cortesia l'azione di risarcimento nei confronti

del proprietario del veicolo.

Premesso che la sentenza di rigetto non vincola il giudice del

merito nella sua libera attività ermeneutica, deve osservarsi che

nella sentenza citata la Corte costituzionale, con motivazione

assolutamente sintetica, ha aderito tout court alla linea inter

pretativa della Corte di cassazione, fondata sulla presunta pre

visione ed accettazione del rischio da parte del trasportato di

cortesia.

A quella decisione pertanto (la quale fu salutata in dottrina

come «un'occasione perduta») possono muoversi le medesime

obiezioni formulate con riferimento alla linea interpretativa sin

qui seguita dalla Suprema corte, posto che quella non ha fatto

che recepire questa. Per tutto quanto sopra esposto, deve dunque affermarsi che,

nel caso in cui un soggetto trasportato per via di terra a titolo

di cortesia riporti danni alla persona in conseguenza di un sini

stro stradale, questi possa invocare sia contro il proprio vetto

re, sia contro il proprietario del mezzo, le presunzioni di cui

all'art. 2054 c.c.

Ne consegue che i convenuti vanno condannati, ai sensi del

l'art. 2054, 1° comma, c.p.c., ciascuno per il rispettivo titolo,

al risarcimento dei danni patiti dall'attrice. (Omissis)

4. - In merito alla necessità che sulle somme liquidate a titolo

di risarcimento in moneta attuale, si computino interessi legali,

si osserva che questo collegio ben conosce la giurisprudenza di

altra (ed unica) sezione di questo tribunale in materia di obbli

gazioni di valore, ma ritiene che tale giurisprudenza non possa

essere condivisa.

L'attuazione della aestimatio in base all'indice Istat del costo

della vita per le famiglie di impiegati ed operai non «remunera»

il credito risarcitorio, ma rappresenta la consueta operazione

di taxatio necessaria per calare nel contesto temporale attuale

il bene della vita distrutto o deteriorato.

Il danneggiato ha infatti diritto sia alla restituzione o ricosti

tuzione del bene perduto, sia al risarcimento del danno conse

guito al fatto di non aver potuto disporre del bene danneggiato,

dal giorno dell'illecito al sinistro: dunque non basta monetizza

re, secondo un principio valoristico, il credito risarcitorio, ma

occorre tener conto altresì di un parametro, un coefficiente,

un valore, il quale remuneri il creditore per il mancato godi

mento del bene soppresso dal fatto illecito altrui.

Si consideri, del resto, che il creditore può sempre chiedere

il risarcimento del danno in forma specifica (art. 2058, 1° com

ma, c.c.): ciò vuol dire che, in teoria, il creditore potrebbe esse

re soddisfatto con la dazione di un bene uguale a quello perdu

to o soppresso per opera dell'autore dell'illecito.

Tuttavia, i beni materiali fatalmente si deprezzano con l'an

dar del tempo, vuoi per usura, vuoi per l'evolversi del mercato.

Perciò restituire al creditore un bene esattamente identico a quello

perduto, ma a distanza — ad es. — di alcuni anni dal momento

della soppressione, in realtà non vale a reintegrare per equiva

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PARTE PRIMA

lente il patrimonio del danneggiato, perché questi ha perduto un bene tecnologicamente o economicamente nuovo al momen

to della perdita, e vedesi restituire un bene tecnologicamente ed economicamente obsoleto.

In simili casi pertanto, ove il debitore volesse risarcire in for

ma specifica il danno, dovrebbe fornire al creditore un bene

che — al momento della restituzione — abbia il medesimo valo

re che aveva il bene soppresso al momento della soppressione: valore tuttavia espresso non in termini assoluti, ma in funzione

del rapporto con gli altri beni analoghi presenti sul mercato.

La conclusione ritenuta valida per l'ipotesi di cui all'art. 2058, 1° comma, c.c., a fortiori sarà valida per il caso di risarcimento

per equivalente. Mentre dunque la somma attualizzata risarcisce (ricostituen

dolo con un surrogato monetario) il bene perduto, ricostituen

dolo nel suo valore relativo (cioè parametrato al complesso dei

beni e servizi esistenti sul mercato) al momento della ricostitu

zione, gli interessi su essa calcolati compensano il mancato go dimento di quel bene, per il periodo che separa l'evento danno

so dalla taxatio.

Perciò, nell'obbligazione di valore l'attualizzazione serve a

ricostituire o surrogare il bene nella sua essenza; gli interessi

ricostituiscono il bene nella sua funzione, compensando la ri

nuncia forzosa al godimento di esso, nell'arco di tempo che

ha separato il danno dalla liquidazione. Le due operazioni sono

ontologicamente e finalisticamente separatee non sovrapponibili. Non appaiono determinanti dunque le osservazioni della so

cietà convenuta, secondo le quali il legislatore, modificando il

saggio legale degli interessi, avrebbe «implicitamente escluso la

persistenza dell'operatività» della distinzione tra obbligazioni di

valuta e obbligazioni di valore.

In realtà, la distinzione suddetta è creazione dell'interprete e non del legislatore, finalizzata giustappunto a tener conto del

la diversa natura dell'oggetto dell'obbligazione allorché occorra

risarcire un danno da inadempimento. In tal senso si è espressa e continua, costantemente, ad espri

mersi la Suprema corte (cfr., da ultimo, Cass. 1384/93, id.,

Rep. 1993, voce Danni civili, nn. 114, 123, 161).

TRIBUNALE DI PIACENZA; ordinanza 3 ottobre 1994; Giud.

istr. Paladini; Mandelli c. Banca nazionale del lavoro.

TRIBUNALE DI PIACENZA

Ingiunzione (procedimento per) — Provvisoria esecuzione — Giu

dizio di opposizione — Revoca — Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 649).

Ingiunzione (procedimento per) — Provvisoria esecuzione — Giu dizio di opposizione — Sospensione — Motivi (Cod. proc. civ., art. 649).

È inammissibile la revoca della concessa provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto. (1)

Il giudice istruttore può ordinare la sospensione della concessa

provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, oltre che per (gravi) motivi di opportunità, anche per motivi affe renti alla legittimità della concessione del decreto o della prov visoria esecutività dello stesso. (2)

(1-2) Sull'ammissibilità della revoca della concessa provvisoria esecu tività del decreto ingiuntivo opposto si è recentemente espresso, in sen so contrario all'ordinanza in epigrafe, Trib. Vercelli, ord. 17 marzo 1993, Foro it., 1994, I, 1225, con nota di C. Monnini, Art. 649 c.p.c.: interpretazioni vecchie e nuove circa l'ammissibilità delia revoca della clausola di provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo.

Numerosi sono altresì i provvedimenti, espressamente richiamati dal l'ordinanza che si riporta, intervenuti sul problema dell'ambito di ope ratività della sospensione di cui all'art. 649 c.p.c.: si vedano, in partico

II Foro Italiano — 1995.

Con atto di citazione notificato il 21 maggio 1994 Sante Man

delli e Umberto Mandelli proponevano opposizione avverso il

decreto n. 427, emesso il 14 aprile 1994 e munito di clausola

di provvisoria esecuzione, con cui il presidente del Tribunale

di Piacenza, su ricorso della Banca nazionale del lavoro, aveva

ingiunto agli opponenti il pagamento dell'importo di lire

8.307.964.791, oltre interessi nella misura delle prime rate Abi

e spese. Nel proprio ricorso per decreto ingiuntivo, la Bnl esponeva

di aver versato in data 22 giugno 1993, in qualità di capofila di un gruppo di otto banche, a dipendenti e consulenti esterni

delle società del gruppo Mandelli, gli importi a costoro dovuti

dalle rispettive aziende per retribuzioni arretrate, trattamenti di

fine rapporto e compensi; che le stesse banche venivano surro

gate, ex art. 1201 c.c., ai dipendenti, stipulando in pari data

accordi di dilazione di pagamento in favore delle singole azien

de; che venivano anticipati importi per il complessivo ammon

tare richiesto nel ricorso; che per le esposte esposizioni finan

ziarie avevano prestato fideiussione Sante Mandelli, Umberto

Mandelli e Giancarlo Mandelli (quest'ultimo deceduto); che gli accordi di dilazione di pagamento dovevano intendersi risolti

a causa della procedura concorsuale, alla quale erano state in

seguito sottoposte le società del menzionato gruppo e che, per

tanto, si rendeva necessario rivolgersi ai fideiussori. (Omissis) Gli attori sostengono l'ammissibilità del provvedimento di re

voca della clausola di provvisoria esecuzione del decreto ingiun tivo opposto e richiamano, a sostegno della tesi, le argomenta zioni affermate da una parte della giurisprudenza di merito, tra cui, da ultimo, Trib. Vercelli, ord. 17 marzo 1993 (Foro

it., 1994, I, 1225). La tesi deve essere disattesa, posto che al suo accoglimento

ostano ragioni di carattere normativo e sistematico. Da una parte,

invero, non può trascurarsi il fondamentale rilievo, secondo cui

il rimedio della revoca della clausola di provvisoria esecuzione

del decreto ingiuntivo opposto non è espressamente previsto dal

legislatore, il quale, peraltro, si è invece preoccupato di regola mentare le diverse ipotesi di concessione da parte del giudice istruttore della provvisoria esecuzione non concessa dal presi dente e quella di sospensione per gravi motivi della provvisoria esecuzione viceversa concessa. D'altra parte, prevedendo espres samente l'art. 649 c.p.c. la sospensione per «gravi motivi», non

sussiste ragione alcuna affinché in tale ultimo concetto non pos sano essere ricompresi non soltanto motivi di opportunità rife

riti soprattutto al pericolo di danno che possa derivare all'op

ponente dall'esecuzione del decreto, ma, altresì', motivi afferen

ti alla legittimità della concessione del decreto o della provvisoria esecuzione dello stesso. Tale interpretazione del dato normativo

di cui all'art. 649 c.p.c. è stata autorevolmente affermata tanto dalla Suprema corte (Cass. 3 maggio 1991, n. 4866, id., Rep.

1991, voce Esecuzione forzata in genere, n. 56) quanto da nu

merose pronunce di merito (Pret. Milano, ord. 17 giugno 1985, id., Rep. 1985, voce Ingiunzione, n. 20, Trib. Crema, ord 3

luglio 1981, id., Rep. 1983, voce cit., n. 44; Trib. Perugia, ord.

14 novembre 1952, id., 1953, 114), le quali hanno — ad avviso di questo giudice istruttore — più correttamente posto in risalto

la peculiare funzione della valutazione, che il giudice deve com

piere in corso di causa ai sensi degli art. 648 e 649 c.p.c., e

che non può consistere in una sorta di appello o reclamo avver

so la decisione presidenziale.

Pertanto, questo giudice istruttore — in conformità a quanto affermato da altre recenti decisioni di merito (cfr., soprattutto, Trib. Firenze, ord. 12 ottobre 1993, giud. istr. Puliga, inedita, ma ampiamente richiamata in Foro it., 1994,1, 1225, nota a Trib.

Vercelli, ord. 17 marzo 1993) — ritiene che i «gravi motivi», che consentono la sospensione dell'esecuzione provvisoria del

decreto, non indicano un presupposto di contenuto identico al

pericolo di grave danno per il debitore, previsto da altre dispo sizioni normative del codice di rito (cfr., ad esempio, art. 431, 3° comma), ma consentono una valutazione delle eccezioni sol

lare, Cass. 3 maggio 1991, n. 4866, id., Rep. 1991, voce Esecuzione forzata in genere, n. 56; Pret. Milano, ord. 17 giugno 1985, id., Rep. 1985, voce Ingiunzione, n. 20; Trib. Crema, ord. 3 luglio 1981, id., Rep. 1983, voce cit., n. 44; Cass. 25 ottobre 1974, n. 3130, id., Rep. 1974, voce cit., n. 58; Trib. Perugia, ord. 14 novembre 1952, id., 1953, I, 114.

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