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sentenza 15 gennaio 1985; Giud. Cea; Buonfiglio (Avv. Follieri) c. Fattibene (Avv. Caso)

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sentenza 15 gennaio 1985; Giud. Cea; Buonfiglio (Avv. Follieri) c. Fattibene (Avv. Caso) Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 4 (APRILE 1985), pp. 1243/1244-1245/1246 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23178450 . Accessed: 28/06/2014 09:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.46 on Sat, 28 Jun 2014 09:52:08 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 15 gennaio 1985; Giud. Cea; Buonfiglio (Avv. Follieri) c. Fattibene (Avv. Caso)Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 4 (APRILE 1985), pp. 1243/1244-1245/1246Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178450 .

Accessed: 28/06/2014 09:52

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1243 PARTE PRIMA 1244

Non potrà invece essere considerato fondamentale un principio che, pur essendo previsto dalia legge, assuma scarsa importanza nell'economia complessiva dal contratto (ad es. il trattamento

retributivo delle festività infrasettimanali). Non può, per conver

so, escludersi che un principio di origine contrattuale assurga a

tale importanza, nella regolamentazione complessiva del rapporto, da acquisire la natura in questione: si pensi, nel settore in

esame, alla disciplina dei riposi compensativi (che peraltro, alme

no per quanto attiene al recupero delle ferie e dei riposi settimanali non goduti, è espressione di principi costituzionali) e

al rilievo che assume per l'impossibilità di fruire dei riposi nel

corso della navigazione.

Individuati — pur con inevitabile approssimazione — questi

principi, non può ritenersi che il contratto collettivo Texpan per oomuni e quello per stato maggiore e sottoufficiali contenga clausole contrastanti con essi. Tutti i principi fondamentali ricor

dati, sia pure com forme e contenuti diversi, sono garantiti dai

ricordati contratti Texpan del 1° luglio 1981: ferie retribuite,

riposo settimanale, maggiorazione per lavoro straordinario, ecc.

Un discorso più approfondito va fatto in relazione alle indenni

tà di fine rapporto richieste dai ricorrenti. Intanto occorre rileva

re che entrambi i contratti ricordati prevedono un'indennità « di

separazione » (per stato maggiore e sottufficiali) e un'indennità « di

licenziamento » (per comuni) che non ■ viene corrisposta se lo

sbarco avviene per colpa del marittimo o per dimissioni volontarie.

L'indennità di preavviso e quella di anzianità sono poi previste dai contratti ma il loro importo è esplicitamente conglobato nella paga giornaliera (art. IV).

Orbene, la necessità di garantire la salvaguardia di un principio fondamentale non può, ovviamente, portare alla affermazione

della necessità che il principio venga garantito con le stesse

modalità. Insomma non si può certo ritenere che costituisca

principio fondamentale non solo la previsione delle indennità di

preavviso e di anzianità ma anche il divieto di conglobamento nella retribuzione: principio che, oltre tutto, è discusso esista nel

nostro ordinamento (soprattutto per l'indennità di preavviso) allorché il conglobamento sia previsto esplicitamente dal contratto

individuale e collettivo.

Diverse considerazioni vanno invece fatte in relazione a due

diverse indennità di cui i ricorrenti chiedono il riconoscimento: il

« soprassoldo per servizio su navi cisterna » e il « soprassoldo per

prolungata navigazione all'estero ». A parte il rilievo che, trattan

dosi di armatore straniero che, a quanto consta, esercita esclusi

vamente l'attività di trasporto marittimo di prodotti petroliferi

per la compagnia petrolifera Texaco, riesce difficile configurare

(almeno per quanto riguarda il soprassoldo « estero ») un auto

nomo obbligo retributivo per una modalità della prestazione che

inerisce alla natura stessa di tutta l'attività svolta, si osserva

come questi « principi » (ammesso che tali possano essere consi

derati) ben poco hanno di fondamentale ma sono piuttosto

espressione della tipica tendenza, espressa dalle parti sociali nel

nostro paese, a frantumare la retribuzione in una miriade di voci

retributive, indennità, soprassoldi, ecc. (basti pensare che sono

stati necessari 33 anni dalla fine della guerra e un vasto conten

zioso giudiziario per eliminare dai contratti collettivi dei maritti

mi l'indennità « rischio mine »).

In relazione a queste voci retributive, che non sono espressione di principi fondamentali ma solo di particolari metodiche contrat

tuali per la determinazione della retribuzione la valutazione non

può che essere globale, in relazione all'intero trattamento retributi

vo, per valutare il rispetto del principio — questo si fondamentale — della proporzionalità e sufficienza della retribuzione secondo il

parametro dell'art. 36 Cost.

Se è più oneroso, per il marittimo, prestare la propria attività

su navii cisterna e all'estero ciò che rileva non è la circostanza

che egli percepisca due diverse indennità per queste modalità

della prestazione ma che la sua retribuzione, globalmente consi

derata, sia adeguata anche in relazione a queste modalità.

Questa verifica è, nella specie, necessaria anche perché la

valutazione comparativa dei contratti Texpan e di quelli collettivi

nazionali va fatta anche in relazione ad un obbligo di origine contrattuale incombente sull'armatore. L'art. 1 dei due contratti

Texpan prevede infatti esplicitamente che: « La società rivedrà

periodicamente i compensi e le condizioni di lavoro degli ufficiali

e sottoufficiali (o comuni). Alle condizioni d'impiego della Texaco

Panama Inc. verranno apportate, nel limite del possibile, le

variazioni atte a mantenerle paragonabili con quelle applicate ai

marittimi della stessa nazionalità, arruolati con lo stesso grado o

qualifica, ai quali il presente contratto si riferisce ».

La Texaco Panama Inc. ha quindi assunto un obbligo contrat

tuale di mantenere « paragonabili » le condizioni d'impiego dei

marittimi con quelle nazionali. Condizioni d'impiego è certamente

concetto più vasto di condizioni retributive ma, trattandosi, anche

in questo caso, di una valutazione globale, non può non tenersi

innanzitutto conto che i contratti Texpan prevedono (per i

comuni solo dopo due annii) una forma di « disponibilità retribui

ta » in Italia garantita soltanto ai marittimi in continuità di

rapporto. Ma anche sotto l'aspetto più strettamente retributivo la

valutazione comparativa si risolve a netto vantaggio dei contratti

Texpan. Dai prospetti riepilogativi prodotti dalle parti emerge infatti

che, a seconda delle qualifiche e della anzianità, i marittimi

imbarcati sulle navi della Texaco hanno percepito, negli ultimi

due anni del rapporto, retribuzioni che, rispetto a quelle previste dai c.c.n.l. vigenti in Italia, sono superiori da un minimo di lire 114.000 ad un massimo di lire 358.000 mensili. Lo stesso prospet to redatto dai ricorrenti giunge ad un risultato diverso solo

perché non prende in considerazione il compenso per ferie

retribuite; compenso che influisce in modo sensibile sulla retribu zione complessiva perché molto elevato è il numero di giorni di ferie cui, a seconda delle qualifiche, ha diritto il marittimo (da un minimo di 13,5 ad un massimo di 16,5 giorni per ogni 30

giorni di servizio). Se si considera poi che « paragonabili » secondo il criterio

indicato dall'art. I non è concetto coincidente con quelli di

uguale o superiore essendo sufficiente che tra i diversi trattamenti non esistano differenze rilevanti, si può tranquillamente affermare che il trattamento di cui hanno goduto i ricorrenti, migliorativo rispetto a quello invocato, non contrasta con l'obbligo contrat tualmente assunto.

In conclusione la domanda non solo sotto il profilo legale ma anche sotto quello contrattuale non è fondata e deve, di conse

guenza, essere respinta. (Omissis)

PRETURA DI FOGGIA; sentenza 15 gennaio 1985; Giud. Cea;

Buonfiglio (Avv. Follieri) c. Fattibene (Avv. Caso).

PRETURA DI FOGGIA;

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso non abitativo — Esercizio di autoscuola — Diritto all'indennità di avviamento — Sussistenza (L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 35).

Il conduttore titolare di autoscuola ubicata nell'immobile loca to ha diritto a percepire l'indennità di avviamento, non poten dosi qualificare professionale l'esercizio di tale attività. (1)

Motivi della decisione. — Sulla scia di un indirizzo affermatosi nella giurisprudenza di merito (cfr. Pret. Cesena 21 maggio 1982, Foro it., Rep. 1983, voce Locazione, n. 983 e Trib. Forlì 4 novembre 1982, ibid., n. 220), la locaitrioe ha sostenuto l'insussi stenza del diritto del conduttore, titolare di un'autoscuola ubicata nell'immobile locato, a percepire l'indennità de qua.

Secondo tale tesi l'attività in questione, « per il carattere

preminente che assumono nell'orientamento della clientela la capa cità didattica e le facoltà intellettuali e conoscitive del personale docente, fra i quali il titolare ha posizione preminente » è da

qualificarsi di lavoro professionale e, pertanto, è da annoverarsi tra quelle escluse, ex art. 35 1. 392/78, dal diritto all'indennità di avviamento (cosi Trib. Forlì cit.).

L'assunto non sembra condivisibile. Nel tipizzare i casi di esclusione dal diritto all'indennità di avviamento il legislatore ha fatto riferimento, tra gli altri, alile attività professionali (art. 35 1.

392/78).

(1) Contra, Pret. Cesena 21 maggio 19S2, Foro it., Rep. 1983, voce Locazione, n. 983; Trib. Forlì 4 novembre 1982, ibid., n. 220; entrambe le decisioni, che si riferiscono alla medesima vicenda proces suale, sono riportate pèr esteso in Arch, loc., 1982, 707.

Cass. 12 novembre 1981, n. 5983, ha qualificato l'autoscuola azienda commerciale ai fini dell'applicabilità dell'art. 5 1. 19/63 (Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 215, e in Giust. civ., 1982, I, 1307, con nota adesiva di P. Gaggero).

In dottrina, v. inoltre in generale sull'individuazione dei criteri discretivi tra attività commerciali e quelle professionali, M. Buoncri stiano, in Equo canone, 1980, sub art. 34-35, spec. 391 ss.; e v. anche A. Jannarelli, ibid., sub art. 27, 2375.

Il Foro Italiano — 1985.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La ratio di tale previsione è di immediata comprensione: infatti, se l'avviamento viene inteso quale elemento che accede

oggettivamente ad un immobile nel quale venga esercitata un'atti vità commerciale, è evidente che l'indennità di cui all'art. 34 non è dovuta ogni qualcolta lo stesso avviamento non inerisce agli elementi oggettivi dell'azienda, ma al contrario è conseguenza diretta dell'elemento soggettivo imprenditoriale, indipendentemente dalla sede nella quale l'attività è esercitata (come indubbiamente avviene nei casi di esercizi di attività professionali).

Peraltro, se l'astratta enucleazione dei principi sottesi alla

disciplina dettata in subiecta materia non presenta difficoltà

insormontabili, problematica a volte si rivela l'applicazione degli stessi in alcune concrete fattispecie, in cui non è agevole indivi duare ictu oculi la natura dell'attività esercitata nell'immobile locato.

Probabilmente tali difficoltà, ravvisabili anche nel caso in

esame, hanno indotto in equivoco i giudici romagnoli, portandoli a privilegiare, nella ipotesi di autoscuola, la capacità didattica e le facoltà intellettuali e conoscitive del personale docente quali elementi decisivi nell'orientamento della clientela e ad attribuire, di conseguenza, natura professionale all'attività de qua.

Una più attenta ricognizione del fenomeno in esame, ad avviso del giudicante, conduce a risultati opposti.

Invero, come non ha mancato puntualmente di rilevare la

Suprema corte (sent. 12 novembre 1981, n. 5983, id., Rep. 1982, voce cit., n. 215, cui adde, sia pure implicitamente, Cons. Stato, sez. VI, 15 ottobre 1968, n. 504, id., Rep. 1968, voce Circolazione

stradale, n. 362), l'attività didattica impartita nell'autoscuola si

accompagna con carattere di inscindibilità alla somministrazione di taluni servizi ed all'espletamento di varie incombenze (quali la richiesta del c.d. « foglio rosa » per il discente, l'organizzazione delle visite mediche, il noleggio dei veicoli specificamente attrez

zati, l'organizzazione per l'espletamento degli esami, i contatti con i pubblici ufficiali per il rilascio dell'autorizzazione finale) che di per sé integrano un'attività aziendale.

A fronte di un fenomeno di tal fatta, evidentemente non attentamente considerato dai fattori della tesi che qui si avver

sa, dovrà convenirsi che l'attività del professionista — nella

specie i docenti — cede di fronte all'assoluta prevalenza del

momento organizzativo: ciò sta a significare che non è l'elemento fiduciario (che invece riveste carattere secondario) ad orientare

l'utente nella scelta dell'autoscuola, bensì l'organizzazione (spes sissimo molto complessa) finalizzata alla produzione di un servi zio in cambio di un compenso.

Tali considerazioni inducono, pertanto, a qualificare commercia

le l'attività di esercizio di autoscuola e ritenuto sussistente l'ulteriore requisito previsto dall'art. 35 — il contatto col pubbli co degli utenti — (dello stesso avviso sono anche i sostenitori

della tesi avversa), ad affermare il diritto del conduttore a

percepire l'indennità de qua. (Omissis)

PRETURA DI VERONA; sentenza 7 dicembre 1984; Giud.

D'Ascola; Bolla e Polenghi (Aw. Gaspari) c. Carbognin (Avv.

Borelli).

PRETURA DI VERONA;

Locazione — Autorimessa — Vendita a terzi — Richiesta di

rilascio — Inammissibilità — Fattispecie (Cod. civ., art. 1602).

L'autonoma alienazione dell'autorimessa precedentemente con

cessa in locazione unitamente all'appartamento (pur poten do integrare cessazione del vincolo pertinenziale) non facoltizza

l'acquirente a chiederne il rilascio prima della scadenza del

contratto ai sensi della l. 392/78. (1)

(1) La sentenza fa leva sul principio emptio non tollit locatum (su cui v. da ultimo Trifone, in Trattato di diritto privato, diretto da

Rescigno, Torino, 1984, li, 521 ss.), per concludere che l'interruzione

del vincolo pertinenziale tra appartamento ed autorimessa (mediante vendita a terzi di quest'ultima) non vale a sottrarre il bene accessorio

al regime precedentemente impressogli dal contratto con cui i due beni

venivano unitamente concessi in locazione, con l'ovvia conseguenza di

non essere opponibile al conduttore. Nello stesso senso, Pret. Portici 8 giugno 1982, Foro it., Rep. 1983,

voce Locazione, n. 160; Pret. Gallarate 4 marzo 1980, id., Rep. 1981,

Motivi della decisione. — Il contratto di locazione, dimesso in

atti, venne stipulato con decorrenza 1° febbraio 1979-31 gennaio 1983; in mancanza di tempestiva disdetta esso si è rinnovato per un ulteriore quadriennio ed avrà scadenza il 31 gennaio 1987.

Parte attrice allegando l'esistenza iniziale di un rapporto perti nenziale tra la cosa principale locata (l'appartamento) e la se condaria (l'autorimessa) sostiene che tale rapporto è venuto meno con l'alienazione dell'autorimessa e ne desume che si sarebbe scissa la sorte dei rapporti di locazione, con l'attrazione di quello relativo al proprio immobile in una diversa regolamentazione giuridica, dettata dal codice civile e dagli usi.

Controparte oppone che in virtù della 1. 392/78 esisterebbe tra

appartamento e garage un vincolo di accessorietà legale (e non di

pertinenza), che permarrebbe nonostante l'eliminazione di uno dei due beni, sia per l'intrinseco legame tra gli stessi — destinati ad assolvere in senso lato una funzione abitativa — sia per l'oppo niibilità del contratto al terzo acquirente. Orbene, pur volendo aderire alla tesi che scorge un nesso di pertinenzialità tra i due immobili (Cass. 5859/83, Foro it., 1984, I, 2571, e 1528/84, id., Mass., 297) ritiene questo giudice che non possano ricavarsene le

conseguenze invocate da parte istante. Vero è, ed è stato più volte affermato (Cass. 15 gennaio 1981, n. 357, id., Rep. 1981, voce Pertinenze, n. 1; 17 marzo 1981, n. 1556, ibid., n. 2; 27 febbraio 1976, n. 654, id., Rep. 1976, voce cit., n. 6), che per l'esistenza del vincolo di pertinenzialità è indispensabile la sussi stenza dell'elemento soggettivo, che può essere impresso solo da chi sia proprietario di entrambe le cose, ma il rilievo è in sufficiente a far si che con l'acquisto da parte di un terzo cessino automaticamente gli effetti del contratto di locazione per quanto attiene al bene accessorio.

Osta a tale assunto il disposto dell'art. 1602 c.c., a tenore del

quale « il terzo acquirente tenuto a rispettare la locazione suben

tra, dal giorno del suo acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione ». A monte di tale norma si ha una successione ope legis nel contratto, di guisa che lo stesso

prosegue con l'acquirente, realizzandosi soltanto la sostituzione di uno dei soggetti del rapporto obbligatorio.

Esaminando i non pochi problemi connessi al dettato normati

vo, la Suprema corte ha ritenuto che la successione del terzo

acquirente nella titolarità del rapporto di locazione lascia inalte rate la destinazione e correlativa disciplina giuridica assegnata alla res locata dall'originario contratto di locazione (Cass. 26

aprile 1957, n. 1403, id., Rep. 1957, voce Locazione, n. 39). Detto principio pare debba essere recepito per la soluzione

della presente controversia. Pur non negandosi infatti lo sciogli mento del rapporto pertinenziale, non si può non cogliere che un limite al pieno operare di tale scissione è dato dal rapporto di locazione relativo a quel bene, rapporto che ha una durata

minima, fissata ex lege, a chiara tutela del conduttore c.d. contraente debole, che non può essere ridotta se non per fatto e

volontà di questi. Si è infatti autorevolmente rilevato che la possibilità di deroga

re alla norma contenuta nell'art. 1602 c.c. è limitata ai soli

rapporti fra alienante ed acquirente e non si estende, in base al

principio che vieta il contratto in danno di terzo, anche ai

rapporti correnti fra costoro e il conduttore perché, altrimenti, il

locatore potrebbe eludere i suoi obblighi verso quest'ultimo facendo subentrare un terzo nella sua posizione e pattuendo con lui l'esonero dell'osservanza della norma citata (Cass. 5 luglio 1976, n. 2496, id., 1976, I, 2836).

voce cit., n. 132; Pret. Napoli 7 maggio 1979, id., Rep. 1979, voce Pertinenze, n. 8; in dottrina, Ferrone, La locazione di autorimessa

dopo la legge sull'equo canone, in Giust. civ., 1983, I, 310 s.; e Grasselli, Locazione di autorimessa, id., 1984, I, 1198 s.

Sulla vexata quaestio intorno alle condizioni necessarie perché la locazione di un'autorimessa venga attratta nella disciplina (prevista dalla 1. 392/78) relativa all'appartamento, v. Cass. 8 ottobre 1983, n. 5859 e Trib. Vicenza 24 febbraio 1984, Foro it., 1984, I, 2571, con nota di richiami, cui adde Cass. 5 marzo 1984, n. 1528, id., Mass., 297.

Sull'inerenza dell'area di parcheggio all'appartamento venduto, cfr. Cass. 17 dicembre 1984, n. 6602, id., 1985, I, 710, con nota di N. Matas sa, Circolazione « vincolata » delle aree di parcheggio: la tormentata lo

gica di un (inutile) avallo giurisprudenziale, e si dà conto dell'art.

26, ult. comma, 1. 28 febbraio 1985 n. 47, secondo cui: « gli spazi di cui all'art. 18 1. 6 agosto 1967 n. 765 costituiscono pertinenze delle costruzio

ni, ai sensi e per gli effetti degli art. 817, 818 e 819 c.c.».

Il Foro Italiano — 1985 — Parte I

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