sentenza 15 luglio 1980, n. 606; Pres. Lo Jacono, Est. Giaccardi; Parrocchia SS. Giovanni e Roccodi Chivasso (Avv. Manni) c. Comune di ChivassoSource: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 9 (SETTEMBRE 1981), pp. 523/524-533/534Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23173080 .
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PARTE TERZA
interpretata alla luce dei principi costituzionali nel senso chiarito — garantisce pari tutela al diritto di ciascuno di utilizzare i mezzi
di diffusione via etere in ambito locale.
Tale parziale illegittimità del d. m. 3 dicembre 1976 determina, di riflesso, l'illegittimità del provvedimento in data 18 settembre
1980 del circolo costruzioni telegrafiche e telefoniche di Firenze,
per carenza del presupposto normativo legittimante, non esistendo — dopo la richiamata decisione n. 202/1976 — alcuna altra
norma che consenta all'amministrazione il concreto esercizio del
potere sanzionatorio allo scopo di impedire a privati l'esercizio
del diritto di radio e telediffusione in ambito locale; e ciò
neppure se tale esercizio possa provocare interferenze con i
programmi del servizio pubblico nazionale.
4. - In particolare, non valgono a sostenere la legittimità del
provvedimento impugnato gli art. 240 e 402 d. pres. 29 marzo
1973, richiamati nella motivazione del provvedimento stesso.
Infatti, la norma contenuta nell'art. 240, che stabilisce il divieto
di « arrecare disturbi e causare interferenze alle telecomunicazio
ni ed alle opere ad esse inerenti » è preordinata esclusivamente
alla repressione delle attività illecite che arrechino turbative al
sistema postale, telefonico e telegrafico. Essa non può, pertanto, essere invocata a fondamento del potere sanzionatorio, per lo
scopo, nella specie, perseguito.
Ciò non solo perché la norma in esame deve essere letta alla
luce dei principi costituzionali come interpretati dalla corte che
non ammettono la facoltà dell'amministrazione di adottare prov vedimenti repressivi di diritti di libertà garantiti, svincolati da
precisi parametri normativi, ma anche perché il potere di sanzio
nare la gestione di impianti televisivi privati causanti interferenze
alle trasmissioni della R.a.i. trovava il suo fondamento in altre
norme, contenute nello stesso d. pres. n. 156/1973, che sono state
oggi caducate o ridotte a un più ristretto ambito applicativo.
Il suddetto potere sanzionatorio non necessitava, infatti, allo
stato della normativa vigente prima della pubblicazione della
sentenza n. 202/1976, di una specifica previsione, rientrando in
quello più ampio attribuito all'autorità ministeriale dall'art. 195,
ult. comma, d. pres. 156/1973, allo scopo di reprimere l'uso di
mezzi di diffusione sonora o televisiva senza la prescritta conces
sione — allora necessaria per le diffusioni via cavo — e dall'art.
402 dello stesso d. pres. n. 156, inteso a vietare l'uso di tali mezzi
di diffusione con potenze o su frequenze diverse da quelle
consentite dagli atti di concessione e dalla normativa vigente. Di
tali norme, come è noto, l'art. 195, già dichiarato costituzional
mente illegittimo con la sentenza n. 225 del 1974 della Corte
costituzionale, è stato nuovamente annullato per incostituzionalità — nel testo modificato dall'art. 45 legge 14 aprile 1975 n. 103 —
dalla sentenza n. 202/1976, nella parte che qui interessa, relativa
alle diffusioni in ambito locale. È rimasto in vigore l'art. 402,
richiamato — in effetti — a sostegno del provvedimento impugna
to, nel presupposto che le interferenze ai programmi della R.a.i.
derivassero, nella specie, dall'uso di una frequenza non consentita,
perché impegnata in sede locale dalla stessa R.a.i.
Peraltro, non essendo oggi più necessario alcun provvedimento di concessione per l'uso dei mezzi di diffusione via etere in
ambito locale, né esistendo più alcuna riserva normativa — per le
emissioni limitate a tale ambito — in favore della R.a.i., la liceità
dell'uso di tali mezzi su determinate frequenze locali di emissione
deve essere valutata esclusivamente alla stregua delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di generale distribuzione
delle bande di frequenza in relazione al tipo di utilizzazione a cui
sono destinate.
Interessano, a tal fine, le norme contenute nel d. m. 3 dicembre
1976 — adottato ai sensi dell'art. 183 codice postale e del
regolamento delle radiocomunicazioni di Ginevra del 1959 —
fermo restando che la rilevata parziale illegittimità della nota n.
44 di tale decreto, nei limiti che si sono chiariti, comporta, di
conseguenza, che tutte le bande di frequenza da esso assegnate alla radiodiffusione possono essere utilizzate, in sede locale, dalle
emittenti private come dalla R.a.i.
Ciò posto, il provvedimento impugnato si appalesa illegittimo anche sotto il profilo della violazione dell'art. 402 da esso richia
mato, atteso che il canale 54 — MHZ 735,25/740,75 —
è assegnato alla radiodiffusione dal d. m. 3 dicembre 1976 e, pertan
to, l'utilizzazione di tale frequenza da parte della ricorrente non
era sanzionabile ai sensi della suddetta norma di legge.
5. - Anche il secondo motivo è fondato, sotto il profilo dell'eccesso di potere per difetto di adeguata istruttoria e insuffi
cienza della motivazione. Infatti, anche a voler ritenere conforme
alla legge il potere dell'amministrazione di vietare l'esercizio di
impianti televisivi che provochino, in sede locale, interferenze alle
trasmissioni della R.a.i., sarebbe — comunque — condizione
necessaria per l'adozione dei provvedimenti repressivi una previa
accurata istruttoria da parte della stessa amministrazione, onde
accertare l'esistenza, le effettive dimensioni e le cause tecniche
delle interferenze lamentate. Né l'autorità amministrativa potrebbe adottare i suddetti provvedimenti sulla base della sola denuncia
della società concessionaria, ovvero demandare agli uffici tecnici di quest'ultima l'effettuazione dei necessari accertamenti istruttori.
Nella specie, non solo non risulta che l'amministrazione abbia
compiuto tali congrui accertamenti a mezzo dei propri uffici, per verificare l'effettiva consistenza e le cause delle turbative lamenta te dalla R.a.i. (negate, peraltro, dalla ricorrente che ha prodotto ampia documentazione tecnica a sostegno delle proprie deduzio
ni), ma — anzi — la motivazione del provvedimento appare notevolmente vaga e carente sotto tale profilo, limitandosi ad
accennare all'esistenza delle interferenze in questione senza forni re specifiche precisazioni al riguardo.
La carenza di un'adeguata istruttoria e l'incertezza della stessa
amministrazione, quantomeno circa le effettive dimensioni e le
cause tecniche — non autonomamente verificate — delle suddette
interferenze, è poi ulteriormente dimostrata dal fatto che, sia
prima (con lettera in data 16 aprile 1980) che poco dopo (con nota in data 8 ottobre 1980) l'emanazione del provvedimento, la
stessa amministrazione ha chiesto alla R.a.i. di accertarne l'esi
stenza e le cause, rimettendosi in sostanza ai chiarimenti forniti da quest'ultima.
Il provvedimento impugnato non può — pertanto — sottrarsi alle censure di eccesso di potere per mancanza di un'adeguata istruttoria e insufficienza della motivazione.
6. - I restanti motivi — terzo e quinto — indirizzati, solo « per quanto possa occorrere » contro il d. m. 3 dicembre 1976
nella sua interezza e contro il provvedimento in data 19 ottobre
1978 del ministero delle poste e telecomunicazioni, approvativo del piano tecnico della terza rete televisiva, nonché gli atti
connessi con cui è stato consentito alla R.a.i. di utilizzare per le relative trasmissioni il canale 54, irradiando in Toscana dal
ripetitore di Monte Nerone, restano assorbiti.
Al riguardo, giova chiarire che tali ultimi provvedimenti sono
privi di carattere lesivo per la ricorrente, perché la loro efficacia diretta si esplica unicamente nei rapporti tra amministrazione
concedente e società concessionaria (R.a.i.), senza alcun effetto ablatorio secondario nei confronti dei diritti dei terzi, che restano,
pertanto, impregiudicati. Del resto, essendo venuta a cessare del tutto, per le diffusioni
via etere in sede locale, la posizione di monopolio dello Stato, l'autorizzazione alla R.a.i. di utilizzare una determinata frequenza di emissione non può costituire ex se valido presupposto per l'a dozione di provvedimenti sanzionatoli nei confronti di emittenti
private che; si trovino a utilizzare, in ambito locale, la stessa
frequenza o frequenze immediatamente contigue.
7. - Per le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere
accolto, con conseguente annullamento del provvedimento in data
18 settembre 1980 del circolo costruzioni telegrafiche e telefoniche di Firenze e del d. m. 3 dicembre 1976 — nota n. 44 — nella sola
parte in cui si vieta alle emittenti private locali ogni utilizzazione delle bande di frequenza destinate alla radiotelediffusione, che
possa provocare interferenze, anche solo in sede locale, con le
trasmissioni del servizio pubblico nazionale. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
I
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE
MONTE; sentenza 15 luglio 1980, n. 606; Pres. Lo Jacono, Est.
Giaccardi; Parrocchia SS. Giovanni e Rocco di Chivasso (Avv. Manni) c. Comune di Chivasso.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE MONTE; sentenza 15 luglio 1980, n. 606; Pres. Lo Jacono, Est.
Giustizia amministrativa — Contributo di urbanizzazione —
Azione di ripetizione — Giurisdizione esclusiva (Legge 28 gen naio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei suoli, art. 16).
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Edilizia e urbanistica — Concessione di costruzione — Boccio dromo coperto — Contributo di urbanizzazione — Illegittimità (Legge 28 gennaio 1977 n. 10, art. 3, 9).
È esperibile davanti al giudice amministrativo in sede di giurisdi zione esclusiva, da parte di chi ha ottenuto una concessione di
costruzione, l'azione di ripetizione dell'indebito in relazione al
già effettuato pagamento del contributo per le spese di urbaniz zazione determinato da tale concessione, anche se egli non abbia tempestivamente impugnato la concessione (nella spe cie, il ricorrente aveva impugnato il rifiuto opposto dal l'amministrazione alla domanda di restituzione del contributo
versato, che egli aveva previamente formulato con procedura che la sentenza ha considerato superflua). (1)
È indebito il pagamento da parte di una parrocchia del contribu to per spese di urbanizzazione per la costruzione di un boc ciodromo coperto, perché questo costituisce un'attrezzatura di interesse generale che, nel caso, è costruita da un ente istitu zionalmente competente. (2)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA
TOSCANA; sentenza 20 giugno 1980, n. 380; Pres. V. Caianiel
lo, Est. Biagi; Soc. immob. Fontelucente (Avv. Colombo) c. Co
mune di Firenze (Avv. Visciola).
Giustizia amministrativa — Contributo di urbanizzazione —
Ricorso — Giurisdizione esclusiva — Prescrizione (Legge 28
gennaio 1977 n. 10, art. 16).
Giustizia amministrativa — Contributo di urbanizzazione —
Ricorso — Ritiro della concessione e pagamento — Acquie scenza — Esclusione.
Edilizia e urbanistica — Concessione di costruzione — Ristruttu
razione totale — Contributo di urbanizzazione — Mancata con siderazione del carico urbanistico preesistente — Illegittimità
(Legge 28 gennaio 1977 n. 10, art. 3, 5, 12).
È ammissibile il ricorso al giudice amministrativo in sede di
giurisdizione esclusiva contro il provvedimento di liquidazione del contributo per le spese di urbanizzazione che sia lesivo di
un diritto soggettivo perfetto, proposto entro il termine di
prescrizione, anche se oltre il termine di decadenza. (3)
(1, 3) T.A.R. Umbria 21 aprile 1978, n. 158, Foro it., 1979, III, 559, con nota di richiami, aveva già affermato la giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso col quale il richiedente una concessione edilizia chiede l'accertamento della insussistenza del diritto dell'ammi nistrazione a pretendere il versamento del contributo afferente ai costi di urbanizzazione; e, soprattutto, Cass. 25 luglio 1980, n. 4831, id., 1981, I, 443, con nota di richiami, ha affermato che rientrano nella
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie con cernenti la determinazione del contributo richiesto per il rilascio della concessione edilizia, secondo le norme della legge 28 gennaio 1977 n.
10; del resto, già in base all'art. 31 legge 17 agosto 1942 n. 1150, nel testo modificato dall'art. 10 legge 6 agosto 1967 n. 765, la stessa
Cassazione, con sentenza 10 luglio 1980, n. 4429, id., Rep. 1980, voce Edilizia e urbanistica, n. 566, ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie relative alla pretesa dell'amministra zione di assoggettare la licenza edilizia al pagamento di una somma corrispondente ai costi delle opere di urbanizzazione, ivi compresa l'opposizione all'ingiunzione di pagamento ex art. 10 r. d. 14 aprile 1910 n. 639.
La qualificazione come esclusiva della giurisdizione che al giudice amministrativo è stata attribuita in materia, apre la strada all'utilizza zione nei suoi confronti dei noti principi elaborati dalla giurispruden za, soprattutto in materia di pubblico impiego, a proposito della
applicabilità del termine di prescrizione considerata nella massima n. 3, e quindi della non necessità dell'impugnazione di un provvedimento considerata nella massima n. 1.
Per il principio secondo il quale il ricorrente a tutela di un diritto in materia di pubblico impiego deve osservare il termine di decadenza
solo quando impugna un provvedimento autoritativo che incide sulla
sua pretesa, ma non anche quando agisce in base ad un diritto
derivante direttamente dalla legge, che può essere fatto valere entro il
termine di prescrizione, v. la nota di richiami a Ad. plen. 26 ottobre
1979, n. 25, che ha applicato il principio stesso anche a diritti non
patrimoniali, id., 1980, III, 44, ai quali adde Cons. Stato, Sez. V, 3
aprile 1981, n. 117, Cons. Stato, 1981, I, 407; Corte conti, Sez. riun., 30 marzo 1981, n. 139, Settimana giur., 1981, IV, 195, in relazione a
ricorso di dipendente dalla Corte dei conti stessa; Cons. Stato, Sez.
VI, 24 ottobre 1980, n. 993, Cons. Stato, 1980, I, 1429; Sez. IV 8
luglio 1980, n. 747, Foro it., Rep. 1980, voce Giustizia amministrativa, n. 450; T.A.R. Calabria, Sez. Reggio Calabria, 31 luglio 1980, n. 132,
Non è inamtnissibile per acquiescenza il ricorso contro il provve dimento di liquidazione del contributo per le spese di urbaniz
zazione, anche se il concessionario abbia ritirato la concessione di costruzione, e abbia iniziato, o anche completato, il paga mento delle singole rate del contributo stesso. (4)
Trib. amm. reg., 1980, I, 3718, che ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, in relazione all'art. 3 Cost., dell'art. 21 legge 6 dicembre 1971 n. 1034, istitutiva dei tribunali
amministrativi regionali, in quanto subordina al termine di decadenza il ricorso contro i provvedimenti autoritativi incidenti su rapporti di
pubblico impiego; T.A.R. Toscana 28 settembre 1978, n. 519, Foro it.,
Rep. 1979, voce cit., n. 446; Cons. Stato, Sez. VI, 13 luglio 1979, n.
54, ibid., n. 447; Cons, giust. amm. sic. 8 febbraio e 4 aprile 1979, nn.
29 e 47, ibid., nn. 449, 448; Cons. Stato, Sez. VI, 17 novembre 1978, n. 1202, ibid., n. 452; Sez. V 8 giugno 1979, n. 288, ibid., n. 453.
Sempre la giurisprudenza successiva a quella richiamata nella citata nota ha applicato tale principio subordinando al solo termine di
prescrizione il ricorso in materia di diritti alla retribuzione già prefissata dalla legge: Cons. Stato, Sez. VI, 17 novembre 1978, n.
1193, ibid., n. 450; T.A.R. Toscana 28 settembre 1978, n. 519, ibid., n.
451; e, per la stessa ragione, nei confronti della determinazione del trattamento previdenziale, Cons. Stato, Sez. VI, 29 gennaio 1980, n. 120,
id., Rep. 1980, voce cit., n. 546, e nei confronti del provvedimento dell'I.n.a.m. sul riscatto dei servizi dei dipendenti a fini previdenziali; Cons. Stato, Sez. VI, 24 febbraio 1981, n. 84, Cons. Stato, 1981, I, 180, nonché 11 aprile 1980, n. 478, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n.
455, e ciò anche se nella vicenda è intervenuto un atto amministrativo, al quale deve attribuirsi un carattere solo ricognitivo; Cons. Stato, Sez.
IV, 23 novembre 1979, n. 1058, ibid., n. 454. Viceversa, deve essere
applicato il termine di decadenza al ricorso contro i provvedimenti che
determinano lo status del pubblico dipendente e la sua retribuzione:
Cons. Stato, Sez. VI, 28 luglio 1980, n. 755, ibid., voce Impiegato dello
Stato, n. 727; 25 gennaio 1980, n. 72, ibid., voce Giustizia amministra
tiva, n. 467; 14 dicembre 1979, n. 895, ibid., n. 458 (determinazione della decorrenza della nomina in ruolo); 21 dicembre 1979, n. 935, ibid., n. 460; 30 ottobre 1979, n. 769, ibid., n. 464; 20 ottobre 1978, n.
1051, id., Rep. 1979, voce cit., nn. 454, 462; Sez. V 3 novembre 1978, nn. 1082 e 1099, e 29 giugno 1979, n. 448, ibid., nn. 455-457. In
particolare, è sottoposto al termine di decadenza il ricorso contro i
provvedimenti di inquadramento e di attribuzione della qualifica:
Cons. Stato, Sez. VI, 24 ottobre 1980, n. 990, Cons. Stato, 1980, I.
1427; Sez. V 8 febbraio 1980, n. 155, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n.
465; Sez. VI 21 dicembre 1979, n. 937, ibid., n. 466, nonché 20
ottobre 1978 n. 1057, e 5 giugno 1979, n. 499, id., Rep. 1979, voce
cit., nn. 460, 461; inoltre, è stato ritenuto applicabile il termine di
decadenza al ricorso contro i provvedimenti che producono la cessazio
ne del rapporto: Cons. Stato, Sez. VI, 31 ottobre 1978, n. 1126, ibid., n. 459; o che liquidano somme inferiori al dovuto: Sez. V 26 ottobre
1979, n. 629, id., Rep. 1980, voce cit., n. 471; e al ricorso contro gli atti di controllo negativo su provvedimenti incidenti favorevolmente:
Sez. IV 9 dicembre 1980, n. 1162, Cons. Stato, 1980, I, 1655; contro la
deliberazione con la quale l'ente ospedaliero recepisce gli accordi
sindacali: T.A.R. Veneto 21 marzo 1980, n. 98, Trib. amm. reg., 1980,
I, 1725; contro le convenzioni semestrali stipulate dallT.n.a.m. con i
visitatori domiciliari: Cons. Stato, Sez. VI, 23 marzo 1979, n. 177, Foro it., Rep. 1979, voce cit., n. 458.
Per il principio di cui alla prima massima, secondo il quale quando si agisce a tutela di un diritto in materia di giurisdizione amministrati
va esclusiva non è necessario impugnare un provvedimento, che è
implicito nell'orientamento ora richiamato che ammette in tale ipotesi
l'applicazione del termine di prescrizione, v. in particolare T.A.R. Toscana 10 ottobre 1980, n. 864, Trib. amm. reg., 1980, I, 4337; Cons.
Stato, Sez. VI, 27 agosto 1980, n. 769, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n.
464; Sez. V 12 dicembre 1980, n. 966, Cons. Stato, 1980, I, 1688,
nonché 30 settembre 1979, n. 651, Foro it., 1980, III, 514; Sez. IV 9
novembre 1979, n. 967, id., Rep. 1980, voce cit., n. 272; T.A.R.
Piemonte 15 luglio 1980, n. 539, Trib. amm. reg., 1980, I, 3031; T.A.R. Umbria 28 marzo e 9 aprile 1980, nn. 76 e 94, ibid., 1867 e 1884.
Perciò, non è necessario esperire la procedura del silenzio-rifiuto: Cons. Stato, Sez. IV, 1° aprile 1980, n. 329, Foro it., Rep. 1980, voce
cit., n. 772, e Sez. VI 30 settembre 1980, n. 784, ibid., n. 271; T.A.R. Molise 23 settembre 1980, n. 164, Trib. amm. reg., 1980, I, 3962.
Per altri riferimenti sulla applicabilità di principi elaborati dalla
giurisprudenza in materia di contenzioso sul pubblico impiego ad altre materie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, T.A.R. Toscana 27 marzo 1981, n. 157, in questo fascicolo, III, 513, con nota di richiami, che ha affermato il principio di cui alla terza massima nei confronti del ricorso contro il diniego opposto dal comune alla domanda di conversione della licenza di commercio nella autorizzazio ne commerciale.
(2, 5) Per riferimenti sulla seconda massima, T.A.R.1 Lombardia, Sez. Milano, 17 dicembre 1980, n. 1241, Trib. amm. reg., 1981, I, 484, ha
applicato l'art. 9, lett. /), legge 28 gennaio 1977 n. 10, affermando l'esenzione dagli oneri di urbanizzazione alla costruzione di un collegio
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PARTE TERZA
È illegittima la determinazione del contributo per le spese di
urbanizzazione, relativa ad una concessione per la ristruttura
zione totale di un edificio, che non abbia tenuto conto del
carico urbanistico preesistente. (5)
I
Il Tribunale, ecc. — 1. - Il ricorso si indirizza avverso l'atto in
data 20 settembre 1978 con il quale il sindaco di Chivasso, in
risposta ad un'istanza proposta dal parroco odierno ricorrente,
ha negato la restituzione del contributo versato in relazione al
rilascio di concessione edilizia per la realizzazione di un im
pianto a carattere sportivo e ricreativo (bocciodromo coperto).
Preliminarmente all'esame del merito il tribunale reputa necessa
rio deliberare, ex officio, l'ammissibilità del gravame in relazio
ne all'omessa impugnazione, entro il termine di decadenza, del
precedente atto in data 26 maggio 1978 con il quale il sindaco
di Chivasso ha comunicato al richiedente il parere favorevole
espresso dalla commissione edilizia e ha subordinato il rilascio
della concessione al pagamento, entro sessanta giorni, del rela
tivo contributo per spese di urbanizzazione primaria e secondaria,
determinato nella misura di lire 11.418.075.
Ad avviso del collegio tale atto integra gli estremi di un
provvedimento di concessione in sé perfetto, in quanto contiene
l'adesione definitiva e senza riserva da parte del sindaco al parere
favorevole espresso, in linea tecnico-urbanistica, dalla commissione
igienico-edilizia. La riserva formulata in ordine al futuro rilascio
della concessione, subordinatamente al pagamento degli oneri di
urbanizzazione ivi determinati e quantificati, deve a tale stregua
intendersi riferita al mero rilascio del documento formale ricogni
tivo del pirovvedimento concessorio già contenuto nell'atto in
esame: ciò in quanto, nel sistema vigente, il pagamento del
contributo di concessione, ove previsto, non costituisce né un
presupposto per il rilascio della concessione, né un requisito di
efficacia della concessione già rilasciata, ma rappresenta sempli
cemente il contenuto di un'obbligazione estrinseca rispetto al
universitario da parte della Fondazione residenze universitarie interna
zionali. Per altri riferimenti, sulla quinta massima, sul concetto di ristruttu
razione totale di un edificio, T.A.R. Piemonte 26 febbraio 1980, n. 114, che sarà riportata nel prossimo fascicolo.
Per altri riferimenti, sui contributi per oneri di urbanizzazione, T.A.R. Lazio, Sez. Latina, 28 settembre 1979, n. 60, Foro it., 1981, III,
307, con nota di richiami.
Sulla questione di diritto transitorio, relativa alla esenzione temporale da tali oneri, sulla necessità che entro il termine prescritto sia
presentata non una mera istanza, ma una vera e propria domanda di
concessione, debitamente documentata, Cons. Stato, Sez. V, 11 aprile
1980, n. 339, id., Rep. 1980, voce Edilizia e urbanistica, n. 559; sulla
irrilevanza della addebitabilità all'amministrazione del ritardo con il
quale essa provvede, se non sia stata esperita la procedura del silenzio
rifiuto: T.A.R Lazio, Sez. II, 28 gennaio 1981, n. 67, Trib. amm. reg., 1981, I, 396; sull'obbligo di essa di provvedere tempestivamente: T.A.R. Puglia, Sez. Bari, 6 giugno 1979, n. 154, id., 1979, I, 2926; sulla giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di risarcimento
dei danni per il ritardo a provvedere dell'amministrazione: T.A.R.
Molise 14 ottobre 1980, n. 186, id., 1980, I, 4392. Per altri problemi di diritto transitorio, v. T.A.R. Umbria 21 aprile e
27 luglio 1978, nn. 158 e 238, Foro it., 1979, III, 559 e 688, con note
di richiami.
(4) Nel senso che la sottoscrizione per accettazione apposta in calce
alia concessione non comporta acquiescenza alla determinazione degli oneri contributivi, T.A.R. Toscana 24 ottobre 1980, n. 990, Trib. amm.
reg., 1980, I, 4346, che però, nella sentenza 20 maggio 1980, n. 333,
ibid., 2611, aveva affermato che il ricorso contro la concessione di
costruzione, nella parte nella quale determina il contributo, diventa
inammissibile per acquiescenza se il concessionario ritira la concessione
stessa per darvi esecuzione; T.A.R. Campania, Sez. Napoli, 9 luglio
1980, n. 483, ibid., 3312, afferma la priorità del rilascio della conces
sione di costruzione rispetto al pagamento del contributo, e il diritto
dell'amministrazione, in base allo ius retentionis, di ritardare la con
segna materiale del documento, a garanzia di tale pagamento. Sul rapporto tra concessione di costruzione e relativo contributo,
TA.R. Abruzzo, Sez. Pescara, 26 giugno 1979, n. 83, Trib. amm. reg.,
1979, I, 2847, ha affermato che tale contributo costituisce una obbliga zione ex lege, con la conseguenza che non è necessaria una sua
accettazione; nel senso che esso ha natura di prestazione patrimoniale non imposta, e non di tributo: T.A.R. Sicilia, Sez. Catania, 31 luglio
1979, n. 408, ibid., 3336; nel senso che ha carattere di tassa: T.A.R.
Toscana 27 luglio 1979, n. 645, ibid., 3262; nel senso che l'omesso
pagamento non può comportare l'illegittimità della concessione: T.A.R.
Sicilia, Sez. Catania, 22 giugno 1979, n. 278, ibid., 3049.
provvedimento concessorio, gravante ex lege in capo al concessio
nario, il cui inadempimento non viene sanzionato con la perdita della facultas aedificandi (inefficacia originaria, decadenza o revo
ca della concessione) ma unicamente con le sanzioni a carattere
fiscale previste dall'art. 15, 1° comma, legge n. 10 del 1977 (cfr.
T.A.R. Piemonte 10 luglio 1979, n. 360 e 18 luglio 1979, n. 398).
L'autonomia genetica e funzionale ravvisabile fra le facoltà
attive attribuite al privato con il provvedimento concessorio e le
obbligazioni a suo carico nascenti ex lege, comporta, ad avviso
del collegio, una netta separazione fra i profili di illegittimità
rispettivamente afferenti i due diversi aspetti dell'azione ammini
strativa, e quindi anche fra le aree di pertinenza, del rispettivo contenzioso: una circostanza quest'ultima, significativamente con
fermata dal disposto letterale dell'art. 16 della legge n. 10, il
quale distingue le controversie relative al rilascio o al diniego della concessione, da quelle afferenti « la determinazione e la
liquidazione del contributo».
Ritiene il tribunale che, con quest'ultima formula, il legislatore abbia inteso individuare una nuova « materia » di giurisdizione esclusiva, comprensiva di tutte le controversie relative all'ara e al
quantum del contributo di concessione (T.A.R. Piemonte 24
giugno 1980, n. 534): materia che impinge tipicamente in situazio ni soggettive aventi consistenza di diritti perfetti a contenuto
patrimoniale, nascenti direttamente dalla legge senza la mediazio
ne di alcun atto autoritativo, se non per quanto concerne i criteri
per la quantificazione del contributo (e salva, anche in tale
ambito, la riserva relativa di legge di cui all'art. 23 Cost.).
In tale sistematica, il provvedimento di concessione non adem
pie pertanto ad alcuna funzione costitutiva rispetto all'obbligazio ne contributiva, della quale costituisce semplicemente il presup
posto di fatto. Ne consegue che il concessionario il quale intenda
contestare l'art o il quantum del contributo concessorio non è affatto tenuto a proporre entro il termine di decadenza l'azione di
annullamento (parziale) della concessione, o comunque dell'atto
promanante dall'amministrazione che per la prima volta determini e quantifichi il contributo, ingiungendone il pagamento: è suffi
ciente invece che egli proponga azione di mero accertamento dinanzi al giudice amministrativo investito di giurisdizione esclu
siva, al fine di dirimere con l'autorità propria del giudicato la
questione relativa alla spettanza e alla misura del contributo, senza che tale iniziativa possa pregiudicare l'esercizio delle con cesse facoltà edificatorie, o comunque incidere sul contenuto della
concessione, salva soltanto la applicazione delle sanzioni di cui al 1° comma dell'art. 15 legge n. 10 del 1977, qualora il contributo in contestazione risulti dovuto in misura eccedente rispetto a
quanto tempestivamente versato.
D'altro canto, qualora il contributo sia stato pagato nella misura richiesta dall'amministrazione con il provvedimento di
concessione, o altro diverso atto, non può attribuirsi a tale
comportamento del privato un significato di acquisizione nei confronti di un (preteso) provvedimento lesivo, con conseguente definitiva improponibilità di qualsivoglia ulteriore doglianza: al contrario, ne deve ritenersi che il titolare della concessione possa tuttora utilmente proporre dinanzi alla giurisdizione amministrati
va esclusiva l'azione di ripetizione dell'indebito, entro l'ordinario
termine di prescrizione, senza alcun onere di preventiva impugna zione di atti in realtà privi di autonomo contenuto provvedimen tale, in quanto meramente ricognitivi nei confronti di una obbli
gazione derivante direttamente dalla legge (cosi come dalla legge derivano l'eventuale obbligazione restitutoria gravante sulla pub blica amministrazione e il correlativo diritto soggettivo perfetto azionato dal solvens).
Nella specie la ricorrente, probabilmente suggestionata dal tra
dizionale modello di giurisdizione meramente impugnatoria carat
terizzante la materia urbanistica, prima dell'innovazione contenuta
nell'art. 16 legge n. 10 del 1977, anziché proporre direttamente la
condictio indebiti ha preventivamente formulato un'istanza stia
giudiziale di restituzione, impugnando quindi l'atto con cui l'am
ministrazione ha respinto la predetta istanza. È evidente peraltro come, sebbene proposta in forma di giudizio di annullamento di
atto amministrativo, l'azione in esame abbia nella sostanza natura
di accertamento del rapporto giuridico sottostante ed implichi, come tale, la diretta cognizione dalle corrispettive posizioni di
diritto e obbligo delle parti in causa.
In altri termini, attraverso l'annullamento dell'atto di diniego (alla quale pronunzia deve comunque limitarsi il giudice adito, in
forza del principio della necessaria corrispondenza, anche formale,
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
fra chiesto e pronunziato) il ricorrente ottiene pur sempre il
risultato di un definitivo accertamento (negativo) circa la spettan za all'amministrazione del contributo versato, e, correlativamente, circa il proprio diritto alla ripetizione: siffatta azione, come noto, è proponibile al giudice amministrativo investito di giurisdizione
esclusiva, ogni volta in cui la situazione giuridica azionata abbia,
come nella specie, natura e consistenza di diritto soggettivo
perfetto derivante direttamente dalla legge, senza la mediazione
di alcun atto autoritativo. Ciò comporta di per sé l'ammissibilità
del proposto gravame, a prescindere da ogni ulteriore indagine circa il carattere meramente confermativo o meno dell'atto im
pugnato rispetto a precedenti atti non impugnati, ovvero circa il
comportamento acquiescente in ipotesi serbate dal privato destina
tario di tali atti.
2. - Nel merito, il ricorso è fondato e meritevole di accoglimen to.
Questo tribunale, con recente sentenza n. 534 del 24 giugno
1980, ha già avuto modo di precisare che il contributo per oneri
di urbanizzazione previsto dall'art. 3 legge n. 10 del 1977 trova la
sua causa giuridica nel semplice rilascio della concessione, con
conseguente irripetibilità dello stesso in caso di mancata utilizza
zione, per qualsiasi motivo, delle facoltà edificatorie concesse. Il
principio dell'irripetibilità del contributo percetto dall'ammini
strazione trova, peraltro, il suo limite naturale nella necessaria
inerenza degli importi corrisposti ad una concessione che venga dalla legge qualificata come «onerosa»: donde la esperibilità dell'azione di ripetizione con riferimento ai contributi indebita
mente versati in correlazione ad attività di trasformazione non
soggette a concessione, ex art. 1 legge n. 10 del 1977, ovvero
soggette a concessione gratuita ex art. 9 stessa legge.
Nella specie, la parrocchia ricorrente assume operante a proprio favore l'ipotesi normativa di cui all'art. 9, lett. f), della legge, secondo cui sono esenti dal contributo di cui al precedente art. 3, fra l'altro, « gli impianti e le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente compe tenti ».
Di contro, l'impugnato atto di diniego (peraltro assai sintetico nella sua motivazione) parrebbe contestare essenzialmente alla
parrocchia la qualificazione di « ente istituzionalmente competen te » alla realizzazione di un impianto a carattere sportivo o
ricreativo, quale un bocciodromo coperto, non contestando invece il requisito obiettivo di attrezzatura « di interesse generale » da riconoscersi all'opera di cui trattasi.
Ed invero, a quest'ultimo riguardo, appare incontestabile che le
opere di interesse generale costituiscano categoria logico-giuridica nettamente differenziata rispetto a quella delle « opere pubbli che » (come del resto dimostra l'impiego della congiunzione di
sgiuntiva « o » nella specifica norma qui in esame), comprenden do quegli impianti ed attrezzature che, sebbene non destinati a
scopi di diretta cura della pubblica amministrazione, sono idonei a soddisfare bisogni della collettività, ancorché vengano realizzati e gestiti da soggetti privati. Fra tali attrezzature rientrano — ed anzi assumono nell'attuale realtà sociale un ruolo di primario rilievo — gli impianti destinati all'esercizio di attività sportive o
ricreative, i quali assolvono ad una funzione strumentale rispetto ad una finalità che lo Stato (e le amministrazioni locali) diretta mente perseguono e promuovono: lo sviluppo fisico e spirituale dell'individuo (cfr. in termini, Cons. Stato, Sez. V, 11 luglio 1975, n. 1000, Foro it., Rep. 1975, voce Edilizia e urbanistica, n.
439). Al fine dell'esonero del contributo di urbanizzazione non è
peralto sufficiente che l'opera presenti obiettivamente connotati di
interesse generale, occorrendo altresì che il soggetto richiedente la
concessione sia un « ente istituzionalmente competente al perse
guimento della specifica finalità di cui trattasi: il che vale ad escludere dall'ambito di applicazione della norma in esame le attrezzature sportive realizzate e gestite da persone fisiche, ovvero
da enti ed associazioni di diritto privato o pubblico i quali non
abbiano fra i propri fini stituzionali il perseguimento di finalità
lato sensu promozionali dell'attività sportiva o ricreativa.
Presumibilmente il comune di Chivasso ha negato, nella fatti
specie, l'esonero dal contributo ritenendo che l'attività istituziona
le di una parrocchia si esaurisca nella celebrazione del culto
all'interno dell'edificio ecclesiale, e identificando cosi in quest'ul timo il solo impianto di interesse generale funzionalmente collega to agli scopi istituzionali dell'ente. È evidente, peraltro, come una
tale concezione sia eccessivamente angusta e riduttiva rispetto alla
vasta gamma di attività nelle quali si estrinseca la funzione
pastorale propria del ministero ecclesiastico, la quale si esprime necessariamente anche attraverso iniziative collaterali alle pratiche di culto in senso stretto, intese pur sempre alla evangelizzazione e
alla cura delle anime. Fra tali manifestazioni, facenti capo tipica mente alla parrocchia (e cioè all'articolazione periferica nella
quale si esprime con maggiore evidenza la funzione di collega mento e di sintesi fra l'apparato organizzativo ecclesiastico e la
realtà sociale) rientrano le iniziative ricreative e sportive partico larmente intese all'assistenza spirituale e all'educazione dei giova
vani e, più in generale, all'utilizzazione del tempo libero; i relativi
impianti ed attrezzature, realizzati e gestiti direttamente dalla
parrocchia per lo più in aree contigue rispetto a quella su cui
sorge l'edificio di culto, risultano, pertanto, al pari di questo, funzionalmente collegati alle finalità istituzionali proprie del ma
gistero ecclesiastico, fruendo di conseguenza della specifica esen
zione dal contributo di urbanizzazione, di cui all'art. 9, lett. /)
prima parte, legge n. 10 del 1977.
In forza dei rilievi esposti il ricorso deve pertanto essere
accolto nel suo primo motivo, con conseguente annullamento
dell'impugnato atto di diniego di restituzione del contributo inde
bitamente corrisposto.
Le ulteriori censure, proposte in forma logicamente subordinata,
restano assorbite dalla pronunzia di accoglimento. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
II
Il Tribunale, ecc. — 1. - La s.p.a. Fontelucente impugna
l'accertamento fatto dal comune di Firenze relativamente al con
tributo per oneri di urbanizzazione, sostenendo che l'amministra
zione ha errato nella determinazione del suo ammontare; chiede,
inoltre, che siano annullate le disposizioni contenute nelle delibere
consiliari nn. 1351 e 1352 in data 4 aprile 1978, applicate nella
fattispecie, secondo cui, quando la concessione edilizia ha ad
oggetto la totale ristrutturazione degli edifici, la prestazione del
privato va calcolata alla stregua del parametro del costo unitario
per metro cubo, applicato al volume complessivo del fabbricato.
2. - Vanno disattese le eccezioni preliminari sollevate in rito
dall'amministrazione resistente.
a) Da un primo profilo questa sostiene la irricevibilità del
ricorso per tardività della sua notifica.
Essa è stata fatta al comune il 30 marzo 1979, oltre il termine
di sessanta giorni dalla piena conoscenza della liquidazione defini
tiva del contributo (stabilito in lire 50.147.496) e dei relativi
criteri di determinazione, dato che la società fin dal 26 gennaio 1979 ha inoltrato al sindaco di Firenze una istanza per ottenere
la rateizzazione.
Non avrebbe rilievo giuridico la circostanza che all'interessata
sia pervenuto in data successiva — il 3 febbraio 1979 — un
invito a versare nelle casse del comune un contributo di lire
45.503.640, poiché essa già conosceva che tale liquidazione era
errata per difetto; difatti l'amministrazione non aveva tenuto
conto del maggior volume conseguente dal computo dei locali
dell'edificio destinato a cantine, esclusi dal primo accertamento.
La piena conoscenza risulta, appunto, sia dalla preindicata do
manda di rateizzazione, sia dal pagamento della prima rata del
contributo (12.536.874), effettuato dalla società il 29 gennaio 1979,
corrispondente esattamente ad un quarto dello stesso, computato
il maggior volume delle cantine.
Tale eccezione non considera che — ai sensi dell'art. 16 legge
28 gennaio 1977 n. 10 — i tribunali amministrativi, nelle materie
dalla norma indicate, esercitano una giurisdizione esclusiva, con
qualche ampliamento per i mezzi di prova, poiché possono
disporre anche perizie. Il tipo esclusivo di giurisdizione, anche se
non espressamente sancito, si desume tuttavia in modo univoco
dalle espressioni usate dal legislatore e dal sistema. Per quanto
attiene alla fattispecie, infatti, il termine « liquidazione » del
contributo allude, con tutta evidenza ad operazioni di mero
riscontro fra il presupposto di fatto e la norma, da cui esulano
elementi di apprezzamento discrezionale in senso proprio; del
resto, quando l'art. 3 della legge n. 10 dispone che la concessione
edilizia comporta la corresponsione di un contributo commisurato
alla incidenza degli oneri di urbanizzazione, nonché al costo di
costruzione, indica chiaramente una forma di concorso dei privati
nelle spese pubbliche causate dall'attività edificatoria.
Sicché — evidenziandosi la natura tributaria dell'attività eserci
tata dall'ente pubblico, per questi profili (cfr. T.A.R. Toscana 27
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PARTE TERZA
luglio 1979, n. 645) — deve concludersi che per quanto inerisce
ai momenti dell'accertamento e della liquidazione, il soggetto
passivo è titolare di una situazione giuridica tutelata autonoma
mente, incidendo l'attività stessa sul suo patrimonio.
Poiché si verte in materia di diritti soggettivi perfetti, oggetto di giurisdizione, appunto, esclusiva, gli atti di liquidazione dei
contributi, connessi come sono a meri accertamenti, sono impu
gnabili nell'ordinario termine decennale di prescrizione, anziché
nel breve termine di decadenza. Se ciò va affermato in linea di
principio, non può peraltro trascurarsi la incidenza che potrà avere in materia il fatto che le opposizioni avverso la ingiunzione fiscale relativamente alle somme liquidate dal comune, restano di
competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria, la quale deve essere
adita nel breve termine di trenta giorni, con conseguenti possibili
preclusioni date dai rapporti ed interferenze fra i termini che, in
definitiva, potranno ripercuotersi proprio sul termine per impu
gnare la liquidazione.
È appena il caso di avvertire che ove siano oggetto di impugna tiva le delibere determinative degli oneri di urbanizzazione (cfr. art. 5 legge n. 10 citata), secondo il tipo di questione fatta valere concretamente in giudizio, secondo, cioè, se siano dedotti vizi
inerenti al potere impositivo o alla sua esistenza, si potranno volta a volta ravvisare interessi legittimi o diritti soggettivi.
b) Va, poi, disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso
per intervenuta acquiescenza, la quale è sollevata dall'amministra zione nel rilievo che l'interessata, a partire dalla prima istanza di rateizzazione e via via col proprio successivo comportamento
(pagamento della prima rata del contributo al ritiro della conces sione edilizia) ha posto in essere atti concludenti, spontanei e non
equivoci di accettazione della liquidazione del contributo stesso
nell'ammontare definitivo.
Osserva il collegio, a questo riguardo, che il ritiro della concessione edilizia non può rappresentare acquiescenza alla li
quidazione del contributo, trattandosi di momento logicamente e
giuridicamente distinto da questo: anche se — come si osserva in
seguito — vi sono certo interferenze fra concessione e contributo,
non può ignorarsi che la prima è essenzialmente intesa a consen
tire al privato l'edificazione, mentre il secondo costituisce un
obbligo tributario imposto a suo carico, sicché il rilascio di
quella è semplicemente l'occasione per la percezione del tributo.
Per queste ragioni deve anche escludersi che possano rappresen
tarsi come fatti di acquiescenza rispetto alla liquidazione (o di
rinuncia alla impugnativa di questa), sia la richiesta di rateizza
zione, sia il pagamento della prima rata del contributo (o anche
del suo totale), dato che il soggetto passivo — come tale obbliga
to all'adempimento del debito — è astretto a procedere a deter
minati adempimenti in tempi determinati se vuole evitare conse
guenze per lui sfavorevoli (come ad es. in punto di ottenimento
della rateizzazione), non potendo sottrarsi agli obblighi nascenti
ex lege, per il principio di esecutorietà degli atti amministrativi.
Vero è che, in ipotesi, può non corrispondersi al comune la
quota di contributo per urbanizzazione all'atto del rilascio della
concessione — come termine ultimo — anche se il richiedente sia
a ciò tenuto (cfr. il 1° comma dell'art. 11 legge n. 10), sotto
comminatoria delle sanzioni amministrative previste dal 1° comma
dell'art. 15 legge citata; e che certamente, per questo, l'ammini
strazione non può negargliela (se non compiendo un illecito),
poiché la legge non le attribuisce questo potere, disponendo invece — lo si è rilevato — sanzioni amministrative.
Ma il contribuente nella descritta ipotesi opera pur sempre a
suo rischio, in quanto il comune può procedere alla riscossione
del contributo — e delle relative sanzioni per l'inadempimento —
con l'ingiunzione fiscale, ai sensi del 10° comma dell'art. 15 legge del 1977.
Va rammentato che contro tale atto può proporsi opposizione al giudice ordinario, ma, di regola, limitatamente ai suoi profili
formali, essendo riservata al giudice amministrativo la controver
sia sull'an e il quantum della imposizione e delle eventuali
sanzioni (art. 16 legge n. 10 del 1977).
Diverso è il profilo della configurabilità, nella subietta materia, del concorso dell'amministrazione e del privato quanto all'esatta
determinazione dei presupposti di fatto dell'imposizione, con
l'effetto di precludere un difforme apprezzamento da parte di
questo. Ma, nella fattispecie, non sussistono gli estremi dell'istitu
to e la controversia è essenzialmente centrata sulla legittimità delle disposizioni regolamentari determinative del contributo.
c) Ancora priva di pregio è la terza eccezione di rito, in cui il
comune deduce la inammissibilità del gravame sotto il profilo della mancata impugnativa nei termini delle delibere regolamenta
ri determinative del contributo; gli atti di liquidazione dello
stesso avrebbero, nei loro confronti, carattere esecutivo. Tuttavia
le delibere comunali non possono prefigurarsi come immediata
mente lesive dell'interesse della ricorrente società, e la lesione
concreta ed attuale della sua sfera giuridica si è prodotta con la
liquidazione del contributo. Tanto è vero che gli atti in questione sono impugnati insieme e nell'occasione dell'impugnativa della
liquidazione.
3. - Il ricorso è fondato in relazione al secondo motivo, nel
quale sono impugnate in parte le delibere n. 1351 e n. 1352 del
1978. La prima, nella ipotesi di interventi relativi ad edifici
esistenti che comportano variazioni del carico urbanistico, riferiti
ad un edificio, dispone che si applichi il relativo onere, desunto
dalle apposite tabelle, a tutto il volume oggetto del mutamento,
indipendentemente dalla entità delle opere edilizie; la seconda
esclude dall'applicazione della tabella F ad essa allegata gli
interventi di ristrutturazione degli edifici.
In sintesi l'immobiliare sostiene che l'amministrazione, con
questa norma, è incorsa in violazione dei principi generali in
tema di calcolo del contributo per oneri di urbanizzazione, con
riferimento ad edifici esistenti, ed eccesso di potere per illogicità manifesta. Nella determinazione del contributo deve infatti tenersi
presente che già esisteva un carico urbanistico.
A questo riguardo l'amministrazione eccepisce che la differen
ziazione di parametro fra contributi di urbanizzazione relativi ad
interventi senza o con variazione del carico urbanistico è stabilita
dalle tabelle allegate alla legge reg. Toscana n. 60 del 24 agosto 1977. Senonché la questione da risolvere è nel senso di vedere se
sia giustificata l'applicazione fatta dall'ente impositore del criterio stabilito dalla legge regionale. Ora, questo tribunale amministrati
vo ha già chiarito che il contributo concernente le opere di
urbanizzazione primaria e secondaria costituisce una tassa piutto sto che un tributo speciale, poiché il debito tributario sorge ugualmente se manca il vantaggio o la spesa riguardo all'utente,
per il fatto del rilascio della concessione edilizia, e la misura del
contributo non appare commisurata a tali elementi (cfr. sentenza n. 645 del 1979 già cit.); deve anche riflettersi che la mera
preesistenza delle opere di urbanizzazione nella zona in cui vuole
edificarsi, non comporta l'esenzione o la diminuzione del tributo. Tali deduzioni trovano conferma sia nell'art. 12 della legge che
vincola ad una serie di scopi ultronei rispetto alle opere di urbanizzazione i proventi delle concessioni, genericamente intesi; sia nall'art. 5 che per la determinazione degli oneri di urbanizza zione stabilisce una serie di criteri, ma non quello dell'equivalen za fra il contributo in denaro ed il valore dell'opera da realizzare, nemmeno implicitamente. Quanto alle disposizioni che prevedono la realizzazione sua da parte dei diretti interessati — a parte il rilievo che possono divenire operanti solo quando tali opere non
vi siano nella zona — pongono semplicemente l'accento sulla necessità che l'urbanizzazione sia fatta, indipendentemente dal suo costo.
Con queste precisazioni si può considerare che, allorché l'art. 3 della legge in commento espone che la concessione comporta la
corresponsione di un contributo « commisurato all'incidenza »
delle spese di urbanizzazione (nonché al costo di costruzione), mentre prescinde dalla constatazione se le opere siano o meno state realizzate nella zona e dalla correlazione fra prezzo e costo
del servizio, inserisce peraltro un criterio di armonia e proporzio ne interna, nel senso che l'imposizione tributaria deve pur sempre essere commisurata, in termini proporzionali, alla — pur ipotetica — spesa pubblica o vantaggio del privato, secondo i parametri stabiliti.
Sicché nella ipotesi in cui sia richiesta concessione per ristrut turare un edificio già esistente — per restare al caso di specie — e
che, pertanto, ha in ipotesi già provocato l'urbanizzazione, la
situazione è tale che la « commisurazione all'incidenza » non può avvenire come se si trattasse di nuova costruzione, dovendosi
tener conto della preesistenza del, sia pur potenziale, carico urbanistico. In questa, come in analoghe ipotesi, il contributo va
imposto alla stregua di differenti criteri che tengano conto del già esistente. Dovendosi tener conto delle nuove opere interne, appare giustificato il criterio assunto dal comune di Firenze per gli interventi parziali — che va esteso agli interventi totali — del
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
quale è menzione a pag. 8 della delibera n. 1352 del 1978, che
dispone sia applicata la tabella F appositamebte stabilita. Di
conseguenza va ritenuta la illegittimità di quella parte della
delibera ora indicata (8) che esclude espressamente dall'applica zione della tabella F gli interventi di ristrutturazione totale.
Per i motivi che precedono il ricorso va accolto, annullandosi
per l'effetto, nella parte risultante dalla precedente motivazione, le
delibere comunali n. 1351 e n. 1352 del 1978, nonché gli atti di
liquidazione del contributo di urbanizzazione a carico della ricor
rente.
Per questi motivi, ecc.
I
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE
MONTE; sentenza 3 giugno 1980, n. 414; Pres. Lo Jacono, Est.
Giaccardi; Soc. Fiat (Avv. Comba) c. Min. lavoro e previdenza sociale (Avv. dello Stato Pavona).
Giustizia amministrativa — Ricorso gerarchico — Silenzio-rigetto — Ricorso — Inammissibilità — Decisione negativa tardiva
esplicita — Ricorso — Ammissibilità — Limiti (D.pres. 24 no
vembre 1971 n. 1199, semplificazione dei procedimenti in ma
teria di ricorsi amministrativi, art. 6; legge 6 dicembre 1971
n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 20).
Infortuni sul lavoro — Prevenzione — Diffide, prescrizioni e di
sposizioni dell'ispettorato del lavoro — Ricorso — Ammissibi
lità — Limiti — Illegittimità — Fattispecie (D. pres. 19 marzo
1955 n. 520, riorganizzazione centrale e periferica del ministero
del lavoro e della previdenza sociale, art. 8, 9, 10, 11).
È inammissibile il ricorso proposto per difetto assoluto di motiva zione contro il silenzio mantenuto dall'organo al quale è stato
proposto ricorso gerarchico (nella specie, è stato dichiarato
ammissibile il diverso ricorso proposto contro il provvedimento inutilmente impugnato in via gerarchica). ( 1)
È inammissibile il ricorso proposto contro la decisione esplicita di
rigetto del ricorso gerarchico emessa oltre il novantesimo giorno dalla proposizione del ricorso gerarchico stesso (nella specie, erano stati proposti tempestivamente sia il ricorso, considerato
ammissibile, contro il provvedimento impugnato inutilmente in
via gerarchica, sia il ricorso, dichiarato inammissibile, contro il silenzio mantenuto dal superiore gerarchico). (2)
È ammissibile il ricorso proposto contro la decisione esplicita di
rigetto del ricorso gerarchico, nella parte nella quale lo dichiara
parzialmente inammissibile, anche se sia stata emessa tardiva
mente. (3)
È inammissibile per carenza di interesse il ricorso contro le
diffide e le prescrizioni che l'ispettorato del lavoro impartisca alle
imprese per la prevenzione di infortuni, e per l'igiene del
lavoro, in quanto atti non provvedimentali meramente ricogniti vi di obblighi giuridici preesistenti. (4)
(1-3) La sentenza conferma un orientamento giurisprudenziale che si è consolidato: nel senso che, essendo la decisione tardiva e negativa del ricorso gerarchico confermativa del silenzio-rigetto, è inammissibile il ricorso proposto contro detta decisione, a meno che dalla decisione non emerga la lesione di altre situazioni soggettive, Cons. Stato, Ad.
plen., 6 maggio 1980, n. 16, Foro it., 1980, III, 435, con nota di
richiami; Sez. IV 5 giugno 1979, n. 440, id., Rep. 1979, voce Giustizia
amministrativa, n. 363; 28 novembre 1978, n. 1108, ibid., n. 366; T.A.R. Calabria, Sez. Catanzaro, 17 giugno 1978, n. 129, ibid., n. 368; Cons. Stato, Ad. plen., 7 febbraio 1978, n. 4, id., 1979, III, 392, con
nota di Migliarese Tamburino. Nel senso che non è proponibile la censura di difetto di motivazione nei confronti del silenzio-rigetto, Cons. Stato, Sez. VI, 24 ottobre 1980, n. 978, Cons. Stato, 1980, I, 1423.
Per riferimenti, in dottrina, Arcidiacono, Ricorso gerarchico e
decisione tardiva, in Riv. trim. dir. pubbl., 1980, 473.
(4-5) Cons. Stato, Sez. II, 10 maggio 1978, n. 884/77, Cons.
Stato, 1980, I, 1754, ha ritenuto inammissibile l'impugnazione di una
diffida, in quanto la medesima non è un provvedimento lesivo, ed ha
ritenuto, viceversa, impugnabili le prescrizioni; secondo il parere, il
provvedimento dell'ispettorato è qualificabile come diffida se non
ordina comportamenti, ma si limita a richiamare all'osservanza della
È ammissibile il ricorso contro le disposizioni che l'ispettorato del
lavoro impartisca alle imprese per la prevenzione di infortuni e
per l'igiene del lavoro, in quanto provvedimenti che specificano
gli obblighi di comportamento dell'imprenditore che la legge
prevede solo genericamente. (5)
Sono illegittime le disposizioni che l'ispettorato del lavoro imparti sca alle imprese per la prevenzione di infortuni e per l'igiene
del lavoro, senza una adeguata istruttoria, sulla base di rileva
zioni di carattere meramente soggettivo, e prive del supporto di
una adeguata strumentazione tecnica. (6)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA
ZIO; Sezione III; sentenza 24 marzo 1980, n. 258; Pres.
Battara, Est. Piacentini; E.n.el. (Avv. Mazzullo) c. Min.
lavoro e previdenza sociale (Avv. dello Stato Bruni).
Giurisdizione civile — Infortuni sul lavoro — Prevenzione —
Disposizioni dell'ispettorato del lavoro — Ricorso — Giurisdi
zione amministrativa (D. pres. 19 marzo 1955 n. 520, art. 9,
10; d. pres. 27 aprile 1955 n. 547, norme sulla prevenzione
degli infortuni, art. 345).
Infortuni sul lavoro — Prevenzione — Disposizioni dell'ispetto
rato del lavoro — Integrazione delle norme di legge — Legitti
mità — Adeguata motivazione — Legittimità — Disparità di
trattamento rispetto ad altre province — Irrilevanza (D. pres.
19 marzo 1955 n. 520, art. 9, 10; d. pres. 27 aprile 1955 n. 547,
art. 345).
Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso
proposto da una impresa contro le disposizioni impartite
dall'ispettorato provinciale del lavoro, circa il comportamen
to da tenere per prevenire infortuni sul lavoro. (7)
legge, fissando un termine per l'adempimento, ed è, invece, qualificabile come disposizione quando contiene l'ordine, rivolto all'imprenditore, di
adottare certe cautele, qualunque sia il grado di ampiezza della
discrezionalità dell'amministrazione; sostanzialmente negli stessi termini
T.A.R. Piemonte 30 novembre 1976, n. 366, Foro it., Rep. 1977, voce
Miniera e cava, n. 25, citata in motivazione. A proposito delie diffide, Corte cost. 25 giugno 1980, n. 98, id., 1980, I, 2355, con nota di
richiami, ha dichiarato inammissibile per difetto di rilevanza la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 9 d. pres. n. 520/1955,
sollevata con riferimento agli art. 3 e 27 Cost., nella parte in cui
demanda agli ispettorati del lavoro la valutazione discrezionale di
diffidare i datori di lavoro a regolarizzare situazioni di inosservanza
della legge, con ritenuta illegittima interferenza nell'esercizio dell'azione
penale. La sentenza del T.A.R. Piemonte che si riporta è commentata da E.
M. Barbieri, Ispettorato del lavoro. Funzioni di polizia giudiziaria e
amministrativa. Sindacato giurisdizionale su disposizioni e diffide, in
Notiziario giur. lavoro, 1980, 443; la rilevanza penalistica dell'attività
dell'ispettorato è considerata nelle relazioni pubblicate in Riv. giur.
lav., 1980, 293, con il titolo Inchiesta infortunistica e processo penale.
La competenza in tema di disciplina della sicurezza ed igiene del
lavoro è stata oggetto sia del trasferimento di competenze dallo Stato
alle regioni (art. 27 d. pres. n. 616 del 1977) sia della nuova
organizzazione delle funzioni a seguito dell'attuazione della riforma
sanitaria (l'art. 21 legge n. 833 del 1978 attribuisce all'unità sanitaria
locale i compiti di prevenzione già propri dell'ispettorato del lavoro). Per riferimenti, in dottrina, Aristodemo, Stato di attuazione della
riforma sanitaria (la sicurezza del lavoro ■•tra incertezze e ritardi), in
Riv. infortuni, 1980, 11; Id., Il ruolo e le funzioni degli organi di
vigilanza e controllo in materia di sicurezza del lavoro nella prospetti va delle attuali linee di riforma, in Riv. giur. lav., 1979, IV, 21; D'Harmant Francois, La sicurezza del lavoro nella riforma sanitaria:
alcune considerazioni generali, in Dir. lav., 1979, I, 261; Sala Chiri, La prevenzione e la vigilanza negli ambienti di lavoro dopo l'istituzio ne del servizio sanitario nazionale, in Riv. giur. lav., 1979, IV, 5.
Numerose regioni hanno disciplinato con legge la materia; l'esperien za piemontese è commentata da Barbieri, Brevi osservazioni sull'avvio
della riforma sanitaria in Piemonte, in Notiziario giur. lavoro, 1980,
spec. 1208. Sul ruolo dei sindacati, con particolare riferimento al
l'art. 9 dello statuto dei lavoratori, Bianchi d'Urso, Profili giuridici della
sicurezza nei luoghi di lavoro, Napoli, 1980, spec. 151 ss.
(6,8-9) Negli stessi termini, T.A.R. Lazio, Sez. III, 20 ottobre 1980, n. 908, Trib. amm. reg., 1980, I, 3850, che ha ritenuto illegittime le
disposizioni impartite dall'ispettorato che siano generiche nel contenuto.
Nel senso che la motivazione è parimenti necessaria ad esami medici
integrativi, ai sensi degli art. 33, 35 e 36 d. pres. 19 marzo 1956 n.
303, T.A.R. Campania 12 aprile 1978, n. 369, id., 1978, I, 2322.
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