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sentenza 15 luglio 1980, n. 606; Pres. Lo Jacono, Est. Giaccardi; Parrocchia SS. Giovanni e Rocco di...

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sentenza 15 luglio 1980, n. 606; Pres. Lo Jacono, Est. Giaccardi; Parrocchia SS. Giovanni e Rocco di Chivasso (Avv. Manni) c. Comune di Chivasso Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 9 (SETTEMBRE 1981), pp. 523/524-533/534 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23173080 . Accessed: 24/06/2014 23:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.162 on Tue, 24 Jun 2014 23:51:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 15 luglio 1980, n. 606; Pres. Lo Jacono, Est. Giaccardi; Parrocchia SS. Giovanni e Rocco di Chivasso (Avv. Manni) c. Comune di Chivasso

sentenza 15 luglio 1980, n. 606; Pres. Lo Jacono, Est. Giaccardi; Parrocchia SS. Giovanni e Roccodi Chivasso (Avv. Manni) c. Comune di ChivassoSource: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 9 (SETTEMBRE 1981), pp. 523/524-533/534Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23173080 .

Accessed: 24/06/2014 23:51

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PARTE TERZA

interpretata alla luce dei principi costituzionali nel senso chiarito — garantisce pari tutela al diritto di ciascuno di utilizzare i mezzi

di diffusione via etere in ambito locale.

Tale parziale illegittimità del d. m. 3 dicembre 1976 determina, di riflesso, l'illegittimità del provvedimento in data 18 settembre

1980 del circolo costruzioni telegrafiche e telefoniche di Firenze,

per carenza del presupposto normativo legittimante, non esistendo — dopo la richiamata decisione n. 202/1976 — alcuna altra

norma che consenta all'amministrazione il concreto esercizio del

potere sanzionatorio allo scopo di impedire a privati l'esercizio

del diritto di radio e telediffusione in ambito locale; e ciò

neppure se tale esercizio possa provocare interferenze con i

programmi del servizio pubblico nazionale.

4. - In particolare, non valgono a sostenere la legittimità del

provvedimento impugnato gli art. 240 e 402 d. pres. 29 marzo

1973, richiamati nella motivazione del provvedimento stesso.

Infatti, la norma contenuta nell'art. 240, che stabilisce il divieto

di « arrecare disturbi e causare interferenze alle telecomunicazio

ni ed alle opere ad esse inerenti » è preordinata esclusivamente

alla repressione delle attività illecite che arrechino turbative al

sistema postale, telefonico e telegrafico. Essa non può, pertanto, essere invocata a fondamento del potere sanzionatorio, per lo

scopo, nella specie, perseguito.

Ciò non solo perché la norma in esame deve essere letta alla

luce dei principi costituzionali come interpretati dalla corte che

non ammettono la facoltà dell'amministrazione di adottare prov vedimenti repressivi di diritti di libertà garantiti, svincolati da

precisi parametri normativi, ma anche perché il potere di sanzio

nare la gestione di impianti televisivi privati causanti interferenze

alle trasmissioni della R.a.i. trovava il suo fondamento in altre

norme, contenute nello stesso d. pres. n. 156/1973, che sono state

oggi caducate o ridotte a un più ristretto ambito applicativo.

Il suddetto potere sanzionatorio non necessitava, infatti, allo

stato della normativa vigente prima della pubblicazione della

sentenza n. 202/1976, di una specifica previsione, rientrando in

quello più ampio attribuito all'autorità ministeriale dall'art. 195,

ult. comma, d. pres. 156/1973, allo scopo di reprimere l'uso di

mezzi di diffusione sonora o televisiva senza la prescritta conces

sione — allora necessaria per le diffusioni via cavo — e dall'art.

402 dello stesso d. pres. n. 156, inteso a vietare l'uso di tali mezzi

di diffusione con potenze o su frequenze diverse da quelle

consentite dagli atti di concessione e dalla normativa vigente. Di

tali norme, come è noto, l'art. 195, già dichiarato costituzional

mente illegittimo con la sentenza n. 225 del 1974 della Corte

costituzionale, è stato nuovamente annullato per incostituzionalità — nel testo modificato dall'art. 45 legge 14 aprile 1975 n. 103 —

dalla sentenza n. 202/1976, nella parte che qui interessa, relativa

alle diffusioni in ambito locale. È rimasto in vigore l'art. 402,

richiamato — in effetti — a sostegno del provvedimento impugna

to, nel presupposto che le interferenze ai programmi della R.a.i.

derivassero, nella specie, dall'uso di una frequenza non consentita,

perché impegnata in sede locale dalla stessa R.a.i.

Peraltro, non essendo oggi più necessario alcun provvedimento di concessione per l'uso dei mezzi di diffusione via etere in

ambito locale, né esistendo più alcuna riserva normativa — per le

emissioni limitate a tale ambito — in favore della R.a.i., la liceità

dell'uso di tali mezzi su determinate frequenze locali di emissione

deve essere valutata esclusivamente alla stregua delle disposizioni

legislative e regolamentari in materia di generale distribuzione

delle bande di frequenza in relazione al tipo di utilizzazione a cui

sono destinate.

Interessano, a tal fine, le norme contenute nel d. m. 3 dicembre

1976 — adottato ai sensi dell'art. 183 codice postale e del

regolamento delle radiocomunicazioni di Ginevra del 1959 —

fermo restando che la rilevata parziale illegittimità della nota n.

44 di tale decreto, nei limiti che si sono chiariti, comporta, di

conseguenza, che tutte le bande di frequenza da esso assegnate alla radiodiffusione possono essere utilizzate, in sede locale, dalle

emittenti private come dalla R.a.i.

Ciò posto, il provvedimento impugnato si appalesa illegittimo anche sotto il profilo della violazione dell'art. 402 da esso richia

mato, atteso che il canale 54 — MHZ 735,25/740,75 —

è assegnato alla radiodiffusione dal d. m. 3 dicembre 1976 e, pertan

to, l'utilizzazione di tale frequenza da parte della ricorrente non

era sanzionabile ai sensi della suddetta norma di legge.

5. - Anche il secondo motivo è fondato, sotto il profilo dell'eccesso di potere per difetto di adeguata istruttoria e insuffi

cienza della motivazione. Infatti, anche a voler ritenere conforme

alla legge il potere dell'amministrazione di vietare l'esercizio di

impianti televisivi che provochino, in sede locale, interferenze alle

trasmissioni della R.a.i., sarebbe — comunque — condizione

necessaria per l'adozione dei provvedimenti repressivi una previa

accurata istruttoria da parte della stessa amministrazione, onde

accertare l'esistenza, le effettive dimensioni e le cause tecniche

delle interferenze lamentate. Né l'autorità amministrativa potrebbe adottare i suddetti provvedimenti sulla base della sola denuncia

della società concessionaria, ovvero demandare agli uffici tecnici di quest'ultima l'effettuazione dei necessari accertamenti istruttori.

Nella specie, non solo non risulta che l'amministrazione abbia

compiuto tali congrui accertamenti a mezzo dei propri uffici, per verificare l'effettiva consistenza e le cause delle turbative lamenta te dalla R.a.i. (negate, peraltro, dalla ricorrente che ha prodotto ampia documentazione tecnica a sostegno delle proprie deduzio

ni), ma — anzi — la motivazione del provvedimento appare notevolmente vaga e carente sotto tale profilo, limitandosi ad

accennare all'esistenza delle interferenze in questione senza forni re specifiche precisazioni al riguardo.

La carenza di un'adeguata istruttoria e l'incertezza della stessa

amministrazione, quantomeno circa le effettive dimensioni e le

cause tecniche — non autonomamente verificate — delle suddette

interferenze, è poi ulteriormente dimostrata dal fatto che, sia

prima (con lettera in data 16 aprile 1980) che poco dopo (con nota in data 8 ottobre 1980) l'emanazione del provvedimento, la

stessa amministrazione ha chiesto alla R.a.i. di accertarne l'esi

stenza e le cause, rimettendosi in sostanza ai chiarimenti forniti da quest'ultima.

Il provvedimento impugnato non può — pertanto — sottrarsi alle censure di eccesso di potere per mancanza di un'adeguata istruttoria e insufficienza della motivazione.

6. - I restanti motivi — terzo e quinto — indirizzati, solo « per quanto possa occorrere » contro il d. m. 3 dicembre 1976

nella sua interezza e contro il provvedimento in data 19 ottobre

1978 del ministero delle poste e telecomunicazioni, approvativo del piano tecnico della terza rete televisiva, nonché gli atti

connessi con cui è stato consentito alla R.a.i. di utilizzare per le relative trasmissioni il canale 54, irradiando in Toscana dal

ripetitore di Monte Nerone, restano assorbiti.

Al riguardo, giova chiarire che tali ultimi provvedimenti sono

privi di carattere lesivo per la ricorrente, perché la loro efficacia diretta si esplica unicamente nei rapporti tra amministrazione

concedente e società concessionaria (R.a.i.), senza alcun effetto ablatorio secondario nei confronti dei diritti dei terzi, che restano,

pertanto, impregiudicati. Del resto, essendo venuta a cessare del tutto, per le diffusioni

via etere in sede locale, la posizione di monopolio dello Stato, l'autorizzazione alla R.a.i. di utilizzare una determinata frequenza di emissione non può costituire ex se valido presupposto per l'a dozione di provvedimenti sanzionatoli nei confronti di emittenti

private che; si trovino a utilizzare, in ambito locale, la stessa

frequenza o frequenze immediatamente contigue.

7. - Per le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere

accolto, con conseguente annullamento del provvedimento in data

18 settembre 1980 del circolo costruzioni telegrafiche e telefoniche di Firenze e del d. m. 3 dicembre 1976 — nota n. 44 — nella sola

parte in cui si vieta alle emittenti private locali ogni utilizzazione delle bande di frequenza destinate alla radiotelediffusione, che

possa provocare interferenze, anche solo in sede locale, con le

trasmissioni del servizio pubblico nazionale. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

I

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE

MONTE; sentenza 15 luglio 1980, n. 606; Pres. Lo Jacono, Est.

Giaccardi; Parrocchia SS. Giovanni e Rocco di Chivasso (Avv. Manni) c. Comune di Chivasso.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE MONTE; sentenza 15 luglio 1980, n. 606; Pres. Lo Jacono, Est.

Giustizia amministrativa — Contributo di urbanizzazione —

Azione di ripetizione — Giurisdizione esclusiva (Legge 28 gen naio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei suoli, art. 16).

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Edilizia e urbanistica — Concessione di costruzione — Boccio dromo coperto — Contributo di urbanizzazione — Illegittimità (Legge 28 gennaio 1977 n. 10, art. 3, 9).

È esperibile davanti al giudice amministrativo in sede di giurisdi zione esclusiva, da parte di chi ha ottenuto una concessione di

costruzione, l'azione di ripetizione dell'indebito in relazione al

già effettuato pagamento del contributo per le spese di urbaniz zazione determinato da tale concessione, anche se egli non abbia tempestivamente impugnato la concessione (nella spe cie, il ricorrente aveva impugnato il rifiuto opposto dal l'amministrazione alla domanda di restituzione del contributo

versato, che egli aveva previamente formulato con procedura che la sentenza ha considerato superflua). (1)

È indebito il pagamento da parte di una parrocchia del contribu to per spese di urbanizzazione per la costruzione di un boc ciodromo coperto, perché questo costituisce un'attrezzatura di interesse generale che, nel caso, è costruita da un ente istitu zionalmente competente. (2)

II

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA

TOSCANA; sentenza 20 giugno 1980, n. 380; Pres. V. Caianiel

lo, Est. Biagi; Soc. immob. Fontelucente (Avv. Colombo) c. Co

mune di Firenze (Avv. Visciola).

Giustizia amministrativa — Contributo di urbanizzazione —

Ricorso — Giurisdizione esclusiva — Prescrizione (Legge 28

gennaio 1977 n. 10, art. 16).

Giustizia amministrativa — Contributo di urbanizzazione —

Ricorso — Ritiro della concessione e pagamento — Acquie scenza — Esclusione.

Edilizia e urbanistica — Concessione di costruzione — Ristruttu

razione totale — Contributo di urbanizzazione — Mancata con siderazione del carico urbanistico preesistente — Illegittimità

(Legge 28 gennaio 1977 n. 10, art. 3, 5, 12).

È ammissibile il ricorso al giudice amministrativo in sede di

giurisdizione esclusiva contro il provvedimento di liquidazione del contributo per le spese di urbanizzazione che sia lesivo di

un diritto soggettivo perfetto, proposto entro il termine di

prescrizione, anche se oltre il termine di decadenza. (3)

(1, 3) T.A.R. Umbria 21 aprile 1978, n. 158, Foro it., 1979, III, 559, con nota di richiami, aveva già affermato la giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso col quale il richiedente una concessione edilizia chiede l'accertamento della insussistenza del diritto dell'ammi nistrazione a pretendere il versamento del contributo afferente ai costi di urbanizzazione; e, soprattutto, Cass. 25 luglio 1980, n. 4831, id., 1981, I, 443, con nota di richiami, ha affermato che rientrano nella

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie con cernenti la determinazione del contributo richiesto per il rilascio della concessione edilizia, secondo le norme della legge 28 gennaio 1977 n.

10; del resto, già in base all'art. 31 legge 17 agosto 1942 n. 1150, nel testo modificato dall'art. 10 legge 6 agosto 1967 n. 765, la stessa

Cassazione, con sentenza 10 luglio 1980, n. 4429, id., Rep. 1980, voce Edilizia e urbanistica, n. 566, ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie relative alla pretesa dell'amministra zione di assoggettare la licenza edilizia al pagamento di una somma corrispondente ai costi delle opere di urbanizzazione, ivi compresa l'opposizione all'ingiunzione di pagamento ex art. 10 r. d. 14 aprile 1910 n. 639.

La qualificazione come esclusiva della giurisdizione che al giudice amministrativo è stata attribuita in materia, apre la strada all'utilizza zione nei suoi confronti dei noti principi elaborati dalla giurispruden za, soprattutto in materia di pubblico impiego, a proposito della

applicabilità del termine di prescrizione considerata nella massima n. 3, e quindi della non necessità dell'impugnazione di un provvedimento considerata nella massima n. 1.

Per il principio secondo il quale il ricorrente a tutela di un diritto in materia di pubblico impiego deve osservare il termine di decadenza

solo quando impugna un provvedimento autoritativo che incide sulla

sua pretesa, ma non anche quando agisce in base ad un diritto

derivante direttamente dalla legge, che può essere fatto valere entro il

termine di prescrizione, v. la nota di richiami a Ad. plen. 26 ottobre

1979, n. 25, che ha applicato il principio stesso anche a diritti non

patrimoniali, id., 1980, III, 44, ai quali adde Cons. Stato, Sez. V, 3

aprile 1981, n. 117, Cons. Stato, 1981, I, 407; Corte conti, Sez. riun., 30 marzo 1981, n. 139, Settimana giur., 1981, IV, 195, in relazione a

ricorso di dipendente dalla Corte dei conti stessa; Cons. Stato, Sez.

VI, 24 ottobre 1980, n. 993, Cons. Stato, 1980, I, 1429; Sez. IV 8

luglio 1980, n. 747, Foro it., Rep. 1980, voce Giustizia amministrativa, n. 450; T.A.R. Calabria, Sez. Reggio Calabria, 31 luglio 1980, n. 132,

Non è inamtnissibile per acquiescenza il ricorso contro il provve dimento di liquidazione del contributo per le spese di urbaniz

zazione, anche se il concessionario abbia ritirato la concessione di costruzione, e abbia iniziato, o anche completato, il paga mento delle singole rate del contributo stesso. (4)

Trib. amm. reg., 1980, I, 3718, che ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, in relazione all'art. 3 Cost., dell'art. 21 legge 6 dicembre 1971 n. 1034, istitutiva dei tribunali

amministrativi regionali, in quanto subordina al termine di decadenza il ricorso contro i provvedimenti autoritativi incidenti su rapporti di

pubblico impiego; T.A.R. Toscana 28 settembre 1978, n. 519, Foro it.,

Rep. 1979, voce cit., n. 446; Cons. Stato, Sez. VI, 13 luglio 1979, n.

54, ibid., n. 447; Cons, giust. amm. sic. 8 febbraio e 4 aprile 1979, nn.

29 e 47, ibid., nn. 449, 448; Cons. Stato, Sez. VI, 17 novembre 1978, n. 1202, ibid., n. 452; Sez. V 8 giugno 1979, n. 288, ibid., n. 453.

Sempre la giurisprudenza successiva a quella richiamata nella citata nota ha applicato tale principio subordinando al solo termine di

prescrizione il ricorso in materia di diritti alla retribuzione già prefissata dalla legge: Cons. Stato, Sez. VI, 17 novembre 1978, n.

1193, ibid., n. 450; T.A.R. Toscana 28 settembre 1978, n. 519, ibid., n.

451; e, per la stessa ragione, nei confronti della determinazione del trattamento previdenziale, Cons. Stato, Sez. VI, 29 gennaio 1980, n. 120,

id., Rep. 1980, voce cit., n. 546, e nei confronti del provvedimento dell'I.n.a.m. sul riscatto dei servizi dei dipendenti a fini previdenziali; Cons. Stato, Sez. VI, 24 febbraio 1981, n. 84, Cons. Stato, 1981, I, 180, nonché 11 aprile 1980, n. 478, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n.

455, e ciò anche se nella vicenda è intervenuto un atto amministrativo, al quale deve attribuirsi un carattere solo ricognitivo; Cons. Stato, Sez.

IV, 23 novembre 1979, n. 1058, ibid., n. 454. Viceversa, deve essere

applicato il termine di decadenza al ricorso contro i provvedimenti che

determinano lo status del pubblico dipendente e la sua retribuzione:

Cons. Stato, Sez. VI, 28 luglio 1980, n. 755, ibid., voce Impiegato dello

Stato, n. 727; 25 gennaio 1980, n. 72, ibid., voce Giustizia amministra

tiva, n. 467; 14 dicembre 1979, n. 895, ibid., n. 458 (determinazione della decorrenza della nomina in ruolo); 21 dicembre 1979, n. 935, ibid., n. 460; 30 ottobre 1979, n. 769, ibid., n. 464; 20 ottobre 1978, n.

1051, id., Rep. 1979, voce cit., nn. 454, 462; Sez. V 3 novembre 1978, nn. 1082 e 1099, e 29 giugno 1979, n. 448, ibid., nn. 455-457. In

particolare, è sottoposto al termine di decadenza il ricorso contro i

provvedimenti di inquadramento e di attribuzione della qualifica:

Cons. Stato, Sez. VI, 24 ottobre 1980, n. 990, Cons. Stato, 1980, I.

1427; Sez. V 8 febbraio 1980, n. 155, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n.

465; Sez. VI 21 dicembre 1979, n. 937, ibid., n. 466, nonché 20

ottobre 1978 n. 1057, e 5 giugno 1979, n. 499, id., Rep. 1979, voce

cit., nn. 460, 461; inoltre, è stato ritenuto applicabile il termine di

decadenza al ricorso contro i provvedimenti che producono la cessazio

ne del rapporto: Cons. Stato, Sez. VI, 31 ottobre 1978, n. 1126, ibid., n. 459; o che liquidano somme inferiori al dovuto: Sez. V 26 ottobre

1979, n. 629, id., Rep. 1980, voce cit., n. 471; e al ricorso contro gli atti di controllo negativo su provvedimenti incidenti favorevolmente:

Sez. IV 9 dicembre 1980, n. 1162, Cons. Stato, 1980, I, 1655; contro la

deliberazione con la quale l'ente ospedaliero recepisce gli accordi

sindacali: T.A.R. Veneto 21 marzo 1980, n. 98, Trib. amm. reg., 1980,

I, 1725; contro le convenzioni semestrali stipulate dallT.n.a.m. con i

visitatori domiciliari: Cons. Stato, Sez. VI, 23 marzo 1979, n. 177, Foro it., Rep. 1979, voce cit., n. 458.

Per il principio di cui alla prima massima, secondo il quale quando si agisce a tutela di un diritto in materia di giurisdizione amministrati

va esclusiva non è necessario impugnare un provvedimento, che è

implicito nell'orientamento ora richiamato che ammette in tale ipotesi

l'applicazione del termine di prescrizione, v. in particolare T.A.R. Toscana 10 ottobre 1980, n. 864, Trib. amm. reg., 1980, I, 4337; Cons.

Stato, Sez. VI, 27 agosto 1980, n. 769, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n.

464; Sez. V 12 dicembre 1980, n. 966, Cons. Stato, 1980, I, 1688,

nonché 30 settembre 1979, n. 651, Foro it., 1980, III, 514; Sez. IV 9

novembre 1979, n. 967, id., Rep. 1980, voce cit., n. 272; T.A.R.

Piemonte 15 luglio 1980, n. 539, Trib. amm. reg., 1980, I, 3031; T.A.R. Umbria 28 marzo e 9 aprile 1980, nn. 76 e 94, ibid., 1867 e 1884.

Perciò, non è necessario esperire la procedura del silenzio-rifiuto: Cons. Stato, Sez. IV, 1° aprile 1980, n. 329, Foro it., Rep. 1980, voce

cit., n. 772, e Sez. VI 30 settembre 1980, n. 784, ibid., n. 271; T.A.R. Molise 23 settembre 1980, n. 164, Trib. amm. reg., 1980, I, 3962.

Per altri riferimenti sulla applicabilità di principi elaborati dalla

giurisprudenza in materia di contenzioso sul pubblico impiego ad altre materie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, T.A.R. Toscana 27 marzo 1981, n. 157, in questo fascicolo, III, 513, con nota di richiami, che ha affermato il principio di cui alla terza massima nei confronti del ricorso contro il diniego opposto dal comune alla domanda di conversione della licenza di commercio nella autorizzazio ne commerciale.

(2, 5) Per riferimenti sulla seconda massima, T.A.R.1 Lombardia, Sez. Milano, 17 dicembre 1980, n. 1241, Trib. amm. reg., 1981, I, 484, ha

applicato l'art. 9, lett. /), legge 28 gennaio 1977 n. 10, affermando l'esenzione dagli oneri di urbanizzazione alla costruzione di un collegio

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PARTE TERZA

È illegittima la determinazione del contributo per le spese di

urbanizzazione, relativa ad una concessione per la ristruttura

zione totale di un edificio, che non abbia tenuto conto del

carico urbanistico preesistente. (5)

I

Il Tribunale, ecc. — 1. - Il ricorso si indirizza avverso l'atto in

data 20 settembre 1978 con il quale il sindaco di Chivasso, in

risposta ad un'istanza proposta dal parroco odierno ricorrente,

ha negato la restituzione del contributo versato in relazione al

rilascio di concessione edilizia per la realizzazione di un im

pianto a carattere sportivo e ricreativo (bocciodromo coperto).

Preliminarmente all'esame del merito il tribunale reputa necessa

rio deliberare, ex officio, l'ammissibilità del gravame in relazio

ne all'omessa impugnazione, entro il termine di decadenza, del

precedente atto in data 26 maggio 1978 con il quale il sindaco

di Chivasso ha comunicato al richiedente il parere favorevole

espresso dalla commissione edilizia e ha subordinato il rilascio

della concessione al pagamento, entro sessanta giorni, del rela

tivo contributo per spese di urbanizzazione primaria e secondaria,

determinato nella misura di lire 11.418.075.

Ad avviso del collegio tale atto integra gli estremi di un

provvedimento di concessione in sé perfetto, in quanto contiene

l'adesione definitiva e senza riserva da parte del sindaco al parere

favorevole espresso, in linea tecnico-urbanistica, dalla commissione

igienico-edilizia. La riserva formulata in ordine al futuro rilascio

della concessione, subordinatamente al pagamento degli oneri di

urbanizzazione ivi determinati e quantificati, deve a tale stregua

intendersi riferita al mero rilascio del documento formale ricogni

tivo del pirovvedimento concessorio già contenuto nell'atto in

esame: ciò in quanto, nel sistema vigente, il pagamento del

contributo di concessione, ove previsto, non costituisce né un

presupposto per il rilascio della concessione, né un requisito di

efficacia della concessione già rilasciata, ma rappresenta sempli

cemente il contenuto di un'obbligazione estrinseca rispetto al

universitario da parte della Fondazione residenze universitarie interna

zionali. Per altri riferimenti, sulla quinta massima, sul concetto di ristruttu

razione totale di un edificio, T.A.R. Piemonte 26 febbraio 1980, n. 114, che sarà riportata nel prossimo fascicolo.

Per altri riferimenti, sui contributi per oneri di urbanizzazione, T.A.R. Lazio, Sez. Latina, 28 settembre 1979, n. 60, Foro it., 1981, III,

307, con nota di richiami.

Sulla questione di diritto transitorio, relativa alla esenzione temporale da tali oneri, sulla necessità che entro il termine prescritto sia

presentata non una mera istanza, ma una vera e propria domanda di

concessione, debitamente documentata, Cons. Stato, Sez. V, 11 aprile

1980, n. 339, id., Rep. 1980, voce Edilizia e urbanistica, n. 559; sulla

irrilevanza della addebitabilità all'amministrazione del ritardo con il

quale essa provvede, se non sia stata esperita la procedura del silenzio

rifiuto: T.A.R Lazio, Sez. II, 28 gennaio 1981, n. 67, Trib. amm. reg., 1981, I, 396; sull'obbligo di essa di provvedere tempestivamente: T.A.R. Puglia, Sez. Bari, 6 giugno 1979, n. 154, id., 1979, I, 2926; sulla giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di risarcimento

dei danni per il ritardo a provvedere dell'amministrazione: T.A.R.

Molise 14 ottobre 1980, n. 186, id., 1980, I, 4392. Per altri problemi di diritto transitorio, v. T.A.R. Umbria 21 aprile e

27 luglio 1978, nn. 158 e 238, Foro it., 1979, III, 559 e 688, con note

di richiami.

(4) Nel senso che la sottoscrizione per accettazione apposta in calce

alia concessione non comporta acquiescenza alla determinazione degli oneri contributivi, T.A.R. Toscana 24 ottobre 1980, n. 990, Trib. amm.

reg., 1980, I, 4346, che però, nella sentenza 20 maggio 1980, n. 333,

ibid., 2611, aveva affermato che il ricorso contro la concessione di

costruzione, nella parte nella quale determina il contributo, diventa

inammissibile per acquiescenza se il concessionario ritira la concessione

stessa per darvi esecuzione; T.A.R. Campania, Sez. Napoli, 9 luglio

1980, n. 483, ibid., 3312, afferma la priorità del rilascio della conces

sione di costruzione rispetto al pagamento del contributo, e il diritto

dell'amministrazione, in base allo ius retentionis, di ritardare la con

segna materiale del documento, a garanzia di tale pagamento. Sul rapporto tra concessione di costruzione e relativo contributo,

TA.R. Abruzzo, Sez. Pescara, 26 giugno 1979, n. 83, Trib. amm. reg.,

1979, I, 2847, ha affermato che tale contributo costituisce una obbliga zione ex lege, con la conseguenza che non è necessaria una sua

accettazione; nel senso che esso ha natura di prestazione patrimoniale non imposta, e non di tributo: T.A.R. Sicilia, Sez. Catania, 31 luglio

1979, n. 408, ibid., 3336; nel senso che ha carattere di tassa: T.A.R.

Toscana 27 luglio 1979, n. 645, ibid., 3262; nel senso che l'omesso

pagamento non può comportare l'illegittimità della concessione: T.A.R.

Sicilia, Sez. Catania, 22 giugno 1979, n. 278, ibid., 3049.

provvedimento concessorio, gravante ex lege in capo al concessio

nario, il cui inadempimento non viene sanzionato con la perdita della facultas aedificandi (inefficacia originaria, decadenza o revo

ca della concessione) ma unicamente con le sanzioni a carattere

fiscale previste dall'art. 15, 1° comma, legge n. 10 del 1977 (cfr.

T.A.R. Piemonte 10 luglio 1979, n. 360 e 18 luglio 1979, n. 398).

L'autonomia genetica e funzionale ravvisabile fra le facoltà

attive attribuite al privato con il provvedimento concessorio e le

obbligazioni a suo carico nascenti ex lege, comporta, ad avviso

del collegio, una netta separazione fra i profili di illegittimità

rispettivamente afferenti i due diversi aspetti dell'azione ammini

strativa, e quindi anche fra le aree di pertinenza, del rispettivo contenzioso: una circostanza quest'ultima, significativamente con

fermata dal disposto letterale dell'art. 16 della legge n. 10, il

quale distingue le controversie relative al rilascio o al diniego della concessione, da quelle afferenti « la determinazione e la

liquidazione del contributo».

Ritiene il tribunale che, con quest'ultima formula, il legislatore abbia inteso individuare una nuova « materia » di giurisdizione esclusiva, comprensiva di tutte le controversie relative all'ara e al

quantum del contributo di concessione (T.A.R. Piemonte 24

giugno 1980, n. 534): materia che impinge tipicamente in situazio ni soggettive aventi consistenza di diritti perfetti a contenuto

patrimoniale, nascenti direttamente dalla legge senza la mediazio

ne di alcun atto autoritativo, se non per quanto concerne i criteri

per la quantificazione del contributo (e salva, anche in tale

ambito, la riserva relativa di legge di cui all'art. 23 Cost.).

In tale sistematica, il provvedimento di concessione non adem

pie pertanto ad alcuna funzione costitutiva rispetto all'obbligazio ne contributiva, della quale costituisce semplicemente il presup

posto di fatto. Ne consegue che il concessionario il quale intenda

contestare l'art o il quantum del contributo concessorio non è affatto tenuto a proporre entro il termine di decadenza l'azione di

annullamento (parziale) della concessione, o comunque dell'atto

promanante dall'amministrazione che per la prima volta determini e quantifichi il contributo, ingiungendone il pagamento: è suffi

ciente invece che egli proponga azione di mero accertamento dinanzi al giudice amministrativo investito di giurisdizione esclu

siva, al fine di dirimere con l'autorità propria del giudicato la

questione relativa alla spettanza e alla misura del contributo, senza che tale iniziativa possa pregiudicare l'esercizio delle con cesse facoltà edificatorie, o comunque incidere sul contenuto della

concessione, salva soltanto la applicazione delle sanzioni di cui al 1° comma dell'art. 15 legge n. 10 del 1977, qualora il contributo in contestazione risulti dovuto in misura eccedente rispetto a

quanto tempestivamente versato.

D'altro canto, qualora il contributo sia stato pagato nella misura richiesta dall'amministrazione con il provvedimento di

concessione, o altro diverso atto, non può attribuirsi a tale

comportamento del privato un significato di acquisizione nei confronti di un (preteso) provvedimento lesivo, con conseguente definitiva improponibilità di qualsivoglia ulteriore doglianza: al contrario, ne deve ritenersi che il titolare della concessione possa tuttora utilmente proporre dinanzi alla giurisdizione amministrati

va esclusiva l'azione di ripetizione dell'indebito, entro l'ordinario

termine di prescrizione, senza alcun onere di preventiva impugna zione di atti in realtà privi di autonomo contenuto provvedimen tale, in quanto meramente ricognitivi nei confronti di una obbli

gazione derivante direttamente dalla legge (cosi come dalla legge derivano l'eventuale obbligazione restitutoria gravante sulla pub blica amministrazione e il correlativo diritto soggettivo perfetto azionato dal solvens).

Nella specie la ricorrente, probabilmente suggestionata dal tra

dizionale modello di giurisdizione meramente impugnatoria carat

terizzante la materia urbanistica, prima dell'innovazione contenuta

nell'art. 16 legge n. 10 del 1977, anziché proporre direttamente la

condictio indebiti ha preventivamente formulato un'istanza stia

giudiziale di restituzione, impugnando quindi l'atto con cui l'am

ministrazione ha respinto la predetta istanza. È evidente peraltro come, sebbene proposta in forma di giudizio di annullamento di

atto amministrativo, l'azione in esame abbia nella sostanza natura

di accertamento del rapporto giuridico sottostante ed implichi, come tale, la diretta cognizione dalle corrispettive posizioni di

diritto e obbligo delle parti in causa.

In altri termini, attraverso l'annullamento dell'atto di diniego (alla quale pronunzia deve comunque limitarsi il giudice adito, in

forza del principio della necessaria corrispondenza, anche formale,

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

fra chiesto e pronunziato) il ricorrente ottiene pur sempre il

risultato di un definitivo accertamento (negativo) circa la spettan za all'amministrazione del contributo versato, e, correlativamente, circa il proprio diritto alla ripetizione: siffatta azione, come noto, è proponibile al giudice amministrativo investito di giurisdizione

esclusiva, ogni volta in cui la situazione giuridica azionata abbia,

come nella specie, natura e consistenza di diritto soggettivo

perfetto derivante direttamente dalla legge, senza la mediazione

di alcun atto autoritativo. Ciò comporta di per sé l'ammissibilità

del proposto gravame, a prescindere da ogni ulteriore indagine circa il carattere meramente confermativo o meno dell'atto im

pugnato rispetto a precedenti atti non impugnati, ovvero circa il

comportamento acquiescente in ipotesi serbate dal privato destina

tario di tali atti.

2. - Nel merito, il ricorso è fondato e meritevole di accoglimen to.

Questo tribunale, con recente sentenza n. 534 del 24 giugno

1980, ha già avuto modo di precisare che il contributo per oneri

di urbanizzazione previsto dall'art. 3 legge n. 10 del 1977 trova la

sua causa giuridica nel semplice rilascio della concessione, con

conseguente irripetibilità dello stesso in caso di mancata utilizza

zione, per qualsiasi motivo, delle facoltà edificatorie concesse. Il

principio dell'irripetibilità del contributo percetto dall'ammini

strazione trova, peraltro, il suo limite naturale nella necessaria

inerenza degli importi corrisposti ad una concessione che venga dalla legge qualificata come «onerosa»: donde la esperibilità dell'azione di ripetizione con riferimento ai contributi indebita

mente versati in correlazione ad attività di trasformazione non

soggette a concessione, ex art. 1 legge n. 10 del 1977, ovvero

soggette a concessione gratuita ex art. 9 stessa legge.

Nella specie, la parrocchia ricorrente assume operante a proprio favore l'ipotesi normativa di cui all'art. 9, lett. f), della legge, secondo cui sono esenti dal contributo di cui al precedente art. 3, fra l'altro, « gli impianti e le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente compe tenti ».

Di contro, l'impugnato atto di diniego (peraltro assai sintetico nella sua motivazione) parrebbe contestare essenzialmente alla

parrocchia la qualificazione di « ente istituzionalmente competen te » alla realizzazione di un impianto a carattere sportivo o

ricreativo, quale un bocciodromo coperto, non contestando invece il requisito obiettivo di attrezzatura « di interesse generale » da riconoscersi all'opera di cui trattasi.

Ed invero, a quest'ultimo riguardo, appare incontestabile che le

opere di interesse generale costituiscano categoria logico-giuridica nettamente differenziata rispetto a quella delle « opere pubbli che » (come del resto dimostra l'impiego della congiunzione di

sgiuntiva « o » nella specifica norma qui in esame), comprenden do quegli impianti ed attrezzature che, sebbene non destinati a

scopi di diretta cura della pubblica amministrazione, sono idonei a soddisfare bisogni della collettività, ancorché vengano realizzati e gestiti da soggetti privati. Fra tali attrezzature rientrano — ed anzi assumono nell'attuale realtà sociale un ruolo di primario rilievo — gli impianti destinati all'esercizio di attività sportive o

ricreative, i quali assolvono ad una funzione strumentale rispetto ad una finalità che lo Stato (e le amministrazioni locali) diretta mente perseguono e promuovono: lo sviluppo fisico e spirituale dell'individuo (cfr. in termini, Cons. Stato, Sez. V, 11 luglio 1975, n. 1000, Foro it., Rep. 1975, voce Edilizia e urbanistica, n.

439). Al fine dell'esonero del contributo di urbanizzazione non è

peralto sufficiente che l'opera presenti obiettivamente connotati di

interesse generale, occorrendo altresì che il soggetto richiedente la

concessione sia un « ente istituzionalmente competente al perse

guimento della specifica finalità di cui trattasi: il che vale ad escludere dall'ambito di applicazione della norma in esame le attrezzature sportive realizzate e gestite da persone fisiche, ovvero

da enti ed associazioni di diritto privato o pubblico i quali non

abbiano fra i propri fini stituzionali il perseguimento di finalità

lato sensu promozionali dell'attività sportiva o ricreativa.

Presumibilmente il comune di Chivasso ha negato, nella fatti

specie, l'esonero dal contributo ritenendo che l'attività istituziona

le di una parrocchia si esaurisca nella celebrazione del culto

all'interno dell'edificio ecclesiale, e identificando cosi in quest'ul timo il solo impianto di interesse generale funzionalmente collega to agli scopi istituzionali dell'ente. È evidente, peraltro, come una

tale concezione sia eccessivamente angusta e riduttiva rispetto alla

vasta gamma di attività nelle quali si estrinseca la funzione

pastorale propria del ministero ecclesiastico, la quale si esprime necessariamente anche attraverso iniziative collaterali alle pratiche di culto in senso stretto, intese pur sempre alla evangelizzazione e

alla cura delle anime. Fra tali manifestazioni, facenti capo tipica mente alla parrocchia (e cioè all'articolazione periferica nella

quale si esprime con maggiore evidenza la funzione di collega mento e di sintesi fra l'apparato organizzativo ecclesiastico e la

realtà sociale) rientrano le iniziative ricreative e sportive partico larmente intese all'assistenza spirituale e all'educazione dei giova

vani e, più in generale, all'utilizzazione del tempo libero; i relativi

impianti ed attrezzature, realizzati e gestiti direttamente dalla

parrocchia per lo più in aree contigue rispetto a quella su cui

sorge l'edificio di culto, risultano, pertanto, al pari di questo, funzionalmente collegati alle finalità istituzionali proprie del ma

gistero ecclesiastico, fruendo di conseguenza della specifica esen

zione dal contributo di urbanizzazione, di cui all'art. 9, lett. /)

prima parte, legge n. 10 del 1977.

In forza dei rilievi esposti il ricorso deve pertanto essere

accolto nel suo primo motivo, con conseguente annullamento

dell'impugnato atto di diniego di restituzione del contributo inde

bitamente corrisposto.

Le ulteriori censure, proposte in forma logicamente subordinata,

restano assorbite dalla pronunzia di accoglimento. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

II

Il Tribunale, ecc. — 1. - La s.p.a. Fontelucente impugna

l'accertamento fatto dal comune di Firenze relativamente al con

tributo per oneri di urbanizzazione, sostenendo che l'amministra

zione ha errato nella determinazione del suo ammontare; chiede,

inoltre, che siano annullate le disposizioni contenute nelle delibere

consiliari nn. 1351 e 1352 in data 4 aprile 1978, applicate nella

fattispecie, secondo cui, quando la concessione edilizia ha ad

oggetto la totale ristrutturazione degli edifici, la prestazione del

privato va calcolata alla stregua del parametro del costo unitario

per metro cubo, applicato al volume complessivo del fabbricato.

2. - Vanno disattese le eccezioni preliminari sollevate in rito

dall'amministrazione resistente.

a) Da un primo profilo questa sostiene la irricevibilità del

ricorso per tardività della sua notifica.

Essa è stata fatta al comune il 30 marzo 1979, oltre il termine

di sessanta giorni dalla piena conoscenza della liquidazione defini

tiva del contributo (stabilito in lire 50.147.496) e dei relativi

criteri di determinazione, dato che la società fin dal 26 gennaio 1979 ha inoltrato al sindaco di Firenze una istanza per ottenere

la rateizzazione.

Non avrebbe rilievo giuridico la circostanza che all'interessata

sia pervenuto in data successiva — il 3 febbraio 1979 — un

invito a versare nelle casse del comune un contributo di lire

45.503.640, poiché essa già conosceva che tale liquidazione era

errata per difetto; difatti l'amministrazione non aveva tenuto

conto del maggior volume conseguente dal computo dei locali

dell'edificio destinato a cantine, esclusi dal primo accertamento.

La piena conoscenza risulta, appunto, sia dalla preindicata do

manda di rateizzazione, sia dal pagamento della prima rata del

contributo (12.536.874), effettuato dalla società il 29 gennaio 1979,

corrispondente esattamente ad un quarto dello stesso, computato

il maggior volume delle cantine.

Tale eccezione non considera che — ai sensi dell'art. 16 legge

28 gennaio 1977 n. 10 — i tribunali amministrativi, nelle materie

dalla norma indicate, esercitano una giurisdizione esclusiva, con

qualche ampliamento per i mezzi di prova, poiché possono

disporre anche perizie. Il tipo esclusivo di giurisdizione, anche se

non espressamente sancito, si desume tuttavia in modo univoco

dalle espressioni usate dal legislatore e dal sistema. Per quanto

attiene alla fattispecie, infatti, il termine « liquidazione » del

contributo allude, con tutta evidenza ad operazioni di mero

riscontro fra il presupposto di fatto e la norma, da cui esulano

elementi di apprezzamento discrezionale in senso proprio; del

resto, quando l'art. 3 della legge n. 10 dispone che la concessione

edilizia comporta la corresponsione di un contributo commisurato

alla incidenza degli oneri di urbanizzazione, nonché al costo di

costruzione, indica chiaramente una forma di concorso dei privati

nelle spese pubbliche causate dall'attività edificatoria.

Sicché — evidenziandosi la natura tributaria dell'attività eserci

tata dall'ente pubblico, per questi profili (cfr. T.A.R. Toscana 27

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PARTE TERZA

luglio 1979, n. 645) — deve concludersi che per quanto inerisce

ai momenti dell'accertamento e della liquidazione, il soggetto

passivo è titolare di una situazione giuridica tutelata autonoma

mente, incidendo l'attività stessa sul suo patrimonio.

Poiché si verte in materia di diritti soggettivi perfetti, oggetto di giurisdizione, appunto, esclusiva, gli atti di liquidazione dei

contributi, connessi come sono a meri accertamenti, sono impu

gnabili nell'ordinario termine decennale di prescrizione, anziché

nel breve termine di decadenza. Se ciò va affermato in linea di

principio, non può peraltro trascurarsi la incidenza che potrà avere in materia il fatto che le opposizioni avverso la ingiunzione fiscale relativamente alle somme liquidate dal comune, restano di

competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria, la quale deve essere

adita nel breve termine di trenta giorni, con conseguenti possibili

preclusioni date dai rapporti ed interferenze fra i termini che, in

definitiva, potranno ripercuotersi proprio sul termine per impu

gnare la liquidazione.

È appena il caso di avvertire che ove siano oggetto di impugna tiva le delibere determinative degli oneri di urbanizzazione (cfr. art. 5 legge n. 10 citata), secondo il tipo di questione fatta valere concretamente in giudizio, secondo, cioè, se siano dedotti vizi

inerenti al potere impositivo o alla sua esistenza, si potranno volta a volta ravvisare interessi legittimi o diritti soggettivi.

b) Va, poi, disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso

per intervenuta acquiescenza, la quale è sollevata dall'amministra zione nel rilievo che l'interessata, a partire dalla prima istanza di rateizzazione e via via col proprio successivo comportamento

(pagamento della prima rata del contributo al ritiro della conces sione edilizia) ha posto in essere atti concludenti, spontanei e non

equivoci di accettazione della liquidazione del contributo stesso

nell'ammontare definitivo.

Osserva il collegio, a questo riguardo, che il ritiro della concessione edilizia non può rappresentare acquiescenza alla li

quidazione del contributo, trattandosi di momento logicamente e

giuridicamente distinto da questo: anche se — come si osserva in

seguito — vi sono certo interferenze fra concessione e contributo,

non può ignorarsi che la prima è essenzialmente intesa a consen

tire al privato l'edificazione, mentre il secondo costituisce un

obbligo tributario imposto a suo carico, sicché il rilascio di

quella è semplicemente l'occasione per la percezione del tributo.

Per queste ragioni deve anche escludersi che possano rappresen

tarsi come fatti di acquiescenza rispetto alla liquidazione (o di

rinuncia alla impugnativa di questa), sia la richiesta di rateizza

zione, sia il pagamento della prima rata del contributo (o anche

del suo totale), dato che il soggetto passivo — come tale obbliga

to all'adempimento del debito — è astretto a procedere a deter

minati adempimenti in tempi determinati se vuole evitare conse

guenze per lui sfavorevoli (come ad es. in punto di ottenimento

della rateizzazione), non potendo sottrarsi agli obblighi nascenti

ex lege, per il principio di esecutorietà degli atti amministrativi.

Vero è che, in ipotesi, può non corrispondersi al comune la

quota di contributo per urbanizzazione all'atto del rilascio della

concessione — come termine ultimo — anche se il richiedente sia

a ciò tenuto (cfr. il 1° comma dell'art. 11 legge n. 10), sotto

comminatoria delle sanzioni amministrative previste dal 1° comma

dell'art. 15 legge citata; e che certamente, per questo, l'ammini

strazione non può negargliela (se non compiendo un illecito),

poiché la legge non le attribuisce questo potere, disponendo invece — lo si è rilevato — sanzioni amministrative.

Ma il contribuente nella descritta ipotesi opera pur sempre a

suo rischio, in quanto il comune può procedere alla riscossione

del contributo — e delle relative sanzioni per l'inadempimento —

con l'ingiunzione fiscale, ai sensi del 10° comma dell'art. 15 legge del 1977.

Va rammentato che contro tale atto può proporsi opposizione al giudice ordinario, ma, di regola, limitatamente ai suoi profili

formali, essendo riservata al giudice amministrativo la controver

sia sull'an e il quantum della imposizione e delle eventuali

sanzioni (art. 16 legge n. 10 del 1977).

Diverso è il profilo della configurabilità, nella subietta materia, del concorso dell'amministrazione e del privato quanto all'esatta

determinazione dei presupposti di fatto dell'imposizione, con

l'effetto di precludere un difforme apprezzamento da parte di

questo. Ma, nella fattispecie, non sussistono gli estremi dell'istitu

to e la controversia è essenzialmente centrata sulla legittimità delle disposizioni regolamentari determinative del contributo.

c) Ancora priva di pregio è la terza eccezione di rito, in cui il

comune deduce la inammissibilità del gravame sotto il profilo della mancata impugnativa nei termini delle delibere regolamenta

ri determinative del contributo; gli atti di liquidazione dello

stesso avrebbero, nei loro confronti, carattere esecutivo. Tuttavia

le delibere comunali non possono prefigurarsi come immediata

mente lesive dell'interesse della ricorrente società, e la lesione

concreta ed attuale della sua sfera giuridica si è prodotta con la

liquidazione del contributo. Tanto è vero che gli atti in questione sono impugnati insieme e nell'occasione dell'impugnativa della

liquidazione.

3. - Il ricorso è fondato in relazione al secondo motivo, nel

quale sono impugnate in parte le delibere n. 1351 e n. 1352 del

1978. La prima, nella ipotesi di interventi relativi ad edifici

esistenti che comportano variazioni del carico urbanistico, riferiti

ad un edificio, dispone che si applichi il relativo onere, desunto

dalle apposite tabelle, a tutto il volume oggetto del mutamento,

indipendentemente dalla entità delle opere edilizie; la seconda

esclude dall'applicazione della tabella F ad essa allegata gli

interventi di ristrutturazione degli edifici.

In sintesi l'immobiliare sostiene che l'amministrazione, con

questa norma, è incorsa in violazione dei principi generali in

tema di calcolo del contributo per oneri di urbanizzazione, con

riferimento ad edifici esistenti, ed eccesso di potere per illogicità manifesta. Nella determinazione del contributo deve infatti tenersi

presente che già esisteva un carico urbanistico.

A questo riguardo l'amministrazione eccepisce che la differen

ziazione di parametro fra contributi di urbanizzazione relativi ad

interventi senza o con variazione del carico urbanistico è stabilita

dalle tabelle allegate alla legge reg. Toscana n. 60 del 24 agosto 1977. Senonché la questione da risolvere è nel senso di vedere se

sia giustificata l'applicazione fatta dall'ente impositore del criterio stabilito dalla legge regionale. Ora, questo tribunale amministrati

vo ha già chiarito che il contributo concernente le opere di

urbanizzazione primaria e secondaria costituisce una tassa piutto sto che un tributo speciale, poiché il debito tributario sorge ugualmente se manca il vantaggio o la spesa riguardo all'utente,

per il fatto del rilascio della concessione edilizia, e la misura del

contributo non appare commisurata a tali elementi (cfr. sentenza n. 645 del 1979 già cit.); deve anche riflettersi che la mera

preesistenza delle opere di urbanizzazione nella zona in cui vuole

edificarsi, non comporta l'esenzione o la diminuzione del tributo. Tali deduzioni trovano conferma sia nell'art. 12 della legge che

vincola ad una serie di scopi ultronei rispetto alle opere di urbanizzazione i proventi delle concessioni, genericamente intesi; sia nall'art. 5 che per la determinazione degli oneri di urbanizza zione stabilisce una serie di criteri, ma non quello dell'equivalen za fra il contributo in denaro ed il valore dell'opera da realizzare, nemmeno implicitamente. Quanto alle disposizioni che prevedono la realizzazione sua da parte dei diretti interessati — a parte il rilievo che possono divenire operanti solo quando tali opere non

vi siano nella zona — pongono semplicemente l'accento sulla necessità che l'urbanizzazione sia fatta, indipendentemente dal suo costo.

Con queste precisazioni si può considerare che, allorché l'art. 3 della legge in commento espone che la concessione comporta la

corresponsione di un contributo « commisurato all'incidenza »

delle spese di urbanizzazione (nonché al costo di costruzione), mentre prescinde dalla constatazione se le opere siano o meno state realizzate nella zona e dalla correlazione fra prezzo e costo

del servizio, inserisce peraltro un criterio di armonia e proporzio ne interna, nel senso che l'imposizione tributaria deve pur sempre essere commisurata, in termini proporzionali, alla — pur ipotetica — spesa pubblica o vantaggio del privato, secondo i parametri stabiliti.

Sicché nella ipotesi in cui sia richiesta concessione per ristrut turare un edificio già esistente — per restare al caso di specie — e

che, pertanto, ha in ipotesi già provocato l'urbanizzazione, la

situazione è tale che la « commisurazione all'incidenza » non può avvenire come se si trattasse di nuova costruzione, dovendosi

tener conto della preesistenza del, sia pur potenziale, carico urbanistico. In questa, come in analoghe ipotesi, il contributo va

imposto alla stregua di differenti criteri che tengano conto del già esistente. Dovendosi tener conto delle nuove opere interne, appare giustificato il criterio assunto dal comune di Firenze per gli interventi parziali — che va esteso agli interventi totali — del

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Page 7: sentenza 15 luglio 1980, n. 606; Pres. Lo Jacono, Est. Giaccardi; Parrocchia SS. Giovanni e Rocco di Chivasso (Avv. Manni) c. Comune di Chivasso

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

quale è menzione a pag. 8 della delibera n. 1352 del 1978, che

dispone sia applicata la tabella F appositamebte stabilita. Di

conseguenza va ritenuta la illegittimità di quella parte della

delibera ora indicata (8) che esclude espressamente dall'applica zione della tabella F gli interventi di ristrutturazione totale.

Per i motivi che precedono il ricorso va accolto, annullandosi

per l'effetto, nella parte risultante dalla precedente motivazione, le

delibere comunali n. 1351 e n. 1352 del 1978, nonché gli atti di

liquidazione del contributo di urbanizzazione a carico della ricor

rente.

Per questi motivi, ecc.

I

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE

MONTE; sentenza 3 giugno 1980, n. 414; Pres. Lo Jacono, Est.

Giaccardi; Soc. Fiat (Avv. Comba) c. Min. lavoro e previdenza sociale (Avv. dello Stato Pavona).

Giustizia amministrativa — Ricorso gerarchico — Silenzio-rigetto — Ricorso — Inammissibilità — Decisione negativa tardiva

esplicita — Ricorso — Ammissibilità — Limiti (D.pres. 24 no

vembre 1971 n. 1199, semplificazione dei procedimenti in ma

teria di ricorsi amministrativi, art. 6; legge 6 dicembre 1971

n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 20).

Infortuni sul lavoro — Prevenzione — Diffide, prescrizioni e di

sposizioni dell'ispettorato del lavoro — Ricorso — Ammissibi

lità — Limiti — Illegittimità — Fattispecie (D. pres. 19 marzo

1955 n. 520, riorganizzazione centrale e periferica del ministero

del lavoro e della previdenza sociale, art. 8, 9, 10, 11).

È inammissibile il ricorso proposto per difetto assoluto di motiva zione contro il silenzio mantenuto dall'organo al quale è stato

proposto ricorso gerarchico (nella specie, è stato dichiarato

ammissibile il diverso ricorso proposto contro il provvedimento inutilmente impugnato in via gerarchica). ( 1)

È inammissibile il ricorso proposto contro la decisione esplicita di

rigetto del ricorso gerarchico emessa oltre il novantesimo giorno dalla proposizione del ricorso gerarchico stesso (nella specie, erano stati proposti tempestivamente sia il ricorso, considerato

ammissibile, contro il provvedimento impugnato inutilmente in

via gerarchica, sia il ricorso, dichiarato inammissibile, contro il silenzio mantenuto dal superiore gerarchico). (2)

È ammissibile il ricorso proposto contro la decisione esplicita di

rigetto del ricorso gerarchico, nella parte nella quale lo dichiara

parzialmente inammissibile, anche se sia stata emessa tardiva

mente. (3)

È inammissibile per carenza di interesse il ricorso contro le

diffide e le prescrizioni che l'ispettorato del lavoro impartisca alle

imprese per la prevenzione di infortuni, e per l'igiene del

lavoro, in quanto atti non provvedimentali meramente ricogniti vi di obblighi giuridici preesistenti. (4)

(1-3) La sentenza conferma un orientamento giurisprudenziale che si è consolidato: nel senso che, essendo la decisione tardiva e negativa del ricorso gerarchico confermativa del silenzio-rigetto, è inammissibile il ricorso proposto contro detta decisione, a meno che dalla decisione non emerga la lesione di altre situazioni soggettive, Cons. Stato, Ad.

plen., 6 maggio 1980, n. 16, Foro it., 1980, III, 435, con nota di

richiami; Sez. IV 5 giugno 1979, n. 440, id., Rep. 1979, voce Giustizia

amministrativa, n. 363; 28 novembre 1978, n. 1108, ibid., n. 366; T.A.R. Calabria, Sez. Catanzaro, 17 giugno 1978, n. 129, ibid., n. 368; Cons. Stato, Ad. plen., 7 febbraio 1978, n. 4, id., 1979, III, 392, con

nota di Migliarese Tamburino. Nel senso che non è proponibile la censura di difetto di motivazione nei confronti del silenzio-rigetto, Cons. Stato, Sez. VI, 24 ottobre 1980, n. 978, Cons. Stato, 1980, I, 1423.

Per riferimenti, in dottrina, Arcidiacono, Ricorso gerarchico e

decisione tardiva, in Riv. trim. dir. pubbl., 1980, 473.

(4-5) Cons. Stato, Sez. II, 10 maggio 1978, n. 884/77, Cons.

Stato, 1980, I, 1754, ha ritenuto inammissibile l'impugnazione di una

diffida, in quanto la medesima non è un provvedimento lesivo, ed ha

ritenuto, viceversa, impugnabili le prescrizioni; secondo il parere, il

provvedimento dell'ispettorato è qualificabile come diffida se non

ordina comportamenti, ma si limita a richiamare all'osservanza della

È ammissibile il ricorso contro le disposizioni che l'ispettorato del

lavoro impartisca alle imprese per la prevenzione di infortuni e

per l'igiene del lavoro, in quanto provvedimenti che specificano

gli obblighi di comportamento dell'imprenditore che la legge

prevede solo genericamente. (5)

Sono illegittime le disposizioni che l'ispettorato del lavoro imparti sca alle imprese per la prevenzione di infortuni e per l'igiene

del lavoro, senza una adeguata istruttoria, sulla base di rileva

zioni di carattere meramente soggettivo, e prive del supporto di

una adeguata strumentazione tecnica. (6)

II

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; Sezione III; sentenza 24 marzo 1980, n. 258; Pres.

Battara, Est. Piacentini; E.n.el. (Avv. Mazzullo) c. Min.

lavoro e previdenza sociale (Avv. dello Stato Bruni).

Giurisdizione civile — Infortuni sul lavoro — Prevenzione —

Disposizioni dell'ispettorato del lavoro — Ricorso — Giurisdi

zione amministrativa (D. pres. 19 marzo 1955 n. 520, art. 9,

10; d. pres. 27 aprile 1955 n. 547, norme sulla prevenzione

degli infortuni, art. 345).

Infortuni sul lavoro — Prevenzione — Disposizioni dell'ispetto

rato del lavoro — Integrazione delle norme di legge — Legitti

mità — Adeguata motivazione — Legittimità — Disparità di

trattamento rispetto ad altre province — Irrilevanza (D. pres.

19 marzo 1955 n. 520, art. 9, 10; d. pres. 27 aprile 1955 n. 547,

art. 345).

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso

proposto da una impresa contro le disposizioni impartite

dall'ispettorato provinciale del lavoro, circa il comportamen

to da tenere per prevenire infortuni sul lavoro. (7)

legge, fissando un termine per l'adempimento, ed è, invece, qualificabile come disposizione quando contiene l'ordine, rivolto all'imprenditore, di

adottare certe cautele, qualunque sia il grado di ampiezza della

discrezionalità dell'amministrazione; sostanzialmente negli stessi termini

T.A.R. Piemonte 30 novembre 1976, n. 366, Foro it., Rep. 1977, voce

Miniera e cava, n. 25, citata in motivazione. A proposito delie diffide, Corte cost. 25 giugno 1980, n. 98, id., 1980, I, 2355, con nota di

richiami, ha dichiarato inammissibile per difetto di rilevanza la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 9 d. pres. n. 520/1955,

sollevata con riferimento agli art. 3 e 27 Cost., nella parte in cui

demanda agli ispettorati del lavoro la valutazione discrezionale di

diffidare i datori di lavoro a regolarizzare situazioni di inosservanza

della legge, con ritenuta illegittima interferenza nell'esercizio dell'azione

penale. La sentenza del T.A.R. Piemonte che si riporta è commentata da E.

M. Barbieri, Ispettorato del lavoro. Funzioni di polizia giudiziaria e

amministrativa. Sindacato giurisdizionale su disposizioni e diffide, in

Notiziario giur. lavoro, 1980, 443; la rilevanza penalistica dell'attività

dell'ispettorato è considerata nelle relazioni pubblicate in Riv. giur.

lav., 1980, 293, con il titolo Inchiesta infortunistica e processo penale.

La competenza in tema di disciplina della sicurezza ed igiene del

lavoro è stata oggetto sia del trasferimento di competenze dallo Stato

alle regioni (art. 27 d. pres. n. 616 del 1977) sia della nuova

organizzazione delle funzioni a seguito dell'attuazione della riforma

sanitaria (l'art. 21 legge n. 833 del 1978 attribuisce all'unità sanitaria

locale i compiti di prevenzione già propri dell'ispettorato del lavoro). Per riferimenti, in dottrina, Aristodemo, Stato di attuazione della

riforma sanitaria (la sicurezza del lavoro ■•tra incertezze e ritardi), in

Riv. infortuni, 1980, 11; Id., Il ruolo e le funzioni degli organi di

vigilanza e controllo in materia di sicurezza del lavoro nella prospetti va delle attuali linee di riforma, in Riv. giur. lav., 1979, IV, 21; D'Harmant Francois, La sicurezza del lavoro nella riforma sanitaria:

alcune considerazioni generali, in Dir. lav., 1979, I, 261; Sala Chiri, La prevenzione e la vigilanza negli ambienti di lavoro dopo l'istituzio ne del servizio sanitario nazionale, in Riv. giur. lav., 1979, IV, 5.

Numerose regioni hanno disciplinato con legge la materia; l'esperien za piemontese è commentata da Barbieri, Brevi osservazioni sull'avvio

della riforma sanitaria in Piemonte, in Notiziario giur. lavoro, 1980,

spec. 1208. Sul ruolo dei sindacati, con particolare riferimento al

l'art. 9 dello statuto dei lavoratori, Bianchi d'Urso, Profili giuridici della

sicurezza nei luoghi di lavoro, Napoli, 1980, spec. 151 ss.

(6,8-9) Negli stessi termini, T.A.R. Lazio, Sez. III, 20 ottobre 1980, n. 908, Trib. amm. reg., 1980, I, 3850, che ha ritenuto illegittime le

disposizioni impartite dall'ispettorato che siano generiche nel contenuto.

Nel senso che la motivazione è parimenti necessaria ad esami medici

integrativi, ai sensi degli art. 33, 35 e 36 d. pres. 19 marzo 1956 n.

303, T.A.R. Campania 12 aprile 1978, n. 369, id., 1978, I, 2322.

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