+ All Categories
Home > Documents > sentenza 15 maggio 2001, n. 131 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 23 maggio 2001, n. 20); Pres....

sentenza 15 maggio 2001, n. 131 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 23 maggio 2001, n. 20); Pres....

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: vuongmien
View: 217 times
Download: 3 times
Share this document with a friend
3
sentenza 15 maggio 2001, n. 131 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 maggio 2001, n. 20); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; A.P. Ord. App. mil. 7 aprile 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 27 del 2000) Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2001), pp. 2147/2148-2149/2150 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196087 . Accessed: 28/06/2014 07:34 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.155 on Sat, 28 Jun 2014 07:34:33 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sentenza 15 maggio 2001, n. 131 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 23 maggio 2001, n. 20); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; A.P. Ord. App. mil. 7 aprile 2000 (G.U., 1as.s., n.

sentenza 15 maggio 2001, n. 131 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 maggio 2001, n. 20);Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; A.P. Ord. App. mil. 7 aprile 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 27 del 2000)Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2001), pp. 2147/2148-2149/2150Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196087 .

Accessed: 28/06/2014 07:34

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.220.202.155 on Sat, 28 Jun 2014 07:34:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sentenza 15 maggio 2001, n. 131 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 23 maggio 2001, n. 20); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; A.P. Ord. App. mil. 7 aprile 2000 (G.U., 1as.s., n.

2147 PARTE PRIMA

ziale con atti parlamentari tipici svolti nell'esercizio di tali fun

zioni. La prerogativa parlamentare non può infatti essere estesa sino

a comprendere gli insulti — di cui è comunque discutibile la

qualificazione come opinioni — solo perché collegati con le

«battaglie» condotte da esponenti parlamentari in favore delle

loro tesi politiche; così argomentando, il nesso funzionale, lungi dal tradursi in una corrispondenza tra espressioni verbali e atti

parlamentari tipici, si risolverebbe in un generico collegamento con un contesto politico indeterminabile, del tutto avulso dall'e

sercizio di funzioni parlamentari suscettibili di essere con

cretamente individuate.

A maggior ragione la prerogativa parlamentare di cui all'art.

68 Cost, non può essere riferita ai comportamenti materiali che

sono stati qualificati come resistenza a pubblico ufficiale.

L'art. 68, 1° comma, Cost, si riferisce unicamente alle «opi nioni espresse» e ai «voti dati» dai membri del parlamento nel

l'esercizio delle loro funzioni, mentre gli atti di resistenza e di

violenza descritti nel capo di imputazione riprodotto nell'ordi

nanza della corte d'appello ricorrente non sono in alcun modo

qualificabili come tali. Adottando le deliberazioni di insindacabilità in oggetto, la

camera dei deputati ha perciò interferito illegittimamente con le

attribuzioni dell'autorità giudiziaria; di conseguenza deve essere

disposto l'annullamento delle deliberazioni oggetto di impu

gnativa. Per questi motivi, la Corte costituzionale:

dichiara che non spetta alla camera dei deputati deliberare che

i fatti per i quali è in corso avanti alla Corte d'appello di Milano

procedimento penale nei confronti dei deputati Roberto Maroni,

Umberto Bossi, Davide Carlo Capanni, Piergiorgio Martinelli e

Roberto Calderoli per i reati di oltraggio e di resistenza a pub blico ufficiale, e del deputato Mario Borghezio per il reato di

oltraggio, concernono opinioni espresse nell'esercizio delle loro

funzioni a norma dell'art. 68, 1° comma, Cost.;

annulla, per l'effetto, le deliberazioni di insindacabilità adot

tate dalla camera dei deputati nella seduta del 16 marzo 1999.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 maggio 2001, n.

131 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 maggio 2001, n.

20); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; A.P. Ord. App. mil. 7

aprile 2000 (G.U., la s.s., n. 27 del 2000).

Leva militare — Perdita della cittadinanza italiana a seguito di acquisto di altra cittadinanza — Obblighi di leva —

Permanenza — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 10; 1. 13

giugno 1912 n. 555, sulla cittadinanza italiana, art. 8; d.p.r. 14

febbraio 1964 n. 237, leva e reclutamento obbligatorio nel

l'esercito, nella marina e nell'aeronautica, art. 1; 1. 5 febbraio

1992 n. 91, nuove norme sulla cittadinanza, art. 22, 26).

Sono incostituzionali gli art. 1,1° comma, lett. bj, d.p.r. 14 feb braio 1964 n. 237, e 8, ultimo comma, l. 13 giugno 1912 n.

555, nella parte in cui non prevedono che siano esentati dagli

obblighi di leva coloro che abbiano perduto la cittadinanza

italiana a seguito dell'acquisto di quella di altro Stato, ai

sensi dell'art. 8, 1° comma, n. 1, stessa l. 555/12. (1)

(1) A seguito della 1. 5 febbraio 1992 n. 91, contenente nuove norme sulla cittadinanza, non sussiste alcun obbligo militare per quanti abbia no perduto la cittadinanza italiana dopo l'entrata in vigore della legge stessa o con riguardo al periodo successivo a tale data. Con la decisione in epigrafe pertanto la corte dichiara l'illegittimità costituzionale delle

disposizioni impugnate per la parte in cui prevedevano la persistenza

Il Foro Italiano — 2001.

Diritto. — 1. - La Corte militare di appello dubita della legit timità costituzionale dell'art. 1, 1° comma, lett. b), d.p.r. 14

febbraio 1964 n. 237 (leva e reclutamento obbligatorio nel

l'esercito, nella marina e nell'aeronautica), e dell'art. 8, ultimo

comma, 1. 13 giugno 1912 n. 555 (sulla cittadinanza italiana).

La prima delle disposizioni impugnate stabilisce che sono sog

getti alla leva coloro che, sebbene abbiano perduto la cittadi

nanza italiana, sono rimasti obbligati al servizio militare a teno

re delle leggi vigenti in materia di cittadinanza; dalla seconda

delle disposizioni impugnate (ora abrogata) risultala] che il

cittadino italiano che spontaneamente acquistasse una cittadi

nanza straniera e avesse stabilito o stabilisse all'estero la pro

pria residenza perdeva la cittadinanza italiana (art. 8, 1° comma,

n. 1,1. n. 555 del 1912) ma che (art. 8 medesimo, ultimo com

ma) la perdita della cittadinanza in questo caso non esimeva da

gli obblighi del servizio militare. L'avvenuta modificazione intervenuta nella normativa ri

chiamata richiede che sia precisata preliminarmente la portata della questione di cui questa corte si trova a essere investita.

L'abrogazione della legge sulla cittadinanza del 1912 disposta dall'art. 26, 1° comma, 1. 5 febbraio 1992 n. 91 (nuove norme

sulla cittadinanza), e quindi anche l'abrogazione del citato art.

8, senza che la nuova legge stabilisca a sua volta caso alcuno di

obblighi militari permanenti a carico di coloro che perdano la

cittadinanza italiana, comporta che il rinvio operato dall'art. 1,

1° comma, lett. b), d.p.r. n. 237 del 1964 ai casi previsti dalle

«leggi vigenti in materia di cittadinanza» in cui la perdita della

cittadinanza lasci sussistere l'obbligo militare sia attualmente,

privo di oggetto: alla stregua della legislazione vigente, perdita della cittadinanza significa perciò eliminazione dell'obbligo militare. Quanto alle situazioni determinatesi anteriormente

l'art. 22 della legge sulla cittadinanza del 1992 — norma inter

temporale dettata per accordare il precedente regime al nuovo — ha previsto che, per coloro i quali, alla data di entrata in vi

gore della legge stessa, avessero già perduto la cittadinanza ita

liana ai sensi dell'art. 8 della legge sulla cittadinanza del 1912,

cessi ogni obbligo militare. Data la sua inequivoca formulazio

ne, la disposizione citata vale esclusivamente pro futuro, ma

degli obblighi militari per chi avesse perduto la cittadinanza nel periodo anteriore all'entrata in vigore della legge suddetta.

La Corte costituzionale aveva dichiarato l'incostituzionalità degli art.

1, lett. b), d.p.r. 237/64, e 8, ultimo comma, 1. 555/12, nella parte in cui

non prevedevano che fossero esentati dall'obbligo del servizio militare

coloro che avessero perduto la cittadinanza italiana a seguito dell'ac

quisto di quella di altro Stato nel quale avessero giù prestato servizio

military (sent. 19 ottobre 1988, n. 974, Foro it., 1988, I, 3513, con nota

di richiami) e nella parte in cui non prevedevano che fossero esentati

dagli obblighi di leva coloro che avessero perduto la cittadinanza italia

na a seguito dell'acquisto di quella di un altro Stato nel quale fossero

tenuti a prestare il servizio militare (sent. 17 giugno 1992, n. 278, id.,

1992, I, 2596, con nota di richiami). Nella pronuncia in epigrafe la

corte si fonda invece esclusivamente sul principio di conformazione

alle norme di diritto internazionale che vietano di imporre il servizio

militare a quanti abbiano ormai perduto la cittadinanza e non alla fina

lità di evitare una doppia imposizione del servizio militare. Più di recente la Corte costituzionale ha dichiarato infondata la que

stione di costituzionalità degli art. 1, 1° comma, lett. c), d.p.r. 237/64, e

16, 1° comma, 1. 91/92, nella parte in cui prevedono l'assoggettamento alla leva militare degli apolidi residenti nel territorio della repubblica: v. sent. 18 maggio 1999, n. 172, id., 1999, 1, 2447, con nota di richia mi. Per il riconoscimento del beneficio della dispensa dal servizio mi

litare di leva ai soli profughi che siano in possesso dell'apposita atte

stazione rilasciata dal prefetto, e non anche ai loro familiari a carico, anche se forniti di cittadinanza italiana, v. Cons. Stato, sez. IV, ord. 14

maggio 1996, n. 664, id., Rep. 1996, voce Leva militare, n. 23. In ordine alle condizioni per la perdita della cittadinanza italiana, v.

Cass. 21 ottobre 1996, Caruana, id., Rep. 1997, voce Straniero, n. 59, secondo cui, perché un soggetto possa esser considerato a tutti gli ef

fetti «straniero», è necessario che egli, oltre ad avere acquisito la citta

dinanza di uno Stato estero, abbia anche perso la cittadinanza italiana da lui posseduta sin dalla nascita; Trib. Roma 19 marzo 1994, id., 1995, I, 164Ì, con nota di richiami, il quale ha ritenuto che, posto che per la

perdita della cittadinanza italiana occorre anche il requisito della spon taneità dell'acquisto di altra cittadinanza, resta cittadino italiano chi abbia ottenuto la cittadinanza palestinese per necessità (nella specie, per leggi razziali e sopravvenuto stato di belligeranza contro l'Italia) e sia poi divenuto cittadino israeliano in via automatica (nella specie, in virtù della legge israeliana che concedeva la cittadinanza a tutti gli im

migrati di stirpe ebraica che non avessero mostrato precedentemente una contraria volontà).

This content downloaded from 91.220.202.155 on Sat, 28 Jun 2014 07:34:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sentenza 15 maggio 2001, n. 131 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 23 maggio 2001, n. 20); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; A.P. Ord. App. mil. 7 aprile 2000 (G.U., 1as.s., n.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

non elimina retroattivamente la soggezione all'obbligo militare,

per il periodo anteriore all'entrata in vigore della nuova legge (15 agosto 1992), di quanti avessero perduto la cittadinanza an

teriormente a quella data, sotto la vigenza delle disposizioni re

lativamente alle quali è stata sollevata la presente questione di

costituzionalità. La vicenda che ha dato luogo al giudizio presso la Corte militare d'appello (parzialmente) cade per l'appunto

secondo quanto ricordato nella esposizione dei fatti — sotto la

previsione della perdurante esistenza dell'obbligo militare. La

questione che questa corte si trova quindi a esaminare riguarda esclusivamente la limitata ipotesi della persistenza degli obbli

ghi militari nel periodo anteriore all'entrata in vigore della 1. n.

91 del 1992, obblighi gravanti su chi avesse perso la cittadinan

za italiana; mentre in tutti gli altri casi — i casi cioè della per dita della cittadinanza italiana successivamente all'entrata in vi

gore di tale legge, ovvero della perdita anteriore, con riguardo al

periodo successivo a tale data — il legislatore stesso ha già pre visto il venire meno dell'obbligo militare.

Data questa situazione normativa, il giudice rimettente ritiene

che la previsione dell'esistenza, per il periodo anteriore all'en

trata in vigore della 1. n. 91 del 1992, degli obblighi di leva a ca

rico di coloro i quali abbiano perduto la cittadinanza italiana a

seguito dell'acquisto di quella di altro Stato nel quale non siano

tenuti a prestare il servizio militare, violi l'art. 3 e l'art. 10, 1°

comma, Cost.: l'art. 3, in quanto essa determinerebbe una dispa rità di trattamento tra coloro che hanno perduto la cittadinanza

italiana in favore di quella di uno Stato nel quale sono tenuti a

prestare il servizio militare — soggetti esentati dal prestare il

servizio militare in Italia (sentenza n. 278 del 1992, Foro it.,

1992, I, 2596) — e coloro i quali, come nel caso oggetto del

giudizio della corte militare, hanno perduto la cittadinanza ita

liana per acquistare quella di uno Stato nel quale non è previsto il servizio militare obbligatorio

— soggetti non esentati —;

l'art. 10, 1° comma, in quanto la disciplina censurata si porreb be in contrasto con la norma del diritto internazionale general mente riconosciuta, richiamata dalla disposizione costituzionale

invocata, che vieta agli Stati di assoggettare agli obblighi milita

ri i cittadini di altri Stati. 2. - La questione è fondata in riferimento all'art. 10 Cost.

3. - Questa corte, dopo aver riconosciuto (con la sentenza n.

974 del 1988, id., 1988, I, 3513) l'illegittimità costituzionale della sottoposizione agli obblighi di leva di chi abbia perduto la

cittadinanza italiana a seguito dell'acquisto di quella di altro

Stato nel quale abbia già prestato il servizio militare, con la

sentenza n. 278 del 1992 ha esteso tale illegittimità al caso in

cui il soggetto, che aveva perduto la cittadinanza italiana, fosse

divenuto cittadino di uno Stato nel quale fosse tenuto a prestare il servizio militare. In tali casi, si trattava di ipotesi, reali o po tenziali, di doppia imposizione dei doveri militari nei confronti di chi avesse perso la cittadinanza italiana, avendone acquisita una di altro Stato. Nel caso ora all'esame, invece, la questione sollevata riguarda l'ipotesi di un'unica imposizione degli obbli

ghi militari da parte dell'ordinamento italiano, in quanto il sog

getto già cittadino italiano sia divenuto cittadino di uno Stato in

cui non esiste il servizio militare obbligatorio. Nei precedenti ricordati, la decisione di incostituzionalità è

stata affermata in base al doppio argomento, variamente intrec

ciato, dell'irragionevolezza della legge e dell'esistenza di nor

me di diritto internazionale che, oltre a perseguire l'obiettivo

della riduzione dei casi di doppia cittadinanza, escludono la

doppia imposizione dell'obbligo militare. Ma, nella sentenza n.

278 del 1992 cit., questa corte ha riconosciuto l'esistenza di una

norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta che,

indipendentemente dall'esistenza di una doppia imposizione, vincola gli Stati a non assoggettare a obblighi militari i cittadini

di altri Stati (sul diverso caso degli apolidi, invece, v. la senten

za n. 172 del 1999, id., 1999,1, 2447) e ha concluso che, in con

seguenza del principio di conformazione dell'ordinamento giu ridico italiano alle norme del diritto internazionale generalmente

riconosciute, principio sancito dall'art. 10, 1° comma, Cost.,

una normativa che imponesse loro il servizio militare sarebbe

incostituzionale.

Sebbene questa affermazione di principio abbia portata gene

rale, in quella circostanza la declaratoria d'incostituzionalità

delle disposizioni allora, come ora, sottoposte al controllo di co

stituzionalità fu circoscritta al solo caso dell'imposizione del

l'obbligo militare a coloro che avessero perduto la cittadinanza

Il Foro Italiano — 2001.

italiana a seguito dell'acquisto di quella di altro Stato nel quale fossero tenuti a prestare il servizio militare. Ciò in ragione della

formulazione della questione alla stregua della rilevanza ch'essa

assumeva nel giudizio dal quale veniva proposta. Ma la mede

sima affermazione di principio, della quale deve confermarsi la

validità, nella presente. circostanza conduce all'accoglimento della questione con riferimento a tutti i soggetti, già cittadini

italiani, che abbiano perduta l'originaria cittadinanza per averne

acquisita una di altro Stato a norma dell'art. 8, 1° comma, n. 1, 1. n. 555 del 1912, indipendentemente dal fatto che essi, secondo

la legislazione di quest'ultimo Stato, siano o non siano tenuti

alla prestazione del servizio militare.

4. - Nell'accoglimento della questione di costituzionalità

sulla base dell'evocato art. 10, 1° comma, Cost., si intende as

sorbita la censura prospettata in riferimento all'art. 3 Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale degli art. 1,1° comma, lett. b), d.p.r. 14 feb

braio 1964 n. 237 (leva e reclutamento obbligatorio nell'eserci

to, nella marina e nell'aeronautica), e 8, ultimo comma, 1. 13

giugno 1912 n. 555 (sulla cittadinanza italiana), nella parte in

cui non prevedono che siano esentati dagli obblighi di leva colo

ro che abbiano perduto la cittadinanza italiana a seguito dell'ac

quisto di quella di altro Stato, a norma dell'art. 8, 1° comma, n.

1,1. n. 555 del 1912.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 9 maggio 2001, n. 115 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 maggio 2001, n. 19); Pres. Ruperto, Est. Neppi Modona; interv. Pres. cons,

ministri. Orci. G.u.p. Trib. Imperia 14 gennaio 2000, G.u.p. Trib. Bologna 19 gennaio 2000, G.u.p. Trib. Roma 4 aprile 2000, Trib. Firenze 9, 10, 16 e 19 maggio 2000 (G.U., 1a s.s., nn. 23, 24, 29, 37, 38 e 44 del 2000).

Giudizio abbreviato — Nuova disciplina — Richiesta sem plice dell'imputato — Poteri del giudice — Poteri del pubblico ministero — Questioni infondate di costituziona

lità (Cost., art. 3, 24, 27, 97, 101, 102, 111; cod. proc. pen., art. 438).

Giudizio abbreviato — Nuova disciplina — Atti utilizzabili — Questione manifestamente infondata di costituzionalità

(Cost., art. 3; cod. proc. pen., art. 442). Giudizio abbreviato — Nuova disciplina — Regime di pub

blicità dell'udienza — Questione manifestamente inam

missibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 10, 101, 102; cod. proc. pen., art. 441).

Giudizio abbreviato — Nuova disciplina — Attribuzione al

medesimo giudice di poteri istruttori e decisori — Difetto

di motivazione sulla rilevanza — Questione manifesta

mente inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 24, 111; cod. proc. pen., art. 441).

Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.

438 c.p.p., nella parte in cui, a fronte della richiesta semplice di giudizio abbreviato formulata dall'imputato, non prevede il potere del giudice di delibare, in via preliminare, circa la

decidibilità del processo allo stato degli atti, e nella parte in

cui non prevede il potere del pubblico ministero di interloqui re in ordine all'ammissibilità della richiesta di giudizio ab breviato formulata dall'imputato, in riferimento agli art. 3,

24, 27, 1° e 3° comma, 97, 101, 2° comma, 102, 1° comma, e

111 Cost. (1)

(1-4) L'interprete che intendesse farsi carico di estrapolare, dal tes suto motivativo della su riprodotta pronuncia (su cui cfr., per una prima lettura. Bricchetti, Coerenti con la natura del rito speciale i limiti al

This content downloaded from 91.220.202.155 on Sat, 28 Jun 2014 07:34:33 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended