sentenza 15 maggio 2001, n. 131 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 maggio 2001, n. 20);Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; A.P. Ord. App. mil. 7 aprile 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 27 del 2000)Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2001), pp. 2147/2148-2149/2150Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196087 .
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2147 PARTE PRIMA
ziale con atti parlamentari tipici svolti nell'esercizio di tali fun
zioni. La prerogativa parlamentare non può infatti essere estesa sino
a comprendere gli insulti — di cui è comunque discutibile la
qualificazione come opinioni — solo perché collegati con le
«battaglie» condotte da esponenti parlamentari in favore delle
loro tesi politiche; così argomentando, il nesso funzionale, lungi dal tradursi in una corrispondenza tra espressioni verbali e atti
parlamentari tipici, si risolverebbe in un generico collegamento con un contesto politico indeterminabile, del tutto avulso dall'e
sercizio di funzioni parlamentari suscettibili di essere con
cretamente individuate.
A maggior ragione la prerogativa parlamentare di cui all'art.
68 Cost, non può essere riferita ai comportamenti materiali che
sono stati qualificati come resistenza a pubblico ufficiale.
L'art. 68, 1° comma, Cost, si riferisce unicamente alle «opi nioni espresse» e ai «voti dati» dai membri del parlamento nel
l'esercizio delle loro funzioni, mentre gli atti di resistenza e di
violenza descritti nel capo di imputazione riprodotto nell'ordi
nanza della corte d'appello ricorrente non sono in alcun modo
qualificabili come tali. Adottando le deliberazioni di insindacabilità in oggetto, la
camera dei deputati ha perciò interferito illegittimamente con le
attribuzioni dell'autorità giudiziaria; di conseguenza deve essere
disposto l'annullamento delle deliberazioni oggetto di impu
gnativa. Per questi motivi, la Corte costituzionale:
dichiara che non spetta alla camera dei deputati deliberare che
i fatti per i quali è in corso avanti alla Corte d'appello di Milano
procedimento penale nei confronti dei deputati Roberto Maroni,
Umberto Bossi, Davide Carlo Capanni, Piergiorgio Martinelli e
Roberto Calderoli per i reati di oltraggio e di resistenza a pub blico ufficiale, e del deputato Mario Borghezio per il reato di
oltraggio, concernono opinioni espresse nell'esercizio delle loro
funzioni a norma dell'art. 68, 1° comma, Cost.;
annulla, per l'effetto, le deliberazioni di insindacabilità adot
tate dalla camera dei deputati nella seduta del 16 marzo 1999.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 maggio 2001, n.
131 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 maggio 2001, n.
20); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; A.P. Ord. App. mil. 7
aprile 2000 (G.U., la s.s., n. 27 del 2000).
Leva militare — Perdita della cittadinanza italiana a seguito di acquisto di altra cittadinanza — Obblighi di leva —
Permanenza — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 10; 1. 13
giugno 1912 n. 555, sulla cittadinanza italiana, art. 8; d.p.r. 14
febbraio 1964 n. 237, leva e reclutamento obbligatorio nel
l'esercito, nella marina e nell'aeronautica, art. 1; 1. 5 febbraio
1992 n. 91, nuove norme sulla cittadinanza, art. 22, 26).
Sono incostituzionali gli art. 1,1° comma, lett. bj, d.p.r. 14 feb braio 1964 n. 237, e 8, ultimo comma, l. 13 giugno 1912 n.
555, nella parte in cui non prevedono che siano esentati dagli
obblighi di leva coloro che abbiano perduto la cittadinanza
italiana a seguito dell'acquisto di quella di altro Stato, ai
sensi dell'art. 8, 1° comma, n. 1, stessa l. 555/12. (1)
(1) A seguito della 1. 5 febbraio 1992 n. 91, contenente nuove norme sulla cittadinanza, non sussiste alcun obbligo militare per quanti abbia no perduto la cittadinanza italiana dopo l'entrata in vigore della legge stessa o con riguardo al periodo successivo a tale data. Con la decisione in epigrafe pertanto la corte dichiara l'illegittimità costituzionale delle
disposizioni impugnate per la parte in cui prevedevano la persistenza
Il Foro Italiano — 2001.
Diritto. — 1. - La Corte militare di appello dubita della legit timità costituzionale dell'art. 1, 1° comma, lett. b), d.p.r. 14
febbraio 1964 n. 237 (leva e reclutamento obbligatorio nel
l'esercito, nella marina e nell'aeronautica), e dell'art. 8, ultimo
comma, 1. 13 giugno 1912 n. 555 (sulla cittadinanza italiana).
La prima delle disposizioni impugnate stabilisce che sono sog
getti alla leva coloro che, sebbene abbiano perduto la cittadi
nanza italiana, sono rimasti obbligati al servizio militare a teno
re delle leggi vigenti in materia di cittadinanza; dalla seconda
delle disposizioni impugnate (ora abrogata) risultala] che il
cittadino italiano che spontaneamente acquistasse una cittadi
nanza straniera e avesse stabilito o stabilisse all'estero la pro
pria residenza perdeva la cittadinanza italiana (art. 8, 1° comma,
n. 1,1. n. 555 del 1912) ma che (art. 8 medesimo, ultimo com
ma) la perdita della cittadinanza in questo caso non esimeva da
gli obblighi del servizio militare. L'avvenuta modificazione intervenuta nella normativa ri
chiamata richiede che sia precisata preliminarmente la portata della questione di cui questa corte si trova a essere investita.
L'abrogazione della legge sulla cittadinanza del 1912 disposta dall'art. 26, 1° comma, 1. 5 febbraio 1992 n. 91 (nuove norme
sulla cittadinanza), e quindi anche l'abrogazione del citato art.
8, senza che la nuova legge stabilisca a sua volta caso alcuno di
obblighi militari permanenti a carico di coloro che perdano la
cittadinanza italiana, comporta che il rinvio operato dall'art. 1,
1° comma, lett. b), d.p.r. n. 237 del 1964 ai casi previsti dalle
«leggi vigenti in materia di cittadinanza» in cui la perdita della
cittadinanza lasci sussistere l'obbligo militare sia attualmente,
privo di oggetto: alla stregua della legislazione vigente, perdita della cittadinanza significa perciò eliminazione dell'obbligo militare. Quanto alle situazioni determinatesi anteriormente
l'art. 22 della legge sulla cittadinanza del 1992 — norma inter
temporale dettata per accordare il precedente regime al nuovo — ha previsto che, per coloro i quali, alla data di entrata in vi
gore della legge stessa, avessero già perduto la cittadinanza ita
liana ai sensi dell'art. 8 della legge sulla cittadinanza del 1912,
cessi ogni obbligo militare. Data la sua inequivoca formulazio
ne, la disposizione citata vale esclusivamente pro futuro, ma
degli obblighi militari per chi avesse perduto la cittadinanza nel periodo anteriore all'entrata in vigore della legge suddetta.
La Corte costituzionale aveva dichiarato l'incostituzionalità degli art.
1, lett. b), d.p.r. 237/64, e 8, ultimo comma, 1. 555/12, nella parte in cui
non prevedevano che fossero esentati dall'obbligo del servizio militare
coloro che avessero perduto la cittadinanza italiana a seguito dell'ac
quisto di quella di altro Stato nel quale avessero giù prestato servizio
military (sent. 19 ottobre 1988, n. 974, Foro it., 1988, I, 3513, con nota
di richiami) e nella parte in cui non prevedevano che fossero esentati
dagli obblighi di leva coloro che avessero perduto la cittadinanza italia
na a seguito dell'acquisto di quella di un altro Stato nel quale fossero
tenuti a prestare il servizio militare (sent. 17 giugno 1992, n. 278, id.,
1992, I, 2596, con nota di richiami). Nella pronuncia in epigrafe la
corte si fonda invece esclusivamente sul principio di conformazione
alle norme di diritto internazionale che vietano di imporre il servizio
militare a quanti abbiano ormai perduto la cittadinanza e non alla fina
lità di evitare una doppia imposizione del servizio militare. Più di recente la Corte costituzionale ha dichiarato infondata la que
stione di costituzionalità degli art. 1, 1° comma, lett. c), d.p.r. 237/64, e
16, 1° comma, 1. 91/92, nella parte in cui prevedono l'assoggettamento alla leva militare degli apolidi residenti nel territorio della repubblica: v. sent. 18 maggio 1999, n. 172, id., 1999, 1, 2447, con nota di richia mi. Per il riconoscimento del beneficio della dispensa dal servizio mi
litare di leva ai soli profughi che siano in possesso dell'apposita atte
stazione rilasciata dal prefetto, e non anche ai loro familiari a carico, anche se forniti di cittadinanza italiana, v. Cons. Stato, sez. IV, ord. 14
maggio 1996, n. 664, id., Rep. 1996, voce Leva militare, n. 23. In ordine alle condizioni per la perdita della cittadinanza italiana, v.
Cass. 21 ottobre 1996, Caruana, id., Rep. 1997, voce Straniero, n. 59, secondo cui, perché un soggetto possa esser considerato a tutti gli ef
fetti «straniero», è necessario che egli, oltre ad avere acquisito la citta
dinanza di uno Stato estero, abbia anche perso la cittadinanza italiana da lui posseduta sin dalla nascita; Trib. Roma 19 marzo 1994, id., 1995, I, 164Ì, con nota di richiami, il quale ha ritenuto che, posto che per la
perdita della cittadinanza italiana occorre anche il requisito della spon taneità dell'acquisto di altra cittadinanza, resta cittadino italiano chi abbia ottenuto la cittadinanza palestinese per necessità (nella specie, per leggi razziali e sopravvenuto stato di belligeranza contro l'Italia) e sia poi divenuto cittadino israeliano in via automatica (nella specie, in virtù della legge israeliana che concedeva la cittadinanza a tutti gli im
migrati di stirpe ebraica che non avessero mostrato precedentemente una contraria volontà).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
non elimina retroattivamente la soggezione all'obbligo militare,
per il periodo anteriore all'entrata in vigore della nuova legge (15 agosto 1992), di quanti avessero perduto la cittadinanza an
teriormente a quella data, sotto la vigenza delle disposizioni re
lativamente alle quali è stata sollevata la presente questione di
costituzionalità. La vicenda che ha dato luogo al giudizio presso la Corte militare d'appello (parzialmente) cade per l'appunto
—
secondo quanto ricordato nella esposizione dei fatti — sotto la
previsione della perdurante esistenza dell'obbligo militare. La
questione che questa corte si trova quindi a esaminare riguarda esclusivamente la limitata ipotesi della persistenza degli obbli
ghi militari nel periodo anteriore all'entrata in vigore della 1. n.
91 del 1992, obblighi gravanti su chi avesse perso la cittadinan
za italiana; mentre in tutti gli altri casi — i casi cioè della per dita della cittadinanza italiana successivamente all'entrata in vi
gore di tale legge, ovvero della perdita anteriore, con riguardo al
periodo successivo a tale data — il legislatore stesso ha già pre visto il venire meno dell'obbligo militare.
Data questa situazione normativa, il giudice rimettente ritiene
che la previsione dell'esistenza, per il periodo anteriore all'en
trata in vigore della 1. n. 91 del 1992, degli obblighi di leva a ca
rico di coloro i quali abbiano perduto la cittadinanza italiana a
seguito dell'acquisto di quella di altro Stato nel quale non siano
tenuti a prestare il servizio militare, violi l'art. 3 e l'art. 10, 1°
comma, Cost.: l'art. 3, in quanto essa determinerebbe una dispa rità di trattamento tra coloro che hanno perduto la cittadinanza
italiana in favore di quella di uno Stato nel quale sono tenuti a
prestare il servizio militare — soggetti esentati dal prestare il
servizio militare in Italia (sentenza n. 278 del 1992, Foro it.,
1992, I, 2596) — e coloro i quali, come nel caso oggetto del
giudizio della corte militare, hanno perduto la cittadinanza ita
liana per acquistare quella di uno Stato nel quale non è previsto il servizio militare obbligatorio
— soggetti non esentati —;
l'art. 10, 1° comma, in quanto la disciplina censurata si porreb be in contrasto con la norma del diritto internazionale general mente riconosciuta, richiamata dalla disposizione costituzionale
invocata, che vieta agli Stati di assoggettare agli obblighi milita
ri i cittadini di altri Stati. 2. - La questione è fondata in riferimento all'art. 10 Cost.
3. - Questa corte, dopo aver riconosciuto (con la sentenza n.
974 del 1988, id., 1988, I, 3513) l'illegittimità costituzionale della sottoposizione agli obblighi di leva di chi abbia perduto la
cittadinanza italiana a seguito dell'acquisto di quella di altro
Stato nel quale abbia già prestato il servizio militare, con la
sentenza n. 278 del 1992 ha esteso tale illegittimità al caso in
cui il soggetto, che aveva perduto la cittadinanza italiana, fosse
divenuto cittadino di uno Stato nel quale fosse tenuto a prestare il servizio militare. In tali casi, si trattava di ipotesi, reali o po tenziali, di doppia imposizione dei doveri militari nei confronti di chi avesse perso la cittadinanza italiana, avendone acquisita una di altro Stato. Nel caso ora all'esame, invece, la questione sollevata riguarda l'ipotesi di un'unica imposizione degli obbli
ghi militari da parte dell'ordinamento italiano, in quanto il sog
getto già cittadino italiano sia divenuto cittadino di uno Stato in
cui non esiste il servizio militare obbligatorio. Nei precedenti ricordati, la decisione di incostituzionalità è
stata affermata in base al doppio argomento, variamente intrec
ciato, dell'irragionevolezza della legge e dell'esistenza di nor
me di diritto internazionale che, oltre a perseguire l'obiettivo
della riduzione dei casi di doppia cittadinanza, escludono la
doppia imposizione dell'obbligo militare. Ma, nella sentenza n.
278 del 1992 cit., questa corte ha riconosciuto l'esistenza di una
norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta che,
indipendentemente dall'esistenza di una doppia imposizione, vincola gli Stati a non assoggettare a obblighi militari i cittadini
di altri Stati (sul diverso caso degli apolidi, invece, v. la senten
za n. 172 del 1999, id., 1999,1, 2447) e ha concluso che, in con
seguenza del principio di conformazione dell'ordinamento giu ridico italiano alle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute, principio sancito dall'art. 10, 1° comma, Cost.,
una normativa che imponesse loro il servizio militare sarebbe
incostituzionale.
Sebbene questa affermazione di principio abbia portata gene
rale, in quella circostanza la declaratoria d'incostituzionalità
delle disposizioni allora, come ora, sottoposte al controllo di co
stituzionalità fu circoscritta al solo caso dell'imposizione del
l'obbligo militare a coloro che avessero perduto la cittadinanza
Il Foro Italiano — 2001.
italiana a seguito dell'acquisto di quella di altro Stato nel quale fossero tenuti a prestare il servizio militare. Ciò in ragione della
formulazione della questione alla stregua della rilevanza ch'essa
assumeva nel giudizio dal quale veniva proposta. Ma la mede
sima affermazione di principio, della quale deve confermarsi la
validità, nella presente. circostanza conduce all'accoglimento della questione con riferimento a tutti i soggetti, già cittadini
italiani, che abbiano perduta l'originaria cittadinanza per averne
acquisita una di altro Stato a norma dell'art. 8, 1° comma, n. 1, 1. n. 555 del 1912, indipendentemente dal fatto che essi, secondo
la legislazione di quest'ultimo Stato, siano o non siano tenuti
alla prestazione del servizio militare.
4. - Nell'accoglimento della questione di costituzionalità
sulla base dell'evocato art. 10, 1° comma, Cost., si intende as
sorbita la censura prospettata in riferimento all'art. 3 Cost.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale degli art. 1,1° comma, lett. b), d.p.r. 14 feb
braio 1964 n. 237 (leva e reclutamento obbligatorio nell'eserci
to, nella marina e nell'aeronautica), e 8, ultimo comma, 1. 13
giugno 1912 n. 555 (sulla cittadinanza italiana), nella parte in
cui non prevedono che siano esentati dagli obblighi di leva colo
ro che abbiano perduto la cittadinanza italiana a seguito dell'ac
quisto di quella di altro Stato, a norma dell'art. 8, 1° comma, n.
1,1. n. 555 del 1912.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 9 maggio 2001, n. 115 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 maggio 2001, n. 19); Pres. Ruperto, Est. Neppi Modona; interv. Pres. cons,
ministri. Orci. G.u.p. Trib. Imperia 14 gennaio 2000, G.u.p. Trib. Bologna 19 gennaio 2000, G.u.p. Trib. Roma 4 aprile 2000, Trib. Firenze 9, 10, 16 e 19 maggio 2000 (G.U., 1a s.s., nn. 23, 24, 29, 37, 38 e 44 del 2000).
Giudizio abbreviato — Nuova disciplina — Richiesta sem plice dell'imputato — Poteri del giudice — Poteri del pubblico ministero — Questioni infondate di costituziona
lità (Cost., art. 3, 24, 27, 97, 101, 102, 111; cod. proc. pen., art. 438).
Giudizio abbreviato — Nuova disciplina — Atti utilizzabili — Questione manifestamente infondata di costituzionalità
(Cost., art. 3; cod. proc. pen., art. 442). Giudizio abbreviato — Nuova disciplina — Regime di pub
blicità dell'udienza — Questione manifestamente inam
missibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 10, 101, 102; cod. proc. pen., art. 441).
Giudizio abbreviato — Nuova disciplina — Attribuzione al
medesimo giudice di poteri istruttori e decisori — Difetto
di motivazione sulla rilevanza — Questione manifesta
mente inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 24, 111; cod. proc. pen., art. 441).
Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
438 c.p.p., nella parte in cui, a fronte della richiesta semplice di giudizio abbreviato formulata dall'imputato, non prevede il potere del giudice di delibare, in via preliminare, circa la
decidibilità del processo allo stato degli atti, e nella parte in
cui non prevede il potere del pubblico ministero di interloqui re in ordine all'ammissibilità della richiesta di giudizio ab breviato formulata dall'imputato, in riferimento agli art. 3,
24, 27, 1° e 3° comma, 97, 101, 2° comma, 102, 1° comma, e
111 Cost. (1)
(1-4) L'interprete che intendesse farsi carico di estrapolare, dal tes suto motivativo della su riprodotta pronuncia (su cui cfr., per una prima lettura. Bricchetti, Coerenti con la natura del rito speciale i limiti al
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