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Sentenza 15 novembre 1963; Giud. Pizzorusso; imp. Osella (Avv. Garbuglia)

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Sentenza 15 novembre 1963; Giud. Pizzorusso; imp. Osella (Avv. Garbuglia) Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 1 (1964), pp. 29/30-33/34 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152808 . Accessed: 25/06/2014 05:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.106 on Wed, 25 Jun 2014 05:21:19 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sentenza 15 novembre 1963; Giud. Pizzorusso; imp. Osella (Avv. Garbuglia)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 1 (1964), pp. 29/30-33/34Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152808 .

Accessed: 25/06/2014 05:21

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29 GIURISPRUDENZA PENALE 30

della applicazione di magistrati di altri uffici; possibilitä questa ohe, d'altro canto, dall'ordinamento del 1941 e

prevista (art. Ill) solo per i tribunali ai quali siano asse

gnati non piu di sei giudiei (che normalmente non sono divisi in sezioni) e soltanto in casi di eccezionali esigenze conformemente a quanto disponeva l'art. 38 dell'ordina mento del 1923.

La legge in sostanza ha tenuto conto che, quanto mag giore e il numero dei magistrati assegnato ad un ufficio, tanto piu agevole e provvedere mediante supplenza (in

terna) alle esigenze di funzionamento delle singole sezioni. Ma ciõ e vero solo in quanto la legge non ponga limiti

alla possibilitä di utilizzazione dei componenti 1'ufficio,

per le supplenze, per cosi dire, interne. A prima vista potrebbe apparire che 1'ultimo comma

deU'art. 97, dato che le precedenti enunciazioni trattano

solo di supplenze con magistrati di altre sezioni, acquisti significato ristretto di «collegio sezionale », ma, tota lege perspeeta, appare risolutivo in contrario che, sia nel pre cedente sia nell'attuale ordinamento, come giä si e accen

nato, sia prevista la supplenza mediante magistrati di altro

ufficio prima ed indipendentemente dall'ipotesi dell'appli cazione.

II fatto che nell'ordinamento attuale tali previsioni siano collocate in sede propria (art. 105 e 108), anziche nella

stessa disposizione riguardante le supplenze interne, non

modifiea evidentemente le situazioni dal punto di vista

esegetico. Infine non puõ pretermettersi il richiamo all'ultima

parte dell'art. Ill, per la quale l'applicato non e conside rato membro estraneo ai tribunale, come indice che ciõ che si e inteso vietare nell'art. 97 e la presenza di piu di un

supplente estraneo. In altri termini il legislatore del 1941, svincolato dalla necessitä di comprfndere sotto un'unica

enunciazione sia i tribunali sia le corti (dovendo provvt dere solo per taluni tribunali) ha abbandonato il termine

equivoco usato nell'ultimo comma dell'art. 97, rilevando

cosi il vero significato di questo. In sostanza, prevedendosi, oltre 1'ipotesi dell'art. 105,

l'intervento di un giudice estraneo all'organico, per ecce

zionali situazioni non si fe voluto che il disposto dell'art. 97, ult. comma, vanificasse l'efficacia del rimedio, precludendo la possibilitä di ricorso all'art. 105 (art. 37 ord. 1923). A

tale fine si e precisato che l'applicato non fa numero rispetto al disposto dell'art. 97, ult. comma.

Va aggiunto che la stessa relazione ministeriale sopra ricordata all'ordinamento del 1941, nella parte concernente

le supplenze e le applicazioni, esclude chiaramente, come

sopra si e visto, qualsiasi significato innovativo delle nuove

disposizioni. Che nel caso in esame si versi in materia di supplenza

di altri magistrati e non di istituzioni di una sezione penale in soprannumero, e dato rilevarlo dalla stessa motivazione

del decreto che, ai fini di eliminare l'arretrato della prima sezione penale, specie in vista della prescrizione di alcuni

procedimenti, ritenne di adottare l'unica soluzione possibile in quella contingenza, aggiungere cioe magistrati di altre sezioni a quelli giä addetti alia prima sezione penale, insuf

ficienti a risolvere da soli l'inconveniente verificatosi. Donde la necessitä di ricorrere all'istituto della supplenza previsto dall'art. 97 sopra menzionato. (Omissis)

Per questi motivi, rigetta., ecc.

PRETURA DI MONCALIERI

(Sezione distaccata di Carmapola)

Sentenza 15 novembre 1963 ; Giud. Pizzorusso ; imp. Osella (Aw. Garbuglia).

Sicurezza pubblica — Chiusura domenieale di eser

cizi pubblici, disposta coil ordinanza prefettizia —

Mancala pubblicazione del successivo dccreto di

sospensione — Coiitravvenzione — Elemeiito psi

cologico Insussistenza — Fattispecie (Cod. pen., art. 42, 665 ; legge 7 luglio 1907 n. 489, sul riposo set

timanale, art. 14 ; legge 16 giugno 1932 n. 973, riposo settimanale o festivo nol commercio, ed orari dei ne

gozi ed esereizi di vendita, art. 2, 3 ; legge 22 febbraio

1934 n. 370, riposo domenicale e settimanale, art. 29).

Poiche i deoreti, con i quali i prefetti, ai sensi dell'art. 2

della legge 16 giugno 1932 n. 973, disciplinano la chiu

sura domenisale degli esercizi, acqwistano efficacia sol

se siano stati assoggettati ad uim forma di pubblicazione,

Vohbligo di chiusura, disposto con decreto debitamente

pubblicato, non vien meno se il successivo decreto di so

spensione della chiusura non e stato assoggettato a pub blicazione. (1)

Peraltro, difetta I'elemento psicologico della contravvenzione

agli art. 2 e 3 della legge 16 giugno 1932 n. 973, se il ne

goziante lia aperto il proprio eseraizio affiggendo sulla

porta il decreto prefettizio di revoca. (2)

II Pretore, ecc. — Fatto. — Con verbale 7 maggio 1963, i earabinieri della stazione di Carignano riferivano a questo ufficio eke da qualche tempo i commercianti di quella cittä, nell'ambito della loro assoeiazione di categoria, stavano

cercando di raggiungere un accordo per l'effettuazione del

riposo settimanale e ehe mentre alcuni volevano eliiudere i

negozi alia domenica, altri volevano chiuderli al lunedi, ed altri non volevano chiuderli mai; eke ad un certo punto la giunta oomunale aveva approvato a maggioranza una de

liberazione, con la quale auspicava la chiusura domenicale

e eke in seguito ad essa il prefetto di Torino aveva adottato

il decreto n. 92000 del 9 dicembre 1962 eke disponeva ap

punto in tal senso ; eke i commercianti, rimasti scontenti

di tale decisione, avevano ekiesto al prefetto la revoca

del provvedimento facendo rilevare eke la ckiusura dome

nicale avrebbe arrecato grave danno a loro ed all'economia

cittadina ; eke il 7 aprile aveva avuto luogo un referendum

organizzato dall'associazione commercianti con l'assistenza

di un notaio, dal quale era risultato eke 78 negoziariti, su

86 partecipanti al referendum, erano contrari alia ekiusura ;

(1-2) La giurisprudenza criticata nel testo, ehe ha ritenxito norma sanzionatrice applicabile alia contravvenzione in que stione l'art. 655 cod. pen., e rappresentata da Cass. 27 marzo 1956, Rossi e 15 maggio 1956, Viale, Foro it., Rep. 1956, voce Sicurezza pubblica, nn. 73, 74 ; Pret. Trieste 19 settembre 1952, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 236, 237 ; Cass. 8 novembre 1951, Gullo, id., Rep. 1952, voce cit., n. 292 ; Cass. 9 dicembre 1950, Tindari, id., Rep. 1951, voce cit., n. 121.

Unica decisione conforme a quella clie si annota risulta essere App. Trieste 29 novembre 1952, id., Rep. 1953, voce

cit., n. 235. Circa la pubblicazione dei decreti prefettizi, si vedano le

sentenze richiamate nella motivazione, e Ferrari, Quesiti vecchi e nuovi in tema di pubblicazione degli atti della'pubblica autorita, in Riv. trim. dir. pubbl., 1958, 435, nonche, la recentissima

monografia dell'estensore della sentenza riportata : Pizzorusso, La pubblicazione degli atti normalivi, 1963.

Sulla buona fede, in materia contravvenzionale Cass. 30

maggio 1961, Pellegrini, Foro it., Rep. 1961, voce Contravvenzione, nn. 1, 2 ; Prat. Portici 21 giugno 1960, id., Rep. 1961, voce

cit., n. 7 ; Cass. 5 marzo 1959, Miolato, id., Rep. 1959, voce

cit., nn. 6, 7, annotata da Sensale, In tema di elemento soggettivo nelle contravvenzioni, in Foro pen., 1959, 635 ; Cass. 17 marzo

1959, Valeri, Foro it., Rep. 1959, voce cit., nn. 4, 5 ; 11 dicembre

1958, Visconti, ibid., n. 2 ; 7 marzo 1957, Coppola, e 11 giugno 1957, Piliali, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 1-4 ; 19 maggio 1953, Silvestri, id., Rep. 1954, voce cit. n., 5 ; (contra) 12 maggio 1953, Bandelari, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 4, 5, annotata da Pia

cenza, Tentativi di soluzione di un vecchio problema : elemento

psicologico e cosiddetta buona fede nelle contravvenzioni, in Giust.

pen., 1954, II, 748 ; 23 ottobre 1951, Sartino, Foro it., Rep. 1952, voce cit., n. 13 ; Caponnetto, La buona fede nelle contrav

venzioni, in Critica pen., 1959, 261 ; Galli, Sull'elemento sog gettivo delle contravvenzioni, in Giust. pen., 1956, II, 340 ; Pio

letti, L'elemento soggettivo nelle contravvenzioni, in Riv. polizia, 1956, 377 ; De Mattia, Elemento psicologico e buona fede nelle

contravvenzioni, in Giust. pen., 1952, II, 215 ; Antolisei, La buona fede nelle contravvenzioni, in Scritti di diritto penale, 1955,

pag. 343 e segg.

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PARTE SECONDA

ohe in seguito a ciõ il prefetto, con suo decreto n. 25602 del

23 aprile 1962, aveva disposto la sospensione del preco dente decreto di cliiusura ; ehe taie decreto non era stato

eseguito dal sindaco di Carignano, all'uopo delegato, e, benebe in tal modo il precedente decreto di cliiusura, fosse

rimasto in vi go re, la domenica 5 maggio i verbalizzanti

avevano constatato come gli esercizi pubblici gestiti da

trentanove commercianti fossero aperti ai pubblico. A richiesta di questo ufficio, in data 21 maggio 1963

il sindaco di Carignano comunicava ebe egli aveva dato

esecuzione ai decreto prefettizio n. 92000 del 9 dicembre

1962, facendo affiggere appositi manifesti e ebe invece

il decreto prefettizio n. 25602 del 23 aprile 1963, della cui

esecuzione egli era stato parimenti incaricato, non era stato

fino a quel momento pubblicato. In seguito a ciõ, con altrettanti decreti ponali in data

28 giugno 1963, i trentanove contravventori venivano con

dannati alla pena di lire ottocento di ammenda, oltre ai

pagamento delle spese processuali, e ventiquattro di essi

proponevano tempestiva opposizione, affermando ebe dalla

data del decreto prefettizio n. 25602 (23 aprile) a quella del successivo decreto prefettizio n. 31933 dell'8 giugno 1963, ebe aveva poi definitivamente ripristinato la cbiu

sura domenicale, il comportamento da essi tenuto non po teva costituire reato. (Omissis)

Diritto. — E innanzi tutto da osservare ebe il compor tamento degli esercenti, i quali contravvengano alle dispo sizioni sull'orario di apertura e cliiusura dei negozi (a parte

quelli destinati alla vendita delle bevande alcoolicbe, per i quali dispone il t. u. delle leggi di p. s.), deve ritenersi

tuttora previsto e punito ai sensi degli art. 2 e 3 della legge 16 giugno 1932 n. 973, in relazione all'art. 14 della legge 7

luglio 1907 n. 489, e non in relazione all'art. 665, 3° comma, cod. pen., come affermato in alcuni autorevoli precedenti

giurisprudenziali (Cass., Sez. Ill, 9 dicembre 1950. imp. Tindari, Foro it., Rep. 1951, voce Sicurezza pubbl., n. 121 ; 14 maggio 1951, imp. Abba, id., Rep. 1952, voce Oontrav

venzione, n. 22) ; infatti, e bensi vero cbe l'art. 29 della

legge 22 febbraio 1934 n. 370, ba abrogato espressainente, sia l'intera legge 7 luglio 1907 n. 489, sia gli art. 1 e 2, lett. a, della legge 16 giugno 1932 n. 973, ma da ciõ deriva cbe sono

tuttora in vigore sia l'art. 2, lett. b, c e d, di quest'ultima, il quale riguarda appunto la cbiusura ferial© e festiva dogli esercizi pubblici, sia l'art. 3 della stessa, che rinvia quoad

poenam alia legge 7 luglio 1907 n. 489. E trattandosi di tin rinvio di questo genere, e cbiaro cbe esso non e affatto travolto dalla abrogazione del testo cui il rinvio veniva

operato. Cbe poi il combinato disposto di tali norme non sia

stato abrogato dal sopraggiunto art. 665 cod. pen., risulta

dalla evidente considerazione cbe la legge posteriore gene rale non abroga la legge anteriore special©, e non vi 6 dubbio cbe le disposizioni in esame, dirette a regolare il riposo set

timanale e festivo dei lavoratori del commercio, hanno carattere speciale rispetto alia disposizione del codice cbe

punisce le violazioni a qualsiasi genere di precetti cbe la

pubblica autorita abbia legittimamente adottato per disci

plinare l'attivita dei titolari di licenze di pubblici esercizi.

Ciõ premesso, occorre tenere presente cbe, per valutare la condotta deH'imputato, le norme di legge or ora ricbia mate devono essere ulteriormente combinate con le dispo sizioni contenute nel decreto prefettizio, emanato ai sensi deli'art. 2 della legge 16 giugno 1932 n. 973, cbe risulti

concretamente applicabile in relazione alia locality ove

l'imputato esercita il commercio.

Il punto õ oggetto di discussione in causa in quanto in relazione alia citta di Carignano ii prefetto di Torino ebbe ad emanare, dapprima, un decreto cbe disponeva la chiu sura domenicale e poi, il 23 aprile 1963, un altro decreto cbe sospendeva il precedente : e mentre e pacifico che il

primo fu sottoposto a pubblicazione mediante affissione di

manifesti neile vie cittadine e nell'albo pretorio (come ba

riferito il segretario comunale), e altrettanto certo cbe il

secondo non fu sottoposto a forma alcuna di pubblicita. Donde il problema di stabilire quale dei due dovesse essere

applicato alia data del 5 maggio 1963 quando e stata tenuta

la condotta che forma oggetto dell'imputazione. Per decidere su questo punto occorre osservare, da un

lato, clie i deoreti prefettizi che regolano l'apertura e la

eliiusura dei negozi presentano quei caratteri di generalitä, novita ed astrattezza che consentono di qualificarli come

atti normativi e, dall'altro lato, che puõ ritenersi recepito daH'ordinamento italiano il principio per cui tutti gli atti

normativi devono essere sottoposti ad una forma di pub

blicazione, concepita come condieio iwis rispetto alia loro

ontrata in vigore. Qust'ultimo principio e accolto espressa

mente, in relazione agli atti legislativi, dall'art. 73, 3°

comma, della Costituzione, e, in relazione ai regolamenti ed alle norme collettive, dall'art. 10 delle disposizioni

preliminari al codice civile, ma e da ritenere estensibile in

via di analogia anche a qualsiasi alt.ro tipo di atto norma

tivo che sia destinato ad operare nell'ordinamento giuridico italiano.

Anche i decreti prefettizi quindi, come la giurispru denza ha avuto occasione di chiarire (Cass. 9 dicembre

1950, Tindari, Fnro it., Rep. 1951, voce Atto ammin., n. 155 ; 27 ottobre 1951, Turrini, id., Rep. 1952, voce Sicurezza

pubbl., nn. 93-95 ; 29 novembre 1951, Sabatini, ibid., n. 92 ;

18 dicembre 1951, Barbieri, ibid., nn. 96-98 ; 3 maggio 1952,

Botero, ibid., voce Rifiuto di obbedienza, nn. 1, 2 ; 21 giu

gno 1954, Malaccari, id., Eep. 1954, voce cit., n. 8 ; 27

marzo 1958, Pierazzoli, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 7-9 ; 28 giugno 1958, Zini, id., Rep. 1959, voce Sicurezza pub blica, nn. 17. 18 ; 15 gennaio 1962, Martini, id., Rep.

1962, voce Lavoro (rapporto di), nn. 550, 551 ; nonche

Corte cost. 2 luglio 1956, n. 8, id., 1956, I, 1050, e 27 maggio

1961, n. 26, id., 1961, I, 888 e 1283), devono essere sotto

posti ad una forma di pubblicazione per poter svolgere

gli etfetti loro propri, cosicclie la pubblicazione esercita

anche rispetto ad essi il ruolo di condizione di efficacia :

e da ciõ deriva che un decreto prefettizio non puõ spiegare i propri effetti, quali che essi siano, finche non sia stato

sottoposto a pubblicazione. Non vale d'altronde obiettare che in relazione a certi

tipi di atti, come quello in esame, e incerto quale forma debba

assumere la pubblicazione, in quanto tale difficolta poträ essere superata, sia ricorrendo all'interpretazione analogica, con conseguente adozione delle forme prescritte per i casi

piu simili, sia consideraiulo la materia regolata da una

consuetudine praeter legem, qualora questa risulti in fatto

sussistente (e cosl sembra essere nella specie, dal momento

che il segretario comunale ha riferito che a Carignano da

molto tempo i decreti prefettizi di questo genere vengono

pubblicati mediante affissione per manifesti e nell'albo

pretorio, forma che egli ritiene quella prescritta, pur non

sapendo in base a quale disposizione di legge). Se cosi e, sembra cliiaro che la condotta osservata dai

commercianti di Carignano il 5 maggio 1963, deve essere

valutata alia stregua del decreto prefettizio del 9 dicembre

1962, e non in base a quello del 23 aprile, che non era ancora

efficace per mancanza di pubblicazione. Prima tuttavia di trarre da tali considerazioni le con

seguenze definitive in ordine alia decisione della causa, oc

corre soffermarsi a considerare quella che e l'intenzione in

base alia quale l'imputato ha agito. £ da ritenere infatti, in base alia nota interpretazione dell'art. 42, 4° comma, cod. pen., che anche per le contravvenzioni debba ricor

rere un atteggiamento psicologico della volonta corrispon dente, o alla colpa, o al dolo, ma che occorra comunque almeno la colpa perche il fatto põssa essere ritenuto perse

guibile. Nel caso in esame, l'atteggiamento psicologico dell'im

putato al momento della commissione del fatto-reato e

caratterizzato dalla consapevolezza che egli aveva, sia

dell'esistenza del secondo decreto prefettizio, di revoca

della chiusura domenicale, sia del rifiuto opposto dal sin -

daco alia richiesta di provvedere a rendere tale provvedi mento operante. In tale condizione non potrebbe parlarsi certamente di errore, in quanto, se errore vi e stato, questo ha riguardato le norme sull'efficacia degli atti normativi, le quali non possono certamente essere considerate extra

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33 GIÜRISPRUDENZA PENALE

penali ai sensi dell'art. 47, 3° comma, cod. pen., tn? puõ invece notarsi come I'atteggiamento psicologieo dell'im

putato non sia quello di chi tiene un comportamento valu tato sfavorevolmente dal diritto, ma al contrario quello di chi intende reagire ad un atto ingiusto altrui.

Dall'aecertamento dei fatti che ft emerso dal dibatti mento risulta infatti ehe i commercianti di Carignano hanno

agito nella precisa convinzione di ovviare al It conseguenze della illecita omissione realizzata dal sindaco col rifiutarsi di pubblicare il deereto prefettizio, come e dimostrato dal fatto che essi hanno cercato di supplire in qualclie modo all'inattivita di questo affiggendo una copia fotostatica del deereto del 23 aprile 1963 nolle proprie vetrine.

Ora, che il comportamento del sindaco di Carignano fosse iliegittimo non sembra dubbio (e questo pretore esa

miriera, in separata sede, se ricorrono i presupposti per esercitare l'azione penale nei suoi confronts) e ciõ colora in modo particolare il comportamento tenuto dall'imputato :

infatti, se non puõ qui farsi ricorso ad una precisa causa di giustificazione codificata (in quanto l'imputato non aveva un diritto, ma solo un interesse legittimo, a che il procedi mento di formazione del deereto prefettizio fosse perfezio na.to, e quindi non puõ parlarsi di legittima difesa), puõ perõ ammettersi, alla luee della dottrina elaborata da una.

importante scuola penalistica italiana, che non ricorre la « colpevolezza » quando l'imputato non si e reso conto in alcun modo che la sua condotta puõ costituire offesa di un bene tutelato penalmente e tale suo atteggiamento psico logico non e dovuto a colpa.

Tale appare essere la situazione del prevenuto, la cui «buona fede» e dimostrata dal fatto che, affiggendo il

deereto prefettizio sulla porta del proprio esercizio, egli ha

dimostrato nel modo piu palese di essere a conoscenza non solo del rifiuto del sindaco di provvedere a pubblicazione, ma anehe della necessita giuridica che una certa forma di

pubblieita dovesse intervenire perehe il deereto prefettizio potesse risultare operante, ed ha quindi cercato di soppe rirvi, affinche 1'iliegittimo comportamento altrui non gli arrecasse un danno ingiusto e quasi certamente irreparabile. La sua azione pertanto e stata diretta non tanto a 1 dere interessi altrui o a disubbidire agli ordini dell'autoritä,

quanto a ristabilire, seppure in una forma empirica ed irre

golare, quell'ordine giuridico che il comportamento ille cito del sindaco aveva turbato.

In considerazione di ciõ, l'imputato deve andare assolto

per mancanza dell'elemento psicologico del reato a lui ascritto.

Per questi motivi, ecc.

Rivista di Giurisprudenza Penale

Segreti (inviolabilitä dci) — Atti di uu procedimento penale — Pubblicazionc arbitraria — Incostitu zionalila della normativa — Qucstione non mani festamente infondata (Costituzione, art. 21 ; cod.

pen., art. 684; cod. proc. pen., art. 164).

Non 6 manifestamente infondata (e se ne rimette

quindi I'esame alia Corte oostituzionale) ]a questions d'in costituzionalitä degli art. 164 cod. proc. pen. e 684 cod.

pen., che incriminano l'arbitraria pubblicazione di atti di un procedimento penale, in riferimento all'art. 21 della Costituzione. (1)

Tribunale di Bologna; ordinanza 26 settembre 1963

(Oazzetta ufficiale 16 novembre 1963, n. 299) ; Pres. Berti P. ;

imp. Spadolini e La Yalle.

(1) II testo dell'ordinanza e riportato su Le Leggi, 1963, 1975.

IL Foro Itaxiano — Volume LXXXVII — Parte 77-3.

Dogana — Custodia preventive del trasgressorc —

Condizioni della successive liberazione — Que stione d'incostituzionalita noil manifestamente in fondata (Costituzione, art. 13, 3° capov. ; legge 25 settembre 1940 n. 1424, legge doganale, art. 139).

Non & manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esame alia Corte costituzionale) la questione d'incostitu zionalita della legge doganale 25 settembre 1940 n. 1424, per la quale il colpevole, fermato quando non e nota la sua identity ovvero non dä, ove si tratti di straniero, idonea cauzione o malleveria per il pagamento delle multe e delle

ammende, non puõ essere liberate fincliõ non siano modi ficate le cause che hanno dato luogo alia privazione della sua liberta personale, in riferimento all'art. 13, 3° capov., della Costituzione. (1)

Tribunale di Trapani (giudiee istruttore penale); ordi nanza 23 agosto 1963 (Oazzetta ufficiale 2 novembre 1963, n. 287) ; Giud. Messina ; imp. Lebrero Evora.

(1) II testo dell'ordinanza 6 riprodotto su Le Leggi, ]9fi3, 1898.

Rcspoiisabilitsi civile — Amministrazione dello Stain — Atti illeciti dei dipendenti — Finulitä egoistichc (Costituzione, art. 28 ; cod. pen., art. 315).

Peculato — Element» oggettivo — Fattispecie (Cod.

pen., art. 314). Peeulalo — Element» soggettivo — Volonta di resti

tuire — Irrilevanza (Cod. pen., art. 314). Peeulalo —

Appartenenza alia pubblica ammini strazione — iXozione (Cod. pen., art. 314).

Circostanze di reato — Attenuante della riparazione del danno Applicability al peculato — Ravve dimento attivo — Inapplieabilita (Cod. pen., art. 62, n. 6, 314).

Reato continuato Idenlita del disegno criminoso — IXozione (Cod. pen., art. 81).

Circostanze di reato — Aggravante del danno rile vantc — Applieabilit ä al peculato Valutaziouc del danno — Criteri (Cod. pen., art. 61, n. 7, 314).

Malversazionc Appropriazione di sonime vcr satc al pubblieo ufficiale in base ad nil rapporto fiduciario — Sussistenza del reato — Fattispecie (Cod. pen., art. 315).

Non sussiste la responsabilitä della pubblica ammini strazione per gli atti illeciti (nella specie, malversazione), commessi per finalita egoistiche dai funzionari e dipen denti. (1)

Commette il reato di peculato l'ispettore doganale che si

appropria di certificati doganali e di somme versate dai

privati per il pagamento di tributi o date in deposito, pre vio rilascio della bolletta A/28, a garanzia dei diritti do

ganali. (2) Per la sussistenza del reato di peculato e sufficiente il

dolo generico, il quale non e escluso dalla volontä di resti tuire il denaro di cui il pubblieo ufficiale si e appropriato. (3)

Ai fini del delitto di peculato, il concetto di apparte nenza alia pubblica amministrazione non si identifica con quello di proprietä o di altro diritto reale, ma com

prende anebe la titolaritä e il relativo potere di disposi zione sul denaro o sulla cosa mobile. (4)

Al reato di peculato 6 applicabile la circostanza atte nuante della riparazione integrale del danno, ma non quella del ravvedimento attivo. (5)

Per la sussistenza del reato continuato, non occorre un

programma criminoso preciso e dettagliato, essendo suffi ciente un preventivo progetto generico di compiere, anche con modal ita e in tempi diversi, azioni delittuose della me desima specie, costituenti lo sviluppo logico e concreto del

precedente disegno. (6)

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