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sentenza 16 aprile 1987, n. 135 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 29 aprile 1987, n. 18); Pres....

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sentenza 16 aprile 1987, n. 135 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 29 aprile 1987, n. 18); Pres. La Pergola, Rel. Greco; Gratta (Avv. Agostini) e altri c. I.n.p.s. (Avv. Maresca); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato D'Amato). Ord. Pret. Roma 10 marzo 1981 (sei) (G.U. n. 255 del 1981), 2 gennaio 1982 (due) (G.U. n. 157 del 1982), 29 dicembre 1981 (G.U. n. 171 del 1982), 28 dicembre 1981 (G.U. n. 255 del 19 ... Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1987), pp. 1973/1974-1977/1978 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179672 . Accessed: 28/06/2014 17:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.135 on Sat, 28 Jun 2014 17:37:42 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 16 aprile 1987, n. 135 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 29 aprile 1987, n. 18); Pres. La Pergola, Rel. Greco; Gratta (Avv. Agostini) e altri c. I.n.p.s. (Avv. Maresca);

sentenza 16 aprile 1987, n. 135 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 29 aprile 1987, n. 18);Pres. La Pergola, Rel. Greco; Gratta (Avv. Agostini) e altri c. I.n.p.s. (Avv. Maresca); interv.Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato D'Amato). Ord. Pret. Roma 10 marzo 1981 (sei) (G.U. n.255 del 1981), 2 gennaio 1982 (due) (G.U. n. 157 del 1982), 29 dicembre 1981 (G.U. n. 171 del1982), 28 dicembre 1981 (G.U. n. 255 del 19 ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1987), pp. 1973/1974-1977/1978Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179672 .

Accessed: 28/06/2014 17:37

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

la disattivazione degli impianti oggetto della revoca, quando ne

ricorrano i presupposti. Trattandosi però di poteri autoritativi che incidono su libertà

costituzionalmente protette (art. 21 Cost.), tanto da essere assisti

te da speciali garanzie, il diniego o la revoca devono essere con

gniamente motivati con specifico riferimento alle esigenze d'ordine

internazionale che li fendessero necessari e ciò anche per consen

tire su tali atti il relativo sindacato giurisdizionale. 11. - Le conclusioni cui si è pervenuti conducono pertanto alla

dichiarazione di fondatezza, con riferimento agli art. 21, 41 e

43 Cost., della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2,

1° comma, 1. 14 aprile 1975 n. 103, nella parte in cui non prevede

che la diffusione di programmi verso l'estero possa essere effet

tuata anche in regime di autorizzazione come quello previsto dal

2° comma dell'art. 1 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156 come novellato

dall'art. 45 1. 14 aprile 1975 n. 103.

12. - Resta cosi assorbita la questione di legittimità costituzio

nale delle norme denunciate sollevata con riferimento all'art. 3

Cost, perché, una volta chiarito che le diffusioni verso l'estero

presentano caratteri particolari che le diversificano da quelle cir

colari su scala nazionale, viene meno lo stesso presupposto che

aveva fatto ritenere al giudice a quo l'irrazionalità di una assimi

lazione del genere. 13. - La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 2

1. 103/75 nei termini sopra enunciati, cioè nella parte in cui la

predetta norma esclude le trasmissioni verso l'estero anche in re

gime di autorizzazione, conduce alla dichiarazione di infondatez

za della sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art.

45 della stessa legge per la parte concernente il sistema sanziona

torio e di autotutela ivi previsto.

Difatti, una volta affermato che le trasmissioni verso l'estero

possono essere compiute sia in regime di concessione sia in regi me di autorizzazione, ben si giustifica, anche per le trasgressioni

riguardanti le autorizzazioni, l'esercizio del potere sanzionatorio

e di autotutela previsto dalla norma per ultimo indicata.

14. - Tenendo presenti le conclusioni cui si era pervenuti nell'e

sporre il quadro delle norme di diritto internazionale vigenti nella

materia, appare infine infondata la questione di costituzionalità

degli art. 1 e 2 1. n. 103 del 1975 nella parte in cui riservano

allo Stato le trasmissioni via etere verso l'estero, sollevata con

riferimento all'art. 10, 1° comma, Cost, e 10, n. 1 della conven

zione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fon

damentali.

Al riguardo va infatti rilevato che questa corte ha costante

mente affermato (sent. nn. 32 del 1960, id., 1960, I, 1446; 135

del 1963, id., 1963, I, 1597; 48 del 1967, id., 1967, I, 1120; 104 del 1969, id., 1970, I, 1315; 69 del 1976, id., 1976, I, 1451; 48 del 1979, id., 1979, I, 1644; 188 del 1980, id., 1981, I, 318; 96 del 1982, id., 1982,1, 2395) il principio secondo cui l'adeguamen to automatico alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute può avere ad oggetto soltanto norme di carattere con

suetudinario, mentre l'ordinanza di rimessione fa riferimento al

l'art. 10 della predetta convenzione che è norma di carattere

pattizio. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità

costituzionale dell'art. 2, 1° comma, 1. 14 aprile 1975 n. 103, nella parte in cui non prevede che le trasmissioni di programmi destinati alla diffusione circolare verso l'estero possano essere ef

fettuate anche in regime di autorizzazione quale previsto dal 2°

comma dell'art. 1 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, come novellato

dall'art. 45 1. 14 aprile 1975 n. 103; dichiara non fondata la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 1° comma, 1. 14

aprile 1975 n. 103, sollevata con riferimento all'art. 10, 1° com

ma, Cost.; dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale con riferimento agli art.

3, 21, 41 e 10, 1° comma, Cost., dell'art. 195 d.p.r. 29 marzo

1973 n. 156 come modificato dall'art. 45 d.p.r. 17 aprile 1975

n. 103.

Il Foro Italiano — 1987 — Parte 7-130.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 aprile 1987, n. 135

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 29 aprile 1987, n. 18);

Pres. La Pergola, Rei. Greco; Gratta (Avv. Agostini) e altri

c. I.n.p.s. (Avv. Maresca); interv. Pres. cons, ministri (Avv.

dello Stato D'Amato). Ord. Pret. Roma 10 marzo 1981 (sei)

(G.U. n. 255 del 1981), 2 gennaio 1982 (due) (G.U. n. 157 del 1982), 29 dicembre 1981 (G.U. n. 171 del 1982), 28 dicem bre 1981 (G.U. n. 255 del 1982); Pret. Benevento 16 giugno

1986 (G.U. la serie speciale n. 50 del 1986).

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Esonero del

lavoratore soccombente dal pagamento delle spese di consulen

za tecnica — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 23; disp. att. cod. proc. civ., art. 152).

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Esonero del

lavoratore soccombente dal pagamento di spese, competenze ed onorari anche se abbiente — Questione inammissibile di co

stituzionalità (Cost., art. 3, 24, 53; disp. att. cod. proc. civ.,

art. 152).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 152

disp. att. c.p.c., nella parte in cui, eccettuato il caso di lite

manifestamente infondata o temeraria, prevede l'esonero del

lavoratore soccombente dal pagamento delle spese processuali, ivi comprese quelle di consulenza tecnica, in riferimento agli

art. 3 e 23 Cost. (1) È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.

152 disp. att. c.p.c., nella parte in cui consente l'esonero del

lavoratore soccombente da! pagamento delle spese processuali anche se abbiente, in riferimento agli art. 3, 24, 53 Cost. (2)

(1-2) L'art. 152 disp. att. c.p.c. passa nuovamente al vaglio della Corte

costituzionale. Secondo il costante orientamento della Cassazione la norma, che pre

vede l'esenzione del lavoratore soccombente nelle controversie previden ziali dal pagamento delle spese, competenze ed onorari a favore degli istituti di previdenza quando la pretesa non sia manifestamente infondata

o temeraria, è applicabile anche alle spese di consulenza tecnica d'ufficio

(cosi sent. 5 novembre 1980, n. 5928, Foro it., 1980, I, 2690, con nota

di richiami; 5 novembre 1980, n. 5931, id., Rep. 1981, voce Lavoro e

previdenza (controversie), n. 579, e in Giur. it., 1981, I, 349, con nota di Minzioni, In tema di gratuità del processo previdenziale; 24 aprile 1981, n. 2478, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 578; 17 aprile 1980, n. 2540, id., Rep. 1980, voce cit., n. 500; 11 aprile 1980, n. 2316, ibid., n. 501; 1° novembre 1979, n. 5996, id., Rep. 1979, voce cit., n. 593; 5 febbraio 1977, n. 529, ibid., n. 594 (e in Prev. soc., 1978, 1773, con nota di Cellerino, L'anticipazione delie spese nel processo previdenzia le). Interpretazione estensiva che viene giustificata da un lato con il prin cipio del favor lavoratoris, considerato quale parte debole del processo, e dall'altro con il richiamo al disposto dell'art. 125, ultimo comma, r.d. 28 agosto 1924 n. 1422, il quale prevede espressamente l'onere di anticipo delle spese di perizia medica a carico dell'ente assicuratore.

Da questo orientamento hanno preso le distanze alcuni giudici di meri

to (Pret. Roma 15 ottobre 1979, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 502, e in Dir. lav., 1979, II, 444; Pret. Frosinone 10 aprile 1978, Foro it.,

Rep. 1979, voce cit., n. 597 e in Nuovo dir., 1979, 510, con nota di

Lotito), affermando l'intervenuta abrogazione della norma regolamenta re del 1924; rilevando la diversità ontologica fra le spese, competenze e onorari cui fa riferimento l'art. 152 disp. att. c.p.c. e spese di consulen za tecnica; censurando l'automatismo con cui il lavoratore viene identifi cato con la parte più debole (sul punto v. in dottrina Jemolo, Gli occhiali dei giurista, La legge è uguale per tutti, in Riv. dir. civ., 1972, II, 103, nonché la replica di A. Proto Pisani, Tutela giurisdizionale differenziata e nuovo processo del lavoro, in Foro it., 1973, V, 208, nota 10); sollevan do questione di legittimità costituzionale dell'art. 152 disp. att. c.p.c. per violazione del principio della par condicio processuale con riferimento a varie disposizioni costituzionali, prima fra le quali l'art. 3.

La prima delle recenti ordinanze di rimessione della questione alla Cor te costituzionale (Pret. Roma, ord. 20 ottobre 1982, id., Rep. 1983, voce

cit., n. 655), sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., dava luogo a pro nuncia di manifesta inammissibilità per difetto di rilevanza (Corte cost., ord. 11 aprile 1984, n. 110, id., Rep. 1985, voce cit., n. 522).

Alle altre ordinanze dei giudici di merito (Pret. Roma 10 marzo 1981, id., 1982, I, 900 con nota di richiami; 28 dicembre 1981, id., Rep. 1983, voce cit., n. 657; 29 dicembre 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 601; 2 gennaio 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 656), è seguita la sentenza in epigrafe, con la quale viene dichiarata l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 152 disp. att. c.p.c., in riferimento

agli art. 3 e 23 Cost., nella parte in cui consente l'esonero del lavoratore soccombente dal pagamento delle spese di lite e, in particolare, delle spe se di consulenza tecnica.

La sentenza in epigrafe prende poi in esame anche l'ulteriore censura

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1975 PARTE PRIMA 1976

Diritto. — 1. - I sette giudizi (r.o. nn. 304/81, 71, 72, 83, 200, 363/82, 560/86) possono essere riuniti e decisi con un'unica

sentenza in quanto prospettano questioni in parte identiche ed

in parte connesse.

2. - Il Pretore di Roma, con sei ordinanze, dubita della legitti mità costituzionale dell'art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo novella

to dall'art. 9 1. 11 agosto 1973 n. 533, nella parte in cui, eccettuato

il caso della lite manifestamente infondata e temeraria, prevede l'esonero del lavoratore soccombente dal pagamento delle spese

processuali, comprese quelle di consulenza tecnica di ufficio, per

violazione: a) dell'art. 3 Cost, in quanto ingiustamente equipara le dette spese a quelle sostenute dall'ente previdenziale per la pro

pria difesa, per cui si ha una espressa previsione nello stesso art.

152 suddetto, cosi' derogando irrazionalmente alla regola della par

condicio delle parti processuali; ti) dell'art. 23 Cost, perché com

porta l'imposizione di una presentazione a carico di detto ente

in base ad una norma regolamentare caducata (art. 125 r.d. 28

agosto 1924 n. 1422) alla cui stregua le spese di consulenza tecni

ca devono essere anticipate dall'ente stesso.

3. - Le questioni sollevate non sono fondate.

Secondo il costante indirizzo giurisdizionale dei giudici di meri

to e della Corte di Cassazione, sussiste tuttora l'onere dell'istitu

to previdenziale di anticipare le spese di consulenza tecnica di

ufficio perché, per effetto dell'art. 140 r.d. 1. n. 1827 del 1935,

è tuttora in vigore l'art. 125 r.d. n. 1422 del 1924 che lo prevede

va espressamente nella procedura arbitrale allora applicabile nelle

controversie di natura previdenziale.

Invero, l'art. 140 cit. ha fatto salve le norme regolamentari

fino allora vigenti, non espressamente abrogate e non incompati

bili con la nuova procedura; e tra esse il richiamato art. 125.

La norma non è stata ritenuta incompatibile né con la disciplina

del processo del lavoro dettata dal codice di procedura civile del

1942 né con la riforma operata nel 1973 (1. n. 533 del 1973) aven

do il legislatore ritenuto il lavoratore parte più debole del proces

so non solo nei confronti del datore di lavoro ma anche dell'istituto

previdenziale ed avendo voluto realizzare la certezza che il pro

cesso possa in ogni caso giungere alla sua conclusione senza esse

re arrestato dalle difficoltà economiche, facilmente prevedibili,

del lavoratore.

Del resto, le esigenze del sollecito svolgimento del processo senza

ritardi o sospensioni, specie per eventuali difficoltà economiche

di una delle parti, hanno determinato la previsione della conces

sione del patrocinio a spese dello Stato. Pertanto, nel caso in

cui l'istituto previdenziale non anticipa le spese di consulenza tec

nica poste dalle norme vigenti a suo carico, vi provvede l'erario

che poi si rivarrà sullo stesso istituto previdenziale cui fanno cari

co le spese del processo salvo che la lite non sia temeraria e mani

festamente infondata. Tanto più che si tratta di spese normalmente

necessarie dato l'oggetto del giudizio, la cui definizione richiede

accertamenti ed indagini tecniche nonché l'acquisizione di pareri

tecnici.

Pertanto, non può minimamente dubitarsi che le spese di con

sulenza tecnica di ufficio si debbano comprendere nelle spese pro

cessuali delle quali è previsto testualmente l'esonero dal pagamento

a favore del lavoratore soccombente, tranne le eccezioni operate

dallo stesso legislatore (lite temeraria e non manifestamente in

fondata). 4. - È altresì certo il concorso della medesima ratio, cioè il

fine di evitare che il lavoratore possa essere distolto dalla necessi

tà di far valere in giudizio le sue pretese previdenziali od assisten

ziali per il rischio di subire le conseguenze economiche della

soccombenza.

di illegittimità costituzionale mossa all'art. 152 disp. att. c.p.c. dal Preto

re di Benevento il quale, con ordinanza 16 giugno 1986, aveva lamentato

la violazione degli art. 3, 24 e 53 Cost, per consentire la norma l'esonero

del lavoratore soccombente dal pagamento delle spese anche se abbiente.

La questione, che già era stata risolta nel senso dell'infondatezza in occa

sione di un precedente intervento della corte (sent. 4 luglio 1979, n. 60,

id., 1979, I, 2295), viene dichiarata inammissibile, perché la sua risolu

zione implica scelte di competenza del legislatore. In posizione critica sull'attuale disciplina delle spese nel processo previ

denziale v. Gullì, Il processo della sicurezza sociale dopo dieci anni dalla

riforma, in Dir. lav., 1984, I, 144: Sull'argomento v., da ultimo, G. Pez

zano (V. Andrioli, C. M. Barone, A. Proto Pisani), Le controversie

in materia di lavoro, Bologna-Roma, 1987, 990 ss.

Il Foro Italiano — 1987.

Quello attuato dalla norma censurata è proprio il meccanismo

che neutralizza la notoria minore resistenza del lavoratore.

Inoltre, esso realizza anche la sostanziale parità di trattamento

del lavoratore, parte debole del processo, e dell'istituto previden

ziale, parte certamente più forte. Onde la insussistenza della de

dotta violazione dell'art. 3 Cost.

È anche da escludersi che si possano verificare ripercussioni

dannose per l'istituto previdenziale sul piano della difesa, assicu

rata dai servizi legali dell'istituto, se il processo si svolge su un

piano di perfetta parità tra le due parti. I servizi legali dell'ente previdenziale sono completamente libe

ri di apprestare e svolgere compiutamente le proprie difese.

5. - Non sussiste nemmeno la dedotta violazione dell'art. 23

Cost.

Invero, questa corte ha più volte ritenuto, e non ha motivo

di modificare il proprio orientamento, che l'oggetto dell'art. 23

Cost., secondo cui nessuna prestazione patrimoniale o personale

può essere imposta se non in base alla legge, è quello di determi

nare a quali condizioni una prestazione può essere stabilita come

obbligatoria a carico di una persona senza che la volontà di que

sta vi abbia concorso. Per ritenere applicabile il detto articolo

è decisivo che si tratti di una prestazione obbligatoria in quanto

istituita con atto di autorità senza il concorso della volontà della

parte (sent. nn. 4/57, Foro it., 1957, I, 202; 30/57, ibid., 502;

122/57, ibid., 1129). Ora, nel caso in esame, la instaurazione dei relativi oneri eco

nomici si ricollega sempre, direttamente o indirettamente, alla vo

lontà della parte e non è mai imposta autoritativamente. E ciò

anche per l'istituto previdenziale rispetto al quale l'azione o la

resistenza in giudizio costituisce pur sempre il risultato di una

libera scelta e frutto di una determinazione volitiva.

6. - Il Pretore di Benevento (ord. n. 560 del 1986) dubita della

legittimità costituzionale dello stesso art. 152 disp. att. c.p.c.,

nel testo come sopra novellato, in quanto, interpretato nel senso

che consente l'esonero dal pagamento delle spese processuali al

lavoratore anche se abbiente, importerebbe la violazione: a) degli

art, 3 e 24 Cost, perché introdurrebbe una arbitraria discrimina

zione tra le parti processuali, assicurando il diritto di difesa più

al lavoratore e meno all'istituto previdenziale. Secondo il giudice

a quo, in un ordinamento in cui il processo non è gratuito per

tutti, il riconoscimento costituzionale del diritto di stare in giudi

zio non può estendersi fino al punto di ricomprendere il recupero

delle spese giudiziali e non può, per tale aspetto, essere pieno

per una parte e meno pieno per l'altra. La norma censurata por

rebbe una parte nella condizione di iniziare il processo e coltivar

lo con «disinvoltura», e l'altra nella condizione di prudenza anche

eccessiva, per evitare aggravi di spese, eventuali responsabilità di

sciplinari e lesioni del proprio prestigio professionale. Inoltre, la

disposizione impugnata, nel favorire gli abbienti, restringe l'ap

plicazione del principio della soccombenza e trasferisce gli oneri

processuali dal patrimonio della parte favorita a quello della con

troparte; b) l'art. 53 Cost, perché l'esonero concesso al lavorato

re non farebbe attuare l'obbligo che egli ha come parte processuale

di concorrere, in proporzione della propria capacità, al costo di

un pubblico servizio quale è quello giudiziario. 7. - I profili dedotti si risolvono in un'unica censura che deve

essere dichiarata inammissibile ma per una ragione diversa da

quella prospettata dalla parte privata del giudizio.

Si premette che la censura ha come oggetto la norma che disci

plina le spese del processo del lavoro mentre l'art. 53 Cost., se

condo cui il cittadino ha l'obbligo di contribuire alle spese

pubbliche secondo la propria capacità contributiva, trova appli

cazione nella diversa materia tributaria; che l'eccezione alla rego

la generale fondata sul principio della soccombenza trova adeguato

fondamento nel peculiare oggetto dei giudizi che sono a rilevante

contenuto sociale e nella circostanza che parti di esso sono gli

enti che realizzano fini previdenziali ed assistenziali, quei fini cioè

di natura sociale perseguiti dallo Stato e garantiti dalla Costitu

zione (art. 38 Cost.); che in definitiva, però, il costo dei processi viene a gravare sulla generalità dei cittadini (ipotesi di lite in ma

teria assistenziale) o sui lavoratori (ipotesi di lite in materia previ

denziale). 8. - Si osserva poi che la invocata norma costituzionale (art.

24 Cost.) prende in considerazione la diversità delle situazioni

in cui vengono a trovarsi gli abbienti ed i non abbienti, per i

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

quali è previsto il rimedio del gratuito patrocinio, muovendo pe rò dal presupposto della legittimità dell'imposizione di oneri pa trimoniali a carico di coloro nei cui riguardi si esplica l'attività

giurisdizionale. In altri termini gli indigenti non sono liberati in

modo assoluto dai suddetti oneri non escludendosi il rimborso

da parte loro delle spese che lo Stato ha anticipato quando il

processo si risolve a loro favore e specie nel caso in cui le azioni

e le difese proposte sono risultate prive di fondamento.

Per un principio di giustizia distributiva il costo del processo deve essere sopportato da chi ha reso necessaria l'attività del giu dice ed ha occasionato le spese del suo svolgimento, sebbene sia

auspicabile che lo Stato assicuri a tutti i non abbienti la piena tutela giudiziale dei loro diritti e delle loro pretese.

Al momento, però, solo nei confronti dei lavoratori, per in

dubbie ragioni di politica sociale, è stato previsto un trattamento

particolarmente favorevole.

Nelle controversie individuali di lavoro, esso è regolato, sia pu re sempre come anticipazione delle spese (art. 10 ss. 1. 11 agosto 1973 n. 533), con maggiore ampiezza e semplicità rispetto al gra tuito patrocinio ordinario.

Inoltre nelle cause previdenziali ed assistenziali è concesso al

lavoratore l'esonero dal pagamento delle spese, competenze ed

onorari di giudizio, a meno che la lite non risulti manifestamente

infondata e temeraria (art. 152 disp. att. c.p.c. che è ripetizione dell'art. 57 1. n. 153/69).

I due istituti sono distinti ed in particolare il limite reddituale

del primo non potrebbe valere per il secondo siccome non idoneo

a far venir meno il rischio processuale che si vuole evitare al

lavoratore (sent. n. 60/79, id., 1979, I, 2295). Tuttavia non sembra che possano ancora valere tutte le ragioni

che hanno determinato l'attuale disciplina normativa; che non

si possa continuare a non tenere conto delle condizioni economi

che del lavoratore ed in specie della sua possibile condizione di

«abbiente».

Proprio le possibili elevate condizioni economiche dei «lavora

tori» (il termine è comprensivo di varie categorie anche molto

differenziate tra loro) che hanno a volte raggiunto retribuzioni

di entità notevole e pensioni anche elevate, fondano l'opportuni tà di una revisione della norma censurata e una sua più restrittiva

previsione. Mentre non può del tutto escludersi che una siffatta modifica

zione possa produrre effetti utili e benefici sulla situazione gene rale degli istituti previdenziali ed assistenziali.

Ma la determinazione concreta delle condizioni e degli estremi

della situazione di «abbiente», per i fini che interessano specifica mente la materia, importa scelte affidate alla discrezione del legis latore e che questa corte non può compiere.

Né questa corte può fissare criteri oggettivi, né lo possono i

giudici dei processi previdenziali ed assistenziali.

In tale situazione la questione sollevata deve essere dichiarata

inammissibile.

Per questi motivi, la Corte costituzionale a) dichiara non fon

date le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 152 disp. att. c.p.c. sollevate dal Pretore di Roma con le ordinanze in epi

grafe in riferimento agli art. 3 e 23 Cost.; b) dichiara inammissi

bile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 152 disp. att. c.p.c. sollevata dal Pretore di Benevento con l'ordinanza in

epigrafe in riferimento agli art. 3, 24 e 53 Cost.

Ir Foro Italiano — 1987.

I

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 31 marzo 1987, n. 94

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 1° aprile 1987, n. 14); Pres. La Pergola, Rei. Caianiello; interv. Pres. cons, mini

stri. Ord. Comm. trib. I grado Modena 9 aprile 1981 (G.U. n. 255 del 1982).

Ipotecaria (imposta) — Atto di compravendita di immobile —

Ritardo nella richiesta di trascrizione — Atto sottoposto ad

imposta di registro o ad i.v.a. — Diversità di sanzioni — Que stione manifestamente inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 635, disciplina delle imposte

ipotecarie e catastali, art. 17).

È manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione in

ordine alla non manifesta infondatezza, la questione di legitti mità costituzionale dell'art. 17 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 635, nella parte in cui, al 1° e 2° comma, sanziona diversamente

il ritardo nella trascrizione di un atto di compravendita di im

mobile, sottoposto ad imposta di registro, rispetto al ritardo

nella trascrizione dello stesso atto, sottoposto ad i.v.a., in rife rimento all'art. 3 Cost. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 11 febbraio

1987, n. 1481; Pres. La Torre, Est. Rossi, P. M. Leo (conci,

conf.); Gambini e altro (Avv. Menghini) c. Min. finanze. Cas

sa Comm. trib. centrale 30 gennaio 1981, n. 193.

Ipotecaria (imposta) — Atto di compravendita immobiliare —

Richiesta di formalità di trascrizione — Tardività — Sanzione — Omessa trascrizione — Inapplicabilità (D.p.r. 26 ottobre 1972

n. 635, art. 17).

Il notaio che, dopo aver pagato, in sede di registrazione, l'impo sta patrimoniale ipotecaria su un atto pubblico di trasferimen to immobiliare, abbia omesso la tempestiva richiesta di formalità di trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari, è soggetto alla sanzione prevista dall'art. 17, 2° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 635 e non già alla diversa sanzione prevista dallo stesso articolo, al 1° comma, per l'ipotesi di omessa ri

chiesta di trascrizione. (2)

(1-2) Se il 'diritto vivente' è spesso richiamato dai giudici della Consul ta per fondare il proprio convincimento in ordine alla legittimità costitu zionale di talune norme, non mancano casi — come quello riassunto nella massima sub (1) — in cui del 'diritto vivente' non v'è neppure la più labile traccia. Certo, l'esito del giudizio non sarebbe mutato — se non nella formula processuale — se la Corte costituzionale avesse tenuto pre sente quanto ci ricorda la Cassazione; ma si sarebbe perlomeno evitato di 'bollare' come manifestamente inammissibile una questione che, inve ce, meritava di esser esaminata e superata alla stregua della corretta inter pretazione offerta proprio dal 'diritto vivente'.

L'ordinanza di rimessione (Foro it., 1983, III, 40, con nota di richia mi) era caduta nell'equivoco di considerare diversamente sanzionato il ritardo nella trascrizione di uno stesso atto, se sottoposto al tributo del registro o all'i.v.a., muovendo dal presupposto che la disciplina dell'art. 17, 2° comma, d.p.r. 635/72 fosse rivolta a regolare le vicende degli atti e delle relative formalità «soggette ad imposta fissa» (come nel caso del l'i. v.a.), mentre la disposizione del 1° comma dello stesso articolo anda va applicata per gli atti e le formalità soggette alla tassa proporzionale. Invece, la corretta interpretazione dell'art. 17 cit. impone di considerare distintamente le due previsioni sanzionatone in riferimento al diverso ti po di violazione; ossia, come precisa Cass. 1481/87, l'omessa trascrizione tout court da un lato e l'omessa/ritardata presentazione per la formalità della trascrizione (quando l'obbligo impositivo relativo all'imposta ipote caria afferente la trascrizione è stato già assolto in sede di riscossione delle imposte proporzionali sui trasferimenti) dall'altro. Sicché, sia che si tratti di omissione della trascrizione — intesa come inadempimento all'obbligo del pagamento del tributo ipotecario relativamente agli atti indicati dalla legge — sia che si verta in ipotesi di omessa richiesta della formalità di trascrizione, non vi sarà mai discriminazione all'interno della stessa categoria di violazioni tra atti soggetti all'imposta di registro ed atti tassati secondo l'i.v.a.; o, più chiaramente, la disciplina delle sanzio ni è differenziata dalla legge non in ragione del tipo di tributo che si applica all'atto, ma in funzione della violazione commessa.

Anche se la dottrina ha dubbi al riguardo (cfr., da ultimo, Amati, Tardiva richiesta di trascrizione. L'incertezza continua, in Fisco, 1985, 5104), la giurisprudenza si è ormai assestata sulle posizioni ribadite dalla

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