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sentenza 16 aprile 1987, n. 135 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 29 aprile 1987, n. 18);Pres. La Pergola, Rel. Greco; Gratta (Avv. Agostini) e altri c. I.n.p.s. (Avv. Maresca); interv.Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato D'Amato). Ord. Pret. Roma 10 marzo 1981 (sei) (G.U. n.255 del 1981), 2 gennaio 1982 (due) (G.U. n. 157 del 1982), 29 dicembre 1981 (G.U. n. 171 del1982), 28 dicembre 1981 (G.U. n. 255 del 19 ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1987), pp. 1973/1974-1977/1978Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179672 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
la disattivazione degli impianti oggetto della revoca, quando ne
ricorrano i presupposti. Trattandosi però di poteri autoritativi che incidono su libertà
costituzionalmente protette (art. 21 Cost.), tanto da essere assisti
te da speciali garanzie, il diniego o la revoca devono essere con
gniamente motivati con specifico riferimento alle esigenze d'ordine
internazionale che li fendessero necessari e ciò anche per consen
tire su tali atti il relativo sindacato giurisdizionale. 11. - Le conclusioni cui si è pervenuti conducono pertanto alla
dichiarazione di fondatezza, con riferimento agli art. 21, 41 e
43 Cost., della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2,
1° comma, 1. 14 aprile 1975 n. 103, nella parte in cui non prevede
che la diffusione di programmi verso l'estero possa essere effet
tuata anche in regime di autorizzazione come quello previsto dal
2° comma dell'art. 1 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156 come novellato
dall'art. 45 1. 14 aprile 1975 n. 103.
12. - Resta cosi assorbita la questione di legittimità costituzio
nale delle norme denunciate sollevata con riferimento all'art. 3
Cost, perché, una volta chiarito che le diffusioni verso l'estero
presentano caratteri particolari che le diversificano da quelle cir
colari su scala nazionale, viene meno lo stesso presupposto che
aveva fatto ritenere al giudice a quo l'irrazionalità di una assimi
lazione del genere. 13. - La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 2
1. 103/75 nei termini sopra enunciati, cioè nella parte in cui la
predetta norma esclude le trasmissioni verso l'estero anche in re
gime di autorizzazione, conduce alla dichiarazione di infondatez
za della sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art.
45 della stessa legge per la parte concernente il sistema sanziona
torio e di autotutela ivi previsto.
Difatti, una volta affermato che le trasmissioni verso l'estero
possono essere compiute sia in regime di concessione sia in regi me di autorizzazione, ben si giustifica, anche per le trasgressioni
riguardanti le autorizzazioni, l'esercizio del potere sanzionatorio
e di autotutela previsto dalla norma per ultimo indicata.
14. - Tenendo presenti le conclusioni cui si era pervenuti nell'e
sporre il quadro delle norme di diritto internazionale vigenti nella
materia, appare infine infondata la questione di costituzionalità
degli art. 1 e 2 1. n. 103 del 1975 nella parte in cui riservano
allo Stato le trasmissioni via etere verso l'estero, sollevata con
riferimento all'art. 10, 1° comma, Cost, e 10, n. 1 della conven
zione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fon
damentali.
Al riguardo va infatti rilevato che questa corte ha costante
mente affermato (sent. nn. 32 del 1960, id., 1960, I, 1446; 135
del 1963, id., 1963, I, 1597; 48 del 1967, id., 1967, I, 1120; 104 del 1969, id., 1970, I, 1315; 69 del 1976, id., 1976, I, 1451; 48 del 1979, id., 1979, I, 1644; 188 del 1980, id., 1981, I, 318; 96 del 1982, id., 1982,1, 2395) il principio secondo cui l'adeguamen to automatico alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute può avere ad oggetto soltanto norme di carattere con
suetudinario, mentre l'ordinanza di rimessione fa riferimento al
l'art. 10 della predetta convenzione che è norma di carattere
pattizio. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità
costituzionale dell'art. 2, 1° comma, 1. 14 aprile 1975 n. 103, nella parte in cui non prevede che le trasmissioni di programmi destinati alla diffusione circolare verso l'estero possano essere ef
fettuate anche in regime di autorizzazione quale previsto dal 2°
comma dell'art. 1 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, come novellato
dall'art. 45 1. 14 aprile 1975 n. 103; dichiara non fondata la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 1° comma, 1. 14
aprile 1975 n. 103, sollevata con riferimento all'art. 10, 1° com
ma, Cost.; dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale con riferimento agli art.
3, 21, 41 e 10, 1° comma, Cost., dell'art. 195 d.p.r. 29 marzo
1973 n. 156 come modificato dall'art. 45 d.p.r. 17 aprile 1975
n. 103.
Il Foro Italiano — 1987 — Parte 7-130.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 aprile 1987, n. 135
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 29 aprile 1987, n. 18);
Pres. La Pergola, Rei. Greco; Gratta (Avv. Agostini) e altri
c. I.n.p.s. (Avv. Maresca); interv. Pres. cons, ministri (Avv.
dello Stato D'Amato). Ord. Pret. Roma 10 marzo 1981 (sei)
(G.U. n. 255 del 1981), 2 gennaio 1982 (due) (G.U. n. 157 del 1982), 29 dicembre 1981 (G.U. n. 171 del 1982), 28 dicem bre 1981 (G.U. n. 255 del 1982); Pret. Benevento 16 giugno
1986 (G.U. la serie speciale n. 50 del 1986).
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Esonero del
lavoratore soccombente dal pagamento delle spese di consulen
za tecnica — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 23; disp. att. cod. proc. civ., art. 152).
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Esonero del
lavoratore soccombente dal pagamento di spese, competenze ed onorari anche se abbiente — Questione inammissibile di co
stituzionalità (Cost., art. 3, 24, 53; disp. att. cod. proc. civ.,
art. 152).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 152
disp. att. c.p.c., nella parte in cui, eccettuato il caso di lite
manifestamente infondata o temeraria, prevede l'esonero del
lavoratore soccombente dal pagamento delle spese processuali, ivi comprese quelle di consulenza tecnica, in riferimento agli
art. 3 e 23 Cost. (1) È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
152 disp. att. c.p.c., nella parte in cui consente l'esonero del
lavoratore soccombente da! pagamento delle spese processuali anche se abbiente, in riferimento agli art. 3, 24, 53 Cost. (2)
(1-2) L'art. 152 disp. att. c.p.c. passa nuovamente al vaglio della Corte
costituzionale. Secondo il costante orientamento della Cassazione la norma, che pre
vede l'esenzione del lavoratore soccombente nelle controversie previden ziali dal pagamento delle spese, competenze ed onorari a favore degli istituti di previdenza quando la pretesa non sia manifestamente infondata
o temeraria, è applicabile anche alle spese di consulenza tecnica d'ufficio
(cosi sent. 5 novembre 1980, n. 5928, Foro it., 1980, I, 2690, con nota
di richiami; 5 novembre 1980, n. 5931, id., Rep. 1981, voce Lavoro e
previdenza (controversie), n. 579, e in Giur. it., 1981, I, 349, con nota di Minzioni, In tema di gratuità del processo previdenziale; 24 aprile 1981, n. 2478, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 578; 17 aprile 1980, n. 2540, id., Rep. 1980, voce cit., n. 500; 11 aprile 1980, n. 2316, ibid., n. 501; 1° novembre 1979, n. 5996, id., Rep. 1979, voce cit., n. 593; 5 febbraio 1977, n. 529, ibid., n. 594 (e in Prev. soc., 1978, 1773, con nota di Cellerino, L'anticipazione delie spese nel processo previdenzia le). Interpretazione estensiva che viene giustificata da un lato con il prin cipio del favor lavoratoris, considerato quale parte debole del processo, e dall'altro con il richiamo al disposto dell'art. 125, ultimo comma, r.d. 28 agosto 1924 n. 1422, il quale prevede espressamente l'onere di anticipo delle spese di perizia medica a carico dell'ente assicuratore.
Da questo orientamento hanno preso le distanze alcuni giudici di meri
to (Pret. Roma 15 ottobre 1979, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 502, e in Dir. lav., 1979, II, 444; Pret. Frosinone 10 aprile 1978, Foro it.,
Rep. 1979, voce cit., n. 597 e in Nuovo dir., 1979, 510, con nota di
Lotito), affermando l'intervenuta abrogazione della norma regolamenta re del 1924; rilevando la diversità ontologica fra le spese, competenze e onorari cui fa riferimento l'art. 152 disp. att. c.p.c. e spese di consulen za tecnica; censurando l'automatismo con cui il lavoratore viene identifi cato con la parte più debole (sul punto v. in dottrina Jemolo, Gli occhiali dei giurista, La legge è uguale per tutti, in Riv. dir. civ., 1972, II, 103, nonché la replica di A. Proto Pisani, Tutela giurisdizionale differenziata e nuovo processo del lavoro, in Foro it., 1973, V, 208, nota 10); sollevan do questione di legittimità costituzionale dell'art. 152 disp. att. c.p.c. per violazione del principio della par condicio processuale con riferimento a varie disposizioni costituzionali, prima fra le quali l'art. 3.
La prima delle recenti ordinanze di rimessione della questione alla Cor te costituzionale (Pret. Roma, ord. 20 ottobre 1982, id., Rep. 1983, voce
cit., n. 655), sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., dava luogo a pro nuncia di manifesta inammissibilità per difetto di rilevanza (Corte cost., ord. 11 aprile 1984, n. 110, id., Rep. 1985, voce cit., n. 522).
Alle altre ordinanze dei giudici di merito (Pret. Roma 10 marzo 1981, id., 1982, I, 900 con nota di richiami; 28 dicembre 1981, id., Rep. 1983, voce cit., n. 657; 29 dicembre 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 601; 2 gennaio 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 656), è seguita la sentenza in epigrafe, con la quale viene dichiarata l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 152 disp. att. c.p.c., in riferimento
agli art. 3 e 23 Cost., nella parte in cui consente l'esonero del lavoratore soccombente dal pagamento delle spese di lite e, in particolare, delle spe se di consulenza tecnica.
La sentenza in epigrafe prende poi in esame anche l'ulteriore censura
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1975 PARTE PRIMA 1976
Diritto. — 1. - I sette giudizi (r.o. nn. 304/81, 71, 72, 83, 200, 363/82, 560/86) possono essere riuniti e decisi con un'unica
sentenza in quanto prospettano questioni in parte identiche ed
in parte connesse.
2. - Il Pretore di Roma, con sei ordinanze, dubita della legitti mità costituzionale dell'art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo novella
to dall'art. 9 1. 11 agosto 1973 n. 533, nella parte in cui, eccettuato
il caso della lite manifestamente infondata e temeraria, prevede l'esonero del lavoratore soccombente dal pagamento delle spese
processuali, comprese quelle di consulenza tecnica di ufficio, per
violazione: a) dell'art. 3 Cost, in quanto ingiustamente equipara le dette spese a quelle sostenute dall'ente previdenziale per la pro
pria difesa, per cui si ha una espressa previsione nello stesso art.
152 suddetto, cosi' derogando irrazionalmente alla regola della par
condicio delle parti processuali; ti) dell'art. 23 Cost, perché com
porta l'imposizione di una presentazione a carico di detto ente
in base ad una norma regolamentare caducata (art. 125 r.d. 28
agosto 1924 n. 1422) alla cui stregua le spese di consulenza tecni
ca devono essere anticipate dall'ente stesso.
3. - Le questioni sollevate non sono fondate.
Secondo il costante indirizzo giurisdizionale dei giudici di meri
to e della Corte di Cassazione, sussiste tuttora l'onere dell'istitu
to previdenziale di anticipare le spese di consulenza tecnica di
ufficio perché, per effetto dell'art. 140 r.d. 1. n. 1827 del 1935,
è tuttora in vigore l'art. 125 r.d. n. 1422 del 1924 che lo prevede
va espressamente nella procedura arbitrale allora applicabile nelle
controversie di natura previdenziale.
Invero, l'art. 140 cit. ha fatto salve le norme regolamentari
fino allora vigenti, non espressamente abrogate e non incompati
bili con la nuova procedura; e tra esse il richiamato art. 125.
La norma non è stata ritenuta incompatibile né con la disciplina
del processo del lavoro dettata dal codice di procedura civile del
1942 né con la riforma operata nel 1973 (1. n. 533 del 1973) aven
do il legislatore ritenuto il lavoratore parte più debole del proces
so non solo nei confronti del datore di lavoro ma anche dell'istituto
previdenziale ed avendo voluto realizzare la certezza che il pro
cesso possa in ogni caso giungere alla sua conclusione senza esse
re arrestato dalle difficoltà economiche, facilmente prevedibili,
del lavoratore.
Del resto, le esigenze del sollecito svolgimento del processo senza
ritardi o sospensioni, specie per eventuali difficoltà economiche
di una delle parti, hanno determinato la previsione della conces
sione del patrocinio a spese dello Stato. Pertanto, nel caso in
cui l'istituto previdenziale non anticipa le spese di consulenza tec
nica poste dalle norme vigenti a suo carico, vi provvede l'erario
che poi si rivarrà sullo stesso istituto previdenziale cui fanno cari
co le spese del processo salvo che la lite non sia temeraria e mani
festamente infondata. Tanto più che si tratta di spese normalmente
necessarie dato l'oggetto del giudizio, la cui definizione richiede
accertamenti ed indagini tecniche nonché l'acquisizione di pareri
tecnici.
Pertanto, non può minimamente dubitarsi che le spese di con
sulenza tecnica di ufficio si debbano comprendere nelle spese pro
cessuali delle quali è previsto testualmente l'esonero dal pagamento
a favore del lavoratore soccombente, tranne le eccezioni operate
dallo stesso legislatore (lite temeraria e non manifestamente in
fondata). 4. - È altresì certo il concorso della medesima ratio, cioè il
fine di evitare che il lavoratore possa essere distolto dalla necessi
tà di far valere in giudizio le sue pretese previdenziali od assisten
ziali per il rischio di subire le conseguenze economiche della
soccombenza.
di illegittimità costituzionale mossa all'art. 152 disp. att. c.p.c. dal Preto
re di Benevento il quale, con ordinanza 16 giugno 1986, aveva lamentato
la violazione degli art. 3, 24 e 53 Cost, per consentire la norma l'esonero
del lavoratore soccombente dal pagamento delle spese anche se abbiente.
La questione, che già era stata risolta nel senso dell'infondatezza in occa
sione di un precedente intervento della corte (sent. 4 luglio 1979, n. 60,
id., 1979, I, 2295), viene dichiarata inammissibile, perché la sua risolu
zione implica scelte di competenza del legislatore. In posizione critica sull'attuale disciplina delle spese nel processo previ
denziale v. Gullì, Il processo della sicurezza sociale dopo dieci anni dalla
riforma, in Dir. lav., 1984, I, 144: Sull'argomento v., da ultimo, G. Pez
zano (V. Andrioli, C. M. Barone, A. Proto Pisani), Le controversie
in materia di lavoro, Bologna-Roma, 1987, 990 ss.
Il Foro Italiano — 1987.
Quello attuato dalla norma censurata è proprio il meccanismo
che neutralizza la notoria minore resistenza del lavoratore.
Inoltre, esso realizza anche la sostanziale parità di trattamento
del lavoratore, parte debole del processo, e dell'istituto previden
ziale, parte certamente più forte. Onde la insussistenza della de
dotta violazione dell'art. 3 Cost.
È anche da escludersi che si possano verificare ripercussioni
dannose per l'istituto previdenziale sul piano della difesa, assicu
rata dai servizi legali dell'istituto, se il processo si svolge su un
piano di perfetta parità tra le due parti. I servizi legali dell'ente previdenziale sono completamente libe
ri di apprestare e svolgere compiutamente le proprie difese.
5. - Non sussiste nemmeno la dedotta violazione dell'art. 23
Cost.
Invero, questa corte ha più volte ritenuto, e non ha motivo
di modificare il proprio orientamento, che l'oggetto dell'art. 23
Cost., secondo cui nessuna prestazione patrimoniale o personale
può essere imposta se non in base alla legge, è quello di determi
nare a quali condizioni una prestazione può essere stabilita come
obbligatoria a carico di una persona senza che la volontà di que
sta vi abbia concorso. Per ritenere applicabile il detto articolo
è decisivo che si tratti di una prestazione obbligatoria in quanto
istituita con atto di autorità senza il concorso della volontà della
parte (sent. nn. 4/57, Foro it., 1957, I, 202; 30/57, ibid., 502;
122/57, ibid., 1129). Ora, nel caso in esame, la instaurazione dei relativi oneri eco
nomici si ricollega sempre, direttamente o indirettamente, alla vo
lontà della parte e non è mai imposta autoritativamente. E ciò
anche per l'istituto previdenziale rispetto al quale l'azione o la
resistenza in giudizio costituisce pur sempre il risultato di una
libera scelta e frutto di una determinazione volitiva.
6. - Il Pretore di Benevento (ord. n. 560 del 1986) dubita della
legittimità costituzionale dello stesso art. 152 disp. att. c.p.c.,
nel testo come sopra novellato, in quanto, interpretato nel senso
che consente l'esonero dal pagamento delle spese processuali al
lavoratore anche se abbiente, importerebbe la violazione: a) degli
art, 3 e 24 Cost, perché introdurrebbe una arbitraria discrimina
zione tra le parti processuali, assicurando il diritto di difesa più
al lavoratore e meno all'istituto previdenziale. Secondo il giudice
a quo, in un ordinamento in cui il processo non è gratuito per
tutti, il riconoscimento costituzionale del diritto di stare in giudi
zio non può estendersi fino al punto di ricomprendere il recupero
delle spese giudiziali e non può, per tale aspetto, essere pieno
per una parte e meno pieno per l'altra. La norma censurata por
rebbe una parte nella condizione di iniziare il processo e coltivar
lo con «disinvoltura», e l'altra nella condizione di prudenza anche
eccessiva, per evitare aggravi di spese, eventuali responsabilità di
sciplinari e lesioni del proprio prestigio professionale. Inoltre, la
disposizione impugnata, nel favorire gli abbienti, restringe l'ap
plicazione del principio della soccombenza e trasferisce gli oneri
processuali dal patrimonio della parte favorita a quello della con
troparte; b) l'art. 53 Cost, perché l'esonero concesso al lavorato
re non farebbe attuare l'obbligo che egli ha come parte processuale
di concorrere, in proporzione della propria capacità, al costo di
un pubblico servizio quale è quello giudiziario. 7. - I profili dedotti si risolvono in un'unica censura che deve
essere dichiarata inammissibile ma per una ragione diversa da
quella prospettata dalla parte privata del giudizio.
Si premette che la censura ha come oggetto la norma che disci
plina le spese del processo del lavoro mentre l'art. 53 Cost., se
condo cui il cittadino ha l'obbligo di contribuire alle spese
pubbliche secondo la propria capacità contributiva, trova appli
cazione nella diversa materia tributaria; che l'eccezione alla rego
la generale fondata sul principio della soccombenza trova adeguato
fondamento nel peculiare oggetto dei giudizi che sono a rilevante
contenuto sociale e nella circostanza che parti di esso sono gli
enti che realizzano fini previdenziali ed assistenziali, quei fini cioè
di natura sociale perseguiti dallo Stato e garantiti dalla Costitu
zione (art. 38 Cost.); che in definitiva, però, il costo dei processi viene a gravare sulla generalità dei cittadini (ipotesi di lite in ma
teria assistenziale) o sui lavoratori (ipotesi di lite in materia previ
denziale). 8. - Si osserva poi che la invocata norma costituzionale (art.
24 Cost.) prende in considerazione la diversità delle situazioni
in cui vengono a trovarsi gli abbienti ed i non abbienti, per i
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
quali è previsto il rimedio del gratuito patrocinio, muovendo pe rò dal presupposto della legittimità dell'imposizione di oneri pa trimoniali a carico di coloro nei cui riguardi si esplica l'attività
giurisdizionale. In altri termini gli indigenti non sono liberati in
modo assoluto dai suddetti oneri non escludendosi il rimborso
da parte loro delle spese che lo Stato ha anticipato quando il
processo si risolve a loro favore e specie nel caso in cui le azioni
e le difese proposte sono risultate prive di fondamento.
Per un principio di giustizia distributiva il costo del processo deve essere sopportato da chi ha reso necessaria l'attività del giu dice ed ha occasionato le spese del suo svolgimento, sebbene sia
auspicabile che lo Stato assicuri a tutti i non abbienti la piena tutela giudiziale dei loro diritti e delle loro pretese.
Al momento, però, solo nei confronti dei lavoratori, per in
dubbie ragioni di politica sociale, è stato previsto un trattamento
particolarmente favorevole.
Nelle controversie individuali di lavoro, esso è regolato, sia pu re sempre come anticipazione delle spese (art. 10 ss. 1. 11 agosto 1973 n. 533), con maggiore ampiezza e semplicità rispetto al gra tuito patrocinio ordinario.
Inoltre nelle cause previdenziali ed assistenziali è concesso al
lavoratore l'esonero dal pagamento delle spese, competenze ed
onorari di giudizio, a meno che la lite non risulti manifestamente
infondata e temeraria (art. 152 disp. att. c.p.c. che è ripetizione dell'art. 57 1. n. 153/69).
I due istituti sono distinti ed in particolare il limite reddituale
del primo non potrebbe valere per il secondo siccome non idoneo
a far venir meno il rischio processuale che si vuole evitare al
lavoratore (sent. n. 60/79, id., 1979, I, 2295). Tuttavia non sembra che possano ancora valere tutte le ragioni
che hanno determinato l'attuale disciplina normativa; che non
si possa continuare a non tenere conto delle condizioni economi
che del lavoratore ed in specie della sua possibile condizione di
«abbiente».
Proprio le possibili elevate condizioni economiche dei «lavora
tori» (il termine è comprensivo di varie categorie anche molto
differenziate tra loro) che hanno a volte raggiunto retribuzioni
di entità notevole e pensioni anche elevate, fondano l'opportuni tà di una revisione della norma censurata e una sua più restrittiva
previsione. Mentre non può del tutto escludersi che una siffatta modifica
zione possa produrre effetti utili e benefici sulla situazione gene rale degli istituti previdenziali ed assistenziali.
Ma la determinazione concreta delle condizioni e degli estremi
della situazione di «abbiente», per i fini che interessano specifica mente la materia, importa scelte affidate alla discrezione del legis latore e che questa corte non può compiere.
Né questa corte può fissare criteri oggettivi, né lo possono i
giudici dei processi previdenziali ed assistenziali.
In tale situazione la questione sollevata deve essere dichiarata
inammissibile.
Per questi motivi, la Corte costituzionale a) dichiara non fon
date le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 152 disp. att. c.p.c. sollevate dal Pretore di Roma con le ordinanze in epi
grafe in riferimento agli art. 3 e 23 Cost.; b) dichiara inammissi
bile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 152 disp. att. c.p.c. sollevata dal Pretore di Benevento con l'ordinanza in
epigrafe in riferimento agli art. 3, 24 e 53 Cost.
Ir Foro Italiano — 1987.
I
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 31 marzo 1987, n. 94
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 1° aprile 1987, n. 14); Pres. La Pergola, Rei. Caianiello; interv. Pres. cons, mini
stri. Ord. Comm. trib. I grado Modena 9 aprile 1981 (G.U. n. 255 del 1982).
Ipotecaria (imposta) — Atto di compravendita di immobile —
Ritardo nella richiesta di trascrizione — Atto sottoposto ad
imposta di registro o ad i.v.a. — Diversità di sanzioni — Que stione manifestamente inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 635, disciplina delle imposte
ipotecarie e catastali, art. 17).
È manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione in
ordine alla non manifesta infondatezza, la questione di legitti mità costituzionale dell'art. 17 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 635, nella parte in cui, al 1° e 2° comma, sanziona diversamente
il ritardo nella trascrizione di un atto di compravendita di im
mobile, sottoposto ad imposta di registro, rispetto al ritardo
nella trascrizione dello stesso atto, sottoposto ad i.v.a., in rife rimento all'art. 3 Cost. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 11 febbraio
1987, n. 1481; Pres. La Torre, Est. Rossi, P. M. Leo (conci,
conf.); Gambini e altro (Avv. Menghini) c. Min. finanze. Cas
sa Comm. trib. centrale 30 gennaio 1981, n. 193.
Ipotecaria (imposta) — Atto di compravendita immobiliare —
Richiesta di formalità di trascrizione — Tardività — Sanzione — Omessa trascrizione — Inapplicabilità (D.p.r. 26 ottobre 1972
n. 635, art. 17).
Il notaio che, dopo aver pagato, in sede di registrazione, l'impo sta patrimoniale ipotecaria su un atto pubblico di trasferimen to immobiliare, abbia omesso la tempestiva richiesta di formalità di trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari, è soggetto alla sanzione prevista dall'art. 17, 2° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 635 e non già alla diversa sanzione prevista dallo stesso articolo, al 1° comma, per l'ipotesi di omessa ri
chiesta di trascrizione. (2)
(1-2) Se il 'diritto vivente' è spesso richiamato dai giudici della Consul ta per fondare il proprio convincimento in ordine alla legittimità costitu zionale di talune norme, non mancano casi — come quello riassunto nella massima sub (1) — in cui del 'diritto vivente' non v'è neppure la più labile traccia. Certo, l'esito del giudizio non sarebbe mutato — se non nella formula processuale — se la Corte costituzionale avesse tenuto pre sente quanto ci ricorda la Cassazione; ma si sarebbe perlomeno evitato di 'bollare' come manifestamente inammissibile una questione che, inve ce, meritava di esser esaminata e superata alla stregua della corretta inter pretazione offerta proprio dal 'diritto vivente'.
L'ordinanza di rimessione (Foro it., 1983, III, 40, con nota di richia mi) era caduta nell'equivoco di considerare diversamente sanzionato il ritardo nella trascrizione di uno stesso atto, se sottoposto al tributo del registro o all'i.v.a., muovendo dal presupposto che la disciplina dell'art. 17, 2° comma, d.p.r. 635/72 fosse rivolta a regolare le vicende degli atti e delle relative formalità «soggette ad imposta fissa» (come nel caso del l'i. v.a.), mentre la disposizione del 1° comma dello stesso articolo anda va applicata per gli atti e le formalità soggette alla tassa proporzionale. Invece, la corretta interpretazione dell'art. 17 cit. impone di considerare distintamente le due previsioni sanzionatone in riferimento al diverso ti po di violazione; ossia, come precisa Cass. 1481/87, l'omessa trascrizione tout court da un lato e l'omessa/ritardata presentazione per la formalità della trascrizione (quando l'obbligo impositivo relativo all'imposta ipote caria afferente la trascrizione è stato già assolto in sede di riscossione delle imposte proporzionali sui trasferimenti) dall'altro. Sicché, sia che si tratti di omissione della trascrizione — intesa come inadempimento all'obbligo del pagamento del tributo ipotecario relativamente agli atti indicati dalla legge — sia che si verta in ipotesi di omessa richiesta della formalità di trascrizione, non vi sarà mai discriminazione all'interno della stessa categoria di violazioni tra atti soggetti all'imposta di registro ed atti tassati secondo l'i.v.a.; o, più chiaramente, la disciplina delle sanzio ni è differenziata dalla legge non in ragione del tipo di tributo che si applica all'atto, ma in funzione della violazione commessa.
Anche se la dottrina ha dubbi al riguardo (cfr., da ultimo, Amati, Tardiva richiesta di trascrizione. L'incertezza continua, in Fisco, 1985, 5104), la giurisprudenza si è ormai assestata sulle posizioni ribadite dalla
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