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Sentenza 16 dicembre 1963 (cause 2 a 10/63); Pres. Donner P., Rel. Rossi, Avv. gen. Roemer (concl....

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Sentenza 16 dicembre 1963 (cause 2 a 10/63); Pres. Donner P., Rel. Rossi, Avv. gen. Roemer (concl. conf.); Soc. Acciaierie San Michele e altri (Avv. Cottrau) c. Alta autorità C.e.c.a. (Rappr. Telchini; Avv. M. Giuliano) Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 47/48-51/52 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23156091 . Accessed: 28/06/2014 13:19 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.171 on Sat, 28 Jun 2014 13:19:13 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sentenza 16 dicembre 1963 (cause 2 a 10/63); Pres. Donner P., Rel. Rossi, Avv. gen. Roemer(concl. conf.); Soc. Acciaierie San Michele e altri (Avv. Cottrau) c. Alta autorità C.e.c.a. (Rappr.Telchini; Avv. M. Giuliano)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 47/48-51/52Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156091 .

Accessed: 28/06/2014 13:19

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47 PARTE QUARTA 48

conti o ad altro controllore e clie pubblichi la relazione

la quale potrà approvarne o criticarne la gestione. Così precisato, tali censure si rivelano identiche a

quelle rubricate sub e e /, relative alla mancanza della relazione generale contemplata all'art. 17 e della rela

zione del revisore dei conti prevista all'art. 78 del trattato.

La convenuta, pur negando che le richiamate norme

possano applicarsi ai meccanismi contemplati all'art. 53

del trattato, rileva che la relazione generale di cui all'art.

17 ha regolarmente dato atto del funzionamento del si

stema di perequazione ; che comunque le due relazioni

in parola sono destinate al Parlamento europeo e, rispet tivamente, alla commissione dei presidenti per cui spetta soltanto a tali organi di giudicare se esse sono complete o meno e non è ammissibile il controllo giurisdizionale sul contenuto di tali documenti in esito a ricorso di private

imprese. Nella replica la ricorrente ha dato ancor maggior svi

luppo al suo assunto elevando una serie di critiche sul

funzionamento della perequazione e rivolgendo, in con

clusione, sei domande alla convenuta ; tali critiche han

tratto all'opportunità e all'efficacia della gestione della

perequazione ben più che alla legittimità delle decisioni

di base. La Corte ritiene che nè tali rilievi nè le risposte date

dalla convenuta fanno sorgere motivi atti a porre in

dubbio la legittimità delle decisioni generali 18/60, 19/60 e 20/60. Ne consegue che l'eccezione d'illegittimità solle

vata contro dette decisioni è infondata ; essa va pertanto

respinta. Sulle spese.

— Essendo stato accolto il ricorso per quanto attiene alle valutazioni d'ufficio relative al periodo 1°

ottobre 1955/31 gennaio 1957, potrebbe esservi luogo di

compensare le spese ; tuttavia, la ricorrente ha ottenuto

parziale vittoria solo perchè, su precisa richiesta della

Corte stessa, ha prodotto le fatture dell'azienda erogatrice di corrente elettrica.

Usando maggior diligenza, la parte ricorrente avrebbe

potuto fornire analoghe informazioni già prima dell'ema

nazione delle decisioni individuali impugnate e, per lo

meno, prima di proporre ricorso, e si sarebbe potuto evi

tare ogni contestazione in giudizio relativamente al pe riodo predetto. In tal modo, le spese relative a questa parte del ricorso, non sarebbero sorte ; esse vanno consi derate superflue ai sensi dell'art. 69, § 3, del regolamento di procedura, e la ricorrente deve pertanto interamente

sopportare le spese di causa.

Letti gli atti di causa ; sentita la relazione del giudice relatore ; sentite le deduzioni orali delle parti ; sentite le conclusioni dell'avvocato generale ; visti gli art. 3,

4, 5, 17, 33, 36, 47, 53, 78 e 86 del trattato C.e.c.a. ; visto

il protocollo sullo statuto della Corte di giustizia della

C.e.c.a. visto il regolamento della Corte di giustizia delle

Comunità europee ; la Corte, disattesa ogni altra conclu

sione più ampia e contraria, dichiara ricevibile il presente ricorso e statuisce :

1) Le due decisioni individuali dell'Alta autorità

in data 23 maggio 1962, che hanno fissato l'imponibile di perequazione e rispettivamente l'importo del contri

buto di perequazione, sono annullate per la parte che ri

guarda la valutazione d'ufficio del consumo di rottame

nel periodo 1° ottobre 1955-31 gennaio 1957 ;

2) Le spese di causa sono poste a carico della parte ricorrente.

(1-8) La Corte— ritenuto provato, in base alle risultanze dell'istruttoria, un errore del calcolo induttivo — ha annullato, per la parte relativa a tale errore, i provvedimenti impugnati. Sotto tale profilo la sentenza è difforme dalle conclusioni del l'avvocato generale, il quale, dopo avere constatato lo stesso errore, aveva osservato : « Toutefois, comme nous l'avons rap pelé au début de nos observations, la Cour en la circostance est saisie et ne peut ètre saisie (puisqu'il n'y a pas eu d'appli cations de l'art. 30) que d'un recours en annullation. Elle n'a pas compétence pour arrèter le montant de la dette. Or, la

légalité_d'une decision s'apprécie au jour où elle a été prise.

Si la Cour a cru devoir tenter d'eclaircir l'affaire au maximum, ce n'est pas en vue d'arriver à fixer le montant de la contri

bution, mais pour pouvoir mieux contróler si, en prenant les décisions attaquées, la Haute autorité était restée dans le cadre de la legalité. Nous pensons que ce fut le cas ; dès lors, la requéte, à notre avis, doit ètre purement et simplement rejetée, avec dépens. Bien entendu, cela ne fera pas obstacle à ce que le décompte soit rectifié, soit sur demande de la requé rante, soit d'office, compte tenu des dernières précisions si diffi cilement et si tardivement obtenues en raison de l'attitude de la requérante ».

Con sentenza del 14 dicembre 1962, in cause a 11/62 e 13 a 15/62 (Foro padano, 1963, V, 21), la Corte aveva già riconosciuto che la richiesta di esibizione di fatture relative al consumo di

energia elettrica non costituisce, nell'àmbito dei poteri di con trollo conferiti all'Alta autorità dall'art. 47, una richiesta ecces siva ; e che il consumo di energia elettrica, pur non essendo di

per sè sufficiente per stabilire il consumo di rottame, può costi tuire un valido strumento di controllo, in concomitanza di altri

elementi, ai fini della determinazione dei contributi di pere quazione.

Per quanto concerne il generale problema dell' interpreta zione e applicazione dell'art. 47, cfr. sent. 4 aprile 1960, in causa

31/59 (Foro it., 1960, I, 529), annotata dal Berri (Giur. it., 1960, III, 129), dal Telchini (Giusi, civ., 1960, I, 1907) e dal Ventura (Democrazia e diritto, 1960, fase. 2, 159). In dottrina, cfr. Catalano, Manuale di diritto delle Comunità europee, pag. 206 e Gori, in Riv. dir. internaz., 1960, 630.

Per quanto concerne in generale la necessità della moti vazione ed i suoi limiti cfr. sent. 12 luglio 1962 (Foro it., 1962, I, 463) ed i precedenti ivi rammentati.

Infine, in ordine alla possibilità di impugnare una decisione

generale normativa, attraverso l'impugnativa di un provve dimento di applicazione, cfr. Catalano, Manuale, cit., pag. 89 e la giurisprudenza ivi citata.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE.

Sentenza 16 dicembre 1963 (cause 2 a 10/63) ; Pres. Donner P., Rei. Rossi, Avv. gen. Roemer (conci, conf.) ; Soc. Acciaierie San Michele e altri (Avv. Cot

trau) c. Alta autorità C.e.c.a. (Rappr. Telchini ; Avv. M. Giuliano).

Comunità europee — C.e.e.a. -— Irrogazione di san zioni pecuniarie — Fattispecie (Trattato istitutivo della C.e.c.a., art. 33, 36, 47).

La circostanza che l'ordinamento fiscale italiano obblighi a conservare le fatture soltanto per un quinquennio, non

giustifica la distruzione delle fatture di consumo della

energia elettrica, richieste dall'Alta autorità, prima della scadenza del quinquennio al fine di controllare i dati di produzione ; di conseguenza, è giustificata l'irroga zione di una ammenda per l'inadempienza all' obbligo di esibizione. (1)

L'inadempienza all'obbligo di produrre la fattura giustifica di per se l'applicazione di sanzioni pecuniarie, ne rileva che l'Alta autorità, in casi asseriti analoghi, non abbia

inflitto uguali sanzioni. (2) Non si può invocare un errore scusabile, derivante da un

atteggiamento incerto ed equivoco dell'Alta autorità, al

fine di chiedere una riduzione dell'importo delle ammende, se l'obbligo di esibire, in mancanza degli originali, le

copie conformi delle fatture emerge chiaramente da una

decisione dell'Alta autorità stessa. (3)

La Corte, ecc. — Gli antefatti. — I fatti clie hanno dato

origine alla presente causa si possono così riassumere. Con decisioni del 23 febbraio 1962, l'Alta autorità

ordinava alle attuali ricorrenti di trasmetterle le fatture

riflettenti il rispettivo consumo di energia elettrica nel

periodo 1° aprile 1954-30 novembre 1958. Questa richiesta, fondata sull'art. 47 del trattato, aveva lo scopo di per mettere all'Alta autorità la verifica degli elementi neces sari per l'applicazione della perequazione del rottame

importato.

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49 GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA 50

Dette decisioni venivano impugnate dalle imprese destinatarie le quali, in tale occasione, sostennero che la richiesta loro fatta era illegittima e, nella discussione orale, rilevarono che la trasmissione delle fatture poteva essere resa impossibile dal fatto che, per la legge italiana, la conservazione delle fatture è obbligatoria soltanto per cinque anni.

La Corte si pronunziava su tali impugnazioni con sen tenza del 14 dicembre 1962 nella quale, fra l'altro :

—• ammetteva il principio che l'Alta autorità, nell'eser cizio dei poteri attribuitile dall'art. 47 del trattato, ha facoltà di ordinare l'esibizione di qualsiasi documento del genere, ad esempio, delle fatture dell'energia elettrica ;

— riservava all'Alta autorità di stabilire se, nel caso

concreto, la mancata esibizione di determinate fatture fosse giustificata alla luce delle norme applicabili, e di trarne le debite conseguenze.

In seguito a questa sentenza, il 18 dicembre 196? l'Alta autorità adottava nuove decisioni che venivano notificate alle ricorrenti il 24 dicembre 1962. Con tali

provvedimenti l'Alta autorità, richiamandosi al dispo sitivo delle decisioni del 23 febbraio 1962, riconosciute come legittime dalla Corte, infliggeva alle attuali ricor renti sanzioni pecuniarie a norma dell'art. 47 del trattato.

Queste sanzioni sono : — un'ammenda pari allo 0,5% del fatturato annuo ; — una penalità di mora, pari al 2,5% (al 5% nella

causa 3/63) del fatturato giornaliero, per ciascun giorno di ritardo nel trasmettere le fatture di cui trattasi ovvero

copia delle stesse, a partire dalla notifica del provve dimento.

Contro le nuove decisioni sono stati introdotti, il 28

gennaio 1963, gli attuali ricorsi. (Omissis) Nel merito. —A) Sull'annullamento delle ammende. 1) Le

ricorrenti si richiamano all'ordinamento fiscale italiano per giustificare l'asserita distruzione delle fatture di energia elettrica e per affermare che, con tali premesse, esse non debbono incorrere in alcuna responsabilità per non aver esibito dette fatture in ossequio alle decisioni del 23 feb braio 1962.

Il mezzo fatto valere dalle ricorrenti parte dal pre supposto che le decisioni del 23 febbraio 1962 debbano

interpretarsi come se richiedessero unicamente gli origi nali delle fatture della corrente elettrica, ma nè le lettere nè lo spirito delle decisioni giustificano siffatta interpreta zione. L'art. 1 si limita infatti a prescrivere l'esibizione « di tutte le fatture dell'energia elettrica . . . relative alla attività dell'impresa per il periodo dall'aprile 1954 al novembre 1958 inclusi », senza precisare che si tratti esclusivamente degli originali e poiché l'esibizione delle fatture avrebbe dovuto permettere all'Alta autorità di verificare gli elementi necessari per applicare la perequa zione al rottame importato, non vi era motivo di ritenere che soltanto gli originali potessero servire a tal fine. Per di più, nelle lettere del 27 novembre 1961, l'Alta autorità aveva espressamente previsto che, in mancanza degli originali, le ricorrenti avrebbero dovuto esibire « copie o

fotocopie certificate conformi » ; alle lettere erano inoltre

allegati vari moduli che i destinatari dovevano riempire e nei quali pure si faceva riferimento a « copie o foto

copie ».

Tutte le ricorrenti risposero a dette lettere contestando la legittimità della richiesta dell'Alta autorità od invi tando questa a ritirarla o, quanto meno, a confermarla mediante una decisione destinata a tutte le imprese dello stesso settore. A tale scopo l'Alta autorità ha adottato le decisioni del 23 febbraio 1962 che ribadiscono l'obbligo di cui alle lettere predette.

Stando così le cose e posto che, sotto un certo aspetto, le lettere costituiscono atti preparatori alle decisioni del 23 febbraio 1962, è vano sostenere, come fanno le ricor

renti, che le decisioni dovevano intendersi nel senso che esse impongono di esibire unicamente gli originali delle fatture.

In ogni caso, tenuto conto delle lettere, le ricorrenti

avrebbero dovuto conservare precauzionalmente le fatture

dell'energia elettrica in previsione delle decisioni che l'Alta autorità avrebbe adottato in materia, mentre dalle

risposte clic furono fornite alla Corte risulta che tali fat ture furono distrutte dopo clic le ricorrenti ebbero rice vuto le lettere stesse. Ne consegue che quand'anche le ricorrenti avessero distrutto, smarrito od omesso di con

servare gli originali delle fatture in contesto, esse avreb bero dovuto chiederne copia alle aziende erogatrici appena avuta notifica delle decisioni del 23 febbraio 1962, adope randosi in tal modo per adempiere a quanto disponevano tali decisioni.

Le ricorrenti hanno invece proposto ricorso assumendo che il trattato non conferiva all'Alta autorità il potere di esigere l'esibizione dei documenti contabili. Solo fra il dicembre 1962 ed il gennaio 1963, ossia non meno di dieci mesi dopo aver avuto notifica delle decisioni del 23 febbraio 1962, esse hanno, per la prima volta, chiesto alle aziende erogatrici la copia di ciascuna fattura.

Si deve dunque concludere che sino all'emanazione delle decisioni che infliggevano le sanzioni pecuniarie di cui è

causa, le ricorrenti son venute meno all'obbligo loro im

posto dalle decisioni del 23 febbraio 1962. Tale conclu sione vale a maggior ragione per la ricorrente nella causa

2/63 la quale, fino all'ottobre 1962, era in grado di esibire anche gli originali delle fatture in contesto : tenuto conto della data alla quale gli originali sarebbero stati distrutti,

qualsiasi richiamo all'ordinamento fiscale italiano appare, in questo ultimo caso, inconferente.

Stando così le cose, la Corte ritiene che l'ammenda inflitta dalle decisioni del 18 ottobre 1962 per l'inadem

pienza all'obbligo sancito dalle decisioni del 23 febbraio 1962 è giustificata.

2) Le ricorrenti lamentano inoltre che le decisioni

impugnate dànno luogo ad una discriminazione nei loro

confronti in quanto la ricorrente nella causa 18/62, pur trovandosi in analoga situazione, non è stata colpita da

sanzioni pecuniarie. Appare tuttavia dalle considerazioni

soprasvolte che nei casi di cui trattasi, le sanzioni pecu niarie si giustificano pienamente in ragione dell'inadem

pienza alle decisioni del 23 febbraio 1962 ; a nulla rileva

quindi che anche in casi asseriti analoghi l'Alta autorità

avrebbe dovuto infliggere uguali sanzioni pecuniarie. La censura tratta dall'asserita discriminazione risulta

infondata e va quindi disattesa.

3) Le ricorrenti nelle cause 2/63, 3/63, 5/63 e 6/63 deducono inoltre che, non avendo esse svolto alcuna atti

vità siderurgica durante una parte del periodo della pere quazione, l'aver loro inflitto un'ammenda per mancata esibizione delle fatture di elettricità relative a tale periodo è illegittima, in quanto non motivata, ed integra uno

sviamento di potere. L'art. 1 delle decisioni del 23 febbraio 1962 prescri

veva alle ricorrenti di produrre le fatture dell'energia elettrica « relative all'attività dell'impresa durante il pe riodo dall'aprile 1954 al novembre 1952 inclusi », per cui dal tenore di tale disposizione emerge che l'obbligo di cui trattasi riguarda soltanto le fatture che han tratto

all'attività siderurgica effettivamente svolta da ciascuna

impresa durante il periodo indicato ; le decisioni del 18 dicembre 1962 riprendendo la parte dispositiva delle deci

sioni del 23 febbraio 1962 or riportata hanno quindi inflitto le sanzioni pecuniarie in contesto per la violazione di tale obbligo, prescindendo dalla effettiva durata del

l'attività siderurgica svolta da ciascuna impresa durante il periodo della perequazione.

Il mezzo fatto valere dalle ricorrenti nelle cause sovra richiamate è pertanto infondato.

B) Sulla riduzione delle ammende. Nelle loro conclu sioni subordinate le ricorrenti chiedono che l'importo delle ammende venga ridotto, stante l'atteggiamento in certo ed equivoco tenuto dall'Alta autorità che le avrebbe indotte in un errore scusabile e dato altresì che l'importo sarebbe sproporzionato alla consistenza economica di ciascuna impresa.

Per quanto attiene al primo argomento, le conside razioni soprasvolte permettono di concludere che le ricor

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51 PARTE QUARTA 52

renti non possono validamente invocare alcun errore di

diritto, dal momento che l'obbligo di esibire, in mancanza

degli originali, le copie certificate conformi delle fatture in contesto chiaramente emerge dalle decisioni del 23 febbraio 1962 ed altresì dalle lettere del 27 novembre

1961. Per quanto attiene al secondo argomento, le ricor

renti non hanno fornito alla Corte alcun elemento di fatto inteso a dimostrare che l'importo delle ammende è

sproporzionato alla consistenza economica di ciascuna

impresa ; d'altronde, ad avviso della Corte, le ammende non sono eccessive posto che son state commisurate ad

un importo molto inferiore al massimo previsto all'art. 47 del trattato.

Per tutte le ragioni dianzi esposte, le conclusioni

subordinate vanno disattese perchè infondate.

C) Sulle penalità di mora. In via subordinata, le

ricorrenti chiedono alla Corte di assolverle dall'obbligo di corrispondere le penalità di mora imposte dalle deci sioni impugnate ; a sostegno della loro richiesta deducono che esse non possono esser tenute responsabili della ritar data esibizione delle copie delle fatture all'Alta autorità

in quanto potevano trasmetterle solo dopo che le aziende

erogatrici le avessero fornite ; per giustificare il ritardo le ricorrenti si richiamano alle difficoltà materiali che le

predette aziende hanno denunziato nelle risposte alle

lettere con cui fu loro chiesto di fornire detti documenti. Senza bisogno di accertare se le fatture furono effet

tivamente distrutte, è innegabile che il ritardo ad esi

birne le copie è dovuto in gran parte alla circostanza che le ricorrenti si son rivolte alle aziende erogatrici d'elet tricità non prima del dicembre 1952, ossia molto tempo dopo la notifica delle decisioni del 23 febbraio 1962.

Le difficoltà materiali cui le aziende erogatrici si ri

chiamano non possono quindi liberare le ricorrenti da

ogni responsabilità a tale proposito ; di tali difficoltà si

può tuttavia tener conto per stabilire il termine decorso

il quale, le penalità di mora vanno applicate. Ne consegue, quindi, che le penalità di mora devono

essere mantenute ma che il termine, scaduto il quale esse son dovute, va prorogato a sette mesi con decorrenza dalla notifica delle decisioni impugnate.

Le spese. Ai sensi dell'art. 69, § 3, 1° comma, del rego lamento di procedura ove tutte le parti siano parzial mente soccombenti la Corte può disporre la compensa zione delle spese.

La convenuta è rimasta parzialmente soccombente

rispetto ai mezzi fatti valere contro l'imposizione delle

penalità di mora.

(1-3) La precedente sentenza, resa tra le stesse parti il 14 dicembre 1062 è stata pubblicata in Foro padano, 1963, V, 21.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE.

Sentenza 15 luglio 1963 (causa 25/62) ; Pres. Donner P., Rei. Eossi, Avv. gen. Roemer ; Plaumann & C. (Avv. Ditges) c. Commissione della Comunità economica euro

pea (Rappr. Ehring ; Avv. Steindorff).

Comunità europee — C e.e. — Decisione presa nei confronti di uno Stato membro — Ricorso di un singolo — Inammissibilità —

Fattispecie (Trat tato istitutivo della C.e.e., art. 173, 189, 191).

È inammissibile il ricorso, proposto da un importatore av verso la decisione, con la quale la Commissione della G.e.e.

respinge la richiesta di autorizzazione a sospendere la riscossione del dazio previsto dalla tariffa comune sulle merci da importare, avanzata dallo Stato membro, di cui il ricorrente è cittadino. (1)

La Corte, ecc. — I. — Gli antefatti. — 1 fatti che lianno dato origine alla presente controversia si possono così riassumere :

Il 16 giugno 1961, la Repubblica federale di Germania

chiedeva alla Commissione l'autorizzazione a sospendere la riscossione del dazio del 13% previsto dalla tariffa comune

per le « clementine, fresche » provenienti da paesi terzi

(posizione ex 08.02 della tariffa doganale comune) ed

applicare in luogo di quella il dazio del 10% di cui alla

tariffa doganale tedesca.

Detta richiesta veniva successivamente modificata a voce nel senso che fosse istituita un'apposita « sottovoce

per le clementine » col dazio del 10%. Con decisione del 22 maggio 1962, S III 03079, desti

nata alla Repubblica federale di Germania, la Commissione

negava la richiesta autorizzazione. Contro tale decisione

di rifiuto la Plaumann & Co. ha introdotto, il 30 luglio 1962, il presente ricorso. (Omissis)

In diritto. — I. — La domanda di annullamento. —

Sull'ammissibilità. L'art. 173, 2° comma, del trattato

C.e.e. stabilisce che « qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre ... un ricorso . . . contro le decisioni che,

pur apparendo come . . . una decisione presa nei confronti di altre persone, la riguardano direttamente e indivi

dualmente ». La convenuta sostiene che le parole « altre

persone » non possono essere riferite agli Stati membri in

quanto soggetti di sovranità ; i singoli non potrebbero quindi impugnare le decisioni della Commissione o del

Consiglio destinate agli Stati. A questo proposito va detto che l'art. 173, 2° comma,

del trattato ammette in modo molto generico le impugna tive dei singoli dirette contro le decisioni che, pur essendo destinate ad « altre persone », li riguardino direttamente e individualmente. Il senso di quest'espressione non è ulteriormente precisato nè limitato. Il significato letterale delle parole e la connessione di esse giustificano la più ampia interpretazione. Se ciò non bastasse, le disposizioni del trattato relative al diritto d'impugnazione non possono essere interpretate restrittivamente. Nel silenzio del trat

tato, la disposizione di cui trattasi non può quindi essere intesa in senso limitativo.

La tesi della convenuta è quindi infondata. La convenuta sostiene poi che il provvedimento impu

gnato è in realtà un regolamento adottato sotto forma di decisione ; per questo motivo esso sarebbe sottratto alla

impugnazione da parte dei singoli alla stessa stregua dei

provvedimenti normativi di portata generale. La Corte rileva che, ai sensi degli art. 189 e 191 del trat

tato, le decisioni sono caratterizzate dal fatto di essere destinate a un numero limitato di persone. Per poter sta bilire se si tratti nella specie di una decisione, va quindi accertato se il provvedimento riguardi persone determi nate. Il provvedimento impugnato è destinato al Governo della Repubblica federale di Germania ed ha negato a

questo l'autorizzazione a sospendere parzialmente i dazi su determinati prodotti importati da paesi terzi. Il provve dimento impugnato va quindi considerato come una deci sione la. quale designa una determinata persona ed è ob

bligatoria solo per essa. A norma dell'art. 173, 2° comma, del trattato i singoli

possono impugnare le decisioni le quali, benché destinate ad altre persone, li riguardino direttamente e individual mente. Nella specie la convenuta contesta che il provve dimento impugnato riguardi direttamente e individual mente la ricorrente.

Va quindi esaminato anzitutto se ricorra il secondo

requisito ; qualora il provvedimento non riguardi indivi dualmente la ricorrente è infatti superfluo stabilire se esso la colpisca direttamente.

Chi non sia destinatario di una decisione può sostenere che questa lo riguarda individualmente soltanto qualora il provvedimento lo tocchi a causa di determinate qualità personali, ovvero di particolari circostanze atte a distin

guerlo dalla generalità, e quindi lo identifichi alla stessa

stregua dei destinatari. Nel caso in esame, il procedimento impugnato colpisce la ricorrente nella sua qualità di im

portatrice di clementine, cioè a causa di un'attività com merciale che può essere sempre esercitata da chiunque e che non è quindi atta ad identificare la ricorrente, agli

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