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sentenza 16 dicembre 1982, n. 219 (Gazzetta ufficiale 22 dicembre 1982, n. 351); Pres. Elia, Rel....

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5
sentenza 16 dicembre 1982, n. 219 (Gazzetta ufficiale 22 dicembre 1982, n. 351); Pres. Elia, Rel. Roehrssen; Tosi ed altri. Ord. Pret. Pisa 13 ottobre 1978 (due) (Gazz. uff. 26 febbraio 1979, n. 59); Trib. Caltanissetta 18 aprile 1980 (id. 10 settembre 1980, n. 249) Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1983), pp. 1839/1840-1845/1846 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175331 . Accessed: 25/06/2014 10:49 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 10:49:07 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 16 dicembre 1982, n. 219 (Gazzetta ufficiale 22 dicembre 1982, n. 351); Pres. Elia, Rel. Roehrssen; Tosi ed altri. Ord. Pret. Pisa 13 ottobre 1978 (due) (Gazz. uff. 26 febbraio

sentenza 16 dicembre 1982, n. 219 (Gazzetta ufficiale 22 dicembre 1982, n. 351); Pres. Elia, Rel.Roehrssen; Tosi ed altri. Ord. Pret. Pisa 13 ottobre 1978 (due) (Gazz. uff. 26 febbraio 1979, n.59); Trib. Caltanissetta 18 aprile 1980 (id. 10 settembre 1980, n. 249)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1983), pp. 1839/1840-1845/1846Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175331 .

Accessed: 25/06/2014 10:49

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Page 2: sentenza 16 dicembre 1982, n. 219 (Gazzetta ufficiale 22 dicembre 1982, n. 351); Pres. Elia, Rel. Roehrssen; Tosi ed altri. Ord. Pret. Pisa 13 ottobre 1978 (due) (Gazz. uff. 26 febbraio

18^ PARTE PRIMA 1840

di far conoscere con le dovute garanzie di pubblicità i termini e

i motivi con i quali la questione è stata sollevata.

Per questi motivi, dichiara l'inammissibilità della questione di

legittimità costituzionale dell'art, unico 1. 16 luglio 1975 n. 355,

sollevata in riferimento agli art. 3, 21 e 31 Cost, con l'ordinanza

indicata in epigrafe.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 dicembre 1982, n.

219 (Gazzetta ufficiale 22 dicembre 1982, n. 351); Pres. Elia, Rei. Roehrssen; Tosi ed altri. Ord. Pret. Pisa 13 ottobre

1978 (due) (Gazz. uff. 26 febbraio 1979, n. 59); Trib. Calta

nissetta 18 aprile ,1980 (id. 10 settembre 1980, n. 249).

Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Assunzio

ne di incarichi di lavoro autonomo con lo Stato o enti pubblici — Divieto — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 24 maggio 1970 n. 336, norme a favore dei dipen denti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati, art. 3; d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748, disciplina delle funzioni

dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato anche ad ordina

mento autonomo, art. 67; d.l. 8 luglio 1974 n. 261, modifica

zioni alla 1. 24 maggio 1970 n. 336, art. 6; 1. 14 agosto 1974

n. 355, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 8 lu

glio 1974 n. 261, art. 1).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 d. I. 18 luglio 1974 n. 261, convertito, con modificazioni, in l. 14 agosto 1974 n. 355, nella parte in cui prevede per gli ex combattenti collocati a riposo ai sensi dell'art. 3 l. 24 maggio 1970 n. 536 il divieto di assumere e mantenere non solo rap porti di impiego pubblico, ma anche incarichi di lavoro au tonomo con lo Stato e gli altri enti pubblici, in relazione al l'art. 67, ult. comma, d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748, che tale

possibilità riconosce ai dirigenti esodati, in riferimento al l'art. 3 Cost. (1)

II

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 dicembre 1982, n. 218

(Gazzetta ufficiale 22 dicembre 1982, n. 351); Pres. Elia, Rei. Roehrssen; Di Marcantonio ed altro. Ord. T.A.R. Friuli Venezia Giulia 3 luglio 1976 (Gazz. uff. 22 dicembre 1976, n. 340).

Impiegato dello Stato e pubblico — Dirigenti esodati — Divie to di assumere o conservare incarichi universitari — Que stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 9, 33; d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748, art. 67).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 67, ult. comma, d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748, nella parte in cui preclude ai dirigenti statali esodati di assumere o conservare incarichi universitari, in riferimento agli art. 3, 9 e 33 Cost. (2)

(1, 3-4) I. - La questione di costituzionalità di cui a Corte cost. n. 219/82 era stata sollevata con le ordinanze Pret. Pisa 13 ottobre 1978. Foro it., 1979, I, 1344, con nota di richiami, Trib. Caltanissetta 18 aprile 1980, id., Rep. 1981, voce Impiegato dello Stato, n. 670.

La questione di costituzionalità dell'art. 6, 2° e 3° comma, d. 1. 261/74, come modificato dall'art. 1 1. 355/74. è stata dichiarata in fondata e manifestamente infondata da Corte cost. 28 luglio 1976, n. 194, id.. 1977, I, 23, con nota di richiami, commentata da Chiap pelli, in Riv. it. prev. soc., 1976, 851, e ord. 12 aprile 1978, n. 29, Foro it., Rep. 1978, voce cit., n. 973 e 17 novembre 1982, n. 189, Giur. costit., 1982, I, 2056, nella parte in cui vieta al personale collo cato a riposo con i benefici combattentistici di assumere impieghi o incarichi presso le amministrazioni pubbliche.

11. - Con riferimento alle questioni di cui a Cass. 2009/83, cfr., nel senso che l'art. 6 d.l. 261/74 si riferisce non solo ad as sunzioni e ad incarichi che comportino l'instaurazione di un rapporto di impiego, ma a qualsiasi forma di occupazione che, pur al di fuori di un rapporto di impiego in senso proprio, implichi comunque l'ero gazione di un compenso da parte degli enti pubblici e pertanto anche agli incarichi, come quelli conferiti ai medici degli ambulatori E.n.p.a.s., che comportino una prestazione di opera intellettuale in regime di autonomia, v. Cass. 30 agosto 1980, n. 5029, Foro it., Rep. 1980, voce Impiegato dello Stato, n. 868; T.A.R. Marche 25 maggio 1977, n. 142, id., Rep. 1979, voce cit., n. 920; T.A.R. Sardegna 28 aprile 1976, n. 129, id., Rep. 1977. voce cit., n. 874. Secondo Cons. Stato, sez. VI, 3 luglio 1981, n. 344, id., Rep. 1981, voce Sanitario, n. 54, l'iscrizione dei medici abilitati a prestare l'assistenza generica negli

Ill

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 22

marzo 1983, n. 2009; Pres. Moscone, Est. Afeltra, P.M. Fabi

(conci, conf.); I.n.a.m. (Aw. dello Stato Bruno) c. Costa

(Avv. De Ferrari). Cassa Trib. La Spezia 26 ottobre 1978.

Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Divieto

di assumere incarichi retribuiti presso lo Stato o enti pubblici — Incarichi compresi e esclusi dal divieto — Fattispecie (D.l.

8 luglio 1974 n. 261, art. 6; 1. 14 agosto 1974 n. 355, art. 1).

Il divieto, per il personale collocato a riposo con i benefici com

battentistici, di assumere incarichi retribuiti presso lo Stato

o altri enti pubblici concerne non solo gli incarichi che creano

un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, sia pure stra

ordinario e temporaneo, ma anche quelli da cui nasca un rap

porto di lavoro autonomo, il quale sia però caratterizzato,

per la peculiarità operativa degli enti pubblici, da forti o pres santi restrizioni della discrezionalità operativa tipica del la

voro autonomo (c. d. parasubordinazione), restando esclusi uni

camente gli incarichi aventi ad oggetto prestazioni occasional

mente richieste dagli enti pubblici, le quali vengano effettuate con l'autonomia propria del libero professionista (nella specie, è stato ritenuto compreso nel divieto l'incarico di medico am

bulatoriale presso l'I.n.a.m.). (3)

IV

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 11

febbraio 1982, n. 841; Pres. Mirabelli, Est. Tondo, P.M.

Fabi (conci, diff.); I.n.a.m. (Avv. dello Stato Corti) c. De Lo

renzi ed altri (Avv. Ferrari, Perini). Cassa Trib. Milano 24

gennaio 1979.

Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Divieto di

assumere incarichi presso lo Stato o enti pubblici — Incarichi

ottenuti prima del collocamento a riposo — Applicabilità (D.l. 8 luglio 1974 n. 261, art. 6; 1. 14 agosto 1974 n. 355, art. 1).

Il divieto, per il personale collocato a riposo con i benefici combattentistici di assunzione di incarichi retribuiti presso lo

Stato o altri enti pubblici, di cui all'art. 6, ult. comma, d. I.

8 luglio 1974 n. 261, convertito in l. 14 agosto 1974 n. 355,

si applica non solo nei confronti di coloro che hanno otte

nuto le assunzioni o gli incarichi dopo il collocamento a ri

poso, ma anche rispetto a coloro che tali incarichi od as

sunzioni abbiano ottenuto prima del collocamento a riposo, ai

sensi della l. 24 maggio 1970 n. 336. (4)

elenchi di cui agli art. 9 1. 349/77 e 48 1. 833/78 non ricade nel

divieto di cui all'art. 6 d.l. 261/74, non conferendo la p.a. né im

pieghi né incarichi, ma limitandosi ad accertare l'idoneità dei me

dici a fornire certe prestazioni. Per la giurisprudenza costituzionale in tema di benefici combat

tentistici v., da ultimo. Corte cost. 10 novembre 1982, n. 176, id..

1983, I, 581, con nota di richiami, circa l'esclusione da tali benefìci

degli ufficiali già in s.p.e. collocati in ausiliaria, nella riserva o nel ruolo d'onore, comunque trattenuti in servizio.

III. - Nello stesso senso di Cass. 841/82, cfr. Cass. 26 luglio 1982, n.

4201, id., Rep. 1982, voce Istruzione pubblica, nn. 448, 456; 30

agosto 1980, nn. 5030 e 5029, Cons. Stato, sez. VI, 30 ottobre 1979, n.

772, T.A.R. Piemonte 17 luglio 1979, n. 385, id., Rep. 1980, voce Im

piegato dello Stato, nn. 865, 863, 869, 867; Cons. Stato, sez. VI.

1° marzo 1977, n. 170, id., Rep. 1977, voce cit., n. 1338; T.A.R.

Liguria 22 gennaio 1976, n. 18, id., 1977, IH, 101, con nota di

richiami. Per la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità

dell'art. 6 d.l. 261/74, in quanto tale norma non realizza alcuna

discriminazione tra gli ex combattenti che hanno assunto impieghi o incarichi presso uffici dello Stato o di enti pubblici rispettivamente

prima e dopo 1 '8 luglio 1974, v. T.A.R. Lazio, sez. I, 1° marzo 1978, n. 207, id.. Rep. 1978, voce cit., n. 974.

(2) L'ordinanza 3 luglio 1976 del T.A.R. Friuli-Venezia Giulia è

riportata in Foro it.. 1977, III, 232, con nota di richiami. Per la manifesta infondatezza della questione v. T.A.R. Lazio, sez.

I, 22 ottobre 1980, n. 1016, id., Rep. 1981, voce Istruzione pubblica, n. 310.

Nel senso che i pubblici dipendenti collocati a riposo con i bene fici previsti dall'art. 67 d.p.r. 748/72 non possono conservare né ot tenere incarichi di insegnamento universitario, v. Cons. Stato, comm.

spec., 12 febbraio 1979, n. 99/295, id.. Rep. 1981, voce cit., n. 359; sez. VI 20 ottobre 1978, n. 1044 e sez. 1 25 febbraio 1977, n. 1814/75, id., Rep. 1979, voce cit., nn. 358, 273; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 3 luglio 1976, n. 71, id.. 1977, III, 736, con nota di richiami.

Per l'illegittimità del provvedimento di revoca di un incarico di

insegnamento, per incompatibilità ex art. 67 dtp.r. 748/72, quando

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

Diritto. — 1. - Le ordinanze di cui in epigrafe sollevano tutte

una identica questione di legittimità costituzionale, onde i re

lativi giudizi possono essere riuniti ai fini di un'unica pro nuncia.

2. - La corte è chiamata ad esaminare se l'art. 6 d. 1. 8 luglio 1974 n. 261 (« modificazioni alla 1. 24 maggio 1970 n. 336, con

cernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pub blici ex combattenti ed assimilati »), cost come modificato dalla

legge di conversione 14 agosto 1974 n. 355, violi il principio di

uguaglianza posto dall'art. 3, 1° comma, Cost., avendo vietato

agli ex combattenti collocati a riposo ai sensi dell'art. 3 1. 24

maggio 1970 n. 336 (« norme a favore dei dipendenti dello Stato

ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati »), di assumere

incarichi di lavoro autonomo con lo Stato e gli altri enti pub blici oltre che con società a partecipazione statale e ciò in dif

formità da quanto era stato disposto con l'art. 67, ult. comma,

d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748 (« disciplina delle funzioni diri

genziali nelle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento

autonomo »), il quale vieta agli « esodati », ai sensi dello stesso

decreto presidenziale, soltanto le assunzioni di nuovi rapporti di impiego.

3. - La questione non è fondata.

È noto che questa corte ha costantemente ritenuto che può

ipotizzarsi violazione del principio di uguaglianza quando si

pongano a raffronto situazioni identiche o, almeno, omogenee

(cfr. fra le altre sent. nn. 1 e 52 del 1981, Foro it., 1981, I, 611 e

1221). Nella specie, peraltro, non sussiste omogeneità di situazioni

poiché diversi sono sia i destinatari sia la ratio delle disposizioni che vengono messe a raffronto nelle ordinanze di rimessione.

Infatti la 1. 24 maggio 1970, come la corte ha già avuto modo

di chiarire (sent. n. 194/76, id., 1977, I, 23) e come risulta

anche dai lavori preparatori, ha per destinatari soltanto i di

pendenti statali in possesso della qualifica di ex combattenti od

appartenenti ad altre determinate categorie che a causa della

guerra avevano subito ritardi o menomazioni nella loro carriera, allo scopo di accordare a costoro un particolare beneficio, che

negli stessi lavori preparatori viene definito atto di « giustizia

riparatrice ».

L'art. 67, ult. comma, del successivo d.p.r. n. 748, invece, è

rivolto esclusivamente ai dipendenti statali appartenenti alla

dirigenza ed alla carriera direttiva ai quali è stato consentito, con la stessa norma, l'esodo anticipato dall'amministrazione del

lo Stato al fine di sfoltirne i ruoli.

Siffatta diversità è sufficiente a rendere non irrazionale la

differenza di trattamento esistente fra le due norme poste a

raffronto.

Va peraltro osservato che in prosieguo di tempo il legislatore è ritornato sull'argomento e con l'art. 6, ult. comma, 1. 20 marzo

1975 n. 70 («disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente ») ha disposto anche per i dipendenti statali, che si erano avvalsi delle norme

sull'esodo volontario previsto dal ripetuto art. 67 d.p.r. n. 748/72, un divieto sostanzialmente simile a quello già compreso nell'art.

6 d.l. n. 261 del 1974.

Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di le

gittimità costituzionale dell'art. 6 d.l. 8 luglio 1974 n. 261 («mo dificazioni alla 1. 24 maggio 1970 n. 336, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati »), convertito con modificazioni in 1. 14 agosto 1974 n. 355 — nella parte in cui prevede per gli ex combattenti col locati a riposo ai sensi dell'art. 3 1. n. 336 del 1970 il divieto di assumere e mantenere non solo rapporti d'impiego pubblico, ma anche incarichi di lavoro autonomo con lo Stato e gli altri enti pubblici — sollevata in riferimento all'art. 3 Cost, con le ordinanze in epigrafe.

11

Diritto. — 1. - La corte è chiamata a decidere se l'art. 67, ult. comma, d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748 (« disciplina delle fun

zioni dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato anche ad or

si trattava di dipendente che aveva ottenuto l'esodo in base alla 1.

336/1970, v. Cons. Stato, sez. II, 21 dicembre 1977, n. 279, id..

Rep. 1980, voce cit., n. 289. Per la inapplicabilità del disposto di cui all'art. 67 d.p.r. 748/72

al personale regionale, ai magistrati ed ai segretari comunali v., rispettivamente, Cons. Stato, sez. I, 29 maggio 1978, id., Rep. 1981, voce Regione, n. 158; sez. II 2 dicembre 1975. n. 2121/74, id., Rep. 1978, voce Ordinamento giudiziario, n. 75, e sez. I 9 aprile 1976, n. 2113/75, ibid., voce Segretario comunale, n. 18.

dinamento autonomo ») violi gli art. 3, 9 e 33 Cost., nella parte in cui preclude ai dirigenti statali esodati a norma della mede

sima disposizione di assumere o conservare incarichi universitari.

2. - La questione non è fondata.

L'art. 67 d.p.r. n. 748/72 ha voluto concedere particolari be

nefici « ai dirigenti ed al restante personale delle carriere di

rettive i quali chiedano, entro il 30 giugno 1973, il collocamento

a riposo anticipato », allo scopo di consentire lo sfoltimento dei

ruoli dei dipendenti statali appartenenti alla dirigenza ed alla

carriera direttiva. L'ultimo comma di tale articolo, poi, con il

divieto per i c. d. esodati di assumere altri rapporti d'impiego e (secondo le successive disposizioni dell'art. 6, ult. comma, 1.

20 marzo 1975 n. 70) incarichi professionali presso lo Stato od

altri enti pubblici, ha voluto evitare che coloro i quali avessero

conseguito, per effetto di quei benefici, un trattamento di quie scenza di particolare favore, potessero acquisire, sempre a carico

della finanza pubblica, ulteriori vantaggi ed emolumenti.

Si tratta di un divieto di carattere generale, che trova il suo

fondamento appunto nel particolare trattamento accordato dalla

stessa norma che ha previsto il c. d. sfollamento.

Ciò premesso, è anche chiaro che eventuali deroghe od ec

cezioni ad una disposizione del genere non possono non rien

trare in una valutazione di indole politica di esclusiva compe tenza del legislatore, al fine di stabilire se sussistano considera

zioni utili a limitare le conseguenze della norma stessa, sindaca

bile da questa corte soltanto sotto il profilo della irrazionalità.

Ciò posto, sotto il profilo della legittimità costituzionale, ad

avviso della corte, non sussistono i motivi che secondo l'ordi

nanza di rimessione porrebbero la mancata eccezione al divieto

(per quel che concerne l'insegnamento universitario) in contrasto

con norme costituzionali.

Tn primo luogo, anche a prescindere da ogni considerazione

circa la effettiva incidenza materiale del divieto sulla possibilità di utilizzare gli « esodati » come docenti universitari, sta di fatto

che la norma dell'art. 67, ult. comma, non ha per destinatari gli studiosi o gli aspiranti ad incarichi universitari, ma solo i di

pendenti statali già appartenenti alla dirigenza ed alla carriera direttiva: quindi non si crea alcuna disparità di trattamento fra

gli studiosi, neppure per il fatto che i dipendenti statali in co stanza di rapporto di impiego possono assumere incarichi del

genere, cosi come non si apportano limitazioni alla libertà del

l'insegnamento (art. 3 e 33 Cost.).

Ugualmente non sussiste violazione dell'art. 9, 1° comma, Cost,

secondo cui la repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, poiché il divieto di assumere

incarichi universitari non preclude certo agli « esodati » di pro seguire negli studi e nella ricerca scientifica o tecnica, che essi

possono svolgere anche senza essere legati agli istituti universitari da speciale rapporto di lavoro.

Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di legit timità costituzionale dell'art. 67, ult. comma, d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748 (« disciplina delle funzioni dirigenziali nelle ammi nistrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo »), nella

parte in cui preclude ai dirigenti statali esodati di assumere o conservare incarichi universitari, sollevata in riferimento agli art. 3, 9 e 33 Cost., con l'ordinanza in epigrafe.

Ili

Motivi della decisione. — (Omissis). Col secondo mezzo si assume violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo dello stesso art. 6 1. 355/74 per avere la sentenza del tribunale, con

incongrua motivazione, ritenuto inapplicabile la normativa con tenuta nella 1. 355/74 al rapporto intercorrente tra il dott. Costa e l'I.n.a.m. senza tener conto che detto rapporto, per il fatto di svolgersi continuativamente e di estrinsecarsi in prestazioni a favore di un ente pubblico, è caratterizzato da una deter

minata « soggezione » che non è dato riscontrare nelle normali

prestazioni d'opera professionale che si esauriscono nella tratta

zione di un singolo affare a favore di un privato. La censura è fondata. Col succitato art. 6 venne per la prima

volta disposto che il personale « collocato a riposo ai sensi del

predetto decreto non può essere assunto in impiego o avere incarichi retribuiti alle dipendenze dello Stato, degli altri enti

pubblici, anche economici, di società a partecipazione statale e di enti che fruiscono del contributo ordinario dello Stato».

Va subito sottolineato che non ha mai formato oggetto di

discussione in parlamento la formula specificativa « alle dipen denze dello Stato», adottata dall'originario testo dell'art. 6 d. 1.

261/74 con indubbio riferimento sia all'impiego che agli in carichi. Il che deve essere tenuto presente dall'interprete nell'in

dividuare quali siano precisamente gli incarichi investiti dal di

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1843 PARTE PRIMA 1844

vieto in parola; cosa che non ha di certo fatto il Tribunale di

La Spezia, ritenendo, con affermazione del tutto apodittica, che

la locuzione « alle dipendenze » significa esclusivamente « rap

porto di lavoro subordinato » e cioè « rapporto diverso da quello

di lavoro autonomo, quale è quello di cui si controverte ».

Va, innanzitutto, ricordato che l'espressione « alle dipendenze »

ha nel linguaggio giuridico un significato suo proprio, relativa

mente elastico, è pur vero, ma non sino al punto di poter co

gliere in esso il valore, del tutto restrittivo, attribuitogli dal Tri

bunale di La Spezia. Deve essere, invece, ribadita l'interpretazione

data alla norma da queste sezioni unite secondo cui l'inciso « ecce

zion fatta per la partecipazione ad organi collegiali e commissioni »

costituisca la riprova che la prevista eccezione è ragionevolmente

rapportabile alla regola generale d'un divieto che investe tutti, e sol

tanto, quegli incarichi che danno luogo ad un rapporto di durata

caratterizzato da limiti all'autonomia del soggetto incaricato, ati

pici rispetto alla locatio operis disciplinata negli art. 2222 ss. c.c.

Quindi, non solo gli incarichi che creano un vero e proprio rap

porto di lavoro subordinato, sia pure straordinario e temporaneo;

ma anche gli incarichi da cui nasca un rapporto di lavoro au

tonomo, il quale sia però caratterizzato da ciò che questa Su

prema corte ha più volte definito come « parasubordinazione » e

sia, dunque, inquadrabile nella generica categoria dei « rapporti

di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera

continuativa e coordinata, prevalentemente personale... », pre

vista dall'art. 409, n. 3, c. p. c., restando esclusi unicamente gli

incarichi aventi ad oggetto prestazioni occasionalmente richieste

dagli enti pubblici, le quali vengono effettuate con l'autonomia

propria del libero professionista. Soltanto attribuendo un siffatto significato all'espressione « in

carichi alle dipendenze », sembra a questo Supremo collegio che — senza forzare il senso letterale della norma — venga rispet

tato il principio ispiratore del divieto in esame, volto ad assi

curare che soggetti già beneficiati in una misura ritenuta dal

legislatore adeguata ai loro meriti verso il paese non si avvalgano della propria particolare posizione per godere di ulteriori bene

fici a carico di pubbliche amministrazioni. Principio, che invece

resterebbe vulnerato sia considerando il divieto applicabile uni

camente agli incarichi comportanti la dipendenza tipica del rap

porto di lavoro subordinato, come pretenderebbe il resistente, sia, d'altra parte, considerandolo esteso ad un qualunque incarico

professionale.

E, pertanto, la norma del succitato art. 6 va ritenuta senz'altro

applicabile all'incarico, di cui è causa, il quale riveste, appunto, il menzionato requisito della parasubordinazione, rientrando fra

quei rapporti che si configurano quale strumento per assicurare

un relativamente stabile inserimento di liberi professionisti nel

l'apparato degli enti pubblici al fine di soddisfare esigenze isti

tuzionali, che non richiedono necessariamente l'instaurazione di

un rapporto di impiego ma che, per la peculiarità operativa pro

pria degli enti medesimi, importano pur sempre delle forti o

prefissate restrizioni alla discrezionalità operativa tipica del la

voro autonomo, assimilando per molti aspetti la prestazione del

professionista a quella del lavoratore subordinato.

L'inquadramento del rapporto in esame nella categoria della

« parasubordinazione » disciplinata dall'art. 409, n. 3, conferma

la piena giurisdizione dell'a.g.o. che già aveva formato oggetto di uno specifico motivo di appello. Tale giurisdizione era stata

già riconosciuta dal tribunale sia pure sulla base delle erronee

premesse di cui si è detto innanzi, e, perciò, appare necessario

ribadirla in presenza del più esatto inquadramento dato da que sta Suprema corte. (Omissis)

IV

Svolgimento del processo. — Con separati ricorsi al Pretore di

Milano, depositati il 14 luglio 1978, Giorgio Botturi, Francesco

Carlostella, Geo D'Angelo, Niveo Luridiana, Vittorio Persia, Li

vio Attili, Antonio Soimi e Primo De Lorenzi — medici ambula

toriali delTLn.a.m. con contratto d'opera professionale e già di

pendenti, i primi sette, di enti ospedalieri, e, l'ottavo, dell'E.n.p.

d.e.p. — esponevano che, con nota del 25 febbraio 1978, l'I .ti.a.m.

aveva dichiarato di ritener cessata, ai sensi dell'art. 6 d. 1. 8 luglio 1974 n. 261, modif. dalla 1. 14 agosto 1974 n. 355, l'efficacia degli incarichi ad essi conferiti, in conseguenza dell'intervenuta op

zione, nei rapporti dei rispettivi datori di lavoro sopra indicati,

per il trattamento di quiescenza previsto dalla 1. 24 maggio 1970

n. 336. I ricorrenti precisavano che l'I.n.a.m. non aveva ottem

perato alla decisione, ad essi favorevole, emessa dalla adita com

missione provinciale enti medici ambulatoriali, prevista dall'ac

cordo nazionale per i rapporti tra gli enti mutualistici ed i medici

ambulatoriali, e chiedevano, pertanto, che il pretore, accertata

la violazione da parte dell'istituto dell'indicato accordo o, in

subordine, la illegittimità dell'applicazione nei loro confronti

dell'art. 6 cit. d. 1. n. 261 del 1974, ordinasse il ripristino del

rapporto, con condanna alla corresponsione degli emolumenti

arretrati ed alle spese di giudizio. Con sentenza del 31 ottobre 1978 il Pretore di Milano, ritenuta

la inapplicabilità del divieto in questione agli incarichi già in

corso all'atto del collocamento a riposo con i benefici combat

tentistici, accoglieva le domande e condannava l'istituto alla ri

costituzione del rapporto ed al pagamento delle retribuzioni ar

retrate.

La sentenza era appellata dall'I.n.a.m. in via principale e dai

medici in via incidentale, ed il Tribunale di Milano con sentenza

non definitiva del 24 gennaio 1979 riteneva infondati entrambi i

gravami e, tuttavia, reputando inapplicabile alla specie, in di

fetto di un rapporto di lavoro subordinato, la disposta reinte

grazione, riformava parzialmente la decisione impugnata, dispo nendo il ripristino dei rapporti professionali e condannando

l'I.n.a.m. al risarcimento dei danni conseguenti alla illegittima dichiarazione di nullità dei contratti.

Rigettata l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal

l'appellante principale, il tribunale in particolare riteneva: che

il divieto previsto dal ripetuto art. 6 d. 1. n. 261 del 1974, pur ap

plicabile anche ai rapporti di lavoro autonomo, sussiste soltanto

per gli incarichi conferiti successivamente all'entrata in vigore della norma e, per quelli conferiti in precedenza, solamente quan do attribuiti a soggetti già posti in quiescenza con i benefici della

1. n. 336 del 1970 e, quindi, conferiti in epoca successiva al loro pen sionamento; che nella specie, contrariamente a quanto dedotto con

l'appello incidentale, non era configurabile un inadempimento con

trattuale dell'I.n.a.m. per inottemperanza alla decisione della com

missione I.n.a.m.-medici, essendo questa competente a provvedere sui ricorsi presentati dai professionisti avverso i provvedimenti di

revoca motivata dall'incarico adottato dall'ente (art. 14, punto 2, accordo cit.), ma non anche sui ricorsi relativi a provvedimenti che non sono di revoca, ma contengono una dichiarazione uni

laterale di intervenuta risoluzione ope legis del rapporto, per la

sopravvenuta nullità dei contratti stipulati tra le parti. Avverso questa sentenza l'I.n.a.m. ha proposto ricorso per cas

sazione, affidato a due mezzi di annullamento. Hanno resistito con controricorso ed hanno proposto ricorso incidentale i primi sette sanitari (ric. n. 2995/79), nonché, separatamente, Angela Porta ved. De Lorenzi, Umberto e Cesare De Lorenzi, eredi di Primo De Lorenzi, deceduto nelle more (ric. n. 3478/79). L'I.n.a.m. ha poi proposto ricorso per cassazione (ric. n. 4483/79) avverso la sentenza del 26 marzo 1979, con la quale il tribunale, pronun ciando definitivamente, ha provveduto alla liquidazione dei danni. Gli intimati hanno resistito con controricorso ed hanno deposi tato memorie.

Motivi della decisione. — Si deve in primo luogo disporre la riunione dei ricorsi sopra indicati o perché relativi ad una stessa sentenza (art. 335 c. p. c.) o perché riferentisi a sentenze emesse in uno stesso - procedimento.

Con il ricorso principale avverso la sentenza non definitiva, l'I.n.a.m. ha dedotto i seguenti motivi:

I. - violazione e falsa applicazione dell'art. 6 d. 1. 8 luglio 1974 n. 261, conv. con modif. nella 1. 14 agosto 1974 n. 355, non essendo consentito operare, a fronte del chiaro tenore letterale della norma, una distinzione tra incarichi conferiti prima o dopo il collocamento in quiescenza a norma della 1. n. 336 del 1970, distinzione che, contrastata anche dai lavori preparatori e dalla ratio del divieto, introduce una deroga ingiustificata all'incom

patibilità in generale stabilita, favorendo per di più proprio gli incarichi che possono essere ottenuti più facilmente, in quanto conferiti prima del collocamento a riposo;

II. - violazione degli art. 4 e 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248 e

difetto di giurisdizione, avendo il tribunale condannato esso isti tuto al ripristino del rapporto professionale con i medici e,

quindi, ad un facere. Con il loro ricorso incidentale, i primi sette resistenti dedu

cevano che la nota dell'I.n.a.m., con la quale fu disposta la cessazione dell'incarico ambulatoriale, costituisce un vero e pro prio provvedimento di revoca, con la conseguenza che il sani tario esonerato aveva la facoltà di ricorrere, a norma dell'art. 12 dell'accordo nazionale, alla commissione, e che l'I.n.a.m. aveva

l'obbligo, contrattualmente assunto, di uniformarsi alla decisione della stessa commissione, ripristinando il rapporto; censurano, pertanto, la contraria statuizione contenuta nella sentenza im

pugnata.

Analogamente, con il separato ricorso incidentale, gli eredi De Lorenzi censurano, per quanto possa occorrere, la stessa sentenza per aver negato che la condanna dell'I.n.a.m. all'im

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Page 5: sentenza 16 dicembre 1982, n. 219 (Gazzetta ufficiale 22 dicembre 1982, n. 351); Pres. Elia, Rel. Roehrssen; Tosi ed altri. Ord. Pret. Pisa 13 ottobre 1978 (due) (Gazz. uff. 26 febbraio

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mediata reintegrazione del sanitario nel rapporto professionale debba o possa derivare anche dall'inadempimento dell'obbligo, contrattualmente assunto, di ottemperare alla decisione della

commissione favorevole al sanitario.

Con l'unico motivo del ricorso avverso la sentenza definitiva,

l'I.n.a.m., denunciando difetto assoluto di motivazione (art. 360, n. 5, c. p. c.), censura la decisione per aver apoditticamente enun

ciato, nel liquidare equitativamente il danno, le somme dovute

a ciascun sanitario, senza giustificarne l'entità e senza dimostrare

che i corrispettivi che i sanitari avrebbero dovuto percepire dal

l'istituto fossero superiori a quelli ricavati nel presunto esercizio

della libera professione.

Il primo motivo del ricorso principale avverso la sentenza non

definitiva è fondato.

La sezione lavoro di questa Suprema corte, con le sentenze

n. 5029 e n. 5030 del 30 agosto 1980 (Foro it., Rep. 1980, voce

Impiegato dello Stato, nn. 865, 863), ha ritenuto che l'art. 6

d. 1. 8 luglio 1974 n. 261, convertito in legge con modif. dalla

1. 14 agosto 1974 n. 335, nella parte in cui fa divieto di assun

zione in impieghi e di avere incarichi retribuiti alle dipendenze dello Stato, degli altri enti pubblici, anche economici, nonché

di società a partecipazione statale e di altri enti che fruiscano

del contributo ordinario dello Stato — salva la partecipazione ad

organi collegiali ed a commissioni — si applica non solo nei con

fronti di coloro che hanno ottenuto le assunzioni o gli incarichi

dopo il collocamento a riposo, ma anche rispetto a coloro che

tali incarichi od assunzioni abbiano ottenuto prima del colloca

mento a riposo ai sensi della 1. n. 336 del 1970.

Le ragioni che la sentenza impugnata ha posto a fondamento

della contraria soluzione, nonché gli argomenti nello stesso senso

proposti dai resistenti, non sono idonei a determinare un cam

biamento di indirizzo.

La ratio del divieto — originariamente posto, dall'art. 6 d. 1.

n. 261 del 1974, per il personale collocato a riposo in applicazione dello stesso decreto, e poi esteso, dall'art. 1 1. di conversione

n. 335 del 1974 (che ha sostituito il cit. art. 6), al personale col

locato in quiescenza a norma della 1. n. 336 del 1970, con

riferimento ad assunzioni ed incarichi intervenuti anteriormente

all'8 luglio 1974 — è indubbiamente quella di precludere al

predetto personale, cui era attribuito un trattamento di quie scenza di particolare favore, la possibilità di avvantaggiarsi ulte

riormente, e sempre a carico della pubblica finanza, mediante 10 svolgimento, facilitato dalla propria situazione di preferenza, di altre attività, con ciò frustrando, oltre tutto, lo scopo stesso

delle norme di favore per gli ex combattenti, miranti a determi

nare, con l'attribuzione di un trattamento preferenziale, la effet tiva cessazione dei beneficiari dal rapporto di pubblico impiego, sia ai fini della progettata riforma della p.a., sia a quelli della

soluzione dei problemi dell'occupazione.

Tale ratio — chiaramente risultante dai lavori preparatori e

già ritenuta rispondente dalla Corte costituzionale (v. sent. 28

luglio 1976, n. 194, id., 1977, I, 23) « ad evidenti esigenze di

equità e di moderazione » — sicuramente non consente di ri

tenere inoperante il divieto per gli incarichi già in atto al mo

mento del collocamento a riposo, posto che le finalità perseguite rendevano necessario non soltanto stabilire il divieto per il futu

ro, ma estenderlo anche alle situazioni nate in passato, determi

nandone l'inefficacia nel termine di sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione, con salvezza della possibilità di ri nuncia al trattamento di quiescenza preferenziale (art. 6, 3° com

ma), ma con assoluta irrilevanza del dato, meramente casuale, che il conferimento dell'incarico, anteriore all'8 luglio 1974, avesse preceduto o seguito il collocamento a riposo. Se si tien

poi conto del fatto che, ai sensi dell'art. 3 1. in. 336 del 1970 e dell'art. 1, 3° comma, 1. n. 824 del 1971, tale collocamento a

riposo poteva essere chiesto tra il 26 giugno 1970 ed il 25 giu gno 1975 (nel termine di cinque anni dall'I 1 giugno 1970) e che la scelta della data era lasciata a completa discrezione dell'in

teressato, è agevole considerare che, in questa notevole latitudine

temporale di applicazione, la esclusione dal divieto degli inca

richi conseguiti prima del pensionamento avrebbe potuto dar

luogo ad inconvenienti gravi, quali il trattamento differenziato di situazioni identiche nella loro obiettiva consistenza, e differen

ziate solo dalla data della rispettiva insorgenza, con l'aggravante di favorire proprio coloro che avevano saputo usare dell'oppor tunità di premunirsi di un incarico prima di chiedere il colloca mento a riposo.

L'interpretazione sopra criticata non è del resto suffragata da elementi letterali desumibili dal testo della disposizione.

Il 1° comma del cit. art. 6 (che, in conformità al testo origi nario, dispone solo per i futuri pensionamenti) stabilisce che

11 Foro Italiano — 1985 — Purte M18.

« il personale che sarà collocato a riposo ai sensi del presente decreto non può essere assunto in impiego o avere incarichi, ec

cezion fatta... ». Prescindendo dalle assunzioni (sicuramente

riguardate come future in base alla impossibilità di una loro

coesistenza • con il rapporto d'impiego che dà luogo al pensiona mento) non sembra dubbio che l'espressione « non può ... avere incarichi », sia per l'uso del verbo servile « potere » all'indicativo

presente (anziché al futuro), sia per il significato proprio del

verbo « avere », che normalmente indica un attuale rapporto di

appartenenza, stia a significare che il dipendente collocato a

riposo, se non può avere incarichi, deve cessare da quelli che

già ha, senza la possibilità di conseguirne altri in futuro. La

interpretazione dell'espressione in questo solo ultimo senso, ope rata dalla sentenza impugnata, non può perciò essere condivisa

e, tanto meno, può essere approvato il tentativo di utilizzarla come chiave di lettura della disposizione del 2° comma.

Tale 2° comma detta che « le assoluzioni effettuate e

gli incarichi conferiti anteriormente all'8 luglio 1974 al personale collocato in quiescenza a norma della 1. 24 maggio 1970 n. 336, cesseranno di avere efficacia nel termine di sei mesi dall'entrata

in vigore della legge di conversione del presente decreto ». Inne

gabile è che il tenore letterale della disposizione è ambiguo,

potendo essere inteso e nel senso che i predetti incarichi, per essere inefficaci, debbono essere stati conferiti al personale (già) collocato in pensione, e nel senso che l'inefficacia deriva dalla

sola anteriorità degli incarichi all'8 luglio 1974 in dipendenza del fatto che sono stati conferiti a personale messo comunque

(sia prima che dopo il conferimento) in quiescenza, servendo, in

tal caso, il participio passato « collocato » non già ad esprimere l'anteriorità del collocamento in pensione rispetto al conferimento

dell'incarico, ma soltanto a designare la categoria (dei pensio nati ex combattenti) cui il divieto è indirizzato (v. in questo

senso, sent. n. 5030/80, cit.). Il dubbio è però risolto già dal

3° comma dell'art. 6, che, nel disciplinare la connessa facoltà

di rinunzia al trattamento di quiescenza, fa generico riferimento

a coloro che hanno ricevuto incarichi anteriormente alla predetta

data, senza distinguere minimamente tra incarichi ricevuti prima e dopo il pensionamento. Ma è soprattutto la ratio della norma

tiva, già diffusamente illustrata, che impone l'adozione della

seconda interpretazione.

Giova al riguardo precisare che nessun ausilio interpretativo

può derivare dalla considerazione — pur suggestiva — che la con

traria soluzione meglio si concilierebbe con il fatto che, nella

determinazione della volontà del dipendente all'anticipato col

locamento a riposo, ben può aver influito la consapevolezza di

poter conservare un coesistente incarico; affidamento, questo, che,

legittimato dalla legge allora vigente, apparirebbe meritevole di

tutela. Senonché lo stesso ragionamento si può ripetere, con

varianti non essenziali e decisive, anche per il dipendente che

si è determinato a richiedere il pensionamento nella certezza di

conseguire un diverso incarico, poi in effetti, dopo il pensiona

mento, ottenuto; mentre è certo che, in questo secondo caso, l'incarico è senz'altro colpito da inefficacia. Assorbente è dunque il rilievo che il legislatore si è fatto carico di questi delicati pro blemi e, nell'estendere la nuova norma proibitiva ai rapporti le

gittimamente sorti sotto l'impero della norma previgente, ha in

generale ritenuto sufficiente ed equo di accordare all'interessato

la facoltà di mantenere l'incarico, rinunciando però al tratta

mento di quiescenza ottenuto per effetto della 1. n. 336 del 1970.

La Corte costituzionale, con la cit. sent. n. 194 del 1976, ha

già ritenuto infondate le questioni di illegittimità costituzionale

della norma sotto lo specifico profilo della retroattività di essa

(che inciderebbe su posizioni costituite in vista di una situazione

giuridica successivamente mutata) testualmente osservando che

« ricorre nella specie un caso di riconoscimento di evidente op

portunità per l'attribuzione di efficacia retroattiva alla legge, che

ne pone in evidenza le ragioni giustificatrici». La stessa Corte

costituzionale ha del pari ritenuto infondata la questione di co

stituzionalità del ripetuto art. 6 in riferimento agli art. 4 e 13

Cost. (v. sent. 194/76, cit.), il che esime da un particolare esame

dei corrispondenti profili di incostituzionalità, sollevati dai resi

stenti, con la memoria, negli stessi termini già esaminati dalla

predetta pronuncia di infondatezza (v. inoltre, per la manifesta

infondatezza delle stesse questioni, le sentenze della sezione la

voro n. 5029 e n. 5030 del 1980, cit.). (Omissis)

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