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sentenza 16 dicembre 1982, n. 222 (Gazzetta ufficiale 22 dicembre 1982, n. 351); Pres. Elia, Rel....

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sentenza 16 dicembre 1982, n. 222 (Gazzetta ufficiale 22 dicembre 1982, n. 351); Pres. Elia, Rel. Bucciarelli Ducci; Ghilardi c. I.n.a.i.l. (Avv. Cataldi); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord. Pret. Bergamo 31 marzo 1976 (Gazz. uff. 30 giugno 1976, n. 170) Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 1 (GENNAIO 1983), pp. 13/14-17/18 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23176808 . Accessed: 25/06/2014 08:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.152 on Wed, 25 Jun 2014 08:04:10 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 16 dicembre 1982, n. 222 (Gazzetta ufficiale 22 dicembre 1982, n. 351); Pres. Elia, Rel. Bucciarelli Ducci; Ghilardi c. I.n.a.i.l. (Avv. Cataldi); interv. Pres. cons. ministri

sentenza 16 dicembre 1982, n. 222 (Gazzetta ufficiale 22 dicembre 1982, n. 351); Pres. Elia, Rel.Bucciarelli Ducci; Ghilardi c. I.n.a.i.l. (Avv. Cataldi); interv. Pres. cons. ministri (Avv. delloStato Azzariti). Ord. Pret. Bergamo 31 marzo 1976 (Gazz. uff. 30 giugno 1976, n. 170)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 1 (GENNAIO 1983), pp. 13/14-17/18Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176808 .

Accessed: 25/06/2014 08:04

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Mi

lano dubita della legittimità costituzionale della norma di cui al

l'art. 2596 c. c., la quale, con riferimento ai limiti contrattuali del

la concorrenza, testualmente recita: « Il patto che limita la con

correnza deve essere provato per iscritto. Esso è valido se circo

scritto ad una determinata zona o ad una determinata attività e

non può eccedere la durata di cinque anni. Se la durata del patto

non è determinata o è stabilita per un periodo superiore a cinque

anni, il patto è valido per la durata di un quinquennio».

Secondo il giudice a auo. tale norma, essendo diretta alla tu

tela dell'interesse individuale degli imprenditori, contrasterebbe

con l'art. 41 Cost., il quale consente di limitare l'iniziativa eco

nomica privata soltanto per ragioni di « utilità sociale ». Sostan

zialmente per lo stesso motivo la disposizione suddetta risultereb

be altresì in contrasto con l'art. 43 Cost.

2. - La questione non è fondata. La libertà di concorrenza tra

imprese ha. com'è noto, una duplice finalità: da un lato, integra la

libertà di iniziativa economica che spetta nella stessa misura a

tutti gli imprenditori e, dall'altro, è diretta alla protezione della

collettività, in quanto l'esistenza di una pluralità di imprendito

ri, in concorrenza tra loro, giova a migliorare la qualità dei pro dotti e a contenerne i prezzi.

Naturalmente la libertà di concorrenza comprende pure la pos

sibilità di autolimitazione mediante accordi, la quale non turba

necessariamente il gioco della libera concorrenza, anzi talvolta

può agevolarlo (come nel caso di accordi intesi ad evitare l'emar

ginazione di imprese più deboli e la conseguente formazione di

posizioni di monopolio o di quasi monopolio ovvero di oligopo

lio. da parte delle imprese più forti).

Naturalmente detta autolimitazione non può superare quei li

miti che l'ordinamento giuridico pone nell'interesse individuale o

in quello della collettività (per quanto concerne il diritto comuni

tario, cfr. in proposito l'art. 85 del trattato istitutivo della Comu

nità economica europea). Da auesto angolo visuale va considerata la disposizione impu

gnata. la auale appunto prevede dei limiti all'accordo intervenuto

tra imprenditori per coordinare la propria azione e regolare i reci

proci rapporti, prescrivendo le restrizioni superiormente indicate.

Essa non comprime dunque la libera concorrenza ma detta con

dizioni di validità e di efficacia alle autolimitazioni che. nella ma

teria, siano intervenute negozialmente fra imprenditori. Ciò posto, non sembra che la persistenza della norma impu

gnata nell'ordinamento giuridico, anche dopo l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, possa essere considerata costitu

zionalmente illegittima per contrasto con il citato art. 41.

È ben vero che dai lavori preparatori si ricava che l'intento

principale dei compilatori del codice fu quello di « evitare una

eccessiva compressione della libertà individuale nel perseguimen to di un'attività economica» (cfr. rei. min. al c. c.. n. 1045). Ma

tale intento non esclude che la norma si risolva anche nella pro

giudice a quo (Trib. Milano, ord. 26 febbraio 1976. massimata in Foro it., 1976, I, 2738, e riprodotta per esteso, sia pure con diversa

indicazione di data, in Giur. arm. dir. ind., 1976, n. 822, pag. 385).

portando alle estreme conseguenze la teoria, di risalente lignaggio. dell'« intento monopolistico » e il suo inevitabile contrasto con un

apprezzamento del criterio dell'« utilità sociale » filtrato attraverso la

disciplina dell'art. 2596 c. c. I giudici della Consulta, peraltro, evitano d'indulgere ai ' vecchi

merletti '. Essi si contentano di rispondere, nella sostanza, che la norma testé menzionata reca, si', le stimmate di una prospettiva meramente individualistica (cfr., per tutti, G. Ghidini, 1 limiti ne

goziali alla concorrenza, in Trattato di diritto commerciale e di di

ritto pubblico dell'economia, diretto da Galgano, IV, La concorrenza e i consorzi, Padova, 1981, II, 27 ss.), ma detta pur sempre dei li miti che potrebbero, magari residualmente, concorrere alla tutela del

la struttura del mercato; per poi concludere che una plausibile po litica antitrust non s'inventa nelle pieghe del sistema.

Verissimo. Non sarà una clausola generale a far le veci di quel l'autentico monumento legislativo che è il Kartellgesetz o di cent'an

ni di storia dello Sherman Act. Giova solo soggiungere che non s'in

venta neppure una cultura in materia. Anzi, si rischia di far appas sire quanto resta di un patrimonio già declinante (v. A. Frignani,

Concorrenza e consorzi: dieci anni di dibattiti e di disegni di legge, ora in Factoring, franchising, concorrenza, Torino, 1979, 235). Ne c

riprova il passo in cui, candidamente, la corte mostra di ritenere in

piena sintonia col modello di free competition restrizioni convenzio

nali alla concorrenza volta a mantener in piedi imprese « più debo

li » e a scongiurare, cosi, l'ombra minacciosa dell'oligopolio: quasi

non fosse risaputo — quale che sia l'approccio seguito, à la Sylos

Labini o à la Joan Robinson, per non dire delle più radicali impo

stazioni Chicago-style — che l'oligopolio è caratterizzato proprio dalla

sopravvivenza artificiosa di unità marginali, sotto l'ombrello (prezzo

più che competitivo) creato dall'impresa leader...

R. Pardolesi

tezione dell'interesse collettivo, impedendo eccessive restrizioni

alla libertà d'iniziativa economica e tutelando cosi', nella misu

ra — sia pure modesta — espressa dalla norma stessa, il mercato

nelle sue oggettive strutture.

3. - Diverso e ben distinto problema è quello riguardante l'ido

neità della disciplina vigente nell'ordinamento giuridico italiano

ad assicurare la effettiva tutela del mercato, oggettivamente con

siderato, sotto il profilo concorrenziale a soddisfare cosi' le esi

genze della moderna vita economica. In proposito, com'è noto,

si sono susseguiti numerosi studi e progetti che generalmente muo

vono dalla insufficienza dell'attuale normativa e tendono a una

più incisiva e sostanziale tutela del mercato stesso. Ma l'auspi cata regolamentazione — è appena il caso di osservarlo — esula

dai poteri della corte e costituisce compito esclusivo del legisla

tore, a cui spetta disciplinare la materia con l'emanazione di una

opportuna normativa (cioè di una legislazione antimonopolio o

antitrust). 4. - Non sembra, infine, pertinente il richiamo all'art. 43 Cost,

operato dal giudice a quo in quanto detta norma prevede, ai fini

di utilità generale, la statizzazione o la socializzazione di imprese

private che abbiano l'oggetto nella stessa norma indicato (servizi

pubblici generali, fonti di energia, situazioni di monopolio) e sia

no di preminente interesse generale. Nella specie, invero, tale pre

visione è del tutto estranea trattandosi non già di collettivizza

zione di imprese, ma, come si è detto, della validità dei limiti con

trattuali alla concorrenza previsti dall'art. 2596 c. c.

Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di legitti

mità costituzionale dell'art. 2596 c. c. sollevata dal Tribunale di Mi

lano con l'ordinanza in epigrafe in riferimento agli art. 41 e

43 Cost.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 dicembre 1982, n. 222

(Gazzetta ufficiale 22 dicembre 1982, n. 351); Pres. Elia, Rei.

Bucciarellt Ducei; Ghilardi c. I.n.a.i.l. (Avv. Cataldi); interv.

Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord. Pret.

Bergamo 31 marzo 1976 (Gazz. uff. 30 giugno 1976, n. 170).

Infortuni sul lavoro — Premio assicurativo — Mancata comuni

cazione delle retribuzioni — Discrezionalità dell'I.n.a.i.l. fra ac

certamento e presunzione — Questione infondata di costituzio

nalità (Cost., art. 3; d. p. r. 30 giugno 1965 n. 1124, t. u. delle

disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni

sul lavoro e le malattie professionali, art. 28).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 28,

ult. comma, d. p. r. 30 giugno 1965 n. 1124, nella parte in cui

consente all'I.n.a.i.l., in caso di mancata comunicazione tempe

stiva delle retribuzioni da parte del datore di lavoro, di proce

dere alla liquidazione del premio, discrezionalmente, sulla base

dell'accertamento effettivo delle retribuzioni oppure del dop

pio delle retribuzioni calcolate in via presuntiva. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 27 maggio

1982, n. 3252; Pres. Renda, Est. Frisina, P. M. La Valva

(conci, diff.); Soc. Golding (Avv. Ricci, Carbone) c. I.n.a.i.l.

(Avv. Cataldi, Hernandez). Cassa Trib. Roma 21 febbraio 1976.

Infortuni sul lavoro — Premio assicurativo — Determinazione in

in base al doppio delle retribuzioni presunte daH'I.n.a.i.l. — Ri

dimensionamento sulla base dei libri contabili esibiti dal datore

di lavoro (D. p. r. 30 giugno 1965 n. 1124, art. 28).

Ove l'I.n.a.i.l., in caso di mancata comunicazione tempestiva delle

retribuzioni da parte del datore di lavoro, abbia proceduto alla

liquidazione del premio in base al doppio delle retribuzioni cal

colate in via presuntiva, al datore di lavoro va riconosciuta la

facoltà di contrastare l'esattezza del computo presuntivo me

diante l'esibizione dei libri e degli altri documenti che la legge

gli fa obbligo di tenere a prova dell'entità del suo debito verso

quell'istituto. (2)

(1-2) Pret. Bergamo, ord. 31 marzo 1976, che ha sollevato la que

stione di costituzionalità, è riassunta in Foro it., Rep. 1976, voce

Infortuni sul lavoro, n. 221. L'art. 28 t. u. 1124/1965 era già uscito indenne dal vaglio della

Corte costituzionale (cfr. sent. 14 luglio 1976, n. 173, id., 1977, 1,

49, con nota di richiami) che l'aveva preso in considerazione sotto

il profilo sanzionatorio, escluso dalla sentenza che si riporta in rela

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PARTE PRIMA

I

Diritto. — (Omissis). 2. - La corte è chiamata a decidere se

contrasti o meno con l'art. 3 Cost, l'art. 28, ult. comma, d. p. r.

30 giugno 1965 n. 1124, nella parte in cui, in caso di omissione

da parte del datore di lavoro della comunicazione tempestiva

circa l'ammontare delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti,

consente all'I.n.a.i.l. la scelta discrezionale tra la liquidazione del

premio dovuto in base al doppio delle retribuzioni presunte e

l'accertamento effettivo delle retribuzioni stesse.

Dubita il Pretore di Bergamo che tale norma determini un'arbi

traria ed irrazionale disparità di trattamento tra datori di la

voro ugualmente inadempienti a seconda della misura alternativa

adottata dall'istituto.

3. - La questione non è fondata. Va premesso, innanzitutto,

che in tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul

lavoro e le malattie professionali si applica il sistema della co

siddetta regolazione successiva e le obbligazioni del datore di la

voro, riguardanti il premio assicurativo e le inerenti modalità di

pagamento sono determinate con provvedimento amministrativo

unilaterale dell'ente cui è affidato tale servizio.

Il pagamento del premio da parte datore di lavoro all'istituto

assicuratore avviene quindi anticipatamente, per la durata di un

anno solare per la minor durata dei lavori, sulla base dell'importo delle retribuzioni che saranno corrisposte dal datore di lavoro du

rante l'anno o durante il periodo di tempo al quale si riferisce il

premio (art. 28, 1° comma, t. u. n. 1124/1965). Per regolare que

st'ultimo il datore di lavoro è tenuto a comunicare all'istituto

l'importo delle mercedi corrisposte entro il termine di trenta

giorni dalla scadenza delle rate di premio (art. 28 cit., 5° com

ma). In caso di inosservanza l'istituto provvede alla liquida

zione del premio o acquisendo d'ufficio i necessari dati salariali

o effettuando la liquidazione del premio sulla base del doppio

delle retribuzioni stabilite per il medesimo periodo assicurativo.

Restano impregiudicati i diritti di credito dell'I.n.a.i.l. qualora

successivi accertamenti rivelassero retribuzioni superiori e in tale

ipotesi l'istituto può esigere un premio maggiore rispetto a quello

già richiesto o riscosso (art. 28, 6° comma).

La disciplina adottata dal legislatore trova la sua ratio da un

lato nella natura essenzialmente assicurativa del rapporto tra

l'I.n.a.i.l. e il datore di lavoro, dall'altro nella finalità solidaristica

che chiaramente informa questo particolare tipo di assicurazione.

La natura assicurativa del rapporto richiede, infatti, che il pre mio dovuto dal datore di lavoro venga determinato e pagato anti

cipatamente, mentre la particolare finalità solidaristica ha indotto

il legislatore ad attribuire allo stesso istituto assicuratore la va

lutazione del rischio e la conseguente determinazione del premio con atto unilaterale. Tuttavia, si è voluto togliere ogni margine di arbitrarietà, stabilendo che il premio vada rapportato alle re

tribuzioni che il datore di lavoro corrisponderà ai dipendenti. Ne

discende l'obbligo del datore di lavoro di comunicare tempesti vamente tali retribuzioni, proprio per consentire all'istituto di

determinare il premio secondo parametri rigidamente prefissati.

Poiché l'omissione di detto adempimento da parte del datore di

lavoro renderebbe impossibili la determinazione del premio e

conseguentemente il suo versamento anticipato, del tutto razio

nale appare la scelta del legislatore di consentire all'istituto l'al

ternativa tra l'accertamento diretto delle retribuzioni effettiva

mente corrisposte (addebitando all'inadempimento il costo del

l'accertamento) e il ricorso ad una valutazione presuntiva delle

retribuzioni stesse, salva facendo la possibilità dell'istituto di ac

certare successivamente la rispondenza di tale valutazione a quan to effettivamente corrisposto al lavoratore.

Tale facoltà discrezionale concessa all'istituto assicuratore non

viola il principio di uguaglianza garantito dall'art. 3 Cost.,

in quanto tutti i datori di lavoro inadempienti si trovano, senza

alcuna discriminazione, di fronte alla stessa scelta alternativa da

parte dell'istituto.

Una volta escluso che la norma impugnata consenta una discri

minazione soggettiva, l'eventuale uso arbitrario o difforme del

potere discrezionale non riguarda il giudizio sulla legittimità costi

tuzionale della norma, ma è invece certamente sindacabile in

sede giurisdizionale ordinaria, come questa corte ha più volte sta

zione alla previsione del 6° comma della norma (nello stesso senso,

in dottrina, cons. Lo Porto, Codice degli infortuni sul lavoro, 1980,

215, nota 2). Questione nuova quella decisa dalla Cassazione con la sent. 3252/

1982 il cui orientamento interpretativo dell'art. 28 trova riscontro e

conferma nella decisione della Corte costituzionale e, in dottrina,

in Alibrandi, Infortuni sul lavoro e malattie professionali, 1981, 580 s., spec. 587, nota 13.

tuito (sent. 88 del 1962, Foro it., 1962, I, 1217; 32, 55 e 141 del

1969, id., 1969, I, 792, 1343 e 3021).

Nel caso di specie in particolare, la liquidazione del premio

sulla base del doppio presunto mira a consentire una determina

zione tempestiva del premio non in via definitiva e neppure a

titolo sanzionatorio.

Pertanto è concesso all'istituto assicuratore di accertare, dopo

l'avvenuto pagamento, l'eventuale corresponsione di retribuzio

ni superiori a quelle determinate in via presuntiva, chiedendo al

datore di lavoro il conguaglio del premio dovuto, ma tale diritto

va riconosciuto altresì allo stesso datore di lavoro, il quale, nei

modi consentiti, potrà sempre provare l'eventuale corresponsione

di retribuzioni in misura inferiore a quella liquidata presuntiva

mente, ottenendo in tal caso il rimborso di quanto versato in

più. Questa è la interpretazione data alle norme impugnate dalla

Corte di cassazione.

In definitiva tutti i datori di lavoro, malgrado la loro inadem

pienza ad un preciso obbligo nei confronti dell'istituto assicura

tore, sono posti nella eguale condizione di versare i premi dovuti

sulla base delle effettive retribuzioni corrisposte ai propri dipen

denti.

Peraltro non si può ritenere — come sostiene la difesa del

l'I.n.a.i.l. — che la sopravvenuta 1. 10 maggio 1982 n. 251, all'art.

14 (che estende all'assicurazione I.n.a.i.l. il condono previsto dal

l'art. 23 quater 1. n. 33/1980 in materia di contributi I.n.p.s.), ab

bia riconosciuto, in via di interpretazione autentica, il carattere

sanzionatorio della norma impugnata, in quanto il richiamo al

l'art. 28 contenuto nel citato art. 14 1. del 1982 riguarda logica

mente solo la parte della norma riferentesi a sanzioni ammini

strative o a quelle somme od oneri accessori connessi ai proce

dimenti alternativi previsti dalla norma stessa (come recita pe

raltro l'art. 23 quater 1. di conversione 29 febbraio 1980 n. 33, ri

chiamato dal citato art. 14 1. del 1982), e non investe invece la

parte relativa alle misure alternative che d'altronde sono previste

per l'accertamento del premio dovuto e senza le quali non sa

rebbe neppure possibile valutare il debito originario del datore

di lavoro, che da quest'ultimo dev'essere comunque soddisfatto

per poter godere del condono.

Per questi motivi, dichiara non fondata nei sensi di cui in mo

tivazione la questione di legittimità costituzionale dell'art. 28, ult. comma, d. p. r. 30 giugno 1965 n. 1124, sollevata dal Pre

tore di Bergamo, in riferimento all'art. 3 Cost., con l'ordinanza del

31 marzo 1976.

II

Motivi della decisione. — Con l'unico mezzo la ricorrente, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 28 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, si duole della illegittimità della decisione

adottata dal Tribunale di Roma per aver escluso, con erronea

interpretazione della norma di cui al citato art. 28 d.p.r. n. 1124/ 1965, la possibilità che il datore di lavoro, il quale abbia omesso

di comunicare all'I.n.a.i.l. nel termine stabilito l'ammontare delle

retribuzioni effettivamente corrisposte ai dipendenti durante il

precedente periodo di assicurazione, dimostri che le dette retri

buzioni siano state diverse da quelle accertate in via presuntiva dall'istituto e che di conseguenza diverso sia il premio realmen

te dovuto da quello soltanto presuntivamente accertato.

L'istituto resistente osserva, in contrario, che nel caso in cui il

datore di lavoro abbia lasciato decorrere il termine di trenta

giorni previsto nel 5° comma dell'art. 28 per la comunicazione

delle retribuzioni effettivamente corrisposte ai propri dipendenti e l'istituto assicuratore, anziché accertare direttamente le effet

tive retribuzioni a spese del datore di lavoro inadempiente al

predetto obbligo, valendosi della facoltà alternativa a tale proce dura di accertamento, come previsto dal 6° comma dell'articolo

in esame, abbia effettuato la liquidazione del premio dovuto in

base al doppio delle retribuzioni presunte, salvo il potere di un

successivo accertamento per l'eventuale conguaglio a suo favore, in questo caso il datore di lavoro non possa contestare la esattez

za del calcolo presuntivo, né essere perciò ammesso a provare l'ammontare dei contributi che ritenga effettivamente dovuti.

Quest'ultima tesi interpretativa, recepita nella impugnata sen

tenza, va disattesa e pertanto fondata è la censura del ricorso.

Premesso che per l'assicurazione obbligatoria contro gli infor

tuni sul lavoro e le malattie professionali viene applicato il si

stema della c.d. regolazione successiva e che le obbligazioni del

datore di lavoro, riflettenti il premio assicurativo e le inerenti

modalità di pagamento sono determinate con provvedimento am

ministrativo unilaterale dell'ente, a cui è affidato il pubblico ser

vizio, si osserva che le norme, dirette a disciplinare l'accertamen

to dei crediti dell'istituto per premi o contributi assicurativi, si

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

delineano nella loro schematicità essenziale in modo abbastan

za chiaro e preciso. II premio assicurativo o contributo si determina in base al tas

so del premio ed all'ammontare complessivo delle mercedi ero

gate ai lavoratori compresi nell'obbligo di assicurazione durante il periodo assicurativo.

L'istituto determina il premio che deve essere pagato antici

patamente, precisamente entro dieci giorni dalla data di inizio

del periodo assicurativo a cui la rata si riferisce, in base al tasso

prestabilito ed all'ammontare delle mercedi che si presumono

possano essere erogate ai lavoratori durante il corrispondente

periodo assicurativo (art. 28, 1° comma, t.u. approvato con il

d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124). Entro trenta giorni dallo scadere di ciascun premio assicura

tivo il datore di lavoro deve inviare all'istituto la dichiarazione delle mercedi effettivamente corrisposte nel periodo stesso ai pro pri dipendenti e ciò ai fini del conguaglio (art. 28, 5° comma).

In caso di mancato invio della comunicazione entro il previ sto termine, l'istituto assicuratore può procedere direttamente al l'accertamento delle mercedi effettive in questione, addebitando al datore di lavoro le spese sostenute per l'accertamento stesso,

oppure effettuare la liquidazione del premio dovuto in base al

doppio delle retribuzioni calcolate sempre in via presuntiva (art. 28, 6° comma), ma resta impregiudicato il diritto dell'istitu to sia per il premio che per la penale di cui all'ult. comma del l'art. 50 t.u. in esame.

In sostanza la liquidazione dei premi segue di regola ad un

meccanismo processuale che presuppone la tempestiva ed one

sta collaborazione della stessa parte obbligata (datore di lavoro) nel perseguimento dello scopo di garantire all'I.n.a.i.l. la possibi lità di attuare sollecitamente il pagamento dei crediti contribu

tivi per lo svolgimento della sua attività istituzionale.

Tuttavia la liquidazione resa cosi prontamente operante non

può intendersi definitiva, in quanto è solo assistita da una pre sunzione di veridicità circa la base retributiva imponibile, la

quale è esposta ad eventuali accertamenti e controlli.

Sorto il rapporto assicurativo in modo automatico (con il fatto

obiettivo dell'esercizio di una delle lavorazioni che la legge spe ciale prevede e tutela), nasce contemporaneamente nell'istituto

il diritto di accertare la retribuzione corrisposta dai datori di la

voro. Ed a tale diritto dell'istituto fa perfetto riscontro il dovere

del datore di lavoro di far pervenire all'istituto stesso le notizie

delle quali si è detto e, inoltre, quello di tenere a disposizione,

per gli eventuali accertamenti e controlli, le registrazioni regola mentari (libro matricola e libro paga).

Dunque l'accertamento presuntivo è sempre sostitutivo, al si

stema, dell'accertamento diretto, ma non mai in via definitiva. Si è visto, infatti, che nel caso in cui il datore obbligato nei

confronti dell'I.n.a.i.l. al pagamento dei premi assicurativi non abbia provveduto, entro il termine di trenta giorni successivi a

quelli di scadenza di ciascun periodo assicurativo, ad inviare al

l'istituto la dichiarazione delle mercedi erogate ai lavoratori di

pendenti nel periodo stesso, l'art. 28 t.u. 1124/65 dà facoltà al

l'istituto di procedere direttamente all'accertamento delle merce

di erogate oppure di liquidare il premio in base al doppio dei

valori presunti, salvo quanto da successivi accertamenti risultasse

dovuto e salve le eventuali sanzioni e penalità nei casi espressa mente previsti.

Poiché un accertamento diretto sull'ammontare dei premi assi

curativi può avvenire unicamente sulla scorta delle registrazioni che devono essere tenute a cura del datore di lavoro e, in parti

colare, del libro paga e del libro matricola, mettendoli a disposi zione dell'istituto ad ogni sua richiesta con gli altri libri conta

bili e con tutti gli altri documenti necessari per un adeguato con

trollo delle registrazioni anzidette, è evidente che se l'istituto, di

fronte al fatto omissivo dell'obbligato, pur essendo nelle possibi lità di procedere (indenne dalle relative spese) all'accertamento

diretto con l'esame dei detti libri, ritenga più opportuna la scelta

della liquidazione presuntiva dilatata sino al doppio, per cui deb

ba porre a base del computo gli elementi indiretti che si ravvi

sino idonei a ricostruire con sufficiente approssimazione l'ammon

tare complessivo delle mercedi erogate, non possa in questo caso

essere negata al datore di lavoro la facoltà di contrastare l'esat

tezza di tale computo presuntivo proprio mediante la esibizione

dei libri e degli altri documenti che la legge gli fa obbligo di te

nere a prova dell'entità del suo debito verso l'istituto.

L'accertamento presuntivo operato dall'istituto determina solo

la liquidazione dei contributi che considerati in misura doppia

possono rilevarsi al controllo non necessariamente superiori al

dovuto, ma anche inferiori, sicché è escluso che il doppio pre sunto abbia quel carattere sanzionatorio che la difesa dell'I.n.a.i.l.

gli attribuisce a sostegno della sua tesi interpretativa e che la

ratio della norma (art. 28, ult. comma) assolutamente non ammette.

Riconosciuta la facoltà dell'istituto di avvalersi, in mancanza

della dichiarazione del datore di lavoro, di un criterio di liqui dazione ritenuto largamente idoneo a stabilire in via presunta l'ammontare dei premi dovuti, 1 'onus probandi a carico dell'I.n.a.m.

si sostanzia nell'esposizione dei dati presi in considerazione in

sostituzione di quelli che avrebbero dovuto essergli direttamente

forniti dal datore di lavoro, mentre, ove questi contesti l'esat

tezza del calcolo presuntivo, dovrà offrire, a sua volta, nei modi

stabiliti dalla legge, la prova dell'ammontare dei contributi che

ritenga effettivamente dovuti.

Pertanto il ricorso va accolto e la impugnata sentenza deve es sere cassata con il rinvio della causa ad altro giudice di pari gra do. (Omissis)

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 9 dicembre 1982, n. 215

(Gazzetta ufficiale 15 dicembre 1982, n. 344); Pres. Elia, Rei.

Gallo; Soc. Tirrenia gas e Soc. italiana per il gas c. Min. finanze; interv. Pres. cons, ministri. Ord. (tre) Trib. Genova 21 aprile 1980 (Gazz. uff. 24 settembre 1980, n. 263).

Idrocarburi — Prodotti petroliferi per la produzione di gas di città — Regime fiscale — Interpretazione autentica di norma

precedentemente rimessa al vaglio della Corte costituzionale — Restituzione degli atti al giudice « a quo » per il riesame della rilevanza (Cost., art. 3, 32; d.l. 23 ottobre 1964 n. 989, modificazioni alla disciplina fiscale dei prodotti petroliferi, tab. A; 1. 18 dicembre 1964 n. 1350, conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 23 ottobre 1964 n. 989, art. 1).

Va ordinata la restituzione degli atti al giudice a quo che aveva sollevato questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli art. 3 e 32 Cost., del punto 4, lett. h, e punto 3, lett. i, della tab. A allegata al d. I. 23 ottobre 1964 n. 989 convertito, con modificazioni, in l. 18 dicembre 1964 n. 1350, affinché ac certi se detta questione sia tuttora rilevante posto che successi vamente alla pronuncia delle ordinanze di rimessione è entrata in vigore la l. 2 agosto 1982 n. 513 che, all'art. 1, ha operato un'interpretazione autentica di una delle disposizioni impu gnate. (1)

Ritenuto che il Tribunale di Genova, mediante tre ordinanze

pronunziate sotto la stessa data del 21 aprile 1980, nel corso dei

procedimenti civili vertenti tra la s.p.a. Tirrenia gas, la s.p.a. soc. it. per il gas e l'amministrazione delle finanze, sollevava incidente di legittimità costituzionale del punto 4, lett. h, e del punto 3, lett. i, della tabella A allegata al d. 1. 23 ottobre 1964 n. 989

(conv. nella 1. 18 dicembre 1964 n. 1350) nella parte in cui non

(1) Le tre ordinanze di rimessione del Tribunale di Genova, emes se in data 21 aprile 1980, sono massimate in Foro it., 1980, I, 2637. I giudici liguri si erano preoccupati di rendere uniforme (tramite l'intervento della Consulta) il regime di esenzione dall'imposta di fabbricazione per tutti i prodotti petroliferi utilizzati per produrre gas da immettere nelle reti urbane di distribuzione. Il problema era sorto per via della crescente utilizzazione, nei processi industriali volti ad ottenere il gas di città, di prodotti petroliferi (ih particolare benzine c. d. raffinate o speciali) non sottoposti a trattamento di cracking o di reforming (per i quali è prevista — rientrando tra le operazioni di trattamento definito — l'esenzione fiscale: cfr. il

punto 4, lett. h, della tab. A del d.l. 989/64 convertito con modi ficazioni in 1. 1350/64), bensì al trattamento di vaporizzazione (che dall'esenzione fiscale rimaneva invece esclusa). La Corte costituzio nale rinvia gli atti al collegio a quo invitandolo a rimeditare la rile vanza della questione in vista dell'art. 1 1. 2 agosto 1982 n. 513

(norme interpretative della tabella A allegata al d.l. 23 ottobre 1964 n. 989, convertito con modificazioni, nella 1. 18 dicembre 1964 n. 1350 recante modificazioni alla disciplina fiscale dei prodotti pe troliferi e disposizioni concernenti il trattamento fiscale delle miscele di idrocarburi e dei liquidi combustibili ottenuti dal trattamento dei rifiuti industriali o urbani), che ha inteso — venendo incontro, si direbbe, ai dubbi dei giudici genovesi — comprendere nei trattamenti definiti di cracking e reforming, previsti dalla lett. h, punto 4, della tabella A allegata al d. 1. 989/64 sopra citato, « tutti i processi termici, inclusi quelli di vaporizzazione completa, attuati per la pro duzione di gas da immettere nelle reti cittadine di distribuzione».

Sul cracking e il reforming e sulla gassificazione di combustibili

liquidi volta ad ottenere un gas a potere calorifico elevato, che

possa essere distribuito nelle città per gli usi domestici, può essere utile il rinvio a Brisi, Lezioni di chimica applicata, Torino, 1978, 124 ss., 168 ss.

Il Foro Italiano — 1983 — Parte 1-2.

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