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sentenza 16 dicembre 1994; Pres. Gamba, Est. F. Rossi; Soc. Pappalardo (Avv. Anzini) c. Albanese...

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Page 1: sentenza 16 dicembre 1994; Pres. Gamba, Est. F. Rossi; Soc. Pappalardo (Avv. Anzini) c. Albanese (Avv. Durazzo)

sentenza 16 dicembre 1994; Pres. Gamba, Est. F. Rossi; Soc. Pappalardo (Avv. Anzini) c.Albanese (Avv. Durazzo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 1647/1648-1651/1652Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190005 .

Accessed: 24/06/2014 22:42

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1647 PARTE PRIMA 1648

TRIBUNALE DI FIRENZE; ordinanza 21 dicembre 1994; Pres.

Sechi, Rei. Lamorgese; Gentili (Aw. Manetti) c. Romano

(Avv. Leone, Ferraresso).

TRIBUNALE DI FIRENZE;

Procedimenti cautelari — Ordinanza emessa fuori udienza —

Mancata comunicazione e notificazione — Reclamo — Am

missibilità (Cod. proc. civ., art. 669 terdecies).

È ammissibile il reclamo proposto avverso un 'ordinanza caute

lare emessa fuori udienza e non ancora comunicata né noti

ficata. (1)

Preliminarmente, quanto alla tempestività del reclamo, si os

serva: detto reclamo è stato proposto con ricorso depositato in data 21/22 novembre 1994 mentre l'ordinanza impugnata —

pronunciata fuori udienza e depositata in data 9 novembre 1994, di conferma del sequestro concesso con decreto inaudita altera

parte — risulta comunicata dalla cancelleria dieci giorni dopo, cioè il 2 dicembre 1994; senza voler qui prendere posizione sulla

questione se, ai fini dell'individuazione del dies a quo di decor

renza del termine per il reclamo (v. art. 669 terdecies, 1° com

ma, e 739, 2° comma, c.p.c.), l'ordinanza emessa fuori udienza

debba sempre essere notificata a cura di controparte (come ri

tiene la dottrina prevalente) ovvero sia equipollente la comuni

cazione a cura della cancelleria ai sensi dell'art. 134 c.p.c. (in tal senso, v. Trib. Brescia 9 dicembre 1993, Foro it., 1994, I,

1601, e la dottrina minoritaria), il problema che nella fattispe cie si pone — se l'ordinanza cautelare sia reclamabile anche

prima della sua notificazione ovvero comunicazione — va sen

z'altro risolto affermativamente, conformemente ad autorevole

dottrina; pur nella consapevolezza che il reclamo potrebbe, in

tal modo, rimanere proponibile sine die (soprattutto se si aderi

sce all'opinione, fondata sulla natura tecnicamente non impu

gnatoria del reclamo, che sia inapplicabile il termine lungo di

cui all'art. 327 c.p.c.), in realtà l'esecutività della misura caute

lare costituisce per la parte che la subisce il più sicuro strumen

to acceleratore di ogni intenzione impugnatoria, anche in consi

derazione dell'interesse della parte favorita ad attuarlo (cfr. l'art.

675, ancora in vita, che prevede per l'esecuzione il termine di

trenta giorni, pena l'inefficacia del provvedimento); d'altra par

te, in mancanza di esplicita previsione contraria al riguardo, non v'è ragione di comprimere il diritto di difesa della parte

(nei cui confronti la misura cautelare è stata emessa e di cui

la stessa abbia avuto autonoma conoscenza) escludendo il solle

cito accertamento sulla sussistenza dei presupposti della misura

ad opera del giudice del reclamo, ciò anche allo scopo di favori

re una celere definizione del processo; venendo al merito del reclamo, il collegio ne rileva la fonda

tezza per insussistenza del periculum in mora: a parte i crediti

(non contestati dalla controparte) per alcune centinaia di milio

ni nei confronti della Banca nazionale del lavoro credito fon

diario s.p.a., il Gentili è titolare di una polizza assicurativa del

la responsabilità civile per quattro miliardi, in corso al momen

to del sinistro e pienamente operante, la quale anche in

considerazione dell'entità della somma oggetto del sequestro esclude il fondato timore di perdere la garanzia del credito po

(1) Non si rinvengono precedenti giurisprudenziali. Il principo secondo cui l'ordinanza cautelare è reclamabile a prescin

dere dalla sua comunicazione o notificazione, affermato dall'ordinanza in epigrafe, trova riscontro nel pensiero della dottrina la quale è pacifi ca nell'interpretare il richiamo all'art. 739 c.p.c. contenuto nell'art. 669 terdecies c.p.c., come volto a fissare il dies ad quem, oltre il quale il reclamo non può essere proposto, e non anche il dies a quo-, in tal

senso, v. G. Tarzia (F. Cipriani), Provvedimenti urgenti per il proces so civile. Commentario, Padova, 1992, 397; G. Verde (L. Di Nanni), Codice di procedura civile. Legge 29 marzo 1990 n. 353, Torino, 1991, 259; F. Carpi - V. Colesanti - M. Taruffo, Commentario breve al codice di procedura civile. Appendice di aggiornamento, Padova, 1991, 239; G. Mammone (E. Dini), Iprovvedimenti d'urgenza, Milano, 1993, 551; G. Oberto, Il nuovo processo cautelare, Milano, 1993, 120, non

ché, sia pure implicitamente, C. Cecchella (R. Vaccarella - B. Cap

poni), Il processo civile dopo le riforme, Torino, 1992, 380; G. Frus, in Le riforme del processo civile a cura di S. Chiarioni, Bologna, 1992, 787.

Sulla decorrenza del termine per proporre reclamo avverso un prov vedimento cautelare rilasciato fuori udienza, v. Trib. Brescia, ord. 9 dicembre 1993, Foro it., 1994, I, 1601, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1995.

sto a fondamento della misura di cui trattasi; né, d'altra parte, è condivisibile il rilievo, contenuto nell'ordinanza oggetto del

reclamo, che detta assicurazione riguarda soltanto i rapporti in

terni del Gentili con la predetta società e che il danneggiato non può essere sottoposto all'alea di eventuali eccezioni che l'as

sicuratore possa far valere contro l'assicurato: il suddetto peri

colo, cosi come paventato, è allo stato meramente ipotetico e

non suffragato da alcuna circostanza concreta mentre il presup

posto cautelare di cui trattasi è notoriamente attuale e concreto.

TRIBUNALE DI TORINO; sentenza 16 dicembre 1994; Pres.

Gamba, Est. F. Rossi; Soc. Pappalardo (Avv. Anzini) c. Al

banese (Avv. Durazzo).

TRIBUNALE DI TORINO;

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Notifica

del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza — Termine — Perentorietà — Esclusione — Conseguenze (Cod. proc.

civ., art. 415). Notificazione e comunicazione di atti civili — Società di capita

li — Notifica alla sede infruttuosa — Notifica all'ex ammini

stratore unico — Validità — Fattispecie (Cod. civ., art. 2457

ter; cod. proc. civ., art. 145).

Il termine di dieci giorni, assegnato dall'art. 415, 4° comma,

c.p.c. al ricorrente per la notificazione del ricorso e del decre

to di fissazione dell'udienza di discussione nel processo del

lavoro, non è perentorio; la sua inosservanza, pertanto, non

produce alcuna decadenza, né incide sulla validità dell'atto

processuale, sempre che siano rispettati i termini di compari zione fissati dal 5° e 6° comma dello stesso articolo. (1)

(1) Giurisprudenza pacifica in tal senso. Adde, da ultimo, alle senten ze di legittimità citate in motivazione, Cass. 22 giugno 1994, n. 5997, Foro it., Mass., 555, pur se riferita all'identico termine in fase di appel lo ex art. 435 c.p.c.; 16 agosto 1993, n. 8711, id., Rep. 1993, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 112; 1° febbraio e 7 febbraio

1989, n. 609 e n. 745, id., Rep. 1989, voce cit., nn. 140, 139; 22 feb braio 1988, n. 1835, ibid., n. 141; 30 agosto 1984, n. 4731, id., Rep. 1985, voce cit., n. 198.

Nella giurisprudenza di merito, fra le altre, Pret. Casoria 3 ottobre

1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 155, e Arch, locazioni, 1987, 177. Un'ulteriore conferma, seppure incidentale ed indiretta, della tesi del

la ordinarietà del termine di cui all'art. 435, 2° comma, c.p.c. (e quindi pure dell'analogo termine in primo grado ex art. 415, 4° comma, c.p.c.) viene da Corte cost. 14 gennaio 1977, n. 15, Foro it., 1977, I, 258, che, in un passaggio della sua motivazione, di fatto dà per scontata la natura ordinatoria di tale termine.

Si rinvengono solo voci isolate nella giurisprudenza di merito a favo re della tesi opposta: v. Pret. Bassano del Grappa 24 settembre 1974, id., Rep. 1975, voce cit., n. 430, e Dir. lav., 1974, II, 451. Pret. Roma 6 aprile 1989, Foro it., Rep. 1990, voce cit., nn. 168, 169, e Arch,

civ., 1991, 75, con nota critica di Favino, ritiene viceversa che il termi ne di cui all'art. 415, 4° comma, c.p.c. sia perentorio, ma nel solo caso in cui esso sia stato prorogato a norma dell'art. 154 c.p.c. Tale ultima impostazione è però stata avversata da quello stesso ufficio giu diziario; v. Pret. Roma 19 settembre 1989, Foro it., Rep. 1991, voce

cit., n. 149, e Riv. giur. lav., 1990, II, 514, con nota di M. A. Bianca, Sulla pretesa perentorietà del termine di cui all'art. 415, 4° comma, c.p.c.; Pret. Roma 20 novembre 1989, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 166, e Dir. e pratica lav., 1990, 650) nonché dal giudice di legittimità (v. Cass. 16 agosto 1993, n. 8711, cit., Foro it., Rep. 1993, voce Termi ni in materia civile, n. 16).

Pret. Ancona 19 febbraio 1991, id., 1992, I, 976, con nota di richia

mi, ritiene che il licenziamento sia tempestivamente impugnato nei ses santa giorni ex art. 6 1. n. 604 del 1966, quando il ricorso introduttivo

venga depositato entro detto termine, ma a condizione che ricorso e decreto di fissazione dell'udienza di discussione siano poi notificati al datore di lavoro nel termine di dieci giorni dell'art. 415, 4° comma, c.p.c., cosi configurando la norma in questione come «condizione riso lutiva dell'effetto dell'impedimento della decadenza», al diverso livello

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Una società di capitali non può eccepire la nullità della notifica dell'atto introduttivo del giudizio che sia stata eseguita, dopo una primo tentativo infruttuoso presso la sua sede, alla per sona che si afferma non essere più l'amministratore unico

delta società stessa, allorquando la sostituzione o la cessazio

ne dall'incarico non sia stata indicata nel certificato della ca

mera di commercio, né sia stata altrimenti resa nota a terzi. (2)

Motivi della decisione. — L'appellante censura l'impugnata sentenza sotto duplice profilo. Con il primo motivo lamenta

l'appellante che il provvedimento di fissazione dell'udienza da

vanti al pretore, emesso in data 29 novembre 1993, risulta noti

ficato il 13 dicembre 1993, e quindi oltre il decimo giorno dalla data di pronuncia del decreto, in violazione dell'art. 415, 4°

comma, c.p.c. Da tale vizio della notifica deriverebbe, secondo la difesa del

l'appellante, la nullità del provvedimento di fissazione dell'u

dienza e conseguentemente la nullità della sentenza impugnata. Il motivo è infondato. Per diritto applicato in materia di con

troversie di lavoro, il termine di dieci giorni assegnato al ricor

rente per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione

dell'udienza di discussione al convenuto, ai sensi dell'art. 415, 4° comma, c.p.c., non è perentorio; pertanto, la sua inosser

vanza non produce alcuna decadenza, né incide sulla validità

dell'atto processuale, sempre che siano rispettati i termini di

comparizione fissati dal 5° e 6° comma dello stesso articolo

(cfr. Cass. 26 febbraio 1980, n. 1344, Foro it., Rep. 1980, voce

Lavoro e previdenza (controversie), n. 149; 30 ottobre 1984, n. 5551, id., Rep. 1984, voce cit., n. 157).

L'inosservanza del citato termine non produce pertanto alcu

na decadenza né la nullità invocata dalla difesa dell'appellante. Con il secondo motivo di gravame l'appellante lamenta che

la notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado sia stata diretta a Pappalardo Salvatore, sebbene questi all'epo ca non fosse più amministratore della società anche da tale vi

ed ai diversi fini sostanziali. Occorre comunque tener presente che que sta ricostruzione è minoritaria (v., in tal senso, Cass. 10 marzo 1990, n. 1945, id., 1990, I, 2556, con nota di richiami di Sbaraglio) rispetto all'altra che richiede, a pena di decadenza, pure la notifica del ricorso al datore di lavoro nei sessanta giorni (v. Cass., sez. un., 2 marzo 1987, n. 2179, id., 1987, I, 2425, con nota di richiami).

La dottrina è assolutamente maggioritaria a favore della ordinarietà

del termine di cui all'art. 415, 4° comma, c.p.c.: tra i molti, da ultimo, v. Proto Pisani, Lavoro (controversie individuali in materia di), voce del Digesto civ., Torino, 1993, X, 360, note 298 e 306; Luiso, Il proces so dei lavoro, Torino, 1992, 119; Montesano-Vaccarella, Manuale

di diritto processuale del lavoro, Napoli, 1989, 24; Tarzia, Manuale

del processo del lavoro, Milano, 1987, 56; G. Pezzano (V. Andrioli, C.M. Barone, A. Proto Pisani), Le controversie in materia di lavoro,

Bologna-Roma, 1987, 459.

Contra, Balbi, La decadenza nel processo di cognizione, Milano, 1983, 55 ss. e G. Conti, Invalidità del ricorso notificato al convenuto oltre il termine di cui all'art. 415 c.p.c., in Dir. lav., 1977, I, 287.

(2) Non risultano precedenti negli esatti termini di cui alla massima.

In tema di notificazione di atti ex art. 145 c.p.c. a società di capitali, alla luce pure dell'art. 2497 ter c.c. per le s.p.a. e dell'art. 2497 bis

c.c. per le s.r.l., v. Cass. 22 novembre 1993, n. 11507, Foro it., Rep. 1993, voce Società, n. 747, e Società, 1994, 479, con nota di Cupido, la quale afferma che la sostituzione dell'amministratore unico, indipen dentemente dall'iscrizione presso la cancelleria commerciale, non è op

ponibile al terzo creditore se non è resa pubblica con la pubblicazione nel bollettino ufficiale delle s.p.a. e s.r.l.; e ciò anche ai fini della ritua

lità o meno della notifica a mani del legale rappresentante della società

fuori della sede, fatta sempre salva la prova, a carico della società, che il terzo, prima di eseguire la notifica a mani del rappresentante risultante dal citato sistema di pubblicità, abbia avuto conoscenza del

mutamento dell'organo rappresentativo. Come si può riscontrare dalla

lettura di tale sentenza, il risultato a livello processuale — reiezione

della eccezione di nullità della notificazione dell'atto del giudizio —

è praticamente identico a quello cui perviene Trib. Torino in epigrafe nella medesima fattispecie. Il giudice di legittimità fa però diretta appli cazione della norma di cui all'art. 2457 ter c.c. e non del principio di derivazione anglosassone àA\'estopped by representation; sia la nor

ma positiva citata — aggiunta al codice civile dall'art. 15 d.p.r. 29 di

cembre 1969 n. 1127, in ossequio alla direttiva 9 marzo 1968, n. 151

del consiglio Cee — che il principio generale di cui alla motiva

II Foro Italiano — 1995.

zio, secondo l'appellante, discenderebbe la nullità della impu

gnata sentenza.

Il motivo di impugnazione è a parere del collegio infondato.

Va premesso che parte appellante non ha provato in alcun

modo che il sig. Pappalardo Salvatore non sia più amministra

tore unico della società e che sia stato sostituito dal sig. Nereo

Slokar, come indicato nell'atto di appello. Risulta dalle visure della camera di commercio di Torino, in

atti, che sia in epoca anteriore alla emissione del decreto preto rile di fissazione dell'udienza di discussione, sia in epoca suc

cessiva, il sig. Pappalardo Salvatore continua ad essere indicato

come amministratore unico con firma e rappresentanza per l'or

dinaria e straordinaria amministrazione.

Risulta poi dagli atti di causa che l'odierna parte appellata è riuscita a notificare soltanto in data 13 dicembre 1993 il de

creto di fissazione dell'udienza di primo grado, depositato in

data 29 novembre 1993, perché le precedenti notifiche tentate, tranne l'ultima, alla residenza dell'amministratore, sig. Pappa lardo Salvatore, erano risultate vane.

Si deve rilevare, tra l'altro, che anche la notifica effettuata

all'indirizzo di Trieste, via Gallina n. 3, indicato nell'atto di appello come quello della sede legale della società è risultata

infruttuosa per irreperibilità. Tanto premesso, è evidente che il nome dell'amministratore,

anche se effettivamente fosse stato diverso da quello del Pappa

lardo, non era stato reso noto a terzi, cosicché questi comunque avrebbero senza colpa riposto affidamento sulle dichiarazioni

provenienti dalla stessa società, onde non può riconoscersi al

cun fondamento anche a questo motivo della impugnazione, che

vorrebbe far discendere la nullità della notifica dall'essere stata

questa diretta a persona all'epoca non più amministratore della

società stessa.

Va in proposito osservato che, anche ove fosse stata provata la modificazione dell'amministratore unico, opererebbe il prin

cipio dell 'estopped by representation. In base a detto principio chi, con il proprio comportamento,

ha consapevolmente generato in altra persona una convinzione

zione sono comunque estrinsecazioni del principio generalissimo di tu tela dell'affidamento e della buona fede trasportati dall'ambito sostan ziale a quello processuale.

Negli stessi termini di Cass. 22 novembre 1993, n. 11507, cit., sempre in tema di notificazione di atti processuali a società di capitali, v. Cass. 5 dicembre 1985, n. 6095, Foro it., 1986, I, 1364.

Quanto, in generale, al principio dell 'estopped by representation, nel l'alveo del più ampio tema dell 'estoppel, come regola di diritto propria dei sistemi anglosassoni di common law in base alla quale in certi casi ad una parte risulta preclusa la possibilità di asserire o negare uno o

più fatti particolari, v. Marocco Carena, Estoppel, voce del Digesto civ., Torino, 1992, VII, 144 ss., spec. 146.

Un riferimento esplicito d\\'estoppel nella giurisprudenza italiana, pur in diversa fattispecie, si ha nella motivazione di Pret. Torino 19 marzo

1984, Foro it., 1984, I, 2640, spec. 2645. Pur senza il riferimento alla regola de\V estopped by representation,

si rinvengono talora in giurisprudenza esempi di conseguenze negative o preclusive, anche a livello processuale, in capo al soggetto che aveva il dovere di rivelare situazioni di fatto e viceversa ha omesso di rivelar

le, determinate dall'applicazione del principio di tutela della buona fede

e dell'affidamento dell'altra parte o del terzo: v., ad esempio, Cass.

2 dicembre 1993, n. 11951, id., Rep. 1993, voce Matrimonio, n. 134, la quale, in materia di declaratoria di esecutività di sentenza del tribu nale ecclesiastico, ricomprende nell'ambito dell'ordine pubblico italiano «l'essenziale principio della tutela della buona fede e dell'affidamene

incolpevole», il quale quindi, se non rispettato nel caso di specie, è tale da determinare la preclusione alla delibazione della relativa pro nuncia di nullità del matrimonio concordatario; oppure v. Cass. 6 feb

braio 1993, n. 1504, ibid., voce Espropriazione per p.i., n. 226, la qua le, nel giudizio di opposizione alla stima promosso dal proprietario in materia di espropriazione per pubblico interese, individua la legittima zione passiva nel soggetto che abbia agito in forma tale da suscitare

nel terzo creditore dell'indennizzo la convinzione dell'assunzione diretta

del corrispettivo obbligo, a prescindere dal soggetto effettivamente be

neficiario dell'esproprio. Ancora, v. Cass. 2 marzo 1978, n. 1045, id.,

1978, I, 1981, la quale afferma che una società di capitali che ometta

di rendere pubblico l'atto con cui revochi i suoi amministratori deve risentire gli effetti di tale omissione anche in relazione alle obbligazioni cambiarie assunte a suo nome da chi non abbia più il potere di rappre sentanza, non potendo cosi invocare a suo favore nei confronti dei terzi

il disposto dell'art. 1993 c.c.

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1651 PARTE PRIMA 1652

erronea a proposito di un determinato stato di fatto, condizio

nandone cosi le azioni, si vede preclusa la possibilità di far vale

re nei confronti di questo soggetto la non corrispondenza dello

stato di fatto al diritto.

Il principio, che trova il suo più sicuro precedente nel diritto

romano, ha attuale riscontro nel principio di tutela dell'affida

mento e della buona fede nei rapporti di natura privatistica, non potendosi adottare soluzioni premiali nei confronti di chi

abbia indotto altri ad un determinato comportamento ed invo

chi poi le conseguenze favorevoli da ciò derivantigii.

Consegue dalle suesposte assorbenti argomentazioni la reie

zione dell'appello.

TRIBUNALE DI ROMA; ordinanza 2 novembre 1994; Giud.

istr. Bucciante; Soc. Silva Ernesti e Soc. Ernesti (Aw. Fo

schiani) c. Ernestis (Aw. Pinnarò, Romei).

TRIBUNALE DI ROMA;

Procedimenti cautelari — Competenza in corso di causa — Causa

pendente per il merito — Estremi — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 669 bis, 669 qua ter, 669 octies).

Vi è causa pendente per il merito, e quindi il ricorso per misura

cautelare deve essere proposto al giudice istruttore della stes

sa, solo quando vi sia identità di parti, di petitum e di causa

petendi fra la causa già pendente e quella relativa alla misura

cautelare (nella specie, è stato dichiarato ammissibile il ricor

so per procedimento di urgenza chiesto ante causam, perché la causa già pendente per il merito sussisteva fra parti parzial mente diverse e per un oggetto più limitato rispetto a quella cui era strumentale la domanda cautelare). (1)

(1) I. - L'art. 669 quater prevede che nel caso in cui vi sia causa

pendente per il merito, la domanda per la concessione del provvedimen to cautelare debba essere proposta al giudice della stessa. Quid nel caso in cui l'oggetto della causa pendente sia parzialmente diverso dall'og getto della futura causa di merito in relazione alla quale si chiede la misura cautelare?

Già prima dell'introduzione della nuova disciplina dei procedimenti cautelari, il problema della litispendenza fra causa di merito e misura cautelare richiesta ante causam si era posto in riferimento all'art. 701

c.p.c. L'art. 701, infatti, affermava che il ricorso di urgenza doveva essere proposto al pretore ante causam ovvero al giudice istruttore della causa di merito già instauratasi (sulla competenza cosi come prevista nell'art. 701, v. A. Proto Pisani, Provvedimenti di urgenza, voce del

l'Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1991, XXV). La giurisprudenza aveva risolto il problema affermando che laddove

vi fosse identità di parti processuali, di petitum e di causa petendi fra la causa di merito già instauratasi e il provvedimento di urgenza propo sto al pretore, competente alla concessione della misura cautelare fosse in ogni caso il giudice istruttore della causa di merito preventivamente proposta e non il pretore; la stessa soluzione era stata applicata dalla

giurisprudenza a casi di continenza fra le domande. Se l'affermazione teorica è senza dubbio ineccepibile, l'applicazione pratica è stata spesso problematica e contraddittoria, come si può vedere da un rapido esame della giurisprudenza:

— Cass. 23 dicembre 1993, n. 12765, Foro it., Rep. 1993, voce Prov vedimenti di urgenza, n. 61: ha dichiarato la competenza del giudice istruttore della causa di merito in relazione a provvedimenti cautelari inerenti a fatti successivi ma identici a quello dedotto in giudizio, com messi fra le stesse parti, in esecuzione di un «univoco disegno illegittimo»;

— Cass. 23 ottobre 1993, n. 10554, ibid., n. 117: in questo caso il provvedimento di urgenza era stato richiesto facendo valere il diritto di usufrutto su un bene immobile, mentre la causa di merito era stata

promossa per il riconoscimento del diritto di abitazione: la Cassazione ha riconosciuto la competenza del giudice istruttore, perché il ricorso di urgenza «benché fondato su di un diritto diverso e più ampio di

quello di abitazione, tende sostanzialmente alla tutela del diritto di godi

li Foro Italiano — 1995.

Premesso che con ricorso depositato in cancelleria il 30 mag

gio 1994 la s.n.c. Silva Ernesti e la s.r.l. Ernesti hanno chiesto

che — con provvedimento da pubblicare per estratto in alcuni

periodici — fosse inibito a Sara Ernesti (nonché a una società, alla quale l'atto non è stato però notificato e nei cui confronti

non sono state formulate conclusioni) di utilizzare il nome «Er

nesti» per pubblicizzare e commercializzare abiti da sposa e ca

pi di abbigliamento affini, trattandosi di marchio del quale la s.r.l. Ernesti — operante nello stesso settore produttivo — ave

va chiesto la registrazione e che comunque era stato oggetto di preuso da parte delle società ricorrenti;

che alla domanda ha resistito Sara Ernesti, eccependone la

inammissibilità in quanto era già pendente il giudizio di merito e contestandone la fondatezza, sotto il profilo sia del fumus che del periculum;

mento esclusivo dell'appartamento, che, nella causa di merito già pen dente, è invece negato dall'altra parte ed attiene conseguentemente ad una questione che è già oggetto di tale causa»;

— Pret. Milano 2 luglio 1990, id., 1991, I, 1263, con nota di M.

Pagano, afferma che non vi è litispendenza fra il procedimento di ur

genza per la revoca del liquidatore per giusta causa ed il procedimento camerale ex art. 2409 c.c.;

— Pret. Lodi 3 marzo 1990, id., Rep. 1992, voce cit., n. 170, e Giur. dir. ind., 1990, 410, con nota che mette in luce come in realtà in questo caso il pretore anziché dichiarare la litispendenza, avrebbe dovuto di chiarare la carenza di interesse, in quanto il giudice della causa già pendente per il merito aveva già provveduto anche in ordine alla misura

cautelare; — Pret. Roma 31 ottobre 1988, Foro it., Rep. 1990, voce Competen

za civile, n. 126, nega la litispendenza fra procedimento possessorio e procedimento petitorio cui inerisce la richiesta ex art. 700;

— Pret. Milano 25 gennaio 1988, id., Rep. 1988, voce Provvedimen ti di urgenza, n. 47: non può essere applicato l'art. 701, nel caso in cui pendente sia un procedimento di volontaria giurisdizione;

— Pret. Olbia 14 maggio 1987 e 3 marzo 1987, id., Rep. 1989, voce

cit., nn. 32, 34, e Riv. giur. sarda, 1988, 747 e 743, con nota di Olla, hanno dichiarato invece la propria competenza a decidere circa la con cessione del provvedimento di urgenza diretto ad inibire al creditore

sequestrante di avvalersi di un provvedimento di sequestro conservati

vo, in pendenza della causa di merito avente per oggetto la conversione del predetto sequestro, nonché l'accertamento del diritto tutelato;

— Pret. Roma 12 maggio 1986, Foro it., 1987, I, 2900, con nota di richiami (cui adde, Cass. 16 gennaio 1986, n. 245, id., Rep. 1986, voce cit., n. 62), ha affermato la competenza del giudice istruttore della causa pendente per un giudizio sulla validità di un brevetto di marchio, anche in relazione alla domanda proposta in via cautelare atipica per contraffazione del marchio.

La competenza del giudice istruttore non sussiste invece nel caso in cui la causa di merito già pendente investa un diritto diverso, ancorché connesso a quello dedotto nel procedimento di urgenza: Cass. 11 di cembre 1993, n. 12251, id., Rep. 1993, voce cit., n. 32; Pret. Salerno Eboli 26 marzo 1991, id., Rep. 1992, voce Competenza civile, n. 108, e Arch, civile, 1992, 720; Pret. Milano 24 luglio 1990, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 129, e Lavoro 80, 1990, 629; Cass. 9 giugno 1989, n. 2795, Foro it., Rep. 1989, voce Provvedimenti di urgenza, n. 82; 5 marzo 1987, n. 2339, id., Rep. 1987, voce cit., n. 74; 20 gennaio 1987, n. 457, ibid., n. 75.

II. - Con l'ordinanza che si riporta, il Tribunale di Roma ha conces so la misura cautelare richiesta, disattendendo l'eccezione pregiudiziale di inammissibilità, sollevata dalla parte resistente nel presupposto che fosse già pendente il giudizio di merito. In particolare, infatti, in primo luogo le parti dei due procedimenti non erano le stesse; in secondo

luogo, il procedimento già pendente per il merito concerneva l'accerta mento del diritto di usare un determinato marchio, nella causa relativa al procedimento di urgenza richiesto, tale accertamento costituiva solo il presupposto della richiesta di inibirne l'uso alla controparte. Le due

fattispecie possono, dunque, inquadrarsi nello schema della connessio ne per pregiudizialità-pendenza (al proposito, v. A. Proto Pisani, Le zioni di diritto processuale, Napoli, 1994, 350 ss.).

Come ha avuto modo di affermare recentemente il Tribunale di Mila

no, del resto, «sotto il nuovo regime è rafforzata rispetto alla preceden te disciplina la funzione anticipatoria della decisione di merito propria dell'art. 700 c.p.c., si che la domanda cautelare può considerarsi pro posta in corso di causa solo se è identica nel proprio oggetto alla do manda di merito del processo in cui viene inserita» (Trib. Milano 7

aprile 1993, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 23). Si segnalano anche due recenti ordinanze della corte d'appello mila

nese che hanno affrontato il problema della competenza a concedere misure cautelari pendente giudizio di delibazione di lodo arbitrale este ro: App. Milano 25 gennaio 1994 e 2 dicembre 1993, Giur. it., 1994, I, 2, 529.

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