sentenza 16 gennaio 2001; Giud. Panariello; Barcaroli (Avv. Trabalza) c. Banca di Roma (Avv.Dominici)Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 5 (MAGGIO 2001), pp. 1771/1772-1777/1778Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196200 .
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PARTE PRIMA
norme interpretate. Orbene, proprio quest'ultima situazione ri
corre nella fattispecie, ove la stessa Corte costituzionale (cfr. Corte cost. 6 febbraio 1991, n. 54, cit.) ha ritenuto lecita, sul
piano costituzionale, una scelta legislativa nel senso dell'esclu
sione di tutte le piccole società commerciali dal fallimento, onde
all'interprete è consentita una diversa lettura del quadro norma
tivo esistente che pervenga al medesimo risultato pratico che
nell'opinione del giudice delle leggi potrebbe essere raggiunto solo con un'innovazione legislativa.
Nell'attuale assetto normativo, dunque, la qualità di piccolo
imprenditore, anche ai fini dell'assoggettabilità alle procedure concorsuali, non può più presumersi ma deve essere accertata di
volta in volta secondo le peculiarità dei singoli casi concreti, sulla scorta del criterio guida della prevalenza del lavoro del
l'imprenditore e dei suoi familiari, fissato dall'art. 2083 c.c.,
applicabile analogicamente al fenomeno sociale, non diretta
mente considerato dal legislatore del 1942 ma affine alla piccola
impresa individuale, costituito dalle società commerciali nelle
quali il lavoro dei soci e dei loro familiari prevalga sugli altri
mezzi impiegati nell'attività collettiva. Tanto premesso, osserva
il collegio che, essendo il presupposto oggettivo per la dichiara
zione di fallimento costituito dall'esistenza dello stato d'insol
venza, appare congruo e ragionevole ritenere che la valutazione
circa la prevalenza del lavoro dei soci e dei familiari sul capitale vada condotta sulla scorta della situazione di fatto esistente al
tempo in cui è insorta l'insolvenza e della crescita delle dimen
sioni dell'impresa eventualmente verificatasi in epoca successi
va.
Nella nozione di capitale investito rientrano il costo della
manodopera impiegata, estranea al nucleo familiare dei soci, il
costo delle merci acquistate, anche se il relativo corrispettivo non sia stato ancora pagato ai fornitori, le provviste di liquidità raccolte nel circuito finanziario e, più in generale, tutti i costi di
esercizio sostenuti (fra i quali non vanno computate le rimanen
ze iniziali, costituendo esse il prodotto di costi di precedenti esercizi, in quanto tali già calcolate nel capitale investito), fatta
sempre eccezione per quelli direttamente imputabili al lavoro
dei soci e dei loro familiari. La prevalenza del lavoro dei soci e
dei loro familiari si riverbera sul reddito netto — depurato, cioè,
di tutti i costi tranne che delle imposte dirette ad esso afferenti —
potenzialmente ricavabile dall'attività esercitata, nel senso
che lo stesso deve poter essere attribuito, per la maggior parte del suo ammontare, al lavoro delle persone predette. Poiché il
lavoro personale di ciascuno dei soci e dei loro familiari equi vale, sostanzialmente, a quello di un lavoratore specializzato del
settore in cui opera l'impresa considerata, l'importo della retri
buzione di quest'ultimo può essere considerato come la misura
del reddito potenziale netto interamente imputabile al lavoro di
ogni singolo socio e di ogni singolo familiare. Di conseguenza, oscillando mediamente detta retribuzione — al lordo delle im
poste dirette — intorno a quaranta milioni di lire annui (come si
desume dalle informazioni all'uopo assunte presso la direzione
provinciale del lavoro di Campobasso e contenute nella nota del
1° giugno 2000), il reddito potenziale netto attribuibile per inte
ro al lavoro di ciascuna delle persone considerate deve essere
quantificato in quaranta milioni di lire annui. Pertanto, nel caso
che ne occupa, tenuto conto della remuneratività propria delle
aziende operanti nel settore merceologico al quale appartiene
l'impresa in argomento, stimabile nell'ordine del cinquanta per cento annuo della base capitale annualmente investita, la pre valenza del lavoro personale dei soci e dei loro familiari viene
meno solo quando il capitale annualmente investito supera
l'importo di centosessanta milioni di lire, maggiorato nella stes
sa misura per ognuna delle persone considerate. Ciò posto, poi ché nella fattispecie in esame l'attività viene svolta direttamente
dai soci, mentre il capitale investito, ivi incluso il costo della
manodopera estranea al nucleo familiare dei soci, ammonta a
cento milioni di lire circa, il reddito netto potenzialmente rica
vabile dall'attività stessa va imputato, in via prevalente, al lavo
ro personale dei soci, onde la società debitrice va qualificata come piccola impresa, in quanto tale non soggetta alle procedu re concorsuali.
Il Foro 'taliano — 2001.
TRIBUNALE DI TERNI; sentenza 16 gennaio 2001; Giud. Panariello; Barcaroli (Avv. Trabalza) c. Banca di Roma
(Avv. Dominici).
TRIBUNALE DI TERNI;
Contratti bancari — Conto corrente bancario — Interessi
dovuti dal correntista — Rinvio alle condizioni praticate usualmente sulla piazza
— Nullità — Conseguenze (Cod.
civ., art. 1284; 1. 17 febbraio 1992 n. 154, norme per la traspa renza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, art. 4;
d.leg. 1° settembre 1993 n. 385, t.u. delle leggi in materia
bancaria e creditizia, art. 117, 161). Contratti bancari — Conto corrente bancario — Interessi
dovuti dal correntista — Capitalizzazione trimestrale —
Nullità — Conseguenze (Cod. civ., art. 1283; d.leg. 1° set
tembre 1993 n. 385, art. 120; d.leg. 4 agosto 1999 n. 342, mo
difiche al d.leg. 1° settembre 1993 n. 385, art. 25).
E nulla la clausola in forza della quale gli interessi dovuti dal
correntista si intendono determinati alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, anche quan do essa sia contenuta in un contratto di conto corrente ban
cario stipulato anteriormente all'entrata in vigore della l.
154/92; in tal caso, il tasso di interesse risultante dall'appli cazione della clausola nulla va sostituito con quello legale,
per i rapporti esauriti in epoca precedente a tale data, e con
il tasso indicato dall'art. 117, 7° comma, d.leg. 385/93, per le
obbligazioni sorte in epoca successiva. (1)
(1) Che le banche non possano avvalersi, ai fini dell'individuazione del tasso degli interessi dovuti dal cliente, del rinvio alle condizioni
praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è un fatto scontato per i contratti stipulati all'indomani dell'entrata in vigore della normativa sulla trasparenza bancaria (il nucleo originario risale alla 1.
154/92, le cui disposizioni sono state quindi trasfuse, con alcune inte
grazioni e modifiche, nel d.leg. 385/93); tale pattuizione incorre, infatti, nella sanzione comminata expressis verbis per le clausole di rinvio agli usi, che sono irrimediabilmente nulle e si considerano non apposte (v. art. 4, 3° comma, 1. 154/92 e art. 117, 6° comma, d.leg. 385/93; per un'ipotesi applicativa, cfr. Trib. Busto Arsizio 15 giugno 1998, Foro
it., 1998, I, 2997). Peraltro, alla luce dell'orientamento ermeneutico di recente affermatosi in seno alla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 19 luglio 2000, n. 9465, id., Mass. 874, e Giust. civ., 2000, I, 2858; 11
agosto 1998, n. 7871, Foro it.. Rep. 1999, voce Interessi, n. 27, e Giur.
it., 1999, 996; 23 giugno 1998, n. 6247, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 26, e Giust. civ., 1999, I, 508; 8 maggio 1998, n. 4696, Foro it., Rep. 1999, voce Contratti bancari, n. 62, e Dir. banc., 1999, 115; 10 no vembre 1997, n. 11042, Foro it.. Rep. 1999, voce cit., n. 63, e Banca, borsa, ecc., 1999, II, 10; 29 novembre 1996, n. 10657, Foro it., Rep. 1997, voce Interessi, n. 14, annotata da G. Sciancalepore, Forma «ad validitatem» ed integrazione «ab extra» deI regolamento negoziale, in Vita not., 1997, 1380; L. Liguori, Determinazione di tassi ultralegali nei contratti bancari ed esigenza di trasparenza nei rapporti tra ban che e clienti, in Mondo bancario, 1997, fase. 4, 45; S. Palmieri, Ancora in tema di interessi ultralegali, tra formalismo e libertà contrattuale, in Corriere giur., 1997. 427; M. Nunziata, È «contra legem» la determi nazione deI tasso degli interessi bancari con semplice rinvio alle «con dizioni usuali praticate sulla piazza», in Nuovo dir., 1997, 399; F. Par
rella, II tramonto della clausola «interessi uso piazza», in Dir. banc., 1999, 149; in senso divergente, v., nella motivazione, Cass. 24 giugno 1998, n. 6252, Foro it.. Rep. 1998, voce Cassazione civile, n. 304, e Dir. banc., 1999, 115; 9 dicembre 1997, n. 12453, Foro it., Rep. 1998, voce Contratti bancari, n. 34, e Giur. it.. 1998, 1644; 16 giugno 1997, n. 5379, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 67, e Dir. banc.. 1999, 116), l'inserzione di una siffatta clausola non poteva ritenersi legittima nem meno nei contratti conclusi in epoca anteriore, non essendo rispettato in tal caso il requisito formale previsto, in via generale, dall'art. 1284 c.c.
per la valida determinazione del saggio degli interessi in misura supe riore a quella legale. Malgrado la reiterata affermazione secondo cui
l'obbligo della forma scritta non postula necessariamente che il docu mento contrattuale contenga l'indicazione in cifre del tasso di interesse, ma può essere soddisfatto anche per relationem (v. Cass. 14 agosto 1997, n. 7627, Foro it., Rep. 1997, voce Interessi, n. 16; per un profilo di carattere processuale, cfr. altresì Cass. 13 luglio 2000, n. 9276, id., Mass., 859, secondo cui l'eccezione di nullità della pattuizione di inte ressi extralegali per l'indeterminabilità del tasso, comportando un'in
dagine di fatto riservata al giudice di merito, non può essere assunta in esame per la prima volta nel giudizio di legittimità), ciò che condanna il rinvio alle condizioni praticate usualmente sulla piazza è la mancanza di univocità dei criteri estrinseci richiamati (sicché, come osserva l'a nonimo annotatore della citata sent. 9465/00, in Giust. civ., 2000, I, 2860, il Supremo collegio, «pur continuando a prestare dichiarato osse
quio al principio della determinabilità per relationem del saggio di inte
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
È nulla la clausola con cui si prevede la capitalizzazione trime
strale degli interessi dovuti dal correntista, ove essa sia con
tenuta in un contratto di conto corrente bancario stipulato anteriormente all'entrata in vigore della delibera con la
quale il comitato interministeriale per il credito e il risparmio ha stabilito modalità e criteri per la disciplina dell'anatoci smo nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'atti
vità bancaria; di conseguenza, gli interessi dovuti dal cor
rentista si capitalizzano con cadenza annuale. (2)
ressi ultralegale, guarda con (altrettanto dichiarato) sfavore alla clau sola di rinvio ai tassi usualmente praticati sulla piazza»).
Nella vicenda in esame non si pone, dunque, alcun problema di nul lità sopravvenuta (su tale controversa figura, v., da ultimo, A. Riccio, Nullità sopravvenuta del contratto, in Contratto e impr., 2000, 628). Tuttavia, il giudice ritiene che la disciplina sopravvenuta possa comun
que avere influenza sui rapporti originati da contratti stipulati in prece denza e non ancora esauriti, in punto di integrazione del regolamento negoziale parzialmente inficiato. Secondo la pronuncia in epigrafe, in fatti, per quanto attiene alle obbligazioni sorte in epoca successiva al mutamento del quadro normativo, gli interessi vanno computati al tasso indicato dall'art. 117, 7° comma, d.leg. 385/93 (in senso analogo, v. Trib. Monza 4 febbraio 1999, Foro it., 1999, I, 1340, e Trib. Roma 19 febbraio 1998, id., 1998, I, 2998; vi è chi ritiene, d'altro canto, che in caso di contratto concluso prima della 1. 154/92 debba comunque pre valere l'apparato sanzionatorio desumibile dalla disciplina codicistica: cfr. F. Parrella, op. cit., 152 ss.); mentre, qualora il rapporto risulti esaurito in epoca anteriore, è il tasso legale che prende il posto di
quello risultante dall'applicazione della clausola invalida (v. App. Mi lano 31 ottobre 1997, Foro it., Rep. 1999, voce Contratti bancari, n.
64, e Dir. banc., 1999, 117). (2) Quanto alla clausola che stabilisce la capitalizzazione trimestrale
degli interessi dovuti dal correntista, la sentenza supra riprodotta ritie ne che la sua sorte sia segnata per effetto delle implicazioni scaturenti dall'intervenuta declaratoria d'incostituzionalità dell'art. 25, 3° com
ma, d.leg. 342/99 [cfr. Corte cost. 17 ottobre 2000, n. 425, Foro it., 2000, I, 3045, con nota di A. Palmieri, e Corriere giur., 2000, 1453, con nota di V. Carbone; Impresa, 2000, 1533, con nota di A. Napoli
tano; Corti Bari, Lecce e Potenza, 2000, I, 169, con nota di F. Maca
rio; la pronuncia di accoglimento è stata preceduta dall'ordinanza 19
giugno 2000, n. 211, Foro it., 2000, I, 3047 (che ha sancito l'inammis sibilità del conflitto di attribuzione sollevato dal Tribunale di Brindisi — con ricorso annesso all'ordinanza resa in data 8 novembre 1999, ibid., 453 — nei confronti del governo, a seguito dell'emanazione del citato decreto legislativo) e seguita da quattro ordinanze, depositate ri
spettivamente il 6 dicembre 2000, nn. 551 e 552, ed il 23 gennaio 2001, nn. 23 e 24 (che hanno dichiarato la manifesta inammissibilità di ulte riori questioni di legittimità costituzionale della medesima norma, ormai espunta dall'ordinamento giuridico)]. Una volta caduta l'indi scriminata sanatoria di tutte le pattuizioni anatocistiche contenute in contratti stipulati anteriormente all'entrata in vigore della delibera emanata dal comitato interministeriale per il credito e il risparmio il 9 febbraio 2000 (secondo la previsione di cui all'art. 120, 2° comma,
d.leg. 385/93, introdotto dall'art. 25, 2° comma, d.leg. 342/99). ritorna no in auge i principi espressi dalla Suprema corte nelle pronunce depo sitate nel corso del 1999 (cfr. Cass. 16 e 30 marzo 1999, nn. 2374 e
3096, id., 1999, I, 1153, e 11 novembre 1999, n. 12507, id., 2000, I, 451). A tale stregua, la capitalizzazione trimestrale degli interessi do vuti dal cliente non costituisce un uso normativo, sicché non può opera re automaticamente con effetto integrativo del contratto e, ove sia
espressamente prevista, comporta la nullità della relativa clausola per contrasto con l'art. 1283 c.c. (sulle problematiche relative agli interessi anatocistici nei contratti bancari, v., da ultimo, A. Riccio, La capitaliz zazione degli interessi nel conflitto fra «iurisdictio» e «legislatio», in Contratto e impr., 2000, 1156; F. Angeloni, La ripetizione degli inte ressi anatocistici corrisposti sulla base di apposite clausole contrat tuali anteriormente al mutamento dell'indirizzo della Suprema corte che ne sanciva la legittimità, ibid., 1164). La decisione in epigrafe, tuttavia, si caratterizza per aver escogitato un singolare meccanismo di sostituzione della clausola dichiarata nulla; invece di limitarsi a sgom brare il campo da qualsiasi forma di anatocismo, il giudicante provvede a rimodellare il contenuto del negozio, precisando che «l'importo do vuto [.. .] dovrà essere rideterminato attraverso la capitalizzazione an
nuale, e non più trimestrale, degli interessi». Si aggiunga che l'inserzione, nelle condizioni generali dei contratti
predisposti dalle banche, della clausola di capitalizzazione trimestrale
degli interessi dovuti dal cliente-consumatore è stata inibita, ai sensi dell'art. 1469 sexies c.c., da Trib. Roma 21 gennaio 2000, Foro it.,
2000, I, 2045, con nota di A. Palmieri-P. Laghezza, Consumatori e clausole abusive: l'aggregazione fa la forza (e Corriere giur., 2000,
496, con note di A. Orestano, L'inibitoria ordinaria delle condizioni
generali utilizzate dalle banche nei contratti con i consumatori, e A. Di
Maio, Trasparenza e squilibrio nelle clausole vessatorie', Giur. comm.,
Il Foro Italiano — 2001.
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
in data 30 giugno 1995, Barcaroli Sandro, in proprio e quale erede di Sorba Gloria e nella qualità di genitore esercente la
potestà parentale sui figli minori Emanuele ed Alessio, conve
niva in giudizio davanti all'intestato tribunale la Banca di Roma
s.p.a., gruppo Cassa di risparmio di Roma, per ivi proporre op
posizione al decreto ingiuntivo 342/95, emesso dal presidente del Tribunale di Terni in data 19 maggio 1995, dichiarato prov visoriamente esecutivo, con cui era stato ingiunto alla Sagifin di
Barcaroli Sandro & c. s.a.s., a Barcaroli Sandro in proprio, non
ché a Barcaroli Sandro, Barcaroli Alessio e Barcaroli Emanuele,
quali eredi di Sorba Gloria, di pagare alla Banca di Roma s.p.a. la somma complessiva di lire 333.490.119, dovuta quale saldo
debitore apparente, oltre interessi, con riferimento ai c/c n.
10046/05 e n. 43700/03, come risultante dall'estratto di salda
conto e dal contratto di conto corrente, da parte della Sagifin s.a.s., intestataria dei conti correnti, quale debitrice principale, e
da parte di Barcaroli Sandro e degli eredi di Sorba Gloria, quali fideiussori della predetta società.
La causa veniva riunita a quella iscritta al n. 1394/95 avente
ad oggetto l'opposizione promossa dagli stessi soggetti avverso
il decreto ingiuntivo 341/95, emesso dal presidente del Tribu
nale di Terni il 19 maggio 1995, dichiarato provvisoriamente esecutivo, con cui era stato ingiunto all'Auto 2000 di Barcaroli
Sandro & c. s.a.s., a Barcaroli Sandro, nonché a Barcaroli San
dro, Barcaroli Alessio e Barcaroli Emanuele, quali eredi di Sor
ba Gloria, ed alla Sagifin di Barcaroli Sandro & c. s.a.s., di pa
gare alla Banca di Roma s.p.a. le seguenti somme: lire
129.732.464, quale saldo debitore apparente del c/c n.
43400/05, oltre interessi, risultante dall'estratto di saldaconto e
dal contratto di conto corrente; lire 17.100.000, come da effetti
accreditati al salvo buon fine con disponibilità immediata; lire
43.403.703, quale esposizione per effetti insoluti in corso di re
golamento, di cui lire 40.420.000 per capitale, lire 1.746.573 per interessi di mora, lire 663.880 per spese di protesto e lire
573.250 per commissioni bancarie; lire 371.456.767, quale im
porto corrisposto alla Fiat Sava s.p.a. con valuta 30 aprile 1995
per avere la stessa escusso fideiussioni prestate dalla Banca di
Roma s.p.a. per conto dell'Auto 2000 s.a.s. a favore della Fiat
Sava s.p.a., e così, complessivamente, la somma di lire
561.701.934, dovuta da parte dell'Auto 2000 s.a.s., quale debi
trice principale, e da parte di Barcaroli Sandro, degli eredi di
Sorba Gloria e della Sagifin s.a.s., quali fideiussori dell'Auto
2000 s.a.s.
Successivamente, a seguito di ordinanza emessa dal giudice in data 15 marzo 1999, veniva disposta la riunione al presente
giudizio di quelli iscritti ai nn. 1393/95, 1392/95 e 1395/95, aventi ad oggetto le opposizioni promosse, rispettivamente, da
Barcaroli Sandro in proprio, quale amministratore unico e legale
rappresentante dell'Auto 2000 s.a.s., ed in qualità di socio ac
comandatario e legale rappresentante della Sagifin s.a.s. avverso
il decreto ingiuntivo 341/95, da Barcaroli Sandro in proprio e
quale amministratore unico e legale rappresentante della Sagifin s.a.s. avverso il decreto ingiuntivo 342/95, nonché da Barcaroli
Sandro quale amministratore unico e legale rappresentante della
Sagifin s.a.s., e quale amministratore unico e legale rappresen tante dalla Super Car Terni avverso il decreto ingiuntivo 343/95, con cui era stato ingiunto alla Super Car Terni, quale debitrice
principale, ed alla Sagifin s.a.s. ed a Barcaroli Sandro in pro
prio, quali fideiussori, il pagamento della somma di lire
141.429.468, per debiti risultanti dal rapporto di c/c n.
47361/05, per effetti insoluti accreditati salvo buon fine e per
esposizione di effetti in corso di regolamento. Gli opponenti, nei giudizi riuniti, contestavano che la de
cuius Sorba Gloria si fosse mai resa garante delle iniziative im
prenditoriali del Barcaroli ed a favore delle banche e, di conse
2000, II, 211, con nota di V. Buonocore, Gli effetti sulle operazioni della nuova disciplina dei contratti con i consumatori; Giur. it., 2000, 1439, con nota di G. C[ottino]; ibid., 1847, con nota di D. Salomone, Clausole vessatorie e contratti bancari. Una innovativa sentenza del
Tribunale di Roma', Nuova giur. civ., 2000, I, 473, con note di M. De
Poli, Clausole vessatorie, norme bancarie uniformi e azione inibitoria, e P. Sirena, Il giudizio di abusività della clausole di recesso della ban
ca dai contratti di credito al consumo', Contratti, 2000, 561, con nota dì
V. Mariconda; Nuovo dir., 2000, 737, con nota di S. D'Arienzo). [A. Palmieri]
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1775 PARTE PRIMA 1776
guenza, disconoscevano, quali eredi, ed ai sensi e per gli effetti
dell'art. 214 c.p.c., gli atti di fideiussione prodotti dalla Banca
di Roma s.p.a. asseritamente a firma Sorba Gloria; in via subor
dinata, gli opponenti contestavano la regolamentazione con
trattuale, lo svolgimento del rapporto intercorso tra la suddetta
banca e le società Sagifin, Auto 2000 e Super Car Terni, nonché
l'ammontare del credito vantato dalla controparte, sia con rife
rimento al capitale — non rappresentando prova valida e suffi
ciente dello stesso la mera attestazione di veridicità e liquidità del saldaconto effettuata dal funzionario di banca, e non essendo
stata fornita alcuna prova del versamento della somma di lire
371.465.767 alla Fiat Sava s.p.a. e nemmeno prodotta alcuna
documentazione del credito di lire 17.100.000, imputato ad ef
fetti accreditati al salvo buon fine con disponibilità immmedia
ta, nonché del credito di lire 24.100.000, quale importo degli ef
fetti sotto rischio accreditati salvo buon fine — che con riferi
mento agli interessi addebitati, i cui tassi non erano stati appro vati per iscritto, ed alle valute, commissioni ed oneri applicati; in via estremamente subordinata, gli opponenti eccepivano l'il
legittimità dei decreti ingiuntivi opposti, per violazione delle
norme giuridiche inderogabili poste a tutela dei minori e, se
gnatamente, degli art. 471, 490 e 752 c.c., e ciò in quanto i mi
nori Barcaroli Emanuele e Barcaroli Alessio sarebbero even
tualmente tenuti a soddisfare i debiti ereditari entro i limiti del
l'inventario, nonché di quelle previste in materia successoria, in
particolare dell'art. 752 c.c., con riferimento alla condizione di
contratto predisposta dalla banca, prevedente la responsabilità solidale tra i coeredi, e non in proporzione alla quota attiva di
successione, perché vessatoria e, quindi, inefficace, non essendo
stata specificatamente approvata per iscritto.
Si costituiva in giudizio la Banca di Roma s.p.a., gruppo Cas
sa di risparmio di Roma, in persona del legale rappresentante
pro tempore, contestando, punto per punto, tutti i motivi di op
posizione e dichiarando di volersi avvalere della sottoscrizione
disconosciuta, di cui chiedeva la verificazione giudiziale.
Sospesa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo op
posto, la causa veniva istruita attraverso la produzione di docu
menti e l'espletamento di una c.t.u. calligrafica volta ad accerta
re l'autenticità della sottoscrizione disconosciuta.
Precisate le conclusioni all'udienza del 28 giugno 2000, come
trascritte in epigrafe, la causa veniva trattenuta in decisione dal
tribunale in composizione monocratica nella persona del giudice
designato. Motivi della decisione. — (Omissis). Passando al merito,
l'opposizione è fondata e la causa, dichiarata con sentenza non
definitiva la nullità parziale dei contratti di conto corrente azio
nati monitoriamente dalla banca e revocati i decreti ingiuntivi
opposti, deve essere rimessa in istruttoria per la rideterminazio
ne — secondo i parametri di seguito indicati — del credito
vantato dalla opposta. Nei contratti di conto corrente, stipulati nell'anno 1986, dai
quali trae fondamento la pretesa creditoria della banca opposta, la clausola relativa agli interessi passivi è la seguente: «gli inte
ressi dovuti dal correntista all'azienda di credito, salvo patto di
verso, si intendono determinati alle condizioni praticate usual mente dalle aziende di credito sulla piazza e producono a loro
volta interessi nella stessa misura» (art. 7, 4° comma). Trattasi di pattuizione indubbiamente nulla, avuto riguardo al
quadro normativo introdotto con la 1. 154/92 e con il successivo
d.leg. 385/93, che hanno infatti espressamente previsto la nullità
delle clausole contrattuali di rinvio agli usi prevedendo l'inse
rimento automatico al posto delle clausole nulle dei tassi nomi
nali minimi e massimi dei buoni del tesoro annuali o di altri ti
toli similari emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione
del contratto. Il d.leg. 385/93 ha espressamente sancito l'irretro
attività delle nuove disposizioni stabilendo all'art. 161 che: «i
contratti già conclusi... alla data di entrata in vigore del pre sente decreto restano regolati dalle norme anteriori». Nessun
dubbio vi è, quindi, che ai rapporti esauriti prima dell'entrata in
vigore delle nuove disposizioni debbano continuare ad applicar si i principi precedentemente enunciati; rimane dubbio, invece, se tali principi possano continuare ad applicarsi, nei contratti di
durata, anche ai rapporti sorti dopo l'entrata in vigore della
nuova disciplina ma scaturiti da contratti conclusi precedente mente. La Suprema corte (v. Cass. 3291/93, Foro it., 1993, I,
2171; 9534/93, id., Rep. 1994, voce Fideiussione e mandato di
credito, n. 31) e, da ultimo, la Corte costituzionale (sentenza
Il Foro Italiano — 2001.
204/97, id., 1997, I, 2033) hanno ritenuto, in fattispecie analo
ghe riguardanti la diversa questione della validità delle fideius
sioni omnibus, che nei contratti di durata lo ius superveniens fosse comunque applicabile ai rapporti sorti dopo l'entrata in
vigore delle nuove disposizioni; la Corte costituzionale, in par ticolare, ha affermato tale principio in una sentenza interpretati va di rigetto con la quale ha respinto la questione sollevata da
un giudice di merito che segnalava l'ingiustificata diversità di
disciplina che sarebbe stata altrimenti applicata ad identici rap
porti contrattuali. Non diversa si appalesa la situazione nel caso
dei contratti di conto corrente stipulati anteriormente all'entrata
in vigore delle nuove disposizioni in materia bancaria; per essi
l'irretroattività sancita dall'art. 161 d.leg. 385/93 non può con
durre a conclusioni diverse da quelle raggiunte in materia di fi
deiussione, e ciò sia perché taluni contratti bancari, come quelli di conto corrente, producono rapporti fisiologicamente destinati
ad avere durata assai più lunga dei rapporti di fideiussione (si
pensi ai presenti contratti stipulati nel lontano 1986, per i quali si presenterebbe, ancor di più che per le fideiussioni, la questio ne, risolta interpretativamente dalla Corte costituzionale, della
ingiustificata diversità di disciplina applicabile rispetto a rap porti sostanzialmente identici sorti da contratti stipulati dopo il
luglio del 1992) sia perché la realtà economica che aveva de
terminato la sostanziale uniformità delle condizioni praticate dalle banche è di fatto venuta meno, rendendo problematico, in
conseguenza della valorizzazione della concorrenza bancaria
sostituitasi alla precedente situazione di cartello, il riferimento a
quella uniformità di condizioni che aveva reso possibile la de
terminabilità della futura prestazione di interessi e l'esclusione
con essa della discrezionalità della banca. Sulla base di tali
premesse, la disposizione dell'art. 161, 6° comma, d.leg. 385/93
non può che essere circoscritta ai rapporti esauritisi anterior
mente alla sua entrata in vigore fermo restando, per le obbliga zioni sorte successivamente, il loro assoggettamento alla nuova
disciplina, con la conseguente nullità della clausola di richiamo
ai tassi usualmente praticati sulla piazza, per contrasto con la di
sposizione dell'art. 117, n. 6, d.leg. 385/93 e con quella di cui
all'art. 4 1. 154/92. A tali rapporti andranno, quindi, applicati i
tassi previsti al n. 7 dell'art. 117 d.leg. citato.
Per quanto riguarda, invece, i rapporti esauriti prima dell'en
trata in vigore della nuova disciplina, deve verificarsi la compa tibilità del rinvio alle condizioni praticate sulla piazza con l'ob
bligo della forma scritta ab substantiam imposto dall'art. 1284, 3° comma, c.c., secondo il quale: «gli interessi superiori alla
misura legale devono essere determinati per iscritto, altrimenti
sono dovuti nella misura legale». Al riguardo, la Suprema corte, modificando un precedente orientamento di segno opposto, ha
statuito di recente che, se è vero che il requisito della forma
scritta richiesto, a pena di nullità, per la pattuizione di interessi
in misura superiore a quella legalmente determinata non postu la, necessariamente, che la relativa convenzione negoziale con
tenga una puntuale indicazione in cifre del tasso così stabilito, ben potendo essere anche soddisfatto per relatìonem, ciò va
fatto, però, attraverso il richiamo, per iscritto, a criteri prestabi liti e ad elementi estrinseci, obiettivamente individuabili, fun
zionali alla sua concreta determinazione (v. Cass. 10 novembre
1997, n. 11042, id., Rep. 1999, voce Contratti bancari, n. 63; 8
maggio 1998, n. 4696, ibid., n. 62). Orbene, dovendo condivi
dersi in pieno l'orientamento giurisprudenziale appena citato, la
clausola n. 7 dei contratti di conto corrente sopra richiamata è
indubbiamente nulla, essendo il tasso debitorio degli interessi
passivi indeterminato, indeterminabile e rimesso sostanzial
mente alla volontà del creditore, non esistendo vincolanti e pre cise discipline del tasso di interesse bancario fissate su scala na
zionale con accordi di cartello. Conseguentemente, per le obbli
gazioni esaurite prima dell'entrata in vigore della 1. 154/92, il
tasso di interesse deve essere ricondotto, per effetto dell'inte
grazione legale prevista dall'art. 1284, 3° comma, a quello le
gale, nella misura del cinque per cento all'anno sino al 15 di
cembre 1990, e del dieci per cento all'anno dal 16 dicembre
1990 in avanti.
Infine, deve essere dichiarata la nullità sempre dell'art. 7 dei
contratti di conto corrente in atti, con riferimento al 2° comma, che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi passi vi dovuti dal correntista. Trattasi di clausola contrastante con il
divieto dell'anatocismo sancito dall'art. 1283 c.c., sul presuppo sto della natura negoziale e non normativa dell'uso bancario
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
prevedente detta capitalizzazione trimestrale (v. Cass. 11 no
vembre 1999, n. 12507, id., 2000, I, 451; 16 marzo 1999, n.
2374, id., 1999,1, 1153; 30 marzo 1999, n. 3096, ibid.). Inoltre, la norma del 3° comma dell'art. 25 d.leg. 4 agosto 1999 n. 342,
prevedente una sorta di sanatoria per le clausole anatocistiche
inserite nei contratti bancari stipulati precedentemente alla deli
bera del comitato interministeriale per il credito e il risparmio di
cui al 2° comma del citato art. 25, è stata recentemente dichia
rata incostituzionale con sentenza 425/00 (id., 2000,1, 3045) del
giudice delle leggi. Conseguentemente, l'importo dovuto dagli
opponenti dovrà essere rideterminato attraverso la capitalizza zione annuale, e non più trimestrale, degli interessi come sopra determinati.
La nullità parziale dei contratti di conto corrente e la conse
guente necessità di rideterminazione del debito dei debitori
principali coinvolge anche la posizione dei fideiussori, stante
l'accessorietà dell'obbligazione fideiussoria rispetto a quella
principale sancita dall'art. 1939 c.c. Al riguardo, va detto che la
pattuizione con la quale le parti, in deroga all'art. 1939 c.c., hanno stabilito la conservazione dell'efficacia della fideiussione
anche nel caso d'invalidità dell'obbligazione principale, deve
essere considerata non apposta, ai sensi dell'art. 1419 c.c., senza
travolgere l'intero contratto, nei limiti in cui comporti un'ecce
denza quantitativa dell'obbligazione del fideiussore rispetto a
quella dell'obbligato principale, perché in contrasto con il ca
rattere accessorio dell'una riguardo all'altra (v. Cass. 22 giugno
1993, n. 6897, id., Rep. 1993, voce Fideiussione e mandato di
credito, n. 38). Peraltro, va rilevato che tale clausola, contenuta
solo in alcune delle prime fideiussioni stipulate tra le parti in
causa nel 1986, non è stata riproposta nelle fideiussioni stipulate con la fissazione dell'importo massimo garantito, sempre tra le
stesse parti, successivamente al 1992, con la conseguenza che la
deroga al principio dell'accessorietà dell'obbligazione fideius
soria ha cessato di esistere anche nel rapporto contrattuale tra le
parti. Devono, in definitiva, revocarsi i decreti ingiuntivi opposti,
sia con riferimento alla posizione dei debitori principali che a
quella dei fideiussori, per effetto della nullità parziale dei con
tratti di conto corrente azionati in via monitoria, che comporta la necessità di rimettere la causa in istruttoria al fine di rideter
minare, attraverso c.t.u., il credito della banca opposta sulla ba
se dei parametri sopra indicati, essendo gli importi chiesti ed
ottenuti monitoriamente dalla banca comprensivi anche degli interessi addebitati fino all'emissione dei decreti ingiuntivi. Pe
raltro, deve rilevarsi anche che la certificazione prodotta dalla
banca opposta per documentare il credito vantato non è confor
me al disposto di cui all'art. 50 d.leg. 385/93; ed infatti, come
illustrato nella relazione governativa, l'estratto conto di cui al
l'art. 50 si differenzia dall'estratto di saldaconto di cui all'art.
102 r.d.l. 12 marzo 1936 n. 375, perché l'estratto conto deve
rappresentare il risultato di tutte le voci a credito ed a debito ri
cadenti nell'arco di tempo considerato, ivi compresi i diritti di
commissione, le spese, le ritenute fiscali e gli interessi attivi e
passivi maturati, mentre nel caso di specie sono state indicate
solo alcune operazioni compiute tra il 30 marzo 1995 ed il 15
aprile 1995.
Infine, va rilevata la nullità dei decreti ingiuntivi opposti an
che con riferimento alla posizione soggettiva dei debitori in
giunti Barcaroli Alessio e Barcaroli Emanuele, dovendo la pre tesa della banca essere necessariamente contenuta, nei confronti
di tali soggetti, quali eredi minori della madre Sorba Gloria, e
quindi, legalmente ed inderogabilmente eredi con il beneficio di
inventario, ai sensi dell'art. 471 c.c., entro i limiti dell'inventa
rio, mentre tale domanda è stata formulata senza limiti e,
ugualmente, senza alcuna limitazione sono stati pronunciati i
decreti ingiuntivi opposti. Al riguardo, rispondendo alle conte
stazioni della banca opposta, secondo la quale limitazioni sog
gettive del tipo di quella in esame andrebbero fatte valere solo
nella fase dell'esecuzione del credito, deve dirsi che la respon sabilità intra vires dell'erede beneficiario per i debiti ereditari
costituisce una qualità del relativo rapporto che assume rilievo
già nella fase antecedente l'esecuzione forzata, precludendo
ogni misura anche cautelare sui beni personali dell'erede, onde
l'interesse di quest'ultimo al relativo accertamento già nel giu dizio di cognizione (così, Cass. 18 maggio 1993, n. 5641, id., Rep. 1994, voce Successione ereditaria, n. 67, che nella specie ha confermato la decisione di merito che aveva riconosciuto
Il Foro Italiano — 2001.
l'interesse del coerede ad opporsi al decreto ingiuntivo emesso
per il pagamento di un debito ereditario senza alcun riferimento
alla qualità di erede beneficiario, sì da esporlo alla responsabi lità ultra vires per l'intero debito).
Conclusivamente, deve emettersi sentenza non definitiva di
revoca dei decreti ingiuntivi opposti, per tutte le ragioni suespo ste.
TRIBUNALE DI CATANIA; sentenza 22 novembre 2000; Giud. Maiore; Maglitto e altre (Avv. Modica) c. Soc. Sgs Thomson Microelectronics (Avv. Andronico, Leonardi).
TRIBUNALE DI CATANIA;
Lavoro (rapporto di) — Parità uomo-donna — Discrimina
zione indiretta — Configurabilità — Fattispecie (L. 10 aprile 1991 n. 125, azioni positive per la realizzazione della
parità uomo-donna nel lavoro, art. 4, 5). Lavoro (rapporto di) — Parità uomo-donna — Discrimina
zione indiretta — Piano di rimozione — Ordine giudiziale (L. 10 aprile 1991 n. 125, art. 4, 5).
Costituisce discriminazione sessuale indiretta di natura colletti
va nell'ambito della progressione in carriera, la richiesta, ai
fini del conseguimento della qualifica superiore al quarto li
vello (c.c.n.l. settore metalmeccanico), di un titolo di studio di
scuola tecnica superiore, trattandosi di un requisito che, sep
pure di carattere formalmente neutro, è riferibile solo al per sonale di sesso maschile, ove non risulti dimostrata l'inciden
za di tale requisito sulla capacità a svolgere le mansioni su
periori (nella specie, la società resistente non aveva mosso
alcuna contestazione in ordine alle risultanze della prova statistica —fornita dalle ricorrenti ai sensi dell'art. 4, 5°
comma, l. n. 125 del 1991 — né addotto alcuna prova al fine di dimostrare l'insussistenza della discriminazione). (1)
La società che ha posto in essere la condotta discriminatoria
sessuale indiretta ha l'obbligo di predisporre, entro il termi
ne di tre mesi, un piano di rimozione delle discriminazioni, mediante un criterio che faccia riferimento alla valutazione
della professionalità pregressa ed escludendo ogni riferi mento al possesso di diploma di scuola superiore. (2)
(1-2) I. - A fronte di una casistica giurisprudenziale in materia di di
scriminazione per ragioni di sesso nell'accesso al lavoro, l'attribuzione
di mansioni e la progressione in carriera, cronicamente priva di spunti significativi, non può sfuggire la rilevanza della pronuncia in epigrafe. In essa, il Tribunale di Catania fa ampio utilizzo dello strumentario
processuale e sanzionatorio messo a disposizione del giudicante dal
l'art. 4 1. n. 125 del 1991 (vecchio testo): 1 ) in primo luogo, su istanza di parte ricorrente, dispone una consu
lenza tecnica al fine dell'accertamento delle percentuali di lavoratori e lavoratrici che. nel corso degli anni, hanno realizzato una progressione in carriera, mediante riconoscimento delle qualifiche superiori;
2) assunti tali elementi alla stregua di prova statistica, idonea a fon
dare, ai sensi dell'art. 4, 5° comma (vecchio testo), la presunzione del
l'esistenza di comportamenti discriminatori in ragione del sesso, e una
volta verificata la carenza di una prova di parte resistente circa l'insus
sistenza della discriminazione, il giudice si pronuncia nei senso della
configurabilità di un comportamento discriminatorio di carattere col
lettivo; 3) pertanto, al fine dì rimediare a tale situazione e scongiurare il re
iterarsi di tale condotta illegittima per il futuro, ordina all'azienda di
predisporre, ai sensi dell'art. 4, 7° comma (vecchio testo), un piano di
rimozione delle discriminazioni, indicando i criteri cui il piano dovrà
attenersi ed il relativo termine finale.
Un elemento che vale la pena mettere in rilievo è che la sentenza
realizza un ampliamento degli ambiti di legittimazione ad esercitare
l'azione a tutela degli interessi collettivi ex art. 4 1. n. 125 del 1991, ri
correndo all'ordine di predisposizione del «piano di rimozione» al di
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