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sentenza 16 gennaio 2001; Giud. Panariello; Barcaroli (Avv. Trabalza) c. Banca di Roma (Avv....

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sentenza 16 gennaio 2001; Giud. Panariello; Barcaroli (Avv. Trabalza) c. Banca di Roma (Avv. Dominici) Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 5 (MAGGIO 2001), pp. 1771/1772-1777/1778 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196200 . Accessed: 28/06/2014 07:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.71 on Sat, 28 Jun 2014 07:57:13 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 16 gennaio 2001; Giud. Panariello; Barcaroli (Avv. Trabalza) c. Banca di Roma (Avv.Dominici)Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 5 (MAGGIO 2001), pp. 1771/1772-1777/1778Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196200 .

Accessed: 28/06/2014 07:57

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PARTE PRIMA

norme interpretate. Orbene, proprio quest'ultima situazione ri

corre nella fattispecie, ove la stessa Corte costituzionale (cfr. Corte cost. 6 febbraio 1991, n. 54, cit.) ha ritenuto lecita, sul

piano costituzionale, una scelta legislativa nel senso dell'esclu

sione di tutte le piccole società commerciali dal fallimento, onde

all'interprete è consentita una diversa lettura del quadro norma

tivo esistente che pervenga al medesimo risultato pratico che

nell'opinione del giudice delle leggi potrebbe essere raggiunto solo con un'innovazione legislativa.

Nell'attuale assetto normativo, dunque, la qualità di piccolo

imprenditore, anche ai fini dell'assoggettabilità alle procedure concorsuali, non può più presumersi ma deve essere accertata di

volta in volta secondo le peculiarità dei singoli casi concreti, sulla scorta del criterio guida della prevalenza del lavoro del

l'imprenditore e dei suoi familiari, fissato dall'art. 2083 c.c.,

applicabile analogicamente al fenomeno sociale, non diretta

mente considerato dal legislatore del 1942 ma affine alla piccola

impresa individuale, costituito dalle società commerciali nelle

quali il lavoro dei soci e dei loro familiari prevalga sugli altri

mezzi impiegati nell'attività collettiva. Tanto premesso, osserva

il collegio che, essendo il presupposto oggettivo per la dichiara

zione di fallimento costituito dall'esistenza dello stato d'insol

venza, appare congruo e ragionevole ritenere che la valutazione

circa la prevalenza del lavoro dei soci e dei familiari sul capitale vada condotta sulla scorta della situazione di fatto esistente al

tempo in cui è insorta l'insolvenza e della crescita delle dimen

sioni dell'impresa eventualmente verificatasi in epoca successi

va.

Nella nozione di capitale investito rientrano il costo della

manodopera impiegata, estranea al nucleo familiare dei soci, il

costo delle merci acquistate, anche se il relativo corrispettivo non sia stato ancora pagato ai fornitori, le provviste di liquidità raccolte nel circuito finanziario e, più in generale, tutti i costi di

esercizio sostenuti (fra i quali non vanno computate le rimanen

ze iniziali, costituendo esse il prodotto di costi di precedenti esercizi, in quanto tali già calcolate nel capitale investito), fatta

sempre eccezione per quelli direttamente imputabili al lavoro

dei soci e dei loro familiari. La prevalenza del lavoro dei soci e

dei loro familiari si riverbera sul reddito netto — depurato, cioè,

di tutti i costi tranne che delle imposte dirette ad esso afferenti —

potenzialmente ricavabile dall'attività esercitata, nel senso

che lo stesso deve poter essere attribuito, per la maggior parte del suo ammontare, al lavoro delle persone predette. Poiché il

lavoro personale di ciascuno dei soci e dei loro familiari equi vale, sostanzialmente, a quello di un lavoratore specializzato del

settore in cui opera l'impresa considerata, l'importo della retri

buzione di quest'ultimo può essere considerato come la misura

del reddito potenziale netto interamente imputabile al lavoro di

ogni singolo socio e di ogni singolo familiare. Di conseguenza, oscillando mediamente detta retribuzione — al lordo delle im

poste dirette — intorno a quaranta milioni di lire annui (come si

desume dalle informazioni all'uopo assunte presso la direzione

provinciale del lavoro di Campobasso e contenute nella nota del

1° giugno 2000), il reddito potenziale netto attribuibile per inte

ro al lavoro di ciascuna delle persone considerate deve essere

quantificato in quaranta milioni di lire annui. Pertanto, nel caso

che ne occupa, tenuto conto della remuneratività propria delle

aziende operanti nel settore merceologico al quale appartiene

l'impresa in argomento, stimabile nell'ordine del cinquanta per cento annuo della base capitale annualmente investita, la pre valenza del lavoro personale dei soci e dei loro familiari viene

meno solo quando il capitale annualmente investito supera

l'importo di centosessanta milioni di lire, maggiorato nella stes

sa misura per ognuna delle persone considerate. Ciò posto, poi ché nella fattispecie in esame l'attività viene svolta direttamente

dai soci, mentre il capitale investito, ivi incluso il costo della

manodopera estranea al nucleo familiare dei soci, ammonta a

cento milioni di lire circa, il reddito netto potenzialmente rica

vabile dall'attività stessa va imputato, in via prevalente, al lavo

ro personale dei soci, onde la società debitrice va qualificata come piccola impresa, in quanto tale non soggetta alle procedu re concorsuali.

Il Foro 'taliano — 2001.

TRIBUNALE DI TERNI; sentenza 16 gennaio 2001; Giud. Panariello; Barcaroli (Avv. Trabalza) c. Banca di Roma

(Avv. Dominici).

TRIBUNALE DI TERNI;

Contratti bancari — Conto corrente bancario — Interessi

dovuti dal correntista — Rinvio alle condizioni praticate usualmente sulla piazza

— Nullità — Conseguenze (Cod.

civ., art. 1284; 1. 17 febbraio 1992 n. 154, norme per la traspa renza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, art. 4;

d.leg. 1° settembre 1993 n. 385, t.u. delle leggi in materia

bancaria e creditizia, art. 117, 161). Contratti bancari — Conto corrente bancario — Interessi

dovuti dal correntista — Capitalizzazione trimestrale —

Nullità — Conseguenze (Cod. civ., art. 1283; d.leg. 1° set

tembre 1993 n. 385, art. 120; d.leg. 4 agosto 1999 n. 342, mo

difiche al d.leg. 1° settembre 1993 n. 385, art. 25).

E nulla la clausola in forza della quale gli interessi dovuti dal

correntista si intendono determinati alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, anche quan do essa sia contenuta in un contratto di conto corrente ban

cario stipulato anteriormente all'entrata in vigore della l.

154/92; in tal caso, il tasso di interesse risultante dall'appli cazione della clausola nulla va sostituito con quello legale,

per i rapporti esauriti in epoca precedente a tale data, e con

il tasso indicato dall'art. 117, 7° comma, d.leg. 385/93, per le

obbligazioni sorte in epoca successiva. (1)

(1) Che le banche non possano avvalersi, ai fini dell'individuazione del tasso degli interessi dovuti dal cliente, del rinvio alle condizioni

praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è un fatto scontato per i contratti stipulati all'indomani dell'entrata in vigore della normativa sulla trasparenza bancaria (il nucleo originario risale alla 1.

154/92, le cui disposizioni sono state quindi trasfuse, con alcune inte

grazioni e modifiche, nel d.leg. 385/93); tale pattuizione incorre, infatti, nella sanzione comminata expressis verbis per le clausole di rinvio agli usi, che sono irrimediabilmente nulle e si considerano non apposte (v. art. 4, 3° comma, 1. 154/92 e art. 117, 6° comma, d.leg. 385/93; per un'ipotesi applicativa, cfr. Trib. Busto Arsizio 15 giugno 1998, Foro

it., 1998, I, 2997). Peraltro, alla luce dell'orientamento ermeneutico di recente affermatosi in seno alla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 19 luglio 2000, n. 9465, id., Mass. 874, e Giust. civ., 2000, I, 2858; 11

agosto 1998, n. 7871, Foro it.. Rep. 1999, voce Interessi, n. 27, e Giur.

it., 1999, 996; 23 giugno 1998, n. 6247, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 26, e Giust. civ., 1999, I, 508; 8 maggio 1998, n. 4696, Foro it., Rep. 1999, voce Contratti bancari, n. 62, e Dir. banc., 1999, 115; 10 no vembre 1997, n. 11042, Foro it.. Rep. 1999, voce cit., n. 63, e Banca, borsa, ecc., 1999, II, 10; 29 novembre 1996, n. 10657, Foro it., Rep. 1997, voce Interessi, n. 14, annotata da G. Sciancalepore, Forma «ad validitatem» ed integrazione «ab extra» deI regolamento negoziale, in Vita not., 1997, 1380; L. Liguori, Determinazione di tassi ultralegali nei contratti bancari ed esigenza di trasparenza nei rapporti tra ban che e clienti, in Mondo bancario, 1997, fase. 4, 45; S. Palmieri, Ancora in tema di interessi ultralegali, tra formalismo e libertà contrattuale, in Corriere giur., 1997. 427; M. Nunziata, È «contra legem» la determi nazione deI tasso degli interessi bancari con semplice rinvio alle «con dizioni usuali praticate sulla piazza», in Nuovo dir., 1997, 399; F. Par

rella, II tramonto della clausola «interessi uso piazza», in Dir. banc., 1999, 149; in senso divergente, v., nella motivazione, Cass. 24 giugno 1998, n. 6252, Foro it.. Rep. 1998, voce Cassazione civile, n. 304, e Dir. banc., 1999, 115; 9 dicembre 1997, n. 12453, Foro it., Rep. 1998, voce Contratti bancari, n. 34, e Giur. it.. 1998, 1644; 16 giugno 1997, n. 5379, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 67, e Dir. banc.. 1999, 116), l'inserzione di una siffatta clausola non poteva ritenersi legittima nem meno nei contratti conclusi in epoca anteriore, non essendo rispettato in tal caso il requisito formale previsto, in via generale, dall'art. 1284 c.c.

per la valida determinazione del saggio degli interessi in misura supe riore a quella legale. Malgrado la reiterata affermazione secondo cui

l'obbligo della forma scritta non postula necessariamente che il docu mento contrattuale contenga l'indicazione in cifre del tasso di interesse, ma può essere soddisfatto anche per relationem (v. Cass. 14 agosto 1997, n. 7627, Foro it., Rep. 1997, voce Interessi, n. 16; per un profilo di carattere processuale, cfr. altresì Cass. 13 luglio 2000, n. 9276, id., Mass., 859, secondo cui l'eccezione di nullità della pattuizione di inte ressi extralegali per l'indeterminabilità del tasso, comportando un'in

dagine di fatto riservata al giudice di merito, non può essere assunta in esame per la prima volta nel giudizio di legittimità), ciò che condanna il rinvio alle condizioni praticate usualmente sulla piazza è la mancanza di univocità dei criteri estrinseci richiamati (sicché, come osserva l'a nonimo annotatore della citata sent. 9465/00, in Giust. civ., 2000, I, 2860, il Supremo collegio, «pur continuando a prestare dichiarato osse

quio al principio della determinabilità per relationem del saggio di inte

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

È nulla la clausola con cui si prevede la capitalizzazione trime

strale degli interessi dovuti dal correntista, ove essa sia con

tenuta in un contratto di conto corrente bancario stipulato anteriormente all'entrata in vigore della delibera con la

quale il comitato interministeriale per il credito e il risparmio ha stabilito modalità e criteri per la disciplina dell'anatoci smo nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'atti

vità bancaria; di conseguenza, gli interessi dovuti dal cor

rentista si capitalizzano con cadenza annuale. (2)

ressi ultralegale, guarda con (altrettanto dichiarato) sfavore alla clau sola di rinvio ai tassi usualmente praticati sulla piazza»).

Nella vicenda in esame non si pone, dunque, alcun problema di nul lità sopravvenuta (su tale controversa figura, v., da ultimo, A. Riccio, Nullità sopravvenuta del contratto, in Contratto e impr., 2000, 628). Tuttavia, il giudice ritiene che la disciplina sopravvenuta possa comun

que avere influenza sui rapporti originati da contratti stipulati in prece denza e non ancora esauriti, in punto di integrazione del regolamento negoziale parzialmente inficiato. Secondo la pronuncia in epigrafe, in fatti, per quanto attiene alle obbligazioni sorte in epoca successiva al mutamento del quadro normativo, gli interessi vanno computati al tasso indicato dall'art. 117, 7° comma, d.leg. 385/93 (in senso analogo, v. Trib. Monza 4 febbraio 1999, Foro it., 1999, I, 1340, e Trib. Roma 19 febbraio 1998, id., 1998, I, 2998; vi è chi ritiene, d'altro canto, che in caso di contratto concluso prima della 1. 154/92 debba comunque pre valere l'apparato sanzionatorio desumibile dalla disciplina codicistica: cfr. F. Parrella, op. cit., 152 ss.); mentre, qualora il rapporto risulti esaurito in epoca anteriore, è il tasso legale che prende il posto di

quello risultante dall'applicazione della clausola invalida (v. App. Mi lano 31 ottobre 1997, Foro it., Rep. 1999, voce Contratti bancari, n.

64, e Dir. banc., 1999, 117). (2) Quanto alla clausola che stabilisce la capitalizzazione trimestrale

degli interessi dovuti dal correntista, la sentenza supra riprodotta ritie ne che la sua sorte sia segnata per effetto delle implicazioni scaturenti dall'intervenuta declaratoria d'incostituzionalità dell'art. 25, 3° com

ma, d.leg. 342/99 [cfr. Corte cost. 17 ottobre 2000, n. 425, Foro it., 2000, I, 3045, con nota di A. Palmieri, e Corriere giur., 2000, 1453, con nota di V. Carbone; Impresa, 2000, 1533, con nota di A. Napoli

tano; Corti Bari, Lecce e Potenza, 2000, I, 169, con nota di F. Maca

rio; la pronuncia di accoglimento è stata preceduta dall'ordinanza 19

giugno 2000, n. 211, Foro it., 2000, I, 3047 (che ha sancito l'inammis sibilità del conflitto di attribuzione sollevato dal Tribunale di Brindisi — con ricorso annesso all'ordinanza resa in data 8 novembre 1999, ibid., 453 — nei confronti del governo, a seguito dell'emanazione del citato decreto legislativo) e seguita da quattro ordinanze, depositate ri

spettivamente il 6 dicembre 2000, nn. 551 e 552, ed il 23 gennaio 2001, nn. 23 e 24 (che hanno dichiarato la manifesta inammissibilità di ulte riori questioni di legittimità costituzionale della medesima norma, ormai espunta dall'ordinamento giuridico)]. Una volta caduta l'indi scriminata sanatoria di tutte le pattuizioni anatocistiche contenute in contratti stipulati anteriormente all'entrata in vigore della delibera emanata dal comitato interministeriale per il credito e il risparmio il 9 febbraio 2000 (secondo la previsione di cui all'art. 120, 2° comma,

d.leg. 385/93, introdotto dall'art. 25, 2° comma, d.leg. 342/99). ritorna no in auge i principi espressi dalla Suprema corte nelle pronunce depo sitate nel corso del 1999 (cfr. Cass. 16 e 30 marzo 1999, nn. 2374 e

3096, id., 1999, I, 1153, e 11 novembre 1999, n. 12507, id., 2000, I, 451). A tale stregua, la capitalizzazione trimestrale degli interessi do vuti dal cliente non costituisce un uso normativo, sicché non può opera re automaticamente con effetto integrativo del contratto e, ove sia

espressamente prevista, comporta la nullità della relativa clausola per contrasto con l'art. 1283 c.c. (sulle problematiche relative agli interessi anatocistici nei contratti bancari, v., da ultimo, A. Riccio, La capitaliz zazione degli interessi nel conflitto fra «iurisdictio» e «legislatio», in Contratto e impr., 2000, 1156; F. Angeloni, La ripetizione degli inte ressi anatocistici corrisposti sulla base di apposite clausole contrat tuali anteriormente al mutamento dell'indirizzo della Suprema corte che ne sanciva la legittimità, ibid., 1164). La decisione in epigrafe, tuttavia, si caratterizza per aver escogitato un singolare meccanismo di sostituzione della clausola dichiarata nulla; invece di limitarsi a sgom brare il campo da qualsiasi forma di anatocismo, il giudicante provvede a rimodellare il contenuto del negozio, precisando che «l'importo do vuto [.. .] dovrà essere rideterminato attraverso la capitalizzazione an

nuale, e non più trimestrale, degli interessi». Si aggiunga che l'inserzione, nelle condizioni generali dei contratti

predisposti dalle banche, della clausola di capitalizzazione trimestrale

degli interessi dovuti dal cliente-consumatore è stata inibita, ai sensi dell'art. 1469 sexies c.c., da Trib. Roma 21 gennaio 2000, Foro it.,

2000, I, 2045, con nota di A. Palmieri-P. Laghezza, Consumatori e clausole abusive: l'aggregazione fa la forza (e Corriere giur., 2000,

496, con note di A. Orestano, L'inibitoria ordinaria delle condizioni

generali utilizzate dalle banche nei contratti con i consumatori, e A. Di

Maio, Trasparenza e squilibrio nelle clausole vessatorie', Giur. comm.,

Il Foro Italiano — 2001.

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

in data 30 giugno 1995, Barcaroli Sandro, in proprio e quale erede di Sorba Gloria e nella qualità di genitore esercente la

potestà parentale sui figli minori Emanuele ed Alessio, conve

niva in giudizio davanti all'intestato tribunale la Banca di Roma

s.p.a., gruppo Cassa di risparmio di Roma, per ivi proporre op

posizione al decreto ingiuntivo 342/95, emesso dal presidente del Tribunale di Terni in data 19 maggio 1995, dichiarato prov visoriamente esecutivo, con cui era stato ingiunto alla Sagifin di

Barcaroli Sandro & c. s.a.s., a Barcaroli Sandro in proprio, non

ché a Barcaroli Sandro, Barcaroli Alessio e Barcaroli Emanuele,

quali eredi di Sorba Gloria, di pagare alla Banca di Roma s.p.a. la somma complessiva di lire 333.490.119, dovuta quale saldo

debitore apparente, oltre interessi, con riferimento ai c/c n.

10046/05 e n. 43700/03, come risultante dall'estratto di salda

conto e dal contratto di conto corrente, da parte della Sagifin s.a.s., intestataria dei conti correnti, quale debitrice principale, e

da parte di Barcaroli Sandro e degli eredi di Sorba Gloria, quali fideiussori della predetta società.

La causa veniva riunita a quella iscritta al n. 1394/95 avente

ad oggetto l'opposizione promossa dagli stessi soggetti avverso

il decreto ingiuntivo 341/95, emesso dal presidente del Tribu

nale di Terni il 19 maggio 1995, dichiarato provvisoriamente esecutivo, con cui era stato ingiunto all'Auto 2000 di Barcaroli

Sandro & c. s.a.s., a Barcaroli Sandro, nonché a Barcaroli San

dro, Barcaroli Alessio e Barcaroli Emanuele, quali eredi di Sor

ba Gloria, ed alla Sagifin di Barcaroli Sandro & c. s.a.s., di pa

gare alla Banca di Roma s.p.a. le seguenti somme: lire

129.732.464, quale saldo debitore apparente del c/c n.

43400/05, oltre interessi, risultante dall'estratto di saldaconto e

dal contratto di conto corrente; lire 17.100.000, come da effetti

accreditati al salvo buon fine con disponibilità immediata; lire

43.403.703, quale esposizione per effetti insoluti in corso di re

golamento, di cui lire 40.420.000 per capitale, lire 1.746.573 per interessi di mora, lire 663.880 per spese di protesto e lire

573.250 per commissioni bancarie; lire 371.456.767, quale im

porto corrisposto alla Fiat Sava s.p.a. con valuta 30 aprile 1995

per avere la stessa escusso fideiussioni prestate dalla Banca di

Roma s.p.a. per conto dell'Auto 2000 s.a.s. a favore della Fiat

Sava s.p.a., e così, complessivamente, la somma di lire

561.701.934, dovuta da parte dell'Auto 2000 s.a.s., quale debi

trice principale, e da parte di Barcaroli Sandro, degli eredi di

Sorba Gloria e della Sagifin s.a.s., quali fideiussori dell'Auto

2000 s.a.s.

Successivamente, a seguito di ordinanza emessa dal giudice in data 15 marzo 1999, veniva disposta la riunione al presente

giudizio di quelli iscritti ai nn. 1393/95, 1392/95 e 1395/95, aventi ad oggetto le opposizioni promosse, rispettivamente, da

Barcaroli Sandro in proprio, quale amministratore unico e legale

rappresentante dell'Auto 2000 s.a.s., ed in qualità di socio ac

comandatario e legale rappresentante della Sagifin s.a.s. avverso

il decreto ingiuntivo 341/95, da Barcaroli Sandro in proprio e

quale amministratore unico e legale rappresentante della Sagifin s.a.s. avverso il decreto ingiuntivo 342/95, nonché da Barcaroli

Sandro quale amministratore unico e legale rappresentante della

Sagifin s.a.s., e quale amministratore unico e legale rappresen tante dalla Super Car Terni avverso il decreto ingiuntivo 343/95, con cui era stato ingiunto alla Super Car Terni, quale debitrice

principale, ed alla Sagifin s.a.s. ed a Barcaroli Sandro in pro

prio, quali fideiussori, il pagamento della somma di lire

141.429.468, per debiti risultanti dal rapporto di c/c n.

47361/05, per effetti insoluti accreditati salvo buon fine e per

esposizione di effetti in corso di regolamento. Gli opponenti, nei giudizi riuniti, contestavano che la de

cuius Sorba Gloria si fosse mai resa garante delle iniziative im

prenditoriali del Barcaroli ed a favore delle banche e, di conse

2000, II, 211, con nota di V. Buonocore, Gli effetti sulle operazioni della nuova disciplina dei contratti con i consumatori; Giur. it., 2000, 1439, con nota di G. C[ottino]; ibid., 1847, con nota di D. Salomone, Clausole vessatorie e contratti bancari. Una innovativa sentenza del

Tribunale di Roma', Nuova giur. civ., 2000, I, 473, con note di M. De

Poli, Clausole vessatorie, norme bancarie uniformi e azione inibitoria, e P. Sirena, Il giudizio di abusività della clausole di recesso della ban

ca dai contratti di credito al consumo', Contratti, 2000, 561, con nota dì

V. Mariconda; Nuovo dir., 2000, 737, con nota di S. D'Arienzo). [A. Palmieri]

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1775 PARTE PRIMA 1776

guenza, disconoscevano, quali eredi, ed ai sensi e per gli effetti

dell'art. 214 c.p.c., gli atti di fideiussione prodotti dalla Banca

di Roma s.p.a. asseritamente a firma Sorba Gloria; in via subor

dinata, gli opponenti contestavano la regolamentazione con

trattuale, lo svolgimento del rapporto intercorso tra la suddetta

banca e le società Sagifin, Auto 2000 e Super Car Terni, nonché

l'ammontare del credito vantato dalla controparte, sia con rife

rimento al capitale — non rappresentando prova valida e suffi

ciente dello stesso la mera attestazione di veridicità e liquidità del saldaconto effettuata dal funzionario di banca, e non essendo

stata fornita alcuna prova del versamento della somma di lire

371.465.767 alla Fiat Sava s.p.a. e nemmeno prodotta alcuna

documentazione del credito di lire 17.100.000, imputato ad ef

fetti accreditati al salvo buon fine con disponibilità immmedia

ta, nonché del credito di lire 24.100.000, quale importo degli ef

fetti sotto rischio accreditati salvo buon fine — che con riferi

mento agli interessi addebitati, i cui tassi non erano stati appro vati per iscritto, ed alle valute, commissioni ed oneri applicati; in via estremamente subordinata, gli opponenti eccepivano l'il

legittimità dei decreti ingiuntivi opposti, per violazione delle

norme giuridiche inderogabili poste a tutela dei minori e, se

gnatamente, degli art. 471, 490 e 752 c.c., e ciò in quanto i mi

nori Barcaroli Emanuele e Barcaroli Alessio sarebbero even

tualmente tenuti a soddisfare i debiti ereditari entro i limiti del

l'inventario, nonché di quelle previste in materia successoria, in

particolare dell'art. 752 c.c., con riferimento alla condizione di

contratto predisposta dalla banca, prevedente la responsabilità solidale tra i coeredi, e non in proporzione alla quota attiva di

successione, perché vessatoria e, quindi, inefficace, non essendo

stata specificatamente approvata per iscritto.

Si costituiva in giudizio la Banca di Roma s.p.a., gruppo Cas

sa di risparmio di Roma, in persona del legale rappresentante

pro tempore, contestando, punto per punto, tutti i motivi di op

posizione e dichiarando di volersi avvalere della sottoscrizione

disconosciuta, di cui chiedeva la verificazione giudiziale.

Sospesa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo op

posto, la causa veniva istruita attraverso la produzione di docu

menti e l'espletamento di una c.t.u. calligrafica volta ad accerta

re l'autenticità della sottoscrizione disconosciuta.

Precisate le conclusioni all'udienza del 28 giugno 2000, come

trascritte in epigrafe, la causa veniva trattenuta in decisione dal

tribunale in composizione monocratica nella persona del giudice

designato. Motivi della decisione. — (Omissis). Passando al merito,

l'opposizione è fondata e la causa, dichiarata con sentenza non

definitiva la nullità parziale dei contratti di conto corrente azio

nati monitoriamente dalla banca e revocati i decreti ingiuntivi

opposti, deve essere rimessa in istruttoria per la rideterminazio

ne — secondo i parametri di seguito indicati — del credito

vantato dalla opposta. Nei contratti di conto corrente, stipulati nell'anno 1986, dai

quali trae fondamento la pretesa creditoria della banca opposta, la clausola relativa agli interessi passivi è la seguente: «gli inte

ressi dovuti dal correntista all'azienda di credito, salvo patto di

verso, si intendono determinati alle condizioni praticate usual mente dalle aziende di credito sulla piazza e producono a loro

volta interessi nella stessa misura» (art. 7, 4° comma). Trattasi di pattuizione indubbiamente nulla, avuto riguardo al

quadro normativo introdotto con la 1. 154/92 e con il successivo

d.leg. 385/93, che hanno infatti espressamente previsto la nullità

delle clausole contrattuali di rinvio agli usi prevedendo l'inse

rimento automatico al posto delle clausole nulle dei tassi nomi

nali minimi e massimi dei buoni del tesoro annuali o di altri ti

toli similari emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione

del contratto. Il d.leg. 385/93 ha espressamente sancito l'irretro

attività delle nuove disposizioni stabilendo all'art. 161 che: «i

contratti già conclusi... alla data di entrata in vigore del pre sente decreto restano regolati dalle norme anteriori». Nessun

dubbio vi è, quindi, che ai rapporti esauriti prima dell'entrata in

vigore delle nuove disposizioni debbano continuare ad applicar si i principi precedentemente enunciati; rimane dubbio, invece, se tali principi possano continuare ad applicarsi, nei contratti di

durata, anche ai rapporti sorti dopo l'entrata in vigore della

nuova disciplina ma scaturiti da contratti conclusi precedente mente. La Suprema corte (v. Cass. 3291/93, Foro it., 1993, I,

2171; 9534/93, id., Rep. 1994, voce Fideiussione e mandato di

credito, n. 31) e, da ultimo, la Corte costituzionale (sentenza

Il Foro Italiano — 2001.

204/97, id., 1997, I, 2033) hanno ritenuto, in fattispecie analo

ghe riguardanti la diversa questione della validità delle fideius

sioni omnibus, che nei contratti di durata lo ius superveniens fosse comunque applicabile ai rapporti sorti dopo l'entrata in

vigore delle nuove disposizioni; la Corte costituzionale, in par ticolare, ha affermato tale principio in una sentenza interpretati va di rigetto con la quale ha respinto la questione sollevata da

un giudice di merito che segnalava l'ingiustificata diversità di

disciplina che sarebbe stata altrimenti applicata ad identici rap

porti contrattuali. Non diversa si appalesa la situazione nel caso

dei contratti di conto corrente stipulati anteriormente all'entrata

in vigore delle nuove disposizioni in materia bancaria; per essi

l'irretroattività sancita dall'art. 161 d.leg. 385/93 non può con

durre a conclusioni diverse da quelle raggiunte in materia di fi

deiussione, e ciò sia perché taluni contratti bancari, come quelli di conto corrente, producono rapporti fisiologicamente destinati

ad avere durata assai più lunga dei rapporti di fideiussione (si

pensi ai presenti contratti stipulati nel lontano 1986, per i quali si presenterebbe, ancor di più che per le fideiussioni, la questio ne, risolta interpretativamente dalla Corte costituzionale, della

ingiustificata diversità di disciplina applicabile rispetto a rap porti sostanzialmente identici sorti da contratti stipulati dopo il

luglio del 1992) sia perché la realtà economica che aveva de

terminato la sostanziale uniformità delle condizioni praticate dalle banche è di fatto venuta meno, rendendo problematico, in

conseguenza della valorizzazione della concorrenza bancaria

sostituitasi alla precedente situazione di cartello, il riferimento a

quella uniformità di condizioni che aveva reso possibile la de

terminabilità della futura prestazione di interessi e l'esclusione

con essa della discrezionalità della banca. Sulla base di tali

premesse, la disposizione dell'art. 161, 6° comma, d.leg. 385/93

non può che essere circoscritta ai rapporti esauritisi anterior

mente alla sua entrata in vigore fermo restando, per le obbliga zioni sorte successivamente, il loro assoggettamento alla nuova

disciplina, con la conseguente nullità della clausola di richiamo

ai tassi usualmente praticati sulla piazza, per contrasto con la di

sposizione dell'art. 117, n. 6, d.leg. 385/93 e con quella di cui

all'art. 4 1. 154/92. A tali rapporti andranno, quindi, applicati i

tassi previsti al n. 7 dell'art. 117 d.leg. citato.

Per quanto riguarda, invece, i rapporti esauriti prima dell'en

trata in vigore della nuova disciplina, deve verificarsi la compa tibilità del rinvio alle condizioni praticate sulla piazza con l'ob

bligo della forma scritta ab substantiam imposto dall'art. 1284, 3° comma, c.c., secondo il quale: «gli interessi superiori alla

misura legale devono essere determinati per iscritto, altrimenti

sono dovuti nella misura legale». Al riguardo, la Suprema corte, modificando un precedente orientamento di segno opposto, ha

statuito di recente che, se è vero che il requisito della forma

scritta richiesto, a pena di nullità, per la pattuizione di interessi

in misura superiore a quella legalmente determinata non postu la, necessariamente, che la relativa convenzione negoziale con

tenga una puntuale indicazione in cifre del tasso così stabilito, ben potendo essere anche soddisfatto per relatìonem, ciò va

fatto, però, attraverso il richiamo, per iscritto, a criteri prestabi liti e ad elementi estrinseci, obiettivamente individuabili, fun

zionali alla sua concreta determinazione (v. Cass. 10 novembre

1997, n. 11042, id., Rep. 1999, voce Contratti bancari, n. 63; 8

maggio 1998, n. 4696, ibid., n. 62). Orbene, dovendo condivi

dersi in pieno l'orientamento giurisprudenziale appena citato, la

clausola n. 7 dei contratti di conto corrente sopra richiamata è

indubbiamente nulla, essendo il tasso debitorio degli interessi

passivi indeterminato, indeterminabile e rimesso sostanzial

mente alla volontà del creditore, non esistendo vincolanti e pre cise discipline del tasso di interesse bancario fissate su scala na

zionale con accordi di cartello. Conseguentemente, per le obbli

gazioni esaurite prima dell'entrata in vigore della 1. 154/92, il

tasso di interesse deve essere ricondotto, per effetto dell'inte

grazione legale prevista dall'art. 1284, 3° comma, a quello le

gale, nella misura del cinque per cento all'anno sino al 15 di

cembre 1990, e del dieci per cento all'anno dal 16 dicembre

1990 in avanti.

Infine, deve essere dichiarata la nullità sempre dell'art. 7 dei

contratti di conto corrente in atti, con riferimento al 2° comma, che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi passi vi dovuti dal correntista. Trattasi di clausola contrastante con il

divieto dell'anatocismo sancito dall'art. 1283 c.c., sul presuppo sto della natura negoziale e non normativa dell'uso bancario

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

prevedente detta capitalizzazione trimestrale (v. Cass. 11 no

vembre 1999, n. 12507, id., 2000, I, 451; 16 marzo 1999, n.

2374, id., 1999,1, 1153; 30 marzo 1999, n. 3096, ibid.). Inoltre, la norma del 3° comma dell'art. 25 d.leg. 4 agosto 1999 n. 342,

prevedente una sorta di sanatoria per le clausole anatocistiche

inserite nei contratti bancari stipulati precedentemente alla deli

bera del comitato interministeriale per il credito e il risparmio di

cui al 2° comma del citato art. 25, è stata recentemente dichia

rata incostituzionale con sentenza 425/00 (id., 2000,1, 3045) del

giudice delle leggi. Conseguentemente, l'importo dovuto dagli

opponenti dovrà essere rideterminato attraverso la capitalizza zione annuale, e non più trimestrale, degli interessi come sopra determinati.

La nullità parziale dei contratti di conto corrente e la conse

guente necessità di rideterminazione del debito dei debitori

principali coinvolge anche la posizione dei fideiussori, stante

l'accessorietà dell'obbligazione fideiussoria rispetto a quella

principale sancita dall'art. 1939 c.c. Al riguardo, va detto che la

pattuizione con la quale le parti, in deroga all'art. 1939 c.c., hanno stabilito la conservazione dell'efficacia della fideiussione

anche nel caso d'invalidità dell'obbligazione principale, deve

essere considerata non apposta, ai sensi dell'art. 1419 c.c., senza

travolgere l'intero contratto, nei limiti in cui comporti un'ecce

denza quantitativa dell'obbligazione del fideiussore rispetto a

quella dell'obbligato principale, perché in contrasto con il ca

rattere accessorio dell'una riguardo all'altra (v. Cass. 22 giugno

1993, n. 6897, id., Rep. 1993, voce Fideiussione e mandato di

credito, n. 38). Peraltro, va rilevato che tale clausola, contenuta

solo in alcune delle prime fideiussioni stipulate tra le parti in

causa nel 1986, non è stata riproposta nelle fideiussioni stipulate con la fissazione dell'importo massimo garantito, sempre tra le

stesse parti, successivamente al 1992, con la conseguenza che la

deroga al principio dell'accessorietà dell'obbligazione fideius

soria ha cessato di esistere anche nel rapporto contrattuale tra le

parti. Devono, in definitiva, revocarsi i decreti ingiuntivi opposti,

sia con riferimento alla posizione dei debitori principali che a

quella dei fideiussori, per effetto della nullità parziale dei con

tratti di conto corrente azionati in via monitoria, che comporta la necessità di rimettere la causa in istruttoria al fine di rideter

minare, attraverso c.t.u., il credito della banca opposta sulla ba

se dei parametri sopra indicati, essendo gli importi chiesti ed

ottenuti monitoriamente dalla banca comprensivi anche degli interessi addebitati fino all'emissione dei decreti ingiuntivi. Pe

raltro, deve rilevarsi anche che la certificazione prodotta dalla

banca opposta per documentare il credito vantato non è confor

me al disposto di cui all'art. 50 d.leg. 385/93; ed infatti, come

illustrato nella relazione governativa, l'estratto conto di cui al

l'art. 50 si differenzia dall'estratto di saldaconto di cui all'art.

102 r.d.l. 12 marzo 1936 n. 375, perché l'estratto conto deve

rappresentare il risultato di tutte le voci a credito ed a debito ri

cadenti nell'arco di tempo considerato, ivi compresi i diritti di

commissione, le spese, le ritenute fiscali e gli interessi attivi e

passivi maturati, mentre nel caso di specie sono state indicate

solo alcune operazioni compiute tra il 30 marzo 1995 ed il 15

aprile 1995.

Infine, va rilevata la nullità dei decreti ingiuntivi opposti an

che con riferimento alla posizione soggettiva dei debitori in

giunti Barcaroli Alessio e Barcaroli Emanuele, dovendo la pre tesa della banca essere necessariamente contenuta, nei confronti

di tali soggetti, quali eredi minori della madre Sorba Gloria, e

quindi, legalmente ed inderogabilmente eredi con il beneficio di

inventario, ai sensi dell'art. 471 c.c., entro i limiti dell'inventa

rio, mentre tale domanda è stata formulata senza limiti e,

ugualmente, senza alcuna limitazione sono stati pronunciati i

decreti ingiuntivi opposti. Al riguardo, rispondendo alle conte

stazioni della banca opposta, secondo la quale limitazioni sog

gettive del tipo di quella in esame andrebbero fatte valere solo

nella fase dell'esecuzione del credito, deve dirsi che la respon sabilità intra vires dell'erede beneficiario per i debiti ereditari

costituisce una qualità del relativo rapporto che assume rilievo

già nella fase antecedente l'esecuzione forzata, precludendo

ogni misura anche cautelare sui beni personali dell'erede, onde

l'interesse di quest'ultimo al relativo accertamento già nel giu dizio di cognizione (così, Cass. 18 maggio 1993, n. 5641, id., Rep. 1994, voce Successione ereditaria, n. 67, che nella specie ha confermato la decisione di merito che aveva riconosciuto

Il Foro Italiano — 2001.

l'interesse del coerede ad opporsi al decreto ingiuntivo emesso

per il pagamento di un debito ereditario senza alcun riferimento

alla qualità di erede beneficiario, sì da esporlo alla responsabi lità ultra vires per l'intero debito).

Conclusivamente, deve emettersi sentenza non definitiva di

revoca dei decreti ingiuntivi opposti, per tutte le ragioni suespo ste.

TRIBUNALE DI CATANIA; sentenza 22 novembre 2000; Giud. Maiore; Maglitto e altre (Avv. Modica) c. Soc. Sgs Thomson Microelectronics (Avv. Andronico, Leonardi).

TRIBUNALE DI CATANIA;

Lavoro (rapporto di) — Parità uomo-donna — Discrimina

zione indiretta — Configurabilità — Fattispecie (L. 10 aprile 1991 n. 125, azioni positive per la realizzazione della

parità uomo-donna nel lavoro, art. 4, 5). Lavoro (rapporto di) — Parità uomo-donna — Discrimina

zione indiretta — Piano di rimozione — Ordine giudiziale (L. 10 aprile 1991 n. 125, art. 4, 5).

Costituisce discriminazione sessuale indiretta di natura colletti

va nell'ambito della progressione in carriera, la richiesta, ai

fini del conseguimento della qualifica superiore al quarto li

vello (c.c.n.l. settore metalmeccanico), di un titolo di studio di

scuola tecnica superiore, trattandosi di un requisito che, sep

pure di carattere formalmente neutro, è riferibile solo al per sonale di sesso maschile, ove non risulti dimostrata l'inciden

za di tale requisito sulla capacità a svolgere le mansioni su

periori (nella specie, la società resistente non aveva mosso

alcuna contestazione in ordine alle risultanze della prova statistica —fornita dalle ricorrenti ai sensi dell'art. 4, 5°

comma, l. n. 125 del 1991 — né addotto alcuna prova al fine di dimostrare l'insussistenza della discriminazione). (1)

La società che ha posto in essere la condotta discriminatoria

sessuale indiretta ha l'obbligo di predisporre, entro il termi

ne di tre mesi, un piano di rimozione delle discriminazioni, mediante un criterio che faccia riferimento alla valutazione

della professionalità pregressa ed escludendo ogni riferi mento al possesso di diploma di scuola superiore. (2)

(1-2) I. - A fronte di una casistica giurisprudenziale in materia di di

scriminazione per ragioni di sesso nell'accesso al lavoro, l'attribuzione

di mansioni e la progressione in carriera, cronicamente priva di spunti significativi, non può sfuggire la rilevanza della pronuncia in epigrafe. In essa, il Tribunale di Catania fa ampio utilizzo dello strumentario

processuale e sanzionatorio messo a disposizione del giudicante dal

l'art. 4 1. n. 125 del 1991 (vecchio testo): 1 ) in primo luogo, su istanza di parte ricorrente, dispone una consu

lenza tecnica al fine dell'accertamento delle percentuali di lavoratori e lavoratrici che. nel corso degli anni, hanno realizzato una progressione in carriera, mediante riconoscimento delle qualifiche superiori;

2) assunti tali elementi alla stregua di prova statistica, idonea a fon

dare, ai sensi dell'art. 4, 5° comma (vecchio testo), la presunzione del

l'esistenza di comportamenti discriminatori in ragione del sesso, e una

volta verificata la carenza di una prova di parte resistente circa l'insus

sistenza della discriminazione, il giudice si pronuncia nei senso della

configurabilità di un comportamento discriminatorio di carattere col

lettivo; 3) pertanto, al fine dì rimediare a tale situazione e scongiurare il re

iterarsi di tale condotta illegittima per il futuro, ordina all'azienda di

predisporre, ai sensi dell'art. 4, 7° comma (vecchio testo), un piano di

rimozione delle discriminazioni, indicando i criteri cui il piano dovrà

attenersi ed il relativo termine finale.

Un elemento che vale la pena mettere in rilievo è che la sentenza

realizza un ampliamento degli ambiti di legittimazione ad esercitare

l'azione a tutela degli interessi collettivi ex art. 4 1. n. 125 del 1991, ri

correndo all'ordine di predisposizione del «piano di rimozione» al di

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