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sentenza 16 luglio 1996, n. 249 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 31 luglio 1996, n. 31);Pres. Ferri, Est. Cheli; Soc. Ambro Elettrica (Avv. Bozzi) c. Azienda ospedaliera - Istitutoortopedico «Gaetano Pini» (Avv. Bettoni); Provincia di Brindisi; Impresa Mortellaro c. Aziendamunicipalizzata gas acqua di Ravenna; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri). Ord.Tar Lombardia 2 agosto 1995 (G.U., 1 a s.s ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 9 (SETTEMBRE 1996), pp. 2607/2608-2613/2614Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191560 .
Accessed: 25/06/2014 00:51
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2607 PARTE PRIMA 2608
con certezza i soggetti abilitati a prestarla, né indica criteri di
determinazione del corrispettivo cui si è tenuti. Sotto altro pro filo è egualmente irragionevole la norma che impone l'onere
di assistenza, ma non ne delinea in alcun modo il contenuto,
né indica i criteri cui devono essere ispirate le valutazioni che,
eventualmente, consentono a chi presta assistenza di incidere
sull'esercizio dell'autonomia riconosciuta agli interessati, sino
ad inibirla. La questione di legittimità costituzionale è, in questi termini,
fondata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale dell'art. 11, 2° comma, d.l. 11 luglio 1992
n. 333 (misure urgenti per il risanamento della finanza pubbli
ca), convertito, con modificazioni, nella 1. 8 agosto 1992 n. 359, nella parte in cui prevede come obbligatoria l'assistenza delle
organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori per la
stipula di accordi in deroga alla 1. 27 luglio 1978 n. 392.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 luglio 1996, n. 249
(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 31 luglio 1996, n. 31); Pres. Ferri, Est. Cheli; Soc. Ambro Elettrica (Avv. Bozzi) c. Azienda ospedaliera - Istituto ortopedico «Gaetano Pini»
(Avv. Bettoni); Provincia di Brindisi; Impresa Mortellaro c.
Azienda municipalizzata gas acqua di Ravenna; interv. Pres.
cons, ministri (Avv. dello Stato Ferri). Ord. Tar Lombardia
2 agosto 1995 (G.U., la s.s., n. 48 del 1995); Tar Puglia, sez. Lecce, 29 giugno 1995 (G.U., la s.s., n. 13 del 1996); Tar Emilia Romagna 30 novembre 1995 (G.U., la s.s., n.
17 del 1996).
Opere pubbliche — Giudizi amministrativi con istanze di so
spensione — Sollecita decisione nel merito — Istanza — Po
tere cautelare — Eliminazione — Esclusione — Questione in
fondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 97, 113; 1. 11
febbraio 1994 n. 109, legge quadro in materia di lavori pub
blici, art. 31 bis; d.l. 3 aprile 1995 n. 101, norme urgenti in
materia di lavori pubblici, art. 9).
Poiché l'art. 31 bis, 3° comma, l. 11 febbraio 1994 n. 109, ag
giunto dall'art. 9 d.l. 3 aprile 1995 n. 101, convertito con
la I. 2 giugno 1995 n. 216, deve interpretarsi nel senso che
la istanza dell'amministrazione resistente o dei controinteres
sati di sollecita decisione nel merito dei giudizi amministrativi
in materia di lavori pubblici, nei quali sia stata invocata la
sospensione della esecuzione dei provvedimenti impugnati, non
elimina il potere cautelare del giudice che, in presenza delle
condizioni di legge, può pur sempre disporre la domandata
sospensione, è infondata la questione di legittimità costituzio nale del ridetto art. 31 bis, sollevata, nell'erroneo presuppo sto della preclusione della tutela cautelare a seguito della pre sentazione della menzionata istanza, in riferimento agli art.
3, 24, 97 e 113 Cost. (1)
(1) L'interpretazione dell'art. 31 bis, 3° comma, 1. n. 109 del 1994, propugnata dalla Corte costituzionale, è dalla stessa giustificata riba
dendo, da un lato, l'enunciazione di carattere generale, già ripresa dalle richiamate sent. 28 giugno 1995, n. 190, Foro it., 1995, I, 1881, con richiami e osservazioni di A. Proto Pisani e 23 giugno 1994, n. 253, id., 1994, I, 2005, con nota di B. Capponi (secondo cui la disponibilità delle misure cautelari costituisce precipua espressione del principio per il quale la durata del processo non deve andare a danno dell'attore che ha ragione), e, ricordando, dall'altro lato, che, con specifico ri
guardo alla giustizia amministrativa, è da tempo recepita la stretta cor relazione tra la procedura cautelare e il processo di merito (sul punto, in aggiunta alle citate, sent. 19 dicembre 1974, n. 284, id., 1975, I, 263 e 17 luglio 1975, n. 27, ibid., 2413, con note di richiami, cons.
Caianiello, Diritto processuale amministrativo, Utet, Torino, 1994, 623-626 e 641-642). E, di fronte alla esaustività degli or ricordati rilievi
argomentativi, il richiamo della corte alla direttiva comunitaria 665/89 rimane sul piano dei riferimenti meramente secondari.
Il Foro Italiano — 1996.
Fatto. — 1. - Nel corso di tre giudizi per l'annullamento,
previa sospensione, di altrettanti verbali di aggiudicazione di
appalti da parte dell'azienda ospedaliera «Gaetano Pini» di Mi
lano, il Tar della Lombardia ha sollevato questioni di legittimi tà costituzionale: 1) dell'art. 9, 3° comma, 1. 2 giugno 1995
n. 216 (recte, dell'art. 31 bis, 3° comma, 1. 11 febbraio 1994
n. 109, aggiunto dall'art. 9 d.l. 3 aprile 1995 n. 101, convertito
nella 1. n. 216 del 1995), in riferimento agli art. 24 e 113 Cost.;
2) dell'art. 1, 2° comma, della stessa 1. n. 216 del 1995, che
fa salvi gli effetti prodotti in base all'art. 5 d.l. 31 gennaio 1995 n. 26, soppresso dalla relativa legge di conversione 29 marzo
1995 n. 95, in riferimento all'art. 77, ultimo comma, Cost.;
3) «in via meramente subordinata» rispetto alla seconda que
stione, dell'art. 1, 2° comma, 1. n. 95 del 1995, nella parte in
cui, dopo aver disposto la soppressione dell'art. 5 d.l. n. 26
del 1995, non prescrive l'obbligo di una verifica istruttoria delle
offerte da ritenersi economicamente incongrue, in riferimento
all'art. 97 Cost. (r.o. n. 779 del 1995). La prima delle tre norme impugnate stabilisce che, nei giudizi
amministrativi aventi ad oggetto controversie in materia di la
vori pubblici in relazione ai quali sia stata presentata domanda
di provvedimento d'urgenza, i controinteressati e l'amministra
zione resistente possono chiedere che la questione venga decisa
nel merito.
L'udienza fissata a tal fine deve avere luogo entro novanta
giorni o, nel caso in cui l'istanza sia proposta all'udienza già fissata per la discussione del provvedimento d'urgenza, entro
sessanta giorni. Il tribunale rimettente espone che in tutti e tre i giudizi l'am
ministrazione resistente si è costituita, chiedendo la reiezione
delle domande dei ricorrenti ed avanzando istanze di immediata
fissazione dell'udienza di merito ai sensi della norma impugna ta. Il giudice ha accolto tremporaneamente le istanze di sospen sione dei provvedimenti impugnati, con espressa riserva di rie
same dopo la definizione delle questioni di costituzionalità.
Il Tar della Lombardia interpreta la norma nel senso che la
presentazione dell'istanza di trattazione della causa nel merito
preclude al giudice la possibilità di sospendere gli effetti del
provvedimento impugnato, restando ogni ulteriore esercizio della
funzione giurisdizionale assorbito nella sollecita trattazione nel
merito. Ciò, ad avviso del giudice, sarebbe coerente con l'inten
zione del legislatore di impedire pronunce cautelari capaci di
ritardare indefinitamente la realizzazione dell'opera pubblica, ma comporterebbe dubbi sulla legittimità costituzionale della
norma. Infatti, anche nel pieno rispetto dei tempi stabiliti dalla
legge, al termine stabilito si aggiungerebbe comunque il tempo necessario per il deposito della sentenza. Potrebbe dunque veri
ficarsi l'eventualità della realizzazione dell'opera prima della con
clusione del processo, soprattutto per gli appalti di modesta en
tità, come quelli oggetto dei giudizi in corso davanti al tribuna
le amministrativo regionale rimettente. Di conseguenza l'art.
31 bis in parola, determinando tempi processuali non facilmen te gestibili e comunque superiori a quelli ipotizzati dal legislato re, sarebbe in contrasto con gli art. 24 e 113 Cost., rendendo
la tutela «meramente nominale e fittizia», senza che l'eventuale
azione di risarcimento davanti al giudice ordinario sia sufficien
te ad apprestare un'adeguata garanzia. (Omissis) 1.1. - Si sono costituite le parti ricorrenti dei giudizi in corso
davanti al tribunale amministrativo, chiedendo la dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 9, 3° comma, d.l. n. 101 del 1995
(recte, dell'art. 31 bis 1. n. 109 del 1994) e di inammissibilità e/o infondatezza delle altre due questioni.
Con riferimento alla prima questione, si osserva che la nor
ma impugnata non dispone nulla per conservare lo status quo e rendere effettiva la tutela offerta dalla successiva pronuncia di merito; essa si limiterebbe a precludere l'esame dell'istanza
cautelare a fronte della previsione di un termine meramente ac
celeratorio, privo di sanzione nelle prevedibili ipotesi di inosser
vanza. (Omissis) 1.2. - Si è costituita anche l'amministrazione resistente nei
giudizi a quibus, per chiedere alla corte di dichiarare, in via
preliminare, inammissibili le questioni di legittimità costituzio nale e, nel merito, la infondatezza delle questioni medesime.
La prima questione sarebbe irrilevante per i giudizi a quibus, in quanto si fonderebbe su un'interpretazione errata della nor
ma: questa non escluderebbe la tutela cautelare, ma prevedereb be una riduzione dei tempi per la decisione nel merito. La que stione sarebbe comunque infondata, essendo la norma coerente
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
con il diritto comunitario, che richiede la rapidità della tutela
giurisdizionale in materia (direttiva 89/665/Cee). (Omissis) 1.3. - È intervenuto nel giudizio davanti alla corte il presiden
te del consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'avvoca
tura dello Stato, per chiedere che le questioni siano dichiarate
non fondate.
Per quanto riguarda la questione relativa all'art. 31 bis 1. n.
109 del 1994, si rileva che appare preferibile l'interpretazione secondo la quale la proposizione dell'istanza di trattazione della
causa nel merito non elimina la potestas iudicandi sulla doman
da cautelare. Da un lato, infatti, seguendo l'interpretazione del
tribunale amministrativo, in tale istanza dovrebbe ravvisarsi una
causa di inammissibilità sopravvenuta o di improcedibilità della
domanda cautelare: tale, cioè, da produrre effetti che di regola il diritto processuale riserva ai soli casi espressamente previsti da una norma. Dall'altro lato, la diversa lettura sarebbe com
patibile con la ratio della norma: la quale mira ad attenuare
l'esigenza dell'anticipazione cautelare degli effetti della senten
za e ad evitare una prolungata situazione di stallo derivante
dalla sospensione del provvedimento, attraverso la concentra
zione della fase cautelare e della fase di merito. Deve peraltro
ritenersi, prosegue l'avvocatura, che — una volta che la legge
assegna un termine certo e sufficientemente breve per la conclu
sione del giudizio di merito — la sospensione del provvedimen to dovrà essere accordata solo nei casi in cui il danno grave e irreparabile possa verificarsi prima dell'udienza di merito fis
sata nei termini stabiliti. (Omissis) 2. - Nel corso di un giudizio per l'annullamento, previa so
spensione, del verbale dell'amministrazione provinciale di Brin
disi di aggiudicazione di un appalto, il Tar Puglia, II sezione
di Lecce, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del
l'art. 31 bis, 3° comma, 1. n. 109 del 1994, in riferimento agli art. 3, 97, 24 e 113 Cost. (r.o. n. 255 del 1996).
Il tribunale rimettente premette che nel giudizio a quo l'im
presa controinteressata ha chiesto, ai sensi dell'art. 31 bis, 3°
comma, che l'istanza cautelare fosse trattata unitamente al me
rito, nonché che il presidente della sezione ha ritenuto di sotto
porre la richiesta al collegio il quale, all'esito della camera di
consiglio fissata per la trattazione dell'istanza cautelare, ha sol
levato la questione di costituzionalità in oggetto. Anche il Tar della Puglia come il Tar della Lombardia, ritie
ne che la norma impugnata attribuisca all'amministrazione resi
stente ed ai controinteressati un potere inibitorio in ordine alla
trattazione dell'istanza cautelare (la quale potrebbe essere cono
sciuta, forse, solo unitamente al merito). Il giudice a quo, pur
apprezzando l'obiettivo di conciliare le esigenze di tutela del
ricorrente e di celerità nella realizzazione dei lavori pubblici e
nella definizione delle controversie, ritiene incostituzionale l'e
sclusione della tutela cautelare: soprattutto ove si consideri che, nell'arco di tempo necessario per la trattazione della causa in
udienza, la concreta utilità a cui tende il ricorrente potrebbe risultare pregiudicata. Ciò potrebbe avvenire in particolare quan do — come nel caso all'esame del rimettente — la controversia
riguardi l'aggiudicazione dell'appalto per un'opera da realizza
re in tempi brevi, inferiori a quelli occorrenti per la definizione
del giudizio nel merito.
Il giudice rimettente è consapevole che la Corte costituzionale
ha ripetutamente affermato, specificamente in materia tributa
ria, che la tutela cautelare non costituisce una componente es
senziale della tutela giurisdizionale e, pertanto, non è imposta
dagli art. 24 e 113 Cost, con carattere di generalità. Rileva,
peraltro, che in altre occasioni, che ritiene più rilevanti per il
caso in esame, la corte si è pronunciata nel senso della necessa
ria attribuzione, all'organo titolare del potere di annullamento
dell'atto impugnato, del potere di sospenderne l'efficacia, non
ché nel senso dell'illegittimità dell'irragionevole esclusione della
tutela cautelare con riguardo a determinate categorie di atti am
ministrativi o al tipo di vizio denunciato.
La norma sarebbe, dunque, in contrasto con l'art. 3 Cost.,
in quanto l'indicata esigenza di accelerazione non sarebbe suffi
ciente a giustificare una ridotta tutela giurisdizionale, tenuto con
to che il cannotato dell'urgenza caratterizza, anche al di fuori
della materia >Jei lavori pubblici, una vasta gamma di provvedi menti amministrativi.
In secondo luogo, la norma violerebbe gli art. 24 e 113 Cost.,
in quanto l'impossibilità di accedere a provvedimenti cautelari
può comportare la definitiva perdita del bene a cui il ricorrente
Il Foro Italiano — 1996.
aspira, senza che sia ipotizzabile una reintegrazione della sua
posizione giuridica attraverso il risarcimento del danno subito.
A quest'ultimo riguardo, il giudice a quo ricorda che l'ordina
mento prevede il risarcimento del danno, in materia di appalti
pubblici di lavori o di forniture, solo in relazione a lesioni cau
sate da atti compiuti in violazione del diritto comunitario o del
le relative norme di recepimento (art. 13 1. 19 febbraio 1992
n. 142), mentre l'analoga previsione, contenuta originariamente nell'art. 32 1. n. 109 del 1994 (e relativa alle lesioni derivanti da atti compiuti in violazione della stessa legge e del relativo
regolamento), è stata eliminata ad opera dell'art. 9 bis d.l. n.
101 del 1995. Infine, la norma sarebbe in contrasto con l'art. 97 Cost., sot
to il profilo del buon andamento dell'amministrazione, in quanto la scelta di privilegiare comunque la più celere realizzazione dei
lavori pubblici, con esclusione della tutela cautelare, fa venir
meno un controllo che potrebbe evitare alle amministrazioni di
incorrere in illegittimità immediatamente rilevabili e nelle loro
conseguenze economiche negative. 2.1. - Nel giudizio davanti alla corte ha spiegato intervento
il presidente del consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'avvocatura dello Stato, per chiedere che la questione sia
dichiarata non fondata.
L'avvocatura osserva innanzitutto che, anche accogliendo l'in
terpretazione della norma data dal giudice a quo, il principio dell'effettività della tutela giurisdizionale sarebbe comunque ri
spettato, in quanto la norma non esclude una trattazione della
misura cautelare unitamente al merito in tempi accelerati. In
secondo luogo, l'interpretazione data al tribunale amministrati
vo non sarebbe condivisibile: la disposizione impugnata, infatti, non escluderebbe in alcun modo che, prima dell'udienza fissata
per il merito in seguito all'istanza dei controinteressati o del
l'amministrazione, venga adottato il provvedimento cautelare.
3. - Nel corso di un giudizio per l'annullamento, previa so
spensione, del provvedimento, nonché degli atti connessi, con
cui è stata annullata da parte dell'Azienda municipalizzata gas
acqua di Ravenna l'aggiudicazione provvisoria di un appalto a favore dell'impresa Mortellaro, con conseguente aggiudica zione ad altra impresa, il Tar dell'Emilia-Romagna, sede di Bo
logna, nella fase del reclamo avverso il decreto presidenziale che aveva dichiarato improcedibile la domanda cautelare — es
sendo stata presentata dalla parte controinteressata, ai sensi della
norma in questione, istanza di decisione nel merito senza antici
pato esame della misura cautelare — ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell'art. 31 bis, 3° comma, 1. n. 109
del 1994, in riferimento agli art. 3, 97, 24 e 113 Cost. (r.o. n. 358 del 1996).
Il tribunale amministrativo, premesso di fare propria la tesi, secondo la quale l'art. 31 bis deve essere interpretato nel senso
di consentire la facoltà di «permutare» la trattazione cautelare
con la trattazione del merito a breve, aggiunge che la finalità
della norma sarebbe quella di determinare non solo l'accelera
zione delle controversie in materia di lavori pubblici, ma anche
l'ultimazione dei lavori senza intralci ed interruzioni che non
derivino dal sicuro riconoscimento dell'illegittimità dell'operato dell'amministrazione.
D'altra parte — prosegue l'ordinanza di rimessione, richia
mando quella del Tar della Lombardia, di cui si è riferito —
la soluzione prescelta può tradursi in una definitiva ed irreversi
bile lesione degli interessi del ricorrente, consentendo la realiz
zazione dell'opera nel corso del processo. E se è vero che la
tutela cautelare non è di per sé costituzionalizzata, essa deve
però ritenersi coessenziale alla giurisdizione amministrativa di
annullamento, per la quale non vale il meccanismo, proprio di
altre giurisdizioni, della sicura reintegrazione successiva del di
ritto violato. Né un'adeguata garanzia potrebbe essere prestata dalla possibilità di ottenere il risarcimento del danno: sia perché tale risarcimento è sempre qualcosa di diverso e secondario ri
spetto al vantaggio auspicato, sia perché — considerando che
il risarcimento del danno in materia di appalti di lavori pubblici è previsto per le sole violazioni del diritto comunitario e delle
norme interne di recepimento — esso potrebbe anche essere ne
gato per gli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria.
Da questo punto di vista, la norma impugnata sarebbe anche
in contrasto con l'art. 3 Cost., applicandosi ugualmente agli
appalti di importo superiore e inferiore a tale soglia, ma con
effetti più gravi nel secondo caso.
Infine, la norma impugnata sarebbe in contrasto con l'art. 97
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2611 PARTE PRIMA 2612
Cost., obbligando l'amministrazione a soggiacere all'iniziativa
del controinteressato, anche quando motivi di opportunità in
durrebbero a preferire il vaglio del giudice amministrativo piut tosto che prendere comunque un rischio, o dell'esecuzione di
un atto sub iudice o dell'intervento in autotutela sull'atto stesso.
3.1. - Nel giudizio davanti alla corte ha spiegato intervento
il presidente del consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'avvocatura dello Stato. La difesa statale, rilevato che la
questione è analoga a quella già sollevata dal Tar della Lom
bardia, conferma integralmente le deduzioni e le conclusioni con
tenute nell'atto di intervento nel relativo giudizio. Diritto. — 1. - Tutte le ordinanze di rimessione sollevano
questione di legittimità costituzionale dell'art. 31 bis, 3° com
ma, 1. 11 febbraio 1994 n. 109, aggiunto dall'art. 9 d.l. 3 aprile 1995 n. 101, convertito con la 1. 2 giugno 1995 n. 216: i giudizi vanno pertanto riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.
Soltanto l'ordinanza n. 779 del 1995 del Tar della Lombardia
solleva, anche, questione di legittimità costituzionale dell'art.
1, 2° comma, 1. n. 216 del 1995, nonché, «in via meramente
subordinata» rispetto a tale questione, dell'art. 1, 2° comma, 1. 29 marzo 1995 n. 95, di conversione, con modificazioni, del
d.l. 31 gennaio 1995 n. 26.
2. - L'art. 31 bis, 3° comma, 1. n. 109 del 1994 prevede che, nei giudizi amministrativi in materia di lavori pubblici nei quali sia stata chiesta la sospensione del provvedimento impugnato, i controinteressati e l'amministrazione resistente possono chie
dere che la questione venga decisa nel merito. L'udienza fissata
a tal fine deve aver luogo entro novanta giorni o, nel caso in
cui l'istanza sia proposta all'udienza già fissata per la discussio
ne del provvedimento d'urgenza, entro sessanta giorni. Tutte le ordinanze di rimessione muovono dal presupposto
che, ai sensi della norma impugnata, la presentazione dell'istan
za di decisione della questione nel merito precluda l'esame del
l'istanza cautelare, privando il giudice amministrativo del pote re di sospendere l'efficacia del provvedimento impugnato, e su
tale premessa interpretativa fondano tre diverse censure di co
stituzionalità.
In primo luogo, l'art. 31 bis, 3° comma, sarebbe in contrasto
con gli art. 24 e 113 Cost., perché l'impossibilità di accedere
a provvedimenti cautelari, potendo comportare la definitiva per dita del bene a cui il ricorrente aspira, pregiudicherebbe la stes
sa effettività della tutela giurisdizionale. In secondo luogo, sarebbe violato l'art. 3 Cost., sotto due
distinti profili: a) in quanto l'esigenza di accelerazione dei giu
dizi, non sufficiente a giustificare una ridotta tutela giurisdizio
nale, sarebbe presente, anche al di fuori della materia dei lavori
pubblici in una vasta gamma di provvedimenti amministrativi;
b) in quanto, applicandosi ugualmente agli appalti di importo
superiore e a quelli di importo inferiore alla soglia comunitaria, determinerebbe effetti più gravi nel caso dei secondi, non essen
do per essi previsto il risarcimento del danno.
Infine, risulterebbe violato anche l'art. 97 Cost., sotto due
distinti profili: a) in quanto la scelta di privilegiare la più celere
realizzazione dei lavori pubblici, con esclusione della tutela cau
telare, farebbe venir meno un controllo che potrebbe evitare
alle amministrazioni di incorrere in illegittimità immediatamen
te rilevabili e nelle loro conseguenze economiche negative; b) in quanto l'amministrazione è obbligata a soggiacere all'inizia
tiva del controinteressato, anche quando motivi di opportunità indurrebbero a preferire il vaglio del giudice amministrativo.
2.1. - La questione non è fondata nei termini di seguito pre cisati.
L'interpretazione della norma impugnata, che tutte le censure
presuppongono, in base alla quale la richiesta che la causa ven
ga decisa nel merito paralizzerebbe il procedimento cautelare, non può essere condivisa.
Innanzitutto, dalle stesse ordinanze di rimessione emerge che
la tesi interpretativa prospettata dai giudici a quibus non è, co
me messo in rilievo dall'avvocatura dello Stato, l'unica possibi le. Si consideri, a questo proposito, la prospettazione — sia
pure dubitativa — del Tar della Puglia, secondo il quale l'istan
za cautelare potrebbe essere conosciuta solo unitamente al meri
to, nonché la circostanza che il Tar della Lombardia ha accolto
temporaneamente le istanze di sospensione dei provvedimenti
impugnati, anche se con espressa riserva di riesame dopo la de
finizione del giudizio di costituzionalità. Degno di nota è, inol tre, il fatto che, in fase di primissima applicazione, altri tribu
II Foro Italiano — 1996.
nali amministrativi hanno ritenuto che la proposizione dell'i
stanza di fissazione accelerata del merito non impedisse lo
svolgimento del procedimento cautelare e la decisione sulle istanze
di sospensione proposte. E invero, dallo stesso contesto dell'art. 31 bis è agevole trarre
l'interpretazione opposta, secondo la quale la presentazione del
l'istanza di cui all'art. 31 bis, 3° comma, non elimina il potere cautelare del giudice, che può pur sempre sospendere il provve dimento impugnato in presenza dei presupposti di legge.
L'art. 31 bis cotiene, infatti, due disposizioni (commi 2° e 3°) che attengono al processo amministrativo in materia di la
vori pubblici: entrambe individuano termini brevi per la tratta
zione del merito, ma solo una (2° comma) fa esplicito riferi
mento all'esito della fase cautelare. Mentre il 3° comma — che
riguarda tutti i giudizi amministrativi aventi per oggetto contro
versie in materia di lavori pubblici, per i quali sia stata propo sta istanza cautelare — richiama solo la facoltà per l'ammini
strazione e per i controinteressati di chiedere l'urgente fissazio
ne del merito e nulla dice sull'esito del procedimento cautelare
avviato, il 2° comma — che riguarda specificamente i ricorsi
giurisdizionali proposti avverso provvedimenti di esclusione dalle
procedure di affidamento di lavori pubblici — prevede che il
merito deve essere discusso con urgenza ove, invece, sia stata
accolta l'istanza di sospensione. Il rapporto di specialità che sicuramente intercorre tra le due
fattispecie di cui ai commi 3° e 2° — rientrando l'esclusione
dalle procedure di affidamento di lavori pubblici nella più am
pia categoria delle controversie in materia di lavori pubblici —
impone di interpretare i due commi nel senso di rendere compa tibile la differente regolamentazione posta tra le due categorie di controversie. Nell'ipotesi regolata dal 2° comma, l'abbrevia
zione dei termini è prevista nel caso di esito positivo dell'istanza
cautelare, prescindendo dalla valutazione delle parti. Per il re
sto, ove sia stata presentata istanza cautelare — così come pre visto dal 3° comma — l'amministrazione e i controinteressati
hanno facoltà di chiedere la trattazione urgente del merito, ma
questo non deve escludere che il giudice sia comunque tenuto
a pronunciarsi sulla domanda di sospensione del provvedimento
impugnato, e, ove sussistano le condizioni di legge, a conceder
la. All'interpretazione qui accolta conduce anche la circostanza
che sull'istanza di trattazione urgente del merito il presidente
decide, ove si pronunci fuori della camera di consiglio eventual
mente convocata per la sospensiva, inaudita altera parte, senza
che sia prevista un'opposizione del ricorrente contro una deter
minazione che — come ritengono i giudici a quibus — potrebbe
pregiudicare irrimediabilmente il suo diritto. Tale interpretazione — oltre a trovare conforto nei lavori par
lamentari, nei quali si parla espressamente di «norme accelerati
ve» — risulta, d'altro canto, pienamente rispettosa di quanto ribadito in più occasioni dalla giurisprudenza di questa corte:
che la disponibilità delle misure cautelari è strumentale all'effet tività della tutela giurisdizionale e costituisce espressione del prin
cipio per cui la durata del processo non deve andare a danno
dell'attore che ha ragione, in attuazione dell'art. 24 Cost, (sen tenze n. 253 del 1994, Foro it., 1994, I, 2005, e n. 190 del
1985, id., 1985, I, 1881). Si aggiunga che, con riferimento par ticolare alla giurisdizione amministrativa, basata sull'annulla
mento degli atti illegittimi, la corte ha, da tempo, posto in luce
il carattere essenziale della procedura cautelare e l'intima com
penetrazione della stessa con il processo di merito, dichiarando
illegittima l'esclusione o la limitazione del potere cautelare con
riguardo a determinate categorie di atti amministrativi o al tipo di vizio denunciato (sentenze n. 227 del 1975, id., 1975, I, 2413, e n. 284 del 1974, ibid., 263).
Infine, non va trascurato che l'interpretazione esposta appare
rispettosa anche delle norme comunitarie relative alle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici al di sopra della soglia comunitaria. La direttiva del consiglio n. 665/89, all'art. 2, fa, infatti, carico agli Stati membri di di sciplinare i ricorsi in questione attribuendo alle relative autorità il potere di prendere con la massima sollecitudine e con proce dura d'urgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la vio
lazione o impedire che altri danni siano causati agli interessi
coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far
sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un ap
palto o l'esecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorità
aggiudicatoci».
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Alla luce dell'interpretazione adottata i diversi profili d'ille
gittimità prospettati vanno, pertanto, dichiarati infondati.
(Omissis) Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi,
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 31 bis, 3° comma, 1. 11 febbraio 1994 n. 109 (legge quadro in materia di lavori
pubblici), aggiunto dall'art. 9 d.l. 3 aprile 1995 n. 101, conver tito con la 1. 2 giugno 1995 n. 216, sollevata, in riferimento
agli art. 3, 24, 97 e 113 Cost., dai Tribunali amministrativi re
gionali della Lombardia, della Puglia, II sezione di Lecce, e
dell'Emilia Romagna con le ordinanze indicate in epigrafe; dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzio
nale dell'art. 1, 2° comma, 1. 2 giugno 1995 n. 216 (conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 3 aprile 1995 n. 101, recan
te norme urgenti in materia di lavori pubblici), sollevata, in
riferimento all'art. 77, ultimo comma, Cost., dal Tar della Lom
bardia, con l'ordinanza di cui in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 21 giugno 1996, n. 208
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 giugno 1996, n. 26); Pres. Ferri, Est. Chieppa; Mancini c. Min. pubblica istru
zione; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Tar Lazio 13 novem
bre 1991 -1° aprile 1992, n. 333 (G.U., la s.s., n. 41 del 1995).
Istruzione pubblica — Università — Dottorato di ricerca — Bor
sisti - Ulteriore borsa presso università straniere — Esclu
sione — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art.
34; d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, riordinamento della docenza
universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimen tazione organizzativa e didattica, art. 68, 74, 75; 1. 30 novem
bre 1989 n. 398, norme in materia di borse di studio universi
tarie, art. 6).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
74, ultimo comma, d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, nella parte in cui non prevede che gli ammessi al dottorato di ricerca,
e fruenti a tale titolo di borsa annuale di studio, possano
usufruire di ulteriore borsa di studio, presso università stra
niere durante il periodo di svolgimento del dottorato di ricer
ca, in riferimento all'art. 34, 3° e 4° comma, Cost. (1)
(1) La corte rileva che l'attività di collaborazione con università este
re che abbiano sviluppato le tematiche oggetto dei corsi di dottorato è cosa diversa dai corsi di perfezionamento all'estero e che la prima è consentita, nell'ambito del dottorato, e finanziata attraverso un au
mento del cinquanta per cento dell'entità della borsa. La corte — sep
pure per incidens, non costituendo il punto oggetto del suo esame —
esclude, in quanto del tutto priva di fondamento, l'interpretazione avan
zata dal giudice a quo, ed in qualche misura seguita pure dall'avvocatu
ra dello Stato, che la disposizione impugnata sia stata successivamente
abrogata ad opera dell'art. 6 1. 30 novembre 1989 n. 398.
L'ordinanza di rimessione di Tar Lazio, sez. Ili, 1° aprile 1992, n.
333, è massimata in Foro it., Rep. 1992, voce Istruzione pubblica, n. 397.
Nel senso che agli iscritti ai corsi per il conseguimento del dottorato
di ricerca non è posta alcuna incompatibilità con lo svolgimento di altra
attività lavorativa, compreso il rapporto di pubblico impiego, salvi i
limiti di reddito previsti per il godimento di borse di studio, v. Tar
Lombardia, sez. Ili, 3 febbraio 1986, n. 34, id., 1987, III, 172, con
nota di richiami. In ordine alle condizioni di reddito richieste per la concessione e la
erogazione delle borse di studio per dottorato di ricerca, ai sensi del
l'art. 75, 1° comma, d.p.r. 382/80 ed ai poteri del ministero della pub blica istruzione di verificare annualmente la sussistenza delle stesse, v.
Tar Lombardia, sez. Ili, 5 novembre 1990, n. 543, id., Rep. 1991, voce
cit., n. 614; Tar Campania, sez. I, 14 luglio 1989, n. 452, id., Rep.
1989, voce cit., n. 517. Per la legittimità del provvedimento con cui venga disposto il recupe
ro delle somme erogate per una borsa di studio per la frequenza di
Il Foro Italiano — 1996.
Diritto. — 1. - La questione sottoposta all'esame della corte
concerne l'art. 74, ultimo comma, d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382
(riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di for
mazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), il
quale stabilisce che coloro i quali abbiano usufruito di una bor
sa di studio, per un corso di dottorato di ricerca, non possano fruirne una seconda volta, anche se per titolo diverso.
Ad avviso del giudice a quo detta previsione — precludendo, ai dottorandi, l'accesso ad ulteriore borsa di studio per la fre
quenza di attività di perfezionamento all'estero — compromet terebbe la collaborazione con le università straniere (nelle quali siano state sviluppate le tematiche oggetto dei corsi di dottora
to), quale prevista dall'art. 68, 2° comma, d.p.r. n. 382 del
1980, ponendosi, altresì, in contrasto con il diritto dei capaci e meritevoli di raggiungere i gradi più alti degli studi, garantito dall'art. 34, 3° e 4° comma, Cost.
2. - La questione non è fondata.
Occorre premettere che il divieto di cumulo delle borse di
studio — posto per i dottorandi dalla norma censurata — è
anzitutto divieto di attività diverse da quelle che formano og
getto dei corsi di dottorato. Sotto questo profilo le attività di
perfezionamento all'estero — che l'ordinanza di rinvio vorreb
be consentire ai dottorandi attraverso la rimozione del predetto divieto di cumulo delle borse di studio — non trovano alcun
riscontro in quelle che sono le connotazioni peculiari del dotto
rato di ricerca.
Ed invero le scuole di perfezionamento, oggetto di specifica
disciplina da parte del legislatore, mirano a fare acquisire ai
candidati un livello formativo avanzato rispetto a determinate
professionalità; difatti, l'esame richiesto per l'accesso consiste
in una prova scritta ed in un colloquio per accertare l'esistenza
del livello di preparazione necessaria per frequentare la scuola
(art. 76, 6° comma, d.p.r. n. 382 del 1980). Il dottorato risulta,
invece, preordinato a sviluppare autonome capacità di ricerca
scientifica, attraverso le quali evidenziare originalità creativa e
rigore metodologico (e, difatti, le relative prove di esame intese
ad accertare l'attitudine del candidato alla ricerca scientifica, art. 71, 4° comma, dello stesso d.p.r. n. 382 del 1980). Pertan
to, la collaborazione con le università estere che abbiano noto
riamente sviluppato le tematiche, oggetto dei corsi di dottorato
(art. 68, 2° comma, d.p.r. cit.) è cosa diversa dai corsi di perfe zionamento all'estero in sé considerati.
Detta collaborazione, invece, concerne i periodi di formazio
ne dei dottorandi presso università o istituti stranieri, sempre che gli stessi periodi siano ritenuti necessari nell'ambito dei pro
grammi definiti e approvati dai responsabili del dottorato e di
cui debbono essere indicate le particolari modalità di svolgi mento (art. 69 d.p.r. n. 382 del 1980).
In specie è previsto, al riguardo, che la permanenza all'este
ro, o comunque fuori dalla sede del dottorato, non possa supe rare la metà del periodo stabilito per il conseguimento del titolo
(art. 72, 2° comma, d.p.r. n. 382 del 1980). Coerentemente con
quest'ultima previsione, il legislatore ha, altresì, disposto che
l'importo della borsa di studio sia elevato del cinquanta per
cento, in proporzione ai consentiti periodi di permanenza all'e
stero presso università o istituti di ricerca (art. 75, 6° comma,
d.p.r. n. 382 del 1980). Così ricostruito il quadro normativo, appare evidente che i
dottorandi possono certamente compiere periodi di formazione
integrativi presso le università straniere che abbiano notoria
mente sviluppato le tematiche, oggetto dei relativi corsi, secon
do quanto previsto dall'art. 68, 2° comma, d.p.r. n. 382 del
1980 e che questa evenienza è agevolata — sul piano economico — dalla integrazione della borsa di studio, originariamente con
cessa. Naturalmente, come già detto, la formazione all'estero
dei dottorandi, come del resto tutte le attività che fanno capo
un corso di dottorato di ricerca, quando l'interessato abbia rinunziato
al proseguimento del corso stesso, v. Cons. Stato, sez. II, 15 febbraio
1989, n. 1336, id., Rep. 1990, voce cit., n. 479.
Per l'affermazione secondo cui ai docenti vincitori di borse di studio
di perfezionamento all'estero va applicata la norma generale dell'art.
65 d.p.r. 31 maggio 1974 n. 417, in base al quale l'attività per cui
è conferita la borsa è valida ad ogni effetto come servizio d'istituto
nella scuola, v. Cons. Stato, sez. II, 21 gennaio 1987, n. 133, id., Rep.
1989, voce cit., n. 415.
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