sentenza 17 dicembre 1986; Giud. Giorgio; imp. Delfine e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 5 (MAGGIO 1987), pp. 337/338-339/340Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178742 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
PRETURA DI PUTIGNANO; sentenza 17 dicembre 1986; Giud. Giorgio; imp. Delfine e altri.
PRETURA DI PUTIGNANO;
Edilizia e urbanistica — Sospensione del procedimento penale —
Presupposti (Cost., art. 112; cod. proc. pen., art. 75; 1. 28
febbraio 1985 n. 47, norme in materia di controllo dell'attività
urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere
edilizie, art. 31, 38, 44).
La sospensione del procedimento penale ex art. 38 e 44 l. n. 47/85
si giustifica esclusivamente in relazione agli immobili abusivi
aventi le specifiche caratteristiche richieste dall'art. 31 della me
desima legge; il magistrato deve perciò effettuare caso per caso
l'indagine volta a verificare la sussistenza dei presupposti di
applicabilità di cui al menzionato articolo, dovendosi reputare
eccezionali, a mente degli art. 112 Cost, e 75 c.p.c., le ipotesi di sospensione dell'azione penale. (1)
Fatto e diritto. — A seguito di rapporti dei vigili, urbani e
dei carabinieri di Putignano, Delfine Luigi, Quarato Domenico
e Petruzzi Giovanni venivano ritualmente tratti a giudizio dinanzi
a questa pretura per la imputazione specificata in rubrica. Esple tato l'interrogatorio dei prevenuti, sono stati escussi i verbaliz
zanti ed indi i testi Mangini Vito e Mezzapesa Saverio. Infine,
p.m. e difesa hanno concluso come da verbale in atti.
L'istruttoria dibattimentale ha confortato l'assunto accusatorio,
per quel che concerne le posizioni processuali del Delfine e del Qua rato. Preliminarmente, vanno nuovamente evidenziate le ragioni di
infondatezza giuridica della istanza di sospensione ex art. 13 e 221.
n. 47/85, avanzata preliminarmente dai difensori degli imputati. In
vero, come risulta chiaramente dal dettato letterale della norma del
l'art. 22, 1° comma, 1. n. 47/85 «l'azione penale relativa alle
violazioni edilizie rimane sospesa finché non siano esauriti i proce dimenti amministrativi di sanatoria di cui al presente capo»; orbe
ne, detta norma va letta in sintonia con l'art. 13, laddove è prevista la possibilità per chi ha realizzato un manufatto senza concessione
edilizia di chiedere il rilascio della concessione edilizia in sanatoria
«fino alla scadenza del termine di cui all'art. 7, 3° comma» (ossia entro novanta giorni dalla notifica dell'ingiunzione sindacale di de
molizione di cui all'art. 7, 2° comma).
Orbene, nel caso di specie, è acquisita agli atti copia dell'ordinan
za sindacale di demolizione n. 18 del 24 febbraio 1986; tuttavia, non
è stata fornita alcuna prova documentale da parte degli interessati
circa la tempestiva presentazione di un'istanza di sanatoria ex art.
13 1. n. 47/85.
La verità è che i difensori hanno confuso il discorso normativo del
l'art. 131. n. 47/85 con quello di cui all'art. 38 della stessa legge. Que sta'ultima norma, invero, prevede che la presentazione della domanda
di cui all'art. 31, accompagnata dall'attestazione del versamento della
somma di cui al 10 comma dell'art. 35, sospende il procedimento pe nale. Orbene, dalla documentazione acquisita agli atti, risulta che in
data 30 aprile 1986 Delfine Antonia (figlia dell'imputato Delfine Lui
gi) ha presentato presso il comune di Putignano istanza di c.d. con
dono ex art. 31 1. n. 47/85 per l'immobile indicato in capo di
imputazione effettuando il versamento della prima rata di cui all'art.
35,1° comma. Tanto premesso, a parere del giudicante, la quiescenza del procedimento penale ex art. 381. n. 47/85 può essere disposta solo
in relazione agli illeciti edilizi penali, effettivamente «ultimati» pri ma del 1° ottobre 1983, ai sensi e nei limiti specificati dall'art. 31.
In caso contrario, si dovrebbe reputare che al responsabile di un il
lecito edilizio commesso nel 1985 o nel 1986 basterebbe presentare un'istanza di condono ex art. 311. n. 47/85 per bloccare l'ulteriore
corso dell'azione penale. A parere dello scrivente l'accoglimento di tale tesi implicherebbe
lo stravolgimento di essenziali principi del vigente ordina
(1) A conferma dell'orientamento giurisprudenziale di merito che sem
bra delinearsi nell'applicazione della legge sul «condono» cfr., tra le al
tre, Pret. Sapri 25 gennaio 1986, Nuovo dir., 1986, 884; Pret. Firenze
10 dicembre 1985, Giur. it., 1986, II, 194; Pret. Pizzo Calabro 18 aprile 1985, ibid., 126) e che appare confortato da un obiter dictum della Su
prema corte (Cass. 29 maggio 1985, Pizzi, Foro it., 1986, II, 546), la
pronuncia in epigrafe rivendica al giudice una capacità di sindacato sul
l'esistenza dei presupposti richiesti dalle norme della 1. n. 47/85 per farsi
luogo alla sospensione del procedimento penale, onde evitare conseguen ze ritenute inaccettabili, come ad esempio una interruzione dell 'iter del
l'azione penale dovuta ad un comportamento costituente reato, come la
presentazione di un atto notorio ideologicamente falso punita ai sensi
dell'art. 483 c.p. (nella fattispecie, attestante mendacemente l'avvenuta ultimazione dell'immobile abusivo entro la data del 1° ottobre 1983).
Il Foro Italiano — 1987 — Parte II-24.
mento e contrasterebbe, oltretutto, con la ratio giustificativa (per
quanto discubile) della legge sul condono. Invero, con le norme pre viste dagli art. 31 ss. 1. n. 47/85, il legislatore ha voluto da un canto
riferire ad una data inderogabile (scelta sulla base di un criterio di
opportunità politica) il momento del recupero (e di un c.d. «perdo no» a «pagamento») dell'abusivismo edilizio pregresso; d'altra parte
e, nel contempo, ostacolare e disincentivare ogni forma di nuovo
illecito realizzato dopo tale momento. In sostanza, la sospensione del procedimento penale (tenuto conto anche del disposto normati
vo dell'art. 44 1. n. 47/85) si giustifica esclusivamente in relazione
a procedimenti relativi ad abusi astrattamente suscettibili di sana
toria o di oblazione. Non a caso, gli art. 38 e 44 1. n. 47/85, che
vanno letti congiuntamente ed anche in relazione alla norma di cui
all'art. 31 1. n. 47/85, prevedono la sospensione solo dei procedi menti penali attinenti al capo IV e non una quiescenza generalizza ta ed indiscriminata di tutti i procedimenti penali in materia edilizia.
Se si accedesse alla tesi qui confutata, basterebbe la presentazione di un atto notorio ideologicamente falso (attestante mendacemente
l'avvenuta «ultimazione» dell'immobile abusivo entro la fatidica da
ta del 1° ottobre 1983) per interrompere l'iter dell'azione penale. In sostanza, la commissione del delitto di cui all'art. 483 c.p. (tale reato dovendosi configurare a carico di chi effettui false attestazio
ni in atto notorio; tra le altre: Cass. 26 novembre 1970, Pirrello, Foro it., Rep. 1971, voce Falsità in atti, n. Ili), potrebbe costitui
re di fatto la premessa per usufruire dell'estinzione del reato edili
zio ex art. 38, 2° comma, 1. n. 47/85 (oltre che della «sospensione» interinale del procedimento penale). È evidente l'abnormità giuri dica di un simile esito ermeneutico, che contrasterebbe anche con
il fondamentale principio sancito dall'art. 112 Cost.: in sostanza
lo sviluppo dell'azione penale — obbligatoria per legge — potreb be essere arrestato addirittura da un'attività penalmente illecita ex
art. 483 c.p. commessa da chi sarebbe già autore di un illecito edili
zio penale. Orbene, è evidentemente inconfigurabile la sussistenza
nel nostro ordinamento di un principio in base al quale un soggetto
possa trarre dei benefici giuridici (processuali e penali) dal proprio
comportamento (e dal proprio «ingegno») criminoso.
D'altronde, ogni ipotesi di sospensione del procedimento penale deve ritenersi eccezionale rispetto al principio-cardine fissato dal
l'art. 112 Cost, (che appunto stabilisce l'obbligatorietà dell'eserci
zio dell'azione penale nei confronti di tutti i cittadini, anche in
ossequio del fondamentale principio di cui all'art. 3 Cost.). A tale
conclusione d'altronde, porta anche l'esame della norma di cui al
l'art. 75 c.p.p., laddove viene affermato che «l'esercizio dell'azio
ne penale non può sospendersi (...), se non nei casi espressamente
previsti dalla legge». Necessariamente, quindi, il magistrato deve
quanto meno delibare la sussistenza dei presupposti giustificativi l'eccezionale quiescenza dell'azione penale. Orbene nella fattispe cie concreta — al momento dell'apertura del dibattimento — risul
tavano acquisiti agli atti i verbali relativi: A) alle dichiarazioni rese
ai carabinieri di Putignano il 9 aprile 1986 dal Delfine interrogato
quale indiziato di reato; nonché, B) le dichiarazioni rese in istrutto
ria dai testi Mangini e Mezzapesa. Orbene, dall'evidenziato mate
riale probatorio emergeva incontestabilmente che il manufatto
abusivo era stato completato nel piano sopraelevato oltre la data
del 1° ottobre 1983. Peraltro, il sindaco di Putignano — con prov vedimento del 18 ottobre 1986 — ha disposto l'acquisizione al pa trimonio comunale ex art. 7 I. n. 47/85 del manufatto abusivo, cosi
rigettando implicitamente ex art. 351. n. 47/85 l'istanza di oblazio
ne presentata dalla figlia del Delfine. In tale contesto processuale era manifestatamente inconfigurabile l'obbligo di sospendere ex art.
38 1. n. 47/85 il procedimento penale de quo (e ciò, anche a pre scindere dagli erronei riferimenti normativi compiuti dai difensori
dei prevenuti). Ad abundantiam, va evidenziato che la scelta inter
pretativa qui seguita appare conforme ad un orientamento giuri
sprudenziale di merito in via di consolidamento (Pret. Sapri 25
gennaio 1986, Pret. Firenze 10 dicembre 1985, Pret. Pizzo Calabro
18 aprile 1985). D'altronde, la stessa Corte di cassazione sembra seguire la tesi
interpretativa qui scelta (e cioè che la sospensione del procedi
mento penale si giustifichi solo per le opere edilizie aventi «le
specifiche caratteristiche» di cui all'art. 31 1. n. 47/85; cosi, in
motivazione incidenter tantum: Cass. 29 maggio 1985, Pizzi, id.,
1986, II, 546). Tanto premesso, in punto di fatto, deve ritenersi
provato che il manufatto de quo sia stato realizzato nella sua
integralità tra il dicembre 1985 ed il gennaio 1986. Ciò è stato
riconosciuto dai prevenuti Quarato e Delfine nel corso del loro
interrogatorio dibattimentale e confermato ulteriormente dai testi
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PARTE SECONDA
Mangini e Mezzapesa. Come risulta dalla documentazione foto
grafica in atti, l'opera edilizia abusiva risulta stabilmente infissa
al suolo, a destinazione non precaria (dovendo essere destinata
ad abitazione dei figli del Delfine, secondo le dichiarazioni rese
dallo stesso in udienza). Dunque, il manufatto aveva (ed ha) l'at
titudine a modificare la morfologia della porzione di territorio
sui cui insiste. Pacificamente deve ritenersi che il Quarato fosse
il titolare della impresa (se pur piccola) che ha curato i lavori.
Ciò è risultato incontestabilmente dalle ammissioni fatte in udienza
dal Delfine e dallo stesso Quarato, nonché dalle dichiarazioni re
se dai suddetti due testi. Peraltro, anche a voler reputare (come ha detto il Delfine) che il manufatto abusivo sia stato realizzato in parte (ossia il pianterreno) prima del 1° ottobre 1983 e parte
(ossia la sopraelevazione) tra il dicembre 1985 e il gennaio 1986, non sussistevano comunque i presupposti di applicabilità degli art. 31 ss. 1. n. 47/85. Invero, la sanatoria ex art. 38 1. n. 47/85
non può non investire che l'opera edilizia realizzata nella sua uni
tarietà fisica e funzionale, non potendosi ritenere ammissibile una
sanatoria «parziale» o «frazionata», non contemplata dall'art.
31 1. n. 47/85 (nello stesso senso Pret. Pizzo Calabro 18 aprile
1985). Sulla base delle esposte considerazioni, il Delfine ed il Qua rato vanno dichiarati colpevoli del reato loro ascritto sub A).
(Omissis)
PRETURA DI TRENTOLA; ordinanza 30 ottobre 1986; Giud.
Giuliano; imp. Basco e altro.
PRETURA DI TRENTOLA;
Edilizia e urbanistica — Lottizzazione abusiva negoziale — Con
dono — Inapplicabilità — Questione non manifestamente in
fondata di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 28 febbraio 1985 n. 47, norme in materia di controllo dell'attività urbanistico
edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, art.
31, 34, 35, 38, 44).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costi
tuzionale degli art. 31, 34, 35, 38 e 44 l. 28 febbraio 1985 n.
47 e successive modificazioni, nella parte in cui non prevedono la sospensione del procedimento penale, la possibilità di pre sentare oblazione e la conseguente estinzione del reato anche
per chi è imputato del reato di lottizzazione abusiva consumato
mediante il solo compimento di attività negoziali, in riferimen to all'art. 3 Cost. (1)
Va sollevata d'ufficio la questione di legittimità costituzionale
degli art. 31, 34, 35, 38 e 44 1. n. 47 del 28 febbraio 1985 e
successive modifiche per contrasto con l'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevedono, a favore di chi è imputato del reato di
lottizzazione abusiva consumata mediante il solo compimento di attività negoziale, la sospensione del procedimento penale, la pos sibilità di essere ammesso alla oblazione e di ottenere la autoriz zazione in sanatoria con conseguente estinzione del reato.
L'art. 31, 1° comma, lett. a), 1. n. 47/85 prevede la possibilità di richiedere la sanatoria per le «costruzioni» e le «altre opere» che risultino essere state «ultimate» entro la data del 1° ottobre 1983 ed eseguite in assenza o difformità dal titolo (licenza, con cessione od autorizzazione) prescritto da norme di legge o di re
golamento.
(1) La tesi della inapplicabilità del condono all'ipotesi del reato di lot tizzazione abusiva c.d. negoziale ha già un autorevole precedente in Cass. 29 maggio 1985, Pizzi, Foro it., 1986, II, 546, con nota di C. Rapisarda in cui già si segnalava l'incongruenza di riservare un trattamento più fa vorevole (ammettendo l'oblazione e quindi il condono) alle forme di ma nifestazione più gravi del medesimo reato. Ora la Corte costituzionale, al cui esame la fattispecie di lottizzazione abusiva è già stata sottoposta (senza esito) per farne rilevare l'illegittimità sotto il profilo della tassativi tà (cfr. Corte cost., ord. 14 marzo 1984, n. 72, id., 1985, I, 942; v. pure ord. 20 marzo 1985, n. 75, ibid., 1872), viene chiamata ad un sinda cato sulla ragionevolezza della discriminazione tra le due forme di lottiz zazione, dovuta peraltro forse più ad una svista del legislatore che non ad una precisa scelta di politica criminale. È noto comunque che la corte è sempre stata molto cauta nel pronunciarsi su questioni di ragionevolez za, dichiarando solo in un caso l'illegittimità di una norma (cfr. Corte cost. 24 maggio 1979, n. 26, id., 1979, I, 1345, in materia di reati militari).
Il Foro Italiano — 1987.
La disposizione suddetta appare molto ampia, dato che non
pone alcun limite alle dimensioni di quanto è stato illegittima mente realizzato e che, con i termini «costruzioni» ed «altre ope re», fa chiaramente riferimento ad edifici e manufatti di ogni genere e tipo, in quest'ultimi evidentemente comprese le opere di urbanizzazione.
Sulla sua scorta, pertanto, appare lecita l'affermazione che so
no suscettibili di sanatoria tutte le opere che comportano «tras formazione urbanistica ed edilizia del territorio», e quindi anche le opere di urbanizzazione.
A conferma della ammissione anche per tali ultime opere ai
benefici della legge più sopra menzionata, va rilevato che: 1) l'art.
35, 7° comma, prevede per le costruzioni ed altre opere realizzate nei comprensori non regolarmente lottizzati la necessità per otte nere la sanatoria dell'impegno di partecipare pro quota agli oneri di urbanizzazione in sede di stipula della convenzione; 2) l'art.
38, 2° comma, prevede come effetto della intera corresponsione dell'oblazione la estinzione anche del reato di lottizzazione abusi
va, che, come è noto, si perfeziona, appunto, anche con la realiz
zazione di opere di urbanizzazione.
Tanto rilevato, devesi osservare che con il preciso ed univoco riferimento alle «opere» «ultimate» entro il 1° ottobre 1983 il
legislatore sembra aver incluso tra i soggetti ammessi a consegui re il titolo in sanatoria previo pagamento dell'oblazione ed a poi beneficiare della estinzione del reato solo quelli che risultano im
putati del reato di lottizzazione abusiva consumato mediante la esecuzione di opere di urbanizzazione e non anche quelli che, come nella specie, risultano imputati del reato di lottizzazione abusiva perfezionatosi mediante il compimento di attività mera mente negoziali (vendita del terreno frazionato in lotti).
Per il reato eseguito con siffatte ultime modalità, la legge non sembra aver dettato, nemmeno implicitamente, alcuna disposizio ne, con ciò confermando la sua esclusione dai benefici in questione.
Del resto, ipotizzando anche che la lottizzazione c.d. negoziale possa esservi stata compresa, sorgerebbe poi l'ostacolo, che ap pare insuperabile, di determinare la somma da versare a titolo di oblazione, dato che la «tabella» allegata alla legge fa esclusivo riferimento ad «opere», ad «interventi» e a «modalità di esecu zione non valutabili in termini di superficie o di volume», le qua li ultime, in particolare, presuppongono che un manufatto sia stato pur sempre realizzato.
Se tutto quanto sinora osservato è esatto, le norme soprari chiamate appaiono in contrasto con l'art. 3 Cost., dato che le due condotte più sopra descritte risultano, senza alcun ragione vole motivo, differentemente disciplinate.
Anzi, per vero, si verifica che per l'ipotesi di lottizzazione abu siva mediante la esecuzione di opere risultano previste la sospen sione del procedimento penale, la oblazione, la sanatoria e l'estinzione del reato, al contrario dell'ipotesi di lottizzazione abu siva negoziale, certamente più lieve, atteso che non comporta una
compromissione di fatto della programmazione territoriale. La questione, per le ragioni esposte, non può considerarsi non
manifestamente infondata.
È, poi, certamente rilevante in quanto dall'esito di essa dipen de se il procedimento in questione debba o meno considerarsi
sospeso di diritto, con possibilità da parte degli imputati di usu fruire della sanatoria e dei conseguenti ulteriori benefici, e se, addirittura, debba essere dichiarata la estinzione del reato per prescrizione.
Per questi motivi, visto l'art. 23 1. 11 marzo 1953 n. 87, dichia ra rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli art. 31, 34, 35, 38 e 44 1. n. 47 del 28 febbraio 1985 e successive modifi
che, nella parte in cui non prevedono i benefici ivi contemplati, e in motivazione indicati, anche per chi è imputato del reato di lottizzazione abusiva consumato mediante il solo compimento di attività negoziale; (omissis)
PRETURA DI MILANO; sentenza 9 aprile 1986; Giud. Castel
li; imp. Fabiani ed altro.
PRETURA DI MILANO;
Misure di prevenzione — Disciplina dell'appalto e del subappalto di opere riguardanti la p.a. — Concessioni amministrative —
Inapplicabilità (L. 13 settembre 1982 n. 646, disposizioni in
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