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sentenza 17 febbraio 1987, n. 48 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 25 febbraio 1987, n. 9);...

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sentenza 17 febbraio 1987, n. 48 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 25 febbraio 1987, n. 9); Pres. La Pergola, Rel. Ferrari; Protano c. Tavaglione; Chicco c. Comune di Carmagnola; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Tarsia Di Belmonte). Ord. Cass. 27 maggio 1983 - 8 settembre 1983, n. 675 (G.U. n. 74 del 1984); Trib. Torino 19 aprile 1985 (G.U. n. 291 bis del 1985) Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 12 (DICEMBRE 1987), pp. 3217/3218-3221/3222 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179469 . Accessed: 28/06/2014 07:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.195 on Sat, 28 Jun 2014 07:42:28 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 17 febbraio 1987, n. 48 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 25 febbraio 1987, n. 9);Pres. La Pergola, Rel. Ferrari; Protano c. Tavaglione; Chicco c. Comune di Carmagnola; interv.Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Tarsia Di Belmonte). Ord. Cass. 27 maggio 1983 - 8settembre 1983, n. 675 (G.U. n. 74 del 1984); Trib. Torino 19 aprile 1985 (G.U. n. 291 bis del1985)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 12 (DICEMBRE 1987), pp. 3217/3218-3221/3222Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179469 .

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Fatto. — 1. - Con ricorso notificato alla presidenza del consi

glio dei ministri il 26 agosto 1977 depositato il successivo 2 set

tembre (iscritto al n. 19 reg. ric. confi. 1977) la provincia autonoma

di Bolzano, in persona del vice presidente della giunta provinciale dott. Alfons Benedikter, rappresentato e difeso, giusta procura

speciale con firma autenticata per notar Pietro Longi di Bolzano

il 17 maggio 1977, dall'avv. prof. Giuseppe Guarino, chiese che

la Corte costituzionale definisse il conflitto di attribuzioni insorto

tra lo Stato e la provincia autonoma di Bolzano per effetto del

l'adozione del d.p.r. 29 aprile 1977 (GU. n. 173 del 27 giugno

1977), avente ad oggetto «Individuazione degli enti e delle gestio ni di assistenza di malattia da sopprimere e nomina di commissa

ri straordinari», dichiarando — in via principale — che il decreto

presidenziale non include «nel novero degli enti individuati ai sensi

dell'art. 12 bis, 3° comma, 1. 17 agosto 1974 n. 386, organismi che operano nella provincia di Bolzano e — in via subordinata — annullare il provvedimento impugnato in quanto invasivo del

la sfera di competenza riservata alla provincia dagli art. 8, n.

25, 9, n. 10, 16 e 54, n. 5, dello statuto speciale del Trentino-Alto

Adige». A sostegno dedusse la provincia I) che era munita di

competenza legislativa primaria in materia di assistenza e benefi

cenza pubblica ai sensi dell'art. 9, n. 10, dello statuto ragionale e titolare delle relative potestà amministrative in base all'art. 16

dello stesso statuto, II) che le attribuzioni della provincia in ma

teria di «igiene e sanità» e di «assistenza e beneficenza pubblica» erano compiutamente definite dal d.p.r. 28 marzo 1975 n. 474

e dal d.p.r. 28 marzo 1975 n. 469, che avevano espressamente devoluto alla provincia l'esercizio delle potestà amministrative re

lative all'istituzione e al funzionamento degli enti chiamati ad

operare negli indicati settori, III) che sono, ai sensi dell'art. 54

dello statuto regionale, devolute alla giunta provinciale la vigilan za e la tutela «sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficen

za ... compresa la facoltà di soppressione e di scioglimento dei

loro organi in base alla legge», IV) che l'art. 6 dello statuto riser

va alla provincia la facoltà di emanare nelle materie concernenti

la previdenza e l'assistenza sociali norme legislative al fine di in

tegrare le disposizioni delle leggi statali e di costituire appositi

istituti autonomi in tali settori operanti, V) che l'art. 12 bis 1.

17 agosto 1974 n. 386 statui nel 1° comma, che lo scioglimento

dei consigli di amministrazione dell'I.n.a.m., dell'E.n.p.a.s., del

l'I.n.a.d.e.1., dell'E.n.p.d.e.d.p. e delle federazioni nazionali del

le casse mutue degli artigiani e coltivatori diretti (da effettuarsi

nel quadro della riforma sanitaria) si provvedesse con decreto

del presidente della repubblica da emanarsi, previa delibera del

consiglio dei ministri su proposta dei ministri del lavoro, della

sanità e del tesoro, e nel 3° comma previde che all'individuazione

degli altri enti non espressamente contemplati dal 1° comma de

stinati ad essere soppressi unitamente alle gestioni di assistenza

malattia si procedesse con distinto provvedimento del presidente

della repubblica, VI) che alla identificazione degli enti da soppri

mere si è provveduto con il d.p.r. 29 aprile 1977 che — pur con

tenendo una elencazione analitica degli enti destinati ad essere

disciolti — li identifica «per categorie», VII) che tale classifica

zione per categorie determinerebbe l'insorgere di un conflitto di

attribuzioni in ordine a tale provvedimento perché «quanto meno

sul piano delle ipotesi affiora il sospetto che esso abbia inteso

disporre anche in ordine agli organismi operanti nella provincia

di Bolzano» e sebbene non manchi la stessa provincia di

cesso costituzionale; Corte cost. 22 luglio 1985, n. 217, id., 1986, I, 1811

con nota di richiami, per l'inammissibilità di un conflitto virtuale (nella

fattispecie, tuttavia, l'inammissibilità è fatta derivare dalla assenza di un

atto lesivo della competenza regionale); in senso analogo, con riferimento

alla inidoneità dell'atto impugnato, v. anche Corte cost. 11 luglio 1984,

n. 187, id., 1984, I, 2933, con nota di richiami; 10 ottobre 1979, n. 120,

id., 1979, 1, 2820, con nota di richiami; 22 dicembre 1977, n. 155, id.,

1978, I, 294, con nota di richiami; 3 luglio 1975, n. 170, id., 1976, I,

34, con nota di richiami. In precedenza, v. Corte cost. 19 dicembre 1963,

n. 164, id., 1964, I, 207, con nota di richiami, per l'affermazione dell'im

possibilità di trasformare il conflitto di attribuzione in una richiesta di

pareri. Sul punto, v. in dottrina: Pizzorusso, Conflitto, voce del Novissimo

digesto italiano, appendice, 1981, par. 6 e 11; Volpe, Garanzie costitu

zionali, in Commentario alla Costituzione, a cura di G. Branca, 1981,

385; Grassi, Il giudizio costituzionale sui conflitti di attribuzione tra Sta

to e regioni e tra regioni, 1985, 186, 285, 376; Sorrentino, La giurispru

denza costituzionale nei conflitti tra Stato e regioni, in Regioni, 1986, 965 ss.

Il Foro Italiano — 1987 — Parte I-209.

affermare che «una corretta applicazione dei canoni che presie dono all'interpretazione degli atti normativi indurrebbe ad esclu

dere tale eventualità», resta — è sempre la provincia che argomenta — che «ove il presidente della repubblica avesse inteso includere

nel suo "elenco" le casse mutue provinciali operanti nel territo

rio di Bolzano si sarebbe di fronte ad una evidente lesione della

sfera di autonomia riservata alla provincia dalle disposizioni sta

tutarie e relative norme di attuazione in base alle quali deve rite

nersi demandato alla provincia il potere di procedere all'individuazione e allo scioglimento degli organismi assistenziali

operanti a livello locale nonché alla nomina dei relativi commis

sari straordinari».

2. - Con atto depositato il 12 settembre 1977, si costituì per il presidente del consiglio dei ministri l'avvocatura generale dello

Stato deducendo che — a prescindere dalla ammissibilità di un

conflitto di attribuzioni in cui la violazione della sfera di compe tenza basata e garantita da una legge costituzionale viene pro

spettata in forma ipotetica in relazione non già alle norme impu

gnate ma alla intenzione dell'organo che le ha emesse — il legis latore nazionale ha espressamente stabilito con l'art. 12 bis, com

ma 2, 1. 17 agosto 1974 n. 386 che allo scioglimento dei consigli di amministrazione delle casse mutue provinciali di malattia di

Trento e di Bolzano provvedono i rispettivi presidenti della giun ta provinciale con la conseguenza che a questi competono tutti

i correlativi poteri, e concludendo che «il ricorso proposto dalla

provincia di Bolzano con atto 26 agosto 1977 sia dichiarato inam

missibile ovvero sia respinto». (Omissis) Diritto. — 4. - In disparte i dubbi affacciati dalla stessa ricor

rente provincia di Bolzano sulla invasione della propria sfera nor

mativa di cui sarebbe stata vittima, il ricorso va respinto perché l'art. 12 bis, inserito con la 1. 17 agosto 1974 n. 386 di conversio

ne, d.l. 8 luglio 1974 n. 264 (norme per l'estinzione dei debiti

degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il fi

nanziamento della spesa ospedaliera e l'avvio della riforma sani

taria) prescrive al 2° comma che «con decreto del presidente della

giunta provinciale di Trento e del presidente della giunta provin ciale di Bolzano sono sciolti rispettivamente i consigli di ammini

strazione delle casse mutue provinciali di malattia di Trento e

di Bolzano. Con il medesimo decreto sono nominati i rispettivi commissari straordinari per la temporanea gestione delle casse

stesse fino alla data di emanazione del decreto cui al 3° comma».

2° comma di cui non ha la stessa provincia di Bolzano mancato

di far applicazione con il d. 7 aprile 1975 n. 26, con il quale

il presidente della giunta ha sciolto il consiglio di amministrazio

ne della cassa mutua provinciale di malattia della provincia di

Bolzano nominandone commissario straordinario per la tempora

nea gestione il signor dr. Albuin Hofer.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara manifesta

mente infondato il conflitto di attribuzioni sollevato dalla pro

vincia autonoma di Bolzano nei confronti dello Stato con il ricor

so 26 agosto 1977 (n. 19 reg. ric. 1977).

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 17 febbraio 1987, n. 48

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 25 febbraio 1987, n. 9);

Pres. La Pergola, Rei. Ferrari; Protano c. Tavaglione; Chic

co c. Comune di Carmagnola; interv. Pres. cons, ministri (Avv.

dello Stato Tarsia Di Belmonte). Ord. Cass. 27 maggio 1983

- 8 settembre 1983, n. 675 (G.U. n. 74 del 1984); Trib. Torino

19 aprile 1985 (G.U. n. 291 bis del 1985).

Elezioni — Consigliere comunale — Ineleggibilità e incompatibi

lità — Lite pendente — Modalità di rimozione — Mancata pre

visione legislativa — Questione inammissibile di costituzionali

tà (Cost., art. 3, 24, 51; 1. 23 aprile 1981 n. 154, norme in

materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consi

gliere regionale, provinciale e circoscrizionale e in materia di

incompatibilità degli addetti al servizio sanitario nazionale, art.

3, 6, 7).

È inammissibile, perché involge scelte normative riservate al di

screzionale apprezzamento del legislatore, la questione di legit

timità costituzionale degli art. 3, n. 4, 6 e 7 I. 23 aprile 1981

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3219 PARTE PRIMA 3220

n. 154, nella parte in cui non dettano una disciplina che renda

possibile rimuovere le cause di incompatibilità nei casi in cui, come quello di lite pendente, la rimozione dipenda non soltan to dalla volontà dell'eletto, ma anche da determinazione di ter

zi, in riferimento agli art. 3, 24, 51 Cost. (1)

Diritto. — 1. - La 1. 23 aprile 1981 n. 154 (norme in materia

di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere re gionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di

incompatibilità degli addetti al servizio sanitario nazionale), dopo avere disposto che «non può ricoprire la carica di consigliere ...

comunale ... colui che ha lite pendente, in quanto parte in un

procedimento civile od amministrativo con ... il comune» (art. 3, n. 4), facendone derivare la decadenza dalla carica, prevede la rimozione dell'incompatibilità, da parte dello stesso eletto, me

(1) L'ordinanza di rimessione della Cassazione 8 settembre 1983, n. 675 è riportata in Foro it., 1983, I, 2386, con nota di Saporito; quella del Tribunale di Torino 19 aprile 1985 è massimata id., Rep. 1985, voce

Elezioni, n. 102. Nel decidere la questione la corte ha evitato di ricalcare orme già trac

ciate, anche se non sempre uniformi, delle quali, infatti, non vi è alcuna

segnalazione in motivazione. Non ha voluto chiudere definitivamente la

questione con una sentenza di infondatezza, come aveva fatto quando aveva preso in esame il previgente, simile art. 15, n. 6, t.u. 570/60, che

configurava la lite pendente come causa di ineleggibilità, senza prevedere anche allora strumenti atti a rimuoverla non dipendenti dalla volontà di terzi (Corte cost. 17 luglio 1961, n. 42, id., 1961, I, 1397). In quell'occa sione la corte aveva ammesso che invero al cittadino, nell'ipotesi di lite

pendente con il comune, è richiesta una scelta tra due diritti costituzionali garantiti — quello di partecipare alla formazione degli organi elettivi e

quello di agire e difendersi in giudizio — con conseguente rinunzia all'e sercizio di uno di essi; ma tale rinunzia deriva però dalla libera scelta del cittadino che, nell'ambito della propria autonomia e in base alla valu tazione del proprio interesse, ritiene di indirizzare la sua attività al conse guimento dell'una o dell'altra posizione di vantaggio (non diversamente da quanto avviene a proposito di incompatibilità tra cariche pubbliche previste in varie norme della Costituzione). La stessa impostazione la cor te aveva sostanzialmente confermato con sentenza n. 38 del 1971, id., 1971, I, 843, in cui aveva ribadito l'irrilevanza della maggiore o minore difficoltà o addirittura dell'impossibilità di rimuovere in tempo utile de terminate cause di ineleggibilità o incompatibilità, una volta accertato che queste non sono di per sé in contrasto con le norme degli art. 3 e 51 Cost.

Ma non ha voluto neppure seguire la via opposta tracciata dalla sen tenza n. 46 del 20 marzo 1969, id., 1969, I, 1053, in cui aveva ritenuto incostituzionale una limitazione dell'elettorato passivo dipendente da un'e stranea volontà, per giunta discrezionale in ordine al quando. Esaminan do il n. 3 dell'art. 15 t.u. n. 570/60, che escludeva l'eleggibilità di coloro che all'atto di accettazione della candidatura avessero presentato le dimis sioni, astenendosi da ogni attività inerente all'ufficio incompatibile, la corte aveva puntualmente riconosciuto l'ultraneità della pretesa del legis latore di richiedere, per far cessare l'ineleggibilità, che le dimissioni fosse ro accettate, senza peraltro prevedere un termine per l'accettazione.

Imboccando una terza via (suggerita dalla dottrina: cfr. specificamente Saporito, cit., 2387, il quale, riferendosi soprattutto all'ipotesi della lite penale come motivo di incompatibilità, sconsigliava interventi manipola tivi per il rischio di una inopportuna rifrazione della pronuncia costitu zionale sul procedimento penale) si è trincerata dietro una sentenza di inammissibilità, perché la questione coinvolge scelte discrezionali di esclusiva competenza del legislatore. Ma in questa occasione la corte non sembra comunque avanzare, come ha fatto altre volte (cfr. in tal senso, da ulti mo, sent. 19 dicembre 1986, n. 270, id., 1987, I, 1957, con nota di richia mi), esortazioni al legislatore ad intervenire, ma anzi, sottolineando i dubbi di costituzionalità esternati dall'avvocatura di Stato, ne prospetta l'estre ma delicatezza.

Sulla definizione di lite pendente nella legge elettorale n. 154 del 1981, v. Cass. 4 febbraio 1986, n. 690, id., Rep. 1986, voce cit., n. 144; 6 dicembre 1985, n. 6131, id., Rep. 1985, voce cit., n. 96. Per fattispecie particolari: Trib. Foggia 8 aprile 1984, id., 1985, I, 1195, con nota di richiami, cui adde Cass. 22 giugno 1985, n. 3756, id., Rep. 1985, voce cit., n. 97. Con riferimento alla lite pendente come motivo di incompati bilità anche nella legislazione elettorale siciliana, a seguito dell'intervento della Corte costituzionale del 24 maggio 1985, n. 162, id., 1986, I, 357, commentata da Pinto, La corte conferma la propria giurisprudenza sui rapporti tra legge statale e legge regionale siciliana in tema d'ineleggibili tà, in Regioni, 1985, 1157, cfr. Cass. 9 maggio 1986, nn. 3086 e 3087, Foro it., Rep. 1986, voce cit., nn. 141, 142.

In dottrina, v. Militerni-Saporito, La nuova legge elettorale, Napoli, 1982, 132, con l'Aggiornamento del 1983, 30; Davoli, Le nuove norme sulle ineleggibilità e incompatibilità, Roma, 1982, 87 ss. Da ultimo, Ca rotenuto, Ineleggibilità e incompatibilità a ricoprire la carica di consi gliere comunale. Lite pendente, in Ammin. it., 1985, 227.

Il Foro Italiano — 1987.

diante la cessazione delle funzioni (art. 6). In vista, poi, dell'ipo tesi in cui l'incompatibilità si verifichi successivamente all'elezio

ne, la stessa legge stabilisce un apposito procedimento, inteso a

consentire all'interessato di rimuovere l'incompatibilità, previa con

testazione da parte del consiglio il quale, solo ove l'incompatibili tà non sia rimossa nel termine prescritto, dichiara la decadenza

con deliberazione impugnabile mediante azione popolare dinanzi

al tribunale competente per territorio (art. 7). 2. - Sulla base della considerazione che la disciplina introdotta

dalla summenzionata legge mira a favorire l'elettorato passivo, non solo riducendo le cause di ineleggibilità e trasformando alcu

ne di esse in cause di incompatibilità, ma anche dando modo

all'interessato di rimuovere l'incompatibilità, la Corte di cassa

zione, prima, ed il Tribunale di Torino, poi, con ordinanze emes

se, rispettivamente, il 27 maggio 1983 (r.o. 947/83) ed il 19 aprile 1985 (r.o. 449/85), hanno denunciato, in riferimento agli art. 3, 24 e 51 Cost., l'illegittimità costituzionale dei precitati art. 6 e 7 (ma il Tribunale di Torino anche dell'art. 3, n. 4) 1. n. 154

del 1981. In particolare, entrambi i giudici a quibus lamentano

che, pur se «la rimuovibilità della causa di incompatibilità o ine

leggibilità (sia) il principio cardine della nuova 1. n. 154 del 1981, la quale solo in tal modo si armonizza con l'art. 51 Cost.», tale

principio non trova effettiva applicazione nel caso di lite penden te, in cui la rimozione dell'incompatibilità non dipende esclusiva

mente dalla volontà dell'interessato, «bensì anche e soprattutto dalla volontà della controparte».

Ed invero, nella fattispecie approdata dinanzi alla Corte di cas sazione su ricorso dell'interessato avverso la sentenza della Corte

d'appello di Bari del 19 luglio 1982 (che aveva confermato la

pronuncia del Tribunale di Lucerà, dichiarativa della decadenza), la lite pendente nasceva dal fatto che il comune di Peschici si era costituito parte civile nel procedimento penale per interesse

privato in atti di ufficio a carico di tal Protano Michele, il quale nel precedente anno 1981 era stato eletto consigliere di quel co mune. Sostanzialmente analoga risulta l'altra fattispecie: il giudi zio dinanzi al Tribunale di Torino è stato promosso dallo stesso interessato — tal Chicco Carlo — che, eletto nel giugno 1980

consigliere del comune di Carmagnola, nel 1981 (successivamen te, quindi, alla sua elezione) veniva convenuto in giudizio dal comune di Carmagnola (per il pagamento del corrispettivo per la raccolta di fieno sui fondi di proprietà comunale) e dichiarato decaduto con deliberazione consiliare del 9 gennaio 1985, cioè nell'imminenza delle elezioni per il rinnovo del consiglio comuna le fissate per il 12 maggio dello stesso anno.

3. - La Corte di cassazione, premesso il duplice quesito se il

procedimento amministrativo introdotto dalla nuova disciplina deb ba concepirsi «come unica via attualmente percorribile o come condizione di procedibilità al giudizio ordinario per azione popo lare», e se l'invio a rimuovere l'incompatibilità, prescritto dal l'art. 7, debba indicare anche le condizioni alle quali il comune è disposto a ritirare la costituzione di parte civile, rileva che solo il giudice «fornito anche di poteri incidenti sulla stessa volontà normativa» può dare un'interpretazione tale, da conciliare il di ritto dell'elettore a provocare il controllo dell'autorità giudizia ria, «anche nell'ipotesi di inerzia degli organi amministrativi», con il diritto dell'eletto a rimuovere in concreto le cause di in

compatibilità. A sua volta, il Tribunale di Torino, che ribadisce il surriportato rilievo della Corte di cassazione, dopo aver affer mato che la «lite non si presenta ictu oculi manifestamente artifi ciosa od infondata», né «ha le caratteristiche della vessatorietà», osserva che in definitiva, essendo lasciate «alla discrezionale ed insindacabile volontà del comune la rinuncia agli atti del giudizio o l'accettazione delle condizioni offerte dal convenuto per una

transazione», la controparte può impedire concretamente la ri

mozione, rendendo «sostanzialmente ed assolutamente irremovi bile una sola delle tante cause di incompatibilità previste dalla

legge elettorale». Secondo i giudici a quibus, insomma, l'irremo vibilità che in concreto si verifica a riguardo della incompatibilità per lite pendente contrasterebbe con alcuni principi costituziona li: con l'art. 51 (perché impedirebbe l'accesso ad una carica eletti va in condizioni di eguaglianza); con l'art. 3 (perché, mentre tutti

gli altri casi di incompatibilità sono rimovibili, nell'ipotesi di lite

pendente può sorgere discriminazione fra gli eletti, secondo che il comune si costituisca, oppur no, parte civile); con l'art. 24 (per ché la legge sul contenzioso elettorale non offre all'eletto la pos sibilità di difendersi adeguatamente in sede giurisdizionale). Da

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ciò, la concorde impugnazione dei menzionati articoli della 1. n.

154 del 1981.

4. - La questione dev'essere dichiarata inammissibile.

Entrambe le ordinanze, a conclusione delle loro argomentate

censure, denunciano gli art. 6 e 7 1. n. 154 del 1981 «nelle parti» — cosi si esprime la Corte di cassazione — «che non prevedono le concrete modalità di rimozione di cause di incompatibilità elet

torale, ove tale rimozione non dipenda unicamente dalla volontà

dell'eletto, ma anche da determinazioni di terzi» e «nella parte» — come afferma il Tribunale di Torino — «in cui non disciplina

no gli strumenti concreti ed efficaci a disposizione di un consi

gliere eletto nel consiglio comunale per rimuovere la causa di de

cadenza dalla carica per lite pendente con il comune». Ma cosi

formulando i dispositivi, i giudici rimettenti sollevano una que

stione, la quale in sostanza si risolve nella richiesta di dettare

una norma che preveda le concrete modalità o strumenti, attra

verso cui l'interessato possa autonomamente rimuovere l'incom

patibilità per lite pendente. L'avvocatura dello Stato obietta al

riguardo che, non potendosi imporre alla regione, alla provincia,

al comune, i quali agiscono a tutela di interessi della collettività,

una definizione transattiva o un abbandono della lite, senza vio

lare gli art. 24 e 128 Cost., «un intervento legislativo in questo

senso porrebbe, a sua volta, seri dubbi di legittimità costituziona

le». Indipendentemente, tuttavia, da tale considerazione, la sud

detta richiesta di meglio e diversamente disciplinare l'impugnata

fattispecie normativa non è proponibile al giudice delle leggi, im

plicando comunque scelte normative riservate al discrezionale ap

prezzamento del legislatore. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissibi

le la questione di legittimità costituzionale degli art. 3, n. 4, 6

e 7 1. 23 aprile 1981 n. 154.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 novembre 1986, n. 247

{Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 dicembre 1986, n. 57);

Pres. La Pergola, Rei. Conso; imp. Bocca; interv. Pres. cons,

ministri (Avv. dello Stato Fiumera). Orci. Pret. Termini Imere

se 13 aprile 1985 (G.U., la serie speciale, n. 6 del 1986).

Libertà personale dell'imputato — Reati di competenza pretorile — Fermo operato in comune sede di tribunale — Organo legit

timato alla convalida — Competenza del procuratore della re

pubblica — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost.,

art. 25; cod. proc. pen., art. 238, 505).

Giudizio direttissimo in materia penale — Fermo di indiziati di

reato operato in comune sede di tribunale — Reati di compe

tenza pretorile — Organo legittimato alla convalida — Compe

tenza del procuratore della repubblica — Questione inammissi

bile di costituzionalità (Cost., art. 25; cod. proc. pen., art. 238,

505). Giudizio direttissimo in materia penale — Persone sottoposte a

fermo di indiziati di reato convalidato in arresto — Esclusione

dello speciale rito direttissimo previsto per le persone arrestate

in flagranza — Questione infondata di costituzionalità (Cost.,

art. 3; cod. proc. pen., art. 505)

È inammissibile per difetto di rilevanza la questione di legittimità

costituzionale dell'art. 238, 2" comma, c.p.p., quale risultava

prima della sua sostituzione ad opera dell'art. 1 d.l. 29 novem

bre 1985 n. 685, convertito nella l. 27 gennaio 1986 n. 8, nella

parte in cui non prevede che il pretore operante in sede in cui

è ubicato il tribunale possa procedere, per i reati di sua compe

tenza, alla convalida del fermo di polizia giudiziaria, in riferi mento all'art. 25 Cost. (1)

(1-3) L'ordinanza di rimossione è massimata in Foro it., 1987, II, 563.

Le prime due questioni riguardavano il regime preesistente alla modifi

ca dell'art. 238 c.p.p., operata dall'art. 1 d.l. 29 novembre 1985 n. 685,

convertito nella 1. 27 gennaio 1986 n. 8, con la conseguente attribuzione

del potere di convalida dei fermi e anche dei sequestri e delle perquisizio

ni, operati dalla polizia giudiziaria nell'ambito territoriale di comuni sedi

di tribunale, al pretore e al procuratore della repubblica secondo la ri

spettiva competenza per materia.

Per quanto riguarda la prima questione, la Corte costituzionale osserva

preliminarmente che il nuovo testo dell'art. 238, 2° comma, c.p.p. «cor

II Foro Italiano — 1987.

È inammissibile per difetto di rilevanza la questione di legittimità

costituzionale dell'art. 505, 1°, 2°, 3°, 4° comma, c.p.p., qua

le sostituito ad opera dell'art. 3 l. 27 luglio 1984 n. 397, nella

parte in cui non prevede che il pretore possa procedere, per

i reati di sua competenza, in modo autonomo alla convalida

del fermo di indiziati di reato e al conseguente successivo ed

eventuale arresto, in riferimento all'art. 25 Cost. (2)

È infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legitti

mità costituzionale dell'art. 505, 1°, 2°, 3°, 4° comma, c.p.p.,

quale sostituito ad opera dell'art. 3 I. 27 luglio 1984 n. 397,

nella parte in cui non prevede per l'imputato in stato di fermo,

sia pure convalidato e tramutato in arresto, la possibilità di

essere giudicato dal pretore con lo speciale rito direttissimo pre

visto per le persone arrestate in flagranza, data la diversità del

le situazioni processuali di chi venga arrestato in flagranza e

di chi venga sottoposto a fermo di indiziati di reato. (3)

Diritto — 1. - Nel corso di un procedimento penale per furto

aggravato contro due persone sottoposte a fermo di polizia giudi

ziaria debitamente convalidato dal procuratore della repubblica,

in quanto eseguito nel territorio di un comune sede anche di tri

bunale prima che l'art. 238, 2° comma, c.p.p., venisse novellato

dall'art. 1 d.l. 29 novembre 1985 n. 685, convertito con modifi

cazioni nella 1. 27 gennaio 1986 n. 8, il Pretore di Termini Imere

se sollecita l'intervento di questa corte per più ordini di ragioni.

La denuncia di illegittimità costituzionale coinvolge, innanzi tut

to, il suddetto testo dell'art. 238, 1° (rectius 2°) comma, c.p.p.,

in relazione all'art. 25 Cost., «non potendosi consentire che il

prevenuto venga, sia pur per brevi ma incisivi momenti proces

suali, giudicato da un giudice incompetente e sottratto per l'iden

tico periodo temporale alla valutazione da parte del giudice natu

rale (il pretore) che viceversa lo dovrà giudicare in primo grado».

E si estende, poi, all'art. 3, 1°, 2°, 3° e 4° comma, 1. 27 luglio

1984 n. 397 (modifiche all'arresto obbligatorio e facoltativo in

flagranza. Giudizio direttissimo davanti al pretore): da un lato,

in relazione all'art. 3 Cost., perché colloca «in una differente

risponde puntualmente al risultato cui dovrebbe condurre la ... declarato

ria di illegittimità parziale del previgente testo» della disposizione impu

gnata sollecitata dal giudice a quo. La corte esclude, poi, l'ipotesi di una restituzione degli atti ai giudici

a quibus per una nuova valutazione della rilevanza, osservando che i nuovi

criteri si applicano esclusivamente ai «fermi ancora da convalidare», con

conseguente esclusione «di ogni incidenza sulle situazioni restrittive della

libertà personale susseguenti a fermi convalidati in precedenza». La questione viene quindi dichiarata inammissibile per difetto di rile

vanza in quanto «l'ordine di cattura del giudice a quo ... deve essere

considerato non solo come un nuovo titolo di custodia cautelare ma an

che come una sostanziale convalida dello stesso fermo da parte del preto

re». Peraltro, aggiunge la corte, «in un ordine di cattura ... sono a mag

gior ragione presenti gli elementi richiesti per convalidare il fermo» di

indiziati di reato.

Alle stesse conclusioni la corte perviene con riferimento alla seconda

questione, la quale aveva ad oggetto «la legittimità di una previsione nor

mativa che avrebbe impedito al pretore di procedere alla convalida del

fermo» di polizia giudiziaria. Sul nuovo testo dell'art. 238, 2° comma, c.p.p., cfr. Chiavario, Anco

ra assestamenti alla normativa in tema di libertà personale: le nuove nor

me in materia di misure di controllo sugli imputati scarcerati per decor

renza di termini, in Legislazione pen., 1986, 256; Martini, ibid., 259.

La terza questione concerneva la legittimità, in riferimento all'art. 3

Cost., dell'art 505, 1°, 2°, 3°, 4° comma, come modificato dall'art. 3,

1. 27 luglio 1984 n. 397, nella parte in cui non prevede per la persona

sottoposta a fermo di polizia giudiziaria, sia pure convalidato e tramuta

to in arresto, la possibilità di essere giudicata con il rito direttissimo per

le persone arrestate in flagranza. La Corte costituzionale, pur riconoscendo che la differenza di discipli

na tra fermato e arrestato in flagranza è innegabile, ha negato che sia

«irragionevole», in quanto nell'ipotesi di arresto «la responsabilità penale

può sovente risultare di più facile accertamento senza che sia necessario

fare luogo ad apposita istruttoria e a particolari indagini preliminari per

acquisire le prove a carico dell'imputato». Sul giudizio direttissimo per i reati di competenza del pretore nei con

fronti delle persone arrestate in flagranza, cfr. Conso, Bargis, Nozioni

di procedura penale, Milano, 1985, 108; Esposito, Prime osservazioni

sul nuovo giudizio direttissimo del pretore, in Arch, pen., 1985, 55; Gian

otti, Giudizio direttissimo, in Dizionario di diritto e procedura penale,

a cura di Vassalli, Milano 1986, 363; Lemmo, I profili atipici dei proce

dimenti pretorili, Milano, 1986, 118; Neppi Modona, Il nuovo processo

penale di pretura, Milano 1985, 108.

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