sentenza 17 febbraio 1999, n. 32 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 24 febbraio 1999, n. 8);Pres. Granata, Est. Vassalli; Kercuku Ramazan. Ord. Trib. Verona 22 maggio 1997, Trib. Prato11 giugno 1997 e 24 giugno 1997, Trib. Perugia 21 ottobre 1997, Assise Bari 9 ottobre 1997,Assise Napoli 10 dicembre 1997, Trib. Milano 27 ottobre 1997, Assise Napoli 28 gennaio 1998(G.U., 1 a s.s., nn. 39, 41, 52 del 1997, e nn. 5 ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 3 (MARZO 1999), pp. 739/740-743/744Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194168 .
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PARTE PRIMA
zione interpretativa fosse prevalsa nella prassi, sarebbe stato ar
duo imputare all'art. 4, 2° comma, I. n. 217 del 1990 una ve
nerazione del diritto di difesa del non abbiente.
Ma una simile interpretazione contraddice allo spirito accusa
torio del nuovo codice di procedura penale, imperniato, sia pu re con i necessari temperamenti connessi al permanere di alcuni
poteri officiosi, sul principio di disponibilità della prova (art.
190), sulla conseguente libertà di nomina dei consulenti tecnici
anche al di fuori dei casi in cui sia stata disposta perizia (art.
233) e sul valore probatorio che viene attribuito alla consulenza
di parte, come dimostra l'art. 422 c.p.p., che consente al giudi ce dell'udienza preliminare di ammettere l'audizione di consu
lenti tecnici nominati dalle parti quando si tratti di accertamenti
decisivi. I poteri del giudice in materia probatoria sono, in effetti,
nel nuovo sistema processuale, suppletivi anche se non eccezio
nali (sentenza n. Ili del 1993, id., 1993, I, 1356) e sopravven
gono solo in una fase in cui sia terminata l'assunzione delle
prove richieste dalle parti (art. 468, 493, 495) o indicate dal
giudice (art. 506) e nuovi mezzi di prova appaiano «assoluta
mente necessari» (art. 507). È pertanto da ritenere perfettamen te compenetrato nello spirito del nuovo processo l'orientamento
della Cassazione secondo cui il giudice, senza necessità di di
sporre perizia, può legittimamente desumere elementi di prova dall'esame dei consulenti tecnici dei quali le parti si siano avvalse.
4. - Se dunque non può essere revocato in dubbio in questa sede che la consulenza extraperitale è suscettibile di assumere
pieno valore probatorio non diversamente da una testimonianza
e che pertanto il giudice non è vincolato a nominare un perito
qualora le conclusioni fornite dai consulenti di parte gli appaia no oggettivamente fondate, esaustive e basate su argomenti con
vincenti, la soluzione della presente questione di costituzionalità
consegue linearmente al riconoscimento, già compiuto da que sta corte nelle sentenze sopra richiamate, che le prestazioni del
consulente di parte ineriscono all'esercizio del diritto di difesa, sicché privarne il non abbiente significa negargli il diritto di
difendersi in un suo aspetto essenziale. Ove poi si consideri che, conformemente all'attuale modello accusatorio e sul fondamen to dell'obbligatorietà dell'azione penale, al pubblico ministero
per sostenere l'accusa è consentito avvalersi di esperti nei più svariati settori della scienza e della tecnica senza limitazione di oneri economici, nella garanzia affermata dall'art. 24, 3° com
ma, Cost, non può non ritenersi compresa una istanza di rie
quilibrio tra le parti del processo penale nei procedimenti nei
quali siano coinvolte persone sprovviste di mezzi ed ammesse al patrocinio a spese dello Stato.
La conseguente dichiarazione di illegittimità costituzionale del l'art. 4, 2° comma, prima parte, 1. n. 217 del 1990 deve essere circoscritta a quanto impone la Costituzione a tutela del diritto di difesa dei non abbienti, ai quali deve essere pertanto ricono sciuta la facoltà di farsi assistere a spese dello Stato da un con sulente per ogni accertamento tecnico ritenuto necessario, re stando ovviamente salva la possibilità di un intervento del legis latore per una nuova disciplina della materia che comunque non incida sul nucleo essenziale del diritto garantito dall'art. 24 Cost.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale dell'art. 4, 2° comma, prima parte, 1. 30
luglio 1990 n. 217 (istituzione del patrocinio a spese dello Stato
per i non abbienti) nella parte in cui, per i consulenti tecnici, limita gli effetti dell'ammissione al patrocinio a spese dello Sta to ai casi in cui è disposta perizia.
Il Foro Italiano — 1999.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 17 febbraio 1999, n.
32 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 24 febbraio 1999, n.
8); Pres. Granata, Est. Vassalli; Kercuku Ramazan. Orci.
Trib. Verona 22 maggio 1997, Trib. Prato 11 giugno 1997
e 24 giugno 1997, Trib. Perugia 21 ottobre 1997, Assise Bari
9 ottobre 1997, Assise Napoli 10 dicembre 1997, Trib. Mila
no 27 ottobre 1997, Assise Napoli 28 gennaio 1998 (G.U., la s.s., nn. 39, 41, 52 del 1997, e nn. 5, 7, 8, 13 del 1998).
Misure cautelari personali — Custodia in carcere — Interroga torio di garanzia — Limiti — Incostituzionalità (Cost., art.
3, 24; cod. proc. pen., art. 294).
È incostituzionale l'art. 294, 1° comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede che fino all'apertura del dibattimento il giu dice proceda all'interrogatorio della persona in stato di custo dia cautelare in carcere. (1)
Diritto. — 1. - Le ordinanze di rimessione sollevano un'iden
tica questione. I relativi giudizi vanno, pertanto, riuniti per es sere decisi con un'unica sentenza.
2. - Oggetto comune di censura sono gli art. 294, 1° comma, e 302 c.p.p., quali risultanti a seguito della sentenza di questa corte n. 77 del 1997, Foro it., 1997, I, 977, che ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale dell'uno, «nella parte in cui non pre vede che, fino alla trasmissione degli atti al giudice del dibatti
mento, il giudice proceda all'interrogatorio della persona in sta to di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio di esecuzione della custodia», dell'altro, «limitatamente alle parole 'disposta nel corso delle
indagini preliminari'». Così da delineare, in forza del congiunto intervento, additivo e demolitorio, della corte, un assetto nor mativo in cui il giudice (e cioè sempre e comunque il giudice per le indagini preliminari) è tenuto a procedere all'interrogato rio della persona in stato di custodia cautelare nei cinque giorni dalla privazione dello status libertatis, non soltanto, come pre visto dall'originario precetto derivante dalle disposizioni a suo
tempo denunciate, nel corso delle indagini preliminari, ma an che fino al momento della trasmissione degli atti al giudice del
dibattimento.
(1) È nel solco tracciato da Corte cost. 3 aprile 1997, n. 77 (Foro it., 1997, I, 977, con osservazioni di Di Chiara) che si innesta la pro nuncia in epigrafe, con cui lo spettro di operatività dell'interrogatorio «di garanzia» previsto dall'art. 294, 1° comma, c.p.p. e — di conse guenza — il connesso meccanismo caducatorio di cui al successivo art. 302 guadagnano nuovi spazi: l'audizione del soggetto in vinculis, che è insieme — per riecheggiare uno snodo nevralgico dell'odierno deci simi — obbligo del giudice e diritto fondamentale della persona sotto posta alla custodia in carcere, si estende così anche alla fase, posteriore alla conclusione dell'udienza preliminare, che dalla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento si inarca fino alla formale apertura del dibattimento medesimo; solo a partire da tale soglia, infatti, la «pienez za del contraddittorio» dibattimentale e l'«immanente presenza dell'im putato» possono dirsi assorbire la ratio profonda dell'adempimento im posto, nei tempi e nel contenuto, dalla norma oggi dichiarata costitu zionalmente illegittima in parte qua. Vigorosa nel porre in luce la doverosità costituzionale di tale approdo, l'odierna pronuncia rimarca, peraltro, gli incomprimibili spazi di discrezionalità che attengono alla scelta dell'organo titolare del potere-dovere di procedere all'interroga torio e ai tempi di effettuazione dello stesso: scaturisce da qui la sco perta sollecitazione di un intervento normativo in materia, nelle more del quale la corte comunque invita il giudice ordinario a far appello agli strumenti dell'ermeneutica per trarre, rebus sic stantibus, dal siste ma le soluzioni più appropriate.
Sulla scorta di tale input il legislatore d'urgenza, addirittura antici pando la formale pubblicazione della sentenza in epigrafe sulla Gazzet ta ufficiate, è intervenuto modificando — tra l'altro — l'art. 294 c.p.p. e introducendo altresì, accanto alla nuova normativa «a regime», una disciplina transitoria volta a prevenire possibili effetti dirompenti della pubblicanda declaratoria di incostituzionalità (il d.l. 22 febbraio 1999 n. 29, recante «nuove disposizioni in materia di competenza della corte di assise e di interrogatorio di garanzia», con cui si è dato luogo alla modifica dell'art. 294 c.p.p. [art. 2] e si è introdotta la cennata peculia re disciplina «di transito» [art. 4], è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 22 febbraio 1999 ed è entrato in vigore, a mente dell'art. 5 del medesimo provvedimento, il giorno successivo, mentre la pronun cia della corte, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 24 febbraio 1999, dispiega pieni effetti, ex art. 136, 1° comma, Cost., solo a decorrere dal 25 febbraio 1999). Il novellato art. 294, 1° comma, c.p.p. dispone, dunque, limitatamente al soggetto in stato di custodia in carcere, che
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Tutte le ordinanze, pronunciate successivamente alla trasmis
sione degli atti a tale giudice, ma prima dell'apertura del dibat
timento, coinvolgono di nuovo sia l'art. 294, 1° comma, sia
l'art. 302 c.p.p., censurati nella parte in cui non prevedono il
dovere del giudice di procedere all'interrogatorio nei cinque giorni dall'inizio di esecuzione della custodia cautelare in carcere e l'ef
fetto che consegue alla sua mancata effettuazione fino alla fase
degli atti preliminari al dibattimento. Pure se talune delle ordinanze di rimessione denunciano il
solo art. 294, 1° comma, c.p.p., la denuncia deve necessaria
mente considerarsi estesa all'art. 302 dello stesso codice, risul
tando tutti i provvedimenti introduttivi del presente giudizio di
legittimità costituzionale adottati di fronte a richieste di scarce
razione per omesso interrogatorio nei cinque giorni dall'esecu
zione della misura. Del resto, la comune evocazione, da parte dei giudici a quibus, della sentenza costituzionale n. 77 del 1997,
cit., per trarne la conclusione che o la corte, per motivi connes
si alla rilevanza avrebbe limitato il suo intervento fino al mo
mento della trasmissione degli atti al giudice del dibattimento
ovvero che comunque Veadem ratio decidendi dovrebbe valere
anche per la fase successiva a quella indicata dalla detta decisio
ne, comprova la conseguenzialità fra tali denunce e la sentenza
della corte e, dunque, il diretto coinvolgimento anche dell'art.
302. 3. - Ad essere chiamati in causa quali norme-parametro sono,
ancora una volta, gli art. 24 e 3 Cost., il primo invocato in
alcuni casi anche con riferimento alla convenzione per i diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali adottata a Roma il 14
novembre 1950, resa esecutiva con 1. 4 agosto 1955 n. 848, ed
entrata in vigore per l'Italia il 6 ottobre 1955, che richiede «la
più tempestiva presa di contatto con il giudice della persona arrestata o detenuta, a prescindere dalla fase procedimentale in cui la privazione della libertà è avvenuta»; il secondo unani
memente ritenuto vulnerato per la disparità di trattamento tra
imputato che venga privato della libertà personale nella fase
in cui gli atti sono ancora nella disponibilità del giudice delle
indagini preliminari e imputato che venga a trovarsi in vinculis
dopo tale momento ma prima che il dibattimento abbia avuto
inizio.
l'obbligo di procedere, nei termini ivi previsti (cinque giorni dall'inizio
di esecuzione della misura, salvo quanto disposto dal successivo comma
1 ter), ad interrogatorio «di garanzia» copre l'intero arco temporale che, dall'inizio dell'/ter procedimentale, giunge «fino alla dichiarazione
di apertura del dibattimento». Il successivo comma 4 bis, interpolato dal medesimo art. 2 d.l. n. 29 del 1999, stabilisce — in un'ottica sem
plificatrice — che, nell'ipotesi in cui la competenza a provvedere (an
che) de libertate spetti ad un organo collegiale, l'interrogatorio «di ga ranzia» sia espletato non già dal tribunale o dalla corte di assise in
composizione «piena» ma dal presidente del collegio ovvero, su delega di questi, da un componente dello stesso; la relazione che accompagna il disegno di legge di conversione del provvedimento d'urgenza (ripro dotta in Guida al diritto, 1999, fase. 9, 19 ss.) rimarca, peraltro, ad
abundantiam come «la cornice monocratica che presiede all'interroga torio di garanzia» lasci (ovviamente) intatto «il momento dell'adozione della misura, che resta di esclusiva competenza collegiale» (cit., 22).
Va notato come l'art. 302 c.p.p., pur fatto oggetto della quaestio de legitimitate «a più voci» sottoposta alla cognizione della corte (cfr., anzi, per la puntuale ricostruzione del thema decidendum, il n. 2 della
motivazione in diritto), si collochi formalmente al di fuori della sagoma del decisum: il che, peraltro, sembra giustificarsi alla luce dell'adatta
mento automatico che il cono di applicabilità della norma subisce per effetto dell'intervento sul tessuto dell'art. 294, dichiarato in parte qua costituzionalmente illegittimo e adesso novellato dal legislatore d'urgenza.
Sembrano, invece, mantenere attualità gli interrogativi affacciatisi al
la ribalta a seguito della precedente sentenza n. 77 del 1997: v'è ancora
da chiedersi se il sistema, «aggiornato» alla luce dell'odierna pronuncia e della cennata riforma novellistica (su cui cfr., per una prima disami
na, Bricchetti, Così il legislatore colma i vuoti normativi e l'interprete si ritrova con più certezze, ibid., 29 ss.), abbia raggiunto il proprio stabile traguardo, o se, di contro, possano prospettarsi ulteriori evolu
zioni, che coinvolgano fasi più avanzate del giudizio (è, ad esempio,
l'ipotesi della misura adottata ed eseguita a dibattimento sospeso per
periodi cospicui) o misure cautelari «minori» (con riguardo all'asse che
salda gli art. 294 e 302 c.p.p. e, dunque, al meccanismo di caducazione
della cautela in personam a seguito di omesso interrogatorio nei termi
ni, sinora rilevante solo in ordine alla misura custodiale: per tali rilievi, cfr. Manzione, in Commento al codice di procedura penale coordinato
da Chiavario, IV aggiornamento, Torino, 1998, sub art. 294-302 c.p.p., 55 ss., e già, per un cenno, Di Chiara, cit., 978). [G. Di Chiara]
Il Foro Italiano — 1999.
Una delle ordinanze indica, poi, quale ulteriore parametro, intrinsecamente collegato alla tutela del diritto di difesa, l'art.
10 Cost., anche qui con richiamo alle convenzioni internaziona
li ratificate e rese esecutive in Italia; precisamente, oltre che
la già ricordata convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il patto interna
zionale per i diritti civili e politici, adottato a New York il 16
novembre 1966, reso esecutivo con 1. 25 ottobre 1977 n. 881, ed entrato in vigore per l'Italia il 15 dicembre 1978.
Le singole articolazioni dei provvedimenti rimessivi rivelano
però qualche, ma solo apparente, divaricazione, conseguente al
la peculiarità della fase in cui la misura è stata eseguita. Men
tre, infatti, talune ordinanze non indicano quale debba essere
11 giudice tenuto a procedere all'interrogatorio, altre ne rivendi
cano, esplicitamente o implicitamente, l'esecuzione al giudice del dibattimento, a norma degli art. 279 c.p.p. e 91 delle norme
di attuazione dello stesso codice. Ma, poiché nessuno dei rimet
tenti ha denegato la propria competenza a decidere sulla richie
sta di caducazione della misura, tutte le ordinanze, anche per
ragioni connesse al necessario requisito della rilevanza, ravvisa
no nella fase che va dalla trasmissione degli atti al giudice del
dibattimento all'inizio del dibattimento la competenza del giu dice di tale fase tanto per l'espletamento dell'interrogatorio quan to per l'eventuale dichiarazione di estinzione della misura. Una
problematica che riemerge con particolare efficacia in uno dei
provvedimenti rimessivi, precisamente quello pronunciato dalla
Corte di assise di Bari, che propone «l'ulteriore connessa que stione della precisa individuazione degli elementi probatori sui
quali il giudicante potrà contare nell'espletamento di tale in
combente e nella formazione del suo convincimento sui presup
posti della misura cautelare». Se, cioè, simile verifica vada com
piuta sulla base degli atti contenuti nel fascicolo per il dibatti
mento e/o desumibili dai provvedimenti cautelari a sua
disposizione oppure — esprimendo, sul punto, perplessità per il «pregiudizio» che potrebbe insinuarsi nel convincimento del
giudice che procede — sulla base di tutti gli atti valutati dal
giudice per le indagini preliminari prima dell'adozione della
misura.
4. - La questione è, nei termini che seguono, fondata.
Come si è ricordato, questa corte, con sentenza n. 77 del
1997, cit., ebbe a dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art.
294, 1° comma, c.p.p. «nella parte in cui non prevede che, fino
alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento il giudice
proceda all'interrogatorio della persona in stato di custodia cau
telare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque
giorni dall'inizio di esecuzione della custodia» e dell'art. 302
dello stesso codice, «limitatamente alle parole 'disposta nel cor
so delle indagini preliminari'». La delimitazione temporale e di fase a suo tempo operata
era strettamente connessa al requisito della rilevanza, contestan
dosi da parte di tutte le ordinanze di rimessione che il giudice fosse tenuto a procedere all'interrogatorio prescritto dall'art.
294, 1° comma, esclusivamente nella fase delle indagini prelimi nari. Si ritenne, dunque, che non fossero sufficienti per argo mentare la legittimità dell'assetto normativo allora vigente e,
conseguentemente, per sottrarre l'imputato all'interrogatorio «di
garanzia» contemplato dalla norma anche adesso denunciata, né la considerazione che dopo la chiusura delle indagini l'impu tato stesso abbia la possibilità di venire a conoscenza del fasci
colo contenente la notizia di reato e la documentazione relativa
alle indagini espletate trasmesso al momento della richiesta di
rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero (documenta zione depositata nella cancelleria del giudice, con notificazione
dell'avviso al difensore di prendere visione degli atti) né il rilie
vo che nel corso dell'udienza preliminare l'imputato può richie
dere di essere sottoposto ad interrogatorio; sia perché i tempi,
per giunta ordinatori, intercorrenti tra richiesta del pubblico mi
nistero ed espletamento dell'udienza preliminare possono non
consentire quella immediata presa di contatto tra imputato in
vinculis e giudice che è a fondamento dell'art. 294, 1° comma,
sia perché l'interrogatorio in sede di udienza preliminare — da
espletarsi solo su richiesta dell'imputato e non ad iniziativa del
giudice, quale espressione di un suo specifico potere-dovere —
non può identificarsi con l'interrogatorio «di garanzia», soprat
tutto con riferimento alle esigenze cautelari e tenuto anche con
to del tipo di delibazione demandato al giudice al termine del
l'udienza. Senza che possano colmare una simile lacuna né gli
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PARTE PRIMA
strumenti di gravame cautelare, in ordine ai quali pure la legge consente l'esame dell'imputato in vinculis, né il procedimento di revoca — contraddistinto da una funzione profondamente diversa rispetto al procedimento incentrato sulla genesi della cu
stodia — perché il dovere di interrogatorio in tale sede scaturi
sce dall'esistenza proprio di una situazione che potrebbe emer
gere a seguito dell'interrogatorio «di garanzia», essendo l'inter
rogatorio prescritto, nell'ambito di tale procedura, solo se
l'istanza è fondata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli
già valutati.
5. - Una volta superate le ragioni ostative all'applicabilità del
regime dell'interrogatorio previsto dall'art. 294, 1° comma, al
di là del limite della fase delle indagini preliminari, diviene con
trastante, oltre che con il principio di eguaglianza, anche con
il diritto di difesa, una norma che non estende tale dovere dalla
fase successiva alla trasmissione degli atti al giudice del dibatti
mento fino al momento dell'inizio del dibattimento stesso. Tan
to più che l'intervallo di tempo fra trasmissione degli atti ed
inizio del dibattimento può essere contrassegnato da una esten
sione maggiore rispetto a quello che va dalla richiesta di rinvio
a giudizio all'espletamento dell'udienza preliminare; con la con
seguenza di rendere, in via di principio, ancor più irragionevole la diversità di trattamento rispetto alla previsione già dichiarata
costituzionalmente illegittima. Tanto da caratterizzare un simile
regime come avente l'unica, e certo non costituzionalmente tu
telabile, finalità di protrarre senza limiti di tempo la presa di
contatto tra imputato e giudice e, di conseguenza, di adottare
un trattamento deteriore per il latitante.
Può, dunque, qui ripetersi, a maggior ragione, che un regime di tal genere priva «l'imputato in vinculis del più efficace stru
mento di difesa avente ad oggetto la cautela disposta: di quel
colloquio, cioè, con il giudice relativo alle condizioni che hanno
legittimato l'adozione della misura cautelare ed alla loro perma nenza» (v. sentenza n. 77 del 1997, cit.). Ancora una volta po tendosi richiamare (senza che, peraltro, ne risulti coinvolto l'art.
10 Cost, che, secondo l'indirizzo di questa corte esorbita dagli schemi del diritto internazionale pattizio) sia il patto internazio
nale relativo ai diritti civili e politici del 1966 (in vigore per l'Italia dal 1978) sia la convenzione per la salvaguardia dei di
ritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950 (entrata in vigore per l'Italia nel 1955), che reclamano «la più tempesti va presa di contatto con il giudice della persona arrestata o
detenuta, a prescindere dalla fase procedimentale in cui la pri vazione dello status libertatis è avvenuta».
Appare chiaro, poi, come l'adempimento di un simile dovere
presuppone che non sia stata ancora instaurata la fase del giu dizio che, per i suoi caratteri essenziali di pienezza del contrad
dittorio e per l'immanente presenza dell'imputato, assorbe la
stessa funzione dell'interrogatorio previsto dall'art. 294, 1c com
ma; senza contare che il giudice del dibattimento, quale giudice che «attualmente» potrà procedere all'esame dell'imputato in vinculis su ogni elemento dell'imputazione e sulle condizioni le
gittimanti lo status custodiae, ha in ogni momento della fase
la possibilità di verificare sia la legittimità dello status sia la
permanenza delle condizioni che determinarono l'adozione del la misura custodiale.
6. - L'affermazione, costituzionalmente imposta, che l'inter
rogatorio di garanzia, oltre che un obbligo del giudice costitui sce un diritto fondamentale della persona sottoposta alla custo
dia anche nella fase successiva alla trasmissione degli atti al giu dice del dibattimento e fino all'inizio del dibattimento stesso, non comporta soluzioni necessitate quanto al giudice a cui affi dare il compito di procedere all'interrogatorio e agli atti da uti lizzare a tal fine, né in ordine al termine congruo entro cui
l'interrogatorio deve essere effettuato e alle conseguenze con nesse all'inosservanza del termine stesso.
È compito del legislatore, nel rispetto dei principi costituzio nali affermati dalla presente decisione, operare le scelte discre zionali che sottostanno alla soluzione degli anzidetti problemi, tenendo conto delle specifiche esigenze connesse alla nuova fase
processuale — diversa da quelle a cui si riferiva l'originale di
sciplina dell'art. 294 c.p.p. come integrata dalla sentenza n. 77 del 1997, cit., di questa corte — alla quale viene esteso l'obbli
go dell'interrogatorio di garanzia. In attesa dell'intervento legislativo, sarà il giudice a trarre
11 Foro Italiano — 1999.
dal sistema in vigore, come integrato dalla presente pronuncia, le soluzioni più corrette in ordine alla competenza, alle modali
tà e al termine per l'osservanza dell'obbligo di interrogatorio, nonché a valutare, anche in relazione alle concrete situazioni
processuali, incidenza, effetti e modo di operare della pronun cia medesima sulle misure cautelari in atto.
7. - Deve, conseguentemente, essere dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 294, 1° comma, c.p.p., nella parte in
cui non prevede che fino all'apertura del dibattimento il giudice
proceda all'interrogatorio della persona in stato di custodia cau
telare in carcere.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale dell'art. 294, 1° comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede che fino all'apertura del dibattimento il giu dice proceda all'interrogatorio della persona in stato di custodia
cautelare in carcere.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 30 dicembre 1998, n.
456 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 13 gennaio 1999, n. 2); Pres. Granata, Est. Onida; imp. Casadei; interv. Pres.
cons, ministri. Ord. Pret. Roma 16 dicembre 1997 (G.U., la
s.s., n. 8 del 1998).
Sanità pubblica — Rifiuti pericolosi — Obbligo di comunica
zione annuale e di tenuta dei registri — Sanzioni amministra
tive — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 76,
77; 1. 22 febbraio 1994 n. 146, disposizioni per l'adempimen to di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Co
munità europee - legge comunitaria 1993, art. 2; d.leg. 5 feb braio 1997 n. 22, attuazione delle direttive 91/156/Cee sui
rifiuti, 91/689/Cee sui rifiuti pericolosi e 94/62/Ce sugli im ballaggi e sui rifiuti di imballaggio, art. 52).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 52 d.leg. 5 febbraio 1997 n. 22, nella parte in cui prevede sanzioni amministrative per l'omessa comunicazione della
quantità e qualità dei rifiuti pericolosi prodotti, recuperati e
smaltiti nell'anno precedente e per l'omessa tenuta dei registri relativi alla stessa tipologia di rifiuti, in riferimento agli art. 76 e 77 Cost. (1)
(1) Per identica questione, v. Pret. Roma 19 maggio 1997, Foro it., 1997, II, 661, con nota di richiami di Paone, nonché Pret. Pescara-S. Valentino 19 marzo 1997, id., Rep. 1997, voce Sanità pubblica, n. 667.
Sulle problematiche derivanti dalla depenalizzazione del reato di omessa o irregolare tenuta dei registri, v., da ultimo, Pret. Varese 5 novembre 1997, id., 1998, II, 633, con nota di richiami. In proposito, Cass. 28
aprile 1997, Alleruzzo, id., Rep. 1997, voce cit., n. 645, ha sancito che l'inottemperanza all'obbligo di tenuta di registro di carico e scarico non è più prevista come reato poiché tali fatti sono stati depenalizzati dagli art. 11, 3° comma, 12, 1° comma, e 52, 1° e 2° comma, d.leg. 5 febbraio 1997 n. 22, che all'art. 56 ha anche abrogato espressamente le norme di cui agli art. 3, 3° e 4° comma, e 9 octies d.l. 9 settembre 1988 n. 397, convertito, con modificazioni, dalla 1. 9 novembre 1988 n. 475.
In generale, Cass. 2 aprile 1997, Negro, Ced Cass., rv. 209152, ha precisato che se fra le prescrizioni indicate nel provvedimento di auto rizzazione allo svolgimento dell'attività di smaltimento dei rifiuti vi sia anche quella concernente la tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti, il reato ravvisabile nell'ipotesi di omissione è quello di cui al l'art. 27, 1° comma, d.p.r. 915/82 e non già quello di cui all'art. 9 octies 1. 475/88; questa conclusione trova giustificazione, secondo la corte, nel fatto che tra tali norme non sussiste un rapporto di specialità, in base al quale la norma penale in bianco di cui al 1° comma dell'art. 27 non potrebbe essere applicata ove ricorrano i presupposti dell'art. 9 octies-, al contrario, si tratta di due norme che, pur avendo elementi in comune, coprono differenti momenti di tutela, essendo rivolte a sog getti comunque coinvolti nell'attività di smaltimento di rifiuti per i qua li il legislatore ha previsto un regime giuridico differenziato (nella spe
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