sentenza 17 luglio 1998, n. 275 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 26 agosto 1998, n. 34);Pres. Granata, Est. Santosuosso; Fall. Trevitex c. Banco di Napoli (Avv. Tarzia); interv. Pres.cons. ministri (Avv. dello Stato Laporta). Ord. Trib. Milano 30 giugno 1997 (G.U., 1 a s.s., n. 41del 1997)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 5 (MAGGIO 1999), pp. 1405/1406-1407/1408Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193455 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
rimane peraltro tale, anche se in termini relativi (21), solo se vista al l'interno dell'ordinamento statale italiano. Essa, invece, assume conno tazioni comuni e perfino tipiche se avvicinata a quelle esperienze —
dal Belgio alla Nuova Zelanda, dagli Stati uniti alla Germania e alla
Slovenia, dal Canada al Sudafrica — in cui la tutela delle minoranze
etniche ha trovato accoglimento all'interno delle regole democratiche:
sintomo di concezioni di eguaglianza e di nazione che, nella fase odier na dello Stato pluralista, non possono che costruirsi anche attraverso
componenti di carattere etnico.
Carlo Casonato
giustizia amministrativa; l'art. 93 sulla partecipazione di un magistrato appartenente al gruppo di lingua tedesca alle sezioni del Consiglio di
Stato; l'art. 107 sulla commissione paritetica nell'ambito del procedi mento di formazione delle norme di attuazione.
(21) Anche nell'ordinamento italiano, infatti, si riscontrano norme
che, senza giungere a quanto disposto per il Trentino-Alto Adige, colle
gano il fattore etnico alla rappresentanza politica. Oltre ai citati art. 7 1. n. 276 e n. 277 del 1993 sulla costituzione dei collegi elettorali
per l'elezione di senato e di camera dei deputati, v. la modifica interve nuta nel novembre 1997 all'interno dell'art. 14 del regolamento della camera — secondo cui «un'unica componente politica all'interno del
gruppo misto può essere altresì costituita da deputati, in numero non inferiore a tre, appartenenti a minoranze linguistiche tutelate dalla Co stituzione e individuate dalla legge, i quali siano stati eletti, sulla base
o in collegamento con liste che di esse siano espressione, nelle zone in cui tali minoranze sono tutelate» — e l'art. 22 1. n. 18 del 1979 in materia di elezione dei rappresentanti dell'Italia al parlamento euro
peo — che, nella versione vigente, dispone in collegamento con l'art.
12, che «qualora nessuno dei candidati della lista di minoranza lingui stica collegata sia compreso nella graduatoria dei posti ai quali il grup
po di liste ha diritto, l'ultimo posto spetta a quel candidato di minoran
za linguistica che abbia ottenuto la maggior cifra individuale, purché non inferiore a 50.000».
Carlo Casonato
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 17 luglio 1998, n. 275
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 agosto 1998, n. 34);
Pres. Granata, Est. Santosuosso; Fall. Trevitex c. Banco
di Napoli (Avv. Tarzla); interv. Pres. cons, ministri (Avv.
dello Stato Laporta). Ord. Trib. Milano 30 giugno 1997
(G.U., 1" s.s., n. 41 del 1997).
Procedimento civile — Decisione del giudice istruttore in fun
zione di giudice unico — Richiesta di discussione orale —
Scambio delle sole conclusionali — Questione infondata di
costituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. proc. civ., art. 190,
190 bis, 275).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
190 bis c.p.c., nella parte in cui prevede, per il caso in cui
la decisione della causa sia devoluta al giudice istruttore in
funzione di giudice unico e taluna delle parti abbia richiesto
la fissazione dell'udienza di discussione, lo scambio delle sole
comparse conclusionali e non anche delle memorie di replica,
in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)
(1) La questione affrontata dalla corte deriva dal raffronto tra gli
art. 275 e 190 bis c.p.c.: il primo, con riferimento all'ipotesi di decisio
ne collegiale della causa, lascia intendere che l'eventuale richiesta di
discussione orale non incide sullo scambio delle difese scritte (comparse
conclusionali e memorie di replica) entro i termini indicati nell'art. 190;
il secondo, applicabile alla decisione del giudice istruttore in funzione
di giudice unico, prevede, invece, che, laddove una delle parti chieda
la fissazione dell'udienza di discussione, debba aver luogo lo scambio
delle sole comparse conclusionali, e non anche delle memorie di replica. La ratio di tale discriminazione non è affatto chiara. Secondo Proto
Pisani, La nuova disciplina del processo civile, Napoli, 1991, 171, l'e
sclusione delle memorie di replica si giustificherebbe con ciò che «la
replica potrà e dovrà avvenire oralmente nel corso della discussione
Il Foro Italiano — 1999.
Diritto. — 1. - Il giudice istruttore del Tribunale di Milano
ritiene che l'art. 190 bis c.p.c., nella parte in cui non prevede
che, anche nel processo davanti al giudice istruttore in funzione
di giudice unico, in caso di richiesta di una parte di fissazione
dell'udienza di discussione, il giudice debba disporre, oltre allo
scambio delle comparse conclusionali, anche quello delle me
morie di replica, sia in contrasto:
1) con l'art. 3 Cost., per l'ingiustificata disparità di tratta
mento che si crea rispetto alle cause devolute alla decisione del
tribunale in composizione collegiale, nelle quali lo scambio del
le comparse conclusionali e delle memorie di replica avviene
comunque, ossia anche in caso di richiesta di discussione orale;
disparità che non trova alcuna giustificazione né in presunte
esigenze di accelerazione, né in una minore complessità delle
cause decise dal tribunale in composizione monocratica;
2) con l'art. 24 Cost., in considerazione della necessità di ga rantire pienamente il contraddittorio nelle cause affidate al giu dice unico e della possibilità che la legge riconosce a ciascuna
delle parti di precludere all'altra, richiedendo unilateralmente
la discussione orale, la presentazione delle memorie di replica. 2. - Prima di passare al merito, la corte è chiamata a valutare
l'incidenza sulla rilevanza della questione della sopravvenuta nor
mativa contenuta nel d.leg. 19 febbraio 1998 n. 51. Tale decre
to — che ha portato a definitivo compimento il progetto di
affidare il giudizio di primo grado ad un giudice nella grande
maggioranza dei casi monocratico — oltre ad abrogare (art.
63), infatti, la norma impugnata nel presente giudizio, ha for
mulato un nuovo art. 281 quinquies c.p.c., nel cui capoverso viene dettata una norma di contenuto assai simile a quella del
l'abrogato art. 190 bis dello stesso codice. È per questo che
il Banco di Napoli ha chiesto alla corte di estendere la declara
toria di illegittimità costituzionale anche alla norma nuova.
Ritiene peraltro questa corte che il presente giudizio debba
svolgersi esclusivamente sulla norma impugnata; e ciò per il fat
to che l'art. 247 d.leg. n. 51 del 1998, pur stabilendo l'immedia
ta entrata in vigore delle norme ivi dettate, ne differiva in origi
ne l'efficacia a dopo il decorso del termine di cui all'art. 1,
1° comma, lett. r), 1. delega 16 luglio 1997 n. 254. E poiché
tale termine è stato successivamente fissato al 2 giugno 1999
(art. 1 1. 16 giugno 1998 n. 188), l'art. 190 bis c.p.c. è ancora
applicabile nel giudizio a quo e va sottoposto al richiesto scruti
nio di costituzionalità.
3. - Nel merito, la questione non è fondata.
Il giudice rimettente ritiene che l'alternativa posta dalla nor
ma impugnata — nel procedimento dinanzi al tribunale in fun
zione di giudice unico — tra la discussione orale e lo scambio
delle memorie di replica vulneri gli art. 3 e 24 Cost. Ma in
realtà non sussiste alcuna delle lamentate lesioni.
Va innanzitutto ribadito il principio generale che il legislatore
è dotato di ampia discrezionalità nel dettare le norme proces
suali, con l'unico limite della ragionevolezza (v., ex plurimis,
le sentenze n. 451 del 1997, Foro it., 1998, I, 1377, e n. 31
del 1998). Nel caso specifico è indubbio che il legislatore del 1990, rego
lando la fase conclusiva del processo davanti al tribunale, ha di
sciplinato in modo differenziato la procedura a seconda che la
decisione sia affidata al collegio oppure al giudice unico. Ferma
restando in entrambi i casi la facoltatività dell'udienza di discus
sione orale, il legislatore ha stabilito che nelle sole cause di spet
tanza collegiale la richiesta di tale udienza non esclude la presen
tazione di memorie di replica; davanti al giudice unico, invece,
il deposito delle memorie di replica e la discussione orale si pre
sentano come alternativi, nel senso che l'uno esclude l'altra.
orale»; ma questo non spiega, a ben riflettere, perché dinanzi al tribu
nale in composizione collegiale sia adottato un diverso regime. In senso
critico, pur senza sollevare dubbi d'illegittimità costituzionale, v., infat
ti, Tarzia, Lineamenti del nuovo processo di cognizione, Milano, 1996,
174 s.; Sassani, in Consolo, Luiso, Sassani, Commentario alla rifor ma del processo civile, Milano, 1996, 218.
Mette conto di ricordare che l'art. 190 bis, introdotto dalla 1. 353/90,
è stato ora abrogato, con effetto dal 2 giugno 1999, dall'art. 63 d.leg. 19 febbraio 1998 n. 51 (norme in materia di istituzione del giudice uni
co di primo grado); ma che le disposizioni in esso contenute sono state
sostanzialmente trasfuse nel nuovo art. 281 quinquies (Decisione a se
guito di trattazione scritta o mista), inserito in un apposito capo dedica
to al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica.
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1407 PARTE PRIMA 1408
In realtà, questa differenza di rito non è la sola, perché dal
confronto tra gli art. 190 e 190 bis con l'art. 275 del codice
di rito risulta che nelle cause collegiali la richiesta di discussione
orale deve essere riproposta «al presidente del tribunale alla sca
denza del termine per il deposito delle memorie di replica», con
una duplicazione che è assente nel processo davanti al giudice monocratico.
Ciò che rileva in questa sede in modo particolare, peraltro, è che la lamentata diversità, pur determinando alcune perplessi tà evidenziate dalla dottrina, non è arbitraria. Il legislatore, stante
la diversità tra i due organi dello stesso ufficio, ben poteva mo
dellare il rito secondo un trattamento differenziato; cosa che
realmente ha fatto in una maniera che, non potendo definirsi
irragionevole, non assurge al livello di violazione dell'invocato
principio costituzionale di eguaglianza. 4. - Parimenti deve negarsi che sussista alcuna violazione del
l'ulteriore parametro di cui all'art. 24 Cost.
In proposito occorre ribadire che, pur essendo indubbio il
carattere di inviolabilità del diritto di difesa nell'ambito di qual siasi procedimento giurisdizionale (v. sentenza n. 212 del 1997,
ibid., 2325), costituisce costante orientamento di questa corte
quello per cui tale diritto può diversamente atteggiarsi nell'am
bito dei diversi procedimenti; ciò che conta in modo essenziale
è che «non ne siano pregiudicati lo scopo e le funzioni» (v. sentenze n. 220 del 1994, id., 1995, I, 37; n. 119 del 1995, ibid.,
1401, e ordinanza n. 388 del 1996, id., Rep. 1997, voce Esecu
zione in genere, n. 20). Con particolare riguardo all'art. 190 bis oggi impugnato, i
principi ora richiamati impongono di verificare se il rapporto tra le difese scritte e quelle orali nel processo davanti al giudice unico sia tale da frustrare l'effettività del contraddittorio.
Sulla base di queste premesse risulta chiaro che porre un'al
ternativa tra difesa scritta e discussione orale nel processo civile
non può determinare alcuna lesione di un adeguato contraddit
torio, anche perché le parti permangono su di un piano di pari tà. Né può dirsi che l'art. 24 Cost, sia vulnerato per il fatto
che una sola delle parti, chiedendo la discussione orale, preclu da all'altra il diritto alle memorie di replica. Tale richiesta, in
fatti, non esclude comunque la possibilità per entrambe le parti di esporre integralmente e in condizioni di parità le proprie tesi
difensive, nell'immediatezza derivante dalla presenza dei con
traddittori innanzi al giudice. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 190 bis c.p.c. sollevata, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., dal giudice istrut
tore del Tribunale di Milano con l'ordinanza di cui in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 17 luglio 1998, n. 272
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 22 luglio 1998, n. 29); Pres. Granata, Est. Vari; Proc. reg. Corte conti Sicilia c.
Lupo; Proc. reg. Corte conti Puglia c. De Feo e altri. Ord.
Corte conti, sez. giur. reg. Sicilia, 5 luglio 1996 e sez. giur.
reg. Puglia 20 giugno 1996 (G.U., la s.s., n. 42 del 1996
e n. 16 del 1997).
Responsabilità contabile e amministrativa — Sequestro conser
vativo — Presidente della sezione giurisdizionale regionale —
Competenza — Questione manifestamente infondata di costi
tuzionalità (Cost., art. 3, 97, 108; d.l. 15 novembre 1993 n.
453, disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, art. 5; 1. 14 gennaio 1994 n. 19, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 15 novembre 1993 n. 453).
Responsabilità contabile e amministrativa — Sequestro conser
vativo — Presidente della sezione giurisdizionale regionale —
Designazione del giudice della sezione per l'assunzione dei prov vedimenti conseguenti — Mancanza di criteri predeterminati — Questione infondata di costituzionalità nei sensi di cui in motivazione (Cost., art. 25; d.l. 15 novembre 1993 n. 453, art. 5; 1. 14 gennaio 1994 n. 19).
Il Foro Italiano — 1999.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 5, 3° comma, d.l. 15 novembre 1993 n. 453,
convertito, con modificazioni, in I. 14 gennaio 1994 n. 19,
nella parte in cui prevede che il presidente della sezione giuris
dizionale della Corte dei conti, anziché designare senz'altro
il giudice per la trattazione della domanda di sequestro con
servativo proposta dal procuratore regionale, dispone egli stesso
il sequestro, contestualmente designando il giudice per l'as
sunzione dei provvedimenti conseguenti, in riferimento agli art. 3, 97 e 108 Cost. (1)
È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 5, 3° comma, d.l. 15 no
vembre 1993 n. 453, convertito, con modificazioni, in l. 14
gennaio 1994 n. 19, nella parte in cui non prevede che la
designazione del giudice competente a confermare o meno il
decreto di sequestro conservativo, emesso dal presidente della
sezione giurisdizionale della Corte dei conti su domanda del
procuratore regionale, avvenga sulla scorta di criteri obiettivi
e predeterminati, in riferimento all'art. 25, 1 " comma, Cost. (2)
(1-2) La Corte costituzionale si pronunzia sul tema della precostitu zione del giudice naturale, con riferimento all'ordinamento della Corte dei conti ed in particolare alle funzioni e ai poteri del presidente di sezione giurisdizionale in ordine alla domanda di sequestro conservati vo proposta dal procuratore regionale.
Il giudizio trae origine da due diverse ordinanze di rimessione, en trambe incentrate sulla legittimità costituzionale dell'art. 5, 3° comma, 1. 19/94.
La prima ipotizzava l'illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui, prevedendo che il presidente della sezione, dopo aver autorizzato il sequestro richiesto dal procuratore regionale, designa un giudice della sezione per la conferma o meno del sequestro, comporterebbe, da una
parte, una irrazionale frantumazione del procedimento (che non si rin
viene, infatti, nel processo civile) e, dall'altra parte, determinerebbe nel
giudice designato un deficit di serenità nel momento in cui questi, pro nunciandosi sulla conferma o meno del sequestro, esprime comunque una valutazione sull'operato del presidente della sezione cui egli appar tiene. Il tutto, con una supposta violazione, per un verso, dell'art. 97 Cost, e, per l'altro, degli art. 3 e 108 Cost.
Con riferimento all'art. 97 Cost., la corte conferma però la sua giuris prudenza (aperta da Corte cost. 10 maggio 1982, n. 86, Foro it., 1982, I, 1497, con nota di Pizzorusso, Tanto rumore per nulla, ed in seguito sempre ribadita, sino alle recenti Corte cost., ord. 10 gennaio 1997, n. 7, id., Rep. 1997, voce Procedimento civile, n. 360, e ord. 18 aprile 1997, n. 103, ibid., voce Tribunale per i minorenni, n. 27), per cui la disposizione in questione disciplina gli uffici giudiziari per quanto attiene agli aspetti strettamente amministrativi e non anche all'organiz zazione della funzione giurisdizionale. Con riferimento, poi, agli art. 3 e 108 Cost., nega che la soggezione a poteri organizzativi del presi dente della sezione giurisdizionale valga di per sé a menomare l'indi
pendenza del giudice designato. Da notare che, al riguardo, la sentenza, attenendosi strettamente alla
prospettazione del giudice a quo, non tocca in alcun modo il problema della «serenità» del presidente della sezione, in quanto investito della
duplice funzione di autorizzare il sequestro e di designare, fra i giudici della sezione che egli presiede, quello che deciderà sulla conferma.
La seconda ordinanza prospettava la questione di costituzionalità del medesimo articolo sotto il profilo della garanzia di precostituzione del
giudice naturale, recata dall'art. 25 Cost, e dunque non sul piano dei
rapporti interni tra uffici, ma su quello dei diritti dei cittadini, stante la mancata predeterminazione ex lege di obiettivi criteri di designazione.
In tal senso, il rimettente si riallacciava alla giurisprudenza della stes sa Corte costituzionale, la quale ha da tempo affermato che il principio della precostituzione del giudice non è compatibile con la discrezionali tà nella sua designazione (Corte cost. 7 luglio 1962, n. 88, id., 1962, I, 1217), poiché altrimenti verrebbe revocata in dubbio l'indipendenza e l'obiettività del giudicante (Corte cost. 23 maggio 1985, n. 156, id., 1985, I, 2853, e Cons. Stato, 1985, II, 1253, con nota di Mazziotti di Celso, Garanzia del giudice naturale precostituito per legge e indi
pendenza nei giudizi delle giurisdizioni speciali). La prospettazione è, però, rigettata dalla corte sotto un duplice pro
filo. Anzitutto, essa rileva che proprio le sentenze da ultimo citate di
stinguono tra precostituzione del giudice come ufficio e precostituzione come persona fisica, dichiarando incostituzionali le norme che consenti vano la concreta assegnazione di una causa ad un giudice diverso da
quello competente per legge (sent. 88/62, cit.), ma non quelle sulla con creta composizione fisica dei collegi giudicanti (sent. 156/85, cit.; la
fattispecie era quella di normativa che mutava il limite di età per la
permanenza in servizio dei magistrati delle commissioni tributarie). In secondo luogo, essa nega che l'esigenza costituzionale possa essere tute lata solo mediante un «sistema tabellare», recante la predeterminazione dei criteri di assegnazione degli affari ai diversi giudici (su cui v. Rom
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