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Sentenza 17 marzo 1960; Pres. Prato P., Est. Diez; Società Gallarotti c. I.n.a.i.l

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Sentenza 17 marzo 1960; Pres. Prato P., Est. Diez; Società Gallarotti c. I.n.a.i.l. Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 4 (1961), pp. 693/694-695/696 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151057 . Accessed: 25/06/2014 04:55 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.210 on Wed, 25 Jun 2014 04:55:05 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sentenza 17 marzo 1960; Pres. Prato P., Est. Diez; Società Gallarotti c. I.n.a.i.l.Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 4 (1961), pp. 693/694-695/696Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151057 .

Accessed: 25/06/2014 04:55

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693 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 694

CORTE D'APPELLO DI TORINO.

Sentenza 17 marzo 1960 ; Pres. Prato P., Est. Djez ; Società Gallarottì c. I.n.a.i.l.

In (orlimi sul lavoro — Societ à a responsabilit à limi tata — Soci lavoratori — Assicurazione obbliga toria (R. d. 17 agosto 1935 n. 1765, assicurazione ob

bligatoria degli infortuni sul lavoro, art. 18 ; r. d. 25

gennaio 1937 n. 200, regolamento per l'esecuzione del r. d. 17 agosto 1935 n. 1765, art. 5 ; cod. civ., art. 2472).

Sono da considerare prestatori dì lavoro subordinato e sono

perciò tutelati dall'assicurazione infortuni i soci di una società a responsabilità limitata, addetti a lavorazioni

protette. (1)

La Corte, ecc. — Le doglianze, dalla Società appellante svolte contro il malgoverno, clic i primi Giudici avrebbero

l'atto, dell© norme della legislazione speciale in materia, così si possono sintetizzare : nella Società stessa vi sono due soci, Gallarotti Massimo e Vacca Primino (quest'ultimo, nota la

Corte, risulta anche aver veste di legale rappresentante, ai sensi dell'art. 2487, 1° comma, ipotesi penultima, e 2298, 1°

comma, dell'ente collettivo). Detti due soci, attendono alle

operazioni materiali di trasporto, in quanto è oggetto dell'at tività sociale il trasportare le merci a mezzo autocarro. Detti

soci, malgrado le prestazioni manuali che compiono, sono, sì

lavoratori, ma non affatto « lavoratori subordinati » ; quindi il rapporto assicurativo, che in modo automatico secondo la legge si crea con l'inizio d'una delle attività previste dall'art. 1 r. decreto 17 agosto 1935 n. 1765, non era, nella

fattispecie, in grado di configurarsi e neppure di concepirsi. Il legislatore comune (seguita l'appellante) ha fornito la definizione di « prestatore di lavoro subordinato » (art. 2094 cod. civ.) ; e, se ivi si prescinda dall'elemento per cui la prestazione è estesa pure a quella di carattere intel

lettuale, detta definizione deve combaciare con quella che

compare nella terminologia tecnica del legislatore infortu nistico riguardo a chi è la « persona assicurata ». Quest'ul timo legislatore avrebbe escluso dalle sue previsioni il lavoratore autonomo e avrebbe anche escluso, col tacerne, quelle prestazioni di lavoro caratterizzate dallo svolgersi sine mercede nel seno di un rapporto societario. Inoltre, avrebbe soltanto contemplato il prestatore di lavoro ma nuale subordinato (categoria « operai », secondo l'art. 2095, 1° comma, ultima ipotesi, cod. civ.) che fosse retribuito

(1) Conformi, oltre la sentenza 24 dicembre 1958 del Tri bunale di Novara (Foro it., Rep. 1959, voce Infortuni sul lavoro, n. 95), ora confermata, Ispett. lavoro Udine 23 settembre 1959 (tutte le società, siano esse o no assimilabili a cooperative), Min. lavoro 15 novembre 1958 (società di fatto), ibid., nn. 94, 96; Trib. Parma 18 luglio 1956 (tutte le società, siano esse o no assimilabili a cooperative), Min. lavoro 18 novembre 1957 (società in nome collettivo), Cass. pen. 15 novembre 1957, Dal lari (socio consigliere di società a responsabilità limitata), Min. lavoro 25 novembre 1957 (società a responsabilità limitata), Ispett. lavoro Bologna 25 giugno 1958 (società di fatto), Cass. 27 settembre 1958, n. 3046 (cooperativa), id., Rep. 1958, voce cit., nn. 83-92 ; Ispett. lavoro Modena 23 agosto 1956, Min. lavoro 11 febbraio 1957 (società di fatto), Trib. Torino 4 luglio 1956 (accomandita semplice), Ispett. lavoro Udine 27 ottobre 1956 (società a responsabilità limitata), id., Rep. 1957, voce cit., nn. 59, 65-67 ; Pret. Fano 14 gennaio 1955, Ispett. lavoro Parma 26 giugno 1956, Min. lavoro 16 luglio 1956, 10 dicembre e 18 giugno 1955 (società di fatto), id., Rep. 1956, voce cit., nn. 90-96 ; Ispett. lavoro Bologna 27 novembre e 10 dicembre 1954 (accomandita semplice), Trib. Parma 21 gennaio 1955, Min. lavoro 18 giugno e 6 agosto 1955 (società di fatto), id., R?p. 1955, voce cit., nn. 82, 85-89 ; App. Genova 21 luglio 1954, Min. lavoro 29 aprile 1954 e 30 settembre 1954 (società di fatto), id., Rep. 1954, voce cit., nn. 75-78 ; Trib. Firenze 18 settembre 1953 (società in nome collettivo), id., 1954, I, 1368, con nota di Prosperetti. Contra Pret. Orvinio 27 marzo 1957 (società di fatto costituita da lavoratori per lo sfruttamento di una cava), id., Rep. 1959, voce cit., nn. 99-101 ; Trib. Como 2 febbraio 1955 (società di fatto), id., Rep. 1955, voce cit., n. 84.

con mera partecipazione agli utili, statuendo che costui

doveva intendersi sempre oggetto dell'obbligo assicurativo.

Ingiustificata sarebbe quindi la tesi, affermata dalle Se

zioni penali della Cassazione fin dal 1941, nel senso che

venivano integrate le specifiche contravvenzioni sancite

nella legislazione speciale infortunistica, dal fatto di omet

tere d'assicurare contro gli infortuni i soci lavoratori, ope ranti nei limiti « del contratto di salario ». Erano invece

esclusi da detta comminatoria sia i piccoli imprenditori, sia i soci d'industria.

Prosegue l'appellante nell'affermare che un'interpreta zione estensiva di cotali limiti soggettivi di applicazione, stabiliti dalla legislazione infortunistica, non poteva, poi, nè giustificarsi de iure condendo, e neppure dedursi erme

neuticamente, ed anche a causa della collocazione sistema

tica, dalla dizione dell'art. 5regol. approvato con r. decreto

25 gennaio 1937 n. 200, che così suona : « le società coope rative e le società anche di fatto, costituite, totalmente

o in parte, da prestatori d'opera, per l'esercizio dei lavori

previsti dall'art. 1 decreto dell'agosto 1935, sono consi

derate datori di lavoro anche nei riguardi dei propri soci ».

A proposito di questa ultima norma regolamentare,

l'appellante si diffonde ad elencare argomentazioni esege tiche che corroborerebbero la sua tesi : siccome l'art. 5 non

si occupa particolarmente delle persone assicurate, dette

persone, adunque, potrebbero identificarsi soltanto con

quelle ricavabili dalla dizione dell'art. 18 decreto dell'ago sto 1935. Siccome l'art. 5 non fa menzione di « soci di so

cietà », i quali siano da comprendersi fra le persone qualifi cate da vincoli societari e riguardo a cui s'impone l'ob

bligo assicurativo, dovrebbe anche inferirsi che detta

norma, lungi dall'abbracciare ogni specie, catalogata dal

legislatore comune, di società, nulla in sostanza innovi al campo di applicazione in cui spaziava il decreto dell'ago sto 1935.

Meno che mai, quindi, potrebbesi all'art. 5 regol. ascri vere la finalità di attribuire, anche alle persone giuridiche che assursero ad esistenza ex societate, la qualità di « datori di lavoro » rispetto a prestatori d'opera scambianti la loro

attività entro e mediante il nesso economico fornito dal

rapporto sociale. Ai detti enti societari (ribadisce l'appel lante) manca la possibilità di essere annoverati fra gli im

prenditori di cui all'art. 6 decreto dell'agosto 1935 ; e ciò

perchè, negli interni rapporti associativi, il socio lavoratore,

lungi dal cedere altrui il proprio lavoro per mercede, lo

presta a proprio esclusivo rischio, in corrispettivo d'un ri

sultato economico, che non è certus an, come lo è il salario, ma dipenderà esclusivamente da un aleatorio riparto d'utili. In qualsiasi specie di società (prosegue l'appellante) l'ente societario diventa datore di lavoro soltanto allor

quando consti che, fra il rappresentante legale dell'ente ed un dato socio, sia stato « stipulato » un contràtto di lavoro diversificantesi dal rapporto associativo. Erroneo

poi sarebbe il porre una assoluta presunzione, secondo

questi termini : « il socio che lavora, non può che prestare la propria opera se non in condizioni di subordinazione ».

La Corte non ritiene elle dette doglianze possano at tendersi. Di conseguenza, stima che i primi Giudici abbiano,

riguardo alla fattispecie, compiuto retta applicazione e delle norme speciali in materia, e dei principi generali di diritto.

Sembra alla Corte che, da parte appellante, si sia pre termessa, in partenza, una considerazione la quale invece è la chiave di volta, che ex necesse impronta il fondamento della ratio decidendi circa la presente fattispecie.

È altrettanto pacifico quanto elementare, infatti, che il lavoro di natura manuale delle due persone fisiche in

questione, Gallarotti Massimo e Vacca Primino viene

prestato collaborandosi, da queste, all'attività propria d'un

ente o soggetto giuridico che la legge configura istituzional mente come dotato di personalità giuridica a sè stante

e diversa dalle persone dei soci. Cfr. art. 2472 : « nelle

società a responsabilità limitata, per le obbligazioni so

ciali risponde soltanto la società, col suo patrimonio ».

Ed è noto che tale norma è la stessa già testualmente det

tata dal legislatore nell'art. 2325 a proposito della maggior

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695 PARTE PRIMA 696

categoria delle società per azioni, tanto che queste (con

template nel capo V del titolo V del libro « del lavoro »), e le società a responsabilità limitata (contemplate dal

capo VII del medesimo titolo), si sogliono raggruppare dalla concorde dottrina come due ramificazioni dell'unico

genere delle « società di capitali ». Or, se è vero che l'art. 18 del ricordato decreto dell'agosto 1935 contempla, come

oggetto dell'obbligo assicurativo, coloro i quali « prestano, alle dipendenze e sotto la direzione altrui, opera manuale e retribuita », la Corte rileva che, dei due estremi qualifi canti la prestazione, si è verificata la sussistenza nel caso che ne occupa. Il requisito di « dipendenza », infatti, che

non va intesò nel senso di un intenso stretto vincolo, si

configura ogni qualvolta il risultato materiale della energia,

spiegata dal lavoratore, non si riverbera, non viene acqui sito, non entra a far parte, intero e diretto, nel nesso dei

beni che gli appartengono personalmente ; bensì, trapassa tal quale al patrimonio d'un soggetto da lui distinto.

Tale trapasso, tale cessione altrui, attuandosi con un

ritmo continuativo giornaliero, ecc. postula una previa serie d'indicazioni od assegnazioni o direttive impartite

riguardo alla modificazione delle materialità esterne via

via realizzande mediante la diuturna energia lavorativa, di controlli nella pendenza dello spiegamento di essa e

nell'accertamento del prodotto. Operazioni che ex necesse

non potranno dipendere dalla stessa volontà dell'individuo

lavoratore, volta per natura a soddisfare interessi personali, e questi in precedenza ad ogni altra cosa. V'è, in altri ter

mini, una innegabile contrapposizione di voleri, anche se la volontà di un ente impersonale è fittiziamente ripor tata a quella emanante, con l'osservanza di date forme, da un essere umano. Questo è il punto saliente, posto in evi

denza, riguardo alla prestazione lavorativa oggetto di un

rapporto associativo, dal testo della sentenza della Corte

di cassazione in data 15 novembre 1957, Dallari (Foro it., Kep. 1958, voce Infortuni, nn. 85-87).

Questa Corte di merito aggiunge che non v'è nulla di

giuridicamente antitetico nel fatto che il medesimo essere

fisico assommi, in sè, le qualità di socio, munito quindi del diritto di avere, ex art. 2489, 1° comma, ipotesi seconda,

dagli amministratori notizia degli affari sociali, nonché

di dipendente della società. Nè v'è nulla di abnorme nel

caso che gli possa spettare di esprimere anche la volontà

dell'ente collettivo, con l'osservanza delle forme e nei limiti

imposti dalle varie norme richiamate nella seconda parte dell'art. 2487 cod. civ. ; circostanza che non esclude e non

annulla le caratteristiche economiche dell'essere socio, ma

è noto che le oblitera, tutte le volte che ricorra la vasta

serie dei casi previsti, ad es., negli art. 2372, ult. comma,

2373, 3° comma, 2377, 3° comma, 2389, 2390, 1° comma,

2393, 1° e 3° comma, cod. civ. Di conseguenza, non è

abnorme il fatto (il quale destò lo stupore e la deplorazione dell'appellante) che nel medesimo essere fisico possano

convergere due vesti e cioè sia l'esser beneficiario della

obbligatoria assicurazione, sia l'essere titolare della dispo nibilità dei fattori determinanti il rischio lavorativo. Ciò

non stride affatto con la ratio legis della assicurazione ob

bligatoria in materia d'infortuni, consistente (com'è noto) nel meccanismo del sostituirsi alla responsabilità dell'im

prenditore, nella specie persona giuridica distinta dalle

persone degli amministratori, in ordine alle conseguenze del rischio professionale, verso cui, chi lavora manualmente

in pro dell'impresa, incorra. Anzitutto, la plurimità in una

stessa persona fisica di vesti o figure, purché distinte, con

profilo autonomo, non elidentisi l'una con l'altra, è circo

stanza talmente diffusa nei vari sistemi di diritto posi tivo, che non è d'uopo dettagliarne l'infinita casistica, nonché le costruzioni e applicazioni giuridiche sopra ciò

fondate.

La Corte deve poi aggiungere che, nella nostra legisla zione infortunistica, non si può rinvenire il concetto

in forza del quale la tutela del lavoratore, ex infortunio, sussista soltanto qualora il lavoratore resti completamente estraneo alla determinazione del rischio nel quale andrà

a rivolgersi la propria attività. È risaputo, infatti, che

l'infortunio, ancorché l'evento sia dipeso da comportamento

colposo dell'infortunato, rimane risarcibile.

L'appellante non può adattarsi all'idea che sul patri monio di una stessa persona fisica convergano i benefici

assicurativi e anche l'onere del premio per assicurarsi ;

l'appellante, anzi, parla a tal proposito di conseguenze

perniciose, economicamente, per l'infortunato socio : per chè « è solidalmente tenuto, con gli altri soci, a ripagare all'I.n.a.i.l. l'indennità che gli venga corrisposta come

infortunato ». Ma devesi, per contro, rilevare che il ridon

dare l'onere del premio è soltanto indiretto, giacché l'Ln.a.i.l. non lo può pretendere dal socio, neppure se la

società a responsabilità limitata sia insolvente (cfr. art.

2472, 1° comma) ; e l'importo del premio si riverbererà

soltanto, insieme con le alee favorevoli o meno di ogni affare

od operazione sociale, sotto forma di una diminuzione di

utili che potrebbero, previa formazione di regolare bilancio

redatto a mente dell'art. 2491, venire distribuiti entro i

limiti e le condizioni fissate dal combinato disposto degli art. 2492 e 2433 cod. civile.

La Corte, passando alla disamina del citato art. 5

regolamento approvato in data 25 gennaio 1937, opina che

non s'arrivò ad aggiungere una nuova categoria d'assicurati, bensì si sviluppò e colorì, con effetto esegetico, il fonda

mentale principio già insito nell'art. 18 decreto dell'agosto 1935. Che, cioè, l'imprenditore con dipendenti, può esser

anche una persona giuridica, onde assurdo è il pensare che, nei confronti d'una persona giuridica, venga a cessare

l'estrema della « subordinazione ».

E la Corte suprema, con sentenza in data 27 settembre

1958, n. 3046 (Foro it., Kep. 1958, voce Infortuni, nn. 91,

92), commentò, in proposito, che i soci di cooperativa,

malgrado fosse, in essi, discutibile l'elemento della « pre stazione di lavoro alle dipendenze e sotto la direzione al

trui », non erano esclusi per volontà espressa legislativa, rifacendosi all'art. 18, 3° comma, r. decreto legge 17 agosto 1935. Da cui, il carattere di « chiosa », che assume il citato

art. 5 regolamento del gennaio 1937, col dettagliare, oltre

le società cooperative, ogni altro tipo o configurazione societaria, anche se priva dei crismi e forme legali, e per ciò denominata, con un francesismo che è ormai entrato

nel nostro linguaggio giuridico « di fatto » (cfr. de fait).

Devesi, ancora, tener presente l'osservazione fatta dallo

appellante a proposito dell'art. 3 dell'altro regolamento,

approvato con decreto 27 aprile 1955 n. 547 contenente

norme di « prevenzione da accidenti ». Detta norma (af ferma l'appellante) richiama il concetto dell'art. 18, 1°

comma, decreto dell'agosto 1935, riferentesi espressamente soltanto alle società di persone ; quindi, si dovrebbe evin

cere l'esclusione delle società di capitali o di soci capitali

sti, a proposito della tipica locuzione qui usata, e usata

anche dal legislatore nel regolamento del gennaio 1937, « società costituite in tutto o in parte da prestatori d'opera ».

Ma il rilievo si confuta, sol che s'abbia mente che il

decreto dell'aprile 1955 non ha affatto carattere di stru

mento interpretativo autentico dell'art. 5 regolamento del

gennaio 1937, giacché ha portata assai più lata ; e, in tema

di prevenzione, contempla persino lavoratori non assicura

bili ex legge infortuni, come i lavoratori gratuiti, gli appren disti, e gli allievi già tutelati dalla legge 28 agosto 1941

n. 1092. S'allega, infine, che nella Società a responsabilità limitata appellante sia materialmente impossibile identi

ficare la persona che riveste la qualità di « preposto »,

onde l'I.n.a.i.l. non sarebbe in grado d'esercitare l'azione

di regresso riservata (cfr. «... salvo che non s'accerti

che il fatto, costituente reato, sia ascrivibile alla persona fisica di chi è preposto alla sorveglianza dei lavori ») dal

l'art. 5 decreto dell'agosto 1935. Ma trattasi di particolarità

che, ancorché possa verificarsi nella fattispecie, non vale

a spostare i termini della questione che sopra si è pun

tualizzata, né vale a intaccare i principi che ne regolano la soluzione.

Per questi motivi, ecc.

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