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Sentenza 18 gennaio 1967; Pres. Ridola P., Est. Bartoli, P. M. Liuzzi (concl. conf.); Opera pia«Scuola agraria Basile Caramia »(Avv. Losacco, Mitrano) c. Scatigna (Avv. Mitolo, Conti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 90, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1967), pp. 1637/1638-1639/1640Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23157050 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
sivo avvenire senza l'ammissione di alcuna domanda e farsi
conseguentemente luogo alla chiusura del fallimento. Deriva da tutto ciò che, nella specie esaminata dalla
corte fiorentina, il riconoscimento, da parte del giudice de
legato, del rapporto contributivo della fallita società verso
l'I.n.p.s. e del diritto di questo — accertato senza contesta zioni e riserve — a concorrere per il credito residuo non
implica in alcun modo il riconoscimento della irrevocabi lità del pagamento (effettuato dalla predetta società nello stato di insolvenza, noto al creditore, nell'anno anteriore al fallimento) di una parte dei contributi riferibili, tra l'altro, anche a periodi contributivi tra loro distinti e diversi.
(Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE D'APPELLO DI BARI
Sentenza 18 gennaio 1967; Pres. Ridola P., Est. Bartoli, P. M. Liuzzi (conci, conf.); Opera pia « Scuola agraria Basile Caramia » (Avv. Losacco, Mitrano) c. Scatigna
(Avv. Mitolo, Conti).
Contratti agrari — Colonia parziaria — Divisione dei prodotti e degli utili — Disciplina speciale — Presupposti di ap
plicabilità (D.l. 1. 19 ottobre 1944 n. 311, disciplina di
contratti di mezzadria impropria, colonia parziaria e com
partecipazione, art. 1).
Perché siano applicabili ad un contratto di colonia parziaria i criteri di ripartizione dei prodotti e degli utili previsti dal decreto legisl. luog. 19 ottobre 1944 n. 311 (un quinto a favore del concedente e quattro quinti a favore del
colono), occorre che il fondo rivesta le caratteristiche
« nudo terreno », ma non ricorrono tali caratteristiche
e, pertanto, i richiamati criteri non si applicano allorché
i patti contrattuali pongano a carico del colono trasfor mazioni colturali, impianti di. vigneti e di terrazza
mento. (1)
(1) In giurisprudenza si è ritenuta la necessità del carattere di « nudo terreno » nel fondo conferito per l'applicabilità del de creto legisl. luog. 19 ottobre 1944 n. 311 (si vedano: App. Roma 29 febbraio 1956, Foro it., Rep. 1957 voce Contratti agrari, n. 139; Cass. 1° giugno 1955, n. 1670, id., Rep. 1955, voce cit., n. 258).
« Nudo terreno » si è considerato un fondo allo stato primi tivo di fertilità e di sistemazione, nel quale minimo o nullo sia stato l'apporto del concedente in opere di miglioramento fondia rio di qualunque genere (cosi App. Firenze 11 agosto 1953, id., Rep. 1953, voce cit., n. 109); inoltre non ricorre la fattispecie nel caso di fondo provvisorio di casa colonica (Cass. 15 febbraio 1952, n. 410, id., Rep. 1952, voce cit., n. 136). Tale particolare ipotesi non si verifica neppure quando il colono, oltre alla quota dei
prodotti annuali acquista una ragione d'indennizzo per le pian tagioni da lui eseguite sul terreno (App. Roma 23 aprile 1951, id., 1951, I. 1539).
In dottrina in generale sull'argomento: Carrara-Romagnoli, Colonia parziaria, voce del Novissimo digesto; Bassanelli, Colo nia parziaria, voce dell' Enciclopedia del diritto; De Simone, Linea
menti di diritto agrario, 1952, pag. 344 segg.; Longo, Profili di di ritto agrario italiano, 1951, pag. 223 segg.; Rossi, Diritto agrario, 1961, pag. 202 segg.
Il decreto legisl. luog. 19 ottobre 1944 n. 311 istituiva una commissione arbitrale per la decisione delle controversie ad esso
relative; si ritenne il suo carattere di giurisdizione speciale (Cass. 1° agosto 1947, n. 1383, Foro it., Rep. 1947, voce Competenza civile, n. 84) e la sua costituzionalità (Cass. 4 marzo 1949, n. 400,
id., Rep. 1949, voce Legge, n. 71). Successivamente, dapprima si
fecero rientrare nella competenza della sezione ordinaria del tri
bunale le controversie relative alla ripartizione dei prodotti tra concedente e colono (Cass. 22 marzo 1954, n. 791, id., 1954, I, 901); in seguito si ritenne la sua sostituzione con le sezioni specializ zate (Cass. 15 giugno 1956, n. 2083, id., Rep. 1956, voce Con
tratti agrari, n. 447; contra App. Bari 13 giugno 1953, id., Rep.
1953, voce cit., nn. 395, 412).
La Corte, ecc. — L'appellante scuola agraria ripropone in questa sede di appello tutte le eccezioni pregiudiziali e di merito opposte in prime cure all'accoglimento della do manda.
La corte ritiene di dover affrontare direttamente la que stione di merito: quella relativa alla natura dei fondi (« nudo terreno » o piuttosto di « terreno alberato o arbustato »),
perché le altre questioni hanno carattere di pregiudizialità, con gli effetti a questa connessi, solo per l'applicabilità al caso concreto del decreto legisl. luog. 19 ottobre 1944 n. 311.
In sostanza, invero, poiché è innegabile che il caso sot
toposto all'esame della corte è disciplinato dal decreto n. 311 del 1944 per il periodo dalla citazione all'entrata in
vigore della legge 15 settembre 1964 n. 756, non avendo
questa efficacia retroattiva, e da questa medesima ultima
legge per il periodo successivo, le eccezioni di transitorietà, di limitata efficacia temporale e, comunque, di derogabilità della normativa riguardano, in ogni caso, il solo decreto
legisl. luog. n. 311 del 1944, non contestandosi dall'appel lante la efficacia attuale e inderogabile della legge n. 756 del
1964, la quale pertanto, trovando applicazione dalla sua en trata in vigore, importerebbe necessariamente l'indagine da
parte della corte sulla menzionata qualificazione dei fondi concessi a mezzadria all'attore.
Sicché, ove la corte si convincerà che nella specie non è
comunque a parlarsi di « nudo terreno », le altre questioni,
per il primo periodo, resteranno automaticamente assorbite.
La normativa e del decreto legisl. luog. n. 311 del 1944
e della successiva legge del 1964 n. 756, considera, quanto alle disposizioni relative alla ripartizione dei prodotti e degli utili tra colono e concedente, i soli contratti agrari a strut
tura associativa, posto che il primo regola i contratti di
mezzadria impropria, di colonia parziaria e di comparteci
pazione, e la seconda il contratto di colonia parziaria, al
quale unico tipo sono ricondotti tutti i contratti agrari che
abbiano comunque natura associativa.
Il tribunale, in considerazione di ciò, ha ritenuto di
dover preliminarmente portare la sua indagine sulla natura
associativa o meno del contratto intercorso tra le parti in
causa, ed è pervenuto alla conclusione che esso sia ricon
ducibile al tipo di colonia parziaria, sia pure con clausola
migliorataria. La questione non è sostanzialmente riproposta in que
sta sede dall'appellante, la quale finisce col riconoscere che.
a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 756 del 1964,
anche il contratto in oggetto è riconducibile al tipo della
colonia parziaria, nella forma associativa. Comunque sem
bra alla corte che sia innegabile la struttura associativa nel
caso in esame, posto che dai patti contrattuali risulta am
piamente dimostrata l'ingerenza della proprietaria nelle
opere di trasformazione e nell'esercizio dell'impresa ed
essenzialmente l'appartenenza dei prodotti in comune ad
entrambi i contraenti in proporzione delle rispettive quote, mentre nella colonia ad meliorandum i prodotti del fondo
si appartengono al colono, il quale ha l'obbligo di corrispon derne una quota al concedente, e correlativamente questi tende a ricavare un utile senza impegnare mezzi propri né
prestare attività né correre alcun rischio.
Non ritiene però la corte di poter condividere l'avviso
dei primi giudici quanto alla questione fondamentale della
qualificazione dei terreni.
In sostanza il pensiero del tribunale può sintetizzarsi
nei seguenti termini: pacifico che all'atto della stipulazione del contratto i fondi concessi a colonia all'attore erano com
pletamente spogli di coltura arborea o arbustiva, devesi
necessariamente ritenere che i fondi medesimi fossero « nudi
terreni », a nulla rilevando che, secondo i patti contrattuali,
il colono si fosse obbligato alla trasformazione colturale con
l'impianto di un vigneto e di terrazzamenti (ulivi e man
dorli), perché al fine di stabilire la sussistenza del presup
posto del nudo terreno occorre fare riferimento solo al
l'epoca in cui il contratto fu stipulato, dato che il succes
sivo stato dei fondi, a seguito della trasformazione operata
dall'attore, non è considerato dalla legge.
Questo cristallizzare la situazione all'epoca della conclu
sione del contratto, per trarre la conseguenza che i fondi
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1639 PARTE PRIMA 1640
erano « nudi terreni », non sembra alla corte consentaneo
e concettualmente conforme allo spirito delle due leggi in
materia di contratti agrari e alle norme del diritto comune.
Non si può trascurare, invero e anzitutto, che nello
stesso momento della stipulazione del contratto si stabiliva
tra le parti d'impiantare in un termine prefissato il vigneto e i terrazzamenti. Ora la destinazione contrattuale dei ter
reni, essenziale ai fini della loro qualificazione, indica che
oggetto del contratto non era affatto il terreno spoglio, ma
quello in funzione dell'impianto di colture arbustive e arbo
ree, le quali erano, dallo stesso momento della conclusione
del contratto, conferite nel rapporto associativo dalla con
cedente, che, ex art. 934 cod. civ., ne era proprietaria per diritto di accessione.
Né rileva che tutte le spese di impianto delle colture
fossero poste a carico del colono (si prende in considerazione
l'ipotesi più gravosa per il colono senza considerare quanto affermato e chiesto di provare dalla concedente circa la sua
ampia partecipazione alle dette spese). Invero, a parte il
rilievo che per patto contrattuale fu convenuto che il contri
buto di cui al decreto pres. 1° luglio 1946 n. 31 sarebbe an
dato a totale beneficio del colono; che durante i due anni di impianto del vigneto e dei terrazzamenti il mezzadro era
autorizzato a seminare il terreno non impiantato ed a
farne suo il prodotto; che la ripartizione dei prodotti fu stabilita per il 55 per cento a favore del colono e per il 45
per cento alla concedente, quanto al fondo da trasformare
in vigneto, e per il 65 per cento al primo e per il 35 per cento alla seconda, quanto al fondo da trasformare in uli
veto e mandorleto, percentuale quest'ultima mantenuta an
che per le eventuali piante da frutto e per le semine sul
terreno dissodato alle quali il colono era espressamente au
torizzato; che alla scadenza del contratto, il quale peraltro aveva la lunga durata di ventinove anni, sussistendo ancora in buone condizioni il soprassuolo, il colono uscente sa rebbe stato preferito ad altri coloni, a parità di condizioni, nella conduzione; che in caso di premorienza del colono e ove la conduzione non fosse stata proseguita dai suoi legit timi eredi, questi avrebbero avuto una indennità da determi narsi da una commissione di esperti; elementi questi che, nel loro insieme, concorrevano a rivalere l'attore di gran parte delle spese di trasformazione da lui anticipate; a parte tutto ciò, va comunque considerato che, per l'anticipo delle
spese di trasformazione, potrebbe sorgere per il colono un diritto di credito per le migliorie, il quale peraltro è espres samente previsto dall'art. 8 della legge del 1964, richiamato
per la colonia parziaria dall'art. 12.
Del resto conferma la tesi della corte del solo diritto di credito a favore del colono che ha anticipato le spese di trasformazione il fatto che le due leggi citate prendono in considerazione, quanto alla ripartizione dei prodotti e
degli utili, sempre nella ipotesi di conferimento di « nudo
terreno», «le spese di coltivazione del fondo», cioè quelle che sono necessarie annualmente per la produzione dei frutti.
Ma la soluzione del problema è nello spirito della legge oltreché nella sua lettera. Ove si accedesse alla contraria
interpretazione, sostenuta dall'appellato e fatta propria dal
tribunale, non si spiegherebbero alcune norme della legge del 1964.
Non si concilierebbe con il concetto di nudo terreno, come preteso dall'appellato, la norma di cui all'art. 9, 4°
comma, secondo cui « agli effetti del presente articolo s'in
tende per conferimento di nudo terreno quello di nuda
terra spoglia di colture arboree od arbustive o con dette
colture il valore netto della cui produzione non superi il
dieci per cento di quella ricavabile dalle colture erbacee».
Definizione, questa, che è ripresa nella relazione di maggio ranza dell'on. Colombo Renato (n. 28), nella quale ne è
precisata l'esigenza in questi termini: « Occorrerà consta
tare a quanti dei contratti in corso, già disciplinati con
norme e con riparti diversi, si dovranno d'ora in poi ap
plicare le disposizioni, inderogabili, relative al nudo ter
reno: per quante famiglie coloniche, cui la presenza di un
fabbricato o di un certo numero di piante faceva perdere elevate percentuali nelle quote di riparto, la nuova dispo
sizione comporterà un balzo in avanti di alcune decine di
punti, fino all'80 per cento. È noto che in quelle zone del
Mezzogiorno dove non è diffusa la mezzadria classica con
allevamento del bestiame, il suo posto, per impotenza eco
nomica e sociale, è preso dalla colonia parziaria nella
quale, per la presenza della casa colonica, ed anche su fondi
privi di colture arboree, la tradizionale quota di riparto era
ferma al 50 per cento: quota che non era stata modificata
neanche dal lodo De Gasperi ».
Non sarebbe rispettata la diversa ripartizione tassativa
mente stabilita dagli art. 9 e 10, perché i fondi aventi ca
ratteristiche diverse da quelle indicate nel precedente art. 9,
compresi quelli con colture arboree o arbustive, il valore
netto della cui produzione fosse solo di poco superiore al
dieci per cento di quella ricavabile dalle colture erbacee,
ed in sostanza di scarso reddito, beneficierebbero solo della
modesta ripartizione ex art. 10 (aumento in misura pari
al 10 per cento della quota o del 5 per cento della intera
produzione lorda vendibile, se tale misura risultasse più
favorevole per il colono), mentre molto più elevata (fino all'80 per cento ex art. 9) sarebbe l'aumento della quota
per i fondi con vigneti e terrazzamenti floridissimi e comun
que di alto reddito.
Non verrebbe in definitiva rispettata l'esigenza sociale
ispiratrice della maggiorazione delle quote a favore del co
lono, e precisamente il fine di una migliore remunerazione
del lavoro del concessionario in relazione al diverso red
dito dei terreni (n. 1 della citata relazione Colombo).
La domanda attrice va pertanto rigettata, restando cosi
riformata la sentenza appellata. Né la corte ritiene di do
versi pronunciare sul diritto dell'attore alla maggior quota di riparto ai sensi dell'art. 10 della legge del 1964, perché su quella, peraltro offerta dalla concedente, non vi è do
manda, essendo l'originaria pretesa diretta ad ottenere la di
versa ripartizione dei prodotti e degli utili secondo la dispo sizione dell'art. 9 della citata legge.
Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE DI SULMONA
Sentenza 18 maggio 1967; Pres. Giancola P., Est. Boschi;
Olivieri (Avv. D'Ascanio) c. Liberatore (Avv. Speranza).
Elezioni — Elezioni amministrative — Controversie in ma
teria di eleggibilità — Ricorso presentato al prefetto —
Ammissibilità — Limiti (Legge 23 dicembre 1966 n. 1147, modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale ammi
nistrativo, art. 1, 8; d. pres. 16 maggio 1960 n. 570, t. u.
per la composizione e la elezione degli organi delle ammi
nistrazioni comunali, art. 82).
È ammissibile il ricorso in materia di eleggibilità alla carica
di consigliere comunale, trasmesso al tribunale compe tente dal prefetto, al quale era stato presentato succes
sivamente alla dichiarazione di incostituzionalità della
normativa sulle funzioni giurisdizionali del consiglio co
munale nel contenzioso elettorale e prima della entrata
in vigore della legge 23 dicembre 1966 n. 1147. ( 1)
(1) Non risultano precedenti editi in termini. Per riferimenti v. Cass. 10 ottobre 1966, n. 2426, Foro it., 1966, I, 1657, con osservazioni di Andrioli e Fanelli, nonché Cons. Stato, Sez. V, 7 giugno 1966, n. 861, id.,. 1966, 111, 516, con nota di richiami, citate nel testo. La sentenza della Corte costituzionale, 27 dicem bre 1965, n. 93, che ha dichiarato la incostituzionalità delle di
sposizioni che attribuiscono, nel contesto elettorale, funzioni giu risdizionali al consiglio comunale, è riportata in questa rivista, 1966, I, 17, con nota di richiami.
Sulla legge 23 dicembre 1966 n. 1147, v. V. Caianiello, Problemi attuali della giustizia amministrativa, in questo volume, V, 34.
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