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sentenza 18 gennaio 2001, causa C-361/98; Pres. Rodriguez Iglesias, Avv. gen. Cosmas (concl. conf.);...

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sentenza 18 gennaio 2001, causa C-361/98; Pres. Rodriguez Iglesias, Avv. gen. Cosmas (concl. conf.); Repubblica italiana c. Commissione delle Comunità europee Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 437/438-449/450 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197836 . Accessed: 28/06/2014 14:00 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.116 on Sat, 28 Jun 2014 14:00:07 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 18 gennaio 2001, causa C-361/98; Pres. Rodriguez Iglesias, Avv. gen. Cosmas (concl.conf.); Repubblica italiana c. Commissione delle Comunità europeeSource: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 9 (SETTEMBRE 2002), pp. 437/438-449/450Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197836 .

Accessed: 28/06/2014 14:00

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

della trasposizione intervenuta in materia di lavoro notturno e straordi nario».

Non è certo la prima volta che il legislatore conferisce al governo la

delega per il recepimento della direttiva 93/104/Ce (e, ora, anche delle direttive «particolari») o, più in generale, «annuncia» la riforma di una materia così densa di nodi problematici. Sarà interessante osservare e

verificare se i propositi si tradurranno, questa volta, in fatti concreti e, nel caso, con quali risultati e quale tipo di impatto sul piano politico e sociale.

Giancarlo Ricci Giancarlo Ricci

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sentenza 18 gennaio 2001, causa C-361/98; Pres. Rodriguez

Iglesias, Avv. gen. Cosmas (conci, conf.); Repubblica italia

na c. Commissione delle Comunità europee.

Unione europea — Libera circolazione dei servizi — Restri

zioni — Principio di proporzionalità (Trattato Ce, art. 49,

51, 80, 155, 211, 226; regolamento 23 luglio 1992 n.

2408/92/Cee del consiglio, sull'accesso dei vettori aerei della

Comunità alle rotte intracomunitarie, art. 2, 3, 8, ali. 1; d.l. 1°

luglio 1994 n. 428, disposizioni in materia di trasporto ferro

viario, art. 3; 1. 8 agosto 1994 n. 505, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1° luglio 1994 n. 428).

Unione europea — Libera circolazione dei servizi — Restri

zioni — Criteri meramente economici — Ammissibilità

(Trattato Ce, art. 49, 51, 80, 155, 211, 226; regolamento 23

luglio 1992 n. 2408/92/Cee del consiglio, art. 2, 3, 8, ali. 1; d.l. 1° luglio 1994 n. 428, art. 3; 1. 8 agosto 1994 n. 505).

Unione europea —

Trasporti —

Ripartizione del traffico ae

reo — Decisioni della commissione — Criteri (Trattato Ce, art. 49, 51, 80, 155, 211, 226; regolamento 23 luglio 1992 n.

2408/92/Cee del consiglio, art. 2, 3, 8, ali. 1; d.l. 1° luglio 1994 n. 428, art. 3; 1. 8 agosto 1994 n. 505).

Le restrizioni alla libera prestazione dei servizi devono essere

proporzionate all'obiettivo per il quale sono state adottate;

pertanto, la commissione è legittimata a valutare se le misure

di ripartizione del traffico aereo definite dai decreti nazionali

impongano restrizioni applicabili indistintamente e se siano

idonee ad assicurare la realizzazione dell'obiettivo che per

seguono, senza eccedere quanto necessario per conseguir lo. (1)

Il perseguimento da parte di uno Stato membro di obiettivi di

natura puramente economica non esclude che di per sé essi

possano integrare una esigenza imperativa di interesse gene rale idonea a giustificare restrizioni al principio fondamen tale della libera prestazione dei servizi, nel rispetto del prin

cipio di proporzionalità. (2) E pertinente alla valutazione circa la proporzionalità delle mi

sure di ripartizione deI traffico aereo con l'obiettivo perse

guito l'utilizzo da parte della commissione di criteri fondati, da un lato, su! rapporto tra il volume di traffico trasferito e le

condizioni esistenti delle infrastrutture e, dall 'altro, sulla ne

cessità finanziaria di trasferire detto traffico a una data ante

riore rispetto a quella inizialmente prevista dalle autorità na

zionali. (3)

(1-3) I. - La sentenza in epigrafe si conforma alla consolidata giuris

prudenza comunitaria secondo cui «gli ostacoli alla libera prestazione dei servizi derivanti da misure nazionali indistintamente applicabili

Il Foro Italiano — 2002 — Parte IV-22.

1. - Con ricorso depositato presso la cancelleria della corte l'8

ottobre 1998 la Repubblica italiana ha chiesto, ai sensi dell'art.

173, 1° comma, del trattato Ce (divenuto, in seguito a modifica, art. 230, 1° comma. Ce), l'annullamento della decisione della

commissione 16 settembre 1998 n. 98/71 O/Ce, relativa a un pro cedimento di applicazione del regolamento (Cee) 2408/92 del

consiglio (caso VII/AMA/11/98 - norme italiane sulla riparti zione del traffico all'interno del sistema aeroportuale di Milano)

(G.U. L 337, pag. 42; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

possono essere ammessi solo se tali misure sono giustificate da esigen ze imperative connesse all'interesse generale e se rispettano il principio di proporzionalità, vale a dire sono atte a garantire il conseguimento dello scopo con esse perseguito e se non eccedono quanto strettamente

necessario a tal fine» (Corte giust. 21 marzo 2002, causa C-451/99,

<www.europa.eu.int>; 22 gennaio 2002, causa C-390/99, ibid.; 21 ot

tobre 1999, causa C-67/98, Foro it., 2000, IV, 218, con osservazioni di

V. Poli, Funzione nomofìlattica e certezza de! diritto: la vincolatività delle decisioni del giudice superiore nazionale-comunitario).

Il principio di proporzionalità «costituisce un principio generale del

l'ordinamento giuridico comunitario» (v., in tal senso. Corte giust. 19

novembre 1998, causa C-l50/94, id., Rep. 1999, voce Unione europea, n. 673) elaborato dalla Corte di giustizia, sulla base dei risultati rag

giunti soprattutto dalla dottrina tedesca (su cui cfr. D.U. Galetta,

Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto

amministrativo, Milano, 1998), allo scopo di verificare che un atto

emanato da un'istituzione comunitaria sia «idoneo a garantire la realiz

zazione dell'obiettivo» perseguito e «non vada al di là di quanto è ne

cessario per conseguirlo» e che inoltre sia «necessario] alla tutela degli

scopi perseguiti», che non devono essere ottenibili «con provvedimenti meno restrittivi» (cfr. Corte giust. 14 dicembre 1995, cause riunite C

163/94, C-l65/94 e C-250/94, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 991.

Nella giurisprudenza italiana, circa il significato del principio di pro

porzionalità nel diritto comunitario, v. Cons. Stato, sez. VI. 1° aprile 2000, n. 1885, id., 2001, III, 71, con osservazioni di L. Carrozza-F.

Fracchia, che ha rilevato come «il principio di proporzionalità si risol

ve nell'affermazione, secondo cui le autorità comunitarie e nazionali

non possono imporre, sia con atti normativi, sia con atti amministrativi,

obblighi e restrizioni alle libertà del cittadino, tutelate dal diritto comu

nitario, in misura superiore (cioè sproporzionata) a quella strettamente

necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento dello scopo che

l'autorità è tenuta a realizzare, in modo che il provvedimento emanato

sia idoneo (cioè adeguato all'obiettivo da perseguire) e necessario (nel senso che nessun altro strumento ugualmente efficace, ma meno nega tivamente incidente, sia disponibile)»). Il principio di proporzionalità si

qualifica pertanto secondo i parametri dell'idoneità, dell'adeguatezza e

della necessarietà (su cui, v. A.M. Sandulli, La proporzionalità dell'a

zione amministrativa, Padova, 1998). Inizialmente delineato in sede di verifica degli atti adottati dagli or

ganismi comunitari, il principio di proporzionalità è stato successiva

mente utilizzato dalla Corte di giustizia anche per il controllo sulla le

gittimità della normativa di recepimento degli atti comunitari emanata

dagli Stati membri (v. Corte giust. 18 maggio 1993, causa C-l26/91, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 748; da ultimo, cfr. Corte giust. 4 giu

gno 2002, causa C-483/99, Guida a! dir., 2002, fase. 24, 95, con osser

vazioni di M. Riccio, La sproporzione delle norme rispetto all'obietti

vo contrasta con la libera circolazione dei capitali, secondo cui la normativa nazionale, per giustificare restrizioni alla libera circolazione

dei capitali, «deve essere idonea a garantire il conseguimento dello

scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungi mento di quest'ultimo, al fine di soddisfare il criterio di proporzionali tà»).

La rilevanza assunta dal controllo di proporzionalità nella giurispru denza comunitaria pone il problema dei limiti entro i quali tale con

trollo può esercitarsi. A tal proposito la Corte di giustizia sembra aver

adottato un orientamento alquanto restrittivo, riconoscendo in più occa

sioni come nel riscontro di proporzionalità «solo il carattere manife

stamente inidoneo di un provvedimento adottato in tale ambito, in rela

zione allo scopo che l'istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di un siffatto provvedimento» (Corte giust. 11

luglio 1989, causa 265/87, Foro it., Rep. 1992, voce Comunità europee, n. 526; nello stesso senso, v., da ultimo, Corte giust. 16 dicembre 1999, causa C-l01/98, id., 2000, IV, 212, con nota di richiami; per un'analisi

degli orientamenti espressi dal giudice comunitario in sede di controllo

di proporzionalità, cfr. D.U. Galetta, Il principio di proporzionalità nella giurisprudenza comunitaria, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario,

1993, 837 ss.). Ciò significa allora che il sindacato giurisdizionale non

può spingersi ad un punto tale da sostituire l'apprezzamento dell'orga

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PARTE QUARTA

2. - Con la decisione impugnata la commissione ha vietato

alla Repubblica italiana di applicare le regole di ripartizione del

traffico aereo all'interno del sistema aeroportuale di Milano de

finite da decreti nazionali che prevedevano, in particolare, il tra

sferimento di una parte del traffico aereo dall'aeroporto di Li

nate a quello di Malpensa.

Il contesto normativo

3. - L'art. 59, 1° comma, del trattato Ce (divenuto, in se

guito a modifica, art. 49, 1° comma, Ce) così recita:

no competente con quello del giudice, valutando l'opportunità del

provvedimento adottato ovvero individuando direttamente le misure ritenute idonee. La sentenza in epigrafe, come è stato notato, pare inve ce discostarsi da quest'ultimo orientamento poiché, in diversi punti della motivazione, la valutazione di proporzionalità della corte tende ad assumere le forme del controllo sull'idoneità e sull'adeguatezza delle misure disposte dalle autorità italiane (D.U. Galetta, Norme italiane sulla ripartizione del traffico aereo nel sistema aeroportuale di Milano,

principio di proporzionalità e ripartizione dì competenze fra organi (brevi riflessioni in margine alla sentenza della Corte di giustizia 18

gennaio 2001, causa C-361/98), id., 2001, 152 ss.). II principio di proporzionalità (sia pure con riferimento al solo ca

rattere della necessarietà) è ora esplicitamente enunciato, insieme al

principio di sussidiarietà, dall'art. 3b del trattato Ue secondo cui «l'a zione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il rag giungimento degli obiettivi del presente trattato». Nonostante tale

espresso collegamento, questi principi devono essere tenuti distinti. In

fatti, «mentre la sussidiarietà risponde all'interrogativo relativo alle circostanze in cui sia lecito l'intervento pubblico, la proporzionalità fornisce risposte al quesito attinente ai mezzi con cui porre in essere in modo legittimo tale intervento. In altri termini, la proporzionalità veri fica la legittimità del mezzo rispetto alla finalità da perseguire, mentre la sussidiarietà attiene alla valutazione del fine in sé stesso» (A.M. Sandulu, La proporzionalità, cit., 128).

Un significativo riferimento al principio di proporzionalità è poi contenuto in Commissione Ce 29 aprile 2000, Foro it., 2000, IV, 389, con osservazioni di A. Barone e U. Bassi, La comunicazione interpre tativa sulle concessioni ne! diritto comunitario: spunti ricostruttivi, se condo cui, applicato alle concessioni, il principio di proporzionalità, «pur lasciando alle organizzazioni concedenti la facoltà di definire, in

particolare in termini di prestazioni e di specifiche tecniche, l'obiettivo da raggiungere, esige, però, che ogni provvedimento adottato sia al

tempo stesso necessario e adeguato in relazione all'obiettivo fissato. Ad esempio, uno Stato membro non può esigere, ai fini della selezione dei candidati, capacità tecniche, professionali o finanziarie sproporzio nate o eccessive rispetto all'oggetto della concessione» (cfr., in tal sen so, Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 2002, n. 2294, Urbanistica e appalti, 2002, 673, con nota di B. Mameli, che, in una procedura di affidamento di concessione di servizi pubblici, ha ritenuto come «la clausola del bando di gara che impone a ciascuna delle partecipanti al raggruppa mento di imprese di dimostrare lo stesso fatturato richiesto all'impresa singola appare irragionevole e contrastante con il richiamato principio di proporzionalità»).

Sulla proporzionalità nel diritto comunitario, v. altresì E. D'Ales

sandro, Principio di proporzionalità comunitaria e rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, in Giust. civ., 1997, 1, 2521 ss. Per un esame

comparato del principio di proporzionalità in relazione ai vari ordina menti europei, cfr. A.M. Sandulli, La proporzionalità, cit., 107 ss.; G.P. Ferrari, Il principio di proporzionalità, in V. Parisio (a cura di), Potere discrezionale e controllo giudiziario, Milano, 1998, 125 ss.

II. - Nel diritto amministrativo italiano il principio di proporzionalità assume rilievo essenzialmente con riferimento al controllo giurisdizio nale della discrezionalità amministrativa.

La proporzionalità rappresenta, infatti, uno dei parametri per sinda care la legittimità dell'azione amministrativa sotto il profilo dell'ecces so di potere (su cui, v. A.M. Sandulli, Eccesso di potere e controllo di

proporzionalità. Profili comparati, in Riv. trim. dir. pubbl., 1997, 329 ss. Riferisce la verifica di proporzionalità al controllo sull'eccesso di

potere, E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2001, 477 ss., in quanto sostiene che il principio di proporzionalità è racchiu

so, a sua volta, in quello di logicità-congruità la cui violazione genera il vizio di eccesso di potere; contro, D. Sorace, Diritto delle amministra zioni pubbliche, Bologna, 2000, 329, il quale limita la figura dell'ec cesso al solo sviamento di potere, ritenendo al contrario che le ipotesi

li Foro Italiano — 2002.

«Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla

libera prestazione dei servizi all'interno della Comunità sono

gradatamente soppresse durante il periodo transitorio nei

confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della pre stazione».

4. - L'art. 61, n. 1, del trattato Ce (divenuto, in seguito a

modifica, art. 51, n. 1, Ce) così dispone: «La libera circolazione dei servizi, in materia di trasporti,

è regolata dalle disposizioni del titolo relativo ai trasporti». 5. - Ai sensi dell'art. 84, n. 2, del trattato Ce (divenuto, in

seguito a modifica, art. 80, n. 2, Ce):

di violazione di principi costituzionali o comunque desumibili dall'or dinamento «possono essere oggi più appropriatamente spiegate in modo autonomo». Sottolinea il carattere scarsamente incisivo del controllo di

proporzionalità nel giudizio amministrativo di legittimità per effetto dei limitati poteri istruttori del giudice (ovviamente prima delle novità ap portate dalla 1. n. 205 del 2000), D.U. Galetta, Principio di proporzio nalità e sindacato del giudice amministrativo, in V. Parisio (a cura di), Potere discrezionale, cit., 219 ss.). In particolare, tale principio è rife rito dalla giurisprudenza amministrativa al bilanciamento di interessi

pubblici e privati effettuato dall'amministrazione nell'esercizio della sua discrezionalità. A tal proposito si è rilevato come nel concetto di

eccesso di potere sia «insita l'idea di una necessaria proporzionalità fra l'interesse pubblico perseguito, e il sacrificio dell'interesse legittimo del privato» (Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 1992, n. 768, Foro it.,

Rep. 1993, voce Impiegato dello Stato, n. 565), con la conseguenza che l'amministrazione è tenuta a valutare «comparativamente il sacrificio

imposto al privato e l'interesse pubblico perseguito onde pervenire a

scelte idonee a contemperare detti opposti interessi» (Tar Lazio, sez. 11, 20 settembre 1991, n. 1394, id., Rep. 1992, voce Antichità, n. 61, e, da

ultimo, 23 gennaio 1997, n. 235, id., Rep. 1997, voce cit., n. 54, che ha statuito come il potere di apposizione del vincolo storico-artistico su un terreno deve essere esercitato secondo criteri di ragionevolezza e di

proporzionalità, muovendo da una puntuale considerazione dello stato

dei luoghi e mettendo a raffronto il sacrificio imposto al privato con il fine di interesse pubblico perseguito).

L'onere in capo all'amministrazione di procedere a tale comparazio ne ha poi indotto il giudice amministrativo ad utilizzare il principio di

proporzionalità anche in ordine al controllo della motivazione dell'atto amministrativo. Si è infatti rilevato come un provvedimento discrezio nale debba essere motivato «sotto il profilo della comparazione degli interessi coinvolti e della proporzionalità della misura adottata rispetto agli interessi sacrificati» (Cons. Stato, sez. VI, 20 febbraio 1998, n.

188, id., Rep. 1999, voce cit., n. 66; v. altresì sez. IV 15 settembre

1992, n. 768, cit., secondo cui il concetto di sufficienza della motiva zione «sottintende un giudizio di adeguatezza e di proporzionalità, in

rapporto allo spessore dell'interesse tutelato ed all'entità della lesio

ne»). In aderenza all'impostazione sopra delineata, la giurisprudenza ritie

ne che il principio di proporzionalità possa «essere correlato al princi pio di buon andamento di cui all'art. 97 Cost. e, più in generale, al

principio di ragionevolezza» (Tar Lombardia 5 maggio 1998, n. 922, ibid., voce Contratti della p.a., n. 381; in dottrina, considera la propor zionalità un canone di affinamento del controllo di ragionevolezza, G.P. Ferrari, Il principio di proporzionalità, cit., 131 ss.; per un esame dei casi in cui la proporzionalità si affianca al parametro della ragione volezza, v. G. Lombardo, Il principio di ragionevolezza nella giuris prudenza amministrativa, in Riv. trim. dir. pubbl., 1997, 978 ss.; in

generale, sul principio di ragionevolezza, cfr. P.M. Vipiana, Introdu zione allo studio del principio di ragionevolezza nel diritto pubblico, Padova, 1993). Tale correlazione tra proporzionalità e ragionevolezza è

però contestata da quella parte della dottrina che evidenzia come il giu dizio di ragionevolezza «si risolve in una verifica di accettabilità della

ponderazione degli interessi operata dall'amministrazione» che può es sere sanzionata solo in caso di manifesta irrazionalità, laddove, invece, la proporzionalità mira ad accertare «se, nel perseguimento dello scopo, si sia assicurata all'interesse privato la compressione meno pregiudi zievole» (A.M. Sandulli, La proporzionalità, cit., 314 ss.; in giuris prudenza, v. Cons. Stato, sez. V, 18 febbraio 1992, n. 132, Foro it., Rep. 1992, voce Comune, n. 450, secondo cui la sospensione pura e

semplice ex art. 153 t.u. com. prov. del 1915 di un'edificazione resi denziale in una zona di rispetto di vincolo idrogeologico — senza alcun

previo accertamento delle caratteristiche del sistema di fognatura e sen za aver imposto eventuali prescrizioni dirette a rendere compatibile l'e dificazione con le esigenze di tutela idrogeologiche — comporta un'ec

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA 442

«Il consiglio, con deliberazione a maggioranza qualificata,

potrà decidere se, in quale misura e con quale procedura po tranno essere prese opportune disposizioni per la navigazione marittima e aerea.

Le disposizioni di procedura di cui all'art. 75, par. 1 e 3, sono applicabili».

6. - L'art. 155 del trattato Ce (divenuto art. 211 Ce) dispo ne quanto segue:

«Al fine di assicurare il funzionamento e lo sviluppo del

mercato comune nella Comunità, la commissione:

(...)

cessiva ed ingiustificata compressione del diritto soggettivo dell'ap pellante, difettando le circostanze di assoluta urgenza e di inevitabilità del ricorso al provvedimento contingibile e urgente; ad. plen. 6 febbraio

1993, n. 3, id., 1993, III, 321, con nota di richiami, che rileva come, ai fini del sindacato di legittimità dei provvedimenti discrezionali del

l'amministrazione, «non ci si deve chiedere se un certo valore, isolata mente considerato, sia stato sacrificato, ma ci si deve chiedere piuttosto se il sacrificio sia ragionevole tenuto conto della pluralità di valori e della necessità di stabilire un equilibrio fra loro». Cfr., inoltre, Tar Sar

degna 22 novembre 1995, n. 1801, id., Rep. 1996, voce Agricoltura, n.

95, che, ritenendo illegittima, alla luce del criterio della proporzionali tà, la revoca del riconoscimento di un frantoio oleario in quanto basata su irregolarità che rivestono natura puramente formale, sembra fra l'al tro avallare la tesi che esclude la rimozione di un atto affetto da mere

irregolarità formali; in argomento, v. A. Romano Tassone, Contributo sul tema della irregolarità degli atti amministrativi, Torino, 1993; Id., Situazioni giuridiche soggettive (diritto amministrativo), voce AeWEn

ciclopedia del diritto, Milano, 1998, aggiornamento II, 966 ss. In dot

trina, sembra escludere l'identificazione fra ragionevolezza e propor zionalità, identificando quest'ultima con il minor sacrificio imposto al

privato, G. Morbidelli, Il procedimento amministrativo, in L. Mazza rolli-G. Pericu-A. Romano-F. Roversi Monaco-F.G. Scoca (a cura

di), Diritto amministrativo, Bologna, 1998, I, 1215, il quale ritiene che «il principio di proporzionalità non è ricavabile esclusivamente dal più ampio principio di ragionevolezza, ma scaturisce dal più specifico e

puntuale principio di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione codificato nell'art. 97 Cost.»; v., inoltre, I. Zingales,

Disapplicazione da parte del giudice amministrativo di prescrizioni re

golamentari dei bandi di gara contrastanti con normativa primaria e con il principio di proporzionalità, in Foro amm., 1998, 2474). Tale dottrina si preoccupa inoltre di precisare come, anche così inteso, il

principio di proporzionalità non sia assimilabile ad un riscontro di me rito politico-amministrativo in quanto, attenendo pur sempre alla misu ra del potere amministrativo, rinviene la propria giustificazione negli art. 3, 97, 113 Cost. e «nel principio inespresso di giustizia sostanziale, che presiede e governa lo svolgimento del sindacato di legittimità del

giudice amministrativo». Vanno infine accennati quei tentativi dottrinali, che non hanno avuto

seguito in giurisprudenza, finalizzati a collegare la proporzionalità con

l'obbligo dell'amministrazione di concludere celermente le diverse fasi del procedimento amministrativo (G. Corso-F. Teresi, Procedimento amministrativo e accesso ai documenti, Rimini, 1991; M. Mazzamuto,

Legalità e proporzionalità temporale dell'azione amministrativa: pri me osservazioni, in Foro amm., 1993, 1739 ss.).

III. - Secondo il consolidato orientamento dei giudici comunitari, le misure che pongono restrizioni alla libera prestazione di servizi, fon date su motivi di interesse generale, possono giustificarsi alla duplice condizione di essere indistintamente «applicabili a tutte le persone o

imprese che esercitino un'attività nel territorio dello Stato membro

ospitante» e di perseguire un interesse che già «non sia tutelato dalle norme cui il prestatore è soggetto nello Stato membro in cui è stabilito»

(Corte giust. 3 ottobre 2000, causa C-58/98, Foro it., Rep. 2000, voce Unione europea, n. 913; 28 marzo 1996, causa C-272/94, id., Rep. 1997, voce cit., n. 860; 9 agosto 1994, causa C-43/93, id., Rep. 1994, voce cit., n. 777; 25 luglio 1991, causa C-76/90, id., Rep. 1992, voce Comunità europee, n. 435).

Riguardo alla prima condizione, la Corte di giustizia ha spiegato che

per normativa indistintamente applicabile nei confronti di tutti i pre statori di servizi deve intendersi quella che dispiega i suoi effetti re strittivi a prescindere dalla cittadinanza dei prestatori, nonché dagli Stati membri in cui sono stabiliti; ha, inoltre, precisato che il principio di libera prestazione dei servizi può venir leso anche da una misura statale che, pur non discriminando i prestatori del servizio stranieri, sia

comunque capace di ostacolare le attività di chi presta il servizio essen dosi stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui risiedono i destinatari del servizio in questione (cfr. Corte giust. 24 marzo 1994,

Il Foro Italiano — 2002.

— dispone di un proprio potere di decisione e partecipa

alla formazione degli atti del consiglio e del parlamento eu

ropeo, alle condizioni previste dal presente trattato, — esercita le competenze che le sono conferite dal consi

glio per l'attuazione delle norme da esso stabilite».

7. - Al fine di realizzare gradualmente il mercato interno

del trasporto aereo, il legislatore comunitario ha adottato,

negli anni 1987, 1990 e 1992, tre serie di provvedimenti, de

nominate «pacchetti» per il fatto che raggruppano numerosi

testi normativi. 11 terzo «pacchetto», emanato il 23 luglio 1992, è composto di cinque regolamenti che mirano a garan

causa C-275/92, id., 1994, IV, 521, con osservazioni di M. Coccia, «Rien ne va plus»: la Corte di giustizia pone un freno alla libera cir colazione dei giochi d'azzardo).

Circa la possibilità che l'interesse generale possa venir tutelato dalle norme dello Stato di stabilimento del prestatore, la giurisprudenza co

munitaria, in particolare, ha costantemente sottolineato che «considera zioni di ordine amministrativo non possono legittimare una restrizione della libera prestazione dei servizi» (Corte giust. 26 gennaio 1999, cau sa C-18/95, id., Rep. 1999, voce Unione europea, n. 1276), statuendo così «che lo Stato membro nel quale viene prestato il servizio non può imporre ad un'impresa la tenuta di documenti che sono peculiari di

quello stesso Stato se la detta impresa è già soggetta nello Stato mem bro in cui è stabilita ad obblighi equiparabili, sotto il profilo della loro finalità di salvaguardia degli interessi dei lavoratori, per gli stessi lavo ratori e per gli stessi periodi di attività, a quelli previsti dalla normativa del primo Stato» (Corte giust. 25 ottobre 2001, causa C-493/99, id.,

2001, IV, 513; 23 novembre 1999, cause riunite C-369/96 e C-376/96,

id., Rep. 2000, voce cit., nn. 907-910). La sussistenza di ragioni di interesse generale è stata identificata

dalla Corte di giustizia con riferimento a fattispecie alquanto eteroge nee. La corte sembra far coincidere tali fattispecie con la salvaguardia degli interessi dei consumatori (cfr. Corte giust. 22 gennaio 2002, causa

C-390/99, cit., secondo cui «l'informazione e la tutela dei consumatori,

quali utilizzatori di prodotti o destinatari di servizi, costituiscono moti vi legittimi di interesse generale, idonei, in linea di principio, a giustifi care restrizioni alle libertà fondamentali garantite dal trattato»; 21 set tembre 1999, causa C-124/97, id., Rep. 1999, voce cit., n. 987, che ha ritenuto legittima una normativa nazionale concedente ad un solo orga nismo pubblico diritti esclusivi di esercizio degli apparecchi automatici

per giochi d'azzardo sul presupposto che tale normativa si ricollega «alla tutela dei destinatari del servizio e più in generale dei consumatori nonché alla tutela dell'ordine pubblico») e nella tutela degli interessi

previdenziali dei lavoratori (da ultimo, v. Corte giust. 25 ottobre 2001, causa C-493/99, cit., secondo cui «la tutela previdenziale dei lavoratori del settore edile compare tra i motivi imperativi di interesse generale che possono giustificare una restrizione della libera prestazione di ser

vizi»). Va infine ricordato che, secondo la giurisprudenza comunitaria, l'art.

49 (ex art. 59) del trattato Ce sulla libertà di prestazione dei servizi «è

applicabile non solo quando il fornitore ed il destinatario del servizio sono stabiliti in Stati membri diversi, ma anche in tutti i casi in cui un

prestatore offra i propri servizi sul territorio di uno Stato membro di verso da quello nel quale è stabilito, quale che sia il luogo di stabili mento dei destinatari di detti servizi» (Corte giust. 5 giugno 1997, cau sa C-398/95, id., Rep. 1998, voce cit., n. 765. V. altresì Corte giust. 10

maggio 1995, causa C-384/93, id., Rep. 1995, voce cit., n. 704, che ha affermato che l'art. 49 del trattato «è applicabile anche ai servizi che un

prestatore fornisca senza spostarsi dallo Stato membro nel quale è sta bilito a destinatari stabiliti in altri Stati membri»).

Sul regolamento Cee 2408/92 di liberalizzazione del settore dei ser vizi di trasporto aereo, cfr. Trib. 1 grado 19 giugno 1997, causa T

260/94, id., Rep. 1998, voce cit., nn. Ili, 778, secondo cui, «poiché le concessioni esclusive previste in via temporanea dall'art. 5 di tale re

golamento sono da riferirsi a rotte nazionali, intese come collegamenti aerei tra determinate città o regioni, e non ad aeroporti, ne discende che

se un vettore gode di un diritto di esclusiva solo in partenza e a destina zione di un aeroporto, e se altri vettori sono ivi autorizzati ad operare sulle stesse rotte in partenza e a destinazione di un altro aeroporto della stessa città o regione, il diniego d'accesso al primo aeroporto, opposto ad un operatore concorrente, non può essere giustificato dal suddetto

art. 5, bensì costituisce una discriminazione basata sulla nazionalità o

identità del vettore, vietata dall'art. 8, n. 1, del regolamento». Con rife

rimento alla giurisprudenza amministrativa italiana, v. altresì Tar La

zio, sez. Ili, 23 gennaio 1996, n. 116, id., Rep. 1996, voce Navigazione aerea (ordinamento), n. 4, che ha rilevato come tale regolamento si

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PARTE QUARTA

tire, da un lato, la libera prestazione dei servizi di trasporto aereo e, dall'altro, l'applicazione delle norme comunitarie in

materia di concorrenza in questo settore.

B. - Dei cinque regolamenti fa parte il regolamento (Cee) del consiglio 23 luglio 1992 n. 2408, sull'accesso dei vettori

aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie (G.U. L 240,

pag. 8), entrato in vigore, ai sensi del suo art. 16, il 1° gen naio 1993.

9. - 1 primi due 'considerando' del regolamento 2408/92

dichiarano quanto segue: «considerando che è importante definire, entro il 31 di

cembre 1992, una politica dei trasporti aerei per il mercato

interno, in conformità del disposto dell'art. 8 A del trattato;

considerando che il mercato interno consisterà in uno spa zio senza frontiere interne in cui sarà garantita la libera cir

colazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capita li».

10. - 11 tredicesimo 'considerando' di detto regolamento

precisa quanto segue:

«(...) ai fini della pianificazione dei trasporti aerei, è ne cessario riconoscere agli Stati membri il diritto di fissare re

gole non discriminatorie per la ripartizione del traffico aereo

tra aeroporti appartenenti a uno stesso sistema aeroportuale». 11. - Il diciannovesimo 'considerando' è così formulato:

«considerando che è opportuno che tutte le questioni rela

tive all'accesso al mercato siano trattate nello stesso regola mento».

12. - L'art. 3, n. 1, del regolamento 2408/92 enuncia il

principio secondo il quale «ai sensi del presente regolamen

to, lo (gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) permette (per mettono) ai vettori aerei comunitari di esercitare diritti di

traffico su rotte all'interno della Comunità».

13. - L'art. 8 del regolamento 2408/92 così dispone: «1. Il presente regolamento non pregiudica il diritto degli

Stati membri di regolamentare, senza discriminazioni basate

sulla nazionalità o sull'identità del vettore aereo, la riparti zione del traffico tra gli aeroporti appartenenti a uno stesso

sistema aeroportuale. 2. L'esercizio dei diritti di traffico è soggetto alle norme

operative pubblicate vigenti a livello comunitario, nazionale,

regionale o locale in materia di sicurezza, tutela dell'am

biente e assegnazione delle bande orarie.

3. A richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa

la commissione esamina l'applicazione dei par. 1 e 2 ed en

tro un mese dalla data di ricevimento della richiesta decide,

previa consultazione del comitato di cui all'art. 11, se lo

Stato membro può continuare ad applicare il provvedimento. La commissione comunica la propria decisione al consiglio e

agli Stati membri.

(...)». 14. - Ai sensi dell'art. 2, lett. m), del regolamento 2408/92

s'intende per «sistema aeroportuale» un raggruppamento di

due o più aeroporti che servono la stessa città o lo stesso ag

glomerato urbano. Dall'ali. II di tale regolamento risulta che

fra i sistemi aeroportuali previsti dall'art. 8, n. 1, è compre so, per quel che riguarda la città di Milano, «Milano - Lina

te/Malpensa/Bergamo (Orio al Serio)».

ispiri «al principio per cui lo Stato membro permette ai vettori aerei

comunitari di esercitare diritti di traffico all'interno della comunità, in

pratica alla liberalizzazione delle rotte».

Sul principio di libera prestazione dei servizi, v. anche, in dottrina, A. Fedi, La libera prestazione di servizi, in Prev. forense, 1996, fase. 4, 22; C. Koenig-A. Haratsch-M. Bonini, Diritto europeo, Milano, 2000, 248 ss.; in materia di servizi pubblici, v. T. Filignano, I servizi pubblici e la libera concorrenza nel sistema comunitario, in Nuova rass., 1997, 489. Sulla disciplina comunitaria dei servizi di trasporto aereo, cfr. F.

Munari, // diritto comunitario dei trasporti, Milano, 1996, 164 ss. [1. Paola]

Il Foro Italiano — 2002.

La decisione impugnata

15. - La decisione impugnata si fonda sull'art. 8, n. 3, del

regolamento 2408/92.

16. - La commissione constata innanzi tutto, ai punti 5-13

della decisione impugnata, che le autorità italiane hanno de

ciso di riorganizzare il sistema aeroportuale milanese (aero

porti di Malpensa, di Linate e di Orio al Serio) e di creare un

centro aeroportuale a Malpensa. Tale obiettivo implica l'am

pliamento e il miglioramento dell'aeroporto di Malpensa in

base al progetto noto come «Malpensa 2000». Malpensa 2000 è uno dei quattordici progetti prioritari iscritti nell'e

lenco dell'ali. Ili della decisione del parlamento europeo e

del consiglio 23 luglio 1996 n. 1692/96/Ce, sugli orienta menti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei

trasporti (G.U. L 228, pag. 1), ed è finanziato dalla Comuni

tà, dal Fondo europeo per gli investimenti e dalla Banca eu

ropea per gli investimenti.

17. - Per trasferire il traffico verso l'aeroporto di Malpen sa le autorità italiane hanno adottato, nel luglio 1996, il de

creto n. 46-T, il quale prevedeva che dalla data di entrata in

esercizio delle opere di prima urgenza di tale aeroporto, che

sarebbe stata stabilita con successivo decreto, tutto il traffico

intracomunitario e intercontinentale sarebbe stato trasferito

all'aeroporto di Malpensa, con la sola eccezione dei voli

delle compagnie il cui volume annuale fosse stato superiore ai due milioni di passeggeri, i quali avrebbero potuto restare

all'aeroporto di Linate. In pratica, tale eccezione avrebbe ri

guardato soltanto la rotta Milano-Roma. Nell'ottobre 1997

un nuovo decreto, recante il n. 70-T, ha fissato al 25 ottobre

1998 la data di trasferimento del traffico all'aeroporto di

Malpensa. 18. - Ai punti 29-46 della decisione impugnata la commis

sione effettua poi una valutazione relativa al rispetto del

principio di non discriminazione da parte dei due decreti ci

tati al punto precedente (in prosieguo: i «decreti contestati»), 19. - Al punto 30 della decisione impugnata la commissio

ne ricorda, al riguardo, di aver già precisato che il principio di non discriminazione sancito dall'art. 8, n. 1, del regola mento 2408/92 vieta, fra l'altro, qualsiasi misura che produ ca in pratica, anche indirettamente, effetti discriminatori. Per

determinare se i decreti contestati producano effetti discri

minatori, la commissione esamina gli effetti della loro appli cazione a partire dal 25 ottobre 1998.

20. - Nell'ambito di tale esame, la commissione osserva

che l'esercizio delle reti c.d. hub and spoke, che ha come

perno i centri aeroportuali, è ormai comunemente praticato dai vettori aerei della Comunità. Tale pratica consente loro di

offrire servizi tra qualsiasi coppia di aeroporti comunitari

collegati ad uno stesso centro aeroportuale e tra qualsiasi ae

roporto comunitario collegato ad un centro aeroportuale ed

aeroporti situati in paesi terzi. La commissione afferma poi, al punto 33 della decisione impugnata, che i servizi indiretti

con scalo nei centri aeroportuali sono di norma sostituibili

tra loro. Rileva inoltre che vi è concorrenza nel campo del

l'offerta di servizi aerei da Milano per una serie di aeroporti tra Alitalia, vettore aereo italiano, e altri vettori comunitari.

21. - Alla luce delle informazioni di cui dispone, in parti colare dell'intenzione espressamente dichiarata dall'Alitalia

in altri procedimenti comunitari di continuare a ripartire le

sue prestazioni tra due centri aeroportuali, la commissione

conclude che a partire dal 25 ottobre 1998 l'Alitalia sarà l'u

nico vettore comunitario che potrà accedere al suo centro ae

roportuale di Roma-Fiumicino da Milano, utilizzando sia

l'aeroporto di Linate sia quello di Malpensa. 22. - Inoltre la commissione ricorda che l'aeroporto di Li

nate, situato a dieci chilometri a sud-est dal centro di Milano, beneficia sia della rete dei trasporti urbani sia della rete delle

infrastrutture di trasporto che collega tutte le più grandi aree

del bacino dell'Italia del nord. Invece l'aeroporto di Malpen sa si trova a cinquantatré chilometri a nord-ovest dal centro

di Milano e non è direttamente accessibile né mediante

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

l'autostrada né tramite la linea ferroviaria. Essa considera

che dopo il 25 ottobre 1998 le condizioni di accesso all'ae

roporto di Malpensa resteranno invariate e conclude che, do

po tale data, la capacità delle infrastrutture di accesso a tale

aeroporto non sarà sufficiente rispetto al volume di traffico

che dovrà assorbire.

23. - Da tale valutazione emerge che, a parere della com

missione, l'Alitalia sarà l'unica compagnia in grado di con

tinuare ad alimentare il suo centro aeroportuale di Roma

Fiumicino dall'aeroporto di Linate, mentre le altre compa

gnie aeree comunitarie non potranno alimentare i loro centri

aeroportuali da tale aeroporto milanese. Di conseguenza, la

commissione ritiene che l'applicazione, a partire dal 25 otto

bre 1998, dei criteri fissati dal decreto n. 46-T produrrà in

pratica effetti discriminatori a favore dell'Alitalia, circostan

za che è incompatibile con il divieto di discriminazioni ba sate sull'identità del vettore aereo sancito dall'art. 8, n. 1, del

regolamento 2408/92.

24. - Infine, ai punti 47-52 della decisione impugnata, la

commissione esamina i decreti contestati alla luce del princi

pio di proporzionalità. Dopo aver osservato che l'art. 8, n. 1, del regolamento 2408/92 riconosce espressamente la legitti mità di una politica aeroportuale attiva e che l'obiettivo delle

autorità italiane era quello di creare un centro aeroportuale

pienamente operativo ed economicamente efficiente, essa

prende in esame le restrizioni introdotte dalle norme sulla ri

partizione del traffico.

25. - Al punto 50 della decisione impugnata la commissio

ne considera che l'obbligo di trasferire, al 25 ottobre 1998, tutto il traffico dell'aeroporto di Linate a quello di Malpensa — ad eccezione della rotta Roma-Milano — non è conforme

al principio di proporzionalità, poiché la creazione di un

centro aeroportuale pienamente efficiente e operativo non

presupponeva necessariamente il trasferimento di un volume

di traffico incompatibile con il livello delle strutture aero

portuali e delle infrastrutture di accesso. A suo parere, il rin

vio di tale trasferimento o un trasferimento progressivo a de

correre dal 25 ottobre 1998 sarebbe stato più adeguato alla

realizzazione dell'obiettivo perseguito dalle autorità italiane

e avrebbe consentito di limitare le restrizioni alla libertà di

prestazione dei servizi aerei da e per Milano.

26. - La commissione, avendo concluso che le disposizioni dei decreti contestati non sono compatibili con l'art. 8, n. 1,

del regolamento 2408/92, ha deciso, ai sensi del n. 3 di tale

disposizione, che la Repubblica italiana non può applicare le

norme sulla ripartizione del traffico all'interno del sistema

aeroportuale di Milano contenute in detti decreti.

Nel merito

27. - A sostegno del suo ricorso di annullamento il gover no italiano rileva con il suo primo motivo che la decisione

impugnata, fondandosi su una pretesa violazione del princi

pio di proporzionalità, ha superato i limiti del potere attri

buito alla commissione dal regolamento 2408/92, poiché l'art. 8, nn. 1 e 3, dello stesso riguarda unicamente il princi

pio di non discriminazione in ragione della nazionalità e/o

dell'identità del vettore aereo.

28. - In via subordinata il governo italiano critica le pre messe giuridiche sulle quali la commissione fonda la sua

conclusione secondo cui i decreti contestati violano il princi

pio di proporzionalità. In ulteriore subordine vengono rile

vati l'errata applicazione del principio di proporzionalità da

parte della commissione e l'esercizio non corretto da parte della stessa del potere di valutazione dei fatti sulla base dei

quali ha accertato l'esistenza di una discriminazione indiretta

a favore dell'Alitalia.

Sul primo motivo

29. - Il governo italiano sostiene preliminarmente che,

nell'ambito della ripartizione del traffico tra gli aeroporti che

Il Foro Italiano — 2002.

formano un sistema aeroportuale, l'art. 8, n. 1, del regola mento 2408/92 — a differenza dell'art. 9, nn. 4 e 5, che at

tribuisce alla commissione il potere di decidere se una misu

ra nazionale è in qualche maniera contraria al diritto comu

nitario — fissa come unico limite al potere dello Stato mem

bro il rispetto del principio di non discriminazione in ragione della nazionalità e/o dell'identità del vettore aereo. Esso os

serva che la commissione, adottando la decisione impugnata, la quale si fonda sulla constatazione che le misure nazionali

istituite dai decreti contestati violano il principio di libera

prestazione dei servizi sotto il profilo della proporzionalità, ha dunque superato i limiti del potere attribuitole dall'art. 8, n. 3, del regolamento.

30. - Il governo italiano aggiunge che un'interpretazione estensiva dell'art. 8, n. 1, del regolamento 2408/92 è contra

ria al principio di stretta legalità del potere decisionale della

commissione ai sensi dell'art. 155, terzo e quarto trattino, del

trattato. Inoltre, l'art. 8, n. 3, di detto regolamento, per il suo

carattere derogatorio rispetto all'art. 169 del trattato Ce (di venuto art. 226 Ce), dovrebbe essere oggetto di un'interpre tazione restrittiva, cosicché non potrebbe essere inteso nel

senso di autorizzare la commissione a far uso del suo potere di decisione per formulare valutazioni che non sono diretta

mente legate all'applicazione del n. 1.

31. - In proposito, come la corte ha già avuto modo di af

fermare, ai fini dell'interpretazione di una norma di diritto

comunitario si deve tener conto non soltanto della lettera

della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perse

guiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., in particolare, sentenza 21 febbraio 1984, causa 337/82, St. Nikolaus Bren

nerei, Racc. pag. 1051, punto 10). 32. - Dai 'considerando' primo, secondo e diciannovesimo

del regolamento 2408/92 emerge che questo ha per oggetto, in particolare, di definire nel settore dei trasporti aerei le

condizioni di applicazione del principio della libera presta zione dei servizi sancito specialmente dagli art. 59 e 61 del

trattato, affinché tutte le questioni relative all'accesso al

mercato siano trattate nello stesso regolamento. 33. - Si deve parimenti ricordare che risulta da giurispru

denza costante che l'art. 59 del trattato prescrive non solo

l'eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del

prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in ba

se alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsia si restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente

ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, al

lorché essa sia tale da vietare, da ostacolare o da rendere me

no attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato

membro ove fornisce legittimamente servizi analoghi (v.

sentenze 25 luglio 1991, causa C-76/90, Sàger, Racc. pag. I

4221, punto 12; Foro it., Rep. 1992, voce Comunità europee, nn. 434, 435, e 23 novembre 1999, cause riunite C-369/96 e

C-376/96, Arblade e a., Racc. pag. 1-8453, punto 33; Foro

it., Rep. 2000, voce Unione europea, nn. 906-910). 34. - Ora, occorre constatare che le misure adottate con i

decreti contestati per regolare la ripartizione del traffico al

l'interno di un sistema aeroportuale, ai sensi dell'art. 8, n. 1,

del regolamento 2408/92, costituiscono restrizioni alla libera

prestazione dei servizi.

35. - Tali restrizioni, per poter essere autorizzate alla luce

delle disposizioni del regolamento 2408/92, devono essere

giustificate e, in particolare, proporzionate all'obiettivo per il

quale sono state adottate.

36. - Pertanto, legittimamente la commissione, nell'ambito

del potere conferitole dall'art. 8, nn. 1 e 3, del regolamento

2408/92, ha esaminato se le misure nazionali definite dai de

creti contestati impongano restrizioni applicabili indistinta

mente e se siano idonee ad assicurare la realizzazione dell'o

biettivo che perseguono senza eccedere quanto necessario

per conseguirlo. 37. - Non possono quindi essere accolti nemmeno gli ar

gomenti del governo italiano fondati sugli art. 155 e 169 del

trattato.

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PARTE QUARTA

38. - Da un lato, per quanto riguarda l'art. 155 del trattato,

poiché l'interpretazione dell'art. 8, n. 1, del regolamento 2408/92 proposta dal governo italiano non può essere accol

ta, non si può sostenere che i criteri che la commissione ha

desunto dalla giurisprudenza della corte nell'esaminare la le

gittimità dei decreti contestati eccedano sia i limiti del suo

potere decisionale sia quelli delle competenze conferitele dal

consiglio. 39. - Dall'altro, riguardo all'art. 169 del trattato, dai punti

31-36 della presente sentenza emerge che la commissione è

autorizzata, ai sensi dell'art. 8, nn. 1 e 3, del regolamento

2408/92, a esaminare se le misure nazionali adottate impon

gano restrizioni indistintamente applicabili e, eventualmente, se queste siano giustificate. La commissione non è dunque tenuta ad assicurare il rispetto del principio della libera pre stazione dei servizi sotto il profilo della proporzionalità uni

camente mediante il procedimento di infrazione previsto dal

l'art. 169 del trattato.

40. - Ne consegue che non è fondato l'argomento della

Repubblica italiana secondo il quale tale disposizione del

trattato non sarebbe stata rispettata. 41. - Il primo motivo dev'essere quindi disatteso.

Sul secondo motivo

42. - Con il secondo motivo il governo italiano rileva, in

via subordinata, che la commissione ha erroneamente rite

nuto che i decreti contestati non rispettino il principio di

proporzionalità. 43. - Questo motivo è articolato in due parti. 44. - 11 governo italiano contesta, in primo luogo, il ragio

namento in base al quale la commissione sostiene che le

norme nazionali di ripartizione del traffico devono rispettare il principio di proporzionalità, poiché tale principio non figu ra in alcun modo nel regolamento 2408/92, che costituisce

l'unica fonte normativa nel settore oggetto della decisione

impugnata. 45. - In secondo luogo, il governo italiano sostiene che la

commissione ha commesso un errore di diritto al punto 49

della decisione impugnata. Esso rileva che quest'ultima, in

detto punto, ha valutato la conformità dei decreti contestati al

diritto comunitario sulla base di un criterio economico, vale

a dire l'operatività di un sistema aeroportuale. Esso osserva

che dalla giurisprudenza della corte risulta che il principio di

proporzionalità non va applicato nel caso in cui una restri

zione non sia fondata su una esigenza imperativa di interesse

generale. Ora, secondo tale giurisprudenza, le esigenze eco

nomiche non possono costituire motivi superiori di interesse

generale. Tuttavia, nella fattispecie, l'art. 8, n. 1, del regola mento 2408/92 ammetterebbe, con la riserva del rispetto del

principio di non discriminazione, norme nazionali di riparti zione del traffico aereo adottate in funzione di esigenze eco

nomicamente valide, di modo che sarebbe arbitrario assog

gettare tali norme nazionali al controllo di proporzionalità. 46. - Per quanto riguarda la prima parte del secondo moti

vo, è sufficiente osservare che, per i motivi esposti ai punti 31-36 della presente sentenza, la commissione legittima mente ha esaminato se le misure nazionali istituite dai de

creti contestati rispettassero il principio di proporzionalità, nell'ambito del potere che le deriva dall'art. 8, nn. I e 3, del

regolamento 2408/92.

47. - Pertanto l'argomento del governo italiano non può essere accolto.

48. - Riguardo alla seconda parte del secondo motivo,

fondata sull'asserita mancanza di esigenze imperative di in

teresse generale, è pacifico che obiettivi di natura puramente economica non possono giustificare un ostacolo al principio fondamentale della libera prestazione dei servizi (v. sentenza

28 aprile 1998, causa C-158/96, Kohll, Race. pag. 1-1931, punto 41; Foro it., 1998, IV, 241).

49. - Tuttavia, il mero fatto che uno Stato membro perse

gua un obiettivo in condizioni che devono essere, in partico

II Foro Italiano — 2002.

lare, economicamente sostenibili non esclude di per sé che

un tale obiettivo possa costituire una esigenza imperativa di

interesse generale, idonea a giustificare un ostacolo siffatto.

50. - Occorre ricordare in proposito che l'aeroporto di

Malpensa costituisce uno dei progetti prioritari della rete

transeuropea dei trasporti inseriti nell'elenco dell'ali. II della

decisione 1692/96/Ce e che, a norma dell'art. 129 C del

trattato Ce (divenuto, in seguito a modifica, art. 155 Ce), l'a

zione della Comunità nell'ambito della realizzazione e dello

sviluppo delle reti transeuropee tiene conto della validità

economica potenziale dei progetti. 51. - Inoltre, la ripartizione del traffico all'interno di un si

stema aeroportuale permette di assicurare, come risulta dal

tredicesimo 'considerando' del regolamento 2408/92, la pia nificazione dei trasporti aerei.

52. - Ne consegue che, indipendentemente dalla qualifica zione della creazione di un centro aeroportuale operativo ed

economicamente efficiente come esigenza imperativa di inte

resse generale, un siffatto obiettivo legittimo può giustificare un ostacolo al principio fondamentale della libera prestazio ne dei servizi soltanto nel rispetto del principio di proporzio nalità.

53. - Pertanto nemmeno la seconda parte del secondo mo

tivo è fondata e il motivo deve essere dunque disatteso.

Sul terzo motivo

54. - Con il terzo motivo il governo italiano contesta, in

via ulteriormente subordinata, l'applicazione del principio di

proporzionalità effettuata nella fattispecie dalla commissio

ne. A suo parere la commissione, invece di concentrare il suo

esame sul criterio giuridico della proporzionalità, ha fondato

la decisione impugnata su una valutazione discrezionale del

l'opportunità dell'azione decisa dal governo italiano riguar do all'aeroporto di Malpensa, e così facendo ha travalicato i

limiti delle sue competenze alla luce dell'art. 8, n. 3, del re

golamento 2408/92. Esso fa rilevare in proposito che l'af

fermazione di una violazione di detto principio si regge su

tre argomenti, ciascuno dei quali è inconferente o erroneo.

55. - Il governo italiano osserva innanzi tutto che il primo

argomento della commissione, secondo il quale il volume di

traffico trasferito non sarebbe compatibile con le attuali con

dizioni delle infrastrutture di accesso, non ha alcuna relazio

ne con il solo criterio pertinente in tema di proporzionalità, vale a dire l'adeguatezza della concentrazione dei voli sul

l'aeroporto di Malpensa all'obiettivo del governo italiano.

Ad ogni modo le autorità nazionali avrebbero ampiamente dimostrato la compatibilità delle infrastrutture di accesso con

il volume di traffico oggetto del trasferimento.

56. - Esso sostiene poi che il secondo argomento della

commissione, fondato sull'organizzazione finanziaria su cui

si regge Malpensa 2000, che non richiederebbe il trasferi

mento del traffico prima del 31 dicembre 2000, è manifesta

mente inconferente nell'ambito della valutazione della pro

porzionalità della decisione nazionale sul trasferimento del

traffico.

57. - Il governo italiano considera infine che il terzo ar

gomento della commissione, secondo il quale la decisione di

trasferire il traffico dall'aeroporto di Linate a quello di Mal

pensa sarebbe contraria alla volontà espressamente manife

stata nel decreto n. 46-T di mantenere in ogni caso operativo

l'aeroporto di Linate, è assolutamente errato. Infatti que st'ultimo aeroporto resterebbe comunque operativo, anche se

la sua utilizzazione viene limitata.

58. - Per quanto riguarda i primi due argomenti del gover no italiano si deve osservare in primo luogo che, come emer

ge dai punti 48-52 della presente sentenza, la commissione

era legittimata ad analizzare la realizzazione di un centro ae

roportuale operativo ed economicamente efficiente sotto il

profilo del principio di proporzionalità. 59. - Nell'esame della proporzionalità delle misure adot

tate con i decreti contestati, la commissione era dunque te

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Page 8: sentenza 18 gennaio 2001, causa C-361/98; Pres. Rodriguez Iglesias, Avv. gen. Cosmas (concl. conf.); Repubblica italiana c. Commissione delle Comunità europee

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

nuta a verificare se, alla data prevista per il trasferimento del

traffico aereo all'aeroporto di Malpensa, la capacità delle in

frastrutture di accesso a tale aeroporto fosse tale da dissuade

re i passeggeri dall'utilizzarlo. Essa era anche tenuta a veri

ficare se detto trasferimento fosse necessario per assicurare

l'efficienza finanziaria di un centro aeroportuale operativo. 60. - Sono pertanto infondate le censure del governo ita

liano dirette a sostenere che i criteri utilizzati dalla commis

sione, fondati, da un lato, sul rapporto tra il volume di traffi

co trasferito e le condizioni esistenti delle infrastrutture

d'accesso e, dall'altro, sulla necessità finanziaria di trasferire

detto traffico a una data anteriore a quella inizialmente pre vista dalle autorità italiane nell'ambito di Malpensa 2000,

non sarebbero pertinenti riguardo alla valutazione del carat

tere proporzionato all'obiettivo perseguito delle misure

adottate con i decreti contestati.

61. - In secondo luogo, riguardo alla contestazione, da

parte del governo italiano, della fondatezza degli accerta

menti della commissione sullo stato delle infrastrutture di

collegamento tra la città di Milano e l'aeroporto di Malpensa alla data del previsto trasferimento del traffico aereo, si deve

dichiarare che detto governo non è riuscito a dimostrare che

tali accertamenti fossero inesatti.

62. - In ultimo luogo, per quanto attiene al terzo argo mento della commissione relativo al mantenimento in servi

zio dell'aeroporto di Linate, è sufficiente osservare che il ra

gionamento sviluppato in proposito nella decisione impu

gnata presenta un carattere puramente sussidiario e che, an

che a voler riconoscere la fondatezza della contestazione del

governo italiano, una critica siffatta non può rimettere in di

scussione la fondatezza delle valutazioni della commissione

riguardo al carattere proporzionato o meno delle misure

adottate con i decreti contestati rispetto all'obiettivo perse

guito dalle autorità italiane.

63. - Pertanto il terzo motivo deve essere respinto.

Sul quarto motivo

64. - Il governo italiano sostiene con il quarto motivo che

l'analisi effettuata dalla commissione, ai punti 29-46 della

decisione impugnata, per stabilire l'esistenza di una discri

minazione indiretta è viziata per tre ragioni. 65. - Esso rileva innanzi tutto che nella fattispecie non vi è

discriminazione indiretta poiché, contrariamente a quanto af

fermato dalla commissione, le misure nazionali adottate con i

decreti contestati non producono un vantaggio per l'Alitalia

e uno svantaggio per i vettori comunitari che operano da

centri aeroportuali diversi da quello di Roma-Fiumicino. Es

so osserva in proposito che il traffico tra le città di Milano e

Roma è costituito essenzialmente da spostamenti professio nali con una maggioranza di servizi navetta quotidiani e ne

arguisce che un traffico siffatto è dunque obiettivamente

quello che meglio si presta ad essere servito da un aeroporto urbano come quello di Linate, anche per consentire al colle

gamento aereo di restare competitivo rispetto al collega mento ferroviario.

66. - Il governo italiano sostiene poi che la commissione

avrebbe dovuto valutare gli effetti conseguenti al trasferi

mento del traffico all'aeroporto di Malpensa in funzione

della situazione futura e non soltanto di quella esistente. Esso

ritiene che una disposizione possa essere considerata indi

rettamente discriminatoria unicamente se la sua idoneità a

recare vantaggio o pregiudizio a una persona è pienamente dimostrata. Ora, nella nuova situazione che verrà a crearsi

con la realizzazione della piena operatività di detto aeroporto sul piano intercontinentale, il collegamento in partenza dal

l'aeroporto di Linate per il centro aeroportuale di Roma

Fiumicino non porterà, in pratica, alcun vantaggio concor

renziale all'Alitalia.

67. - Infine esso osserva che, se la commissione era del

parere che il mantenimento di un collegamento tra l'aero

porto di Linate e quello di Roma-Fiumicino potesse attribui

ti. Foro Italiano — 2002.

re un vantaggio concorrenziale all'Alitalia, avrebbe dovuto

optare per misure meno draconiane nei confronti del governo italiano ma sufficienti a garantire l'interesse della Comunità

in relazione al rispetto del principio di non discriminazione

sancito dall'art. 8, n. 1, del regolamento 2408/92.

68. - Per quanto riguarda, innanzi tutto, la prima parte del

quarto motivo, si deve rilevare che nessuno degli elementi

dedotti dal governo italiano dimostra che la commissione

abbia errato nell'affermare che l'Alitalia era l'unico vettore

in grado di accedere al centro aeroportuale di Roma

Fiumicino dall'aeroporto di Linate, mentre gli altri vettori

comunitari potevano utilizzare i loro centri aeroportuali uni

camente partendo dall'aeroporto di Malpensa. Se è vero che

l'Alitalia ha ridotto il numero dei voli intercontinentali in

partenza dal centro aeroportuale di Roma-Fiumicino a favore

di quello di Malpensa, ciò non toglie che, come ammesso

dallo stesso governo italiano, alla data prevista per il trasfe

rimento del traffico aereo dall'aeroporto di Linate, l'aero

porto di Roma-Fiumicino conservava, per detto vettore, il

suo carattere di centro aeroportuale. 69. - Ne consegue che la commissione ha constatato a giu

sto titolo l'esistenza di una discriminazione tra l'Alitalia e

gli altri vettori aerei comunitari, di modo che la prima parte del quarto motivo va disattesa.

70. - Per quel che attiene poi alla seconda parte del quarto

motivo, fondata sul preteso errore di valutazione che la

commissione avrebbe commesso accertando una discrimina

zione indiretta senza prendere in considerazione l'evoluzione

futura dell'aeroporto di Malpensa, è sufficiente osservare

che la commissione, nella fattispecie, non si è fondata uni

camente sui dati relativi al periodo anteriore alla data del tra

sferimento previsto, ma ha esaminato, come emerge dai punti 35 e 44 della decisione impugnata, le prospettive di evolu

zione degli aeroporti di Linate e di Malpensa e quelle dei

centri aeroportuali dell'Alitalia.

71. - Alla luce delle considerazioni che precedono si deve

respingere la seconda parte del quarto motivo.

72. - Infine, riguardo alla terza parte dello stesso motivo, fondata su una asserita violazione del principio di proporzio nalità da parte della decisione impugnata nella parte in cui

vieta l'applicazione delle misure adottate con i decreti conte

stati, si deve ricordare che, a norma dell'art. 8, n. 3, del re

golamento 2408/92, alla commissione spetta unicamente

esaminare la misura nazionale adottata dallo Stato membro

interessato e decidere, previa consultazione del comitato

consultativo previsto dall'art. 11 dello stesso regolamento, se

tale Stato può continuare ad applicare detta misura.

73. - Pertanto, poiché la commissione non aveva facoltà di

proporre una modifica delle misure istituite dai decreti con

testati, non le si può imputare una violazione del principio di

proporzionalità per non aver suggerito l'adozione di misure

meno restrittive per le autorità nazionali.

74. - Ne consegue che il quarto motivo deve essere re

spinto. 75. - Considerato che nessuno dei motivi dedotti dal go

verno italiano è risultato fondato, il ricorso dev'essere re

spinto. Per questi motivi, la corte dichiara e statuisce:

Il ricorso è respinto.

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