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sentenza 18 luglio 1983, n. 216 (Gazzetta ufficiale 27 luglio 1983, n. 205); Pres. Elia, Rel....

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sentenza 18 luglio 1983, n. 216 (Gazzetta ufficiale 27 luglio 1983, n. 205); Pres. Elia, Rel. Andrioli; Tresoldi c. Capaldi; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Cassano d'Adda 24 ottobre 1980 (Gazz. uff. 22 aprile 1981, n. 111) Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 3 (MARZO 1984), pp. 659/660-661/662 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175849 . Accessed: 25/06/2014 10:39 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 10:39:40 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 18 luglio 1983, n. 216 (Gazzetta ufficiale 27 luglio 1983, n. 205); Pres. Elia, Rel. Andrioli; Tresoldi c. Capaldi; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Cassano d'Adda

sentenza 18 luglio 1983, n. 216 (Gazzetta ufficiale 27 luglio 1983, n. 205); Pres. Elia, Rel.Andrioli; Tresoldi c. Capaldi; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Cassano d'Adda 24 ottobre1980 (Gazz. uff. 22 aprile 1981, n. 111)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 3 (MARZO 1984), pp. 659/660-661/662Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175849 .

Accessed: 25/06/2014 10:39

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PARTE PRIMA

personale dell'amministrazione finanziaria non si riscontra la

lamentata esclusione degli impiegati non di ruolo. Al fondo di

previdenza per il personale dell'amministrazione periferica delle

imposte dirette sono, infatti, iscritti di diritto tutti gli impiegati, di ruolo e non di ruolo, di quell'amministrazione (art. 5 d.p.r. 26

ottobre 1972 n. 648; art. 1 del regolamento approvato con il

d.p.r. 12 dicembre 1975 n. 856). Al fondo di previdenza per il

personale del ministero delle finanze e delle intendenze di finanza

sono del pari iscritti di diritto gli impiegati di ruolo e non di

ruolo, dell'amministrazione centrale del ministero delle finanze e

delle intendenze di finanza, nonché quelli, di ruolo e non di

ruolo, amministrati dalla direzione generale per l'organizzazione dei servizi tributari, e quelli, di ruolo e non di ruolo, dell'ammi

nistrazione periferica del demanio {art. 1, 2° comma, n. 4, e 6

d.p.r. n. 648 del 1972; art. 1 del regolamento approvato con d.p.r. 12 dicembre 1975 n. 855). Così pure per il fondo di previdenza a

favore del personale periferico delle tasse e delle imposte indiret

te sugli affari, al quale sono iscritti dì diritto tutti gli impiegati, di ruolo e non di ruolo, dell'amministrazione periferica delle tasse

e delle imposte indirette sugli affari (art. 1 del regolamento

approvato con d.p.r. 12 dicembre 1975 n. 857). Infine, per l'art. 2

del già citato d.p.r. n. 211 del 1981, «al fondo di previdenza unificato sono iscritti di diritto tutti i dipendenti civili di ruolo e

non di ruolo del ministero delle finanze appartenenti ai fondi di

previdenza » confluiti nell'unico ente.

Occorre da ultimo considerare che dall'ammissione degli im

piegati non di ruolo al fondo de quo agitur non deriverebbe la

fruizione del conseguente principale beneficio anche nell'ipotesi di

servizio prestato presso l'amministrazione in via meramente occa

sionale e contingente: atteso che, secondo il disposto dell'art. 11

del già citato regolamento approvato con d.p.r. n. 1650 del 1964,

il diritto alla indennità per cessazione dal servizio si acquista solo

quando l'iscritto abbia prestato almeno due anni di servizio

nell'amministrazione provinciale delle imposte di fabbricazione e

dei laboratori chimici.

Conclusivamente, la disparità di trattamento denunciata dal

Consiglio di Stato deve, per le su esposte argomentazioni, ritener

si priva di razionale giustificazione, e pertanto va dichiarata

l'illegittimità costituzionale, per contrasto con l'art. 3 Cost., del

l'art. 1 1. n. 37 del 1942, nella parte in cui non comprende nel

personale addetto ai servizi delle imposte di fabbricazione e dei

laboratori chimici delle dogane e imposte indirette, avente diritto

all'iscrizione al fondo di previdenza, anche gli impiegati non di

ruolo.

Resta in conseguenza assorbito per effetto della dichiarata

illegittimità costituzionale, il profilo relativo alla denunciata viola

zione, da parte della medesima norma, in parte qua, dell'art. 36,

1° comma, Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 1. 26 gennaio 1942 n. 37 (iscrizione del

personale dei laboratori chimici delle dogane e delle imposte indirette al fondo di previdenza istituito a favore del personale dei ruoli provinciali addetto ai servizi delle imposte di fabbrica

zione dal r.d.l. 5 settembre 1938 n. 1561, convertito nella 1. 19

gennaio 1939 n. 260), nella parte in cui non comprende nel

personale addetto ai servizi delle imposte di fabbricazione e dei

laboratori chimici delle dogane e delle imposte indirette, avente

diritto alla iscrizione al fondo di previdenza, anche gli impiegati non di ruolo.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 18 luglio 1983, n. 216

(Gazzetta ufficiale 27 luglio 1983, n. 205); Pres. Elia, Rei.

Andrioli; Tresoldi c. Capaldi; interv. Pres. cons, ministri.

Ord. Pret. Cassano d'Adda 24 ottobre 1980 (Gazz. uff. 22

aprile 1981, n. 111).

Locazione — Legge 392/78 — Aggiornamento del canone —

Procedimento di conciliazione — Questione inammissibile di

costituzionalità (Cost., art. 3, 42; 1. 27 luglio 1978 n. 392,

disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 24, 43, 44).

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.

24 l. 27 luglio 1978 n. 392, sollevata nel corso del tentativo

obbligatorio di conciliazione previsto dall'art. 44 della stessa

legge, in riferimento agli art. 3 e 42 Cost. (1)

(1) L'ordinanza di rimessione Pret. Cassano d'Adda è massimata in Foro it., Rep. 1981, voce Locazione, n. 248, e (per la parte in cui

sosteneva la rilevabilità della questione di costituzionalità anche nella

Fatto. — 1.1. - Con ricorso, depositato il 23 settembre 1980

nella cancelleria della Pretura di Cassano d'Adda, Tresoldi Luigi, premesso che aveva dato in locazione sotto la data del 1° luglio 1977 — per la durata di un anno e per il canone annuo di lire

1.800.000 — a Capaldi Iginio l'appartamento sito a Cassano

d'Adda, via Cristo Risorto n. 12, che, a seguito dell'entrata in

vigore della 1. 27 luglio 1978 n. 392, il canone era stato ridotto a

lire 1.581.178 escluso l'aggiornamento ISTAT, che tra i contraenti

era sorta contestazione sul se l'aggiornamento dovesse calcolarsi a

far tempo dal 1° novembre 1978 ovvero dal 1° agosto 1979 e sul

se il contratto fosse soggetto oppur no a proroga legale, chiese

che fosse fissata l'udienza di conciliazione e di comparizione delle

parti di cui all'art. 44, 2° comma, 1. 392/78.

Il pretore — letta la domanda di conciliazione e visto l'art. 44, 2° comma, 1. 392/78 — convocò avanti a sé le parti per l'udienza

del 24 ottobre 1980 con decreto 23 settembre 1980 e ordinò al

cancelliere di effettuarne la comunicazione alle parti.

1.2. - Con ordinanza emessa alla presenza del solo Tresoldi il

24 ottobre 1980, comunicata il successivo 21 novembre e notifica

ta il 21 gennaio 1981, pubblicata nella G.U. n. Ili del 22 aprile 1981 e iscritta al n. 76 r.o. 1981, il pretore ha sollevato d'ufficio e giudicato non manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3 e 42, 2° comma, Cost., la questione di illegittimità costituziona

le dell'art. 24 1. 27 luglio 1978 n. 392 (« Per gli immobili adibiti

ad uso di abitazione il canone di locazione definito ai sensi degli art. da 12 a 23 aggiornato ogni anno in misura pari al 75 per cento della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatesi nell'anno precedente. L'aggiornamento del canone decorrerà dal

mese successivo a quello in cui ne viene fatta richiesta con lettera raccomandata ») facendo seguire ai tre ordini di motivi riflettenti la proposta questione un quarto ordine di argomenta zioni intese a negare fondamento alla sentenza 17/80 (Foro it., 1980, I, 561) con la quale la Corte costituzionale ebbe a negare la legittimazione a sollevare incidenti di costituzionalità al giudice investito del ricorso per tentativo di conciliazione di cui all'art.

44 1. 392/78. (Omissis) 3. - La questione è inammissibile perché il giudice, investito del

tentativo di conciliazione ex art. 44 1. 392/78, non è chiamato ad adottare alcun provvedimento seppure di natura volontaria o

camerale, né avanti al medesimo propone la parte alcuna doman

da di merito la cui discussione sia sospesa in attesa dell'esito del

tentativo. Né a infirmare la motivazione svolta nella sent. 17/78 della corte giova l'argomento testuale, ricavato dalla rubrica e dal 2° comma dell'art. 43, non solo perché il 1° comma statuisce che « la domanda concernente controversie relative alla determinazio

ne, all'aggiornamento e all'adeguamento del canone non può essere proposta se non è preceduta dalla domanda di conciliazio

ne di cui all'articolo seguente » », ma anche, e soprattutto, perché la qualifica di « improcedibilità », adottata nel 2° comma dell'art.

43, è suggerita dalla direttiva della economia dei giudizi — ben

presente al legislatore — intesa a non porre nel nulla atti e attività processuali compiuti prima del momento in cui il giudice — investito della domanda spiegata senza provocare il tentativo

fase conciliativa preliminare ex art. 44 1. n. 392/78) ibid., voce Corte costituzionale, n. 50.

La decisione che si riporta conferma il principio affermato da Corte cost. 15 febbraio 1980, n. 17, id., 1980, I, 561, con nota di richiami, secondo cui il giudice adito per il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall'art. 44 cit., non essendo chiamato ad emettere un giudizio, ma soltanto ad « esercitare attività mediatrice », non è legittimato a sollevare incidente di costituzionalità.

L'assunto della corte contrasta in modo evidente con l'opinione espressa dalle sezioni unite della Cassazione con le sentenze 27 luglio 1982, n. 4324, id., Rep. 1982, voce Locazione, n. 807 (commentata favorevolmente, sotto il profilo delle conseguenze pratiche, da G. De Paola, in Locazioni urbane, 1983, 28), 7 ottobre 1982, n. 5134, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 503, e 14 ottobre 1982, n. 5316, id., 1982, I, 3023 (annotata criticamente da G. Costantino, in Giur. it., 1983, I, 1, 925, e da L. Montesano, in Riv. dir. proc., 1983, 285), che, ai fini dell'ammissibilità del regolamento di competenza richiesto nel corso del tentativo obbligatorio di conciliazione in questione, hanno affermato che questo fa già parte del procedimento contenzioso di determinazione, aggiornamento o adeguamento del canone di locazio ne, come fase di esso preliminare ed anteriore all'udienza di discus sione.

In senso opposto, e conformemente alla Corte costituzionale, per la natura non giurisdizionale del procedimento conciliativo ex art. 43 e 44 1. n. 392, si erano invece espresse Cass. 26 aprile 1982, n. 2570, Foro it., 1982, I, 2237, con nota di richiami, e Cass. 21 luglio 1981, n. 4693, id., 1981, I, 2122. Adde, con riferimento specifico alle conseguenze dell'esperimento del tentativo di conciliazione innanzi a giudice incompetente per valore, Pret. Foggia 8 giugno 1983, id., 1983, I, 2881.

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Page 3: sentenza 18 luglio 1983, n. 216 (Gazzetta ufficiale 27 luglio 1983, n. 205); Pres. Elia, Rel. Andrioli; Tresoldi c. Capaldi; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Pret. Cassano d'Adda

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di conciliazione — avverta tale carenza e sospenda il procedi mento giurisdizionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissibile

la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 24 1. 27 luglio 1978 n. 392, sollevata, in riferimento agli art. 3 e 42, 2° comma,

Cost., con ordinanza 24 ottobre 1980 del Pretore di Cassano

d'Adda (n. 76 r.o. 1981).

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 27

febbraio 1984, n. 1366; Pres. Mazzacane, Est. Corda, P.M.

Corasaniti (conci, diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Pala

tiello) c. Istituto autonomo per le case popolari della pro vincia di Ravenna (Avv. Nunziante). Cassa Comm. trib. cen

trale 27 novembre 1980, n. 11578.

CORTE DI CASSAZIONE;

Tributi locali — Imposta locale sui redditi — Rinvio alla norma

tiva i.r.p.e.f. — Fabbricati posseduti da società ed enti com

merciali — Strumentalità — Condizioni — Fabbricati locati

dagli istituti autonomi per le case popolari — Esclusione (D.p.r. 29 settembre 1973 n. 599, istituzione e disciplina dell'imposta locale sui redditi, art. 4, 6; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597,

istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone

fisiche, art. 40).

Ai fini dell'imposta locale sui redditi i fabbricati posseduti da

società ed enti commerciali sono da considerare strumentali

solamente quando sono direttamente utilizzati in conseguenza

del loro inserimento nel complesso aziendale; pertanto i redditi

derivanti agli istituti autonomi per le case popolari dalla

locazione dei propri fabbricati a terzi sono soggetti ad auto

noma tassazione, dovendosi escludere la strumentalità nell'ipo tesi in cui i fabbricati siano suscettibili di produrre un reddito

autonomo di locazione. (1)

(1) Con la decisione in epigrafe le sezioni unite della Cassazione

hanno risolto il contrasto sorto tra le precedenti pronunce della

sezione I (v., da ultimo, sent. 26 marzo 1983, n. 2135, Foro it., 1983,

I, 3085, con nota di richiami) circa la definizione di beni strumentali

per l'esercizio d'impresa relativamente ai fabbricati posseduti da

società ed enti commerciali.

Oggetto di tale controversia era, nella sostanza, il grado di relazio

ne intercorrente tra i fini istituzionali della società od ente ed il concetto di strumentalità. In particolare il primo indirizzo assunto al

riguardo dalla Cassazione poneva in stretta relazione la strumentalità ed i fini istituzionali per cui, quando la realizzazione di tali finalità

era subordinata, tra l'altro, alla concessione in locazione di fabbricati,

gli stessi dovevano considerarsi beni strumentali all'attività esercitata.

Successivamente la Cassazione ha operato una netta distinzione tra i fini istituzionali della società od ente ed il concetto di strumentalità

inteso, al contrario, solo come espressione di una destinazione ogget tiva dei fabbricati nell'ambito dell'apparato produttivo dell'impresa e

limitato solo ai casi di utilizzazione diretta del bene da parte dell'impreditore. Da ciò derivava l'estraneità al concetto di strumenta

lità di quei fabbricati che, anche se appartenenti all'imprenditore, producono un reddito autonomo di locazione.

Tale secondo orientamento è stato accolto dalle sezioni unite le

quali, partendo dal presupposto che il diverso trattamento ai fini i.l.o.r. dei redditi derivanti dagli immobili strumentali costituisce una eccezione ad una regola generale, hanno affermato che il concetto di strumentalità deve essere interpretato in senso restrittivo e pertanto devono essere considerati strumentali solamente quegli immobili che hanno come unica destinazione quella di essere direttamente impiega ti per l'espletamento delle attività tipicamente imprenditoriali, ossia

quelli che per destinazione sono inseriti nel complesso aziendale e non sono quindi suscettibili di creare un reddito autonomo di locazione.

Nel caso di specie oggetto della controversia era la strumentalità o

meno dei fabbricati di proprietà degli istituti autonomi per le case

popolari concessi in locazione a terzi (cfr. Cass. 17 febbraio 1982, n.

993, id., 1983, I, 1074, con nota di richiami, cui adde Cass. 9 marzo

1982, n. 1474, id., Rep. 1982, voce Tributi locali, n. 137). A tale

riguardo la decisione in epigrafe ha sottolineato come, data la

particolare natura degli I.a.c.p., i fabbricati in questione costituiscano, nel contempo, sia lo « strumento » per il conseguimento dei lori fini

istituzionali sia l'« oggetto » dell'attività imprenditoriale, finalizzata alla costruzione dei fabbricati e/o alla gestione della loro locazione.

Pertanto, alla luce di tale particolare connotazione dei fabbricati locati dagli I.a.c.p. e dei principi enunciati dalla suddetta decisio

ne delle sezioni unite, non si viene a realizzare quella strumentalità in senso stretto prevista dalla norma, in quanto tali beni sono

sicuramente suscettibili di produrre un reddito autonomo di locazione.

Non ha formato oggetto di decisione da parte delle sezioni unite il

principio secondo cui una volta accertato che i fabbricati posseduti da società ed enti commerciali non costituiscono beni strumentali per l'esercizio dell'impresa, i relativi redditi sono autonomamente tassabili

Svolgimento del processo. — Con due distinti ricorsi dell'I 1

aprile 1979, diretti alla competente comrtiissione tributaria, l'istitu

to autonomo per le case popolari di Ravenna proponeva opposi zione contro l'iscrizione a ruolo dell'imposta locale sui redditi

(i.l.o.r.) relativa ai redditi prodotti (negli anni 1974 e 1975) dagli immobili assegnati in locazione e tassati autonomamente come « fondiari ». Deduceva l'insussistenza dell'obbligazione tributaria, invocando la disposizione dell'art. 40 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597 (richiamato dal 5° comma dell'art. 6 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 599) nell'assunto che il reddito degli immobili predetti, essendo

gli stessi « strumentali per l'esercizio dell'impresa commerciale », non poteva essere considerato (anche e autonomamente) come « fondiario », ma concorreva (solo) a formare il « reddito com

plessivo », come componente del reddito d'impresa.

La commissione tributaria di I grado di Ravenna, con due distinte decisioni, accoglieva i ricorsi; e la commissione tributaria di II grado, con due decisioni 13 febbraio 1979, respingeva i ricorsi dell'ufficio.

Proposti separati ricorsi dall'ufficio predetto, la Commissione tributaria centrale (sez. XI), con decisione pubblicata il 27 novembre 1980 respingeva i due ricorsi, previa riunione dei

procedimenti. Osservava che il fine istituzionale dell'I.a.c.p. è

quello di fornire alloggi in locazione (alle categorie meno abbien

ti); di modo che gli alloggi stessi devono essere considerati « strumentali » rispetto al conseguimento di quel fine.

Contro tale decisione ha ricorso per cassazione l'amministrazio ne finanziaria, con unico motivo di censura illustrato con succes siva memoria. L'intimato I.a.c.p. di Ravenna resiste mediante

controricorso, pure illustrato con memoria.

Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico motivo di ricorso

(denunciando, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli art. 4 e 6 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 599, degli art. 21, 40 e 52 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, degli art. 2 e 5 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 598), l'amministrazione finanziaria censura l'impugnata decisione della Commissione tributaria centra le per avere ritenuto applicabile la « esenzione » oggettiva di cui all'art. 40 d.p.r. n. 597 e sostiene che la commissione predetta non avrebbe tenuto presente che il conseguimento del fine di dare alloggi in locazione non costituisce esercizio di attività commerciale e che l'attività obiettivamente commerciale degli I.a.c.p. ha per scopo la costruzione delle case, non la gestione del

patrimonio immobiliare realizzato attraverso l'attività commercia le. Sostiene che si sarebbe dovuto, invece, ritenere che gli immobili oggetto di locazione danno luogo a reddito fondiario

(come tali, quindi, soggetti a tassazione separata — in i.l.o.r. —

anche i canoni di locazione che concorrono alla formazione del reddito d'impresa) e non sono « strumenti » per l'esercizio di

quell'attività obiettivamente commerciale che si pone quale mezzo al fine di realizzare lo scopo istituzionale dell'ente (pubblico) di dare in locazione le case.

Il ricorso è fondato nei limiti che saranno qui appresso indicati.

2. - La questione che viene oggi proposta all'esame delle sezioni unite ha formato oggetto di pronunce contrastanti, nel l'ambito della prima sezione di questa corte.

Con la sentenza 2 luglio 1981, n. 4288 (Foro it., Rep. 1981, voce Tributi locali, n. 128) (seguita, poi, dalla sentenza 15 dicembre 1981, n. 6613, ibid., n. 136), si è ritenuto che con riferimento agli alloggi assegnati in locazione dagli istituti auto nomi per le case popolari deve escludersi l'applicabilità dell'im

posta locale sui redditi, a norma dell'art. 40 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597 (richiamato dall'art. 6, 5° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 599), posto anche gli immobili predetti, lungi dal costituire

(per gli I.a.c.p.) una dotazione patrimoniale, autonomamente ge stita, costituiscono gli strumenti di un'attività di tipo commercia

le, strettamente collegata con la finalità istituzionale degli istituti medesimi.

Con la sentenza 17 febbraio 1982, n. 993 (id., 1983, I, 1074;

seguita, poi, dalla sentenza 9 marzo 1982, n. 1474, id., Rep. 1982, voce cit., n. 137), si è, invece, adottata la soluzione opposta, sul rilievo che la norma limitatrice (l'art. 40 cit.) prevede la non tassabilità dei soli immobili che sono concretamente e direttamen te impiegati per l'espletamento delle attività tipicamente imprendi toriali, in quanto inseriti nel complesso aziendale, e non, quindi, anche degli immobili che vengono utilizzati al fine della produ

ai fini i.l.o.r. quali redditi fondiari in applicazione del principio generale di cui al combinato disposto degli art. 4, 5° comma, e 6, 5° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 599: in tali sensi cfr., peraltro; tutte le precedenti pronunce della Cassazione (da ultimo, sent. 26 marzo 1983, n. 2135, cit.).

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