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sentenza 18 luglio 1984, n. 210 (Gazzetta ufficiale 25 luglio 1984, n. 204); Pres. Elia, Rel....

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sentenza 18 luglio 1984, n. 210 (Gazzetta ufficiale 25 luglio 1984, n. 204); Pres. Elia, Rel. Roehrssen; Antonelli, Ferraris (Avv. Cacopardo) c. Min. pubblica istruzione; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Carafa). Ord. T.A.R. Piemonte 19 gennaio 1977 (due) (Gazz. uff. 18 maggio 1977, n. 134) Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 4 (APRILE 1985), pp. 1001/1002-1003/1004 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23178402 . Accessed: 25/06/2014 02:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.14 on Wed, 25 Jun 2014 02:52:00 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 18 luglio 1984, n. 210 (Gazzetta ufficiale 25 luglio 1984, n. 204); Pres. Elia, Rel.Roehrssen; Antonelli, Ferraris (Avv. Cacopardo) c. Min. pubblica istruzione; interv. Pres. cons.ministri (Avv. dello Stato Carafa). Ord. T.A.R. Piemonte 19 gennaio 1977 (due) (Gazz. uff. 18maggio 1977, n. 134)Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 4 (APRILE 1985), pp. 1001/1002-1003/1004Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178402 .

Accessed: 25/06/2014 02:52

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

differenziati consentono in via permanente al governo di dettare

norme di attuazione, ogni qualvolta sia necessario.

3. - Non è, quindi, in relazione alla natura delle norme di

attuazione degli statuti speciali che il sollevato problema di fondo

potrebbe incontrare la soluzione auspicata del giudice remittente.

Semmai, questa potrebbe conseguire al negativo accertamento di

una qualche correlazione fra le norme attuative e quelle dello

statuto della regione Sardegna o le finalità della sua attuazione, nel contesto dell'autonomia regionale e nel rispetto dei principi costituzionali.

Sotto questo riguardo, non può bastare, però, ai fini dell'odier

no giudizio di compatibilità costituzionale, che — come osserva

l'avvocatura — la Costituzione abbia assunto come principio

programmatico, oltre al decentramento amministrativo (art. 5), anche quello della giurisdizione amministrativa (art. 125). Quest'ul

tima disposizione, infatti, non concerne sicuramente la Corte dei

conti.

In mancanza, dunque, di un principio generale della Costitu

zione, esplicitamente o implicitamente recepito dallo statuto, è a

quest'ultimo soltanto che deve aversi riguardo per decidere della

legittimità della contestata istituzione della sezione sarda della

Corte dei conti.

In effetti, il d.p.r. che si va esaminando, oltre all'ovvio richia

mo nel preambolo dell'intera 1. Cost. 26 febbraio 1948 n. 3 che ha

approvato lo statuto speciale della regione autonoma della Sar

degna, fa specifico riferimento all'art. 56 della legge stessa. Da

questo, pertanto, traggono fondamento le disposizioni del decreto, in quanto in esso è previsto che la commissione paritetica

sottoponga al parere del consiglio regionale, sia le norme relative

al passaggio degli uffici e del personale dello Stato alla regione, sia le norme attuative dello statuto stesso; norme tutte che

verranno poi emanate con il decreto legislativo previsto dal 5°

comma dell'art. 87 Cost., qual è appunto il decreto in parola.

Ebbene, deve senz'altro escludersi che la disciplina dettata dal

decreto possa rientrare fra le norme che regolano il passaggio

degli uffici e del personale dallo Stato alla regione. È evidente,

infatti, che queste si collegano a quanto previsto nel 3° comma

dell'VIII disp. trans. Cost., in relazione a quel passaggio delle

funzioni statali attribuite alle regioni, di cui è menzione nel 2°

comma della stessa disposizione. Ma quali siano tali funzioni è

detto negli art. da 117 a 120 Cost., che non menzionano certo

quelle giurisdizionali; né esiste altra legge dello Stato che, sulla

base del'art. 108, 1° comma, Cost., abbia comunque previsto il

passaggio di queste ultime alla regione sarda, sia pure nei limiti

della sua competenza territoriale.

Non resta allora che esaminare l'alternativa concernente le

norme attuative dello statuto, delle quali pure è detto, come si è

rilevato, nel citato art. 56 della legge.

Senonché, pur richiamandone la particolare natura più sopra

riaffermata, e quindi anche la particolare competenza separata e

riservata rispetto a quella esercitabile con leggi statali ordinarie

di cui all'VIII disp. trans. Cost., è comunque evidente che la loro

capacità additiva si esprime pur sempre nell'ambito dello spirito dello statuto e delle sue finalità, e — come s'è pure rilevato —

nel rispetto dei principi costituzionali.

Orbene, a differenza di quanto concerne il controllo di legitti mità sugli atti amministrativi della regione, non è in alcun modo

desumibile dallo statuto della regione Sardegna, né dal suo

spirito, né dalle sue finalità, che si sia inteso prevedere nemmeno

per implicito sezioni di organi giurisdizionali centrali, neanche nei

limiti degli affari concernenti la regione: e ciò a differenza di

quanto, ad esempio, è invece espressamente stabilito per altre

regioni (art. 23 statuto speciale regione Sicilia; art. 90 statuto

speciale Trentino Alto-Adige).

Non può, quindi, ritenersi costituzionalmente legittimo l'art. 1

d.p.r. 29 aprile 1982 n. 240 che istituisce per la regione Sardegna una sezione giurisdizionale della Corte dei conti, con sede in

Cagliari: e ciò in relazione all'art. 56 1. cost. 26 febbraio 1948

n. 3. Conseguentemente va dichiarata altresì l'illegittimità degli art.

2, 1° comma, lett. c) e d), e 11 del decreto, cosi come richiesto

dall'ordinanza di rimessione in quanto, venendo meno l'istituita

sezione, viene ovviamente a cessare la sua competenza sui ricorsi

e sulle istanze in materia di pensioni, e logicamente l'obbligo di

devoluzione a quella sezione delle cause in corso presso la Corte

dei conti centrale, se di competenza della sezione sarda secondo

il disposto della lett. c) dell'art. 2, 1° comma, del decreto.

Senonché, la riconosciuta illegittimità dell'art. 1 del decreto

trascina necessariamente nella stessa sorte l'intera disciplina detta

ta dal decreto per la competenza ed il funzionamento della

sezione. Deve, perciò, darsi applicazione all'art. 27 1. 11 marzo

1953 n. 87 e dichiarare l'illegittimità costituzionale di tutta la

residua normativa: in particolare anche di quell'art. 5 del decreto

stesso, pure impugnato dall'ordinanza di rimessione, sebbene in

relazione ad altro parametro, per avere illegittimamente ridotto a

tre il numero dei votanti, mentre l'art. 2 1. 21 marzo 1953 n. 161

impone, per ciascuna delle sezioni giurisdizionali della Corte dei

conti, il numero invariabile di cinque votanti. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità

costituzionale degli art. 1, 2, 1° comma, lett. c) e d), e 11 d.p.r. 29 aprile 1982 n. 240. Visto ed applicato l'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87, dichiara l'illegittimità costituzionale di ogni altra

disposizione del citato decreto.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 18 luglio 1984, n. 210

(Gazzetta ufficiale 25 luglio 1984, n. 204); Pres. Elia, Rei.

Roehrssen; Antonelli, Ferraris (Aw. Cacopardo) c. Min.

pubblica istruzione; interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello

Stato Carafa). Orci. T.A.R. Piemonte 19 gennaio 1977 (due)

(Gazz. uff. 18 maggio 1977, n. 134).

Istruzione pubblica — Immissione di insegnanti abilitati nei ruoli

della scuola media e secondaria di secondo grado — Decorren za della nomina — Questioni inammissibile e infondata di

costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 25 luglio 1966 n. 603, immis

sione di insegnanti abilitati nei ruoli della scuola media; 1. 2

aprile 1968 n. 468, immissione degli insegnanti abilitati nei

ruoli delle scuole secondarie di secondo grado).

È inammissibile, perché irrilevante ai fini della decisione del

giudizio a quo, la questione di legittimità costituzionale della l.

25 luglio 1966 n. 603 (immissione di insegnanti abilitati nei

ruoli nella scuola media), nella parte in cui non prevede che la

nomina in ruolo per effetto delle disposizioni della legge stessa

non comporti il depennamento da altre graduatorie nelle quali l'interessato sia ricompreso, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)

È infondata la questione di legittimità costituzionale della l. 2

aprile 1968 n. 468 (immissione degli insegnanti abilitati nei ruoli

delle scuole secondarie di secondo grado), nella parte in cui non

prevede che la decorrenza della nomina in ruolo degli insegnanti da essa contemplati sia quella fissata dalle graduatorie ad esauri

mento compilate in applicazione di precedenti leggi e nelle quali i concorrenti siano eventualmente inclusi, in riferimento all'art. 3

Cost. (2)

Diritto. — 1. - Le due ordinanze di cui in epigrafe sollevano

identiche questioni di legittimità costituzionale concernenti le me

desime disposizioni di legge e pertanto i relativi giudizi vanno

riuniti ai fini di un'unica pronuncia. 2. - Le ordinanze denunciano a questa corte la 1. 25 luglio 1966

n. 603 (« immissione di insegnanti abilitati nei ruoli della scuola

media ») e la 1. 2 aprile 1968 n. 648 (« immissione degli in

segnanti abilitati nei ruoli delle scuole secondarie di secondo

grado »). La prima legge viene denunciata, in riferimento all'art. 3 Cost.,

nella parte nella quale non prevede che la nomina in ruolo per effetto delle disposizioni della medesima legge non comporti il

(1-2) Le ordinanze di rimessione T.A.R. Piemonte 19 gennaio 1977

sono massimate in Foro it., 1977, III, 453, con nota di richiami. Per l'affermazione secondo cui la retrodatazione della nomina a

favore degli insegnanti nominati nelle cattedre di scuola media, ai sensi della 1. 603/66, non può essere concessa a favore del docente

che, pur avendo titolo per ottenere la nomina in base alla detta legge, abbia optato per la nomina in istituti di secondo grado, v. Cons.

Stato, sez. I, 4 maggio 1979, n. 1643/76, id., Rep. 1982, voce Istruzione pubblica, n. 148. In senso analogo v. pure T.A.R. Lombar

dia, sede di Brescia, 15 giugno 1978, n. 202, id., Rep. 1979, voce cit., n. 174, che ha ritenuto legittimo il diniego del ministro della pubblica istruzione alla concessione della retrodatazione della nomina in ruolo

nelle scuole superiori ad un insegnante incluso nella graduatoria ad

esaurimento per l'immissione nei ruoli delle scuole medie, ai sensi

della 1. 603/66 e Cons. Stato, sez. VI, 18 gennaio 1977, n. 13, id.,

Rep. 1977, voce cit., n. 283, secondo cui le nomine disposte in base

alla 1. 468/68 non godono di alcuna retroattività. Per altra questione di costituzionalità sollevata in ordine alla

immissione di docenti nei ruoli della scuola media v., da ultimo, Cons.

Stato, sez. VI, ord. 17 dicembre 1982, id., 1984, III, 49, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1985.

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1003 PARTE PRIMA 1004

depennamento da altre graduatorie nelle quali l'interessato sia

ricompreso. La seconda legge, a sua volta, viene denunciata, sempre in

riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che la

decorrenza della nomina in ruolo per effetto delle disposizioni della medesima legge sia quella preveduta dalle graduatorie ad

esaurimento compilate in applicazione di precedenti provvedimen ti legislativi e nelle quali i concorrenti siano eventualmente inclusi, in quanto ciò comporta che gli insegnanti inseriti nelle graduato rie delle scuole medie (cui si riferisce la 1. n. 603/66) e della

scuola secondaria superiore (cui si riferisce invece la 1. n. 468/68)

possano beneficiare di un inquadramento retroattivo solo ove

abbiano accettato preventivamente la nomina per la scuola media

e non possono beneficiarne se abbiano ottenuto ed accettato

l'inquadramento nella scuola secondaria superiore. 3. - La prima questione è inammissibile.

Infatti le due insegnanti alle quali si riferiscono i giudizi

promossi dinanzi al giudice a quo avevano chiesto l'inquadramen to ai sensi di entrambe le leggi più volte citate ma sono state

dichiarate decadute dall'inquadramento conseguito ai sensi della 1.

n. 603/66 per non avere assunto servizio in tempo utile. I

relativi provvedimenti di decadenza sono stati riconosciuti legit timi dal giudice amministrativo e pertanto la posizione delle

insegnanti nei riguardi della 1. n. 603 è ormai definitiva.

Da questa situazione consegue che l'esame della legittimità costituzionale della 1. del 1966 non potrebbe produrre alcuna

conseguenza nel giudizio che tuttora pende dinanzi al giudice a

quo e che si riferisce esclusivamente alla possibilità o meno di

dare effetto retroattivo all'inquadramento ai sensi della 1. del

1968.

4. - La seconda questione è, invece, non fondata.

Con essa si pretende, in sostanza, che la 1. n. 468/68 violerebbe

il principio di uguaglianza perché essa non prevede, a differenza

di quanto dispone la 1. n. 603/66, la decorrenza retroattiva

dell'inquadramento ottenuto.

Denunciando violazione dell'art. 3 Cost., il giudice a quo parte dal presupposto che il legislatore avrebbe dovuto trattare allo

stesso modo gli insegnanti compresi nelle previsioni della 1. n.

603/66 e quelli compresi nella successiva 1. del 1968 nel caso che

abbiano partecipato ad entrambi gli inquadramenti da esse

disciplinati. Ma è del tutto evidente che le due leggi si riferiscono a

personali diversi, appartenenti a due distinti ordini di istituti di

istruzione (la 1. n. 603 si riferisce alle scuole medie e la 1. n. 468

alle scuole secondarie superiori), con caratteristiche diverse: e ciò

è sufficiente ad escludere che sussista il presupposto per ricono

scere violato il principio di uguaglianza secondo le affermazioni

consolidate nella giurisprudenza di questa corte.

Ne consegue che la 1. del 1968 ben poteva prescindere del tutto

dal prendere in considerazione la posizione dei singoli insegnanti in seno ad altri e diversi inquadramenti ai quali essi avessero

partecipato sulla base di altre disposizioni di legge. Per questi motivi, la Corte costituzionale 1) dichiara inammis

sibile la questione di legittimità costituzionale della 1. 25 luglio 1966 n. 603 (« immissione di insegnanti abilitati nei ruoli della

scuola media »), sollevata dal T.A.R. per il Piemonte con le

ordinanze di cui in epigrafe, in riferimento all'art. 3 Cost.; 2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale

della 1. 2 aprile 1968 n. 468 (« immissione degli insegnanti abilitati nei ruoli delle scuole secondarie di secondo grado »), sollevata con le stesse ordinanze, in riferimento all'art. 3 Cost.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 11 luglio 1984, n. 191

(Gazzetta ufficiale 18 luglio 1984, n. 197); Pres. Elia, Rei.

Ferrari; Fortuna c. Min. grazia e giustizia; interv. Pres.

cons, ministri (Avv. dello Stato Carafa). Ord. T.A.R. Veneto 7 luglio 1977 (Gazz. uff. 28 giugno 1978, n. 179).

Impiegato dello Stato e pubblico — Equo indennizzo per danni subiti in attività di servizio — Esclusione dei danni patrimonia li — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 97;

d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, statuto degli impiegati civili dello

Stato, art. 68).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 68, 8"

comma, d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, nella parte in cui limita il di ritto all'equo indennizzo ai danni subiti dal pubblico dipendente nella propria integrità fisica, con esclusione del danno patrimo

niala sofferto dal medesimo per causa di servizio seppure nella

sfera più immediata dei suoi beni privati necessari ed effetti vamente utilizzati per l'efficace esercizio della sua funzione, in

riferimento all'art. 97, 1° comma, Cost. (1)

Diritto. — 1. - Il T.A.R. del Veneto, chiamato dal dott. Ennio

Fortuna, sostituto procuratore della repubblica presso il Tribunale

di Venezia, a riconoscere il diritto di esso ricorrente all'indennizzo

per il danno di lire 453.750, subito dalla sua autovettura e dalla

saracinesca della sua autorimessa il 16 dicembre 1974 nelle circo

stanze di cui in narrativa, ha preliminarmente e correttamente

affermato nell'ordinanza de qua potersi « riconoscere il collega mento tra il danneggiamento e l'attività di magistrato esercitata

dal ricorrente ». Ciò premesso in fatto, ha sollevato questione di

legittimità costituzionale dell'art. 68, 8° comma, d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3 (« t.u. concernente lo statuto degli imputati civili ») « in quanto esclude comunque l'indennizzabilità del danno patri moniale sofferto dal dipendente civile dello Stato a causa di

servizio ».

A sostegno della sollevata questione, il giudice a quo, dopo aver affermato l'inapplicabilità al rapporto di pubblico impiego dei principi e degli stituti privatistici — quali il mandato, la

negotiorum gestio, il rischio professionale, la norma di chiusura

di cui all'art. 2129 c.c. —, risultando tale rapporto regolato da

una sua propria autonoma e completa disciplina, osserva tuttavia che il principio dell'« indennizzabilità del danno patrimoniale sofferto dal dipendente civile dello Stato a causa di servizio »,

poiché risponde « a ragioni di sostanziale equità », « dovrebbe

poter essere ravvisabile nel sistema di norme che regolano il

rapporto di pubblico impiego ». E ritiene appunto di ravvisare tale principio nell'art. 68, 8° comma, del summenzionato d.p.r. n.

3/57, ai sensi del quale « per l'infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio, sono altresì a carico dell'amministrazione », non solo le spese di cura, ma anche « un equo indennizzo per la

perdita dell'integrità fisica eventualmente subita dall'impiegato ».

Ora, vero è — si legge nell'ordinanza di rimessione — che « l'art. 68 sopra citato, con la sua portata restrittiva e limitatrice... non

consente l'interpretazione estensiva nel senso prospettato nel ri

corso », ma vero altresì che esso « deve ritenersi inadeguato e

soprattutto in contrasto con l'art. 97, 1° comma, Cost., il quale è

rivolto a garantire il buon andamento e l'imparzialità dell'atti

vità dei pubblici poteri », non potendosi conseguentemente esclu dere che « in caso contrario il pubblico dipendente potrebbe essere indotto ad assumere diversi o contrastanti comportamen ti ». Insomma — conclude il T.A.R. del Veneto —, è una « fondamentale esigenza » che sia garantita « al pubblico dipen dente la effettiva possibilità di essere sollevato, sia pure in via

equitativa, da ogni danno o pregiudizio di ordine fisico ma anche

(...) di ordine patrimoniale, che egli possa incontrare nell'eserci zio delle sue funzioni e di cui non possa ottenere l'integrale risarcimento dal diretto responsabile».

2. - La questione non è fondata.

Secondo il giudice a quo, dunque, la mancata previsione legislativa dell'indennizzabilità del pregiudizio economico sofferto dal pubblico dipendente a causa del suo rapporto d'impiego si risolverebbe in violazione dell'art. 97, 1° comma, Cost., nel senso che potrebbe indurre il pubblico dipendente a tenere comporta menti « diversi o contrastanti »; « diversi o contrastanti », ben

s'intende, con i principi del buon andamento e dell'imparzialità della p.a., che sono espressamente previsti nell'invocato parametro costituzionale ed espressamente indicati nell'ordinanza.

È una motivazione, questa, la cui esilità si coglie con immedia tezza. A parte, infatti, ogni considerazione di carattere generale

(1) L'ordinanza di rimessione T.A.R. Veneto 7 luglio 1977 è massimata in Foro it., 1978, III, 600, con nota di richiami.

Nel senso che l'indennizzo previsto per il personale statale dall'art. 68, 8° comma, d.p.r. 3/57 non ha carattere retributivo e che infatti per la sua determinazione si tiene conto esclusivamente dei criteri riferiti al danno effettivo subito dalla integrità fisica dell'impiegato, in relazione alla qualità della prestazione lavorativa al di fuori di un rapporto con la posizione di status, di carriera e di progressione economica raggiunta nell'impiego, cfr. Corte conti, sez. Ili, 21 febbraio 1979, n. 42221, id., Rep. 1980, voce Impiegato dello Stato, n. 1243.

Con riguardo all'attribuzione dell'equo indennizzo di cui all'art. 68, 8° comma, d.p.r. 3/57 ai dipendenti dello Stato, v., da ultimo, Cons. Stato, ad. plen., 18 aprile 1984, n. 9, id., 1984, III, 283, con nota di richiami.

In ordine allo stesso istituto dell'equo indennizzo, a favore dei dipendenti regionali, v. T.A.R. Abruzzo, sede di Pescara, 6 giugno 1978, n. 138, id., Rep. 1979, voce Regione, n. 172.

Il Foro Italiano — 1985.

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